Comunità Montana Titerno

Piano di Sviluppo Socio-Economico

- Aggiornamento-

Redatto da: Agenzia di Sviluppo Consorzio G.A.L. Titerno

Piazza Mercato 8 82034 – Guardia S. (Bn) tel. 0824.865.865 – Fax 0824.865.866 E-mail: [email protected] - web: www.galtiterno.it

Cerreto Sannita (BN) – Luglio 2001 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno

INDICE

1. Premessa ...... 4 2. La struttura del Piano...... 8 PARTE I Analisi conoscitiva del sistema locale...... 9 3. Profilo territoriale...... 10 3.1 Aspetti morfologici ed idrografici...... 11 3.2 Inquadramento geologico...... 13 3.3 Aree di particolare interesse scientifico...... 14 3.4 Inquadramento idrogeologico...... 16 3.5 Inquadramento idrografico ed idrologico ...... 18 3.6 Vulnerabilità geologica del territorio ...... 21 3.7 Aspetti naturalistici ...... 24 4. Profilo storico-culturale ...... 26 5. Profilo socio-demografico...... 32 5.1 L’andamento demografico...... 32 5.1.1. Le componenti del bilancio demografico...... 35 5.1.2. Popolazione residente per sesso ed età ...... 36 5.1.3. La composizione dei nuclei familiari ...... 39 5.1.4. Il grado di istruzione nel territorio...... 41 5.2 Il lavoro, l’occupazione e la disoccupazione ...... 41 5.2.1 La distribuzione degli addetti per settore...... 49 5.2.2 Ipotesi di sviluppo dell’offerta di lavoro ...... 51 5.3 Reddito e consumi ...... 53 5.4 Il patrimonio abitativo e la distribuzione della popolazione sul territorio ...... 55 6. I sistemi delle infrastrutture e dei servizi ...... 57 6.1 I servizi alla popolazione ed alle attività produttive...... 57 6.1.1 Istruzione...... 57 6.1.2 Servizi sanitari e sociali...... 58 6.1.3 Cultura e tempo libero...... 58 6.1.4 Trasporti pubblici...... 60 6.1.5 Servizi amministrativi, alle imprese ed alle attività produttive ...... 61 6.2 Infrastruttura per la mobilità...... 61 7. Le risorse ambientali ...... 69 8. L’economia locale ...... 71 8.1 Agricoltura ...... 72 8.2 Industria e artigianato...... 78 8.3 Le attività terziarie...... 79 9. Analisi SWOT...... 88 9.1 I principali punti di forza e di debolezza dell’area...... 88 9.1.1 Punti di debolezza ...... 89 9.1.2 Punti di forza...... 94 9.2 Le minacce e le opportunità...... 96 10. I profili territoriali ...... 98 PARTE II Definizione delle linee di sviluppo socio-economico sostenibile ...... 107 11. Le linee d’indirizzo strategico per uno sviluppo integrato e sostenibile ...... 108 11.1 I riferimenti di carattere programmatico ...... 112 12. Gli obiettivi e le linee strategiche d’intervento...... 115 13. Individuazione degli indicatori finanziari, fisici, di risultato e d’impatto ...... 132 14. Individuazione del piano integrato degli interventi ...... 135 Misura A.1 140 Misura A.1.bis...... 141 Misura A.2 143

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Misura B.1 145 Misura B.2 148 Misura B.3 151 Misura B.4 153 Misura B5 155 Misura C.1 157 Misura C.2 159 Misura D.1 161 Misura D2 163 Misura D.3 165 15. Individuazione dei canali finanziari attivabili in relazione agli strumenti disponibili ...... 167 16. Elementi di coerenza con altre iniziative ...... 169 16.1 Programmazione territoriale...... 170 Riferimenti bibliografici...... 172

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1. Premessa

Il nuovo Piano di Sviluppo socio-economico della Comunità Montana Titerno rappresenta un aggiornamento del precedente Piano1 elaborato nell’Aprile del 1989. E, tuttavia, se ne discosta in modo significativo in considerazione non solo dei mutati scenari sociali, economici e normativi ma, soprattutto, in relazione ad una diversa logica di concepire la pianificazione del territorio, non solo in ambito rurale, che deriva dalla svolta impressa dall’Unione europea alle politiche territoriali nel corso di tutti gli anni ‘90. Infatti, anche se le politiche territoriali non figurano tra le competenze settoriali devolute all’Unione europea, di fatto l’orientamento territoriale delle politiche comunitarie rappresenta il logico postulato del “new deal” in cui la coesione economica e sociale, in vista anche degli effetti della caduta delle frontiere interne, della creazione dell’Unione monetaria, del discusso allargamento dei confini dell’Unione (rispetto agli attuali 15 paesi), rappresenta la principale preoccupazione e l’obiettivo politico irrinunciabile che informa tutta l’attività dell’Unione Europea. Il principio della coesione economica e sociale, definito nell’Atto Unico del 1987, è poi decisamente ripreso nel trattato di Maastricht del 1992 in termini di “sviluppo armonioso” volto a “ridurre il ritardo di sviluppo delle regioni meno favorite”. In ambito rurale, gli orientamenti assunti dalla Comunità Europea fino agli anni ’80, così come questi sono stati tradotti nella complessa strumentazione della Politica Agricola Comunitaria, erano prevalentemente indirizzati al sostegno del reddito degli agricoltori. Tale obiettivo, benché in linea di principio condivisibile, non era tuttavia perseguito attraverso un’azione sistematica volta a rimuovere i vincoli allo sviluppo delle aree rurali. Pertanto, avulso da un progetto forte di pianificazione territoriale, tale indirizzo ha finito per generare comportamenti distorti rispetto alle regole del mercato alimentando politiche assistenziali insieme a forme di intervento volte a perseguire un modello di sviluppo di tipo urbano. Anche se, ad onore del vero, non sono mancate significative esperienze di pianificazione agricola (bonifica integrale e riordino fondiario) o di alcuni territori rurali, nella fattispecie quelli montani e quelli delle aree protette. Del resto, gli approcci top-down apparivano giustificati in relazione alla interpretazione “lineare” dei percorsi di sviluppo: la ripetizione di un percorso collaudato in altri ambiti territoriali, maggiormente avanzati,

1 Anche ai fini di un confronto con i dati esposti nel precedente Piano, si ricorda che il territorio della Comunità è stato più volte oggetto di ampliamento, essendo oggi ricompresi anche i Comuni di , , Ponte e (Cfr. la Legge Regionale n. 31 del 1 Settembre 1994 e, da ultimo, la Legge Regionale n. 6 del 15 Aprile 1998 recante il Nuovo ordinamento e disciplina delle Comunità Montane).

4 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno garantiva il successo degli interventi anche in aree caratterizzate da elementi di arretratezza e marginalità. L’analisi dei risultati prodotti da tali politiche ha alimentato, in sede comunitaria, un’approfondita riflessione da cui è scaturita una completa revisione degli obiettivi politici comunitari e che ha condotto, nei suoi effetti più immediatamente percepibili, ad un importante processo che modifica radicalmente i criteri di allocazione delle risorse e delle iniziative di spesa dei fondi strutturali i quali, peraltro, sono definiti in modo nuovo con la finalità dichiarata di “strumento comunitario di coesione economica e sociale”. Ma da questo vistoso processo emergono anche nuove forme di intervento per lo sviluppo territoriale che ha generato metodi sperimentali di programmazione (PIM). Soprattutto, sono state tracciate le linee guida per la riforma della PAC che, nell’arco di alcuni anni (1988-1993) ha modificato impostazione e strumenti ed ha favorito l’emersione di un nuovo approccio allo sviluppo delle aree rurali che ha trovato, nel documento “Il futuro del mondo rurale”, elaborato dalla Commissione, un’importante codifica. Detta impostazione, ulteriormente rafforzata nel documento conclusivo della conferenza di Cork del 1997, ha trovato momenti di verifica e di sperimentazione nei Programmi di Iniziativa Comunitaria Leader e Leader II le cui finalità specifiche, in sintonia al nuovo corso delle politiche comunitarie, si riconducono alla promozione dello sviluppo locale in ambito rurale dove la logica dell’intervento muove dalla diversità concettuale tra semplice crescita e sviluppo. Quest’ultimo non è solo un processo economico ma è soprattutto un processo sociale e, in quanto tale, deve tenere in debito conto tutti gli aspetti critici dello scenario locale. Aspetti di natura produttiva, certo, ma anche socio-demografici, culturali, ambientali e localizzativi. Sicché la promozione dello sviluppo in ambito rurale non coincide con la promozione dello sviluppo agricolo: se lo spazio rurale è un concetto territoriale e non settoriale, occorre mantenere una visione integrata dei problemi. Soprattutto, le soluzioni non devono essere semplicemente orientate al soddisfacimento dei bisogni di tipo materiale, ma devono tener conto del sistema di relazioni culturali, sociali, politiche, economiche ed istituzionali sedimentate in un contesto territoriale. Più di recente, la stessa Commissione Europea ha inteso tradurre tale impostazione metodologica anche dal punto di vista normativo attraverso l’ampliamento della sfera di applicazione del Feoga nel cofinanziamento degli interventi a favore dello sviluppo rurale2, riconoscendo in tal modo la necessità di favorire l’intervento integrato nelle aree rurali. In sostanza, l’attenzione si è spostata sulla dimensione territoriale del processo di sviluppo, attraverso il riconoscimento di un pluralismo tipologico dei modelli territoriali. In questo quadro “dinamico” appena delineato appare evidente l’affermazione di alcuni concetti chiave:

2 Cfr. Regolamento (CE) 1257/99, art. 33.

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- lo sviluppo equilibrato di un territorio rurale deve poggiare su politiche ed interventi di natura trasversale ed integrata, in grado di promuovere e valorizzare le risorse disponibili e alimentare un processo autopropulsivo. Viene pertanto riconosciuta l’infruttuosità di politiche d’intervento mono- settoriale come motori della crescita economica dei territori rurali; - la programmazione degli interventi su base territoriale deve necessariamente fare leva su un’accurata analisi del contesto locale. In tal modo è possibile evidenziare gli elementi di maggiore debolezza della struttura socio-economica locale, proponendo linee d’indirizzo in grado di promuovere la valorizzazione dei punti di forza; - la partecipazione attiva dei partenariati locali nella fase di programmazione dello sviluppo assume una rilevanza strategica ai fini dell’efficacia dell’intervento poiché determina una maggiore rispondenza delle strategie proposte rispetto alle effettive e reali esigenze che si manifestano in ambito locale; - tale approccio, comunemente denominato “bottom-up” rappresenta un importante momento di crescita culturale e metodologica poiché favorisce la partecipazione democratica e la condivisione delle strategie di intervento, ma anche l’individuazione delle responsabilità politiche ed amministrative, in linea con il principio della sussidiarietà. Sulla base di queste premesse, il Piano di Sviluppo Socio-economico, elaborato dalla Comunità Montana del Titerno, intende proporre un modello di sviluppo fondato sulla logica dell’integrazione e della sostenibilità degli interventi secondo un approccio coerente con le nuove metodologie di pianificazione dell’intervento integrato in ambito rurale. Ne discende che l’impostazione programmatica e la stessa filosofia con la quale sono stati affrontati i problemi dello sviluppo nell’area si discostano sostanzialmente dalla precedente elaborazione progettuale. In tal senso, la Comunità Montana ha inteso utilizzare lo strumento della pianificazione allo scopo di individuare linee strategiche di indirizzo programmatico che si traducano, operativamente, in un pacchetto di iniziative ed interventi finalizzati all’attivazione di percorsi autopropulsivi di sviluppo sostenibile ed integrato. Il concetto chiave che permea la struttura del Piano è dunque rappresentato dalla integrazione delle iniziative, intesa non solo nel senso della trasversalità settoriale, ma, soprattutto, come aggregazione sinergica delle risorse strutturali, produttive, ambientali, sociali e culturali che il territorio è in grado di esprimere. Tale interpretazione è in linea con le più moderne impostazioni della programmazione in ambito rurale, che superano la logica settoriale dello sviluppo e si rivolgono al territorio, come insieme integrato di risorse di cui il settore primario non è che una componente, sia pure di notevole peso. In linea con tale interpretazione, gli interventi adottati per promuovere lo sviluppo di un territorio vanno rivolti alla valorizzazione di tutti i settori

6 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno produttivi, tenendo conto del contesto storico-culturale, ambientale, territoriale di riferimento. E’ in tale spirito che si muove il presente piano: l’integrazione degli interventi e la necessaria concentrazione degli stessi trovano la loro esplicitazione nell’ambito di un piano unico per il territorio della Comunità, le cui linee strategiche d’intervento, in quanto fondate sull’analisi del contesto locale e basate su momenti partecipativi sviluppati in ambito locale, risultano coerenti con le caratteristiche strutturali, sociali ed economiche del territorio. L’obiettivo globale promosso dal Piano, in linea con gli obiettivi che, su scala territoriale più ampia, sono stati fissati nel quadro della programmazione del QCS 2000-20063, è rappresentato dalla soluzione del problema dello spopolamento e dell’invecchiamento demografico, da perseguire attraverso la creazione di idonee condizioni che favoriscano la crescita dei livelli occupazionali, il potenziamento e la valorizzazione del sistema economico-produttivo il miglioramento della qualità della vita, nel quadro di un armonico ed equilibrato sviluppo del territorio. In altre parole, attraverso il Piano di Sviluppo Socio-economico la Comunità Montana intende tracciare le linee d’indirizzo strategico al fine di innescare un processo capace di attivare meccanismi virtuosi di sviluppo economico integrato e sostenibile, rimuovendo i vincoli che ne ostacolano o limitano la crescita e concorrendo alla valorizzazione delle risorse economico-produttive, umane ed ambientali locali. Il Piano, nelle sue proposte operative, tiene inoltre in debito conto il contesto normativo e programmatico di riferimento, con particolare riferimento alle indicazioni ed alle linee strategiche individuate dalla Regione Campania in sede di elaborazione del Programma Operativo Regionale che rappresenta un importante momento riflessione sulle potenzialità del territorio e sugli indirizzi strategici della programmazione territoriale. In tale quadro viene riaffermato il ruolo centrale della Comunità Montana nella definizione delle linee di intervento programmatico per il territorio, quale ente “intermedio” di riferimento, contraddistinta da un forte grado di coesione, in grado di esaltare gli obiettivi della programmazione in una logica che assume la centralità del territorio visto quale organizzazione di aree caratterizzate da un insieme variegato di relazioni e di molteplici funzioni. Se messi in relazione organica, questi rapporti consentono di realizzare delle economie o esternalità (complementarità, s inergia e specializzazione) che consentono di superare i costi dovuti alla mancata opportunità di economie di scala significative. L’obiettivo del Piano, quindi diventa essenzialmente quello di favorire la realizzazione di tali sinergie in un quadro unico di riferimento che orienti l’azione di soggetti pubblici ed operatori locali privati.

3 In particolare il Piano di Sviluppo per il Mezzogiorno, che ispira gli orientamenti strategici ed operativi del POR Campania.

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2. La struttura del Piano

Il Piano è stato articolato in due sezioni. La prima sezione accoglie la descrizione degli aspetti territoriali, socio- demografici ed economici del territorio. Viene inoltre brevemente esposto un quadro di riferimento storico del territorio e l’indicazione delle principali caratteristiche ambientali e culturali del comprensorio del Titerno. Esaminato l’ambito di interesse, ed esposti i dati più significativi riguardo alle tematiche trattate, viene successivamente affrontata l’analisi degli SWOT territoriali. Tale analisi è seguita da una diagnosi volta all’individuazione di profili territoriali omogenei in base ad alcuni aspetti territoriali, socio-demografici e produttivi e ad individuare le specificità e le vocazioni di singoli ambiti. L’individuazione del profilo socio economico del territorio e delle vocazioni di ciascun ambito rappresentano la base per la conseguente individuazione delle linee di indirizzo strategico che la Comunità Montana del Titerno intende proporre per garantirne uno sviluppo economico equilibrato, integrato e sostenibile. Nella seconda sezione si identificano gli obiettivi globali fissati dal Piano e, conseguentemente, si propone un pacchetto di interventi giudicati strategici ai fini del raggiungimento degli obiettivi, compatibilmente con le linee d’indirizzo e gli strumenti della Programmazione Regionale contenuti nel Programma Operativo Regionale (POR) e nel Piano di Sviluppo Rurale (PSR) della Campania. Le fonti informative e le metodogie di analisi sono di volta in volta indicate in testo. Principalmente, si è fatto riferimento alle indagini censuarie dell’Istat e della Camera di Commercio di Benevento. Indagini tematiche più specifiche sono state integrate con le più recenti informazioni pubblicate a cura dell’Assessorato regionale alla Ricerca Scientifica, Statistica, Sistemi Informativi, Informatica e dall’Istituto G. Tagliacarne. Ulteriori fonti informative sono indicate nell’allegato bibliografico in appendice. La ricerca on desk si è infine arricchita di elementi conoscitivi di tipo qualitativo, attraverso una ricognizione diretta nel corso della quale sono stati consultati opinion leaders rappresentanti del mondo delle istituzioni e dell’imprenditoria locale, della ricerca e dell’Università.

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PARTE I Analisi conoscitiva del sistema locale

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3. Profilo territoriale

L’analisi che segue assume come ambito d’indagine il comprensorio della Comunità Montana del Titerno, nel quale ricadono 12 comuni della provincia di Benevento:

1. Castelvenere, 2. , 3. , 6 4. , 3 5. Guardia Sanframondi,

6. , 2 8 7. Ponte, 4 11 8. , 9 9. , 5 12 1 10 10. San Lorenzo Maggiore, 7 11. , 12. .

Il comprensorio è situato nel settore nord-occidentale della provincia di Benevento ed occupa un’area dell’Appennino Campano tra il Massiccio del Matese, i Colli del Tammaro e la Valle Telesina. Il territorio è connotato da una dominanza di aree collinari e montane, da condizioni geo-pedologiche poco favorevoli allo sviluppo di attività agricole intensive e da un’armatura urbana scarsamente robusta. Le condizioni di accessibilità generale sono in parte soddisfacenti, soprattutto riguardo ai collegamenti con l’esterno della fascia a ridosso della Valle Telesina, ma non particolarmente brillanti per quanto riguarda le comunicazioni all’interno della Comunità, con particolare riferimento ai centri rurali della fascia collinare e montana, nei quali si è prodotta una progressiva marginalizzazione rispetto alle dinamiche dello sviluppo sociale ed economico rilevate nel corso degli ultimi decenni sullo scenario nazionale, ma anche rispetto alle aree costiere pianeggianti della regione. Gli effetti indotti da tale marginalizzazione, sul territorio e sulle condizioni socio-economiche delle popolazioni, sono piuttosto evidenti e si traducono in un progressivo abbandono delle attività agro-silvo-zootecniche tradizionali

10 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno ed in un allarmante impoverimento demografico. A tali effetti sono collegati fenomeni di degrado e dissesto dei terreni e dei versanti, di dequalificazione del patrimonio insediativo e della struttura dei centri urbani presenti, di assestamento su condizioni di autoconsumo e di ristagno delle produzioni e delle attività economiche. In sintesi, dunque, si è nel tempo verificata una diminuzione del ruolo funzionale e dell’identità complessiva dei territori della Comunità Montana, che non risultano più sufficientemente attrattivi rispetto alle aree costiere e di pianura, stentando a trovare un nuovo rapporto rispetto alle “aree forti” della regione Campania.

3.1 Aspetti morfologici ed idrografici Il territorio della Comunità Montana si estende su una superficie di circa 317,9 kmq. Dal punto di vista altimetrico oltre il 45% della superficie è classificata come area montana, mentre il 45% è rappresentata da territori collinari. Fatta eccezione per alcune aree di collina, il comprensorio non presenta elevati indici di urbanizzazione. Alcuni comuni (prevalentemente quelli della fascia pedemontana) presentano una struttura urbana relativamente disgregata, con una significativa presenza di case sparse (Cerreto Sannita , Pontelandolfo e San Lorenzello, in particolare). In altre aree, invece, si rileva la presenza di una concentrazione abitativa nel nucleo urbano (in particolare, Guardia Sanframondi).

Tabella 1: Superficie dei comuni per zone altimetriche Comune Superficie (kmq) Altitudine Montagna Collina Pianura Totale Max Min Castelvenere 15,23 15,23 205 47 Cerreto Sannita 33,26 33,26 1118 210 Cusano Mutri 58,86 58,86 1823 257 Faicchio 43,88 43,88 1332 45 Guardia Sanframondi 21,00 21,00 850 49 Pietraroja 35,60 35,60 1780 408 Ponte 17,79 17,79 500 69 Pontelandolfo 28,91 28,91 1018 332 San Lorenzello 13,88 13,88 1125 114 San Lorenzo Magg. 16,17 16,17 831 59 San Lupo 15,18 15,18 895 121 S. Salvatore Telesino 18,15 18,15 725 55 Comunità Montana 127,72 190,19 0 317,91 1823 45

Fonte: Regione Campania - Informatore Statistico Campano, 1999.

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Dal punto di vista orografico si rilevano variazioni altimetriche poco accentuate nella fascia collinare del comprensorio, ma nelle aree montane la morfologia è molto aspra, con accentuate variazioni altimetriche e stretti valloni e canyons che solcano i versanti. Il corso d’acqua principale è il torrente Titerno, che scorre da Nord a Sud e confluisce nel Volturno in comune di Faicchio; si hanno briglie nel tratto a monte del corso principale e lungo alcuni tributari nei pressi di Petraroja, Cusano Mutri, Cerreto Sannita e S. Lorenzello. Una leggenda racconta che Quinto Fabio Massimo, mentre attraversava queste gole nel corso della II Guerra Punica, appresa la notizia della nascita del figlio Tito, avrebbe esclamato: “Tu Titus Aeternus”, da cui deriverebbe il nome attuale del torrente : “Titerno” appunto. Gli affluenti principali del Titerno sono i torrenti Torbido, Reviola, Vallantica, Tullio e Cervillo, che scorrono e confluiscono tutti nel territorio della Comunità Montana. Confluiscono invece sul Calore i torrenti che scorrono nel settore sud-orientale del comprensorio, tra cui lo Janare, l’Alenticella e l’Alente. La natura generalmente calcarea del substrato provoca inoltre una notevole idrovia a discapito dello scorrimento superficiale, favorendo una diffusa circolazione idrica sotterranea, alimentando le falde acquifere e originando numerose polle e sorgenti di montagna, che scaturiscono nei punti di brusco cambiamento di pendenza o di contatto con strati poco o per nulla permeabili. I limiti territoriali della Comunità Montana del Titerno sono rappresentati a settentrione dal Monte Tre Confini nel Comune di Pietraroja (Latitudine Nord di 41° 23’ 30’’), a meridione dal Fiume Calore nel Comune di Ponte (Latitudine Nord di 41° 12’ 15’’), ad oriente dalla località Zingara Morta nel Comune di Pontelandolfo (Longitudine Est di 14° 44’ 29’’) e ad occidente dalla confluenza del Torrente Titerno nel Fiume Volturno in tenimento di Faicchio (Longitudine Est di 14° 25’ 00’’). Il territorio si sviluppa tra la quota minima di 46 m s.l.m. della Piana del Volturno e la quota massima di 1823 m s.l.m. del Monte Mutria. Dal punto di vista morfologico è possibile distinguere una cinta di rilievi appartenenti ai Monti del Matese (a Nord ed a Nord-Ovest), una zona alto- collinare e montuosa delle propaggini matesine (a Nord-Est), una zona collinare pedemontana (porzione mediano-orientale), la sviluppata Valle del Titerno (valle intramontana di Cusano a Nord, media valle nella porzione mediano-occidentale e bassa valle a Sud-Ovest), la Valle in destra idraulica del Fiume Calore (a Sud-Est) e la Piana Telesina s.l. (a Sud-Ovest). I centri abitati sono ubicati principalmente nella fascia pedemontana dei Monti del Matese lungo la media Valle del Titerno (Cerreto Sannita-m 300 s.l.m., San Lorenzello-m 230 s.l.m. e Faicchio-m 210 s.l.m.), nella fascia pedemontana mediano-orientale (Guardia Sanframondi-m 420 s.l.m., San Lorenzo Maggiore-m 350 s.l.m., San Lupo-m 500 s.l.m. e Pontelandolfo-m 510 s.l.m.) e nelle contigue piane del Calore e Telesina (Ponte-m 90 s.l.m.,

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San Salvatore-m 90 s.l.m. e Castelvenere-m 120 s.l.m.); limitato a Pietraroja l’insediamento nella zona montana (m 820 s.l.m.) mentre Cusano Mutri (m 450 s.l.m.) occupa l’ampia depressione dell’alta valle del Titerno.

3.2 Inquadramento geologico

La cinta di rilievi appartenenti ai Monti del Matese (Monte Mutria, Civita di Cusano, Civita di Pietraroja, Monte Pastonico, Monte Erbano, Monte Monaco di Gioia), comprensiva delle propaggini meridionali (rilievi isolati di Monte Acero, Rocca di San Salvatore e Monte Pugliano), è costituita da SEDIMENTI CARBONATICI DI PIATTAFORMA, di età principalmente Mesozoica (dal tardo Triassico-200 milioni di anni fa al Cretacico Superiore- 70 milioni di anni fa), ed in subordine Cenozoica (Periodo Miocene: 25÷15 milioni di anni fa). Tali rocce si sono deposte in un ambiente marino poco profondo, in un clima tropicale, lungo il margine del continente africano in via di separazione da quello europeo (prima di allora uniti nel supercontinente Pangea). Nel Mesozoico l’ambiente, nell’area mediterrane, doveva essere molto simile a quello delle attuali Bahamas o della Grande Barriera Corallina australiana e, nell’intero periodo di deposizione, protratto per circa 150 milioni di anni, si sono create le condizioni per l’accumulo di qualche migliaio di metri di sedimenti calcarei . I monti del Matese, lateralmente (ad oriente), lasciano il posto ad una zona alto-collinare e montuosa (dorsali M. Moschiaturo-M. Defenza-Pesco Finocchio-Montalto, Monte Pagliarelle-Colle Spione-Monte Coppe e Monte Calvello-Monte Forgioso), costituita dai SEDIMENTI CALCAREI e MARNOSO-CALCAREI in facies di Transizione, del Cretacico Superiore- Oligocene (70÷25 milioni di anni fa) . Eteropici ai Calcari del Matese, tali Sedimenti si sono deposti in un ambiente marino di scarpata, transizione tra la Piattaforma Carbonatica del Matese ed il Bacino Molisano.

I SEDIMENTI CARBONATICI di Piattaforma e quelli CALCAREI e MARNOSO-CALCAREI di Transizione, a seguito di una inversione delle condizioni dinamiche dell’area mediterranea (dal Cretacico in poi il margine del continente africano e di quello europeo cominciano ad avvicinarsi per poi collidere), con l’orogenesi alpina-appenninica, vengono smantellati e, ridotti in blocchi di notevoli dimensioni (falde), impilati a formare l’ossatura della futura catena appenninica. Durante l’orogenesi, nel Miocene medio-superiore (15÷5 milioni di anni fa), nelle zone di avanfossa (ambiente marino da prossimale a profondo in continua evoluzione spaziale) si depongono i SEDIMENTI ARENACEO- PELITICI in facies di Flysch (Formazione di Pietraroja ed Arenarie di

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Caiazzo) e giungono, come coltri trasmigrate da altri domini paleogeografici, i SEDIMENTI CALCAREO-MARNOSO-ARGILLOSI di provenienza alloctona. Tali sedimi occupano le principali depressioni morfologiche del territorio della Comunità Montana del Titerno (l’intera valle del Titerno e la fascia pedemontana a nord del Fiume Calore) ed in particolare i Sedimenti Arenaceo-Pelitici risultano, in affioramento, i terreni maggiormente rappresentati nell’intero territorio . Gli sforzi di compressione, intensi durante gran parte del Miocene e localmente ancora oggi in atto, via via si attenuano e dal Pliocene (5 milioni di anni fa) la catena appenninica si solleva (fasi di neotettonica connesse ad un riequilibrio isostatico delle masse crostali) fino a raggiungere l’attuale conformazione. Il sollevamento della Catena definisce delle aree ribassate (zone vallive) che rappresenteranno, durante il Quaternario, il substrato di accumulo di DEPOSITI CONTINENTALI costituiti da sedimenti alluvionali, piroclastici e detritici. In particolare l’ampia Valle del Fiume Calore è stata interessata da almeno due cicli di sedimentazione Pleistocenici in cui si riconoscono Depositi Fluviali Antichi (Pleistocene Medio-circa 300.000 anni fa) con caratteristico paleoterrazzo sommitale intorno ai 170 m s.l.m. ed Alluvioni Sabbioso-Ghiaiose (Pleistocene superiore), terrazzate fino a metri 20 circa sull’alveo attuale. L’ultimo ciclo di sedimentazione (recente) caratterizza sia la Valle del Calore che le altre principali aree vallive (Torrente Titerno, Torrente Seneta, Piana Telesina) ed è costituito da depositi di fondovalle e di riempimento degli alvei abbandonati, da alluvioni distali del sistema Titerno-Volturno-Calore e da depositi fluvio-palustri, con episodi travertinosi, della Piana Telesina. I DEPOSITI PIROCLASTICI affioranti sono connessi ai numerosi episodi eruttivi della vicina cinta vulcanica tirrenica Somma-Vesuvio, Campi Flegrei e Roccamonfina; in particolare, nell’area sud-occidentale della Comunità Montana del Titerno è presente una copertura piroclastica costituita dal Tufo Grigio Campano derivante dall’ignimbrite, eruzione parossistica che circa 33.000 anni fa si sviluppò dalla zona Campi Flegrei. Ad ammantare i principali rilievi (Monte Mutria, dorsale Monte Pastonico-Monte Pesco Lombardo-Civita di Cusano-Civita di Pietraroia, Monte Monaco di Gioia, Monte Acero, Monte Croce), infine, si rinvengono DEPOSITI DETRITICI, di falda e di conoide, connessi alla degradazione (soprattutto crioclastica) delle unità carbonatiche costituenti il monte.

3.3 Aree di particolare interesse scientifico

Nell’area della Comunità Montana del Titerno il gioiello naturalistico- scientifico è rappresentato dal Parco Geopaleontologico di Pietraroja; esso occupa l’alta porzione (Civita di Pietraroja - m 960 s.l.m.) di una monoclinale

14 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno che pone in affioramento, per circa 400 metri, una parte della serie mesozoica. Gli ultimi strati di tale serie sono costituiti dai "Calcari ad Ittioliti di Pietraroja” dove si rinvengono, da circa 200 anni, resti ben conservati di pesci fossili, anfibi, rettili, gasteropodi e piante. I resti fossili rinvenibili sono di inestimabile valore paleontologico e rappresentano un particolare episodio sedimentario di un ambiente lagunare nell’ambito di una Piattaforma Carbonatica posta al largo del Continente Africano. In particolare la “laguna” veniva ciclicamente isolata dal mare aperto e, grazie allo sviluppo di gas tossici (idrogeno solforato) dai fondali, con periodicità, si verificavano catastrofici processi di mortalità di massa (tanatocenosi) degli organismi in essa presenti. I resti, poi, ricoperti da sedimenti, fossilizzavano. Simili fortuiti eventi hanno in natura un carattere di eccezionalità e permettono, attraverso uno studio geologico e paleontologico, di ricavare innumerevoli e preziose informazioni paleoecologiche, paleoambientali ed evoluzionistiche. Un giacimento di così grande importanza scientifica ha richiamato, nel tempo, la presenza di numerosi e valenti studiosi (italiani e stranieri) che hanno dedicato interi lustri per la ricerca e lo studio dei reperti. I primi scavi e studi sistemati furono effettuati da O.G. COSTA per circa un ventennio (1847-1866) ma bisogna attendere la stesura della magistrale monografia di G. D’ERASMO (1914-15) per la definizione della stratigrafia della località “Cavere” e per una dettagliata descrizione di 400 esemplari tra pesci, anfibi, rettili e crostacei. E’ del 1982, poi, una campagna di scavi da parte dell’Istituto di Paleontologia dell'Univestità di Napoli (in collaborazione col Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino) che ha permesso di catalogare altri duecento esemplari di ittioliti nonché rettili, gasteropodi e resti di vegetali. Anche se esistono altre località di grande importanza scientifica per la presenza di pesci fossili , il giacimento fossilifero di Pietraroja, conservando tracce di vita di circa 110 milioni di anni fa, rappresenta un patrimonio unico nel suo genere e, unitamente all'intera Civita, costituisce un vero e proprio "monumento geologico" in quanto vi si conservano le testimonianze dei grandi eventi geologici che hanno costruito prima e modellato poi la Catena Appenninica. Recentemente il giacimento fossilifero di Pietraroja é rimbalzato di nuovo nella cronaca nazionale ed internazionale per il rinvenimento di Scipionyx Samniticus, un fossile di dinosauro simpaticamente battezzato “Ciro”, primo ed unico fossile del suo genere venuto alla luce in Italia. La presenza di un dinosauro imprigionato nei sedimenti della “Laguna di Pietraroja” rappresenta un evento eccezionale che ha aperto seri interrogativi nel mondo scientifico circa le conoscenze finora maturate sull’evoluzione dell’area mediterranea durante il Mesozoico.

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Un evento fortuito ha voluto che il piccolo Scipionyx cadesse nella laguna, restasse intrappolato nei fanghi calcareo-selciosi del fondale e successivamente, ricoperto da altri sedimenti, fossilizzasse conservandosi in maniera quasi intatta fino ai nostri giorni. Rinvenuto da un certo Todisco agli inizi degli anni ottanta, è stato studiato dai Paleontologici Dal Sasso e Signore che ne hanno determinato anche l’età in 113 milioni di anni; l’eccezionalità dell’evento è stata, poi, consacrata dalla prestigiosa rivista scientifica “Nature” che ne ha pubblicato un resoconto.

Oltre al Giacimento di Pietraroja, altre aree della Comunità Montana del Titerno conservano interessanti resti fossili. In particolare si ricordano le calcareniti bioclastiche mioceniche (Formazione del Cusano), che abbondano di resti di Litotamni (alghe rosse incrostanti), Pecten ed Ostreidi (Lamellibranchi), Briozoi (organismi simili ai caralli) ed Echinodermi, nei pressi di Pietraroja e calcareniti con diffusi denti di pesci alla località Regia Piana; ancora, i calcari a Rudiste del Cretacico Superiore alle località Pesco Rosito, Regia Piana, Monte Cigno, i calcari a Requienie nei pressi di Cerreto Sannita e le argille a Discocicline , Oligoceniche, nei pressi di San Lupo.

Oltre alle predette emergenze, il territorio offre altre zone di particolare interesse naturalistico-scientifico legate alle peculiarità dell’evoluzione geomorfologica locale. Esempi sono la forra tra la Civita di Pietraroja e la Civita di Cusano e quella alla base del Monte Cigno che rappresentano delle profonde incisioni vallive a pareti subverticali formatasi a seguito della continuata azione erosiva e dissolutrice del Torrente Titerno nel corso di migliaia e migliaia di anni; ancora, le caratteristiche conche tettono-carsiche (piane di alta quota completamente circondate da monti), tra cui le più estese sono quelle di Selvapiana (a sud del Monte Pastonico), de il Campo (a nord del Monte Monaco di Gioia) e del Lagospino (ad est di Monte Calvello), le numerose doline (presenti nei rilievi matesini e particolarmente concentrate sul Monte Pugliano) e le diffuse grotte (tra cui le Grotte dei Banditi, di San Michele e Pirella lungo il versante meridionale del Monte Monaco di Gioia, la Grotta di Monte Cigno, quella della Leonessa e delle Ripe del Corvo e la Grotta del Ciesco) rappresentano le forme più evidenti di quel processo morfogenetico (Carsimo) che, connesso a più cicli di dissoluzione delle rocce ad opera delle acque superficiali e sotterranee, ha così intensamente interessato ed interessa tuttora i principali rilievi carbonatici del territorio; i paleoterrazzi sommitali dei Sedimenti Alluvionali Antichi del Fiume Calore, infine, elevati di circa 100 metri dall’attuale piana, fanno bella mostra di ciò che resta di un’ampia superficie su cui, in un periodo interglaciale (300.000 anni fa), scorreva il Calore.

3.4 Inquadramento idrogeologico

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Il territorio della Comunità Montana del Titerno, seppur in modo non omogeneo, è interessato da cospicue circolazioni idriche sotterranee. Il principale acquifero è rappresentato dai SEDIMENTI CARBONATICI MESOZOICI caratterizzati da una elevata permeabilità per fratturazione e carsismo. In particolare nei rilievi carbonatici, dal Monte Mutria a nord fino al Monte Pugliano a sud, è impostata, a quote comprese tra 58 e 70 m s.l.m., una circolazione idrica profonda che corrisponde alla copiosa falda di base del Matese Orientale. La zona di recapito finale di tale circolazione è rappresentata dal Gruppo Sorgentizio del Grassano che, con una portata minima pari a circa 4.5 mc/sec ed una portata massima pari a circa 6.0 mc/sec, rappresenta una delle principali sorgenti dell’Italia Meridionale. La predetta falda è captata da diversi pozzi profondi localizzati nei territori di San Lorenzello, Faicchio e San Salvatore mentre parte delle acque della sorgente vengono utilizzate ai fini irrigui. La profondità della circolazione idrica ed i lunghi tempi di percorrenza sotterranea garantiscono una scarsa vulnerabilità dell’acquifero ma per contro sono responsabili di un’alta mineralizzazione delle acque. Un altro rilevante acquifero è costituito dalla falda di subalveo del Fiume Calore. Esso è impostato, ad una quota di circa 40 m s.l.m., all’interno dei Sedimenti Alluvionali della piana s.s. caratterizzati da una permeabilità da medio-alta ad alta per porosità ed è alimentato soprattutto da travasi da acquiferi adiacenti (Massiccio del Camposauro). Lo sviluppo sotterraneo della falda è complesso e strettamente legato alla eterogeneità granulometrica dei sedimenti alluvionali mentre per quanto concerne la sua potenzialità, pur mancando dati quantitativi legati ad una sistematica campagna di rilievi, è valutabile in almeno diverse decine di litri al secondo. Allo stato tale falda è in parte captata (attraverso pozzi profondi) ai fini irrigui ed in subordine ai fini potabili. La profondità di rinvenimento della falda garantisce un suo buon isolamento e quindi una scarsa vulnerabilità dell’acquifero. Acquiferi meno copiosi dei precedenti ma comunque di rilevante importanza comunale o sovracomunale sono quelli rinvenibili nella fascia alto-collinare e montuosa nord-orientale ed orientale del territorio, impostati all’interno dei Sedimenti Calcarei di Transizione caratterizzati da una medio-alta permeabilità per fratturazione/fessurazione. Tali acquiferi, posti a medie profondità, alimentano una ventina di sorgenti principali caratterizzate da portate massime anche di alcune decine di litri al secondo e minime sempre superiori ai 2 litri al secondo. Le portate non trascurabili e l’ubicazione a quote generalmente superiori a quelle dei centri abitati più vicini hanno reso tali sorgenti la principale fonte locale di approvvigionamento idrico ai fini potabili. Per quanto concerne la vulnerabilità di detti acquiferi, essendo relativamente breve e veloce il deflusso idrico sotterraneo, elevata la permeabilità e spesso obsolete le opere di captazione, essa è da rit enersi alta.

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Le altre aree della Comunità Montana del Titerno (più del 50% dell’intero territorio) sono generalmente povere di risorse idriche. Trattasi di aree di affioramento di terreni a media oppure a bassa/nulla permeabilità che possono essere sede soltanto di modesti acquiferi alimentanti pozzi e sfiori sorgentizi a potenzialità mai rilevante oppure interessate da pozzi superficiali e da emergenze stagionali. Alcune delle sorgenti perenni presenti in tali aree risultano comunque captate ai fini potabili; ciò pone serie problematiche igienico-sanitarie in quanto, essendo alta la vulnerabilità idrogeologica di detti acquiferi, le relative emergenze idriche subiscono periodici inquinamenti in connessione ad eventi metereologici di particolare intensità in quanto le acque di dilavamento superficiale riescono a penetrare in tempi brevi all’interno dell’acquifero ed a mescolarsi con le acque della sorgente. Negli ultimi anni gli sforzi per un uso più razionale delle risorse idriche, bene sempre più prezioso, sono stati apprezzabili ma certamente ancora insufficienti tant’è che stagionalmente l’acqua in alcuni centri è razionata e le sorgenti ancora non sono completamente salvaguardate dall’inquinamento. Allo stato le problematiche più urgenti da affrontare sono legate alla gestione troppo diversificata della rete da parte degli Enti, alla vetustà di ampie porzioni della rete e delle captazioni e alle carenze negli interventi di protezione e salvaguardia degli acquiferi ad alta vulnerabilità.

3.5 Inquadramento idrografico ed idrologico

Il territorio della Comunità Montana del Titerno si sviluppa ad est del medio corso del Fiume Volturno ed a nord del basso corso del Fiume Calore. Il Fiume Volturno riceve le acque del Torrente Titerno che drena la porzione settentrionale e mediano-occidentale del territorio per una superficie di circa 167 Kmq. Il Fiume Calore riceve, invece, le acque dei numerosi e spesso modesti corsi d’acqua (Torrenti Truono-Portella-Grassano, Seneta, Ratello-Capuano, Acquafredda, Ianare, Lente e Valloni Codachio, la Cerasa, Lago, del Corpo, Fornace) che drenano la porzione meridionale ed orientale del territorio per una superficie complessiva di circa 113 Kmq. Nell’ambito del Bacino Idrografico del Torrente Titerno è possibile distinguere un alto bacino, a monte della Forra di Ponte Lavello, un medio bacino, fino all’abitato di Faicchio, ed un basso bacino, fino alla confluenza nel Volturno. Nell’alto bacino, a monte della forra tra la Civita di Cusano e quella di Pietraroia è presente la testata del Titerno costituita dalla terna di impluvi del Fosso Acqua Calda, Fosso Santa Crocella-Fosso Pertosa-Rio Fosco e Rio Selva; nell’ampia valle intramontana di Cusano, poi, il T. Titerno riceve, in sinistra, le acque del Rio Torbido (sottobacino esteso per circa 8 Kmq) e del Torrente Vallantica (sottobacino esteso per circa 17 Kmq)

18 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno ed in destra quelle del Fosso Acqua Paradiso (sottobacino esteso per circa 9 Kmq), immediatamente a valle della Civita di Cusano, e del Torrente Reviola (sottobacino esteso per circa 21 Kmq), a valle del centro abitato di Cusano Mutri. Nella medio-valle il Torrente Titerno riceve, in sinistra orografica, altri importanti affluenti quali: il Torrente Tullio (sottobacino esteso per circa 10 Kmq) ed il Vallone Selvatico (sottobacino esteso per circa 9 Kmq), rispettivamente a monte e a valle dell'abitato di Cerreto Sannita, e il Torrente Cervillo (sottobacino esteso per circa 8 Kmq), tra le località S. Donato e Addone. Nella bassa valle gli affluenti del Torrente Titerno hanno un ruolo secondario in quanto trattasi in gran parte di aste torrentizie di modesto sviluppo e di tipo effimero. Il bacino idrografico del T. Titerno è separato da quello del basso corso del Fiume Calore tramite i crinali di Monte Valluccio-Monte Coppe-Ripe del Corvo e Colle Pezzente-Colle Calce-Monte Acero. Tra gli affluenti del Fiume Calore un particolare rilievo assumono il Torrente Lente (il cui sottobacino interessa il territorio della CMT per circa 42 Kmq), il Torrente Seneta (con un sottobacino esteso per circa 16 Kmq), il Torrente Ianare (con un sottobacino esteso per circa 11 Kmq) ed il Torrente Ratello (con un sottobacino esteso per circa 11 Kmq). I predetti corsi d’acqua risultano in gran parte allungati in direzione Nord-Sud e sono caratterizzati da elevate pendenze. I restanti affluenti, fatta eccezione per il Torrente Portella che riceve le acque delle copiose Sorgenti del Grassano, sono per lo più effimeri e di modestissimo sviluppo.

Per quanto concerne le caratteristiche del reticolo idrografico assolcante il territorio della Comunità Montana del Titerno, esso si presenta a densità da media a scarsa ed a forme dentritico-parallele e parallelo-pinate sui versanti di testata dei principali rilievi calcarei mentre si presenta a densità da media ad elevata e con forme dentritiche, talora spinte a calanchi, nelle aree dove affiorano litotipi a prevalenza di "fine". In relazione alle condizioni orografiche, inoltre, l’intero reticolo dei medio-alti sottobacini, manifesta una spiccata attività erosiva.

Le cinque Stazioni Pluviometriche distribuite all’interno del territorio (Faicchio, Cerreto Sannita, Civitella Licinio, Cusano Mutri e San Lorenzo Maggiore) ed una sesta ubicata immediatamente a ridosso (Telese Terme), rilevano condizioni di media e medio-alta piovosità. In particolare è possibile individuare due subzone, con peculiarità altimetriche ed orografiche, corrispondenti alla fascia pedemontana e montana percorsa dal Torrente Titerno (subzona Titerno) ed alla fascia pedemontana tra il territorio di San Salvatore e quello di Pontelandolfo (subzona Calore). Nella prima gli annali del Servizio Idrografico dello Stato, relativamente al trentennio 1921-1950,

19 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno evidenziano condizioni di medio-alta piovosità con precipitazioni medie annue di circa 1600 mm (valori variabili da 1310 mm per la Stazione di Faicchio a 1830 mm per quella di Civitella Licinio) e con punte annuali massime di mm 2783 (Cerreto Sannita - anno 1937) e minime di mm 739 (Faicchio - anno 1932),; in tale zona le correnti umide occidentali perdono in modo marcato e repentino la loro umidità, sotto forma di pioggia, nel risalire gli imponenti rilievi. Nella seconda gli annali del Servizio Idrografico dello Stato, per lo stesso periodo, evidenziano condizioni di media piovosità con precipitazioni medie annue di circa 1200 mm e con punte annuali massime di mm 1407 (San Lorenzo Maggiore - anno 1940) e minime di mm 633 (Telese - anno 1932); per questa zona l’orografia è tale da permettere un più rapido, in quanto poco ostacolato, passaggio delle correnti umide occidentali. La distribuzione delle piogge presenta una marcata differenziazione stagionale: la maggiore concentrazione è relativa al periodo autunno- invernale (con concentrazioni massime in novembre-dicembre) e primaverile (con concentrazioni massime in febbraio-marzo) mentre nel periodo estivo giugno-agosto si ha una marcata siccità. In particolare, nella subzona Titerno, nel trimestre giugno-agosto si sono registrare precipitazioni medie minime di mm 27 con soli 3 giorni piovosi nel mese di luglio a Cerreto Sannita (decennio 1931-40) contro precipitazioni intense e frequenti di novembre e dicembre con piogge di mm 257-223 di Cusano Mutri (media decennio 1931-40) con punte massime di mm 598 di Cusano Mutri (novembre 1925); nella subzona Calore, invece, nel trimestre giugno-agosto si sono registrare precipitazioni medie minime di mm 18 con un solo giorno piovoso nel mese di luglio a Telese (decennio 1921-30) contro precipitazioni in novembre e dicembre di mm 160-125 (media decennio 1921-30) e punte massime di mm 322 a San Lorenzo Maggiore (novembre 1933). L'andamento pluviometrico dal 1950 ad oggi, i cui dati non sono stati ancora riepilogati in forma tabellare dal competente Servizio Idrografico del Ministero dei Lavori Pubblici, mostra valori non molto dissimili rispetto al trentennio precedente anche se è da rilevare che qualche annata dell’ultimo decennio è risultata meno piovosa. Tale regime pluviometrico (precipitazioni variabili da un anno all'altro e spesso concentrate con elevate intensità orarie e giornaliere) ha come conseguenza una variabilità delle condizioni idrologiche, tanto nel regime dei corsi d'acqua (regime torrentizio), quanto nella circolazione idrica nel suolo e nel sottosuolo. Per quanto concerne, infine, le precipitazioni massime giornaliere, quelle a cui possono essere maggiormente legate fenomenologie di dissesto (alluvionamenti, erosioni, frane), dall’analisi degli Annali del Servizio Idrografico, si evidenziano valori abbastanza marcati a Cusano Mutri (287 mm) e Cerreto Sannita (240 mm), intermedi a Civitella Licinio (202 mm) e San Lorenzo Maggiore (174 mm) e relativamente bassi a Telese Terme (110 mm) e Faicchio (103 mm).

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3.6 Vulnerabilità geologica del territorio

I maggiori rischi a cui il territorio della Comunità Montana è sottoposto sono di natura sismica ed idrogeologica, quali dissesti della rete idrografica e fenomenologie franose. Dal punto di vista sismico il territorio ricade tra grossi affioramenti di formazioni calcareo-dolomitiche (Massiccio del Matese, Gruppo Montuoso del Taburno Camposauro) costituenti una porzione di Catena Appenninica che, ancora in fase prevalente di sollevamento rispetto al margine tirrenico, è caratterizzata dalla presenza di strutture sismogenetiche lungo le quali si verificano numerosi eventi sismici. Un lavoro del C.N.R. ("Catalogo dei terremoti italiani dall'anno 1000 al 1980"), per l'area compresa nel Foglio 173 e nel Foglio 162, ha messo in evidenza riapettivamente una frequenza medio-alta e media di eventi sismici aventi un'intensità massima dell' XI grado della scala Mercalli e profondità epicentrali massime di 60 Km. Nel corso dei secoli l'area in oggetto è stata colpita da numerosi sismi (847, 894, 990, 1125, 1349, 1456, 1688, 1702, 1732, 1794, 1805, 1814, 1927, 1962, 1980 e 1981); tra essi si ricordano i terremoti catastrofici del 1456 e del 1688 (XI grado della scala M.C.S.), con epicentro all’interno o prossimo al territorio in esame. Circa l’entità degli eventi, per il terremoto del 1456 alcuni manoscritti rilevano che Cerreto Sannita e Guardia furono in gran parte distrutte ed il numero di vittime fu rispettivamente di 400 e 100 persone; con il terremoto del 1688 (epicentro nel Matese) vi fu la distruzione pressochè totale dei centri abitati di Cerreto Sannita, San Lorenzello, Pietraroia, Faicchio e Cusano Mutri, e, per alcuni centri, un numero di vittime pari all'incirca al 50% della popolazione. Gli studiosi, su base statistica, sono concordi nel ritenere che l’area matesina sia oggi una delle aree a più alta pericolosità sismica perché è da trecento anni circa (dal 1688) che non si verifica un terremoto di particolare intensità. Attualmente tutti i comuni della Comunità Montana sono inseriti in una zona sismica di Seconda Categoria (S=9); per tali zone si prevedono sismi di Intensità massima pari 8.5 gradi della Scala Mercalli. La vulnerabilità sismica del territorio, grazie ai nuovi criteri di costruzione in zone sismiche adottati dagli anni ’70, ai nuovi strumenti di pianificazione urbanistica (microzonazione sismica dei Piani Regolatori Comunali) ed agli interventi statali di cui alla legge 219/81, si è notevolmente ridotta; permangono però centri storici con case non adeguate sismicamente ed inoltre si ricorda che un evento sismico può essere il fattore determinante per il verificarsi o l'accentuarsi dei numerosi fenomeni di dissesto idrogeologico presenti nel territorio.

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Per quanto concerne i dissesti della rete idrografica essi sono diffusi in gran parte del territorio della Comunità Montana. In particolare, nelle aree di alto bacino è presente uno stadio giovanile della rete idrografica che, impostata prevalentemente in terreni semicoerenti o addirittura scarsamente coerenti, risulta caratterizzata da pendenze piuttosto elevate, regime irregolare, erosioni laterali e di fondo, e cospicuo trasporto solido. In particolare le erosioni di sponda e di fondo, operate dal Torrente Titerno e dai suoi principali affluenti nonché dagli affluenti in destra del Fiume Calore, indeboliscono i versanti, sui quali spesso sono impostate diverse strutture ed infrastrutture, innescando diffusi fenomeni di dissesto. Tali fenomeni hanno una frequenza stagionale e talora investono aree molto estese. Nelle aree di basso bacino, invece,, la rete idrografica, rappresentata essenzialmente dall'asta terminale del Torrente Titerno, dal Fiume Calore e dal basso corso dei suoi affluenti, è caratterizzata da modeste pendenze, con conseguente bassa velocità di deflusso delle acque e relativa deposizione del carico solido trasportato da monte; a ciò è connessa la tendenza alla divagazione dell'alveo e alla meandrificazione del corso del Torrente Titerno dall’abitato di Cerreto fino alla confluenza nel Fiume Volturno, del basso corso del Torrente Lente e dell’intero tratto del Fiume Calore. In tali zone, in occasione di importanti eventi pluviometrici sono frequenti le erosioni di sponda nei tratti esterni dei principali meandri (a valle di Faicchio per il T. Titerno e nei tenimenti di Ponte, San Lorenzo M. e Guardia S. per il Fiume Calore) e le esondazioni (aree di golena del Fiume Calore e del Torrente Titerno). Allo stato le opere di difesa lungo le aste del reticolo sono del tutto insufficienti; quelle presenti riguardano solo modesti settori del reticolo e tra esse molte risultano deteriorate perché di vecchia realizzazione. Pertanto, anche in considerazione dello stretto legame tra i dissesti della rete idrografica e le fenomenologie franose lungo i rispettivi versanti, urge un intervento mirato di difesa (di fondo e di sponda) di gran parte del reticolo; sono necessari, altresì, misure normative più incisive di difesa del territorio ed in particolare di quelle tese a regolamentare ed a rivedere in una nuova ottica anche quei piccoli interventi sul territorio (dissodamenti selvaggi, apertura di nuovi accessi ai fondi, nuove strade interpoderali, tagli boschivi, etc.) che nell’insieme contribuiscono ad aggravare molti dei dissesti presenti sul territorio.

Per quanto concerne, infine, il rischio frana, si precisa che in ampi settori del territorio della Comunità Montana del Titerno l’evoluzione geomorfologica si è manifestata e si manifesta tuttora con movimenti gravitativi (frane) anche di notevoli dimensioni, connessi principalmente all’intenso e recente (Olocene) approfondimento del reticolo idrografico. Le frane censiste all’interno del territorio sono sia attive che quiescenti; quest’ultime, più ampiamente rappresentate e generalmente di maggiori

22 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno dimensioni, sono avvenute in un recente passato e, apparentemente stabili, in realtà sono suscettibili, qualora intervengano incrementi dei fattori scatenanti (naturali e/o antropici), di ripresa dell’attività. Sia le frane attive che quelle quiescenti molto spesso sono prossime o addirittura coinvolgono centri abitati ed infrastrutture e pertanto da ritenersi ad alto rischio. Le tipologie franose riscontrabili, poi, risultano varie e legate essenzialmente alle condizioni morfo-litologiche; in particolare nelle aree di affioramento di formazioni rocciose, talora ricoperte da materiali detritici sciolti, sono diffuse le frane da crollo e da flusso rapido mentre in quelle dove prevalgono sedimi plasticizzabili le tipologie riguardano colate rapide, scorrimenti rotazionali, colata lenta/colamento, scorrimenti/colamenti nonché fenomeni di intensa erosione. Da una analisi della distribuzione dei fenomeni franosi, attivi e quiescenti, all’interno del territorio si evince quanto segue. Le ripe e le pareti acclivi lungo i versanti dei principali rilievi carbonatici, in assenza di una copertura arborea significativa, sono interessate da frane di crollo aventi come fattori predisponenti l’elevata fratturazione della roccia e la spinta degradazione operata dagli agenti atmosferici. Esempi di tali fenomenologie si riscontrano lungo l’alto versante meridionale dell’imponente massiccio del Monte Monaco di Gioia, sovrastante gli abitati di Faicchio e San Lorenzello, ed in parte di quello settentrionale, a monte della frazione di Civitella Licinio, lungo l’intero versante occidentale e settentrionale di Monte Cigno, lungo il versante meridionale della Civita di Cusano e della Civita di Pietraroja e lungo il basso versante sud-orientale di Pietra Fellara; un discorso a parte meritano i crolli presenti ai margini del promontorio su cui si erge il centro storico di Cerreto Sannita in quanto il principale fattore scatenante è rappresentato dalla spinta dinamica erosiva dei Torrenti Tullio, Titerno e Selvatico. Lungo le principali rave e canaloni dei versanti del Monte Erbano, del Monte Pastonico e del Monte Mutria, laddove la vegetazione è scarsa oppure assente e sono presenti sedimi sciolti di copertura (clasti calcarei frammisti a terre rosse residuali ed a materiali piroclastici), sono ben rappresentate fenomenologie franose, in gran parte quiescenti, di flusso (colata) rapido. Nella valle intramontana di Cusano e nella fascia pedemontana tra i territori di Cerreto e Pontelandolfo, le frane, ampiamente diffuse, sono principalmente del tipo scorrimento-colamento ed in subordine del tipo colata rapida in terreni semocoerenti. In tali aree sono da mensionare, per la rilevante estensione e/o per l’alto grado di attività, i sistemi di frane della zona di testata del Torrente Titerno, della valle del Rio Torbido (tra cui l’estesa ed attiva frana Metole-Nevari), di Fontana Stritto, e della località Gradoni in Cerreto Sannita; ancora sono da rilevare, per l’estensione e l’elevato rischio, quelle che coinvolgono porzioni significative degli abitati di Guardia Sanframondi, San Lorenzo Maggiore, San Lupo e Pontelandolfo. Per alcune frane attive (Metole-Nevari, Cappuccini, Costa Monsignore, Camparrano, etc.) negli ultimi anni sono state realizzate opere di

23 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno sistemazione ma nel settore di difesa dalle frane ancora tantissimo resta da fare. In particolare sono da ritenersi urgenti quegli interventi di sistemazione di aree in frana, attive o quiescenti, che investono in modo rilevante i centri abitati di Cerreto Sannita, Guardia Sanframondi, San Lorenzo Maggiore, San Lupo e Pontelandolfo.

3.7 Aspetti naturalistici La Comunità Montana presenta zone di notevole interesse naturalistico, per la presenza di formazioni boschive ancora integre e di fenomeni carsici e paesaggistici di grande attrazione. La vegetazione è caratterizzata da una notevole eterogeneità dovuta alle brusche variazioni altimetriche ed alla diversa esposizione dei versanti. Nei versanti ad esposizione meridionale sono frequenti gli incendi che spesso sono la causa, insieme allo sfruttamento eccessivo dei pascoli, del riaffioramento della roccia nuda. Il territorio risulta così suddiviso, secondo l’altimetria e la vegetazione in: · zona pianeggiante (100/400 mt. slm) = è caratterizzata da zone coltivate · zona collinare (400/600 mt. slm) = è caratterizzata da vegetazione di macchia mediterranea con formazioni caducifoglie (querce di varia specie) ed estese zone coltivate principalmente con colture legnose. · zona sub-montana (600/800 mt. slm) = è caratterizzata da boschi di cerro (Quercus cerris) acero (diverse specie), roverella (Quercus pubescens), carpino nero (Ostrja carpinifolia) e orniello (Fraxinus ornus), intervallati da zone erbacee prevalentemente primaverili. Sono presenti alcuni faggi (Fagus sylvatica) e formazioni di castagno (Castanea sativa) e varie superfici coltivate soprettutto a foraggi; · zona montana (800/1800 mt slm)= dovrebbe essere rappresentata dal bosco di faggio (Fagus sylvatica) che però è sviluppato limitatamente a causa delle avverse condizioni climatiche e della pressione agro-pastorale per l’acquisizione di nuove aree e pascoli; si presenta comunque come fustaia sui crinali del Monte Mutria. I boschi di faggio formano il substrato per la crescita spontanea di varie specie di funghi e di fiori caratteristici delle zone montane. Nei dintorni dell’abitato di Cerreto Sannita, i fenomeni carsici di erosione hanno portato alla formazione di strutture calcaree di particolare bellezza, fra cui la superba “Morgia S. Angelo” detta anche la “Leonessa” per la somiglianza con questo felino. La “Leonessa” è formata da diversi sedimenti calcarei del Miocene che con profonde fenditure distinguono le varie parti del corpo dell’animale. La più profonda di queste fenditure (litoclasi) va a formare nel fianco della “Leonessa” la “Grotta di S. Angelo”, un tempo adibita a chiesa e dedicata a S. Michele Arcangelo; di quest’ultima non rimane quasi nulla tranne

24 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno qualche pezzo di marmo colorato ed un arco al di fuori della grotta ed i resti della vecchia torre campanaria. La chiesa venne dissacrata nel 1783. Nei pressi della “Leonessa” sono state scoperte antichissime tombe sannitiche ed un sepolcro dell’età del bronzo contenente un’urna cineraria e resti di ossa. Procedendo sulla destra della “Leonessa” s’incontra una limpida sorgente e poi la “Morgia degli Ortali”, un tronco di cono alto 25 m.; poco distanti si trovano altre formazioni calcaree, “le ripe del Corvo”, che costituiscono una muraglia alta fino a 100 metri simile ad un castello merlato e dalla quale scaturiscono numerose sorgenti. La strada che porta da Cerreto Sannita a Cusano Mutri, passando per Civitella Licinio, si inoltra nella pittoresca gola del Titerno che incide profondamente la valle, formando canyons profondi 30/35 metri. Nel canyon sono visibili i resti di un ponte romano (Gorgovecchia) in buono stato di conservazione. Sporgendosi dal ponte Lavello, a metà della gola, è possibile verificare la capacità erosiva del fiume sul suo letto roccioso, che appare scavato e cesellato con numerose caratteristiche “marmitte”. Nel monte Cigno l’elevata attività carsica è dimostrata dalla presenza di numerose grotte e caverne tra le quali la più grande e conosciuta è la Grotta Chiusa, scoperta nel 1935, ricca di stalattiti e stalagmiti polimorfe. Nelle vicinanze di Pietraroja, sui contrafforti del Monte Mutria esiste una cava di pietra da taglio dai quali sono affiorati numerosi fossili gran parte dei quali conservati nel Museo di Paleontologia dell’Università di Napoli. Nei comuni di Pietraroja e di Cusano Mutri ricade anche la zona di montagna più interessante dal punto di vista turistico e naturalistico: il complesso di Bocca della Selva, che, con il monte Acero, rappresenta una meta di turismo escursionistico.

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4. Profilo storico-culturale Il territorio dei dodici comuni che costituiscono la Comunità Montana del Titerno si estende in maniera quasi circolare su una superficie di 317,9 Kmq comprendendo una popolazione di 36.662 abitanti (al 1998). Oltre che essere caratterizzato da una struttura morfologica e ambientale omogenea, esso si può ben dire coeso dalla storia plurimillenaria che lo ha interessato.

Importantissimi ritrovamenti fossili nel suo territorio (citiamo soltanto lo Scipionyx Samniticus, meglio conosciuto come Ciro, il cucciolo di dinosauro rinvenuto nel ricco giacimento paleontologico di Pietraroja), numerosi reperti delle ere paleolitica e neolitica nonché eccellenti ritrovamenti (tra tutti la palafitta di Castelvenere e le mandorle di Chelles e il dolmen di Guardia S.) documentano la presenza dell’uomo in questo territorio di natura calcareo-dolomitica, con terreni che vanno dal cretacico medio al miocene superiore, con lembi di paleogene, fin dalla preistoria.

Va subito detto che la maggior parte dei centri fa risalire la sua nascita, come comunità attiva e vitale, al momento storico in cui i Sanniti – questo il popolo che ha abitato il Massiccio appenninico del Matese occupato nella parte sud orientale da Faicchio, San Lorenzello, Cerreto Sannita, Cusano Mutri, Pietraroja, Pontelandolfo, Ponte, San Lupo, San Lorenzo Maggiore, Guardia Sanframondi, Castelvenere e San Salvatore Telesino - entrarono in contrasto con i Romani quando costor vollero estendere il proprio dominio su tutta la penisola. Per questo gli autori latini che raccontano le gesta dei Romani, storici annalisti e cronisti, si trovano ad indicare queste località a volte con un nome sannitico a volte con uno romano a volte con termini di origine greca (vedi Cossa, Fulfulae, Cominium Ceritum). Dell’importanza di questo territorio nella politica di difesa operata dai Sanniti Pentri in loco non si può affatto dubitare: basta osservare la muraglia megalitica tuttora in piedi su Monte Acero.

Lo sviluppo dei centri durante la seconda metà del primo millennio (quando non si tratta di una vera e propria fondazione) sta a testimoniare come anche queste terre si trovarono inserite in modo organico nel programma di conquista e di controllo del territorio da parte dei dominatori di turno. Al declino dell’Impero Romano d’Occidente, seguirono prima le invasioni da parte di truppe greche (che importarono anche i monaci bizantini basiliani con i loro eremi) poi quelle dei saraceni, a seguire giunsero i longobardi per proseguire con il dominio normanno. E’ anche certo che qualche centro è nato dalle diverse distruzioni subite dalla città di Telese (la prima nell’85 a. C. ad opera di Lucio Cornelio Silla, per passare a quelle efferate da parte dei saraceni Massar nell’847 e Seodan nell’864, o all’incendio di re Tancredi nel 1193, per finire col terremoto che la

26 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno rase definitivamente al suolo nel 1349) o anche dalla invivibilità delle zone vallive ricche di acquitrini e a rischio di facili assalti. Soltanto allora le popolazioni si rifugiarono all’interno o sulle alture per trovare un luogo più riparato e più sicuro (San Lorenzello, Pietraroja). Qualcuno preferì la vicinanza di badie, grance, celle e monasteri Benedettini (S. Salvatore Telesino, Cusano Mutri, S. Lupo) e qui iniziarono la loro opera di lavoratori della terra, fissando stabilmente la loro dimora. L’attività prevalente delle popolazioni fin ad allora era stata infatti la pastorizia, stabile o transumante, e l’utilizzo completo del bosco, dall’uso degli alberi alla pratica della caccia. Ciò permetteva, specie nei tempi in cui le armi tacevano, una vita serena. Ora però le popolazioni, supportate anche dagli insegnamenti monastici che davano lo stesso valore allo studio alla preghiera e al lavoro, diedero vita ad un cospicuo dissodamento dei terreni premessa all’enorme sviluppo dell’agricoltura con i molteplici suoi prodotti, soprattutto cereali e ortaggi. Nei secc. VII-XI enorme influenza assume il Monastero di Montecassino e numerose sono le testimonianze di lasciti e donazioni, di beni ecclesiastici e civili, di abitazioni o porzioni di agri, affidati a questo cenobio benedettino.

Qualche altro abitato è stato edificato col preciso scopo di dover vigilare le strade sottostanti, come l’importantissima Via Latina su cui transitavano tutte le merci da e per la Puglia o per il mediterraneo orientale (Ponte, e per altro versante anche Pontelanfolfo) o anche fortificato per controllare l’intera valle attraversata dal fiume Calore fino alla confluenza con il Volturno. Per qualcuno è stata anche ipotizzata una precisa volontà di “colonizzazione” con il massiccio trasferimenti dei Liguri Apuani poi chiamati Bebiani (Pontelandolfo) o di popolazioni molisane (S. Lupo) ma ad oggi la ricerca storica non ha ancora dato una definitiva conferma.

E’ certo comunque che quando in queste zone si insediarono i Longobardi, che fondarono prima il ducato e poi il principato di Benevento (570-774 / 774-1077), superate le iniziali ostilità si stabilì una forte integrazione tra questi “barbari” e la popolazione locale. In effetti questo popolo aveva varcato le Alpi perché perseguitato sul proprio territorio e quindi aveva pensato di trasferirsi completamente in Italia. Arrivarono non solo soldati armati ma intere famiglie in cerca di un sito ove fermarsi e stabilire la propria residenza. Dalla storia conosciamo bene la fortuna e le grandezze dei Longobardi in Italia e soprattutto a Benevento dove coniarono anche moneta.

Dopo la relativa “pax Longobardorum” si profila nuovamente un periodo di guerre con l’arrivo dei Normanni chiamati in Italia per sconfiggere prima i greci, poi i saraceni e cacciarli via dai ducati longobardi, dalla Puglia e dalla Sicilia. Operazioni militari che vennero concluse con Roberto il Guiscardo a capo dei Normanni nel 1056, il quale ricevette la doppia investitura dal re

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Enrico III e dal Papa Niccolò III. Le sue conquiste furono ampliate ulteriormente dal nipote Ruggero II che lottò per essere incoronato Primo Re delle Due Sicilie (1130-1154). Ed è questo Ruggiero che nel 1133 ritornò in questo territorio del Sannio per ingaggiare battaglia contro i castelli che si erano ribellati, e che intanto si erano fortificati. Se ne impossessa mettendoli a ferro e fuoco e poi si riconcilia con Dio e con la Chiesa nell’Abbazia di San Salvatore per mano dell’Abate Alessandro Telesino.

Nei territori che conquistavano, i Normanni lasciavano famiglie della loro stirpe delle quali si potevano fidare ed è per questo che nel 1151 troviamo Guglielmo Sanframondo, figlio di Raone ufficiale normanno, signore di tutte queste cittadelle. Guardia, Cerreto, Faicchio, Massa Superiore (cioè la Rocca di S. Salvatore), Massa Inferiore, S. Lorenzello, S. Lorenzo Maggiore, Limata, Castelvenere, Civitella, Cusano, Pietraroja, Ponte e Pontelandolfo, quasi tutte fin dall’inizio furono assegnate in feudo a questa Famiglia che li tenne, ed ebbe il titolo di conte, quasi ininterrottamente per tutte, fino al 1461.

I Sanframondo furono spogliati del loro feudo perché nelle lotte intestine per il governo del Regno si schierarono a fianco degli Angioini e nel 1442, nello scontro con Alfonso d’Aragona, ebbero definitivamente il peggio. Terminò così la dominazione Normanna ed iniziò quella di Casa Carafa. Pochissime sono state le eccezioni, e il dominio dei Carafa è durato su quasi tutte queste terre fino al 1806 anno in cui fu abolita la feudalità. Una certa diversità nella gestione amministrativa dei possedimenti tra le due case feudali è data dal fatto che mentre i Sanframondo abitavano in loco, nei castelli da loro stessi costruiti o fortificati, i Carafa preferirono risiedere in città e governarono in questi loro possedimenti attraverso amministratori spesso non del luogo. Questa distanza dal territorio in cui bisognava amministrare la giustizia, imporre ed esigere le tasse, ottenere obbedienza e rispetto alla Casa feudale e al Re anche attraverso i mezzi estremi della costrizione, l’arresto e le percosse, non hanno certo giovato alla costruzione di un giudizio equo, veritiero e positivo, sull’efficienza e la bontà dei Signori di Casa Carafa. Nonostante ciò questa lunghissima unità politica e amministrativa, tre secoli con i Sanframondo e tre e mezzo con i Carafa, ha di certo contribuito ad una crescita sociale e culturale univoca pur nella diversità dei singoli campanili. Ogni rocca ha avuto la sua storia, ogni contrada il proprio saccheggio, ogni municipio la propria magnificenza, ma alla fine il percorso è diventato similare in una progressiva crescita. Alle signorie feudali che hanno uniformato queste popolazioni vanno aggiunte anche la suddivisione ecclesiastica delle diocesi (la maggior parte appartiene a quella di Cerreto-Telese con solo due enclavi della diocesi beneventana ben ricostituibili sotto il profilo storico) e, non ultimi, i disastri che hanno interessato in modo violento l’intera area. Ricordiamo soltanto la

28 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno peste del 1656, l’epidemia di tifo nel 1764 e i due violentissimi terremoti che rasero al suolo tutte le abitazioni e falcidiarono la popolazione: 5 dicembre 1456 e 5 giugno 1688. Da queste disgrazie sappiano che le comunità interessate riuscirono a venirne fuori a testa alta ricostruendo totalmente i paesi e rinnovando completamente le strutture (ricordiamo Cerreto S. città di fondazione e i monumentali edifici sacri di Guardia S.). Ma l’opera di ripresa e di rinnovamento non si fermò lì. A volte anche opponendosi alle angherie e alle assurde pretese fiscali dei Carafa tutte le popolazioni diedero un forte impulso alla ripresa di diversificate attività produttive. La lavorazione e la commercializzazione delle pelli, dei pannilana, del vasellame, delle ceramiche, della tessitura, del ferro battuto, della pietra, del legno, sono tutte attività artigianali che assurgono ai primi ranghi per produzione e qualità vantati in tutto il Regno di Napoli. In molti comuni sorsero Monti di Pietà ed opere di carità che testimoniavano la stragrande fiducia delle popolazioni nelle operazioni sociali finalizzate al miglioramento del tenore di vita dei singoli e della collettività. In questo momento storico si è registrato un forte impulso, quando non sono nate ex novo, nei riguardi di devozioni e pratiche pie alimentate nelle missioni tenute di frequente dai Padri predicatori. Opere che ancora oggi alimentano la religione nel popolo e sono il sostrato di particolarissime processioni penitenziali (I Riti Settennali di Guardia S.). Se l’artigianato era la fonte economica più redditizia, non è detto che tutti vi erano impegnati. Moltissimi erano infatti coloro che continuarono a dedicarsi all’agricoltura e all’allevamento del bestiame. Cereali e legumi, viti e ulivi, bovini e ovini, caprini e suini. Erano queste le principali produzioni degli agricoltori e dei pastori. La maggior parte lo faceva ad uso familiare ed alcuni anche utilizzando estesi appezzamenti di terreno in proprietà e greggi numerosissimi.

La ventata delle idee di libertà, fraternità e uguaglianza diffuse dalla rivoluzione francese tocco anche queste comunità ed infatti in tutte è documentata la partecipazione ai moti napoletani del 1799. Ogni paese volle piantare al centro della sua piazza principale l’albero della libertà anche se poi la rivoluzione sperata fu pagata col sangue o con l’esilio.

Con l’avvento di Murat e Giuseppe Napoleone ci fu l’abolizione della feudalità. I comuni si videro finalmente la strada spalancata verso un futuro di indipendenza, libero e migliore sotto ogni aspetto. Si costituirono nuove aggregazioni territoriali e Pontelandolfo e S. Lupo passarono alla neocostituita provincia del Molise mentre prima appartenevano a Principato Ultra (nel 1861 passeranno poi nella nuovissima provincia di Benevento insieme a molti altri paesi sottratti a Terra di Lavoro).

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Proprio queste nuove idee liberali che auspicavano un’Italia unita fecero nascere gruppi rivoluzionari e giacobini che si contrapponevano a quelli filo borbonici spesso con azioni drammatiche e violente. Questo, e non solo, fu causa della nascita del cosiddetto fenomeno del brigantaggio anche sui monti del Matese che tanti lutti portò anche in queste zone. Numerose furono le bande in azione ma la più famigerata resta quella di Cosimo Giordano. E proprio a lui, e alle scorrerie dei suoi uomini, si deve l’ultima distruzione di Pontelandolfo. All’alba del 14 agosto 1861 un battaglione di 500 bersaglieri piombò sul paese e, per vendicare l’uccisione di 45 soldati da parte dei briganti, rase al suolo l’abitato e fece una strage. Ma le ribellioni non finiscono qui. Un altro episodio doloroso si verificò nell’aprile del 1877 a S. Lupo. Presso la Taverna Iacobelli si erano dati appuntamento anarchici del gruppo di Cafiero e Malatesta per guidare un’insurrezione popolare contro il nuovo stato unitario. Qualcuno tradì e i carabinieri piombarono su questi anarchici e li sbaragliarono facendo morti e feriti (ci fu chi riparò sul Matese ma a Letino l’esercito sabaudo operò la totale distruzione dei rivoltosi).

Nel corso del XX secolo i comuni dell’area hanno dato un notevole contributo di uomini e di sangue ai problemi che hanno interessato la nuova Italia. Prima attraverso il triste fenomeno dell’emigrazione e poi con il contributo di militari e civili nei due conflitti mondiali. Per quanto riguarda la Grande Guerra (1915-1918) va detto che la partecipazione è stata simile, così come in tutti gli ottomila comuni della penisola. E in ogni paese c’è una lapide ricordo che elenca il numero dei morti. Il contributo dato nel secondo conflitto mondiale (1941-1945) invece è stato doppio. Oltre che con i militari sui diversi fronti il contributo è stato dato anche da civili, persino donne e bambini, che sono morti per la patria al chiuso della propria casa d’abitazione o per strada nel pieno dell’attività quotidiana (ricordiamo solo l’episodio di Capodacqua di S. Lupo). Il tutto perché le truppe tedesche e quelle anglo-americane si sono fermate in queste zone o le hanno attraversate nella strada verso Montecassino. Dicevamo del contributo dato all’emigrazione, sia alla prima, quella a cavallo dei secoli XIX e XX, che alla seconda negli anni dal 1950 al 1960. Alcuni paesi sono stati colpiti particolarmente e si sono dimezzati quanto non del tutto spopolati (S. Lupo, Pontelandolfo). La prima emigrazione si è svolta in prevalenza verso i paesi dell’America del Nord e del Sud, e moltissimi hanno perso ogni contatto con il paese d’origine e non sono ritornati mai più. La seconda ha invece interessato oltre che i precedenti Stati anche l’Australia e diversi Paesi Europei. E’ questa l’emigrazione che ha fornito un notevole contributo all’aumento della ricchezza di queste comunità, attraverso le sostanziose rimesse di denaro delle famiglie o dei capifamiglia emigrati, che ha preceduto, se non coinciso, con il miracolo economico nazionale.

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Il miracolo economico degli anni ’60 ha infatti toccato tutte queste comunità e ognuna si è messa di buona lena a lavorare per conservare il discreto livello economico raggiunto e migliorarlo. Le produzioni artigianali sono diventate sempre più di qualità, quelle agricole hanno privilegiato la tipicità e la bontà offerte da suolo e clima temperato, il turismo ha fatto capolino e la piccola industria si è avviata in una lenta e progressiva crescita. Adesso è possibile contare molti vini classificati con il marchio DOC. E su questa strada sono avviati i prelibati oli, i raffinati prosciutti, i caratteristici formaggi. La ceramica artistica di S. Lorenzello e Cerreto S., che fonda le sue radici sull’eccellentissimo Nicola Giustiniani, ormai compete alla pari con le principali e più blasonate ceramiche di città italiane ed europee del settore. I beni archeologici, artistici, architettonici e ambientali vengono recuperati, riscoperti e valorizzati quotidianamente attraverso una fitta rete di appuntamenti culturali e fieristici di rinomanza almeno sovraregionale. A cui si affiancano anche momenti per la commercializzazione dei prodotti tipici (Sagra dei funghi, Cantine al Borgo, Mercantico). Proprio per premiare questo sviluppo e queste innumeri attività promozionali, più difficili rispetto ad altre aree del Paese, l’intera provincia di Benevento è stata rappresentata da un comune dell’area (Guardia S.) nella famosa rassegna “100 Comuni della Piccola Grande Italia” promossa dalla presidenza del Consiglio nel 1987: una manifestazione ideata per celebrare i 40 anni della Repubblica e che ha raccolto i paesi più industriosi e dove il boom economico era stato avvertito e sviluppato in modo superlativo.

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5. Profilo socio-demografico

5.1 L’andamento demografico L’indagine si è sviluppata tenendo conto delle più recenti indagini censuarie (1981 e 1991) e delle ultime rilevazioni anagrafiche riferite al 1998. Allo scopo di individuare più compiutamente la dinamica in atto, i dati sono confrontati anche con le rilevazioni anagrafiche relative al 1996. Tali informazioni sono inoltre messe a confronto con quelle riferite all’intera provincia. La ricerca è stata sviluppata su scala comunale. Successivamente i dati sono stati aggregati a livello comunitario. Tale procedimento ha consentito di individuare la dinamica rilevata nei singoli ambiti in cui è articolato il territorio. I dati sull’evoluzione demografica, esposti in forma tabellare e grafica, sono dettagliatamente illustrati in allegato. Alla lieve ripresa registrata nel corso dei periodi intercensuari 1971-1981 (+1,9%) e 1981-1991 (+0,9%) ha fatto seguito un periodo di lieve decremento la cui dinamica si è progressivamente accentuata nel corso degli anni novanta, durante i quali si è registrato un decremento di entità rilevante: le unità censite nel 1991 erano difatti pari a 37.244, mentre i dati anagrafici più recenti rilevano la presenza, sul territorio, di 36.679 residenti, per una diminuzione assoluta di 565 unità, pari in percentuale al -1,5%. Tale andamento è confermato dalle rilevazioni intermedie: già nel 1996 la popolazione della Comunità era diminuita, rispetto al ’91, dello 0,6% e tale dato indica che il risultato negativo è attribuibile principalmente al periodo più recente. All’interno del comprensorio, tuttavia, la situazione rilevata nel periodo 1981-1998 presenta caratteri di estrema disomogeneità. La situazione più critica è stata rilevata nei comuni di S. Lupo e di Pontelandolfo, all’interno dei quali le dimensioni dello spopolamento hanno assunto, nel corso dell’ultimo ventennio, i connotati di un vero e proprio esodo: in particolare, a Pontelandolfo si è rilevato un decremento pari a circa il –20,9%, costante nel corso degli ultimi venti anni. A S. Lupo, dove nello stesso periodo la riduzione del numero di residenti è stata pari a circa il –13,3%, il risultato negativo è invece in gran parte riferito alla dinamica rilevata nel periodo intercensuario. Altre situazioni particolarmente critiche sono rilevate a Pietraroja, comune nel quale il declino demografico è stato stimato intorno al –11,7% ed a S. Lorenzo Maggiore (-9,7%).

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Nello stesso periodo alcuni comuni hanno invece visto aumentare in modo significativo la propria popolazione. In particolare, Castelvenere (+12,8), S. Lorenzello (+9,7) e S, Salvatore Telesino (+4,9%). In tutti gli altri comuni le dinamiche demografiche si presentano invece piuttosto stabili, con oscillazioni (sempre positive) che non superano il 4%. Focalizzando l’attenzione sulla più recente dinamica, registrata nel periodo ‘96-’98, si riscontrano segnali non molto incoraggianti e che, comunque, non sembrano generare ancora una situazione di equilibrio fra insediamenti residenziali e risorse territoriali. Buona parte dei comuni ha registrato una diminuzione abbastanza sostenuta, se teniamo conto del breve periodo considerato. In alcuni di questi lo spopolamento è valutato nell’ordine di percentuali inferiori all’1% (Cusano Mutri e Cerreto Sannita -0,6%). Altri comuni, come Pontelandolfo e S. Lupo, presentano, nello stesso periodo, tassi di spopolamento superiori al 2% (rispettivamente, -2,3 e -2,8%). In tutti gli altri comuni, il calo demografico è valutato con percentuali comprese tra il –1% ed il –2%. Uniche eccezioni in questo quadro piuttosto allarmante sono rappresentate da Castelvenere (+0,7%) e da Ponte (+0,2%), mentre a S. Salvatore Telesino il trend positivo registrato negli ultimi decenni sembra essersi arrestato. Ci si trova, dunque, di fronte ad un calo della popolazione rilevante, in termini assoluti, ma quasi fisiologico se si tiene conto della struttura demografica che presenta elevati indici d’invecchiamento (che analizzeremo tra breve) e delle condizioni territoriali, sociali ed economiche complessive. Uno dei fattori che può aver inciso sui risultati di Castelvenere e Ponte, è sicuramente la collocazione geografica: ricordiamo, infatti, che entrambi i comuni sorgono a ridosso della superstrada Benevento – Caianello, una delle arterie sulle quali scorre la maggior parte del traffico commerciale della provincia, e che presentano una buona struttura produttiva, diversificata nei diversi settori. Castelvenere, inoltre, presenta una più equilibrata struttura demografica (se rapportata ai valori medi del comprensorio): l’indice d’invecchiamento più basso fra tutti i comuni del Titerno. (106,40%). Il confronto con la situazione provinciale, che registra un andamento positivo, sia pure con ritmi contenuti, e, dunque, dissimile rispetto a quello della Comunità, impone una riflessione sulle circostanze che continuano a relegare il territorio del Titerno in una condizione di particolare marginalità rispetto ad un comprensorio, quello della provincia di Benevento, che pure non si distingue per dinamicità economica, sociale e demografica nell’ambito dello scenario regionale e nazionale. Tale riflessione consente di riferire l’evoluzione demografica a fattori ben identificabili in precise ragioni principalmente di ordine ambientale, e di riflesso anche economico, che hanno influito notevolmente sul rapido declino della popolazione. Va ricordato, peraltro, il fenomeno della progressiva attenuazione dell’esodo migratorio, (diminuito d’intensità, certo, ma pur sempre negativo), rallentamento che non può interpretarsi come effetto di un miglioramento

33 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno delle condizioni economiche dei comuni in esame, ma che riflette piuttosto la progressiva diminuzione della forza di attrazione migratoria delle regioni del centro-nord e dei paesi europei, meta tradizionale degli emigranti della Campania. Occorre inoltre ricordare che i dati esposti si riferiscono alla popolazione residente, ossia ad un aggregato che include anche le unità che hanno conservato la residenza anagrafica nei comuni d’origine ma che, di fatto, dimorano e svolgono attività lavorative in altri comuni della Regione e/o fuori della regione o all’estero. Si tratta di fenomeni di emigrazione temporanea la cui valutazione approssimativa può essere effettuata solo con riferimento alle rilevazioni censuarie. I dati relativi a queste evidenziano che tale fenomeno può essere stimato intorno al 4% del valore della popolazione residente nella Comunità Al di là dei risultati ottenuti dalle politiche di sviluppo territoriale e delle condizioni sociali ed economiche che li determinano, la struttura che attualmente definisce il profilo demografico del comprensorio appare estremamente fragile ed incapace di rinnovarsi. L’analisi dei principali indicatori demografici, che sarà tra breve esposta, individua alcuni elementi di particolare criticità che segnalano il superamento della soglia d’allarme oltre la quale, senza significativi interventi, non è oggettivamente ipotizzabile il riequilibrio della struttura socio-demografica del territorio. Tali preoccupate considerazioni tengono peraltro conto della presenza di situazioni nuove, ricollegabili soprattutto a meccanismi di sviluppo esogeni, che pongono il territorio di fronte ad un bivio: aumento quantitativo dell’offerta di lavoro che potrà concorrere a rafforzare il processo di sviluppo economico, oppure un nuovo e irreversibile processo accelerato di spopolamento se alle opportunità generate dai fattori di sviluppo esogeni non si riuscirà ad affiancare un meccanismo di sviluppo economico endogeno. Riguardo al dato riferito alla densità demografica, al ’99 questa risultava ampiamente differenziata non solo rispetto alla media provinciale, ma anche tra i singoli comuni del comprensorio, come illustrato nella seguente tabella n. 2. I comuni di fondovalle, ove, peraltro, si concentrano anche gli insediamenti produttivi delle PMI locali e le maggiori aggregazioni associative tra i produttori agricoli, presentano indici di densità mediamente oscillanti tra 131,97 di San Lorenzo Maggiore e 273,81 di Guardia Sanframondi. Unica eccezione è S. Lupo con una densità pari a 59,35. I comuni più montani, posti all’estremità settentrionale della Comunità (e dell’intera regione), registrano, al contrario, valori inferiori a 100, con punte di 76,11 a Cusano Mutri e addirittura 19,27 a Pietraroja.

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Tab. 2: Densità abitativa COMUNE DENSITA’ Castelvenere 169,47 Cerreto Sannita 131,24 Cusano Mutri 76,11 Faicchio 91,77 Guardia Sanframondi 273,81 Pietraroja 19,27 Ponte 145,08 Pontelandolfo 109,30 San Lorenzello 168,88 San Lorenzo Maggiore 131,97 San Lupo 59,35 San Salvatore Telesino 202,20 Media C.M. Titerno 115,38 Media Provincia Bn 142,03 Media Campania 423,95 Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT

5.1.1. Le componenti del bilancio demografico Riferendo l’analisi all’ultimo anno per il quale sono disponibili dati ufficiali (1998) emerge una situazione che conferma le preoccupanti considerazioni precedentemente esposte. Il bilancio demografico risulta: - dai dati relativi al saldo migratorio, negativo in quasi tutti i comuni del comprensorio, e stimato in circa 108 unità nel corso del 1998; - dal saldo naturale (-53 nello stesso periodo). L’andamento non si presenta omogeneo tra i comuni del comprensorio, anche a causa di fenomeni migratori interni che vedono spostamenti di nuclei familiari verso le aree più dinamiche e meglio dotate di servizi. I comuni dove si registrano i saldi migratori negativi più rilevanti sono Pontelandolfo (-69), Guardia Sanframondi (-35) e Cusano Mutri (-33); mentre quelli dove si registrano saldi positivi appena rilevanti sono Ponte (+27) e San Lupo (+14). La regressione del valore del saldo migratorio in valore assoluto, peraltro, è da ritenersi sia effetto anche del progressivo invecchiamento della popolazione e dell’”emigrazione di ritorno” che interessa ex emigrati. Più in generale, negli ultimi anni si è registrata una significativa inversione di tendenza, ascrivibile sia a situazioni di forzato rientro di unità precedentemente emigrate, costrette a tornare nei luoghi d’origine per effetto della situazione di crisi occupazionale che coinvolge il settore industriale nel Paese, sia a fenomeni migratori interni alla provincia.

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Tab.3: saldo migratorio e saldo naturale nel 1999 Comune Saldo Migratorio Saldo Naturale Castelvenere -2 2 Cerreto Sannita 5 7 Cusano Mutri -33 -1 Faicchio -6 -16 Guardia Sanframondi -35 7 Pietraroja 3 -5 Ponte 27 1 Pontelandolfo -69 -17 San Lorenzello 3 -12 San Lorenzo Maggiore -3 -2 San Lupo 14 -4 San Salvatore Telesino -12 -13 Totale Comunita’ -108 -53 Tot. Prov. Benevento -287 -338 Tot. Regione Campania -33.089 21.467 Fonte: ISTAT, 1999

Riguardo al saldo naturale, se la mortalità mostra una tendenza all’aumento, in ragione degli elevati indici di invecchiamento della popolazione, il numero dei nati vivi, sia in termini percentuali che assoluti, si riduce notevolmente quale riflesso dell’assottigliamento del peso delle classi centrali d’età (potenzialmente riproduttive sotto l’aspetto demografico), ma anche della generale tendenza rilevabile a livello regionale e nazionale alla diminuzione del tasso di natalità. Analizzando tali dati a livello comunale si rileva una situazione non particolarmente omogenea: in alcuni comuni il quoziente medio annuo di natalità assume valori positivi, anche se non particolarmente elevati: si tratta di Castelvenere, Cerreto Sannita, Guardia Sanframondi e Ponte. Lo stesso quoziente risulta invece negativo in tutti gli altri comuni. Negli ultimi anni tali tendenze si sono ancor più accentuate, per effetto dei già richiamati fattori demografici “strutturali” (in particolare l’elevato indice d’invecchiamento).

5.1.2. Popolazione residente per sesso ed età In tutti i comuni del comprensorio si rileva un’accentuata prevalenza della popolazione femminile rispetto a quella maschile (fanno eccezione solo San Lorenzo e San Lorenzello), circostanza, peraltro, piuttosto diffusa nelle nostre collettività, soprattutto nei territori montani e collinari interni maggiormente interessate da fenomeni migratori. Difatti, il rapporto di mascolinità assume valori particolarmente bassi a Pietraroja e San Lupo

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(comuni dove il fenomeno dell’emigrazione si è presentato, in passato, con particolare intensità). Di conseguenza, in considerazione dell’andamento regressivo dei quozienti di migratorietà, il rapporto di mascolinità, decrescente fino al 1991, si è stabilizzato intorno al 49%. Più interessanti sono i dati relativi alla struttura per età della popolazione residente, per la quale sono stati elaborati alcuni rapporti significativi anche in termini di prospettive future. Come accennato in precedenza, la situazione demografica della Comunità si situa ben al di là dalle soglie che possono considerarsi critiche dal punto di vista dell’invecchiamento della popolazione. Particolarmente critiche le situazioni relative ai comuni di Pietraroja, San Lupo e Pontelandolfo, per i quali l’indice d’invecchiamento è pari, rispettivamente a 162,83%, 230,73% e 236,00%, a fronte di un valore medio della Comunità pari a 135,16. La seguente Tabella 4 espone, per comune, i dati appena commentati.

Tab.4: Popolazione per fasce d’età e indice d’invecchiamento

0/4 5/9 10/14 15/24 25/34 35/44 45/54 55/64 65/74 75 e più invecchiam.

Castelvenere 134 160 175 320 344 359 295 293 297 202 106,40%

Cerreto Sannita 198 251 255 545 659 565 509 449 516 418 132,67%

Cusano Mutri 221 274 301 578 590 638 489 486 551 352 113,44%

Faicchio 183 244 241 462 572 526 402 491 567 349 137,13%

Guardia Sanframondi 332 328 304 663 864 766 647 598 743 505 129,46%

Pietraroja 35 46 32 57 101 83 55 93 109 75 162,83%

Ponte 110 131 147 301 424 335 275 342 299 217 132,99%

Pontelandolfo 123 119 129 329 362 394 470 378 411 445 230,73%

San Lorenzello 100 117 125 338 317 318 269 272 255 233 142,69%

San Lorenzo Maggiore 109 133 136 287 260 288 240 225 293 163 120,63%

San Lupo 23 31 46 113 120 111 110 111 132 104 236,00%

San Salvatore Telesino 181 191 237 457 570 474 417 386 445 296 121,67%

C.M. Titerno 1.749 2.025 2.128 4.450 5.183 4.857 4.178 4.124 4.618 3.359 135,16% Fonte: Nostra elaborazione dati ISTAT, 1999

La percentuale di popolazione infantile e scolastica (classi di età da 0 a 14 anni) che può considerarsi in prospettiva come la popolazione attiva potenziale, si assottiglia rapidamente, mentre è in costante aumento quella relativa alle classi più anziane (oltre i 65 anni). Da ciò emerge che è in atto un fenomeno un processo di impoverimento demografico che, in prospettiva, condizionerà le possibilità di sviluppo dell’area, indipendentemente dall’evolversi del processo di sviluppo economico.

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Rinviando alle tabelle allegate per un’analisi più dettagliata in termini dinamici e con riferimento ai singoli comuni, si sintetizzano, di seguito, gli elementi più significativi emersi: · l’indice di invecchiamento (rapporto tra la popolazione con più di 65 anni rispetto alla popolazione di età compresa tra 0 e 14 anni) ha raggiunto nel ’99 un livello medio di 135,16%, ben superiore alla media provinciale (113,81%) e regionale (68,38%). La totalità dei comuni supera il livello del 100%, limite che esprime la prevalenza delle classi anziane rispetto a quelle giovanili; · al progressivo calo della fecondità e della natalità si deve ricollegare la dinamica regressiva della percentuale di popolazione in età infantile e scolastica (0-14 anni) che costituisce un fattore di rinnovo della popolazione. La popolazione di età compresa nella fascia 0-14 anni è diminuita, rispetto al ’91, di 457 unità, pari ad un valore percentuale di - 7,19%. Nel complesso, tale incidenza risulta uguale al 17,18%, per il 1991, ed a 16,09% per il 1998, livello quest’ultimo di poco inferiore rispetto a quello medio del territorio provinciale (16,89%) ma molto al di sotto di quello regionale (19,53%). La stessa incidenza risulta peraltro diffusamente caratterizzata da un andamento decrescente per quasi tutti i comuni, ma con un livello (al 1998) notevolmente più basso per i comuni di San Lupo, Pontelandolfo e Pietraroja. · l’incidenza della popolazione in età senile, con 65 anni ed oltre, che convenzionalmente si considera esclusa dalla capacità di riproduzione demografica naturale e dal contingente di popolazione in età lavorativa, risulta tendenzialmente crescente: rispetto al 1991 la popolazione di questa fascia è aumentata del 17,43%; · l’incidenza del contingente di popolazione di 15-64 anni, che si considera potenzialmente attiva, e quindi in grado di concorrere direttamente al processo di sviluppo economico, segue un andamento decrescente. La percentuale rappresentata da questa fascia d’età, rispetto alla totalità della popolazione della Comunità Montana, è pari al 62,15% (1998); tale valore risulta lievemente più basso rispetto a quello dell’intera provincia (pari al 63,89%) ed a quello della stessa Comunità al 1991 (64,69%); · una analisi più approfondita in ordine alla potenzialità lavorativa della popolazione residente è evidenziabile - sulla base dei dati disponibili - con la misura dell’incidenza della popolazione di 15-24 anni che si considera con capacità lavorativa potenzialmente crescente. Rispetto alla popolazione di 15-64 anni tale incidenza risulta - per la situazione media della Comunità Montana - tendenzialmente decrescente: infatti se nel 1991 gli appartenenti alla fascia 15-24 anni rappresentavano il 22,55% della popolazione compresa nella fascia d’età tra i 15 ed i 64 anni, nel 1998 tale percentuale è scesa di ben 3 punti percentuali fino 19,52%. Per questo particolare e significativo aspetto è rilevabile quindi una tendenza alla diminuzione della capacità lavorativa potenziale complessiva;

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· un altro indice significativo calcolabile sulla base delle rilevazioni statistiche disponibili è l’indice teorico di dipendenza, ottenibile come rapporto tra la popolazione teoricamente consumatrice (0-14 anni e con 65 anni ed oltre) e la popolazione potenzialmente attiva (15-64 anni). Il rapporto esprime il carico teorico di popolazione consumatrice che deve essere supportato da cento unità di popolazione potenzialmente attive, livello del carico quindi che può condizionare - anche a parità di reddito - la capacità di risparmio e/o di accumulazione, e concorrere al miglioramento del processo di sviluppo economico. In media, al 1998 l’indice di dipendenza assumeva un valore pari a 60,89%. Tale valore appare sensibilmente superiore rispetto a quello medio della provincia pari a 56,52%; ancora più marcata è la differenza rispetto al valore medio regionale pari a 49,01%. · utilizzando la struttura per età della popolazione relativa al 1998 si è calcolato un altro indice significativo: l’indice di sostituzione della popolazione in età lavorativa, ottenuto come rapporto tra la popolazione di 5-14 anni e quella di 55-64 anni, e che misura l’afflusso potenziale di nuove unità di popolazione in età lavorativa, per ogni unità teoricamente pensionabile, con riferimento al decennio successivo alle epoche di riferimento. L’indice di sostituzione della popolazione in età lavorativa risulta pari a 100,70%, mentre nel 1991 era pari all’86,54%, con un andamento positivo che consente di prospettare per il futuro un mercato del lavoro più equilibrato rispetto alla situazione attuale.

5.1.3. La composizione dei nuclei familiari Un aspetto particolare degli andamenti tendenziali della dinamica demografica in atto in Campania, ed in tutto il paese, frequentemente sottovalutato, ma che ha riflessi consistenti nel sistema economico, sui problemi della pianificazione territoriale ed urbanistica, ed in maniera specifica sulla domanda del patrimonio edilizio abitativo, è quello relativo alla progressiva riduzione della dimensione media dei nuclei familiari. Va ricordato in proposito che ai fini della rilevazione statistica per “famiglia” si intende un gruppo di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affiliazione, tutela, o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune, e che normalmente provvedono al soddisfacimento dei loro bisogni mediante la messa in comune di tutto o parte del reddito di lavoro o patrimoniale da esso percepito. Una famiglia può essere quindi costituita anche da una sola persona, mentre sono considerate facenti parte della famiglia come membri aggregati anche le persone addette ai servizi domestici, e le altre persone che a qualsiasi titolo convivono abitualmente con la famiglia stessa. Tenendo presente la definizione metodologica suddetta le rilevazioni statistiche più aggiornate hanno evidenziato un andamento tendenziale caratterizzato da ritmi accelerati verso la riduzione della dimensione media dei nuclei familiari, in parte per l’effetto del calo della natalità, e quindi del

39 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno numero dei figli, ma anche e soprattutto per il desiderio sempre più diffuso dei giovani di separarsi dai nuclei familiari di origine, anche in assenza di nuovi vincoli familiari, non appena sussistono le condizioni economiche. Si è in presenza di comportamenti che si riflettono evidentemente nel meccanismo di sviluppo economico, ed in misura particolare nella dinamica e tipologia dei consumi delle comunità interessate, ed in maniera certamente non marginale. Va tenuto presente, infatti, che il nucleo familiare costituisce una struttura economica caratterizzata da costi unitari crescenti in proporzione inversa rispetto al numero medio dei componenti, soprattutto per ciò che riguarda la disponibilità e l’utilizzazione dei beni di consumo di uso durevole, i quali peraltro assumono un peso progressivamente crescente nel sistema dei consumi che si richiamano agli attuali modelli di vita. Le stesse considerazioni acquistano significato ancora più evidente se si fa riferimento alla domanda ed all’utilizzazione del bene casa di abitazione, una domanda pro-capite che cresce man mano che si passa da dimensioni dei nuclei familiari medio-grandi a quelle più piccole. Se si fa riferimento alla situazione media della Comunità Montana del Titerno si rileva ad esempio una dimensione media dei nuclei familiari di 2,7 unità. Più in particolare, all’interno della stessa Comunità, si sono rilevati dati abbastanza omogenei: la composizione media ei nuclei familiari è pari a 2,7 unità in quasi tutti i comuni; fanno eccezione solo Ponte (con il valore più basso pari a 2,5), Pontelandolfo (2,6), Castelvenere (2,8), San Salvatore Telesino (2,9) ed infine Cusano Mutri che ha il valore medio più alto pari a 3,1. Questi dati ci dicono che rimanendo sostanzialmente invariata la popolazione, o comunque diminuendo di poche unità, è aumentato il numero delle famiglie in conseguenza della diminuzione della dimensione media di ciascun nucleo. I riflessi di tale fenomeno sull’andamento dei consumi di alcuni beni sono palesi: se, infatti, la domanda di unità abitative e beni di consumo durevoli (automobili, elettrodomestici, ecc.) è rapportato al numero delle famiglie, quanto più numerose sono queste, maggiore sarà la quota di reddito disponibile destinato all’acquisto di tali beni. Il fenomeno della progressiva riduzione della dimensione dei nuclei familiari risulta diffuso in tutti i comuni in esame, anche se con ritmi diversificati in funzione dei differenti ritmi di riproduzione naturale e della intensità dei flussi migratori. Queste considerazioni, devono assumersi come base di riferimento per ogni ipotesi futura di evoluzione della domanda di patrimonio edilizio residenziale (con conseguenze, quindi, sull’andamento dell’industria delle costruzioni) e su quella di determinati beni di consumo durevoli, quali auto, elettrodomestici ecc. (con riflessi sulle attività commerciali).

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5.1.4. Il grado di istruzione nel territorio I dati di seguito esposti e commentati sono tratti dall’ultima rilevazione censuaria, relativa al 1991. Sebbene datate, le informazioni raccolte contribuiscono a tracciare un profilo attendibile del grado di scolarizzazione nell’area, soprattutto confrontando le stesse con il dato più generale riferito all’intera provincia di Benevento. L’evoluzione in atto, diffusa, peraltro, su tutto il territorio nazionale, evidenzia un deciso miglioramento dei livelli di istruzione, soprattutto tra le fasce giovani. Il fenomeno dell’analfabetismo, decisamente ridimensionato rispetto ai decenni precedenti, risulta confinato in via quasi esclusiva tra le popolazioni più anziane, mentre va diffondendosi la cultura di livello medio alto ed universitaria (fenomeno reso ancor più evidente dalla presenza dell’Università del Sannio). Il numero degli analfabeti è pari a 2.298 unità, valore pari a circa il 6,6% della popolazione residente dai 6 anni in poi. Tale percentuale è lievemente superiore a quella rilevata nell’ambito dell’intera provincia (6,3%). La popolazione fornita di titolo di studio è pari al 72% del totale, valore inferiore al dato provinciale (75,6%). Sono in particolare le fasce dotate di titolo superiori (diploma o laurea) ad essere meno rappresentate. Analizzando il dato a livello comunale si osserva che il grado di scolarizzazione è meno elevato soprattutto laddove più elevati sono gli indici di invecchiamento, con qualche eccezione: a Pietraroja ed a Pontelandolfo oltre l’8% della popolazione è analfabeta, ma anche il dato proveniente da Guardia, prossimo all’8%, non è particolarmente brillante. I comuni nei quali si registrano tassi di analfabetismo più bassi sono S. Lorenzello (4,3), S. Salvatore Telesino (4,5) e Castelvenere (4,6). Riguardo ai laureati, il comune maggiormente rappresentato è di gran lunga Cerreto Sannita (4,1%, superiore al dato provinciale), mentre a Pietraroja (0,6%) e Guardia Sanframondi (0,7%) si rilevano le percentuali più basse. Le tavole 5 in allegato illustrano schematicamente i dati sin qui esposti.

5.2 Il lavoro, l’occupazione e la disoccupazione Prima di avviare l’esposizione degli aspetti relativi alle dinamiche del mercato del lavoro, occorre offrire alcune precisazioni di ordine metodologico. Anzitutto, i più recenti dati ufficiali sugli indici di disoccupazione, disaggregati a livello comunale, sono quelli derivanti dal Censimento Istat del 1991. In particolare, il censimento offre informazioni circa la numerosità delle forze lavoro, ossia degli occupati, dei disoccupati e degli inoccupati, riferendo l'indagine al comune di residenza degli individui censiti.

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Dati più recenti (al 1999) desunti dalle elaborazioni della Direzione Regionale del Lavoro di Napoli – C.E.D. Campania, pubblicate sull’Informatore Statistico Campano a cura dell’Assessorato Regionale alla Ricerca Scientifica, Statistica, Sistemi Informativi, Informatica, offrono uno spaccato aggiornato sulla numerosità dei disoccupati e degli inoccupati, ma non degli occupati. Sempre al ’99, sono disponibili i dati sugli addetti delle imprese, elaborati dalla C.C.I.A.A. di Benevento i quali, tuttavia, riferiscono della numerosità degli addetti nelle imprese ubicate nei singoli comuni, prescindendo dalla residenzialità degli addetti stessi. Inoltre, non sono inclusi nell’analisi gli addetti nelle Istituzioni della P.A., gli imprenditori, i professionisti ed altri lavoratori autonomi. Di conseguenza, volendo articolare a livello comunale il calcolo degli indici di disoccupazione, l’unico dato ufficiale è quello censuario. Tuttavia, in considerazione del notevole lasso di tempo ormai intercorso rispetto all’ultimo censimento, in questa sede si è tentato di offrire un quadro più aggiornato cercando di mettere a confronto i dati attuali della disoccupazione con quelli della popolazione potenzialmente attiva. L’analisi si sviluppa, pertanto, su tre livelli: 1. dapprima, si osserva brevemente la situazione rilevata in sede censuaria (1991), con analisi del mercato del lavoro e indicazione dell’occupazione per settore di attività economica; 2. in un secondo momento si analizzano i più recenti dati riferiti alla disoccupazione (1999) analizzando anche il profilo e le caratteristiche dell’attuale contingente di persone senza lavoro; 3. infine, si procede ad una stima degli attuali indici di disoccupazione attraverso elaborazioni statistiche di cui si darà conto in seguito. Ciò premesso, si presenta, dapprima, la situazione rilevata al 1991. I dati censuari quantificano il contingente delle forze lavoro in 12.302 unità. In particolare, gli occupati sono 11.387 ed i disoccupati 915, mentre gli inoccupati sono 3.059. Pertanto, l’indice di disoccupazione, includendo nella base di calcolo anche le persone in cerca di prima occupazione, risulta pari al 25,9%. A livello comunale la situazione si presenta piuttosto eterogenea. Spiccano in negativo i dati di S. Lorenzello, (31,4%) e S. Salvatore Telesino (30,1%). Altri comuni nei quali si rilevano percentuali al di sopra della media sono Guardia Sanframondi (28,9%), Faicchio (26,7%) e Cusano Mutri (26,1%). Pietraroja (15,5%) è invece il comune nel quale si rileva un indice di disoccupazione sensibilmente inferiore alla media. Tuttavia, tale dato statistico non riflette la reale capacità di assorbimento delle forze di lavoro attive da parte del locale mercato del lavoro, per il semplice fatto che le prime sono, in realtà, in numero estremamente ridotto (dato da collegare

42 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno alla struttura demografica locale, nella quale prevalgono fasce di popolazione oltre i 65 anni di età). Lo stesso censimento fornisce anche indicazioni sugli attivi (occupati + disoccupati) nei diversi settori di attività. Il settore primario assorbe circa il 38,22% degli attivi in condizione professionale4, valore notevolmente superiore rispetto al dato medio regionale (10,19%), a quello provinciale (28,16%) ed a quello riferito ai territori delle Comunità Montane regionali (22,24%). Tale dato conferma l’importanza che ancora assume l’agricoltura nella struttura economica locale. Nel settore manifatturiero trova occupazione circa il 23,16% della popolazione attiva in condizione professionale. Nel settore terziario è occupato circa il 38,62% degli attivi. Su tale percentuale il peso degli occupati nella Pubblica Amministrazione è piuttosto rilevante (22,68%). *** Più recenti informazioni sull’universo della disoccupazione nella Comunità Montana descrivono una situazione decisamente allarmante, con un netto peggioramento determinato sia dal notevole incremento nel numero degli attivi (e dunque, di coloro che esprimono la domanda di lavoro), sia dal contestuale ridimensionamento dell’offerta di lavoro, ossia del numero di posti di lavoro che il mercato locale è in grado di offrire. Sulle dimensioni dei dati esposti pesano due circostanze: da un lato, il leggero aumento del contingente di popolazione potenzialmente attiva5; dall’altro, l’aumento del quoziente generico di attività della popolazione femminile che si affaccia sul mercato del lavoro, sulla spinta di tendenze generalizzate, dei mutati stili di vita, dell’aumento del tasso di scolarizzazione. Come detto in precedenza, non è possibile valutare il tasso di disoccupazione a livello comunale riferito al 1999: le rilevazioni trimestrali elaborate dall’Istat, difatti, si basano su indagini di tipo campionario sviluppate a livello sovraterritoriale (Province, Regioni). Tuttavia, in considerazione del notevole lasso di tempo ormai intercorso rispetto all’ultimo censimento, in questa sede si è tentato di offrire alcuni indicatori interessanti cercando di mettere a confronto i dati attuali della disoccupazione con quelli della popolazione potenzialmente attiva. Conoscendo per entrambi i periodi in esame il contingente di popolazione potenzialmente attiva, vale a dire il numero di abitanti di ciascun comune di età compresa fra i 15 ed i 65 anni, e conoscendo il numero degli iscritti nelle liste di collocamento divisi fra disoccupati ed inoccupati, è possibile calcolare la percentuale di disoccupati e inoccupati sul totale della popolazione

4 Gli attivi in condizione professionale includono gli occupati ed i disoccupati. Non sono pertanto comprese le persone in cerca di prima occupazione. 5 Popolazione di età compresa tra i 15 ed i 65 anni.

43 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno potenzialmente attiva, per ricavare un indicatore, seppure approssimativo, dello stato di salute del mercato del lavoro degli ultimi anni nei singoli comuni e nell’intera Comunità. Come appare evidente dalla lettura della tabella 5, nel corso degli anni ‘90 si è avuto un netto peggioramento della situazione, con un aumento di oltre sette punti percentuali del rapporto tra disoccupati e inoccupati rispetto al contingente di popolazione potenzialmente attiva.

Tab. 5: raffronto tra disoccupati e popolazione attiva 1991/1999

1991 1999 Potenziamente Disoccupati Potenziamente Disoccupati attivi (15/64 anni) e inoccupati (b)/(a) attivi (15/64 anni) e inoccupati (b)/(a) (a) (b) (a) (b) Castelvenere 1645 228 13,86% 1611 395 24,52% Cerreto Sannita 2852 400 14,03% 2727 651 23,87% Cusano Mutri 2830 494 17,46% 2781 671 24,13% Faicchio 2588 484 18,70% 2453 629 25,64% Guardia Sanframondi 3800 690 18,16% 3538 833 23,54% Pietraroja 445 49 11,01% 389 82 21,08% Ponte 1687 221 13,10% 1677 350 20,87% Pontelandolfo 2244 337 15,02% 1933 496 25,66% San Lorenzello 1530 288 18,82% 1514 322 21,27% San Lorenzo Maggiore 1479 247 16,70% 1300 315 24,23% San Lupo 584 92 15,75% 565 123 21,77% San Salvatore Telesino 2408 444 18,44% 2304 666 28,91% TOTALE 24092 3974 16,50% 22792 5533 24,28% COMUNITA' Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT e CED Regione Campania

Nel ’91 nel complesso dei dodici comuni della Comunità Montana furono censite 3059 unità in cerca di prima occupazione e 915 unità disoccupate; nel 1998 gli inoccupati sono diventati 3133, mentre il numero di disoccupati è salito a 2400. Dunque, in appena 8 anni il numero dei senza lavoro è aumentato di ben 1.559 unità.

Tab. 6: Disoccupati e inoccupati (raffronto dati 1991/1999) 1991 1998 Disoccupati In cerca di I occup. Disoccupati In cerca di I occup. 915 3.059 2.400 3.133 Tot. disocc. + inoccupati 3.974 Tot. disocc. + inoccupati 5.533 Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT e CED Regione Campania

Il confronto temporale evidenzia una sostanziale stabilità nel numero di persone in cerca di prima occupazione: la differenza è sostanzialmente minima (meno di 80 unità) ed è riconducibile all’aumento di unità femminili,

44 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno per lo più giovani con un discreto livello d’istruzione, in cerca di lavoro diverso da quello agricolo. Per contro, è notevolmente aumentato il numero di soggetti espulsi dal mercato del lavoro. Analizzando in dettaglio il dato relativo alla disoccupazione, emerge che le 5.533 unità del ’99, sono composte da 2.400 disoccupati (di cui 1498 maschi e 902 femmine) e da 3.133 giovani in cerca di prima occupazione (di cui 1268 maschi e 1865 femmine). Nel corso degli anni ’90 il numero dei disoccupati è più che raddoppiato, passando da 915 a 2.400 unità. Il numero delle persone in cerca di prima occupazione è invece passato da 3.059 a 3.133 unità (+74). In base ai dati forniti dall’Informatore Statistico Campano, riferibili al numero di iscritti nelle liste di collocamento al 31/08/99, è possibile effettuare una valutazione più approfondita della situazione. La disoccupazione complessiva nella Comunità Montana si quantificava in 2.766 unità maschili e 2.767 unità femminili.

Tab 7: Disoccupati iscritti nelle liste di collocamento DISOCCUPATI da meno di 1 anno da 1 a 2 anni da 2 a 5 anni 5 anni e oltre TOTALE M F M F M F M F M F 555 197 288 166 371 245 284 294 1498 902 Fonte: CED Regione Campania, 1999

Osservando la tabella, si osserva che il numero di maschi iscritti è quasi sempre superiore rispetto a quello delle donne, ma decresce man mano che si passa alle classi di permanenza nelle liste di collocamento più “elevate”: il numero di maschi iscritti da 1 anno è molto alto, più che doppio rispetto a quello delle donne (555 contro 197); ma tra gli iscritti da più anni la differenza tra maschi e femmine si fa progressivamente meno accentuata fino ad arrivare ad un ribaltamento fra gli iscritti da 5 anni e oltre: qui il numero delle donne è superiore a quello egli uomini (294 contro 284). Per quanto concerne i giovani in cerca di prima occupazione i dati sono esposti nella tabella 8:

Tab 8: Inoccupati iscritti nelle liste di collocamento INOCCUPATI (IN CERCA DI 1 OCCUPAZIONE) da meno di 1 anno da 1 a 2 anni da 2 a 5 anni 5 anni e oltre TOTALE M F M F M F M F M F 319 336 295 292 388 546 266 691 1268 1865 Fonte: CED Regione Campania

Se tra gli iscritti da meno di 2 anni il numero di maschi e femmine è sostanzialmente pari, i giovani in cerca di prima occupazione da 5 anni e oltre sono per due terzi donne. Del resto il dato complessivo dice

45 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno chiaramente che a fronte di 1.268 maschi ci sono 1.865 femmine inoccupate. Ciò conferma la difficoltà da parte delle donne ad inserirsi nel sistema produttivo locale. Il fenomeno che, dunque, caratterizza l’area in esame, ma che del resto appare diffuso in tutte le regioni meridionali, è quello di un’elevata e crescente emarginazione dei giovani dal mondo del lavoro, fenomeno che, tuttavia, coinvolge molto di più le donne rispetto agli uomini. Ciò è senz’altro effetto della progressiva emancipazione femminile sviluppatasi solo negli ultimi anni in questi piccoli centri dell’entroterra campano, e quindi ad una diversa interpretazione del ruolo della donna che non è più destinata a fare necessariamente la casalinga e la “madre di famiglia”, o a lavorare nell’azienda agricola familiare, ma potendo e volendo ricoprire un ruolo più dinamico nella società, studia e cerca quindi un lavoro adeguato, che il territorio, tuttavia, non è in grado di offrire. Tale considerazione è confortata anche da un altro dato interessante: delle 2.767 unità femminili disoccupate ed inoccupate iscritte nelle liste del collocamento, le giovani di età compresa tra 20 e 29 anni, diplomate o laureate, sono ben 835 (di cui 792 diplomate e 42 laureate); i maschi della stessa fascia d’età e con uguale titolo di studio sono nettamente inferiori, ossia 500 (di cui 485 diplomati e 15 laureati). Questa situazione è legata a vari fattori: da un lato, è ovvio che in un mercato del lavoro così poco dinamico prevalga una politica che tende comunque a favorire l’occupazione maschile in un’ottica, sicuramente anacronistica, che vede l’uomo come capofamiglia, come colui che deve provvedere al mantenimento di coniuge e figli; dall’altro, è pur vero che sono oggettivamente poche le occasioni di lavoro che si creano per le donne in un’economia a forte indirizzo agricolo. *** Come detto, un ulteriore passo analitico è rappresentato dalla stima degli attuali indici di disoccupazione, approfondendo l’analisi a livello di singolo comune. In particolare, sulla base delle informazioni disponibili sul mercato del lavoro nella CM al 1991 ed al 1998 si è proceduto alla stima della popolazione attiva e degli occupati al 1998, con lo scopo di porre in evidenza le modifiche intercorse tra le due epoche considerate sul piano del rapporto popolazione attiva su residenti ed occupati su popolazione attiva. Innanzitutto alcune righe di chiarimento sulla metodologia di stima qui adottata. Come già ricordato poc’anzi, per il 1991, epoca dell’ultimo Censimento generale sulla popolazione, si dispone di informazioni sui seguenti indicatori: - Popolazione residente - Popolazione in età da lavoro - Popolazione attiva - Occupati - Disoccupati - Persone in cerca di prima occupazione (inoccupati).

46 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno

Al 1998, a differenza delle disponibilità di dati ora evidenziate, non si conosce il valore della popolazione attiva, essenziale per la determinazione dei coefficienti prima considerati. Si è, quindi, proceduto alla stima della popolazione attiva al 1998 applicando al valore dei residenti in età di lavoro per il medesimo anno il coefficiente, calcolato al 1991, dato dal rapporto tra popolazione attiva e popolazione in età da lavoro. Si osservino, in proposito, le tabelle che seguono, che riportano i dati di base per la stima in oggetto ed i risultati della stessa:

Tab 9: Stima degli indici di attività, occupazione e disoccupazione al 1998 ed analisi dell’evoluzione nel periodo 1991-1998 pop in età pop in età pop in età pop in età pop attiva/pop pop res 91 pop res 98 pop attiva 91 lav 91 lav 98 lav/pop res 91 lav /pop res 98 in età lav 91 (a) (b) (g) (c) (d) (e = c / a) (f = d / b) (h = g / c) Castelvenere 2.507 2.581 1.645 1.611 65,6% 62,4% 1.027 62,4% Cerreto S. 4.468 4.365 2.852 2.727 63,8% 62,5% 1.863 65,3% Cusano Mutri 4.469 4.480 2.830 2.781 63,3% 62,1% 1.892 66,9% Faicchio 3.980 4.027 2.588 2.453 65,0% 60,9% 1.815 70,1% Guardia S. 5.786 5.750 3.800 3.538 65,7% 61,5% 2.387 62,8% Pietraroja 708 686 445 389 62,9% 56,7% 317 71,2% Ponte 2.546 2.581 1.687 1.677 66,3% 65,0% 1.020 60,5% Pontelandolfo 3.502 3.160 2.244 1.933 64,1% 61,2% 1.336 59,5% S. Lorenzello 2.392 2.344 1.530 1.514 64,0% 64,6% 917 59,9% San Lorenzo M. 2.287 2.134 1.479 1.300 64,7% 60,9% 955 64,6% San Lupo 903 901 584 565 64,7% 62,7% 356 61,0% S. Salvatore T. 3.696 3.670 2.408 2.304 65,2% 62,8% 1.476 61,3% Totale Titerno 37.244 36.679 24.092 22.792 64,7% 62,1% 15.361 63,8% Totale Pr. Bn 293.672 294.083 190.956 187.891 65,0% 63,9% 119.082 62,4% continua segue stima pop dis, inocc dis, inocc stima occ dis, inocc/ attivi 91 dis, inocc/ attivi 98 occ 91 occ/pop att 91 att 98 91 98 98 (l = j / g) (m = k / i) (n) (q = n / g)) (i = d x h) (j) (k) (p = i - k) Castelvenere 1.006 228 395 22,2% 39,3% 799 611 77,8% Cerreto S. 1.781 400 651 21,5% 36,5% 1.463 1.130 78,5% Cusano Mutri 1.859 494 671 26,1% 36,1% 1.398 1.188 73,9% Faicchio 1.720 484 629 26,7% 36,6% 1.331 1.091 73,3% Guardia S. 2.222 690 833 28,9% 37,5% 1.697 1.389 71,1% Pietraroja 277 49 82 15,5% 29,6% 268 195 84,5% Ponte 1.014 221 350 21,7% 34,5% 799 664 78,3% Pontelandolfo 1.151 337 496 25,2% 43,1% 999 655 74,8% S. Lorenzello. 907 288 322 31,4% 35,5% 629 585 68,6% San Lorenzo M. 839 247 315 25,9% 37,5% 708 524 74,1% San Lupo 344 92 123 25,8% 35,7% 264 221 74,2% S. Salvatore T. 1.412 444 666 30,1% 47,2% 1.032 746 69,9% Totale Titerno 14.535 3.974 5.533 25,9% 38,1% 11.387 9.002 74,1% Totale Pr. Bn 117.171 31.374 50.037 26,3% 42,7% 87.708 67.134 73,7% continua

47 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno

segue occ/pop att 98 occ/pop res 91 occ/pop res 98 var. pop var. pop in età var. pop var. occup. var. disocc. e

(r = p / i)) (s = n / a) (t = p / b) res. 91/98 da lav. 91/98 att. 91/98 91/98 inocc. 91/98 Castelvenere 60,7% 31,9% 23,7% 3,0% -2,1% -2,1% -23,6% 73,2% Cerreto S. 63,5% 32,7% 25,9% -2,3% -4,4% -4,4% -22,7% 62,8% Cusano Mutri 63,9% 31,3% 26,5% 0,2% -1,7% -1,7% -15,0% 35,8% Faicchio 63,4% 33,4% 27,1% 1,2% -5,2% -5,2% -18,0% 30,0% Guardia S. 62,5% 29,3% 24,2% -0,6% -6,9% -6,9% -18,1% 20,7% Pietraroja 70,4% 37,9% 28,4% -3,1% -12,6% -12,6% -27,2% 67,3% Ponte 65,5% 31,4% 25,7% 1,4% -0,6% -0,6% -16,9% 58,4% Pontelandolfo 56,9% 28,5% 20,7% -9,8% -13,9% -13,9% -34,5% 47,2% S. Lorenzello 64,5% 26,3% 25,0% -2,0% -1,0% -1,0% -6,9% 11,8% San Lorenzo M. 62,5% 31,0% 24,6% -6,7% -12,1% -12,1% -25,9% 27,5% San Lupo 64,3% 29,2% 24,6% -0,2% -3,3% -3,3% -16,1% 33,7% S. Salvatore T. 52,8% 27,9% 20,3% -0,7% -4,3% -4,3% -27,7% 50,0% Totale Titerno 61,9% 30,6% 24,5% -1,5% -5,4% -5,4% -20,9% 39,2% Totale Pr. Bn 57,3% 29,9% 22,8% 0,1% -1,6% -1,6% -23,5% 59,5% Fonte: Nostra elaborazione dati Istat e CED Campania

Attraverso tale stima la popolazione attiva per il 1998 è stata valutata essere pari a 14.535 unità, cioè 826 unità in meno e corrispondente ad un tasso di variazione, negativo, del 5,4% (contro una variazione a livello provinciale più contenuta, pari al –1,6%), mentre la variazione della popolazione residente, anch’essa negativa, è dell’1,5% (contro un valore a livello provinciale del +0,1%). I comuni che, in particolare, hanno mostrato un maggiore valore negativo di tale variazione sono Pontelandolfo (-13,9%), Pietraroja (-12,6%) e San Lorenzo M. (-12,1%). Il dato più contenuto (nessun comune mostra una variazione positiva del dato osservato) è stato registrato per Ponte, (–0,6%). Ponendo a confronto i tassi di variazione della popolazione attiva con quella riferita al numero di residenti si rileva, quindi, che il comune di Pietraroja mostra il differenziale negativo più alto, pari a 9,5%, mentre il comune di San Lorenzello è l’unico ha far registrare un differenziale positivo (+1%). In quest’ultimo caso, cioè, la popolazione attiva è diminuita di meno rispetto alla variazione osservata per la popolazione residente. Per ciò che riguarda il numero di occupati al 1998 si osservi quanto segue. In base alla stima dei residenti attivi ed alla deduzione dagli stessi del numero di disoccupati ed inoccupati, si perviene ad un numero di residenti occupati al 1998 pari a 9.002 contro le 11.387 unità registrate al 1991. Tale variazione corrisponde, quindi, ad una variazione assoluta negativa di 2.385 unità e ad una variazione in quota del –20,9%, contro una variazione a livello provinciale ancora più elevata e dello stesso segno pari al 23,5%. La disaggregazione di tale dato mostra una situazione piuttosto articolata, benchè caratterizzata da variazioni esclusivamente negative. Si va, infatti, da una variazione del –6,9% per San Lorenzello, che corrisponde ad un numero di occupati che nell’intervallo temporale considerato passano da 629

48 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno a 585 unità, ad una variazione del 34,5% per Pontelandolfo, con un valore relativo del –34,5% ed una variazione assoluta di 344 unità su 999 iniziali. Immediatamente collegati ai valori ora commentati sono quelli inerenti il numero di disoccupati ed inoccupati, che tra il 1991 ed il 1998 passano da 3.974 a 5.533 unità, pari ad un variazione assoluta di 1.559 unità e ad una variazione relativa del 39,2%, contro una variazione a livello provinciale ancora più marcata, in misura del 59,5%. In particolare, il valore più elevato della variazione relativa è stato registrato per Castelvenere (+73,2%), pari ad una variazione di 167 unità su 228 iniziali, mentre la variazione relativa più contenuta è stata registrata per San Lorenzello (11,8%), determinato da una variazione assoluta di 34 unità su 288 unità iniziali. Per ciò che riguarda, infine, i dati strutturali, si osservi quanto segue. Tra il ‘91 ed il ‘99 l’incidenza dei residenti occupati sulla popolazione attiva passa dal 74,1 al 61,9%. A livello provinciale la dinamica osservata è ancora più marcata, con valori che passano dal 73,7 al 57,3%. In particolare, il dato più significativo di tale variazione negativa è riferito a Pontelandolfo, con una riduzione dell’incidenza degli occupati sulla popolazione attiva del 17,9%, seguiti dai comuni di Castelvenere e San Lupo, (circa il 17,1%). L’incidenza della popolazione occupata sui residenti evidenzia una dinamica sempre negativa, con valori che passano dal 30,6 al 24,5%, contro una variazione a livello provinciale ancora più marcata, con quote che passano dal 29,9 al 22,8%. In termini relativi, la variazione tra questi due valori, riferiti alla Comunità Montana, è superiore di oltre cinque pun ti percentuali rispetto alla dinamica rilevata per il quoziente occupati/popolazione attiva. In definitiva, l’osservazione dei dati sull’occupazione inerenti la Comunità mostra un quadro che, nonostante sia caratterizzato da valori negativi, si pone su posizioni decisamente migliori rispetto al dato provinciale, soprattutto per ciò che riguarda il dato inerente la variazione nel numero di occupati e la dinamica inerente l’incidenza degli occupati sia sulla popolazione attiva che sul totale residenti.

5.2.1 La distribuzione degli addetti per settore Di seguito si espone un breve commento sui dati forniti dalla C.C.I.A.A. di Benevento circa la numerosità degli addetti nei diversi comparti produttivi. Si ricorda che i dati camerali riferiscono della numerosità degli addetti nelle imprese iscritte, a prescindere dalla residenza degli stessi e che sono considerati i soli lavoratori dipendenti. Dunque, il dato non comprende i lavoratori autonomi, i professionisti e gli imprenditori. Non si tiene conto, inoltre, degli occupati nel settore pubblico. Ciò premesso, come si rileva dai dati riportati di seguito, riferibili al 1999, si registra un accentuato peso dell’attività agricola, rispetto a tutte le altre tipologie, ma solo per quel che concerne il numero di imprese. Nella

49 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno successiva tabella 10 è esposto il quadro riferibile al numero complessivo di imprese, addetti ed al rapporto fra gli uni e le altre.

Tab 10: numero di imprese ed addetti 1998 Comuni N. Addetti/ imprese Addetti imprese Castelvenere 371 568 1,53 Cerreto Sannita 524 938 1,79 Cusano Mutri 385 621 1,61 Faicchio 586 999 1,70 Guardia Sanframondi 888 1.480 1,67 Pietraroja 87 141 1,62 Ponte 361 817 2,26 Pontelandolfo 266 480 1,80 San Lorenzello 280 503 1,80 San Lorenzo Maggiore 342 570 1,67 San Lupo 119 209 1,76 San Salvatore Telesino 406 773 1,90 Totale Comunita' 4.615 8.099 1,75 Fonte: CCIAA Benevento, 1999

Come si rileva dai dati riportati di seguito riferibili al 1999, analizzando il numero totale di imprese operanti nell’area in esame, nei vari settori economici, e quello degli addetti, si registra un accentuato “peso” dell’attività agricola, rispetto a tutte le altre tipologie, non solo per quel che concerne il numero di imprese. Disaggregando, tuttavia, i dati della tabella precedente, per settore economico, si può avere un quadro più chiaro della percentuale occupazionale per ciascun segmento.

Tab 11: Numero di imprese ed addetti per settore AGRICOLTURA INDUSTRIA Addetti/ Addetti/ imprese Addetti imprese imprese Addetti imprese 2941 5030 1,71 301 842 2,80

COSTRUZIONI COMMERCIO Addetti/ Addetti/ imprese Addetti imprese imprese Addetti imprese 256 580 2,27 662 920 1,39

SERVIZI ED ALTRO Addetti/ imprese Addetti imprese 455 727 1,60 Fonte: CCIAA Benevento, 1999

50 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno

Nel settore agricolo operano 2.941 imprese, per complessivi 5.030 addetti. La media di addetti per impresa è inferiore a 2, il che sottolinea l’organizzazione fondamentalmente familiare che caratterizza tale settore. Del resto, occorre tener conto del fatto che, per le non favorevoli condizioni altimetriche, clinometriche ed agropedologiche delle superfici agricole, nell’area comunitaria in esame si attua un’attività agricola non intensiva. Comunque, la media di addetti per impresa (1,71) è esattamente uguale a quella dell’intera provincia. Piuttosto rilevante la presenza di imprese nel settore del commercio, nel quale operano 920 addetti. Nel settore delle costruzioni operano 256 imprese, nelle quali trovano occupazione 580 addetti. Anche qui le dimensioni medie risultano piuttosto modeste (esattamente 2,27 addetti per impresa), a fronte di una media provinciale pari a 2,02. Il settore manifatturiero è presente con 301 imprese, nelle quali sono occupati 842 addetti. La dimensione media è alquanto modesta, anche se superiore alle medie rilevate negli altri comparti produttivi: il rapporto tra addetti e imprese è pari a circa 2,8. Vale la pena sottolineare che il valore medio dell’intera provincia di Benevento è di 3,76 addetti per impresa. Infine, per quanto riguarda il settore dei servizi e delle altre attività riconducibili al terziario (alberghi e ristoranti, trasporti, magazzinaggio, attività professionali, comunicazioni ed altro) sono presenti 455 Unità Locali nelle quali operano 727 addetti.

5.2.2 Ipotesi di sviluppo dell’offerta di lavoro La situazione di incertezza in ordine all’attendibilità delle conoscenze disponibili, alla consistenza ed alla utilizzazione effettiva delle forze di lavoro, non agevola la necessità di elaborare ipotesi di sviluppo futuro dell’offerta di lavoro per i vari comuni della Comunità Montana del Titerno. Tuttavia, partendo dal presupposto che la propensione al lavoro di tutti i comuni rimanga invariata nel corso del prossimo decennio, si è provveduto a valutare l’offerta di lavoro futura calcolando, in base al movimento naturale, un coefficiente di sostituzione dei contingenti di popolazione in età lavorativa: si è ipotizzato, cioè, che nel prossimo decennio, il contingente di popolazione di età compresa, nel 1998, tra 5 e 14 anni sostituisca il contingente di età compresa fra 55 e 64 anni. In tal modo, si può calcolare quanti nuovi lavoratori saranno potenzialmente in grado di sostituire quelli vecchi: un indice pari o vicino al 100% sta ad indicare che l’intera popolazione attiva di età compresa tra 55 e 64 anni verrà sostituita da quella giovane, mantenendo quindi inalterata l’offerta di lavoro nei prossimi dieci anni. Nella Tab. 12 sono esposti, a livello comunale, i dati relativi alla dimensione delle fasce di popolazione giovanile che, in prospettiva, si affacceranno sul

51 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno mercato del lavoro nei prossimi dieci anni (classi di età tra 5 e 9 anni e tra 10 e 14) ed alla dimensione del contingente di popolazione potenzialmente in uscita (classe di età tra i 55 ed i 64 anni). Come si vede il valore globale espresso dalla Comunità è pari al 100,70%, circostanza che segnala una certa staticità nella dinamica della domanda di lavoro. In pratica, annullando gli effetti del saldo migratorio, a 100 unità in uscita dal mercato del lavoro (per raggiunti limiti d’età) se ne sostituiranno 100,7, il che indica tendenzialmente una costanza nella domanda di posti di lavoro. Tuttavia, come già è stato affermato in precedenza, occorre tener conto di due elementi che concorrono a prefigurare scenari di estremo squilibrio tra domanda ed offerta futura, nonostante l’apparente staticità espressa dai dati: il primo incide sulle dimensioni quantitative della futura domanda di lavoro, ed è direttamente collegato al trend in atto che vede fasce sempre crescenti di donne far parte della popolazione attiva; il secondo aspetto è invece di natura qualitativa e deriva dal maggior livello di scolarizzazione e di specializzazione formativa che connoterà le future popolazioni attive rispetto a quelle in uscita dal mercato del lavoro.

Tab 12: Indice di sostituzione Indice di Comuni 5/9 10/14 55/64 sostituzione Castelvenere 160 175 293 114,33% Cerreto Sannita 251 255 449 112,69% Cusano Mutri 274 301 486 118,31% Faicchio 244 241 491 98,78% Guardia Sanframondi 328 304 598 105,69% Pietraroja 46 32 93 83,87% Ponte 131 147 342 81,29% Pontelandolfo 119 129 378 65,61% San Lorenzello 117 125 272 88,97% San Lorenzo Maggiore 133 136 225 119,56% San Lupo 31 46 111 69,37% San Salvatore Telesino 191 237 386 110,88% Totale Comunita' 2.025 2.128 4.124 100,70% Fonte: nostra elaborazione su dati Istat 1998

Ciò vuol dire che le strategie di sviluppo socio-economico del territorio, che perseguono, quale principale obiettivo, quello dell’incremento degli indici occupazionali nell’area, dovranno essere orientate non solo all’individuazione delle iniziative in grado di creare occupazione stabile e duratura, ma anche di favorire la creazione di posti di lavoro idonei al profilo professionale della domanda stessa. Analizzando il dato su scala comunale emergono situazioni assai diverse. Le percentuali più basse si riscontrano a Pontelandolfo con il 65,61% ed a San Lupo con il 69,37%: non a caso, come visto in precedenza, sono i comuni con

52 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno l’indice d’invecchiamento più alto (superiore al 230%). Percentuali inferiori al 90% si ritrovano pure a Ponte (81,29%), Pietraroja (83,87%) e San Lorenzello (88,97%). I comuni con un coefficiente di sostituzione più che positivo, ossia dove il numero di giovani di età compresa fra 5 e 14 anni supera di gran lunga quella degli attivi di età 55/64 anni, sono sei, ossia la metà di quelli che compongono la Comunità, con percentuali che vanno dal 105,69% di Guardia Sanframondi fino al 118,31 di Cusano Mutri ed al 119,56 di San Lorenzo Maggiore (110,88%). L’indice di sostituzione, calcolato con lo stesso criterio per l’intera provincia è pari al 110,62%, mentre quello della regione Campania è del 139,67%.

5.3 Reddito e consumi La lettura dei dati relativi al reddito disponibile ed ai consumi stimati, offre interessanti spunti di valutazione della salute delle province e dei comuni meridionali. Il quadro più attendibile del disagio economico è quello che si può desumere dalla graduatoria dei comuni considerati in base al reddito prodotto per abitante. Nonostante si tratti del reddito prodotto e non di quello distribuito, questo è tuttavia, pur sempre, un indicatore approssimativo delle risorse disponibili. Nella tabella 13 sono riportati i dati relativi al reddito comunale ed a quello pro-capite per ciascun comune e per l’intera Comunità, al 1998 ed al 1994, ultimo dato disponibile per un raffronto.

Tab 13: Reddito comunale e reddito pro-capite

1998 1994 VARIAZIONI Reddito Reddito Reddito pro- Reddito pro- Variazione 98/94 Variazione 98/94 COMUNI comunale (in comunale (in capite capite dato comunale dato pro-capite milioni) milioni) Castelvenere 44212 17,13 40917 16,05 8,05% 6,71% Cerreto Sannita 74573 17,08 79331 17,68 -6,00% -3,35% Cusano Mutri 77045 17,20 59893 13,30 28,64% 29,33% Faicchio 69665 17,30 60318 14,80 15,50% 16,90% Guardia Sanframondi 99751 17,35 91624 15,66 8,87% 10,78% Pietraroja 11842 17,26 11186 16,21 5,86% 6,48% Ponte 44143 17,10 47367 18,37 -6,81% -6,92% Pontelandolfo 55471 17,55 54495 16,29 1,79% 7,78% San Lorenzello 40539 17,29 39685 17,01 2,15% 1,67% San Lorenzo Maggiore 37055 17,36 36468 16,59 1,61% 4,66% San Lupo 15601 17,32 13929 14,60 12,00% 18,59% San Salvatore Telesino 62628 17,06 57566 15,64 8,79% 9,12% TOTALE 632.525 17,24 592.779 15,97 6,71% 7,95% COMUNITA' Fonte: nostra elaborazione su dati Istat, Ist. Tagliacarne e CED Regione Campania

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Partendo dal presupposto che il reddito pro-capite della provincia di Benevento è di 17,11 milioni di lire e che quello dell’intera regione Campania è di 17,30, l’osservazione dei livelli di reddito raggiunti nei vari comuni della Comunità Montana nel 1998 consente di fare alcune osservazioni di carattere generale: · la presenza di valori di reddito inferiori a quelli della provincia di Benevento solo per tre comuni: San Salvatore Telesino (17,06 ml), Cerreto Sannita (17,08) e Ponte (17,10); si tratta comunque di differenze irrisorie, anche rispetto al valore regionale; · in tutti gli altri nove comuni, il reddito pro-capite è superiore a quello della provincia, ed in quattro casi (Guardia Sanframondi, Pontelandolfo, San Lorenzo Maggiore e San Lupo) addirittura superiore a quello regionale; · il reddito più alto si registra a Pontelandolfo, con 17,55 milioni; quello più basso a San Salvatore Telesino con 17,06 milioni di lire; come si vede la differenza fra i due estremi si conta in poche centinaia di migliaia di lire. Per quanto concerne i consumi, occorre premettere che i dati disponibili fanno riferimento al 1994; appare interessante, comunque, l’esame dei dati per abitante, concernenti alcune tipologie di consumi per valutare lo stato di salute dei comuni d’interesse.

Tab.14: Dati su alcune tipologie di consumi

Consumi E.E. Abbonati % Autovetture Abbonati Abbonamenti Autovetture Comune ENEL usi telefoni uso >2000cc su tot. telefono affari Rai-Tv / abitanti (*) produttivi privato autovetture

Castelvenere 1084 696 83 608 39,7 2,09 Cerreto Sannita 2723 1095 226 966 37,8 2,35 Cusano Mutri 1304 981 101 1009 33,6 2,52 Faicchio 2509 959 129 909 35,3 1,82 Guardia Sanfr. 2519 1533 151 1376 34,7 2,62 Pietraroja 104 151 6 152 31 0,47 Ponte 4781 678 122 634 42,3 3,91 Pontelandolfo 804 706 100 637 30,6 3,95 San Lorenzello 1323 645 58 567 40,4 2,8 San Lorenzo M. 624 589 60 529 33,5 2,66 San Lupo 657 253 20 233 37,5 2,98 San Salvatore T. 2807 916 142 868 38,5 2,88

Totale Comunità 21.239 9.202 1.198 8.488 36,1 2,68 Fonte: ISTAT 1991

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5.4 Il patrimonio abitativo e la distribuzione della popolazione sul territorio In relazione all’evoluzione demografica ed alle condizioni orografiche nei territori, si osservano scenari differenti in merito alla distribuzione della popolazione sul territorio ed alla consistenza ed all’uso del patrimonio abitativo. I dati di seguito commentati si riferiscono alla situazione rilevata nel corso del censimento della popolazione del 1991. Nel complesso, le rilevazioni censuarie indicano che circa il 54% della popolazione della Comunità risiede in centri abitati, il 12% in nuclei abitati ed oltre il 34% in case sparse. Alcuni comuni del comprensorio possono essere definiti “a popolazione molto accentrata”: a Guardia Sanframondi, ad esempio, oltre il 92% della popolazione risiede nel centro abitato. A San Lupo tale percentuale è pari a circa l’86%. Altri comuni, al contrario, possono essere definiti ad insediamento sparso, nel senso che la gran parte della popolazione risiede in case sparse. Si tratta, in particolare, di Faicchio, dove solo il 24% della popolazione risiede nel centro abitato, Cusano Mutri (il 32%) e S. Lorenzello (36%). Riguardo all’uso del patrimonio abitativo, le case non occupate sono pari a 2.946 ossia circa il 18,4% del totale, con una notevole variazione in diminuzione rispetto al dato registrato nel censimento del 1981 (circa il 22%). Si tratta comunque di una percentuale superiore rispetto al valore rilevato nel resto della provincia (16,8%). Analizzando lo scenario a livello comunale, il dato raggiunge valori decisamente elevati soprattutto nei comuni dove più marcato è l’esodo demografico (in particolare, il dato di Pietraroja è del 29,9%) o dove sono presenti insediamenti turistici (il dato di Cusano Mutri è del 42,8%, in gran parte influenzato dalla presenza di seconde case ad uso turistico a Bocca della Selva). Nei comuni vallivi la percentuale si mantiene su medie inferiori rispetto al dato provinciale (in particolare S. Lorenzo Maggiore è del 3%, quello di S. Salvatore del 5,4%). I motivi della mancata occupazione delle abitazioni sono da ricercarsi, per oltre il 40,6% dei casi, a motivi diversi dalla disponibilità alla vendita o all’affitto o dalla loro utilizzazione per vacanza o lavoro, e risultano pertanto espressione di un processo di abbandono demografico ormai consolidato nel tempo, alimentato dal degrado delle strutture stesse. Il numero di famiglie (13.129 nel ’91) è di poco superiore a quello delle abitazioni occupate (13.047), per cui appare ridotto (ed in netta diminuzione rispetto al precedente dato censuario) il fenomeno delle coabitazioni. Diminuisce, inoltre, anche l’indice di affollamento, circostanza in parte ascrivibile a processi di miglioramento del benessere, in parte allo spopolamento demografico. Il rapporto abitanti/vano è pari a 0,61 ed in ogni comune si mantiene al di sotto del valore di 0,67, che rappresenta il valore

55 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno medio della provincia di Benevento. Vi è da rilevare che il dato esposto è inferiore a quello rilevato dal censimento del 1981, epoca in cui il rapporto era stimato in circa 0,75. Altre informazioni analizzate riguardano il titolo di godimento delle abitazioni occupate. Circa il 75,5% di queste, difatti, sono occupate da titolari del diritto di proprietà, di usufrutto o di riscatto. Si tratta di un valore leggermente inferiore a quello rilevato nell’81, ma, comunque, superiore a quello medio rilevato nell’intera provincia di Benevento (circa il 71,9%). Riguardo, infine, alla dotazione dei servizi nelle abitazioni ed alla vetustà del patrimonio edilizio, dopo aver nuovamente ricordato che le informazioni analizzate sono riferite allo scenario rilevato al 1991, si può affermare che le condizioni rilevate esprimono in modo abbastanza chiaro le condizioni abitative all’interno della comunità e contribuiscono ad interpretare meglio le informazioni sin qui esposte. In alcuni centri, come, ad esempio, Pietraroja e S. Lupo, oltre la metà del patrimonio abitativo risale a prima del ’19, mentre i comuni ove si rileva un patrimonio abitativo più recente sono S. Salvatore Telesino, Faicchio, Castelvenere e Pontelandolfo. I dati medi relativi alle dotazioni di servizi delineano una situazione nettamente migliorata rispetto all’81, ma, comunque, peggiore rispetto alle medie provinciali. Di conseguenza, vi è da ritenere che la presenza di ridotti indici di affollamento, la riduzione del fenomeno delle coabitazioni e la titolarità delle abitazioni occupate non sia (se non in minima parte) riflesso delle migliorate condizioni di benessere delle popolazioni locali, quanto, piuttosto, il risultato di fenomeni di spopolamento demografico e di conseguente abbandono delle strutture edilizie.

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6. I sistemi delle infrastrutture e dei servizi

6.1 I servizi alla popolazione ed alle attività produttive

6.1.1 Istruzione Si può considerare sostanzialmente soddisfacente la dotazione dei servizi scolastici, anche se la distribuzione delle strutture non appare uniforme sul territorio. Occorre inoltre tener conto della involuzione demografica che ha reso necessario il riassetto organizzativo delle strutture della Pubblica Istruzione ed il conseguente ridimensionamento del numero delle scuole di ogni ordine e grado o l’accorpamento tra plessi scolastici. Non tutti i comuni garantiscono la presenza dei vari livelli della scuola dell’obbligo. Nel complesso, una recente indagine diretta6 ha evidenziato la presenza, su tutto il territorio, di 57 classi di scuola materna (3 delle quali in strutture private), 132 classi di scuola elementare e 58 classi di scuola media inferiore. Gran parte di queste classi si concentra in Istituti Comprensivi Pubblici, alcuni dei quali servono più di un comune ed operano su più sedi distaccate. Di conseguenza, uno degli aspetti di maggiore problematicità, direttamente collegato al necessario riassetto organizzativo delle struttura pubbliche, è rappresentato dall’accessibilità dei servizi scolastici anche alle popolazioni di quei comuni che ne sono sprovvisti e dei residenti nelle contrade e nelle case sparse non sempre sufficientemente forniti di servizi scuolabus. Riguardo all’istruzione di livello superiore, nel suo complesso il territorio si presenta ben strutturato. Sono cinque (su dodici) i comuni che offrono almeno un istituto: quasi sempre si tratta di “sezioni staccate” di Istituti che hanno la sede e la direzione didattica in centri più importanti (Benevento, Telese); solo a Cerreto Sannita hanno la vera e propria sede sia un Istituto Tecnico Commerciale e Geometri sia un Istituto d’Arte. Nello stesso comune vi è anche un Liceo Classico privato parificato. Nel complesso sono presenti 8 unità tra istituti e scuole medie superiori con una presenza abbastanza diversificata tra orientamenti professionali. Nel dettaglio, sono presenti 5 classi di Liceo scientifico, 33 classi tra I.T. Commerciali e per Geometri, 10 classi di I.T.T., 5 classi di Istituto d’arte, 5 classi di I.T.I.S., 2 classi di I.P.S.A.R. e 5 classi di Liceo classico. Si segnala che l’area, soprattutto nelle sue zone vallive, beneficia della presenza di strutture collocate in altri centri limitrofi (Telese, e Benevento).

6 Gal Titerno, 2001.

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6.1.2 Servizi sanitari e sociali Riguardo ai servizi sanitari, tutti i comuni dispongono dei servizi di base (farmacia, guardia medica e medico condotto), con eccezione di Pietraroja ove non è organizzato il servizio di guardia medica. Servizi ambulatoriali pubblici e privati sono abbastanza ben distribuiti sul territorio e servono più comuni. L’unico presidio ospedaliero presente in tutta l’area e facente capo alla U.S.L. Benevento 1, è l’Ospedale Maria delle Grazie, localizzato a Cerreto Sannita, che ha una capacità di meno di 120 posti letto ed ospita il servizio di pronto soccorso. A Cerreto è inoltre presente un Centro di riabilitazione, un Centro di terapia oculare ed un Laboratorio di analisi. Cerreto Sannita e Cusano Mutri dispongono di un servizio ambulanze. A Castelvenere è presente un centro di recupero per tossicodipendenti. A S. Salvatore è ubicato un consultorio familiare. In quasi tutti i comuni sono inoltre attivi servizi di assistenza domiciliare e di telesoccorso. Ne sono sprovvisti Pietraroja, Guardia S. e S. Lupo. Diversi centri del Titerno, hanno inoltre realizzato centri di aggregazione per anziani, tuttavia non si riscontra nell’area la presenza di case-albergo per questa fascia di popolazione o di altre strutture articolate per una significativa politica sociale della terza età. Non sono invece presenti altri servizi primari quali, ad esempio, centri odontoiatrici. Si sottolinea, per completare il quadro dei servizi sociali, la quasi totale assenza di asili nido, in particolare, nel comprensorio, sono presenti appena due asili nido, peraltro concentrati nell’area valliva (Ponte e S. Salvatore). Dalla descrizione offerta appare evidente come la situazione si presenti relativamente soddisfacente in alcune aree della Comunità, mentre alcuni territori (in particolare Pietraroja, S. Lupo e Pontelandolfo) registrano oggettive carenze in strutture e servizi, con conseguenti disagi per le popolazioni.

6.1.3 Cultura e tempo libero E’ stata indagata la presenza di strutture culturali e per il tempo libero non solo allo scopo di verificare la presenza di servizi in favore delle locali popolazioni, ma anche per verificare le dotazioni di base per la strutturazione di una più ampia rete di servizi e di “centri di interesse” per un potenziale sviluppo in chiave turistica del territorio. L’offerta di contenitori culturali non è particolarmente ampia: tre biblioteche (Cerreto Sannita, Cusano Mutri e Guardia Sanframondi) e cinque Musei. Museo della Ceramica (Cerreto Sannita): di recente istituzione, è annesso al Municipio e collocato nei locali di Palazzo S. Antonio. In esso sono raccolti pregevoli manufatti in ceramica di quella che è

58 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno la tradizione figulina locale. Museo d’Arte Sacra (Cerreto Sannita): Ubicato presso la chiesa di S.Gennaro, è costituito da arredi sacri, ostensori, calici, ed altri elementi religiosi tutti di pregevole fattura settecentesca. Mostra permanente della Ceramica (San Lorenzello): ospitata nell’ex convento dei carmelitani, vi sono esposti circa 250 pezzi suddivisi in una sezione moderna ed in una antica. Museo Civico (Cusano Mutri): aperto al pubblico nella primavera del 2000, ha una sezione dedicata alla civiltà contadina ed una a tema geologico-naturalistico. In quest’ultima sono esposti numerosi calchi di pesci e rettili fossili del notissimo giacimento di Pietraroja. Museo dell’Arte Contadina (Pontelandolfo): ricco di attrezzi per la filatura della lana e per i più disparati lavori dei campi. Interessante la collezione relativa al costume locale. Collezione di Farfalle (Guardia S.): unica nel suo genere, è ospitata nell’imponente maniero dei Sanframondo. La collezione è costituita da oltre 1000 esemplari di lepidotteri provenienti da ogni parte del mondo, conservati in teche che consentono di apprezzarne la bellezza, i colori e le tecniche di mimetizzazione. . La presenza di pubblici esercizi per la ristorazione, l’intrattenimento e l’ospitalità è abbastanza nutrita, ma appiattita su s ervizi di tipo indifferenziato (bar, gelaterie, alberghi). Unica eccezione, la crescita di attività nel campo agrituristico. Informazioni di maggior dettaglio sull’offerta di ospitalità e servizi turistici complementari sono contenute nel capitolo 8.3. In questa sede ci limitiamo a sottolineare due aspetti particolarmente critici ai fini della promozione di politiche di sviluppo dell’offerta turistica del territorio, nell’ambito della quale i servizi culturali e per il tempo libero rappresentano una base essenziale. Il primo riguarda la diversificazione e differenziazione delle iniziative presenti nell’area e dei servizi (alla popolazione ed all’utenza turistica) per il tempo libero. Da questo punto di vista, fatta eccezione per le numerose iniziative a carattere agrituristico, non si segnalano particolari elementi di innovazione e diversificazione della rete dei servizi. Teatri, cinema, discoteche, sale da concerto, maneggi e strutture per l’equitazione sono del tutto assenti. Tale circostanza evidenzia carenze di iniziative che incidono negativamente sia sulla qualità della vita delle popolazioni locali, sia sulle possibilità di implementare strategie di sviluppo volte ad attrarre sul territorio una domanda diversificata da parte dell’utenza turistica. Maggiori dotazioni si registrano, invece, sul lato delle strutture per lo sport. Il secondo aspetto riguarda, invece, la rete di relazioni con i territori circostanti, ed in particolare con Telese e Benevento la cui offerta è in grado di attrarre la domanda proveniente dalla popolazione del Titerno. E’ evidente che di tali “centri di offerta” si avvantaggiano in particolare i territori dell’area Telesina, mentre più problematica è la fruibilità dei servizi e delle strutture culturali e per il tempo libero da parte delle popolazioni residenti in ambiti montani.

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6.1.4 Trasporti pubblici I servizi di trasporto pubblico, possono essere considerati moderatamente soddisfacenti in quanto i vari comuni sono collegati tra loro da più corse giornaliere, mentre all’esterno della comunità sono garantiti i collegamenti con Benevento, Napoli e Campobasso. Al termine del Capitolo 6.2 viene presentata, per ciascun comune, una breve scheda nella quale si sintetizzano, tra l’altro, i servizi che garantiscono i collegamenti con i principali centri all’esterno dell’area. Nel complesso, viene evidenziata una discreta presenza di servizi di trasporto pubblico e privato su gomma, fatta eccezione per i comuni montani e per alcune frazioni. Naturalmente si tratta di servizi essenziali, che prevedono un numero piuttosto limitato di corse. Riguardo ai trasporti ferroviari, questi sono confinati alla presenza di infrastrutture ai limiti del settore meridionale del territorio.

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6.1.5 Servizi amministrativi, alle imprese ed alle attività produttive E’ stata analizzata la presenza e la distribuzione sul territorio di servizi di tipo finanziario ed amministrativo. Tutti i comuni sono dotati di sportelli postali. In gran parte dei comuni sono ubicati sportelli bancari, fatta eccezione per Pietraroja, S. Lorenzello, S. Lorenzo Maggiore e S. Lupo. Sono inoltre presenti tre Casse di mutualità (Guardia Sanframondi, Ponte e S. Lorenzello). A Cerreto Sannita è ubicata una sede dell’Ufficio del Catasto e si riscontra la presenza di uffici statali finanziari e tributari. Uffici provinciali del Lavoro sono ubicati a Cerreto S., a Guardia S., ed a Pontelandolfo. Il solo comune di Guardia Sanframondi è dotato di un Ufficio per le Relazioni Pubbliche. Guardia Sanframondi è inoltre sede del locale Tribunale e di uno dei due uffici di Giudici di Pace (un altro è presente a Cerreto Sannita). Non sono presenti Uffici dell’Ispettorato Agricolo. La maggior parte dei comuni gravita sull’Ufficio di Telese, mentre S. Lupo gravita su quello di Morcone, Ponte e Pontelandolfo su Benevento. Significativa è la diffusione recente di sportelli Informagiovani: ne sono stati individuati sette (Cerreto S., Cusano M., Castelvenere, Guardia S., S. Lorenzello, S. Lupo e S. Salvatore T.). Si segnala, inoltre, la sede a Guardia Sanframondi di un G.A.L. (Gruppo di Azione Locale), una sorta di agenzia di sviluppo locale che tra i vari servizi offerti al territorio contempla anche uno Sportello Informativo sulle opportunità di finanziamento, gestito in collaborazione con l’Agenzia Sviluppo Italia. Infine, a Cerreto Sannita è ubicata la sede della Comunità Montana del Titerno.

6.2 Infrastruttura per la mobilità · Strutture ferroviarie Il territorio è marginalmente lambito da due linee ferroviarie: la trasversale tirrenico-adriatica (Napoli-Benevento-Foggia-Bari) e la dorsale Benevento- Campobasso-Termoli. Solo 3 comuni sono comunque serviti da linee ferroviarie: Pontelandolfo - la stazione è distante solo 3 km dal centro abitato ed è situata sulla linea Benevento-Campobasso-Termoli; Ponte – la stazione è poco distante dal centro ed è situata lungo la linea Benevento-Telese-Napoli;

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Castelvenere – servita da due stazioni ubicate lungo la tratta Benevento- Telese-Napoli: Solopaca e Telese. E’ perciò assai scarso il grado di utilizzazione del servizio ferroviario nell’organizzazione della mobilità all’interno della Comunità e nelle relazioni tra questa e le aree esterne. Si deve comunque segnalare, in prospettiva, il rafforzamento dell’infrastrutturazione ferroviaria in considerazione dell’esecuzione in corso dei lavori per il raddoppio della linea ferroviaria Napoli-Foggia lungo la tratta Benevento-Caserta · I collegamenti viari La rete viaria si presenta con una migliore qualificazione, consentendo una accessibilità generale soddisfacente. Le direttrici sono costituite: · dalla Superstrada Caianello – Benevento, che attraversa l’estremo settore meridionale del comprensorio lungo la direttrice Ovest-Est e garantisce i collegamenti veloci con Benevento. Per tale asse sono previsti, nell’ambito del piano triennale dell’ANAS, lavori di raddoppio; · dalla Superstrada Campobasso - Benevento, che lambisce il settore orientale della Comunità e si sviluppa lungo la direttrice Nord-Sud e per il potenziamento della quale sono previsti lavori nell’ambito del Piano triennale dell’ANAS; · a tali direttrici va aggiunta la Fondovalle Isclero che, sebbene si sviluppi quasi del tutto all’esterno del comprensorio, rappresenta la principale arteria di collegamento veloce verso il Basso Casertano e Napoli. La viabilità interna è organizzata s u quattro direttrici principali: la prima collega San Salvatore a Faicchio, proseguendo poi per Gioia Sannitica e Piedimonte Matese; la seconda raccorda la Superstrada Caianello Benevento a Cerreto Sannita e, di lì, prosegue per Cusano Mutri e Pietraroja; la terza, collega le due superstrade esistenti, toccando Castelvenere, Guardia Sanframondi, San Lorenzo Maggiore, San Lupo e Pontelandolfo7; la quarta, infine, si sviluppa parallelamente al tracciato della superstrada attraversando i territori meridionali del comprensorio ed il centro di Ponte. Tale organizzazione viaria facilita l’accesso dei singoli comuni alle aree esterne, senza però massimizzare l’accessibilità relativa tra i centri della Comunità Montana, con particolare riferimento a quelli posti nel settore più settentrionale. Di seguito, si espone un quadro sinottico a livello comunale nel quale sono indicate le vie di accesso ai singoli comuni ed i servizi per la mobilità, viari e ferroviari.

7 Le due superstrade saranno messe in collegamento dalla bretella intercomunale, completa solo a tratti, i cui lavori sono in corso di esecuzione

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CASTELVENERE Il comune si trova a 44 km dall'autostrada A1, uscita al casello di Caianello, oppure è raggiungibile mediante la nazionale Benevento-Caianello (bivio di Telese opp. Castelvenere). La stazione FS più vicina è quella di Telese sulla linea Napoli-Foggia-Bari. Vi sono collegamenti giornalieri per Benevento (13 corse giornaliere). Il comune è raggiungibile anche mediante servizi di trasporto su gomma. Vi sono collegamenti giornalieri per Benevento-Foggia (8 corse), per Caserta- Roma (8 corse) e per Napoli (8 corse).

CERRETO SANNITA Il comune si trova a 35 km dall'autostrada A1, uscita al casello di Caserta Sud, oppure è raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento- Caianello (uscita Cerreto). La stazione FS più vicina è quella di Telese Terme sulla linea Napoli- Foggia. Vi sono collegamenti giornalieri per Benevento (13 corse giornaliere). Il comune è raggiungibile anche mediante autobus di autolinee private sulla linea Telese-Guardia Sanframondi-S. Lupo-Pietraroja, con collegamenti per Telese Terme (6 corse giornaliere), per Guardia Sanframondi-S.Lupo (3 corse giornaliere) e per Pietraroja (1 corsa giornaliera) e mediante autolinee pubbliche sulla linea Benevento-Napoli-Termoli, con collegamenti per Napoli (1 corsa giornaliera), per Benevento (3 corse giornaliere) e per Termoli (1 corsa giornaliera nel periodo estivo). Le più importanti frazioni sono: Madonna Della Libera Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Caianello (da cui dista 15 km), la strada provinciale Telese -Cusano Mutri (da cui dista 4 km) o la strada comunale Trocchia. S. Anna. Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Caianello (da cui dista 13 km), la strada provinciale Telese-Guardia S. (da cui dista 10 km) o la strada comunale Tinta. Madonna Delle Grazie Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Caianello (da cui dista 10 km), la strada provinciale Telese-Guardia S. (da cui dista 8 km) o la strada comunale Cappuccini. Montrino

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Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Caianello (da cui dista 16 km), la strada provinciale Telese-Guardia S. (distante 13 km) o la strada comunale Monte Coppe.

CUSANO MUTRI Il comune si trova a 65 km dall'autostrada A1, uscita al casello di Caserta Sud, oppure è raggiungibile mediante la strada nazionale Caserta Campobasso (bivio di Telese Terme). La stazione FS più vicina è quella di Telese Terme sulla linea Caserta- Benevento. Il comune è raggiungibile anche mediante autobus di autolinee private sulla linea Cusano-Benevento e Cusano-Napoli, con collegamenti per Cusano- Benevento (5 corse giornaliere nel periodo estivo e 5 corse nel periodo invernale) e per Cusano-Napoli (2 corse giornaliere). Le più importanti frazioni sono: Civitella Licinio Raggiungibile mediante la strada nazionale Caserta-Campobasso (da cui dista 15 km) e la strada provinciale. Bocca Della Selva Raggiungibile mediante la strada nazionale (da cui dista 5 km) e la strada provinciale Sud Matese.

FAICCHIO Il comune si trova a 40 km dall'autostrada A1, uscita al casello di Caianello opp. Caserta Sud, oppure è raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Caianello (bivio di Gioia Sannitica). La stazione FS più vicina è quella di Telese-Cerreto sulla linea Foggia- Napoli. Vi sono collegamenti giornalieri per Benevento (13 corse) e per Napoli (13 corse). Il comune è raggiungibile anche mediante autobus di autolinee private sulla linea Cerreto-Telese-Benevento-Napoli, con collegamenti per Napoli (1 corsa giornaliera), per Benevento (1 corsa giornaliera) e per Cerreto-Telese (2 corse giornaliere). Le più importanti frazioni sono: Massa

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Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Caianello (da cui dista 8 km), la strada provinciale Telese Terme-Piedimonte (a 3 km) o la strada comunale Massa-Faicchio (da cui dista 1 km). Fontanavecchia. Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Caianello (da cui dista 7 km) e la strada provinciale Telese Terme-Piedimonte Matese (a 2 km). Casali. Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Caianello (da cui dista 7 km) e la strada provinciale Telese Terme-Piedimonte Matese (a 2 km).

GUARDIA SANFRAMONDI Il comune si trova a 50 km dall'autostrada A1, uscita al casello di Caianello, oppure è raggiungibile mediante la nazionale Benevento-Caianello (bivio di Solopaca e Paupisi). La stazione FS più vicina è quella di Solopaca sulla linea Napoli-Foggia- Bari. Vi sono collegamenti giornalieri per Benevento (13 corse giornaliere). Il comune è raggiungibile anche mediante autobus di autolinee private sulla linea Pietraroja-Benevento-Napoli-Campobasso, con collegamenti giornalieri per Benevento (7 corse nel periodo estivo e 8 corse nel periodo invernale) e per Napoli (6 corse).

PIETRAROJA Il comune si trova a 78 km dall'autostrada A1, uscita al casello di Caianello, oppure è raggiungibile mediante la nazionale Benevento-Caianello (bivio di Telese Terme). La stazione FS più vicina è quella di Telese Terme-Cerreto. Il comune è raggiungibile anche mediante autobus di autolinee private sulla linea Pietraroja-Benevento-Napoli, con collegamenti per Napoli (2 corse giornaliere) e per Benevento (2 corse giornaliere). Le più importanti frazioni sono: Mastramici. Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Isernia (a 10 km), la strada provinciale Cusano Mutri-Morcone (a 3 km) o la strada comunale Pietraroja (da a 1 km). Case Varrone.

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Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Caianello (a 10 km), la strada provinciale Cusano Mutri-Morcone (a 5 km) o la strada comunale Pietraroja (a 2 km). Metole. Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Isernia (distante 8 km), la strada provinciale Cusano Morcone (distante 4 km) o la strada comunale Pietraroja (a 1 km). Nevai Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Isernia (a 7 km), la strada provinciale Cusano Mutri-Morcone (a 2 km) o la strada comunale Pietraroja (a 2 km).

PONTE Il comune si trova a 59 km dall'autostrada A1, uscita casello di Caianello, e a 30 km dall'uscita di Castel del Lago. È raggiungibile inoltre mediante la superstrada Benevento-Caianello (uscita di Ponte-Torrecuso). La stazione FS più vicina è quella di Ponte-Casalduni, sulla linea Napoli- Foggia. Vi sono collegamenti giornalieri per Benevento-Foggia (8 corse), per Caserta-Roma (8 corse) e per Napoli (8 corse). Il comune è raggiungibile anche mediante autobus di autolinee private sulla tratta Ponte-Benevento (7 corse). Le più importanti frazioni sono: Ferrarisi Raggiungibile mediante la superstrada Benevento-Caianello (a 4 km), uscita Paupisi-S. Lorenzo M., e la strada provinciale ex S.S. 372 Benevento-Telese (da cui dista 3 km). Monte e Staglio raggiungibili mediante la provinciale Ponte-Fragneto Monteforte.

PONTELANDOLFO Il comune si trova a 40 km dall'autostrada A16, uscita al casello di Castel del Lago, oppure è raggiungibile mediante la nazionale Benevento- Campobasso (bivio di Pontelandolfo). La stazione FS più vicina è quella di Pontelandolfo Scalo, sulla linea Benevento-Campobasso. Vi sono collegamenti giornalieri per Benevento. Il comune è raggiungibile anche mediante autobus di autolinee private sulla linea Benevento-Napoli-Campobasso, con collegamenti per Benevento (2 corse giornaliere), per Napoli (2 corse giornaliere) e per Campobasso (2 corse giornaliere). Le più importanti frazioni sono: Giallonardo

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Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Campobasso (a 8 km), la strada provinciale (da cui dista 4 km) o la strada comunale (a 2 km). Santa Caterina: Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Campobasso (a 1 km), la strada provinciale (da cui dista 3 km) o la strada comunale (da cui dista 1 km). Gorgotello Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Campobasso (a 3 km), la strada provinciale (da cui dista 1 km) o la strada comunale (a 1 km). Ponte Nuovo Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Campobasso (a3 km), la strada provinciale (da cui dista 2 km) o la strada comunale (a 1 km).

SAN LORENZELLO Il comune si trova a 45 km dall'autostrada A1, uscita al casello di Caserta Sud, oppure è raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento- Caianello (bivio di Telese Terme-Cerreto Sannita). La stazione FS più vicina è quella di Telese Terme-Cerreto Sannita sulla linea Foggia-Napoli. Vi sono collegamenti giornalieri per Benevento (13 corse) e per Napoli (13 corse). Il comune è raggiungibile anche con autolinee private, sulla linea Napoli- Pietraroja-Telese-Cerreto S., con collegamenti per Napoli (1 corsa giornaliera) e Telese-Cerreto S. (2 corse). Le più importanti frazioni sono: S.Elia. Raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento-Caianello (a 8 km), la strada provinciale Telese Terme-Cerreto S. (da cui dista 1 km) o la strada comunale Napoli.

SAN LORENZO MAGGIORE Il comune si trova a 60 km dall'autostrada A1, uscita casello di Caianello opp. di Caserta Sud,. È raggiungibile inoltre mediante la superstrada Benevento-Caianello (uscita di Paupisi). La stazione FS più vicina è quella di Ponte-Casalduni, sulla linea Napoli- Foggia. Vi sono collegamenti giornalieri per Benevento-Foggia (8 corse), per Caserta-Roma (8 corse) e per Napoli (8 corse). Il comune è raggiungibile anche mediante autobus di autolinee private sulla tratta Ponte-Benevento (7 corse giornaliere).

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SAN LUPO Il comune si trova a 60 km dall'autostrada A1, uscita al casello di Caserta Sud, oppure è raggiungibile mediante la strada nazionale Benevento- Caianello (bivio di Ponte). La stazione FS più vicina è quella di Ponte, sulla linea Foggia-Napoli. Vi sono collegamenti giornalieri per Benevento (13 corse giornaliere) e per Napoli (13 corse giornaliere). Il comune è raggiungibile anche mediante autobus di autolinee private, sulla linea San Lupo-Benevento-Napoli-Campobasso, con collegamenti per Benevento (3 corse giornaliere), per Napoli (3 corse giornaliere) e per Campobasso (3 corse giornaliere).

SAN SALVATORE TELESINO Il comune si trova a 30 km dall'autostrada A2, uscita al casello di Caserta Sud, oppure è raggiungibile mediante la strada nazionale 387 (bivio di San Salvatore Telesino). La stazione FS più vicina è quella di Telese Terme-Cerreto, sulla linea Napoli-Foggia. Il comune è raggiungibile anche con autolinee private sulla linea Napoli- Caserta-Benevento, con collegamenti per Napoli (1 corsa), Caserta (1 corsa) e Benevento (1 corsa). Le più importanti frazioni sono: Cese San Manno Raggiungibile mediante la strada nazionale 387 (da cui dista 5 km), la strada provinciale Telese Terme-Piedimonte o la strada comunale. Località Banca. Raggiungibile mediante la strada nazionale (a 7 km) e la strada provinciale (a 1 km).

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7. Le risorse ambientali

Dal punto di vista naturalistico elementi di notevole interesse, accanto a foreste di faggio o miste e ai corsi d’acqua perenni e torrentizi, sono il Monte Mutria con Bocca della Selva, lagune e stagni quali il Lago di Spino, i fenomeni carsici del Monte Cigno, il parco geopaleontologico di Pietraroja. Non si può inoltre non tener conto che il territorio è inserito all’interno di un più ampio comprensorio in cui sono presenti numerose località in grado di attrarre significative presenze turistiche e dalle quali dirottare parte dei flussi turistici: In particolare si ricorda il centro sciistico di Campitello Matese, le aree archeologiche di Sepino e di Telesia, la stazione termale di Telese, il lago del Matese. L’area Nord-Occidentale del territorio è inclusa nel perimetro del Parco Regionale del Matese. Occorre inoltre rammentare che, al fine di favorire la tutela e la conservazione di habitat naturali e seminaturali, nonché la flora e la fauna selvatica presenti nei Paesi comunitari, la Commissione Europea ha affidato alle Regioni dei singoli Stati membri il compito di individuare siti di particolare interesse ai quali conferire il riconoscimento di Siti di Importanza Comunitaria (SIC). Tale riconoscimento consente alle aree così individuate l’inserimento in una rete ecologica europea, denominata “Natura 2000”, destinata a garantire uno stato di conservazione favorevole degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario. La Regione Campania ha individuato in provincia di Benevento undici SIC dei quali tre sono localizzati nel territorio della Comunità Montana del Titerno: · Alta Valle del Fiume Titerno · Le pendici meridionali del Monte Mutria · La Valle Telesina (che in parte ricade nel territorio della C.M. Titerno) dei quali diamo di seguito una breve descrizione:

· Sito Alta Valle del Fiume Titerno Il sito ha un’estensione di 125 ha, e ricade nei comuni di Cerreto Sannita, Cusano Mutri e Piertraroia. Dal punto di vista geomorfologico, si presenta come un complesso di valloni profondamente incisi, entro sponde di natura calcarea, sul cui fondo scorre il fiume Titerno.

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La fauna che caratterizza questo sito è rappresentata da mammiferi (tra cui il Lupo ed il Gatto selvatico), uccelli (tra cui il Falco pellegrino ed il Nibbio Reale), rettili, anfibi e pesci. Il popolamento vegetale è costituito da foreste miste a caducifoglie: tra le specie si segnalano il Leccio, la Roverella, il Rovere, l’Orniello ed il Papavero cornuto.

· Sito Pendici meridionali del Monte Mutria Il sito ha un’estensione di circa 14.500 ha, e ricade nei comuni di Pietraroia, Cusano Mutri, Cerreto Sannita, Faicchio, S. Lorenzello, San Lupo e Morcone (comune esterno all’area). Il sito si presenta come un massiccio appenninico di natura calcarea con estesi fenomeni carsici. La fauna presente in zona è costituita da piccoli mammiferi (come il Lupo ed il Gatto selvatico), rettili, anfibi ed uccelli (come il Falco pecchiaiolo, il Falco pellegrino e il Nibbio reale). La vegetazione è costituita in prevalenza da praterie e da foreste miste: tra le specie si segnalano il Leccio, la Roverella, l’Orniello, il Faggio ed il Castagno.

· Sito Valle Telesina Il sito ha un’estensione di 2.100 ha tra i territori delle Comunità Montane del Titerno e del Taburno, coinvolgendo alcuni comuni interni al comprensorio del Titerno (S. Lorenzo Maggiore e Ponte). Dal punto di vista geomorfologico il sito si presenta come una modesta valle alluvionale attraversato dal medio corso del fiume Calore beneventano, con manifestazioni termali lungo l’estremo margine settentrionale della valle. La fauna è rappresentata da piccoli mammiferi come il Rinolofo maggiore e il Vespertillo maggiore, uccelli come l’Averla piccola, il Martin pescatore e il Tordo bottaccio, rettili ed anfibi. La flora è costituita in prevalenza da foreste a galleria e diffusi arborei. Tra le specie si segnalano il Salice bianco ed il Pioppo bianco.

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8. L’economia locale

L’evoluzione strutturale dell’economia locale, consolidatasi nel corso dell’ultimo decennio è contrassegnata dal passaggio da un sistema basato sulle attività agropastorali ed artigianali ad un sistema nel quale sono presenti fenomeni di marcata specializzazione nel settore agroindustriale e di diffusione delle tecnologie innovative. Sotto alcuni aspetti si può affermare che nel territorio del Titerno si segnalano mutamenti nel profilo sociale, economico e culturale comuni alla gran parte delle aree collinari e montane del paese, risultato di fenomeni esogeni che riflettono il progresso della società contemporanea, l’evoluzione dei mercati e dei sistemi produttivi, i mutamenti negli stili di vita delle popolazioni. E’ anche vero, tuttavia, che nel territorio in esame lo sviluppo ha seguito un percorso proprio, determinato dalle caratteristiche e dalle specificità locali ed alimentato da stimoli di provenienza endogena. Tale evoluzione è stata in parte agevolata dal rafforzamento di una rete di infrastrutture (viabilità, in particolare) che ha consentito di porre le basi per lo sviluppo di piccoli ed attivi agglomerati produttivi lungo l’area telesina, ma, soprattutto, è il risultato di un rinnovato atteggiamento culturale che gli elementi attivi della società civile e delle istituzioni locali hanno saputo imprimere nei rispettivi settori di competenza. Un atteggiamento culturale che si esprime in una maggiore apertura alle sollecitazioni esogene (i mercati, le tecnologie, le politiche) e che produce maggiori capacità manageriali e di governo del territorio. Un esempio lampante dei risultati prodotti è rappresentato dalla capacità di aggregare risorse e di sfruttare elementi sinergici nell’ambito di alcune filiere produttive, quali, ad esempio, il settore vitivinicolo, all’interno del quale si è saputo cogliere l’importanza dell’associazionismo e nel quale si è dato vita ad una filiera produttiva ben strutturata che rappresenta, oggi, uno degli assi portanti dell’economia locale. In termini generali si può affermare che, nel suo complesso, l’economia del territorio presenta alcuni elementi che ne delineano una certa vivacità, soprattutto se comparata con le medie rilevate in altri contesti montani. E, tuttavia, a fronte di una chiara tendenza alla specializzazione produttiva, lo scenario si presenta anche piuttosto disomogeneo, nel momento in cui a situazioni di relativo sviluppo si contrappongono, sia dal punto di vista geografico che settoriale, ampie sacche di arretratezza e marginalità.

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8.1 Agricoltura Occorre premettere che le statistiche ufficiali non aiutano a fornire un quadro aggiornato della situazione. La più recente disaggregazione dei dati su scala comunale è riferita al censimento Istat del ’90. Dati più recenti (sempre forniti dall’Istat e riferiti al ’97) sono elaborati su scala regionale e provinciale e, peraltro, si riferiscono a rilevazioni campionarie. Altre fonti ufficiali offrono una descrizione solo di taluni aspetti (ad esempio, l’archivio anagrafico della CCIAA offre informazioni dettagliate a livello comunale circa il numero delle imprese e degli addetti al 1999) oppure si tratta di indagini di natura campionaria, il più delle volte riferite all’intera provincia, e dalle quali sfugge la reale situazione riscontrabile sul territorio. E’ tuttavia opportuno presentare un quadro sintetico dei risultati provvisori del 5° Censimento Istat dell’Agricoltura, svolto nell’autunno del 2000 il cui livello di disaggregazione si ferma, al momento in cui si redige il presente elaborato, alle regioni. Sebbene non siano ancora disponibili informazioni disaggregate a livello comunale o provinciale, dalle rilevazioni statistiche emergono alcune tendenze di fondo che, in misura più o meno accentuata, hanno investito tutte le regioni italiane. Di seguito, pertanto, si accenna ad alcuni andamenti rilevati dal censimento, con specifici riferimenti alla situazione campana, situazione che, seppur non rappresentativa dello specifico scenario titernino, sicuramente contribuisce ad orientare l’analisi circa l’andamento di alcuni macroaggregati. Secondo i risultati provvisori, nel 2000 esistono in Italia 2.611.580 aziende agricole, forestali e zootecniche, con una diminuzione di 411.764 unità rispetto alla situazione accertata dal precedente censimento agricolo del 1990. Rispetto alla tendenza nazionale, che ha visto una diminuzione delle aziende agricole pari al 13,6%, i dati per ripartizione geografica e per regione mostrano variazioni di entità piuttosto differenziata. In particolare, la diminuzione del numero di aziende è piuttosto accentuata nelle regioni del Nord-Ovest (circa –39% rispetto al ’90), Mentre nelle regioni meridionali la diminuzione è relativamente contenuta: si va da un – 1,1 della Basilicata ad un –21,9 dell’Abruzzo. Solo in Puglia si registra un dato in controtendenza, con un +1.2%. In Campania la flessione è stimata in circa il –8,9%. Rispetto alla situazione rilevata dal censimento del 1990, si è registrata nel 2000 una diminuzione delle aziende che praticano coltivazioni permanenti pari al 15,2%. Questa variazione media è, tuttavia, la sintesi di dinamiche assai differenti tra le varie zone del Paese. Nel Nord-ovest la diminuzione si rivela molto consistente, pari al 47,0%; nel meridione le dinamiche regionali tendono a divergere tra loro: rilevanti aumenti in Calabria (+29,7%) e Puglia (+19,0%), diminuzioni in Abruzzo (-17,6%) e Molise (-10,4%). In Campania ne sono state censite circa 188.810 (-6,2%).

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Meno numerose e in maggiore calo rispetto al 1990 sono le aziende che in Italia utilizzano terreni come seminativi. Esse costituiscono poco meno del 50% del totale censito, ma rispetto a dieci anni prima sono diminuite in misura più consistente (-25,9%) delle aziende con coltivazioni permanenti. In Campania ne sono state censite circa 118.000. Prati permanenti e pascoli sono forme di utilizzazione dei terreni praticate rispettivamente dal 12,7% e 9,3% delle aziende italiane. Anche in questi casi il numero delle aziende coltivatrici è diminuito nel corso del trascorso decennio in misura superiore (-23,1% per i prati permanenti e -22,7% per i pascoli) a quella del complesso delle aziende (-13,6%). In Campania ne sono state censite circa 26.600. In sintesi, relativamente alla Campania i dati censuari registrano una flessione del 22% delle aziende che praticano prevalentemente coltivazioni erbacee e del 31,6% della numerosità di aziende con prati permanenti. In netto calo anche le aziende con pascoli permanenti (-19,5%). Flessioni più contenute si registrano nella numerosità delle aziende con coltivazioni permanenti (-6,2%), e con boschi (-6,3%). Questi andamenti costituiscono nel loro complesso segnali di rilevanti cambiamenti intervenuti negli ordinamenti produttivi delle aziende e, in particolare, indicano una diffusa tendenza alla loro specializzazione in un minor numero di forme di utilizzazione dei terreni. Il fenomeno sembra accomunare tutte le ripartizioni geografiche, anche se con differente intensità. Esso sembra essere stato rilevante nelle regioni nord-occidentali, dove alla diminuzione complessiva delle aziende pari al 39%, quelle con pascoli sono diminuite del 50%, quelle con colture permanenti del 47%, quelle con boschi del 45%, quelle con prati permanenti del 43% e quelle con seminativi del 42%. Analoghe tendenze si rilevano anche in Campania, dove a fronte di una complessiva diminuzione delle aziende pari all’8,9%, i tassi di variazione delle aziende ordinate per forma di utilizzazione dei terreni sono quasi sempre superiori, come appena accennato. Di particolare interesse per l’economia locale le informazioni aggregate relative al settore viticolo. Rispetto a dieci anni prima esse sono diminuite del 35,2%, una variazione negativa assai superiore a quella media delle aziende agricole italiane. In Campania la diminuzione è relativamente più contenuta: -27,4% rispetto al dato del ’90. E’ tuttavia interessante segnalare che nella nostra regione, fatta eccezione per il dato proveniente dal Trentino Alto Adige, (-11,2%) la flessione si presenta inferiore a quella registrata nelle altre regioni. Come accennato in premessa, per poter analizzare la situazione a livello comprensoriale, il più attendibile e recente rilevamento è rappresentato dal Censimento Istat ’90. Naturalmente, i dati di seguito esposti dovranno essere interpretati alla luce dei nuovi scenari rilevati dalla recente indagine censuaria del 2000 e sintetizzati poc’anzi.

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Pertanto, di seguito si offrirà un dettaglio delle informazioni fornite dalle rilevazioni ufficiali più recenti elaborate a livello comunale. Tali informazioni sono inoltre confrontate con le più recenti rilevazioni effettuate dalla CCIAA di Benevento, e relative alla numerosità delle imprese ed al numero degli addetti. La realtà economica dell’agricoltura nella Comunità riflette le caratteristiche tipiche delle aree collinari della Campania interna: si alternano in diverse proporzioni e a seconda dei comuni risorse silvo- pastorali (dove maggiore è l’acclività e l’altitudine) con agr icoltura intensiva ad ordinamenti misti, nelle aree vallive. In queste ultime la presenza della vite e dell’olivo caratterizza il paesaggio, specie nei comuni della Valle Telesina. L’agricoltura rappresenta il comparto trainante dell’intera economia locale, La SAT è pari a 26.691 ettari, coperti da boschi per circa 6.316 ha, ossia nella misura del 23,7%. La SAU, con 18.450 ha, è investita prevalentemente a coltivazioni permanenti (vite: 21,6%; olivo: 16,2%). Marginale la presenza della frutticoltura, concentrata nella Valle Telesina: 1,6% della SAU totale). Le superfici destinate a seminativi sono prevalentemente rappresentate da cereali e foraggere avvicendate, che occupano, rispettivamente il 16,1% ed il 14,9% della SAU. L’ordinamento produttivo più diffuso è quello cerealicolo-zootecnico, integrato da un’arboricoltura promiscua o specializzata. In alcune aree (prevalentemente la fascia telesina, ma anche quella mediana orientale), sono maggiormente diffuse forme di specializzazione nella viticoltura e nell’olivicoltura. L’ordinamento produttivo si riflette anche sulla struttura urbanistica del territorio: la presenza di insediamenti sparsi nelle aree migliori è strettamente correlata a tali tipi di indirizzo, mentre, laddove l’intensità produttiva si attenua in relazione alla minore presenza delle colture permanenti, si registra una più accentuata concentrazione insediativa in nuclei abitativi. Le aziende con allevamenti sono oltre 3.100, capillarmente diffuse sul territorio, ma dalle dimensioni minime: in quasi tutti i tipi di allevamento il rapporto capi/azienda è inferiore alle medie regionali. In particolare, il numero totale di capi bovini è pari a circa 8100, i suini circa 4.000, gli ovini circa 9.900, i caprini circa 1.300 e gli avicoli circa 89.000. Gli allevamenti bovini e suini sono diffusi su quasi tutto il territorio ma orientati in via quasi esclusiva all’autoconsumo ed al mercato locale. Anche l’allevamento ovino è praticato in forma diffusa ma in strutture di piccole dimensioni che destinano la produzione alla trasformazione casearia. Uno dei principali problemi che si trova ad affrontare il settore agricolo riguarda il processo di riconversione produttiva dalla tabacchicoltura, a lungo oggetto di generoso sostegno dalla PAC ed ormai in irreversibile fase di declino.

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La PLV valutata al 1990 è pari a circa 39,3 miliardi di lire, contro i circa 36,2 miliardi calcolati nell’’82. Molto positiva, rispetto al dato del censimento del 1982, la variazione del Reddito Lordo Standard, passato da 28,4 a 38,9 miliardi nel 1990. Tale reddito va riferito ad un numero di aziende che, al 1990, era pari a poco più di 6.700, per una media di circa 5,8 milioni/azienda. Tale dato risulta estremamente modesto, soprattutto se, scorporando il valore dei costi per l’acquisto di mezzi tecnici e servizi extra aziendali e gli ammortamenti, e pervenendo alla valutazione del Reddito Netto Aziendale, si intende valutare il reddito pro-capite degli attivi agricoli, pari, al 1990 ad oltre 4.700 unità. Tuttavia, occorre ricordare che il dato sugli addetti risulta falsato dal fatto che esistono molte unità lavorative che solo parzialmente impiegano la propria capacità produttiva in agricoltura, o che in tale settore, per motivi previdenziali, si registrano. In ogni caso si è in presenza di una redditività agricola tuttora modesta ma accettata dalle popolazioni interessate solo perché intervengono integrazioni di reddito da attività esterne e da un regime previdenziale che offre un consistente sostegno ai redditi insufficienti. Nel complesso, raffrontando i dati degli ultimi censimenti, risulta che: - la S.A.U. è leggermente aumentata, passando da 17.789 ha a circa 18.450 ha; - il numero di aziende è leggermente diminuito, passando da 6.804 a 6.703; - di conseguenza, è aumentata la dimensione media aziendale (non tanto per effetto di interventi di ricomposizione, quanto, piuttosto, per l’espulsione dal settore delle aziende minime ed una migliore razionalizzazione nell’uso delle risorse territoriali) che rimane, comunque, ancora molto limitata: circa 2,8 ettari/azienda; - la PLV agricola aumenta, passando da circa 36,2 ad oltre 39,3 miliardi; Al di là della sintetica esposizione dei dati statistici, è opportuno segnalare la presenza di un settore vitivinicolo in cui a tratti si rilevano i connotati della specializzazione produttiva. Soprattutto, la produzione locale è in gran parte oggetto di riconoscimento a livello comunitario. Sono difatti presenti i seguenti prodotti D.O.C.: Solopaca: l’ambito territoriale comprende dodici comuni del Sannio, dei quali ben 7 sono ricompresi nell’area del Titerno. Si tratta di Castelvenere, Cerreto Sannita, Guardia Sanframondi, San Lorenzello, San Lorenzo Maggiore, S. Salvatore Telesino e, in parte, Faicchio. In detta area, senza dubbio la più intensivamente vitata della Campania, le tecniche di coltivazione hanno raggiunto livelli di eccellenza. In tutto l’ambito territoriale operano due cantine sociali a cui conferiscono uve oltre 1500 viticoltori. La superficie complessiva iscritta all’albo vigneti (al 1997) è pari a circa 1.046 ettari. La produzione stimata è pari a circa 26.408 ettolitri8;

8 Regione Campania – SeSIRCA – 1997.

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Recenti informazioni fornite dalla Cantina sociale riferiscono di una superficie vitata pari a circa 1.300 ettari, per oltre 150.000 ettolitri di prodotto. Parte rilevante della produzione, pertanto, non viene imbottigliata con marchio Doc, ma commercializzata in modo indifferenziato o ceduta ad altri produttori. Guardiolo: l’area di produzione è rigorosamente delimitata ad alcuni ambiti dei comuni di Castelvenere, Guardia Sanframondi, San Lorenzo e S. Lupo. In tale ambito opera un’importante cantina sociale. La superficie iscritta all’albo vigneti (al 1997) è pari a circa 109 ettari. La produzione stimata è pari a circa 2.086 ettolitri9. Più recenti dati offerti dalla cantina sociale rilevano la presenza di oltre 1.000 associati, per complessivi 2.000 ettari di superficie vitata ed una produzione di circa 240.000 ettolitri. Anche in questo caso, dunque, si rileva come solo una piccola quota della produzione viene etichettata con marchio Doc; Sannio: la zona di produzione comprende l’intero territorio del Sannio a cavallo tra le province di Benevento, Avellino e Caserta. E’ stato riconosciuto di recente (agosto 1997) ed interessa, nell’intera provincia, circa 223 ettari. Marginalmente, il territorio è interessato anche dalla D.O.C. Taburno (comune di Ponte). Il buon livello di specializzazione, ma anche l’organizzazione dell’intera filiera, pongono il settore ai vertici della produzione regionale. Peraltro, si è osservato che due delle quattro cantine sociali presenti sull’intero territorio operano all’interno del territorio (La Guardiense e Solopaca). Anche la produzione olearia è di buon livello qualitativo, sebbene non si riscontrino elementi di specializzazione e di capacità organizzative del tipo osservato nel settore vitivinicolo. In particolare, il livello tecnologico e le capacità produttive degli impianti estrattivi appaiono inadeguati a soddisfare le esigenze della produzione, con il conseguente riflesso negativo sul prodotto finito. In ogni caso, si rammenta che per le produzioni olearie della provincia di Benevento è in avanzata fase di istruttoria la richiesta del riconoscimento della D.O.P. “Sannio”. Infine, è importante segnalare che il territorio rientra nell’ambito delle aree di produzione di altri prodotti agroalimentari oggetto di riconoscimento comunitario, sebbene non siano particolarmente rilevanti le dimensioni delle produzioni: si tratta del D.O.P. Caciocavallo Silano, formaggio a pasta filata di latte vaccino, e del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale la cui area di produzione, tra l’altro, include la provincia di Benevento. Altre tipicità agroalimentari dell’area sono rappresentate, per citare solo quelle maggiormente rinomate sui mercati extralocali, dai funghi (Cusano), dai prosciutti (Pietraroja) e dai taralli (S. Lorenzello). ***

9 Regione Campania – SeSIRCA – 1997.

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Dal punto di vista territoriale, non ci si trova di fronte ad una realtà omogenea. Riprendendo la ripartizione territoriale già esposta nella precedente elaborazione del Piano, i comuni del Titerno sono stati aggregati in tre sub-comprensori tra loro omogenei: il primo costituito dalla Valle Telesina (Faicchio, Castelvenere, San Lorenzello, San Lorenzo Maggiore, Guardia Sanframondi, San Salvatore Telesino); il secondo costituito dai Colli del Tammaro (Pontelandolfo, Ponte e San Lupo); il terzo dal Titerno (Cerreto Sannita, Cusano Mutri e Pietraroja). Di seguito, dunque, l’analisi viene sviluppata a livello delle macroaree individuate.

Valle Telesina Essa dispone di 9.786,4 ha di superficie agricola e forestale aziendale di cui 7.699,2 ha di sola S.A.U. e 1.725 ha di boschi. I seminativi rappresentano 2.568 ha mentre le colture permanenti trovano la loro maggiore consistenza con 4.709 ha, con una netta prevalenza della vite (2.812 ha) sull’olivo (1.694 ha) ed altre coltivazioni legnose. Le ampiezze aziendali sono alquanto ridotte (mediamente circa 1,9 ettari/azienda), salvo che nel comprensorio di Faicchio, dove la media è sensibilmente superiore (3,5 ha). Arboricoltura specializzata (in particolare vite) e zootecnia intensiva (con allevamenti di vacche da latte) costituiscono i due elementi portanti dell’economia aziendale. Infatti sono presenti in zona 4.285 capi bovini (a supporto dei quali ci sono circa 1.541 ha di foraggere avvicendate) e 2.812 ha di vigneti (che rappresentano oltre il 70% della superficie vitata dell’intero Titerno) e 1694 ha di oliveti. Anche la frutticoltura trova in quest’area una sia pur contenuta maggiore espansione che altrove (192 ettari, pari ad oltre l’83% della superficie frutticola della Comunità Montana, grazie alla buona concentrazione nel comprensorio di S. Salvatore Telesino).

Titerno Si tratta di una realtà che si presenta strutturalmente diversa dalla precedente: il rapporto SAU/SAT è pari a circa il 61% e rappresenta la media più bassa tra i sub-comprensori individuati. Su 12.187 ha di superficie aziendale, circa 3.982 ha sono rappresentati da boschi circa 4.512 ha da prati e pascoli, cosicché restano a seminativi circa 1.666 ha ed a coltura permanente circa 1.255 ha. Strutturalmente la dimensione media aziendale è superiore alle medie del comprensorio e della Campania. Si rilevano diverse aziende con superfici totali superiori ai 50 ha, a destinazione agro-silvo-pastorale mentre le classi comprese tra 2 e 10 assommano poco più di un quarto della SAU. Più modesta è la superficie a vigneti (557 ha) e ad oliveti.

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Nel settore zootecnico sono presenti 1.379 aziende che allevano circa 3.200 capi bovini (a prevalente indirizzo carne) e circa 6.900 capi ovini. Buona anche la concentrazione di capi suini (circa 1.800)

Colli del Tammaro Su 4.718 ha di superficie aziendale totale (SAT) vi sono 3.318 ha di SAU e 608 ha di boschi. Prevalgono i seminativi (cereali e frumento) con 1461 ha. Le coltivazioni permanenti sono rappresentate principalmente dall’olivo (785 ha, con buona concentrazione nell’area di S. Lupo) e dalla vite (622 ha, con buona concentrazione a Ponte). La zootecnia assume una più modesta posizione. Dal punto di vista strutturale, la SAU media è di poco superiore al dato rilevato nell’intera Comunità Montana: 3,4 ha/azienda.

8.2 Industria e artigianato La più evidente vocazione produttiva riguarda il settore della trasformazione agroalimentare, con particolare riferimento alla produzione di vini ed olii. Tali settori appaiono trainanti non solo per le dimensioni assunte, ma anche perché integre rispetto alla struttura produttiva ed alla vocazione delle attività del comparto primario. I dati riferiti alla numerosità delle imprese e degli addetti è tratto dalle rilevazioni della C.C.I.A.A. di Benevento al 31.12.99. Nella Comunità Montana le attività di trasformazione a livello industriale sono scarsamente rappresentate, come dimostra il ridotto numero degli addetti (842) nel settore (ai quali occorre aggiungere altre 580 unità operanti nel settore delle costruzioni) a fronte di un oltre 5.000 operanti nel settore agricolo. La grande industria è pressoché assente. I settori presenti sono quelli tradizionali della trasformazione agroalimentare, delle lavorazioni tessili, la lavorazione del legno e della ceramica, e l’indotto dell’edilizia. Le lavorazioni artigianali sono diffuse sul territorio, in particolare riguardo al settore ceramistico (Cerreto Sannita e San Lorenzello) che appare in pieno sviluppo. Segnali di arretramento provengono invece da altri settori, un tempo piuttosto fiorenti, e che oggi sopravvivono in piccoli laboratori destinati, tuttavia, all’estinzione per il mancato ricambio generazionale (lavorazioni del ferro battuto, del legno e della pietra). In generale, la struttura organizzativa aziendale è quasi sempre caratterizzata da elementi di marginalità operativa e di precarietà. Le

78 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno aziende sono a conduzione prevalentemente familiare ed orientano la produzione verso il mercato locale. Per quanto riguarda il comparto più attivo, quello delle costruzioni edili alle cui vicende è legata la sistemazione occupazionale più massiccia l’andamento incostante che ne ha caratterizzato le sorti negli ultimi ha prodotto un ridimensionamento complessivo della base occupazionale e gravi ripercussioni sulle attività indotte. Ne è risultata così una riduzione dell’occupazione complessiva nel settore secondario. Per quanto attiene alla strutturazione di aree industriali, nelle quali si concentrano le attività manifatturiere ed artigianali, nel territorio sono presenti le seguenti aree P.I.P.10: - Faicchio – L’estensione complessiva è di circa 48.000 mq, di cui 35.500 disponibili. Sono presenti principalmente i settori dell’agroindustria, il conserviero e la lavorazione del legno; - S. Lorenzello - L’estensione complessiva è di circa 40.000 mq. E’ presente principalmente il settore delle lavorazioni artigianali, e si riscontra una diversificata presenza di Unità Locali di vari comparti produttivi; - S. Salvatore Telesino – L’estensione complessiva è di circa 60.000 mq, di cui 45.000 disponibili. Sono rappresentati diversi settori produttivi, con una prevalenza di Unità Locali specializzate nella produzione di manufatti per l’edilizia; Altre aree P.I.P di cui è prevista la strutturazione in base ai P.R.G. comunali Vigenti, approvati o adottati sono presenti a: - Castelvenere – L’estensione complessiva è di 40.000 mq. I lavori di infrastrutturazione sono in via di completamento; - Cerreto Sannita – L’estensione complessiva prevista è di circa 111.000 mq.; - Cusano Mutri – L’estensione complessiva è di 30.000 mq. I lavori di infrastrutturazione sono avviati.

8.3 Le attività terziarie Le attività terziarie private occupano nella Comunità Montana del Titerno circa 1.647 addetti. Gli addetti al commercio risultano pari a 920 unità, vale a dire circa il 56% del totale addetti nel settore terziario. A tali dati occorre aggiungere quelli relativi al settore pubblico e delle istituzioni, tradizionale valvola di sicurezza per la domanda di lavoro nei territori del Mezzogiorno. Le attività legate ai servizi pubblici sono senz’altro le più diffuse con una percentuale di addetti del 22,7% rispetto al totale degli attivi. Tuttavia ciò

10 Dati Sonted S.r.l.

79 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno che più conta non è la dimensione assoluta del settore terziario, bensì la sua composizione interna e la effettiva articolazione del sistema di servizi offerta. Gran parte degli addetti, difatti, opera nell’ambito dei servizi di base (commercio al dettaglio, pubblici esercizi, Pubblica Amministrazione). Meno presenti sul territorio qualificate attività di servizio alle imprese (consulenze finanziarie, di direzione e marketing, assistenza tecnica, lavorazioni di precisione, R&S). Riguardo al settore turistico, nel corso dell’ultimo decennio si è avvertita una certa vivacità solo verso sistemi di offerta a carattere ambientale ed agrituristico, circostanza che è stata colta da numerosi operatori agricoli del territorio che hanno orientato la propria attività verso una maggiore diversificazione attivando iniziative a carattere agrituristico. Di seguito si presentano i risultati di una breve indagine sul sistema di domanda ed offerta di servizi turistici nel territorio del Titerno. Occorre premettere che, con specifico riferimento alle dinamiche dei flussi turistici, sono stati presi in considerazione i dati forniti dall’EPT di Benevento riferiti all’intero comprensorio provinciale. Riguardo alla domanda di servizi turistici, questa presenta un’evoluzione in aumento nel corso degli ultimi anni, dopo un periodo non particolarmente brillante nel corso dei primi anni ‘90. Tuttavia, il profilo medio dell’utenza e le modalità e tempi di soggiorno sono decisamente mutati. Nel complesso, il settore registra una certa stagionalità della domanda, seppure non particolarmente accentuata. I mesi in cui, secondo i dati forniti dall’EPT, si riscontra il maggior numero di arrivi e presenze, sia italiane che straniere, sono settembre, ottobre e luglio. I principali visitatori stranieri provengono da Francia, USA, Germania, Svizzera, paesi a forte emigrazione, ma anche da Irlanda, Regno Unito e Russia. Nella tabella seguente, viene illustrato il movimento turistico nelle strutture alberghiere ed extra-alberghiere dell’intera provincia di Benevento, dal 1993 al 1997, con in più il dato relativo al 1990: quest’ultimo è rilevante in quanto in quell’anno si è registrato il massimo afflusso di turisti stranieri legato all’evento dei Mondiali di calcio. Ricordiamo che Benevento era la sede della squadra rumena.

Tab. 15: Arrivi e presenze in provincia di Benevento ITALIANI STRANIERI TOTALE ANNI ARRIVI PRESENZE ARRIVI PRESENZE ARRIVI PRESENZE 1990 42.558 114.473 6.063 21.579 48.621 136.052 1993 41.625 109.475 2.503 5.803 44.128 115.278 1994 40.789 100.709 2.977 6.950 43.766 107.659 1995 41.459 101.723 3.907 9.451 45.366 111.174 1996 42.910 106.725 3.565 9.717 46.475 116.442 1997 44.440 107.995 3.791 12.406 48.231 120.401 Fonte: EPT Benevento

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Come si può osservare, il numero di arrivi e presenze “italiane” è costantemente in crescita dal ’94 al ’97; per quel che concerne gli stranieri, invece, impressiona soprattutto il numero di presenze. Basti confrontare i dati del ’95 e del ’96: a fronte di un calo degli arrivi, scesi da 3.907 a 3.565, il numero delle presenze è salito da 9.451 a 9.717.

Tab. 16: Permanenza media dei turisti ANNI ITALIANI STRANIERI 1993 2,6 2,3 1994 2,4 2,3 1995 2,4 2,4 1996 2,4 2,7 1997 2,4 3,1 Fonte: EPT Benevento

Riguardo alla strutturazione dell’offerta di servizi turistici sono disponibili dati a livello comunale e, pertanto, l’analisi si sofferma principalmente sul territorio del Titerno. Si osserva che le attività legate al turismo rappresentano una discreta risorsa: complessivamente,in base ai dati forniti dall’EPT di Benevento (1998), nei dodici comuni interessati sono presenti 5 alberghi e 138 imprese di ristorazione (compresi ristoranti, trattorie, pizzerie, pub ma anche bar e gelaterie) per un totale di 143 esercizi. Occorre peraltro aggiungere la presenza di importanti centri di attrazione turistica in ambiti limitrofi al comprensorio (principalmente Telese Terme). Non a caso, a San Salvatore Telesino è situato uno degli otto alberghi a 4 stelle di tutta la provincia beneventana. Dati più recenti (2001), forniti da un’indagine diretta del GAL Titerno, rilevano sul territorio della Comunità 7 alberghi, mentre le imprese di ristorazione (ristoranti, pizzerie, bar, pub, enoteche) sarebbero complessivamente 159. Secondo i dati della Camera di Commercio di Benevento gli addetti in questo settore sono 17.711, per una dimensione media all’incirca di 1,67 addetti, dato in linea con quello espresso dall’intera provincia (1,74). Soffermando l’attenzione sui cinque esercizi alberghieri, occorre sottolineare che sono localizzati in soli quattro comuni: oltre quello già citato di S. Salvatore Telesino, 2 si trovano a Cerreto Sannita, 1 a Cusano Mutri e 1 a Guardia Sanframondi. Riguardo alla capacità ricettiva, questa è rappresentata da circa 111 posti letto, ossia il 7,6% dell’intera offerta provinciale. A tali strutture vanno aggiunte quelle degli esercizi ricettivi extralberghieri, rappresentati, nel nostro territorio, da un’affittacamere (a Pontelandolfo) con un numero non precisato di posti letto, da un ostello per la gioventù a San Salvatore e da un rifugio localizzato a Cusano Mutri con 12 posti letto.

11 Dati al 31/12/99.

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Ma la sorpresa positiva arriva dalla ricettività in ambiente rurale: la buona qualità delle produzioni agricole ed agroalimentari tipiche, associata alla salubrità dell’ambiente ed alle bellezze naturalistiche e paesaggistiche dei luoghi, hanno alimentato un crescente interesse verso le attività del turismo rurale in genere. Il numero di strutture che svolgono attività agrituristica è crescente su tutto il territorio beneventano e l’area in esame non fa eccezione, sebbene con ritmi di crescita più contenuti: nei dodici comuni l’Ente Provinciale per il Turismo di Benevento ha censito complessivamente 7 strutture che offrono 37 posti letto e 290 coperti, concentrate, tuttavia, in soli 5 comuni. L’attività agrituristica appare particolarmente fiorente a Faicchio dove sorgono tre aziende con 22 posti letto e 120 coperti. A San Salvatore Telesino è situata l’unica azienda che effettua solo attività di ristorazione. Si segnala, a tal proposito, che come per le strutture alberghiere, anche per quelle in ambiente rurale, la recente indagine del GAL ha rilevato dati leggermente diversi; pertanto, per completezza d’informazione, riportiamo nelle tabelle 17 e 17 bis quanto emerso dalle rispettive indagini.

Tab. 17: Strutture ricettive in ambiente rurale Comuni Strutture Posti Letto Coperti Castelvenere 1 2 40 Cerreto Sannita 1 6 40 Cusano Mutri Faicchio 3 22 120 Guardia Sanframondi Pietraroja Ponte Pontelandolfo S. Lorenzello S. Lorenzo Maggiore 1 7 50 S. Lupo S. Salvatore Telesino 1 40 TOTALE COMUNITA' 7 37 290 Fonte: EPT Benevento

Tab. 17 bis: Strutture ricettive in ambiente rurale COMUNI AGRITURISMI Castelvenere 1 Cerreto Sannita 1 Cusano Mutri Faicchio 4 Guardia Sanframondi Pietraroja Ponte Pontelandolfo 1 S. Lorenzello 2 S. Lorenzo Maggiore 1 S. Lupo 1 S. Salvatore Telesino 1 TOTALE COMUNITA' 12 Fonte: Gal Titerno

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I servizi di accoglienza ed informazione turistica nell’Area sono molto carenti, in quanto demandati quasi esclusivamente agli operatori del ricettivo. Le Pro Loco espletano quasi solo attività promozionali, attraverso l’organizzazione di manifestazioni, sagre e feste paesane e, solo in qualche caso, attivano iniziative per la conoscenza delle risorse turistiche del territorio e servizi di animazione occasionali. Per quanto riguarda i privati, non vi sono operatori che si occupino dell’incoming e del ricettivo. Le agenzie di viaggi presenti nell’area sono orientate prevalentemente all’outgoing. Le uniche iniziative significative di informazione e valorizzazione turistica del territorio sono quelle poste in essere dal Gal Titerno e, con molti limiti, dalla Comunità Montana e da alcuni Comuni. Testimonianza di ciò è rappresentata dal fatto che in tutta l’area del Titerno è presente un’unica agenzia di viaggio, sita a Cerreto Sannita. Il vero punto di debolezza è comunque rappresentato dalla insufficiente offerta ricettiva locale, del tutto inadeguata ad ospitare flussi turistici significativi e a strutturarsi come un sistema a rete in grado di proporsi mediante pacchetti turistici e tour operator. Si riportano, di seguito, i dati relativi all’offerta ricettiva nell’Area GAL ed al movimento turistico in Provincia di Benevento.

Numero e classificazione degli Esercizi alberghieri nell’area del GAL Titerno 5 stelle 4 stelle 3 stelle 2 stelle 1 stella totale Cerreto Sannita - - 1 - 1 2 Cusano Mutri ------Faicchio ------Guardia - - 1 - - 1 Sanframondi Pietraroja ------Ponte ------Pontelandolfo ------San Lorenzello ------San Lupo ------S. Salvatore Telesino - 1 - - - 1

TOTALE - 1 2 - 1 4

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Esercizi extralberghieri nell’area del GAL Agriturismo Villaggi Bed & Altro totale Turistici Breakfast Cerreto Sannita 1 - - - 1 Cusano Mutri - 1 - 1* 2 Faicchio 5 - - - 5 Guardia Sanframondi - - - - - Pietraroja - - - - - Ponte - - - - - Pontelandolfo 1 - 1 - 2 San Lorenzello 2 - - - 2 San Lupo 1 - - 1** 2 S. Salvatore Telesino - - - - -

TOTALE 10 1 1 1 14 * Rifugio ** Casa Natura – Fattoria didattica

Movimento Turistico in Provincia di Benevento (Anno 2000) Arrivi Presenze Permanenza media TOTALE ESERCIZI RICETTIVI Italiani 48.215 111.924 2,32 Stranieri 4.792 11.816 2,46 TOTALE 53.007 123.740 2,33

Movimento Turistico nei Comprensori Fortore-Titerno e Valle Telesina (Anno 2000) Arrivi Presenze Permanenza media TOTALE ESERCIZI RICETTIVI Italiani 18.992 51.391 2,70 Stranieri 1.233 3.488 2,83 TOTALE 20.225 54.879 2,71

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Capacità di accoglienza nell’Area del GAL Titerno Tipo di struttura Nominativo e località Capacità ricettiva Livello di ricettiva comfort Camere Letti Alberghi/Hotel “A’ Capuana” 11 21 *** Cerreto Sannita “Maracaibo” 9 17 * Cerreto Sannita “Il Cervillo” 11 22 *** Guardia Sanframondi “Hotel Relax Aquaria Terme” 23 42 **** S. Salvatore Telesino TOTALE 54 102 Altre strutture ricettive 10 Aziende “Barile” – Cerreto Sannita 7 agrituristiche “Arenella” - Faicchio 12 “Marchese” - Faicchio 8 “Torre Nuova di Marafi” - Faicchio 15 “Torre Vecchia di Marafi” - Faicchio 12 “L’Antico Frantoio” - Faicchio 12 “La Ruzzola” - Pontelandolfo 10 “Il Giardino dei Ciliegi” – S. Lorenzello 16 “San Marco” – S. Lorenzello 6 “L’Oliveto” – San Lupo 8 1 Villaggio “Villaggio Calvarusio” – Cusano Mutri 20 Turistico 1 Bed & Breakfast “B&B di Mella 10 1 Rifugio “Tre Faggi” – Cusano Mutri 12 1 Struttura pilota “Casa Natura/Fattoria didattica – S. Lupo 54 TOTALE 202

Quadro riepilogativo Strutture ricettive Numero Letti disponibili Alberghi 4 102 Aziende Agrituristiche 10 106 Villaggi Turistici 1 20 Bed & Breakfast 1 10 Rifugi 1 12 Strutture pilota 1 54 TOTALE 18 304

Come si evince dai dati riportati, la capacità di accoglienza nell’Area Leader è limitata, disponendo di un totale di 304 posti letto. Tuttavia, in assenza di un sistema turistico organizzato, si può supporre che il tasso di riempimento delle camere sia notevolmente al di sotto della media registrata nelle località turistiche affermate. I dati relativi al movimento turistico sono poco significativi, in quanto relativi ad aggregazioni di comprensori che, in quanto tali, comprendono

85 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno molti altri comuni al di fuori dell’Area Leader. Il numero degli arrivi e delle presenze è comunque molto basso. Per avere dal turismo effetti positivi (indotto economico, posti di lavoro ) è necessario far leva su una professionalità ed una imprenditorialità diffusa che producano continuità nei flussi turistici; ma per avere continuità occorre in primo luogo avere ricettività. In ogni caso, in previsione di una valorizzazione turistica del territorio, il sistema ricettivo attuale è sicuramente inadeguato, sia per la limitata capacità ricettiva, sia per lo scarso “appeal” dei modelli ricettivi presenti. Altro dato interessante è quello concernente le attività ricreative presenti sul territorio: il quadro che emerge risulta alquanto eterogeneo.

Tab. 18: Attività ricreative ristoranti, bar, caffè, sale cinema sale strutture COMUNI maneggi pub, pizzerie gelaterie ballo teatro congressi sportive Castelvenere 1 2 1 6 Cerreto Sannita 11 14 6 13 Cusano Mutri 6 7 1 3 Faicchio 11 14 4 Guardia Sanfr. 6 17 6 Pietraroja 2 1 3 Ponte 5 7 4 Pontelandolfo 1 S. Lorenzello 3 5 6 S. Lorenzo Maggiore 4 3 3 S. Lupo 1 3 3 S. Salvatore Telesino 6 9 1 3 TOTALE COMUNITA' 56 82 7 1 1 0 55 Fonte: CCIAA Benevento, EPT Benevento.

L’analisi della tabella precedente, stilata in base ai dati forniti dall’Ufficio del Commercio Comunale e Provinciale (1998), Coni (1997), E.P.T di Benevento (1998), SEAT (1999) evidenzia la presenza di una discreta concentrazione in ambiti territoriali ben definiti. Se centri sportivi (comprendendo in questa categoria campi di calcio e calcetto, campi da tennis, palestre, piscine e bocciodromi) si ritrovano in misura variabile in tutte le località, bar, caffè e ristoranti pizzerie appaiono concentrate soprattutto a Faicchio e Cerreto Sannita. L’unica sala congressi dell’area è localizzata a S. Salvatore Telesino, così come l’unico cinema/teatro rilevato si trova nel comune di Cusano Mutri (ma gran parte dei comuni gravita intorno alla sala presente a Telese Terme). Interessante appare, pure, un’analisi riguardante le strutture sportive presenti sul territorio: a tal proposito, dati recenti (GAL Titerno, 2001) una buona presenza e distribuzione sul territorio di palestre, campi di calcio, calcetto e tennis, mente scarso è il numero di piscine (solo tre a

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Castelvenere, Pontelandolfo e S. Lorenzo Maggiore) e campi di pallacanestro. Bocciodromi sono presenti in circa metà dei comuni.

Tab. 19: Strutture sportive

COMUNI odromo tiro a calcio tennis palla a piscina pista di calcetto palestra piattello canestro campo di campo di campo di tiro a volo pista da sci palla a volo pattinaggio bocci CASTELVENERE 2 1 1 1 1 1 CERRETO SANNITA 2 2 2 1 1 3 1 2 2 CUSANO MUTRI 2 2 1 2 2 1 FAICCHIO 1 1 1 2 GUARDIA SANFRAMONDI 4 1 2 1 PIETRAROJA 1 1 1 1 PONTE 1 1 1 2 1 PONTELANDOLFO 4 1 1 1 1 1 1 SAN LORENZELLO 1 1 2 1 1 1 SAN LORENZO MAGGIORE 1 1 1 1 1 1 1 SAN LUPO 1 1 1 SAN SALVATORE TELESINO 3 1 1 1 TOTALE COMUNITA' 22 3 14 12 16 1 10 2 4 3 1 1 Fonte CONI Benevento (2001) Una rilevazione dei flussi nei musei e nelle aree di interesse archeologico del territorio in esame, risulta molto delicata perché, fatte salve rare eccezioni, presso le strutture non si staccano biglietti male presenze vengono raccolte con firme volontarie su appositi registri posti all’interno di ogni museo. I flussi rilevati sono quindi solo quelli delle comitive e dei gruppi scolastici, per cui i dati trasmessi dai vari comuni sono valori medi approssimati per difetto. È Cerreto Sannita il comune dove sono localizzati due dei principali luoghi di attrazione turistico/culturale: il museo della Ceramica (circa 10.000 visitatori l’anno) e il Museo di Arte Sacra. Ma siti di interesse archeologico e storico-culturale, sono localizzati un po’ in tutti i comuni dell’area: l’acquedotto romano di Faicchio, l’antica Telesia, la Torre del Castrum Cubani ed i tanti edifici di varia epoca e stile di sicuro interesse architettonico. In sintesi, il territorio è in grado di esercitare una significativa attrazione considerando alcune indiscutibili vocazioni che alimentano flussi turistici a carattere tematico ma che, soprattutto, caratterizzano il profilo di un’offerta territoriale ampia e diversificata.

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9. Analisi SWOT

La diagnosi fondata sulla individuazione ed interpretazione dei punti di forza e debolezza che sono presenti in un determinato sistema territoriale e delle opportunità e minacce cui esso deve far fronte è diventata una tecnica ormai usuale anche per costruire le politiche di sviluppo dei sistemi locali. Di seguito si propone un modello di lettura ed interpretazione degli SWOT territoriali prendendo in esame distintamente alcune famiglie di fattori competitivi. L’analisi presenta inoltre momenti di raffronto con la situazione rilevata nel comprensorio provinciale e regionale al fine di verificare il posizionamento relativo e le performances della Comunità Montana rispetto al contesto geografico territoriale nel quale la stessa è inserita.

9.1 I principali punti di forza e di debolezza dell’area All’analisi dei dati esposti non può sfuggire una breve riflessione sul contesto in cui è maturata l’attuale struttura che delinea il profilo socio- economico dell’area. Si tratta, per molti aspetti, di uno scenario i cui elementi essenziali si sono consolidati nel tempo e sono in parte il frutto di precise scelte di gestione politica del territorio (gran parte delle quali determinate a livello extra-locale, ma assecondate dalla classe politica e dalle forze sociali ed economiche attive nel territorio) che, negli anni passati, hanno preteso di individuare in un improbabile sviluppo in chiave industriale la strada da seguire. Di fatto, all’abbandono generalizzato delle campagne non ha fatto seguito l’adozione di alcun modello di sviluppo basato sulla valorizzazione integrata delle risorse endogene e tale circostanza ha contribuito in modo determinante a definire l’attuale fisionomia della struttura socio-economica dell’area. Soprattutto, gli incalzanti mutamenti che lo scenario ha proposto, nel corso degli anni (e ci riferiamo, in particolare, all’innovazione tecnologica, ai mutamenti degli stili di vita e delle abitudini di consumo “urbane”, ed alla dimensione globale della competizione) sono stati subìti passivamente, laddove altri territori rurali sono stati in grado di dominare tali circostanze e di manovrarle sapientemente fino a delineare una posizione competitiva del sistema territoriale particolarmente attrattiva in base alle specifiche vocazioni espresse dall’area. Dall’indagine sviluppata su alcuni indicatori della struttura demografica, sociale, economico-produttiva e territoriale, emergono alcuni elementi particolarmente critici ed in grado di condizionare negativamente le future prospettive di sviluppo. A tali fattori, che determinano una posizione di

88 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno estrema marginalità del territorio rispetto al contesto regionale, si contrappone l’esistenza di elementi potenzialmente suscettibili di alimentare un nuovo percorso di sviluppo basato sulla valorizzazione delle risorse (attuali e potenziali) endogene. Il successo delle politiche che, ai vari livelli istituzionali, vengono adottate per promuovere lo sviluppo dell’area, poggia sulla capacità di individuare e rimuovere i vincoli allo sviluppo (punti di debolezza) rafforzando e valorizzando le situazioni di particolare pregio (punti di forza) allo scopo di affrontare le opportunità e le minacce che lo scenario globale propone. Per facilitare la lettura dell’analisi, gli SWOT territoriali sono stati raggruppati in tre principali categorie: la prima riguarda i punti (in particolare, quelli di debolezza) esogeni alla struttura imprenditoriale locale, che rappresentano dei fattori oggettivamente di difficilmente manovrabilità da parte degli operatori economici locali; la seconda riguarda invece gli aspetti direttamente connessi alle strategie adottate dagli operatori istituzionali ed economici; la terza, infine, legata da un rapporto di causa-effetto con le prime due, raggruppa alcuni aspetti di natura socio- demografica.

9.1.1 Punti di debolezza Fattori esterni al sistema imprenditoriale: come detto, si tratta di diseconomie esterne al “sistema-impresa”, che influenzano in termini negativi le strategie adottate dagli operatori economici e sui livelli competitivi globalmente espressi dal territorio indagato: - aspetti localizzativi: è indubitabile che la localizzazione di un’area rappresenta, in genere, uno degli elementi in grado di aumentarne gli indici di attrattività rispetto al contesto relazionale nel quale la stessa è inserita. Nel nostro caso, senza dover spendere molte parole a proposito dello squilibrio territoriale che da sempre caratterizza l’organizzazione delle risorse infrastrutturali nella Campania, si rileva una marginalità “geografica” del territorio rispetto alle aree maggiormente attive dal punto di vista economico-produttivo. Nell’allegato al POR Campania, peraltro, in sede di descrizione delle caratteristiche dei territori ricompresi nel “Sistema rurale a forte integrazione ambientale” (tra cui ricade anche il territorio della Comunità Montana) si afferma che “…nei sistemi rurali a forte integrazione ambientale ve ne sono altri [aspetti negativi] che riguardano la specificità del contesto territoriale in cui esse sono inserite. Si fa riferimento in modo particolare alla lontananza dai mercati di sbocco dei prodotti, che comporta costi addizionali in termini di trasporto, ed alla dispersione delle imprese sul territorio…” ed ancora: “…le caratteristiche produttive di quest’area sono fortemente condizionate dall’ambiente fisico…”; - morfologia ed orografia a tratti accidentata rappresenta vincoli allo sviluppo soprattutto per le aziende del comparto primario;

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- carenze infrastrutturali, che si rifletteono sia sulla qualità della vita delle popolazioni rurali, sia sulla competitività delle imprese. A tal proposito, un recente studio12, nell’indagare sulle dotazioni infrastrutturali della intera provincia di Benevento, evidenzia come queste si presentino estremamente sotto-dimensionate rispetto alle effettive esigenze del territorio, tanto che la provincia si presenta all’ultimo posto in regione ed al 97° posto (su 103) nella graduatoria nazionale stilata in base all’indice di “dotazione infrastrutturale”. Risultano particolarmente carenti le dotazioni di servizi alle imprese13, di strade ed autostrade14 e di impianti elettrici15. Viene inoltre rilevata l’inaccessibilità a determinate categorie di servizi ed infrastrutture (porti, aeroporti, reti ferroviarie, ecc.). Se si tiene conto del fatto che tali valutazioni sono espresse a livello provinciale, ove, oltre al comune capoluogo, esistono ampie zone meglio dotate o contraddistinte da elementi di maggiore accessibilità rispetto a servizi offerti da territori extra-provinciali, si può intuire quale sia l’effettivo livello di dotazioni infrastrutturali del comprensorio. Da questo punto di vista emergono due riflessioni: la prima riguarda le condizioni di disagio che gli operatori economici si trovano ad affrontare nell’ambito della competizione spinta a livelli globali; la seconda si riferisce al livello di dipendenza dall’esterno dell’intero sistema territoriale; Fattori critici del sistema delle imprese: si tratta di elementi di debolezza largamente diffusi sul territorio e che agiscono, in un rapporto di causa-effetto, sulle scelte degli operatori economici e sulle strategie competitive da essi adottate. Si tratta di aspetti che afferiscono alla struttura economica ed organizzativa delle imprese. In particolare, i più rilevanti appaiono: - il profilo tecnologico ed organizzativo delle aziende agricole e della trasformazione agroalimentare presenta caratteri di arretratezza. Non ci riferiamo solo all’aspetto prettamente tecnico-produttivo, ma anche all’adozione di strategie competitive di tipo passivo, poco aperte all’innovazione ed a nuove tecniche di approccio commerciale ai mercati. La scarsa propensione verso l’adozione di tecnologie innovative si coniuga alla incapacità di investire in nuovi prodotti e nuovi mercati: gli strumenti e le tecniche del marketing non vengono governati dal management locale, la cui pigrizia imprenditoriale (salvo, ovviamente, casi isolati, che hanno determinato un concreto sviluppo in alcuni comparti produttivi quali, ad esempio, quello vitivinicolo) è generata dalla persistenza di modelli culturali di gestione aziendale arcaici, ed alimentata da aspettative legate alle politiche assistenziali. Tali aspetti

12 “Progetto POLOS II Benevento”, a cura della CCIAA di Benevento e realizzato dall’Istituto G. Tagliacarne – Benevento, marzo 2000. 13 Tale indice, fatta pari a 100 la media nazionale, assume un valore di 29,4 punti. 14 Valore provinciale: 35,4 punti. 15 Valore provinciale: 43,4 punti.

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si riflettono negativamente sulla capacità produttiva delle aziende, sulla standardizzazione dei livelli qualitativi e sull’efficienza di processo; - l’elevata parcellizzazione e frammentazione fondiaria. Sebbene tale aspetto assuma, nel territorio in esame, dimensioni di minor gravità rispetto ad altre aree rurali della regione, tuttavia, anche in considerazione delle esternalità negative ricordate in precedenza e dei sistemi di produzione comunemente diffusi, rappresenta un elemento critico nella determinazione delle performances aziendali e nelle dimensioni reddituali ed economiche delle attività d’impresa. Peraltro, tale elemento critico non esaurisce i suoi effetti negativi nell’impossibilità di gestire i fattori produttivi secondo criteri di economicità, ma vincola lo sviluppo anche in relazione alla scarsa possibilità di accumulare risorse finanziarie da investire. Inoltre, non consente ai singoli di raggiungere una capacità produttiva in grado di assicurare il confronto competitivo, anche su mercati extralocali, disponendo di una “massa critica” di produzione sufficiente. Tale situazione è particolarmente diffusa nel settore agricolo, ma si riscontra anche negli altri settori produttivi e dei servizi; - scarsa integrazione tra le attività produttive, con particolare riferimento a quelle agricole e del turismo rurale. I concetti di integrazione verticale (o, meglio, la capacità ad articolare ed integrare i fattori e le risorse che si muovono lungo le filiere produttive) ed integrazione orizzontale (sviluppo di sinergie tra comparti “contigui”) trovano nell’area scarsa eco. Tutto ciò produce effetti negativi sia sui sistemi di qualità totale delle produzioni, sia sulla competitività delle singole imprese e del sistema produttivo locale nel suo complesso; - una ridotta inclinazione agli scambi con l’esterno. E’ stato di recente rilevato16 che le esportazioni dell’intera provincia di Benevento, in valore assoluto, non superano gli 85 miliardi di lire17. La propensione all’export dell’intera provincia si attesta sul valore dell’1,5% del Pil18 (contro il 9,2% della Campania ed il 22,5% su scala nazionale). Dati ufficiali disaggregati a livello locale sono indisponibili, ma, considerando il profilo medio delle imprese locali, vi è da ritenere che la situazione non sia diversa; - il profilo medio delle imprese locali è caratterizzato, inoltre, da una sotto-capitalizzazione e da una struttura finanziaria debole. Tale circostanza contribuisce ancor più a ridurre la propensione all’investimento degli imprenditori locali. Di conseguenza i livelli di indebitamento nei confronti del sistema bancario si assestano su valori mediamente alti;

16 Cfr CCIAA Benevento, Ist. G. Tagliacarne, op. cit., nel quale sono esposti dati del rapporto ICE Istat al 1997. Più recenti dati Istat, riferiti al primo semestre 1999, confermano tendenzialmente tali valori. 17 Per apprezzare meglio il dato, lo si paragoni al valore delle esportazioni della vicina provincia di Avellino (peraltro, non estremamente brillante): 1.240 miliardi. 18 Fonte: elaborazioni Ist. G. Tagliacarne su dati Rapporto ICE Istat.

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- bassi livelli di redditività aziendale. Gli indicatori economici analizzati segnalano una bassa redditività delle attività produttive, specie nel settore agricolo, nel quale gli addetti devono necessariamente integrare il reddito familiare con fonti alternative, e che si traduce in un ridotto Pil pro-capite. Tale circostanza contribuisce a produrre effetti negativi a catena, riducendo, in particolare, la propensione all’investimento e l’attrattività dell’intero sistema economico territoriale sia nei confronti di investitori extra-locali sia, soprattutto, nei confronti delle fasce più giovanili della popolazione locale; - ridotta capacità produttiva dell’agro-industria in rapporto alla produzione agricola. Ne consegue che il prodotto agricolo locale non viene trasformato e valorizzato in loco, con conseguente riduzione del valore aggiunto e dipendenza del settore agricolo dall’esterno; - gli indirizzi di sviluppo finora percorsi non hanno inoltre sostenuto la valorizzazione dell'artigianato locale che vive un processo di lenta ma inesorabile estinzione e che invece potrebbe costituire un importante fattore di stimolo e di integrazione dell'economia locale, né hanno orientato gli operatori locali ad avviare iniziative significative nel campo del turismo rurale che, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo presenta un’offerta del tutto insufficiente rispetto alle potenzialità del territorio. - la scadente qualità del sistema creditizio nel suo complesso, che si traduce, oltre che nei dannosi effetti elencati nel precedente punto, in un approccio al mercato assolutamente obsoleto e non adeguato a rispondere alle esigenze della clientela. Commissioni sui servizi bancari eccessivamente al di sopra delle medie rilevate nelle regioni del Nord; scarsa apertura verso l’utilizzo dei nuovi strumenti agevolativi in favore delle imprese; onerosità delle garanzie richieste; tempi eccessivamente dilatati per l’accesso al credito ordinario; scarsa diversificazione dell’offerta di servizi creditizi: sono alcuni degli aspetti mediamente rilevati nel comprensorio, ma diffusi in tutte le regioni del Mezzogiorno, che contribuiscono ad ostacolare la competitività delle imprese locali e disincentivano gli imprenditori ad affrontare nuovi investimenti. Fattori critici del sistema sociale e territoriale: si tratta di elementi che caratterizzano il sistema sociale ed economico del territorio, risultato della storia (anche economica) più o meno recente, dell’evoluzione demografica, delle politiche finora adottate, della cultura e delle tradizioni locali. I primi che prenderemo in considerazione riguardano la struttura demografica il cui profilo ha assunto connotati preoccupanti: - nel territorio si riscontrano tassi di invecchiamento molto elevati, di gran lunga superiori alle medie regionali, ma anche alle medie rilevabili in altre Comunità Montane. Il dato preoccupante è che tali indici assumono dimensioni sempre crescenti nel corso del tempo: dal raffronto con la situazione rilevata in sede censuaria emerge un netto peggioramento, che aggrava ancor più i tratti del profilo demografico

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dell’area, soprattutto per gli effetti che inevitabilmente si produrranno nel medio-lungo periodo. Tale circostanza prefigura uno scenario di forte squilibrio sociale e l’incapacità del territorio di rinnovare una risorsa indispensabile: quella umana. L’impoverimento demografico rappresenta uno dei principali punti di debolezza non solo nello scenario attuale, ma, soprattutto, in visione prospettica, giacché la fisionomia del sistema economico locale poggerà su una struttura ben più fragile di quella odierna nella quale l’indice di dipendenza assumerà valori insostenibili; - analogamente, si rileva un elevato indice di dipendenza, che si traduce in un limitato livello di reddito disponibile pro-capite; - il deficit di servizi alla popolazione. Tale aspetto non si limita ad incidere negativamente sulla qualità della vita dei residenti, ma ostacola anche lo sviluppo delle attività turistico-ricettive poiché gli utenti provenienti da aree esterne richiedono servizi di livello adeguato a quello al quale sono abituati nelle zone di provenienza; - in misura correlata alla struttura demografica, ma anche in relazione alla incapacità dell’economia locale di assorbire nuova manodopera, si rileva un mancato ricambio generazionale nei settori tradizionalmente più rappresentativi, con particolare riferimento al settore agricolo ed a quello delle lavorazioni artigianali a contenuto artistico. Di conseguenza, le strategie competitive sono in genere allineate a modelli obsoleti di conduzione aziendale; - l’approccio individualistico cui è ispirata la cultura imprenditoriale degli operatori locali, poco incline alla gestione associata dei fattori produttivi, di singole fasi di processo o di attività volte alla promozione ed alla valorizzazione commerciale dei prodotti; - bassa qualità delle risorse umane (intesa, da un lato, come incapacità di adeguare i comportamenti competitivi attraverso l’adozione di strategie aziendali innovative e marketing oriented; dall’altro come inadeguati livelli formativi mediamente rilevati sul territorio); - infine, nel territorio si registrano elevati livelli di disoccupazione, particolarmente preoccupanti non solo nelle dimensioni assolute, ma anche perché la dinamica del mercato del lavoro fa registrare bilanci sempre più negativi, coinvolgendo soprattutto i giovani e le persone con titolo di studio. Gli elevati livelli di disoccupazione rappresentano uno dei principali punti di debolezza del territorio sebbene, ad una prima lettura statistica, presentino carattere di minor drammaticità rispetto ad altre aree della regione.19

19 Occorre ricordare, tuttavia, che le rilevazioni statistiche vengono effettuate rispetto al totale delle forze lavoro presenti, e dunque anche su quelle fasce di popolazione in età lavorativa le cui dimensioni, per i motivi esposti in sede di indagine socio-demografica, sono piuttosto ridotte rispetto alle medie rilevabili nella regione. Di conseguenza, indici di disoccupazione inferiori alle medie regionali, in contesti socio-demografici strutturalmente simili a quelli descritti, non esprimono una reale capacità di assorbimento della manodopera da parte del sistema economico locale: più semplicemente, l’emigrazione

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9.1.2 Punti di forza Il patrimonio di risorse ambientali, paesaggistiche ed artistiche rappresenta uno dei principali punti di forza del territorio. L’isolamento che ha contrassegnato l’evoluzione storica, soprattutto nella sua storia più recente e con particolare riferimento alle aree più montane, se ha prodotto effetti estremamente negativi per l’economia locale, ha contribuito tuttavia a preservarlo da fenomeni di intensa urbanizzazione. Le stesse attività produttive, con particolare riferimento a quelle agricole ed agroindustriali, danno origine ad una produzione di livello qualitativo medio-elevato, in alcuni casi oggetto di riconoscimento comunitario attraverso la denominazione d’origine. E’ tuttavia vero che tale potenziale di risorse e la ricchezza che in prospettiva può scaturirne, nella gran parte dei casi, è sottostimato dagli stessi residenti. In sintesi, i più rilevanti punti di forza sono: - aspetti localizzativi: con particolare riferimento al settore meridionale della Comunità Montana, il territorio è ben collegato, attraverso un buon sistema viario, con il comune capoluogo e con alcuni bacini di domanda particolarmente interessanti sia per il settore turistico che per quello delle produzioni agricole ed agroalimentari; - aspetti infrastrutturali: se, in generale, il livello di infrastrutturazione rappresenta un vincolo allo sviluppo, sotto alcuni aspetti, e soprattutto in via prospettica, si deve tener conto che l’area presenta un discreto livello di infrastrutture: ci riferiamo, in particolare, alla disponibilità di aree già destinate ad insediamenti produttivi e di altre idonee allo scopo. Alcune aree P.I.P, peraltro, sono già parzialmente infrastrutturate sebbene dislocate in modo non equilibrato tra i vari settori del comprensorio. La disponibilità di superfici, anche se in parte ancora da infrastrutturare, può rappresentare, peraltro, un buon elemento di attrazione nei confronti di piccoli e medi imprenditori delle aree più congestionate della regione, che potrebbero trovare nel territorio del Titerno significativi vantaggi in

(anche temporanea) che coinvolge le fasce più giovani ed acculturate della popolazione sottrae al calcolo statistico una consistente fetta di unità in età lavorativa. E’ tuttavia indispensabile approfondire l’analisi dei dati statistici rilevati, poiché occorre tener conto della struttura demografica nella quale gli stessi sono rilevati. Difatti, come noto, secondo la definizione Istat il tasso di disoccupazione esprime il rapporto percentuale tra i disoccupati e le forze lavoro, ossia vengono considerate solo un sottogruppo delle persone in cerca di occupazione e, precisamente, le persone in età lavorativa che hanno perduto una precedente occupazione alle dipendenze per licenziamento, fine del lavoro a tempo determinato o dimissioni. Non sono invece considerate le persone in cerca di prima occupazione né quelle che hanno esercitato in proprio un’attività lavorativa successivamente cessata. Di conseguenza, in questa sede, nell’individuare il tasso di disoccupazione si è inteso tale termine nella sua accezione più ampia, che tiene conto sia dei disoccupati tout-court che delle persone in cerca di prima occupazione.

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ordine alla localizzazione, ai costi di insediamento più contenuti ed alle migliori condizioni di sicurezza ed ordine pubblico; - collegamenti viari con l’esterno: Se il livello della rete stradale interna secondaria è inadeguato, come già accennato in precedenza, le comunicazioni con l’esterno sono agevolate da una rete stradale di buon livello, (Asse di collegamento Benevento-Caianello e Fondo Valle Isclero); - disponibilità di risorse umane con particolare riferimento alla popolazione attualmente rientrante nell’area della disoccupazione intellettuale, che valida la proposta di orientare lo sviluppo anche sulla base del sostegno ai settori a tecnologia avanzata, della ricerca e della formazione; - bassi tassi di criminalità. Nonostante la vicinanza con aree ad elevata densità criminale (Basso Casertano, conurbazione napoletana), ed elevati indici di disoccupazione, il territorio non appare prestare il fianco a fenomeni di infiltrazioni malavitose da parte della criminalità organizzata né al diffondersi di fenomeni di microcriminalità; - risorse ambientali-naturalistiche: in termini generali, l’area presenta bassi indici di antropizzazione e, di conseguenza, l’ambiente ed il paesaggio risultano ben conservati, soprattutto nelle aree montane. Occorre inoltre ricordare che parte del territorio è ricompreso entro il perimetro del Parco Regionale del Matese. Tale circostanza consente di ipotizzare nel prossimo futuro la possibilità di attivare flussi turistici tematici legati alle attrattive ambientali e naturalistiche; - produzione tipica agricola ed agroalimentare. Il sistema produttivo locale offre prodotti tipici di particolare pregio. Tra le produzioni agricole ed agroalimentari un discorso a parte meritano le produzioni vitivinicole ed olivicole. La produzione vitivinicola è particolarmente apprezzata, con specifico riferimento alle produzioni riconosciute con marchio D.O.C. E’ inoltre interessante la presenza di cantine sociali che rilevano una buona diffusione del movimento associazionistico sul territorio. Riguardo alla produzione olivicola, l’offerta di prodotto pregiato consente di guardare con fiducia al prossimo futuro se si riuscirà ad organizzare meglio la filiera produttiva ed il raccordo tra i produttori ed i trasformatori. Di notevole rilievo anche le produzioni del settore zootecnico, sia lungo la filiera lattiero-casearia che riguardo agli allevamenti da carne. Infine, la produzione del sottobosco contribuisce ad ampliare la gamma dell’offerta ed a connotarla ulteriormente con i tratti della tipicità territoriale. - Presenza di attività artigianali di qualità: ci riferiamo, in particolare, alle pregiate lavorazioni della ceramica e della terracotta (in particolare a Cerreto Sannita) ed alle lavorazioni dei tessuti, arazzi e tappeti (Pontelandolfo). Diffusa anche la lavorazione della pietra e del marmo; - risorse artistiche ed architettoniche: i centri rurali del comprensorio conservano testimonianze architettoniche di pregio del periodo pre-

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sannitico e medievale, ma anche della cultura e delle tradizioni contadine; - risorse culturali e folkloristiche Rappresentano non solo un momento di animazione ed aggregazione sociale ma anche, in alcuni casi, eventi di richiamo turistico attraverso i quali viene diffusa l’immagine delle tradizioni e della cultura locale nonché delle produzioni agroalimentari ed artigianali locali;

In definitiva, dall’analisi emerge che, nonostante nel suo complesso il sistema economico presenti una fragilità strutturale che influisce soprattutto in prospettiva, sulla mancanza di solide prospettive di lavoro e sulla scarsa forza competitiva che il territorio è in grado di esercitare rispetto alle aree regionali ed extraregionali maggiormente attrattive, sono presenti discrete potenzialità che, opportunamente valorizzate e “messe in rete” possono rappresentare solide basi per un nuovo percorso di sviluppo economico del territorio. La debolezza strutturale delle aziende, le ridotte dimensioni unitarie medie e l’incapacità di gestire in forma associata iniziative volte a costituire una massa critica di produzione che renda economicamente conveniente l’implementazione di strategie volte ad aggredire i mercati extralocali, rappresentano altrettanti elementi su cui è indispensabile lavorare per dar forza e competitività all’intero sistema economico locale. Del resto, la recente storia e episodici tentativi di organizzare, sia pure in forma embrionale e probabilmente inconsapevole, iniziative di integrazione di tipo verticale o orizzontale (si pensi, ad esempio, alle iniziative sviluppate nel settore vitivinicolo, o le meno fortunate iniziative promosse nel campo olivicolo), segnalano la presenza di nuove capacità imprenditoriali maggiormente aperte alle nuove sfide della competizione globale e sensibili alle tematiche attinenti l’innovazione nel campo dell’organizzazione aziendale ed in quello della adozione di consolidati strumenti (innovativi se riferiti al territorio) di promozione e commercializzazione.

9.2 Le minacce e le opportunità L’insieme dei punti di forza e di debolezza appena enunciati definisce il quadro delle variabili su cui il piano di sviluppo socio-economico deve intervenire allo scopo di fronteggiare alcuni elementi particolarmente critici dello scenario in cui è inserito il contesto territoriale indagato. In altre parole, alcuni fattori esogeni al territorio determinano una serie di opportunità e minacce al processo di sviluppo. La capacità di adattarsi alle mutazioni dello scenario dipende dalla consapevolezza, da un lato, dei limiti strutturali in cui si dibatte l’economia locale, nonché delle problematiche socio-demografiche che ne caratterizzano il profilo, e, dall’altro, delle

96 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno potenzialità, ancorché inespresse, rappresentate dalle risorse produttive, ambientali e socio-culturali dell’area. Tali fattori possono essere così sintetizzati: Opportunità - Forte crescita della domanda di beni ambientali, che ha portato ad un aumento dei flussi turistici verso le aree a maggiore “naturalità” e dei flussi agrituristici. - Forte crescita dei consumi di prodotti ad elevata connotazione di tipicità. Tale crescita è spinta da una sempre più diffusa attenzione rispetto alle caratteristiche qualitative delle produzioni agroalimentari, che, anche grazie ad una maggiore informazione tra i consumatori e ad una maggiore disponibilità di reddito, determina un aumento della domanda di prodotti di nicchia al cui interno si vanno a collocare i prodotti tipici. Minacce - Riduzione del sostegno alle produzioni da parte della Politica Agricola Comunitaria. - La globalizzazione dei mercati con conseguente allargamento della competizione spinta anche da parte di prodotti sostitutivi e a basso costo.

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10. I profili territoriali

Analizzando le variabili territoriali ed i principali indicatori socio- demografici ed economici su scala comunale, emergono con evidenza elementi di disomogeneità che delineano profili territoriali i cui tratti non appaiono uniformi. In sostanza, è possibile individuare, all’interno della Comunità Montana, macro-settori territoriali ognuno dei quali connotato da un ben definito profilo. Di conseguenza, il piano di sviluppo deve proporre interventi mirati e diversificati che tengano conto:

· del diverso grado di infrastrutturazione del territorio;

· delle caratteristiche geografiche, ambientali e morfologiche;

· delle dinamiche socio-demografiche in atto;

· delle vocazioni economico-produttive. Lo scopo di quest’ulteriore approfondimento analitico è principalmente quello di definire con un maggior livello di coerenza logica il pacchetto di iniziative che si intende attuare, rendendo maggiormente efficace il piano nella sua fase attuativa, razionalizzando e concentrando gli interventi in funzione delle specifiche esigenze che si manifestano nei singoli ambiti del comprensorio al fine di non disperdere le risorse disponibili. L’individuazione dei macrosettori territoriali omogenei è stata effettuata sulla base dell’analisi delle seguenti categorie di variabili: · Variabili territoriali: altitudine e morfologia; collegamenti viari; · Variabili socio-demografiche: variazione della popolazione nel periodo 1991-1999; indice di invecchiamento; indice di dipendenza; · Variabili socio-economiche e produttive: Indici di disoccupazione e inoccupazione; attivi nei comparti economici; utilizzazione dei terreni, redditività delle aziende agricole. A questo gruppo di variabili oggettivamente valutabili sono inoltre stati associati altri elementi valutativi, relativi all’ ”osservazione” sul campo della presenza, o meno, di particolari risorse di natura ambientale, paesaggistica, storico-culturale e produttiva (presenza di prodotti con marchio riconosciuto, strutturazione di percorsi di filiera, turismo tematico, ecc.). L’analisi effettuata ha consentito di individuare, per ogni gruppo “tematico” di variabili, differenti profili territoriali.

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Aspetti morfologici e infrastrutturali Dal punto di vista prettamente territoriale il comprensorio della Comunità Montana può essere suddiviso in tre fasce connotate da elevati elementi di omogeneità interna. 1. La prima è rappresentata dai comuni più montani posti nell’area settentrionale del comprensorio. Le caratteristiche morfologiche e localizzative producono una serie di effetti sia sull’accessibilità complessiva dei comuni interessati, sia sul tipo di orientamenti produttivi, sia sul grado di infrastrutturazione e sulla dotazione di servizi. Ne risultano penalizzati sia gli operatori economici del territorio sia, più in generale, la popolazione locale che non riesce a soddisfare in loco la domanda di servizi a volte essenziali. Un aspetto positivo, potenzialmente rilevante ai fini della promozione e valorizzazione delle risorse locali, in parte diretta conseguenza della condizione di isolamento cui si faceva cenno, è rappresentata dall’integrità ambientale e dallo stato di conservazione dell’area, le cui particolari attrattive naturalistiche hanno determinato, tra l’altro, l’inclusione di ampie fasce di territorio (precisamente quelle del settore nord-occidentale) all’interno del perimetro del Parco Regionale del Matese. I comuni ricompresi in detta fascia sono: Cusano Mutri e Pietraroja. 2. La seconda fascia è rappresentata dalle aree collinari mediane del comprensorio, nelle quali le condizioni geomorfologiche sono piuttosto varie e favoriscono la diversificazione delle attività produttive nel comparto agricolo. In tale fascia ricade il comune di Cerreto, storicamente punto nodale delle attività culturali, commerciali ed amministrative del territorio. I comuni ricompresi in detta fascia sono: Cerreto Sannita, S. Lorenzello, Guardia Sanframondi, Pontelandolfo, S. Lupo. 3. La terza fascia è infine rappresentata dalle aree lambite dai fiumi Volturno e Calore. Quest’area è senza dubbio la più dinamica non solo per le favorevoli condizioni morfologiche e la ridotta acclività dei terreni, ma anche per il buon livello di infrastrutturazione complessiva. E’ difatti attraversata da importanti assi di collegamento viario e ferroviario e presenta una discreta concentrazione di servizi pubblici e privati. Si rileva inoltre un buon livello di diversificazione delle attività produttive e la presenza di alcuni insediamenti industriali. Appartengono a tale sub-comprensorio: Faicchio, S. Salvatore Telesino, S. Lorenzo Maggiore, Castelvenere e Ponte.

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Aspetti socio-demografici L’analisi dei dati, con particolare riferimento alla più recente dinamica (1991-1998), individua la presenza di tre fasce territoriali al loro interno piuttosto omogenee: 1. aree soggette a grave impoverimento demografico. In tale ambito ricadono i comuni nei quali si verificano almeno due delle condizioni sottoindicate: - il trend demografico presenta valori negativi, superiori, in termini assoluto alla già negativa media rilevata nel comprensorio; - l'indice di invecchiamento presenta scostamenti abnormi (superiori di oltre 5 punti percentuali alla media della Comunità, pari al 135,2%); - l'indice di dipendenza è superiore di almeno 2,5 punti percentuali alla media rilevata nel comprensorio (pari al 60,9%). Rientrano in tale ambito i comuni di: Pietraroja, Pontelandolfo, e S. Lorenzo Maggiore, S. Lupo. 2. Sistema socio-demografico dinamico.20 In tale ambito ricadono i comuni nei quali sono verificate almeno due delle seguenti condizioni: - il trend demografico presenta incrementi positivi; - l'indice di invecchiamento presenta valori inferiori a quelli medi di oltre 5 punti percentuali; - l'indice di dipendenza è inferiore alla media del comprensorio di almeno 2,5 punti percentuali. Si tratta dei seguenti comuni: Castelvenere, Cusano Mutri, Ponte e S. Salvatore Telesino. 3. Sistema socio-demografico stabile. Sono compresi in tale ambito le aree non ricompresse nelle precedenti classificazioni, e che, pertanto, possiamo definire “mediane”, rispetto al profilo socio-demografico complessivo. Si tratta dei seguenti comuni: Cerreto Sannita, Guardia Sanframondi, S. Lorenzello, Faicchio.. Dal punto di vista geografico si osserva che la distribuzione dei comuni nei vari raggruppamenti individuati non risponde, in apparenza, ad alcuna logica relativa alla geo-morfologia dei territori o al grado di infrastrutturazione. Difatti, alcuni comuni posti nelle aree a ridosso del settore vallivo (aree pedemontane, meglio infrastrutturate) registrano gravi problemi in ordine all’impoverimento demografico (ad esempio: S. Lorenzo Maggiore), mentre a Cusano Mutri si registra un trend relativamente positivo.

20 Naturalmente “dinamico” in relazione al contesto territoriale di riferimento

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Osservando con attenzione, sembra tuttavia che l’area montana maggiormente a ridosso dei Colli del Tammaro presenti situazioni mediamente più preoccupanti rispetto al resto del territorio.

Aspetti economico-produttivi Sono stati presi in considerazione i seguenti aspetti: - vocazioni e struttura produttiva agricole; - tematismi turistici; - trama della rete di PMI manifatturiere e della trasformazione agroalimentare. A tali aspetti sono stati affiancati altri, rappresentati dall’analisi di alcuni indicatori della struttura economico-produttiva: Pil-procapite, PLV/SAU, indici di disoccupazione; Tale approccio consente di individuare la presenza di specifiche vocazioni produttive, già in qualche misura espresse dai singoli ambiti territoriali, e di descrivere il profilo socio-economico del territorio. A. Agricoltura. Analizzando il profilo del settore agricolo, con particolare riferimento agli ordinamenti produttivi prevalenti ed alle tecniche colturali adottate, si segnala la presenza di tre aree ben distinte. - L’area settentrionale del comprensorio è caratterizzata dalla prevalenza di un’agricoltura di tipo estensivo con ampie aree boschive, prati e pascoli. Prevale la zootecnia (bovini da latte e ovini, principalmente) condotta con tradizionali sistemi di allevamento non stabulari. Le dimensioni medie degli allevamenti sono particolarmente ridotte. In tale ambito, la redditività delle aziende agricole è mediamente inferiore a quella rilevata nel comprensorio. Si evidenzia, inoltre, una specifica vocazione produttiva nei segmenti dei prodotti del sottobosco (funghi, in particolare) e della trasformazione agroalimentare (prosciutti di Pietraroja) ad altissimo potenziale, le cui dimensioni produttive, tuttavia, non consentono ancora di affrontare con sicurezza la competizione sui mercati extralocali. Sono riconducibili nell’ambito di tale profilo principalmente i comuni di Cusano Mutri e di Pietraroia. In parte, anche nel comune di Cerreto Sannita si rilevano alcune caratteristiche strutturali tipiche di tale area, con particolare riferimento alla struttura produttiva delle aziende zootecniche. - la fascia mediana vede alternarsi le coltivazioni viticole ed olivicole, con prevalenza di queste ultime, che originano una buona produzione per la quale è atteso il riconoscimento della denominazione protetta. Tale fascia ricomprende i comuni di Cerreto Sannita, S. Lorenzello, Pontelandolfo, S. Lupo, S. Lorenzo Maggiore.

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- l’area meridionale è maggiormente diversificata: Si rileva una discreta presenza di attività zootecniche stabulari con dimensioni aziendali superiori a quelle rilevate nel resto della Comunità. Sono inoltre diffuse le coltivazioni olivicole, orticole e frutticole. Principalmente, tuttavia, il territorio è caratterizzato da una significativa concentrazione di aziende ad ordinamento viticolo che forniscono materia prima per un’apprezzata produzione vinicola, oggetto di riconoscimento comunitario (Doc Guardiolo, Solopaca e Sannio). Il settore si presenta strutturato in chiave abbastanza moderna “di filiera”, con una buona diffusione di strutture associate e cantine sociali. A tal proposito si rileva che, delle 4 cooperative vitivinicole presenti nella regione Campania, ben tre sono localizzate nella provincia di Benevento e, di queste, due operano nell’ambito del Titerno. Sono riconducibili nell’ambito di tale profilo i comuni di Faicchio (ove è presente un comparto zootecnico di tipo moderno), S. Salvatore Telesino, Guardia Sanframondi, Castelvenere e Ponte. B. Turismo. Sono individuabili vocazioni tematiche (in alcuni casi già espresse) in relazione alle caratteristiche dell’ambiente e del paesaggio ed alle risorse naturali. Naturalmente, sotto l’aspetto turistico non è possibile analizzare il territorio condizionando l’indagine entro i limiti amministrativi della Comunità: considerando le caratteristiche con le quali si esprime la domanda turistica (caratterizzata da evidenti elementi di “mobilità territoriale”) l’indagine deve tenere conto di un sistema di offerta territorialmente più ampio. Non si può, difatti, non tener conto della presenza di flussi di domanda turistica orientati verso vicine località di rinomato richiamo turistico (Telese Terme, ad esempio, ma anche il comprensorio del Taburno-Camposauro, la fascia casertana del massiccio del Matese, Pietrelcina, nonché, infine, il capoluogo, con il quale l’area della Comunità confina per un breve tratto). E’ in base a tale presupposto, tenuto conto delle attrattive dell’area e della struttura dell’offerta di ospitalità e servizi turistici attualmente presente nel comprensorio, che sono individuabili i seguenti tematismi: - turismo religioso, alimentato non solo dai flussi della vicina Pietrelcina, ma anche dalla presenza di significativi “momenti di attrazione” religiosa rappresentati dalle numerose festività a carattere sacro che si replicano annualmente nei vari comuni, basti pensare ai riti penitenziali di Guardia Sanframondi. Si ricorda, peraltro, che Cerreto Sannita è sede di Diocesi. - turismo naturalistico, già in parte sviluppato e che origina flussi turistici pendolari dalle vicine aree urbane e dal capoluogo regionale. L’area maggiormente interessata da tale tematismo, è quella ricompresa entro i limiti del Parco Regionale del Matese (Cusano Mutri e Pietraroja e, in parte, anche Cerreto Sannita, S. Lorenzello e Faicchio), anche se vi è da considerare che buona parte dei territori

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montani presenta aree in grado di esercitare una discreta attrazione in tal senso. Difatti, nell’area sono stati individuati 3 Siti d’Interesse Comunitario, i cui perimetri in parte si sovrappongono a quelli del Parco. Vi è da aggiungere che le attrattive naturalistiche ad ambientali sono arricchite dalla presenza di interessanti reperti geopaleontologici. - turismo storico architettonico ed archeologico. Buona parte dei centri storici presenta elementi di richiamo artistico ed architettonico, peraltro in contesti urbanistici prevalentemente ben conservati. Le aree in grado di esercitare una maggiore attrazione in tal senso sembrano essere rappresentate da Cerreto Sannita, Faicchio e Guardia Sanframondi, Cusano Mutri, San Lorenzello e San Lupo. Sul versante archeologico particolare significato assume l’area dell’antica città sannitica e romana di Telesia, situata nel comune di San Salvatore, anche in vista di un possibile itinerario che la colleghi attraverso le pendici del monte del Matese con il sito di Altilia (Cb). - turismo congressuale. In gran parte tale tematismo è alimentato dalla vicinanza con Telese, ormai rinomato centro congressuale a livello nazionale ed in grado di esercitare una positiva influenza anche nei confronti dei comuni limitrofi e, dunque, riguardo al territorio della Comunità montana, tutta la fascia telesina. In ogni caso, si segnala che nel territorio di S. Salvatore Telesino è presente un attrezzato centro congressi. - turismo termale e salutistico. Tale attrattiva è riferita principalmente all’area più meridionale del comprensorio, con particolare riferimento al territorio di S. Salvatore Telesino che vive in “simbiosi” con quello di Telese.

C. Sistema delle PMI. La più evidente vocazione produttiva riguarda il settore della trasformazione agroalimentare, con particolare riferimento alla produzione di vini ed olii. Tali settori appaiono trainanti non solo per le dimensioni assunte, ma anche perché integrate rispetto alla struttura produttiva ed alla vocazione delle attività del comparto primario. Da questo punto di vista, si può parlare di processo di filiera sviluppato nell’ambito del territorio, sebbene la filiera vitivinicola appaia maggiormente integrata e meglio organizzata di quanto non appaia quella olivicola. Nel comprensorio è ancora piuttosto dinamico il settore delle lavorazioni artigianali, molte delle quali anche a connotazione artistica (ceramiche e terrecotte, legno, pietra). In particolare, sono rinomate le ceramiche di Cerreto e S. Lorenzello. Alcune aree, sebbene non possano definirsi dei veri e propri “distretti produttivi”, presentano una buona diffusione di lavorazioni specializzate. A Ponte, ad esempio, è diffusa la produzione di cera e di marmo. Pontelandolfo presenta una buona offerta di lavorazioni tessili.

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Ovviamente, a tali settori se ne affiancano altri, alcuni dei quali dimensionalmente rilevanti (ad esempio, tutto l’indotto del settore delle costruzioni, ancora molto rappresentato sul territorio nonostante il forte ridimensionamento determinato dalla crisi generale sviluppatasi a partire dai primi anni ’90). Da tale punto di vista, l’analisi dei dati sulle strutture operanti nell’area conferma la disomogeneità territoriale già rilevata in precedenza: la fascia dei comuni posti più a settentrione è difatti marginalmente interessata dalla diffusione delle attività manifatturiere. Al di là di sporadici casi, si tratta in genere di piccole iniziative a carattere prevalentemente artigianale la cui dimensione economica non consente di supportare strategie volte ad aggredire mercati extra locali. Difatti, il raggio d’azione di tali microimprese è prevalentemente limitato all’ambito locale. Per contro, nell’area pianeggiante sono diffuse iniziative anche di discrete dimensioni. In alcuni casi le stesse trovano punti di contatto con le tradizioni manifatturiere e di trasformazione locali. Si rileva inoltre una discreta concentrazione di attività manifatturiere nelle aree P.I.P di S. Salvatore Telesino, Faicchio e Ponte, ove sono presenti i settori delle lavorazioni “contigue” a quelle dell’edilizia, il tessile-abbigliamento, l’agroalimentare, la meccanica.

*****

Il quadro descrittivo appena delineato rappresenta la base informativa dalla quale trarre le linee di indirizzo strategico del Piano e, soprattutto, le indicazioni operative circa le misure e gli interventi maggiormente efficaci al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati. L’analisi del territorio per profili omogenei, come enunciato in premessa, non ha altro scopo che quello di offrire un’ulteriore base informativa per orientare in termini di maggiore efficacia le strategie dell’intervento in funzione delle emergenze osservabili nei singoli ambiti territoriali. In ogni caso, provando a sovrapporre le indicazioni dell’analisi degli aspetti morfologici con quelli economico produttivi, è stato elaborato il seguente schema sinottico, nel quale, per ognuna delle macroaree omogenee individuate analizzando gli aspetti geografici e morfologici (area montana, area intermedia collinare ed area valliva), sono state individuate le vocazioni produttive e le specificità del territorio, per settore produttivo. Tale schema rappresenta un punto di riferimento per la individuazione dei percorsi strategici da adottare in tema di promozione e valorizzazione delle risorse economiche e produttive attualmente presenti nell'ambito di ciascun settore, in linea con le vocazioni del territorio.

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zona montana zona intermedia zona valliva (area (Matese) collinare telesina agricoltura § funghi (gallinacci, § ulivi § vitigni ovuli, porcini) § vitigni § ulivi § castagne (tipo § frutta (mele § frutta (mele ionna), annurche Cerreta, annurche, S. § frutti di bosco Cusanara e “del Salvatore T.) pozzo”) zootecnia § bovini (razza Frisona § bovini (da latte a § bovini (da latte a S. a Pietraroja, da latte Cerreto, S. Salvatore T., a Cusano M.) Lorenzello, Faicchio) § ovini (capre a Pontelandolfo) Pietraroja, Cusano M) § ovini (capre a Cerreto) agroindustria § prosciutto di § DOC Guardiolo § DOC Solopaca Pietraroja (Guardia S, S. Lupo) § DOC Guardiolo § prosciutto di § DOC Solopaca § DOC Sannio cinghiale (Cusano (Cerreto S., Guardia § DOC Taburno M.) S., S. Lorenzello, S. (Ponte) § insaccati vari di Salvatore T.) § Olio (da cultivar carne suina § Olio (da cultivar “ortice”) § castagne (Civitella “ortice”) § Panesillo (Ponte) L.) § Taralli e prodotti § caciocavallo silano da forno (S. (DOP) Lorenzello) produzioni § § ceramiche artistiche § artigianali (Cerreto S, S. Lorenzello) § arazzi ed altri manufatti tessili artistici (Pontelandolfo) § legno per arredi ed infissi § ferro battuto per arredi § lavorazione della pietra ricchezze § Parco Regionale del § Turismo religioso § Sito Archeologico ambientali/ Matese; (Cerreto S., Guardia dell’antica Telesia turistiche § SIC Alta Valle del S.) § Turismo termale – Fiume Titerno § Parco Regionale del congressuale - (S. (Cusano Mutri, Matese Salvatore T., Pietraroja) § SIC Alta Valle del Faicchio) § SIC Pendici Fiume Titerno § Parco Regionale del meridionali del Monte (Cerreto S.) Matese Mutria § SIC Pendici § SIC Pendici § boschi, meridionali del Monte meridionali del § parco Mutria (Cerreto S., S. Monte Mutria geopaleontologico Lorenzello, S. Lupo) (Faicchio) (Ciro) § SIC Valle Telesina § itinerari agrituristici (Ponte, S. Lorenzo Maggiore) § Sorgenti rio

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Grassano

***** Per assicurare gli indispensabili caratteri di coerenza logica rispetto agli orientamenti che, in materia di politica del territorio, sono stati assunti dalle Amministrazioni Locali ai diversi livelli (Regione, Provincia, Comuni e la stessa Comunità Montana), la struttura del piano d’interventi deve in qualche modo discendere principalmente: · dalla struttura del piano triennale elaborato dalla Comunità Montana; · dalle esigenze manifestate dai singoli comuni, per ciascuno dei quali si è dato luogo ad incontri con i sindaci pro-tempore; · dall’articolazione delle azioni che il POR Campania prevede di attivare per le aree rurali; · dalle azioni sviluppate nel quadro del Programma di Sviluppo Rurale della Regione Campania. Si terrà conto, altresì, degli effetti sul territorio: · delle normative nazionali e regionali in tema di tutela ambientale e paesaggistica; · dell’applicazione dei vari strumenti della programmazione negoziata; · delle iniziative promosse in ambito comunitario in favore dello sviluppo rurale (I.C. Leader+).

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PARTE II Definizione delle linee di sviluppo socio-economico sostenibile

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11. Le linee d’indirizzo strategico per uno sviluppo integrato e sostenibile

In termini generali, i territori montani della regione si trovano oggi a riflettere sul ruolo funzionale che gli stessi svolgono in rapporto ad un contesto territoriale più ampio e che travalica gli stessi confini regionali – all’interno dei quali, peraltro, si subisce passivamente la presenza, talvolta ingombrante, delle aree “forti” della fascia costiera – per acquistare una dimensione “globale”. Ci si interroga sulla necessità di ritrovare un ruolo funzionale del territorio stesso e di riequilibrare il sistema di rapporti e di relazioni che legano alle aree più forti della regione. Fino a qualche anno fa la marginalità della montagna era data per scontata. Ne discendeva che una logica di intervento nella quale i provvedimenti erano volti al riequilibrio e non alla valorizzazione delle differenze. Si vedeva, cioè, un solo modello di sviluppo - quello della pianura – che la montagna tendeva ad inseguire assumendolo a riferimento, e rispetto al quale era inevitabilmente tagliata fuori. Alla montagna vanno invece riconosciuti sentieri di sviluppo diversi che devono seguire le tracce delle possibili integrazioni, complementarità e risposta alle sollecitazioni che derivano dalla pianura ma che questa non riesce e non può soddisfare. Il recupero di identità funzionale ed integrazione nei sistemi urbani esistenti ed emergenti ha ispirato la redazione del precedente Piano socio- economico. In questo già si intuiva l’importanza delle connotazioni proprie dell’ambiente territoriale e veniva individuato un ruolo funzionale […pertinente rispetto alle caratteristiche strutturali dell’area considerata … connesso ad una considerazione delle risorse ambientali e naturali non rinnovabili in essa presenti; esse costituiscono un bene a servizio, protezione e ristoro di tutta la collettività, non limitata alla popolazione locale ma estesa ad un ambito almeno comprensoriale ed anche regionale e nazionale. Di conseguenza un indirizzo evidente per le attività delle popolazioni locali risulta legato alla difesa, valorizzazione e gestione di tale patrimonio.]. Inoltre, a ribadire il legame funzionale con le aree urbane e l’importanza del ruolo svolto dai territori montani veniva riconosciuto [... alle aree montane un valore di bene naturale unico non riproducibile, alle popolazioni in esse insediate una insostituibile funzione di servizio a presidio del territorio] suggerendo una linea strategica d’intervento orientata allo [...sviluppo di attività produttive strettamente connesse a tali specificità territoriali e, per ciò stesso, necessarie e funzionali alla vita e al funzionamento delle aree urbane ad alta densità insediativa .].

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Laddove la qualità del territorio tende a diventare componente di un sistema piano-monte e ad essere percepita rilevante per la qualità del sistema stesso e tale perciò da renderlo più competitivo (come è importante la qualità della residenza, della produzione, della cultura, dei trasporti, ecc...), le parti poco urbanizzate con forti tratti di naturalità assumono un ruolo che non è più né marginale né residuale; la comunità del sistema ne è investita in modo assai più compatto e diretto e le forze che sono indotte a mobilitarsi sono assai più consistenti. Si tratta di riconoscere alle aree montane un valore di bene naturale unico non riproducibile, alle popolazioni in esse insediate una insostituibile funzione di servizio a presidio del territorio. Ne deriva che le linee strategiche d’intervento vanno orientate allo sviluppo di attività produttive strettamente connesse a tali specificità territoriali e, per ciò stesso, necessarie e funzionali alla vita e al funzionamento delle aree urbane ad alta densità insediativa. Tale enunciazione, del tutto in linea con gli orientamenti comunitari in materia di tutela ambientale, presidio del territorio e, più in generale, sostenibilità dello sviluppo, viene riaffermata in questa sede, ed ulteriormente arricchita dal dichiarato intento di assicurare uno sviluppo equilibrato ed integrato dell’economia locale. Il concetto di integrazione, più volte richiamato nella prima parte del presente elaborato, dal punto di vista operativo non si traduce in una mera giustapposizione di interventi settoriali. Né tampoco l’obiettivo dell’equilibrio deve nascondere tentativi di distribuzione “geopolitica” di finanziamenti pubblici tra comuni e tra categorie di beneficiari, originando una improduttiva dispersione delle risorse. Piuttosto, occorre riflettere sulla “competitività” dell’intero sistema territoriale rispetto ad altri contesti (urbani e non). Soprattutto, occorre spostare il “piano competitivo” da una dimensione puramente tecnico- economica dei fattori della produzione ad una più ampia dimensione nella quale anche aspetti non immediatamente valutabili dal punto di vista economico e finanziario (salubrità dell’ambiente, risorse naturalistiche e paesaggistiche, patrimonio storico, culturale e artistico, tradizioni folcloriche locali, ecc.) possono concorrere allo sviluppo del territorio se oggetto di opportune strategie di promozione e valorizzazione in chiave economica. L’approccio competitivo fondato su aspetti efficientistici ha sempre implicitamente relegato le aree rurali interne ad una passiva accettazione di dinamiche e modelli di sviluppo esogeni dove, nel confronto tra aree forti ed aree deboli (destinate a soccombere), l’unica possibile via di intervento era rappresentata dal ricorso ad abusate pratiche assistenzialistiche volte a compensare i territori rurali dei disagi localizzativi oggettivi. Nel momento in cui la dinamica competitiva assume, quale dimensione di riferimento, il territorio, entrano in gioco variabili che sfuggono ad un’immediata valutazione economica, ma che consentono ad un’area di

109 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno ampliare il proprio grado di attrazione verso l’esterno attraverso opportune manovre degli strumenti del marketing territoriale. E’ per tale motivo che i tradizionali strumenti di analisi nel campo aziendale sono stati con successo utilizzati anche per promuovere la valorizzazione di aree territoriali. In particolare, l’indagine SWOT consente di identificare i principali fattori competitivi e le cosiddette competenze distintive che definiscono la base su cui impostare le strategie di sviluppo locale. In tal senso, ci sembra che due elementi contribuiscano ad identificare il piano competitivo su cui il territorio del Titerno può, con successo, puntare. Il primo è rappresentato dalle componenti ambientali, paesaggistiche e naturalistiche del territorio, cui fa da corredo una piccola rete di iniziative a carattere turistico. Il secondo è invece rappresentato dalle produzioni agricole, agroalimentari ed artigianali di particolare pregio. Più in generale, occorre attivare idonei strumenti al fine di migliorare il grado di attrattività del territorio nel suo complesso, strumenti che vanno comunemente individuati nella definizione di marketing territoriale, ossia di un articolato insieme di mezzi in grado di conferire ad un'area una propria "consapevolezza" sulle possibilità di sviluppo economico e sociale e, quindi, di individuare metodi e strumenti in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati. Va osservato che nella competizione spinta a livello globale o di macroaree, il confronto competitivo si sviluppa non tanto a livello di soggetti aziendali, ma tra sistemi a base territoriale: i risultati economici dei singoli dipendono in buona parte dal grado di competizione dell’intero sistema e, per contro, le performances complessive del sistema non possono essere ricondotte semplicemente come la sommatoria dei risultati dei singoli operatori. Ne deriva che i fondamenti stessi del nuovo concetto di “marketing territoriale” e le modalità con le quali favorire il raggiungimento ed il mantenimento di adeguati livelli competitivi devono diventare oggetto di approfondite e consapevoli riflessioni. Il termine marketing territoriale, può essere utilizzato in almeno tre accezioni differenti ma, al tempo stesso, complementari: - promozione del territorio, delle sue caratteristiche e delle sue prospettive, al fine di attirare dall’esterno investimenti e visitatori. In questo caso si tratta di valorizzare i plus territoriali al fine di renderli maggiormente appetibili nei confronti dell’esterno; - finalizzazione delle politiche territoriali - dal concepimento fino alla realizzazione - alle esigenze degli operatori economici locali e alle aspettative degli operatori esterni che si vogliono attrarre; - riorganizzazione complessiva delle procedure amministrative e delle funzioni pubbliche nella direzione di una maggiore attenzione ai “clienti”

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del prodotto “sistema locale”, la cui soddisfazione non può essere solo quantitativa ma anche qualitativa. L’azione di marketing territoriale, per essere efficace nel lungo periodo, deve fondarsi sul consenso di tutti gli attori e sulla trasparenza di tutti gli interessi in gioco. Ma perché ciò avvenga occorre interrogarsi, dapprima, sulla effettiva capacità e disponibilità degli attori locali a condividere strategie orientate al raggiungimento di obiettivi non immediatamente identificabili con un interesse diretto ed immediato. Al tempo stesso, è indispensabile capire fino a che punto gli attori locali (istituzionali ed economici) sono disposti ad accettare i limiti che inevitabilmente un processo di condivisione “democratica” delle strategie impone alla loro iniziativa. Al fine di costruire un’identità territoriale intorno ai temi dello sviluppo socio-economico, appare essenziale dar vita a un tessuto relazionale tra la componente economico-produttiva, quella della Pubblica Amministrazione (alla quale va riservato un ruolo centrale di coordinamento e di indirizzo nel governo del territorio) e quella delle varie rappresentanze sociali a vari livelli. Un primo obiettivo (o, meglio, una pre-condizione per l’efficace sviluppo delle azioni) del marketing territoriale è dunque rappresentato dalla messa in rete delle interazioni complesse tra tali soggetti, portatori di interessi differenti ma disponibili a proporre visioni condivise, ed in grado di implementarle e di trasmetterle all’esterno. Un secondo passaggio logico, è rappresentato dalla identificazione degli strumenti idonei a conferire una maggiore competitività all’intero sistema, che si misura anche in termini di capacità di attrarre attività ad elevato valore aggiunto e forte tasso di crescita, capaci di garantire, in prospettiva, livelli soddisfacenti di reddito e di occupazione. Si tratta di ragionare sulla qualità delle risorse umane, sulle modalità di funzionamento del merc ato del lavoro, sulla presenza di esternalità connesse alla organizzazione delle reti produttive e commerciali e sul funzionamento della Pubblica Amministrazione. Perché il territorio possa sviluppare attrazione nei confronti dell’esterno è però necessario che le politiche di intervento raccordino ed indirizzino le azioni delle numerose e diversificate componenti della società e dell’economia del territorio. L’Ente pubblico territoriale sarà così chiamato ad assumere sempre più un ruolo di coordinamento, garante delle regole del sistema socio-economico. Non più quindi una gestione burocratica della risorsa territorio, ma una gestione imprenditoriale che modifichi lo “sfruttamento” in “utilizzo”. I promotori di sviluppo divengono dunque quei soggetti che, nei differenti contesti, hanno le capacità per intervenire nel processo decisionale facilitando il successo dell’iniziativa. Si apre cioè il campo - largamente imprevedibile e difficile nel suo percorso - di:

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- esplorare i futuri possibili (tramite scenari consistenti) per identificare quelli “desiderabili”; - ricercare il consenso tramite convincimento, che presuppone sempre un’ampia circolazione dell’informazione, la massima trasparenza rispetto alle conseguenze probabili (nesso tra opzioni desiderate e risultati possibili); - identificare appropriate forme di negoziato e contrattazione tra le parti, dove specificare l’oggetto del negoziato e definire precisamente le regole del gioco sono due precondizioni minimali per il successo. Questa volontà e capacità di lavo rare ad un progetto comune mette in moto la competitività del sistema e costituisce il prerequisito indispensabile anche per qualsiasi azione di marketing territoriale. Lo strumento per concretizzare questo insieme di obiettivi e in particolare le competenze attribuite alle Comunità Montane dalla Legge 97/94, è il Piano di sviluppo socio-economico (PSSE), inteso come strumento di attuazione della programmazione regionale, provinciale e comunale per l’ambito del territorio montano. In questo senso si individua nel PSSE un vero e proprio programma di opere e di interventi, per i quali siano anche e soprattutto previste rapide procedure di approvazione. Non è superfluo, a questo punto, richiamare il ruolo che, a partire dal documento programmatico, abbiamo ritenuto assegnare alla Comunità Montana e che può essere così sintetizzato: - Svolgere una funzione a supporto delle zone montane, non ripetitiva dei compiti dei Comuni, e rivolta particolarmente a promuovere specifiche azioni di settore utili allo sviluppo; - Assicurare un valido supporto a progetti significativi di area, di settore, di vallata o zone omogenee, purché conformi alle indicazioni del Piano poliennale e compatibili con le risorse di bilancio; - Promuovere una specifica capacità di sintesi programmatica e di risposta associata ai problemi e alla gestione di servizi nella loro dimensione ottimale. Il Piano di sviluppo socio economico segue una impostazione coerente con queste indicazioni e, nell’indicazione degli obiettivi, recepisce le priorità del "Documento di programmazione regionale".

11.1 I riferimenti di carattere programmatico I riferimenti programmatici e normativi sulla programmazione delle aree montane del nostro paese hanno conosciuto una significativa evoluzione nel corso degli anni ’90.

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Dapprima la Legge 142 del 199021 ha consolidato nell’ordinamento istituzionale del nostro paese la presenza delle Comunità Montane ed ha riaffermato le loro funzioni di programmazione. Poi la “Legge sulla Montagna” n. 97 del 1994 ha riorganizzato il sistema delle politiche per la montagna, innovandone ed ampliandone lo spettro, confermando ed accentuando il loro carattere di politiche speciali, attente più che altrove alle condizioni locali del tessuto economico, sociale e culturale. Più di recente, il D.M. 28 gennaio 2000 del Ministero del Tesoro, Bilancio e Programmazione Economica, destina risorse direttamente alla redazione dei Piani di Sviluppo Socio Economico (che sono così sottratti alla logica di spesa eccezionale) ma, soprattutto, lega il finanziamento dei Progetti non già al mero requisito formale dell’esistenza dei Piani, bensì alla coerenza dei Progetti stessi con i Piani. A tale quadro normativo occorre aggiungere anche la già citata evoluzione che le politiche comunitarie hanno seguito in tema di programmazione dello sviluppo nelle aree rurali. Senza tornare nel merito della logica che, nel corso degli anni, ha ispirato gli orientamenti delle politiche comunitarie, in questa sede si rileva come da queste trae origine una serie di strumenti finalizzati specificamente alla pianificazione delle aree rurali interne. In particolare, una significativa valenza assumono, nella nuova programmazione proposta nell’ambito dell’Agenda 2000, le misure incluse nel POR Campania a favore dell’ambiente, dei sistemi locali rurali, delle risorse forestali e silvicole, della gestione delle risorse idriche, ecc. A queste, occorre aggiungere, in prospettiva, l’attuazione dell’Iniziativa Comunitaria Leader+ in favore delle aree rurali. Il ruolo della Comunità Montana, che in questa sede si esplicita nella predisposizione del Piano socio-economico, viene particolarmente enfatizzato proprio dalla necessità di collegare e sintetizzare, in un unico piano di indirizzo programmatico, le opportunità offerte dai diversi strumenti che, ai vari livelli normativi ed attuativi, vengono resi disponibili al fine di promuovere la valorizzazione del territorio. Occorre, dunque, capacità di aggregare le forme di progettualità e le iniziative in gestazione nel territorio all’interno di un quadro unico che individui anche le migliori formule e strumenti normativi e finanziari disponibili. Un primo momento di verifica delle possibilità di raccordo e di azione concertata tra diversi livelli istituzionali è rappresentata dall’attuazione del Programma Operativo Regionale, all’interno del quale si collocano, in collegamento ad obiettivi generali di incremento dei livelli di occupazione e reddito delle aree marginali, specifici interventi il cui riferimento territoriale ed operativo è costituito dalle aree rurali, per le quali sono previste specifiche linee di indirizzo programmatico all’interno dei Piani Integrati per le Aree Rurali. Vi è da rilevare che tali indirizzi ipotizzano la

21 Recentemente rivisitata ed aggiornata dalla legge “Vigneri” n. 265 del 3 agosto 1999.

113 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno modulazione degli interventi cofinanziati dal Feoga e che, per buona parte, sono disciplinati dall’art. 33 del Regolamento (CE) 1257/99. A tale pacchetto di Misure, inquadrate all’interno dell’Asse IV (Risorse Locali), occorre aggiungere anche le iniziative previste in altri Assi prioritari del POR, con particolare riferimento agli Assi 1, 3 e 6. Ulteriori opportunità possono inoltre derivare dalla attivazione, nel territorio in esame, dell’I.C. Leader+, attualmente in fase di programmazione. A tali strumenti, per i quali la Comunità Montana ritiene di potersi autorevolmente candidare, in modo diretto o indiretto, attraverso l’aggregazione delle iniziative provenienti dai comuni appartenenti e da altri enti locali, occorre aggiungere il fondamentale ruolo di orientamento e di coordinamento programmatico sul territorio. In particolare, l’efficacia del Piano di Sviluppo e delle iniziative in esso incluse non può prescindere dall’iniziativa privata. In tal senso, il ruolo della Comunità Montana sarà quello di orientamento delle iniziative private, individuando le tipologie di intervento coerenti con le logiche del Piano. Alla base dell’individuazione delle linee d’indirizzo programmatico per lo sviluppo del territorio della Comunità Montana, vi è l’individuazione degli elementi che consentono al territorio di ottenere un vantaggio competitivo, al fine di adattare meglio gli strumenti a sostegno dello sviluppo. E’ a tale scopo che è stata sviluppata l’analisi SWOT: questa ha consentito di tracciare il quadro di riferimento e gli elementi che definiscono, da un lato, il profilo territoriale dell’area, dall’altro, le esigenze che il comprensorio manifesta in ordine alle dotazioni strutturali ed infrastrutturali, ed ai servizi, sia rivolti alla popolazione, sia al sistema imprenditoriale.

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12. Gli obiettivi e le linee strategiche d’intervento

La lettura delle principali dinamiche strutturali espresse dal territorio sia dal punto di vista socio-demografico, che economico e produttivo ci consente di definire i principali obiettivi che caratterizzano il contenuto propositivo del Piano di Sviluppo Socio-Economico (PSSE). L'esigenza di una strategia di azione, pur assumendo in questa sede essenzialmente una valenza di tipo descrittivo, può risultare di non poca importanza anche ai fini di una corretta definizione delle politiche d’intervento da attuare a livello locale. E’ il modello dello sviluppo endogeno, della valorizzazione delle capacità imprenditoriali e professionali che sono espressione del territorio e in esso sono radicate. E’ il modello dove il contesto sociale, culturale e istituzionale è terreno di coltura per la crescita economica, e di essa si avvale a sua volta per crescere e svilupparsi. Come succede nei sistemi locali che tramite le imprese si “aprono” all’esterno, e cominciano a scambiare anche con realtà territoriali non strettamente confinanti, non più solo prodotti e conoscenze tecniche ma anche persone, culture, informazioni scientifiche e metodologie. E, l’esperienza di aree territoriali oramai stressate dall’eccessiva dinamicità dello sviluppo economico, dimostra che sono stati i distretti di imprese che intessono fitti rapporti commerciali, le reti di piccole imprese caratterizzate dalla specializzazione e dall’integrazione, a fornire il modello organizzativo per uno sviluppo economico territoriale attento agli equilibri ambientali e sociali. Il piano rappresenta, pertanto, uno strumento complesso con il quale vengono mobilitate sul territorio risorse finanziarie, umane ed istituzionali allo scopo di raggiungere una serie di obiettivi identificati in base alle esigenze che l’analisi ha consentito di individuare. Seguendo un collaudato percorso metodologico, anche ai fini della valutazione degli effetti sul territorio dell’attivazione delle iniziative proposte, occorre definire una “gerarchia” di obiettivi costruendo una struttura che, procedendo dall’obiettivo più generale, consenta di individuare, in un procedimento “a cascata”, anche gli obiettivi più particolari e, di conseguenza, l’articolazione degli interventi finalizzati al loro raggiungimento. Prioritariamente, dunque, è proceduto alla identificazione degli obiettivi globali del piano. Tali obiettivi sono, a loro volta, articolati in più obiettivi specifici, il raggiungimento dei quali, nel loro complesso, consente di pervenire al conseguimento dei primi. A loro volta, gli obiettivi specifici sono articolati in più obiettivi operativi, corrispondenti alle finalità di ogni singolo intervento.

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Gli obiettivi globali del piano sono, in sostanza, gli stessi già definiti nel precedente piano di sviluppo, giacché la situazione non si è modificata in termini positivi. Tuttavia, come si vedrà, le modalità con le quali perseguirli sono sostanzialmente diverse, anche in considerazione delle mutate condizioni dello scenario sociale, economico e tecnologico, nonché del panorama normativo esistente e dei nuovi strumenti disponibili per lo sviluppo economico in ambito rurale. Pertanto, gli obiettivi globali vengono così definiti: 1. Incoraggiare e favorire la permanenza in loco delle popolazioni rurali. L’indagine sviluppata sui dati demografici evidenzia come l’impoverimento demografico non sia stato frenato nel corso degli ultimi due decenni, sebbene l’intensità assunta dal fenomeno sia decrescente. In particolare, con la sola eccezione di Castelvenere (+3,0%), Cusano Mutri (+0,2%), Faicchio (+1,2%) e Ponte (+1,4%), tutti i comuni del comprensorio hanno registrato ulteriori perdite demografiche anche nel corso del periodo 1996-98, con situazioni particolarmente critiche a Pontelandolfo (- 9,8%) e S. Lorenzo Maggiore, il cui dato è piuttosto altalenante nel tempo ma segnala un –6,7% nel corso del periodo 1996-98. Ancor più preoccupante il dato relativo alla struttura della popolazione, con particolare riferimento all’andamento dell’indice di invecchiamento, passato in soli 8 anni dal 106,8% al 135,2%, e dell’indice di dipendenza, il cui valore è pari a circa il 60,9%. Tali dati evidenziano come il fenomeno dello spopolamento assuma una dimensione estremamente grave anche in chiave prospettica. E pertanto il prefissato obiettivo di incoraggiare la permanenza in loco delle popolazioni rurali deve essere rivolto con particolare enfasi alle fasce giovanili della popolazione, ma deve assumere anche un’altra fisionomia, probabilmente ambiziosa, che è quella di favorire il rientro di fasce di popolazione attiva precedentemente espulse dal territorio e di rendere maggiormente attrattive le condizioni di vita del territorio nei confronti delle aree urbane circostanti. Favorire il raggiungimento di tale obiettivo si traduce nella creazione di condizioni che favoriscano: Ø L’incremento dei livelli occupazionali. L’analisi dei dati demografici ha segnalato il sostanziale equilibrio, nel medio-lungo periodo, tra il numero di potenziali nuovi attivi rispetto a quello di coloro che si avviano a concludere l’attività lavorativa. La lettura del dato consentirebbe di affermare che la domanda di posti di lavoro espressa dalle classi giovanili che si affacceranno nei prossimi dieci anni sul mercato del lavoro potrebbe essere tranquillamente assorbita dall’offerta di nuovi posti di lavoro (resi disponibili dalla fuoriuscita dal mercato del lavoro delle fasce più anziane della popolazione attiva). La realtà, tuttavia, è molto diversa ed è correlata ad alcuni elementi di natura sociale: maggiori livelli di scolarizzazione; maggiori tassi di attività femminile, ecc. I dati sulla variazione degli

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indici di disoccupazione ed inoccupazione, riferiti al periodo ‘91/99 indicano un incremento percentuale derivante non solo dall’aumento assoluto nel numero di occupati e inoccupati, ma anche da una lieve riduzione complessiva nel numero degli attivi, con una consistente presenza (soprattutto tra gli inattivi) di fasce di popolazione altamente scolarizzate e di donne. Da tale quadro emerge una importante indicazione. L’incremento della domanda di lavoro, già registrato nel corso degli anni ’90, è attribuibile a fasce di popolazione con requisiti professionali e attitudini sostanzialmente diverse (derivanti da una maggior presenza di individui in possesso di titolo di studi qualificato). Di conseguenza, anche l’offerta di lavoro deve adeguarsi al profilo della domanda. In sostanza, l’obiettivo della creazione di nuovi posti di lavoro deve essere guidato dal profilo della domanda, onde evitare il replicarsi (diffuso, peraltro in quasi tutti i contesti rurali del Mezzogiorno) del fenomeno dell’emigrazione degli elementi più qualificati, con il conseguente impoverimento culturale e di competenze ed abilità professionali, il cui “costo formativo”, peraltro, è stato sostenuto dal territorio stesso. Inoltre, anche in considerazione della prevedibile ulteriore diminuzione di addetti in agricoltura, la creazione di posti di lavoro deve essere orientata principalmente nel settore secondario e dei servizi. Allo scopo di raggiungere tali obiettivo, si ritiene che la massima attenzione dovrà essere posta nella individuazione di iniziative in grado non solo di ampliare la base occupazionale, ma di adeguare tale offerta al profilo della nuova domanda. Dunque, un elemento particolarmente qualificante dell’obiettivo globale appena enunciato, è quello di favorire l’inserimento nel mercato del lavoro delle fasce più deboli, rappresentate, in termini generali, dalle donne e dai giovani in cerca di prima occupazione, con particolare riferimento alle fasce più qualificate professionalmente; Ø Il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali. Si tratta, in particolare, di offrire al territorio un livello di infrastrutturazione adeguato alle esigenze, ma soprattutto, di ampliare la gamma (e la qualità) dei servizi offerti alla popolazione. L’analisi territoriale ha messo in evidenza il basso livello di infrastrutturazione dell’intera provincia, soprattutto in riferimento ad alcune particolari categorie di servizi e/o dotazioni. Calando l’analisi a livello locale, si è anche osservata una disparità di dotazioni tra le aree vallive e quelle montane. Naturalmente, ed è opportuno precisarlo con particolare enfasi, non si sostiene di rafforzare massicciamente la dotazioni infrastrutturali delle aree più interne con iniziative che arrecherebbero gran danno dal punto di vista ambientale. Deve però essere assicurata la fruibilità di servizi essenziali non solo alle imprese, ma anche alle popolazioni locali.

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2. Tutelare e salvaguardare il territorio e l’ambiente. Rappresenta la principale ricchezza di cui dispone il comprensorio non solo per i già richiamati ruoli assunti dalle aree montane nei confronti di quelle maggiormente urbanizzate e delle prospettive di sviluppo in chiave turistico-ambientale ma, concretamente, perché ad esso è legata l’immagine delle produzioni territoriali di maggior pregio. Si è già parlato a lungo della necessità di prestare particolare cura alla salvaguardia ed alla tutela dell’ambiente. In questa sede, sottolineiamo semplicemente come questo rappresenti uno dei principali punti di forza del sistema territoriale in grado di acquisire al territorio una posizione di vantaggio competitivo sulla base del quale impostare le nuove linee strategiche per sperimentare nuovi percorsi di sviluppo locale. Il raggiungimento di tali obiettivi globali, che si muovono in linea con le finalità del POR Campania, ma anche dell’Iniziativa Comunitaria Leader+ in favore delle aree rurali, può essere assicurato attraverso il combinato incrocio di interventi ognuno dei quali programmato per raggiungere “obiettivi specifici”, che possono essere interpretati quali fini strumentali o intermedi. Naturalmente, il conseguimento di alcuni obiettivi specifici può essere funzionale al raggiungimento di entrambi gli obiettivi globali. Di seguito, si espone l’articolazione degli obiettivi specifici individuati sulla base dei fabbisogni emersi. L’articolazione è stata effettuata raggruppando gli obiettivi per tematiche di intervento, che si traducono in altrettanti Assi prioritari, la cui descrizione sarà oggetto di dettaglio in sede di formulazione del piano degli interventi.

A. Miglioramento del livello di attrattività delle risorse ambientali e storico – culturali

B. Razionalizzazione e rafforzamento del sistema delle attività produttive e dei servizi alle imprese

C. Miglioramento dei servizi alla popolazione

D. Adeguamento delle dotazioni infrastrutturali del territorio

A.I Difesa del suolo, tutela ambientale e risorse idriche. La salvaguardia delle risorse ambientali rappresenta una priorità assoluta del piano, sia in relazione alle richiamate esigenze di perseguire linee di sviluppo economico sostenibile, sia perché da ciò possono partire politiche di sviluppo in chiave turistica del territorio, sia, infine, perché la salubrità ambientale rappresenta un importante elemento qualificante dell’immagine di tipicità delle produzioni agricole ed agroalimentari.

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Si pone, a tal fine, l’esigenza di acquisire informazioni dettagliate delle aree per orientare efficacemente la realizzazione di interventi di bonifica e di infrastrutturazione volti a limitare rischi di dissesto idrogeologico ed a prevenire gli incendi. Contemporaneamente, occorre favorire interventi volti al potenziamento delle risorse boschive, sia allo scopo di difesa del suolo, sia in funzione di una valorizzazione delle attività silvicole.

A.II Valorizzazione delle risorse ambientali, storiche e culturali. A corollario del più generale obiettivo della valorizzazione turistica del territorio, e nell’ulteriore obiettivo di salvaguardare il patrimonio storico, culturale ed artistico dei luoghi, si evidenzia la necessità di attivare azioni che puntino al recupero di tali risorse. Gli interventi, materiali o immateriali che siano, assumono sia il carattere “conservativo”, sia quello più specificamente rivolto alla valorizzazione ed alla fruizione, tanto in favore dei residenti quanto della utenza turistica. Gli effetti di iniziative in tal senso assumono una duplice fisionomia: da un lato, difatti, questi tendono a rafforzare l’identità culturale e ad aggregare la popolazione locale intorno ai temi della riscoperta del proprio territorio, delle proprie radici culturali e delle proprie tradizioni. Dall’altro costituiscono punti chiave per la riqualificazione dell’intero sistema di offerta del territorio. In tale contesto, un particolare interesse viene rivolto alla necessità di favorire interventi di riqualificazione dei centri e dei fabbricati rurali di particolare pregio architettonico e, in generale, del patrimonio abitativo. Tali interventi sviluppano positivi effetti anche sul miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali. La continua riduzione dei livelli demografici ha, infatti, prodotto come effetto sul territorio anche un peggioramento della qualità degli insediamenti abitativi rurali. Ne è risultato un progressivo abbandono di manufatti talora di particolare pregio in quanto testimonianza dell’architettura tradizionale dei luoghi. La riqualificazione del patrimonio abitativo e delle strutture urbane e rurali di uso sia aziendale che comune può essere indirizzata sia per ospitare eventi e manifestazioni in grado di generare effetti imitativi tali da indurre la nascita di nuove attività economiche nei settori del turismo, dell’ambiente, della cultura e del sociale; oppure potranno essere destinate in funzione dell’ampliamento del pacchetto di offerta di ospitalità rurale (ad esempio: favorendo lo sviluppo di attività di Bed & Breakfast) nella logica della diversificazione del sistema di offerta di ospitalità turistica ed in funzione delle specifiche vocazioni dei singoli ambiti territoriali in materia di “tematismi turistici”.

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B.I Adeguare il livello delle dotazioni tecnologiche e strumentali delle aziende agricole, delle PMI di trasformazione e delle imprese operanti nel settore del turismo e dei servizi all’impresa. Tale obiettivo rappresenta uno dei capisaldi dell’intero PSSE e legato in un rapporto di biunivocità con la gran parte delle iniziative previste in tutti gli Assi. Per tale motivo, nella descrizione degli obiettivi proposti, anche ai fini di una maggiore comprensione delle interrelazioni con gli altri interventi, non ci si soffermerà alla sola definizione delle iniziative di adeguamento tecnologico e strutturale, ma, coerentemente ai più volte richiamati concetti di “integrazione” e di “filiera” sarà offerto un sintetico quadro dell’intervento complessivo proposto per ciascun comparto. La dotazione tecnologica delle imprese del settore primario e secondario, salvo eccezioni particolari, non appare sufficientemente adeguata ai nuovi standard che la competizione spinta a livello extralocale impone, anche per aree, come quelle interne. che ad una prima evidenza possono risultare al di fuori di questo contesto dinamico. La rivoluzione della net economy cui si sta assistendo in questi giorni ha, infatti, dimostrato che anche le più piccole compagini operative possono essere inserite in un mercato ben più ampio rispetto a quello tradizionale, purché vengano condivise regole comuni di comportamento, proprio in virtù delle sempre più pressanti regole del mercato (velocità, qualità, prezzi contenuti, standard qualitativi). Con riferimento alle attività agricole, vi è da osservare che gli interventi promossi sul territorio nell’ambito dell’attuazione del P.O. Feoga 1994-99 hanno consentito la diffusione dell’innovazione tecnologica e significativi miglioramenti fondiari ed aziendali con particolare riferimento ai comparti viticolo e olivicolo. Gli effetti di tali iniziative stanno facendosi lentamente sentire, ma, nel prossimo futuro, con particolare riferimento al settore olivicolo, si teme che senza adeguati interventi nei processi a valle della filiera (trasformazione e distribuzione) si possano creare eccessi di produzione e negativi effetti sulla qualità complessiva del prodotto trasformato. Tenendo conto della avanzata fase istruttoria, per l’olio extra vergine d’oliva “Sannio”, della richiesta di riconoscimento della DOP, l’obiettivo è quello di promuovere l’attivazione di iniziative in una logica integrata di filiera. Pertanto, gli interventi ritenuti necessari per lo sviluppo del settore olivicolo non saranno esclusivamente rivolti al settore primario ma, coerentemente allo spirito con il quale è stato modulato il POR (Misure 4.8 e 4.9), saranno orientati all’intera filiera. Si precisa, inoltre, che le iniziative dovranno essere finalizzate al miglioramento qualitativo del prodotto ed all’innovazione tecnologica e che si escluderanno interventi volti ad incrementare la capacità produttiva complessiva del territorio.

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In sintesi, per il comparto olivicolo si intende: - favorire interventi rivolti al rinnovamento dei vecchi impianti ed alla razionalizzazione degli stessi; - favorire, anche attraverso l’attivazione di servizi di assistenza tecnica, la diffusione delle moderne tecniche agronomiche e di trasformazione; - promuovere iniziative rivolte alla gestione in forma associata dei mezzi di produzione e tendenti sia al raggiungimento di significative masse critiche di produzione unitaria, sia all’abbattimento di costi di natura fissa, sia allo sviluppo di sinergie tra gli operatori che si muovono lungo la filiera; - promuovere iniziative rivolte all’ammodernamento degli impianti di trasformazione e di imbottigliamento; - promuovere la creazione di strutture associate per la gestione di un marchio comune; - favorire lo sviluppo di iniziative mirate alla valorizzazione delle produzioni locali anche attraverso l’organizzazione di eventi e manifestazioni a carattere stabile sul territorio. Favorire, altresì, la promozione del prodotto sui mercati extra locali attraverso l’organizzazione di mirate campagne di marketing. Piuttosto confortanti sono gli scenari che investono la produzione vitivinicola, in considerazione dell’andamento dei consumi che premiano in particolare i prodotti di pregio E’, inoltre, importante sottolineare la volontà della Comunità Montana del Titerno di dotare l’area di nuovi percorsi di eccellenza nel campo vinicolo, e che ha come obiettivo nel medio periodo la definizione dei protocolli per una nuova DOCG campana, cogliendo il favorevole periodo di crescita della domanda a livello sia nazionale che internazionale. Alla filiera del vino occorrono, inoltre, importanti passaggi nella direzione di una maggiore conoscenza del prodotto, ed un potenziamento del comparto attraverso lo svolgimento in loco di operazioni produttive e di servizio non presenti nell’area. Ci si riferisce, in particolare, alla dotazione in loco di produzioni di beni e servizi specificamente legati al comparto quali botti in legno, bottiglie, tappi, etichette. Soprattutto, si rileva la necessità di arricchire il potenziale della filiera anche intervenendo sulle professionalità necessarie (agronomi specializzati nel comparto ed enologi). Vanno, infine, potenziate le attività di valorizzazione del prodotto, puntando ad una maggiore coesione dell’azione sia tra i produttori che tra questi ultimi e la Comunità Montana. Per la vitivinicoltura si ritiene indispensabile favorire, dunque, in una logica di filiera, forme d’intervento volte a:

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- migliorare le tecniche di raccolta attraverso la diffusione della meccanizzazione; - valorizzare il patrimonio viticolo autoctono attraverso la diffusione delle moderne tecniche vivaistiche; - introdurre e diffondere l’innovazione tecnologica nella fase di vinificazione, finalizzata al miglioramento della qualità del prodotto; - migliorare le conoscenze specifiche su colture e metodologie di vinificazione anche attraendo nell’area e/o preparando personale professionale specializzato e puntando sulla strutturazione di centri di eccellenza - favorire lo sviluppo di iniziative mirate alla valorizzazione delle produzioni locali anche attraverso l’organizzazione di eventi e manifestazioni a carattere stabile sul territorio. Favorire, altresì, la promozione del prodotto sui mercati extra locali attraverso l’organizzazione di mirate campagne di marketing ed una più efficace articolazione del sistema distributivo; - allargare la filiera, e quindi la catena del valore, dotando l’area di tutte quelle produzioni a servizio specifico del comparto botti, bottiglie, tappi, etichette e confezioni particolari. Il settore zootecnico vive, invece, una preoccupante fase involutiva, fatta eccezione per alcune realtà di medie dimensioni operanti nella fascia valliva. L’eccessiva disgregazione del settore, così come la scarsa attenzione verso l’innovazione delle tecniche di allevamento, il benessere degli animali e la qualità totale rischiano di danneggiare l’immagine complessiva del prodotto e del trasformato. In particolare, il settore zootecnico necessita di interventi volti: - al miglioramento genetico e sanitario dei nuclei di allevamento esistenti, puntando sulla ulteriore diffusione delle tecniche di fecondazione artificiale, sul miglioramento degli standards alimentari e sulla diffusione dei servizi di assistenza veterinaria; - all’incentivazione di interventi per il miglioramento delle stalle esistenti, al fine di garantire il miglioramento delle condizioni igieniche e di benessere degli animali; - all’intensivizzazione degli allevamenti per migliorare le performances reddituali aziendali. Per le tre filiere “trainanti”, ma tale discorso è estendibile a tutte le aziende agricole, occorre inoltre intervenire su elementi strutturali che incidono sulla corretta gestione operativa e sui costi di produzione. Ci riferiamo, in particolare, ai diffusi fenomeni di parcellizzazione e frammentazione aziendale sui quali si ritiene di poter intervenire favorendo iniziative rivolte alla ricomposizione fondiaria.

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Alle operazioni mirate al potenziamento dei segmenti produttivi ora evidenziati si ritiene utile affiancare quelle inerenti altri comparti agricoli e della trasformazione agroalimentare che stanno via via assumendo una notevole importanza. Ci si riferisce, in particolare, a quella che è stata denominata come “filiera del tarallo”, che interessa anche altri prodotti da forno, nonché alle produzioni primarie quali mele annurche, castagne, funghi, ciliegie ed altri frutti di bosco e lavorazioni della carne quale il celebrato – benché prodotto in piccolissime quantità – prosciutto di Pietraroja. Gli interventi ipotizzati vanno, tuttavia, orientati a seconda dei singoli comparti considerati. Per la filiera dei prodotti da forno, la più importante in termini quantitativi, necessitano, infatti, iniziative in grado di irrobustire il settore sul piano delle capacità produttive e commerciali, oltre che sul piano delle potenzialità di integrazione verticale ed orizzontale. Per gli altri comparti, specie per quelli inerenti le produzioni primarie, si rende necessaria una politica di concertazione e valorizzazione collettiva, che vada ad integrarsi con altre iniziative di promozione delle risorse locali (turismo enogastromomico, ad esempio). In ogni caso, per i segmenti produttivi illustrati la logica d’intervento deve essere ispirata ad una logica di filiera, intesa come integrazione di rapporti e di relazioni tra soggetti produttori, trasformatori e distributori, allo scopo di sviluppare sinergie finalizzate sia al contenimento dei costi ed alla massimizzazione del valore aggiunto della filiera, sia al miglioramento qualitativo del prodotto sia, infine alle iniziative di valorizzazione e di promozione. In alcuni casi, con particolare riferimento alla filiera vitivinicola, tale processo riorganizzativo è stato già avviato con successo. Ciò che preme rilevare è che l’impostazione metodologica assunta dal presente Piano ha un riferimento programmatico nel POR Campania laddove, nella definizione degli obiettivi dell’intervento a carico del Feoga Orientamento, si fa esplicito riferimento a Piani Integrati di Filiera, quali linee d’indirizzo programmatico per il sostegno e lo sviluppo delle attività di produzione agricola e trasformazione agroalimentare. Riguardo al sistema delle realtà produttive manifatturiere, le linee d’indirizzo sono molteplici e rivolte sia all’adeguamento strutturale e tecnologico aziendale, sia alla creazione di condizioni localizzative favorevoli all’insediamento di nuove imprese ed al rafforzamento competitivo di quelle esistenti. In particolare, riguardo all’adeguamento strutturale e tecnologico delle aziende, si ritiene strategico favorire lo sviluppo in due direttrici, che ad una prima lettura potrebbero apparire contrastanti ma che, in realtà, sono orientate al perseguimento dello stesso obiettivo: la prima è rivolta alla diversificazione produttiva ed alla integrazione tra i comparti merceologici in relazioni orizzontali e/o verticali. La seconda è

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orientata al sostegno di quei settori produttivi, con particolare riferimento all’artigianato tradizionale ed industriale che, per diversi aspetti, rappresentano (o, in prospettiva possono rappresentare) un elemento di sostegno agli altri settori produttivi ed all’immagine dell’intero territorio. Una prescrizione di carattere generale riguarda invece l’insediamento di nuove unità produttive ad elevato impatto ambientale, che contrasta con le finalità generali del Piano. In particolare, gli orientamenti strategici volti a favorire lo sviluppo del settore manifatturiero saranno indirizzati a: - promuovere la nascita di nuove imprese sostenendo l’attrazione di nuovi insediamenti; - rafforzare il tessuto produttivo esistente agevolando investimenti di ampliamento, ammodernamento e riqualificazione; - supportare i nuovi investimenti affiancando un’azione di diffusione della conoscenza e facilitando l’accesso alla finanza agevolata; - incentivare alcuni settori produttivi caratterizzati da piccole imprese in grado di sviluppare interrelazioni economiche di subcommittenza e verso i quali si ritiene significativo promuovere nuovi livelli di cooperazione e di confronto per accelerare il processo di qualificazione della subfornitura e attivare nuove esperienze di comakership; Una simile strategia, che intensifica le relazioni di carattere orizzontale, permetterebbe di aumentare il tasso di integrazione ed interdipendenza tra l’impresa ed i suoi ambienti di riferimento; - agire sul terreno dell’animazione economica e dello sviluppo aziendale, nonché su azioni dimostrative in termini di servizi innovativi e supporto alla ricerca di partnership industriali; - innalzare il livello di interesse a forme di intervento a sostegno dell’economia sociale. Le caratteristiche del territorio (forti livelli di disoccupazione giovanile e femminile con presenza di piccoli comuni sottodimensionati in termini di possibilità di intervento diretto su servizi socio/assistenziali di secondo livello e caratterizzati da un potenziale significativo sviluppo su terreni naturalistico/ambientali), rendono interessante un intervento sperimentale sul terreno del terzo settore, A sostegno di ciò si propone un intervento articolato di animazione, aiuti agli investimenti e formazione che favorisca l’evolvere di esperienze di volontariato in nuove attività a schema imprenditoriale; Infine, con riferimento alle iniziative di sviluppo in chiave turistica del territorio, queste vanno opportunamente integrate con le attività agricole, ma anche con i servizi culturali e ricreativi che si sviluppano sul territorio. Lo scopo è quello di ampliare e diversificare il pacchetto di offerta turistica enfatizzando le vocazioni che i singoli

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ambiti territoriali manifestano e che sono state precedentemente individuate in sede di analisi del profilo territoriale del comprensorio. La logica sulla quale poggia l’individuazione del turismo quale volano dell’economia rurale deriva da una serie di elementi, tra i quali preme sottolinearne tre. Il primo riguarda la diversificazione delle attività produttive locali, che consente non solo di ampliare l’offerta complessiva del territorio ed il relativo grado di attrattività, ma anche di fornire occasioni di reddito integrative a quello agricolo, contribuendo al raggiungimento di uno degli obiettivi del piano (garantire redditi adeguati alle popolazioni locali). Il secondo fa riferimento alla fruizione del territorio e delle sue risorse ambientali, culturali e paesaggistiche, nella logica, esposta in premessa, di valorizzazione anche in chiave economica. Il terzo riguarda la capacità di muovere un indotto significativo e di valorizzare l’immagine (ed aumentare il consumo) della produzione agricola, agroalimentare ed enogastronomica del comprensorio. Affinché sia possibile sviluppare il settore turistico in un’area, sono indispensabili due elementi: il primo è rappresentato dall’offerta complessiva di attrattive (da quelle paesaggistico-ambientali a quelle produttive a quelle storico-culturali); il secondo è rappresentato dal livello e dall’articolazione dei servizi destinati all’utenza turistica (ospitalità, ristorazione, strutture ludico-ricreative, eventi di animazione turistica, ecc...). Il primo elemento considerato rappresenta il patrimonio da tutelare, preservare e valorizzare. Il secondo rappresenta invece lo strumento attraverso il quale la domanda turistica incontra il territorio. E’ pertanto indispensabile procedere su una duplice linea d’intervento: la prima mira principalmente alla cura delle componenti territoriali che rappresentano altrettante attrattive in senso turistico; la seconda è volta, invece, all’adeguamento dell’offerta di servizi, non solo riguardanti l’ospitalità e la ristorazione in senso stretto, ma anche “di supporto”. Il PSSE dovrà, quindi, porre l’accento sulla razionalizzazione del comparto ricettivo, da realizzare attraverso la dotazione del territorio di strutture coerenti con le caratteristiche del territorio e del potenziale target di utenza. Ci si riferisce, in particolare, alla dotazione di strutture ricettive extra-alberghiere da insediare in complessi architettonici di pregio quali masserie ed altri fabbricati rurali. Tale complesso di operazioni contribuirebbe, inoltre, alla ristrutturazione di manufatti edilizi altrimenti destinati ad un inesorabile declino. Occorre, inoltre, promuovere la diffusione di strutture agrituristiche, Bed & Breakfast, rifugi, piccole strutture per poter praticare attività ludico-sportive (ad esempio: equitazione, pesca sportiva, nuoto, ecc.) e

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infrastrutturare percorsi, itinerari, aree di sosta, ecc., per agevolare la fruizione del territorio da parte della potenziale domanda La strategia di razionalizzazione e potenziamento della “industria ricettiva” locale deve, inoltre, puntare sul miglioramento delle conoscenze gestionali da parte degli operatori e sul rafforzamento di politiche di coesione tra le diverse realtà impegnate nella filiera turistica. Un comparto i cui obiettivi di efficacia ed efficienza saranno centrati attraverso un impegno di collaborazione anche con le amministrazioni locali e di programmazione attenta delle diverse risorse. Lo sviluppo in chiave turistica deve prevedere pertanto una diversificazione dell’offerta di servizi, ma anche occasioni per il “consumo” delle tradizioni culturali, folkloriche ed enogastronomiche del territorio. A tale scopo l’offerta deve puntare sui tematismi e le vocazioni dei singoli ambiti territoriali, secondo lo schema illustrato in sede di descrizione dei profili territoriali. B.II Sviluppare politiche volte alla valorizzazione ed alla commercializzazione delle produzioni tipiche locali. La valorizzazione delle produzioni costituisce un caposaldo per lo sviluppo delle attività locali, come ben dimostra il recente e crescente successo di alcune produzioni vinicole locali. Una buona strategia della comunicazione, in uno con il rafforzamento della consapevolezza circa le proprie potenzialità costituiscono un fondamentale criterio operativo da affiancare alle peculiarità strettamente pertinenti alle fasi produttive. Tuttavia, è indubbio che tale attività non può, per le ridotte dimensioni medie delle iniziative imprenditoriali presenti, essere sviluppata a livello d’impresa, ma deve divenire il momento di aggregazione, sia in senso orizzontale che in senso verticale, dei protagonisti delle diverse filiere produttive. In tal senso, il perseguimento di detto obiettivo deve essere intimamente connesso all’adozione di idonee misure finalizzate allo sviluppo di forme di gestione associata e/o collettiva delle singole fasi di processo lungo la filiera ed è dunque strettamente correlato all’obiettivo di cui al punto B.III. B.III Promuovere forme di integrazione orizzontale e verticale nel sistema delle PMI locali, favorire lo sviluppo di forme associazionistiche e sviluppare sinergie con il settore primario. Le ridotte dimensioni aziendali (in tutti i settori produttivi) condizionano enormemente la crescita economica. Alcuni degli effetti più evidenti prodotti dalla frammentazione della struttura produttiva sono: incremento dei costi fissi, riduzione dei margini operativi, debolezza contrattuale nei confronti di fornitori e di clienti, minori capacità finanziarie e patrimoniali, ridotte capacità produttive, inefficiente allocazione dei fattori produttivi, mancato

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raggiungimento di una massa critica di offerta in grado di giustificare investimenti in nuovi prodotti/mercati, mancato raggiungimento degli obiettivi della standardizzazione qualitativa. La conseguenza di tali effetti è rappresentata dalla stagnazione del sistema produttivo, sostanzialmente anelastico rispetto alle sollecitazioni esogene. Unica eccezione in tale panorama è rappresentata dalla già descritta diffusione di strutture associate nel settore vitivinicolo, i cui positivi effetti sono ampiamente verificati dai risultati complessivi che ha raggiunto il settore nel territorio, e che attendono di essere trasferiti anche in altri settori produttivi. L’obiettivo dell’aggregazione imprenditoriale (verticale e orizzontale) particolarmente pressante osservando la strutturazione della filiera olivicola, può essere assunto come modello per descrivere gli effetti di una mancata integrazione intersettoriale anche in altri settori produttivi. Gli sforzi compiuti, anche grazie all’intervento del Feoga, per favorire l’ammodernamento degli impianti di coltivazione e delle tecniche di allevamento, hanno indubbiamente prodotto positivi effetti sia sui livelli qualitativi del prodotto, sia sull’ambiente. Il problema che oggi si presenta è che i risultati rischiano di essere vanificati dalla mancata riorganizzazione delle fasi di trasformazione e di distribuzione, proprio a causa del mancato collegamento tra gli operatori delle varie fasi a monte ed a valle della filiera. Nel sistema delle PMI manifatturiere e dell’artigianato lo scenario non si presenta diverso. Emerge dunque la necessità di aggregare capacità ed esperienze anche al fine di acquisire una massa critica dimensionalmente idonea ad affrontare le dinamiche competitive su scala più ampia. Più in generale, l’obiettivo proposto mira allo sviluppo di sinergie tra gli attori economici del territorio. B.IV Sviluppare attività di servizio alle piccole e medie imprese, con particolare riferimento al settore finanziario, alla consulenza tecnico-produttiva inclusi i servizi di certificazione dei sistemi di qualità, all’assistenza commerciale, promozionale e di marketing anche mediante la diffusione e l’utilizzo di strumenti telematici. L’obiettivo è quello di soddisfare la domanda espressa dalla struttura produttiva locale e di stimolarne la domanda potenziale in termini di servizi avanzati, spesso condizionata dai limiti dimensionali e dalla fragilità finanziaria delle stesse, nonché dalla ridotta conoscenza degli incentivi e delle agevolazioni disponibili in materia. I servizi di sostegno alla commercializzazione e all'internazionalizzazione, così come i servizi di certificazione di qualità, rappresentano al pari dell'innovazione tecnologica altrettanti fattori di importanza strategica per lo sviluppo e l'ammodernamento del settore produttivo, contribuendo al tempo stesso a rafforzarne la competitività sul

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mercato. A tal proposito si sottolinea la stretta interconnessione esistente tra la presente misura e gli aiuti agli investimenti tecnologici oggetto di incentivi diretti alle imprese nell'ambito dell’obiettivo B.I. L’obiettivo interagisce anche con la creazione di un centro servizi per le imprese che consenta l’accesso alle informazioni commerciali e finanziarie ed al disbrigo delle pratiche amministrativo-burocratiche. B.V Innalzare il livello di cultura manageriale dell’imprenditoria locale. L’invecchiamento della classe imprenditoriale locale, legata a modelli di sviluppo ormai arcaici ed orientata, dal punto di vista della gestione d’impresa, all’adozione di prassi ormai non più in linea con le esigenze determinate dai mutati scenari di mercato (globalizzazione, riassetto della distribuzione, nuove tecnologie, ecc.) rappresenta un problema non irrilevante ai fini del raggiungimento degli obiettivi appena elencati. Prevalgono, difatti, approcci al mercato di tipo individualistico e poco inclini alle innovazioni (sia rivolte ai nuovi processi/tecniche, sia rivolte a nuovi prodotti/mercati, sia, infine, rivolte a nuovi metodi di gestione). Favorire l’innalzamento culturale dell’imprenditoria locale diventa pertanto una condizione indispensabile affinché l’adozione delle linee strategiche adottate nel Piano possano essere condivise attivamente e produrre i risultati auspicati. Le formule con le quali sviluppare tale crescita culturale possono poggiare sia sui tradizionali strumenti formativi (corsi di formazione professionale, stages, visite aziendali), sia attraverso una più compiuta diffusione delle informazioni, anche favorendo lo scambio di esperienze con altri territori, sia rafforzando le attività di divulgazione ed assistenza tecnica. Un preciso obiettivo, inoltre, riguarda anche la necessità di favorire lo sviluppo delle attività artigianali a carattere artistico, particolarmente rilevanti nell’area, ma che richiedono interventi specifici anche nella formazione delle risorse umane (si pensa, ad esempio, a formule di apprendistato, all’organizzazione di scuole- bottega) al fine di non disperdere le capacità manuali ed artistico- creative che la tradizione ha tramandato fino ai nostri giorni.

C.I Informatizzazione di base avanzata. Una specifica carenza è rappresenta dall’accessibilità alle nuove tecnologie ed ai servizi informativi. Da questo punto di vista occorre precisare che, sul territorio, le nuove tecnologie dell’informazione (almeno per quanto riguarda l’utenza familiare) appaiono relativamente più diffuse di quanto non accada in altri contesti montani, anche limitrofi. Non esistono, in tal senso, statistiche ufficiali disaggregate a livello comunale. E’ tuttavia diffusa la sensazione che nel territorio del Titerno ci sia una maggiore apertura verso tali nuove tecnologie e che l’alfabetizzazione informatica proceda più velocemente che in altri

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ambiti della provincia, sebbene anche in questo caso si riscontri una certa disomogeneità all’interno del territorio. L’obiettivo proposto si riferisce, pertanto, a favorire la diffusione della conoscenza e dell’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche. Tale obiettivo, naturalmente, pur essendo direttamente indirizzato alla popolazione locale, produce significativi effetti anche sul mondo produttivo. Favorire, inoltre, l’accessibilità alle informazioni, anche alla luce delle nuove tecnologie disponibili, significa infrastrutturare il territorio consentendo il rafforzamento delle reti elettriche, telefoniche e telematiche. C.II Adeguare la dotazione di servizi alla popolazione. In particolare, occorre favorire il riequilibrio territoriale tra gli ambiti più dinamici posti a valle e le aree più interne. La situazione attuale della Comunità Montana, difatti, non appare eccessivamente carente relativamente alla dotazione di alcuni servizi fondamentali, con particolare riferimento a quelli sanitari e scolastici. La dotazione di servizi sanitari appare generalmente sufficiente, almeno come offerta di prestazioni e servizi ospedalieri. Occorre invece rendere maggiormente disponibili prestazioni di carattere ambulatoriale, e migliorarne l’accessibilità. Parimenti, dal punto di vista quantitativo anche i servizi scolastici presentano una discreta offerta, ma occorre riqualificarne il profilo integrando i servizi di base con iniziative culturali e para-scolastiche favorendo, altresì, la creazione di spazi per attività di sperimentazione tecnico-scientifica e per lo sviluppo di attività di qualificazione professionale post scuola dell’obbligo. Sono invece del tutto insufficienti le strutture legate alla cultura, allo svago, al tempo libero e, in genere, orientate all’aggregazione sociale delle popolazioni locali. La vicinanza con il capoluogo e con il centro di Telese, con le qualificate offerte di servizi di tal genere, riesce in qualche modo a soddisfare le esigenze espresse in tal senso dalle fasce di popolazione residenti nei centri limitrofi, ma il relativo potere “attrattivo” si affievolisce con l’aumento della distanza e dei tempi di percorrenza, rendendo particolarmente oneroso il soddisfacimento dei bisogni espressi dalle popolazioni residenti nei comuni montani e limitandone la fruizione agli abitanti autonomi dal punto di vista della mobilità. Ne consegue che occorre, principalmente, favorire la creazione di spazi per le attività culturali e ricreative in genere. In tal senso occorre tener conto non solo del mutato profilo della domanda interna (crescita dei livelli culturali medi, maggior disponibilità di tempo libero), ma anche delle attese alimentate dallo sviluppo del territorio anche in chiave turistica. Occorre cioè tener conto che la dotazione di servizi culturali e ricreativi si rivolge sia alle popolazioni locali (le

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quali esprimono una domanda nel corso dell’intero arco dell’anno) che alla potenziale domanda formulata da turisti. Naturalmente, tale obiettivo richiede sia interventi di tipo “strutturale”, rivolti cioè all’arricchimento delle dotazioni fisse, alle relative attrezzature ed allestimenti, sia attività di animazione, che assumono aspetti maggiormente “immateriali”, ossia eventi e manifestazioni a carattere culturale (teatrale, cinematografico, congressuale, musicale) e ludico-ricreativo.

D.I Adeguare le dotazioni infrastrutturali del territorio. Obiettivo che si puntualizza sia in relazione alle esigenze dettate dalla competizione, sia ai fabbisogni manifestati dalle popolazioni rurali locali. Sotto questo aspetto, come precisato in premessa, occorre muoversi con particolare attenzione visto l’impatto sul territorio e sulla sua componente ambientale e paesaggistica. L’obiettivo che ci si prefigge è quello di ridurre le diseconomie esterne legate alla particolare condizione orografica del territorio ed al miglioramento dell’accessibilità ai principali mercati da parte delle imprese locali. Se la struttura viaria si presenta accettabile, quantomeno relativamente ai collegamenti esterni e tra i centri rurali del comprensorio, meno soddisfacente appare la struttura viaria secondaria, di allacciamento alle maglie esistenti, ed interpoderale, che andrebbe adeguata alle mutate esigenze di mobilità interna. E’ tuttavia necessario che tali adeguamenti siano supportati dal potenziamento del sistema di trasporti pubblici e collettivi, dei quali va studiata una migliore organizzazione per migliorarne l’efficacia. Si ritiene inoltre indispensabile, ai fini di una valorizzazione in chiave turistica del territorio, prevedere la realizzazione di un sistema di infrastrutture leggere destinate a rendere fruibili le risorse del patrimonio ambientale e naturalistico del territorio. In particolare, si pensa alla realizzazione e/o al ripristino ed alla funzionalizzazione di sentieri, percorsi, aree attrezzate, ecc. Altri interventi infrastrutturali indispensabili per adeguare la dotazione territoriale possono essere individuati nei seguenti: - captazione e la distribuzione delle risorse idriche è un ulteriore argomento che l’azione di programmazione della Comunità Montana deve affrontare, con l’obiettivo di migliorare il grado di utilizzazione delle risorse disponibili, sia a scopi potabili, sia ai fini irrigui, zootecnici e industriali. Occorrerà, in particolare, prevedere interventi finalizzati alla revisione e l’ampliamento delle reti acquedottistiche, alla ricerca e la captazione delle sorgenti, alla creazione di invasi per l'accumulo e la regimazione delle acque meteoriche e superficiali.

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- piccole infrastrutture che possano rappresentare un volano al decollo di nuove iniziative imprenditoriali. - rafforzamento delle dotazioni infrastrutturali e di servizio delle aree di insediamento produttivo. Ciò vuol dire che l’intervento dovrà essere finalizzato all’adeguamento infrastrutturale delle aree già esistenti o individuate. E’ altresì opportuno, ove i Piani Regolatori ed i vincoli a protezione dell’ambiente lo consentano, prevedere limitati ampliamenti delle stesse aree. In sostanza l’intervento, coerentemente con l’obiettivo di salvaguardia e tutela del territorio, dovrà essere concentrato su poche strutture, rafforzandone tuttavia le potenzialità. - miglioramento nella rete infrastrutturale e nella erogazione dei servizi nelle comunicazioni e telecomunicazioni; D.II Centro di eccellenza imprenditoriale. Lo scopo della realizzazione di un Centro di eccellenza imprenditoriale, la cui naturale ubicazione sarà l’incubatore, è rappresentato dalla necessità di promuovere la nascita di nuove imprese nel territorio del Titerno. Le esperienze maturate in altri contesti sono ampiamente positivi e tale circostanza rappresenta un presupposto incoraggiante al quale la Comunità Montana intende dar seguito. Ampia descrizione dell’iniziativa è offerta in allegato al PSSE.

D.III Sportello Unico delle attività produttive. Lo scopo è di promuovere la creazione di uno sportello che favorisca la creazione di nuove attività economiche limitando il più possibile i tempi di accesso e le difficoltà della burocrazia all’ottenimento di tutto il complesso di autorizzazioni, licenze e permessi per lo svolgimento dell’attività. La semplificazione delle procedure, in uno con la possibilità di svolgere presso un unico “interlocutore” attività la cui competenza era demandata a soggetti diversi e fisicamente distanti, può rappresentare un notevole impulso all’iniziativa privata.

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13. Individuazione degli indicatori finanziari, fisici, di risultato e d’impatto

La valutazione dell’efficacia e dell’impatto delle politiche territoriali riveste un ruolo sempre crescente nell’attuazione delle politiche di sviluppo e, come peraltro previsto dal Regolamento generale del Consiglio Europeo sui Fondi Strutturali, n. 1260/99, viene in taluni casi resa obbligatoria. Nel nostro caso, pur non sussistendo alcun vincolo di natura normativa che imponga la necessità di approntare un sistema di Monitoraggio e Valutazione (M&V), è tuttavia evidente la necessità di individuare, in fase di attuazione ed ex post, lo stato d’avanzamento del Piano ed il grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati. Non è questa la sede nella quale approfondire il ruolo e le funzioni attribuite alle attività di Monitoraggio e Valutazione, né tampoco quella in cui illustrare analiticamente le relazioni tra queste attività ed il processo di programmazione22. È tuttavia opportuno precisare che gli obiettivi della valutazione non si rivolgono ai singoli progetti, ma al Piano nel suo complesso, che risulta un aggregato organico ed integrato di progetti molto eterogenei sia dal punto di vista degli strumenti di intervento, che dei settori interessati. Naturalmente, occorre tener conto del fatto che il Piano di Sviluppo Socio- Economico non è uno strumento di progettazione esecutiva quanto, piuttosto, un insieme coordinato ed organico di proposte e di indirizzi la cui coerenza con le finalità complessive del PSSE e della programmazione di livello superiore, rappresenta la condizione che subordina l’eleggibilità delle proposte stesse. Di conseguenza, le attività di M&V potranno essere articolate nel modo appresso descritto.

Þ individuazione degli ambiti delle attività di M&V. In particolare, sarà utile verificare lo stato d’avanzamento finanziario, e lo stato d’avanzamento fisico (di realizzazione) del Piano. L’analisi degli indicatori individuati dovrà consentire di esprimere una valutazione in termini di impatto socio-economico delle attività individuate nel Piano.

Þ definizione di una batteria di indicatori adeguata agli obiettivi globali e specifici che si intendono perseguire.

22 Per un approfondimento metodologico si veda, tra gli altri, “Monitorare e Valutare i Fondi Strutturali” – INEA – Roma, 2000

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Il sistema di monitoraggio e Valutazione si potrà avvalere di due tipi di indicatori: a. indicatori di realizzazione; Fra tali indicatori si individuano: a.1. indicatori finanziari. Riguardo agli aspetti finanziari, normalmente le analisi si soffermano su indicatori che misurano:

è la capacità di impegno (rapporto tra somme impegnate e somme stanziate);

è la capacità di spesa (rapporto tra spese effettuate e somme stanziate);

è la capacità di pagamento (rapporto tra spese effettuate e somme impegnate). Tuttavia, in considerazione di quanto affermato in premessa (natura del Piano, che non rappresenta uno strumento esecutivo per l’attivazione del quale siano già destinate risorse finanziarie) appare utile analizzare un ulteriore elemento che misuri la capacità di attivare operativamente azioni ed interventi (e relative mobilitazioni di risorse) rispetto a quelle programmate. Tale indicatore, che definiremo:

è capacità di attivazione di stanziamenti, sarà dunque dato dal rapporto tra risorse effettivamente mobilitate e risorse programmate e misura il grado di efficienza nella gestione operativa del Piano e la capacità di attivare e mobilitare risorse finanziarie sul territorio rispetto a quanto ipotizzato in sede di pianificazione.

a.2. indicatori fisici. Tali indicatori devono fornire una quantificazione del grado di realizzazione degli obiettivi “fisici” stabiliti a livello di Piano, nonché i relativi risultati ed effetti diretti. Naturalmente, in itinere ed ex post l’analisi dovrà essere sviluppata a livello di singolo progetto, ma dovrà comunque essere ricondotta alla articolazione del PSSE nel suo complesso.

Gli indicatori finanziari e fisici rappresentano la base per l’analisi di altri significativi indicatori: § indicatori di efficacia (rapporto tra risultati raggiunti e risultati attesi);

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§ indicatori di efficienza (rapporto risultati ottenuti e risorse finanziarie mobilitate).

b. indicatori di impatto Obiettivo degli indicatori d’impatto è invece quello di fornire una quantificazione dell’impatto delle attività pianificate sul sistema socio-economico del territorio interessato: b.1. indicatori di impatto specifico: questi indicatori misurano l’intensità o la portata degli interventi e delle azioni sul territorio oggetto del PSSE, rapportando gli effetti fisici rispetto alle entità potenzialmente beneficiarie o destinatarie; b.2. indicatori di impatto globale: questi indicatori misurano in che modo le attività pianificate incidono rispetto agli obiettivi globali definiti nel Piano.

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14. Individuazione del piano integrato degli interventi

Il P.S.S.E. rappresenta il principale strumento di programmazione delle risorse del territorio e riafferma la centralità del ruolo della Comunità Montana quale motore di sviluppo endogeno, integrato ed omogeneo, dell’intero comprensorio del territorio. L’attività di pianificazione che si esplicita nel presente documento, tuttavia, consente in via indiretta il perseguimento dei seguenti obiettivi generali: · costruire un quadro conoscitivo complessivo delle caratteristiche socio-economiche ed ambientali del territorio da arricchire e affinare con regolarità e costanza, al fine di elevare sempre più la coscienza collettiva dei problemi legati sia alla tutela ambientale, sia alla organizzazione del territorio; · promuovere una positiva e razionale coniugazione tra le ragioni dello sviluppo e quelle proprie delle risorse naturali, la cui tutela e valorizzazione sono riconosciuti come valori primari e fondamentali per il futuro della Comunità Montana; · sostenere, interagendo con altri strumenti di pianificazione e programmazione territoriale (vigenti o redigendi) dei vari Enti che hanno competenze sul territorio, il ruolo della Comunità ai "tavoli della programmazione negoziata e della concertazione interistituzionale". E’ innegabile, infatti, che al di là delle priorità e degli indirizzi che il P.S.S.E. propone, risulta comunque evidente il valore che esso rappresenta come momento di lettura sintetica e complessiva dei multiformi aspetti che contraddistinguono le specificità delle realtà territoriali. Da tali enunciazioni, quindi, emerge in modo nitido il ruolo che la Comunità Montana si candida ad esercitare nell’immediato futuro, sia nella traduzione operativa del Piano. Ruolo di governo dei processi di sviluppo che, per quanto riguarda le misure programmate, sarà attuato con modalità distinte, in relazione alla natura ed alla tipologia dell’azione. Più precisamente potranno aversi azioni: · ad intervento diretto della Comunità Montana: l’azione è già precisamente identificata dal programma e corrispondente ad esigenze specifiche e dirette della Comunità Montana che ne assume pertanto la titolarità; · a regia della Comunità Montana: riguarda tutte quelle attività nelle quali l’Ente assume compiti di indirizzo e di coordinamento delle azioni di sviluppo la cui titolarità è assunta da altri soggetti,

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eventualmente partecipati dalla Comunità Montana, ovvero promovendo la concertazione interistituzionale e partecipando ai tavoli della programmazione negoziata; · indotte dalla Comunità Montana: concerne quelle attività di fertilizzazione del territorio (creazione di infrastrutture, formazione) in grado di generare logiche di sviluppo, ovvero attività riconducibili all’azione di orientamento e di stimolo dell’interesse degli Enti locali, dei soggetti economici o degli altri attori privati, ai quali la Comunità rivolge invito a presentare proposte progettuali in sintonia con gli obiettivi di piano. L'esame delle specificità dell'area di intervento, in uno con le sollecitazioni provenienti dalla strumentazione disponibile in termini di promozione dei sistemi locali, ha consentito la strutturazione di un complesso di proposte- iniziative in grado di conferire alla Comunità Montana del Titerno le attese possibilità di attuare percorsi di rimozione dei divari socio-economici nonché di valorizzazione delle sue potenzialità. Più precisamente, il complesso di linee di intervento di seguito proposte è stato concepito in modo da cogliere le specifiche esigenze di sviluppo economico e di miglioramento della qualità della vita riscontrate nell’analisi socio-economica dell’area, interpretandole alla luce del lavoro di programmazione delle risorse regionali e comunitarie effettuata attraverso il POR. Tale operazione si è, quindi, tradotta in una strutturazione per assi, misure e azioni, individuando per ciascuna di esse gli strumenti di base contenuti nel richiamato documento di programmazione regionale. Secondo tale schema di ragionamento si possono raggruppare le linee di intervento lungo i seguenti assi prioritari:

A. Miglioramento del livello di attrattività delle Risorse ambientali e storico – culturali L’asse in esame include iniziative orientate a promuovere la salvaguardia e lo sviluppo delle del patrimonio ambientale, storico, artistico e culturale come risorsa economica in chiave turistica. Il contesto ambientale e paesaggistico rappresenta la principale ricchezza di cui dispone il comprensorio non solo per i già richiamati ruoli assunti dalle aree montane nei confronti di quelle maggiormente urbanizzate e delle prospettive di sviluppo in chiave turistico-ambientale ma, concretamente, perché ad esso è legata l’immagine delle produzioni territoriali di maggior pregio. La Comunità Montana del Titerno costituisce, infatti, un concentrato di risorse territoriali particolarmente ricco e che costituiscono il principale volano di sviluppo dell’area. A tali risorse è importante aggiungere alcune tipicità dell’area quali, ad esempio, il parco nato intorno ai recenti ritrovamenti preistorici (il dinosauro Ciro), che rafforzano le caratteristiche attrattive dell’area. Non vanno inolte dimenticate le emergenze di particolare pregio urbanistico ed

136 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno architettonico e le tradizioni folkloriche, religiose ed enogastronomiche specifiche dei singoli ambiti della Comunità. L’Asse include, pertanto, sia interventi rivolti alla protezione ed alla salvaguardia della risorsa ambiente e del patrimonio di risorse culturali ed artistiche, sia iniziative volte a favorire una valorizzazione di tali risorse.

B. Razionalizzazione e rafforzamento del sistema delle attività produttive e dei servizi alle imprese Le Misure dell’Asse B intendono promuovere il rafforzamento del sistema economico-produttivo, con particolare attenzione verso le piccole e medie imprese operanti nei comparti agro alimentare e dell’artigianato industriale e “creativo”. Lo sviluppo delle attività produttive costituisce, in uno con un corretto e mirato utilizzo delle ricchezze del territorio, una ulteriore insostituibile priorità operativa per la Comunità Montana. Priorità, peraltro, dettata dalla necessità di avviare una catena virtuosa di sviluppo che miri all’innalzamento dei livelli occupazionali e, quindi, di benessere nell’area. La ricchezza delle risorse della terra costituisce, all’interno di tale percorso, un fenomeno a sé, che da solo meriterebbe un approfondimento autonomo. Ci si riferisce ovviamente alla “filiera del vino”, che tanta attenzione sta suscitando a livello sia nazionale che internazionale. Vi sono, inoltre, altre importanti risorse imprenditoriali impegnate in alcuni comparti, quali l’olivicoltura, la frutticoltura, i funghi ed i frutti del bosco, i prodotti da forno, l’artigianato artistico e quello industriale, che necessitano un forte impegno in termini di potenziamento e, soprattutto, di coesione tra le diverse compagini operative. Rafforzare le conoscenze imprenditoriali in termini di gestione e promozione, allargare/integrare le filiere locali attraverso nuove produzioni in direzione di un potenziamento della “catena del valore”, puntare sulle nuove risorse della Information and Communication Techology e dell’e-commerce costituiscono, più precisamente, un complesso di azioni necessarie per il rafforzamento del sistema economico territoriale. In ragione di tali considerazioni, si ritiene essenziale porre l’accento su percorsi di sviluppo capaci di valorizzare nel medio e nel lungo periodo le potenzialità attrattive dell’area sperimentando strategie di sviluppo incentrate sulla ricettività rurale, cioè di un mix di offerta turistica che coniughi ambiente, tradizioni, ricchezze della terra ed è in grado di competere in modo forte con le altre offerte regionali. Un mix che punti, inoltre, ad arricchire il grado di “conoscibilità” delle ricchezze locali attraverso, ad esempio, un sistema museale incentrato sulle principali peculiarità dell’area. Sul piano strettamente agro-alimentare si ritiene, inoltre, utile proseguire in un percorso di eccellenza, ad esempio puntando su di un maggiore livello di conoscenza di alcune colture (ci si riferisce, in particolare, ai vitigni Falangina e Aglianico) e sullo studio di una nuova DOCG regionale.

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C. Miglioramento dei servizi alla popolazione ed agli operatori economici locali Il potenziamento del grado di attrattività dell’area pone alcune necessità in termini di miglioramento delle condizioni di vivibilità della popolazione e delle imprese. Un miglioramento che tenga ben presente, in particolare, le caratteristiche della popolazione, il cui dato principale riguarda l’età media, generalmente più elevata rispetto alle fasce costiere. I servizi di cui la comunità necessita vanno, tuttavia, accompagnati da ipotesi operative capaci di innescare percorsi di avanzamento sociale, caratterizzati da un innalzamento dei livelli di conoscenza e di coesione sociale. Si fa specifico riferimento a spazi per l’aggregazione, biblioteche e centri culturali, spazi per la produzione di eventi di spettacolo. I servizi ritenuti fondamentali per l’area riguardano, inoltre, le necessità di base, soprattutto per quanto riguarda la terza età e la prima infanzia. Si fa specifico riferimento a servizi di assistenza sanitaria di base, a servizi di trasporto collettivo, al miglioramento degli spazi urbani sul piano della agibilità, alla dotazione si spazi per lo sport ed il tempo libero. Al soddisfacimento di tali necessità di base va inoltre aggiunto l’obiettivo di assecondare l’evoluzione tecnologica che l’attuale scenario propone, adeguando le conoscenze e la diffusione degli strumenti operativi dell’informatica e delle telecomunicazioni.

D. Adeguamento delle dotazioni infrastrutturali del territorio e reti di servizi Il livello di infrastrutturazione del comprensorio si mantiene su livelli medi appena sufficienti, specie se si osserva la fascia meridionale dell’area. Tuttavia, è stato sottolineato come, da questo punto di vista, si registri un’elevata disomogeneità tra i vari ambiti territoriali. Le proposte elaborate nel PSSE mirano, in primo luogo, a riequilibrare tali condizioni, non tanto intervenendo con iniziative di tipo “pesante” e dall’elevato costo in termini ambientale, né di snaturare le specificità e le vocazioni degli ambiti territoriali più marginali. L’obiettivo è, invece, quello di migliorare le condizioni complessive di vivibilità e di fruibilità del territorio, partendo, in primo luogo, dalle istanze della popolazione residente e, al tempo stesso, prevedere la realizzazione di piccole infrastrutture specificamente orientate a favorire lo sviluppo delle attività turistiche in ambito rurale e assicurare la fruizione del patrimonio ambientale e naturalistico ai potenziali utenti. Altro obiettivo è riferito alla necessità di incrementare il grado di attrattività del territorio, favorendo la nascita e lo sviluppo di nuova imprenditoria. Ci si riferisce, in particolare, ad infrastrutture, quali gli incubatori di imprese, in grado di accogliere le nuove realtà operative, specie se attivate nell’ambito dell’imprenditoria giovanile, ed assisterle nelle prime fasi di gestione. Strutture di questo tipo, magari articolate sul territorio in modo da rivitilizzare manufatti edilizi non più in uso, potranno ospitare,

138 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno inoltre, servizi alle imprese quali lo sportello unico ed attività di consulenza ed orientamento “istituzionali”, gestiti, cioè, sotto la regia della Comunità Montana. Ciò risponde all’esigenza di sviluppare le linee programmatiche del Piano in modo coerente e coeso, puntando al raggiungimento dei necessari obiettivi funzionali di efficacia ed efficienza. A tal fine, viene indicata la necessità di sviluppare un sistema di reti attorno al quale possa convergere l’attività programmatoria dello sviluppo in ambito locale, da un lato, e possa essere costruito un sistema atto a dare visibilità al territorio e ad instaurare un sistema di relazioni con altri ambiti territoriali.

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Nelle pagine che seguono si presenta una possibile articolazione delle misure in relazione ai suddetti assi prioritari. Ciascuna misura definisce una o più proposte di intervento la cui attuazione, sarà oggetto della progettazione esecutiva in sede di realizzazione del programma.

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ASSE A: Miglioramento del livello di attrattività delle risorse ambientali e storico – culturali Misura A.1 Difesa del suolo, tutela ambientale e risorse idriche Obiettivi La misura intende tutelare il territorio dai rischi di natura idro- geologica promovendo, anzitutto, uno studio approfondito volto alla individuazione delle situazioni di dissesto e di degrado ambientale e, successivamente ad interventi di riforestazione mirata e la realizzazione di opere idraulico forestali a scopo protettivo. Descrizione La misura si articola nelle seguenti submisure: della Misura a.1.1. indagini sul territorio con mappatura delle aree a rischio. a.1.2. ristrutturazione e razionalizzazione del ciclo idrico (riduzione delle perdite delle reti, aumento dell'efficienza e dell'affidabilità dei sistemi di distribuzione, rifunzionalizzazione delle opere di regimazione idraulica esistenti, realizzazione di opere di accumulo idrico di modeste dimensioni). a.1.3. bonifica e recupero dei siti inquinati e delle aree dimesse. a.1.4. interventi volti alla riduzione del rischio idrogeologico. a.1.5. realizzazione di opere di sistemazione idraulico–forestali con funzione protettiva dei suoli e potenziamento del patrimonio forestale per l’assolvimento delle funzioni protettive, paesaggistico ed ambientali dei boschi. a.1.6. sostegno al miglioramento dei complessi boscati per accrescerne la valorizzazione in chiave economica; a.1.7. introduzione di adeguati strumenti di prevenzione degli incendi. Ruolo della Si prevede l’intervento diretto della Comunità Montana del Titerno, che Comunità assumerà il ruolo di soggetto realizzatore, nel rispetto delle proprie Montana competenze istituzionali, e di altri Enti (Cons. di Bonifica) per alcuni interventi realizzativi. Da considerare inoltre il ruolo che potrà giocare all’interno di queste dinamiche l’istituendo Ente Parco del Matese. Dotazione Risorse a valere sul POR Campania (Misure 1.3, 1.4, 1.5 ed 1.6), e sui Finanziaria fondi per la montagna. Indicativa Integrazione Gli interventi inclusi nella Misura A1, oltre ad evidenti interconnessioni con Altre con la Misura A2 sviluppano connessioni con tutte le iniziative (in Misure particolare delle Misure B1 e D) orientate alla valorizzazione in chiave turistica del territorio.

Integrazione La Misura mostra elevati livelli di coerenza non solo con gli obiettivi con il Por generali esposti nel POR, ma anche con alcune misure espressamente Campania destinate alla promozione di interventi in materia di tutela ambientale, forestazione e gestione delle risorse idriche.

Spesa Da definire. Indicativa

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ASSE A: Miglioramento del livello di attrattività delle risorse ambientali e storico – culturali Misura Il Parco del Matese come sistema locale di sviluppo A.1.bis Obiettivi Il sistema del Parco del Matese e delle aree protette costituiscono una delle più importanti risorse per lo sviluppo sostenibile della realtà del Titerno. In tale contesto, il “Parco” individua un sistema locale ove si possono manifestare le maggiori opportunità dimensionali (per ampiezza territoriale, per popolazione coinvolta, per qualità e quantità delle risorse) atti ad innescare processi di sviluppo basati sulla riconversione ecologica e sostenibile dell’economia delle zone montane. Momento centrale dell’attività del Parco diventa la formulazione del Piano Parco, strumento portante dell’articolazione delle attività programmatiche concepite in stretto raccordo con le comunità locali entro cui il Parco ricade.

Descrizione La misura si articola nelle seguenti sub-misure: della Misura · Serate naturalistiche, tradizionale serie di appuntamenti nelle località attorno al territorio del Parco. Vengono trattati temi legati alle scienze naturali, alla flora , alla fauna, alla mineralogia con particolare riferimento alla realtà territoriale. Si parla anche di tradizioni, mestieri, vicende storiche, biotopi, biodiversità. · Attività di educazione ambientale: visite guidate a cadenza settimanale nelle principali Valli del Parco. · Attività ludiche per bambini “scoprire la montagna” · Attività di informazione e didattica · Percorsi Autoguidati : sono itinerari che non presentano difficoltà. In alcuni punti sono installati dei cippi di legno numerati e riferiti ad opuscoli che illustrano le caratteristiche naturalistiche del percorso. · Mostre etnografiche

PROGETTI OPERATIVI · Progetto per la sopravvivenza degli animali in estinzione · Tutele della qualità delle Acque di tutti i corpi idrici con sistemi di monitoraggio; · Progetto di rinaturalizzazione e sistemazione paesaggistica della strada principale di accesso al parco; · Progetto per la tutela e della valorizzazione degli aspetti ambientali e paesaggistici delle aree a pascolo; · Progetto per la messa a norma dei servizi e rifugi in quota; · Recupero ambientale e paesaggistico delle aree degradate; · Recupero edilizio e funzionale degli abitati diffusi · Progetto recupero ambientale e sentieristica delle grotte esistenti · Progetto di sistemazione paesaggistica e forestale delle cave esistenti; · Progetto recupero ambientale della viabilità e servizi del Lago del Matese; · Progetto di tutela dei biotopi di proprietà comunale;

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· Progetto miglioramento accessibilità alla Montagna · Progetto di messa in valore dei reperti, manufatti, sentieri ed aree scenario del brigantaggio. Ruolo della Si prevede l’intervento diretto della Comunità Montana del Titerno, che Comunità assumerà il ruolo di soggetto componente del Consiglio Direttivo Montana dell’Ente Parco e della Comunità del Parco, e quello di soggetto promotore attivo del Piano Parco, nel rispetto delle proprie competenze istituzionali, e di altri Enti (Comuni facenti parte dell’Ente, Provincia, Associazioni ambientaliste e organizzazioni professionali) per alcuni interventi realizzativi . Dotazione Risorse a valere sul POR Campania (Misure 1.1,1.3, 1.9), e sui fondi per Finanziaria la montagna. Indicativa Integrazione Gli interventi inclusi nella Misura A1.bis, oltre ad evidenti interconnessioni con la con Altre Misura A1 sviluppano connessioni con tutte le iniziative (in particolare delle Misure Misure B1 e D) orientate alla valorizzazione in chiave turistica del territorio. Integrazione La Misura mostra elevati livelli di coerenza non solo con gli obiettivi generali con il Por esposti nel POR, ma anche con alcune misure espressamente destinate alla Campania promozione di interventi in materia di tutela ambientale, forestazione, gestione delle risorse idriche e sviluppo economico delle aree protette. Spesa Da definire. Indicativa

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ASSE A: Miglioramento del livello di attrattività delle risorse ambientali e storico – culturali Valorizzazione delle risorse ambientali, storiche e Misura A.2 culturali Obiettivi La misura intende tutelare e valorizzare il patrimonio delle risorse culturali, storiche ed artistiche del territorio. L'obiettivo consiste, più precisamente, nello sviluppare azioni mirate ad un miglioramento dei criteri di utilizzo del territorio in chiave turistica, potenziando quelle azioni in grado di conferire al territorio elementi di unicità. Ci si riferisce, in particolare, alla realizzazione di percorsi turistici, rispettosi del contesto ambientale ed in grado di valorizzare non solo le risorse paesaggistiche, ma anche il rilevante patrimonio delle risorse economiche (produzioni vitivinicole ed olivicole, funghi e frutti di bosco, ceramiche, tessuti, arazzi, ecc.). Ulteriori interventi di interesse potranno consistere nella realizzazione di un articolato sistema museale, anche attraverso la rivitalizzazione/rifunzionalizzazione di manufatti rurali di pregio, in grado di massimizzare il potenziale attrattivo delle risorse del territorio. Di fatto, l’interazione sinergica che andrà a definirsi avrà come elemento teorico fondante un modello di sviluppo, che facendo leva sul turismo vada a costituire un sistema integrato di offerta a cui si ricolleghino, in termini di reciprocità e con finalità sinergiche, tutti i settori economici di punta del tessuto produttivo locale il cui collante è dato dalla vocazione storico-ambientale del contesto geografico. Un processo di distrettualizzazione, dunque, del contesto produttivo locale in cui si coniughino in maniera sintonica e reciproca le varie risorse rintracciabili all’interno del territorio: da quelle paesaggistiche e artistiche, a quelle delle produzioni e delle tipicità agroalimentari, dell’artigianato, dei poli di attrazione religiosa, degli stabilimenti e dei servizi termali e alla persona, del circuito di residenze agrituristiche che si va diffondendo sul territorio, coniugato con il circuito turistico- alberghiero preesistente.

Descrizione La misura si articola nelle seguenti submisure: della Misura a.2.1. riqualificazione in chiave turistica di alcune strutture di rilevante interesse storico culturale da destinare ad usi funzionali quali musei (con particolare attenzione verso alcune specifiche risorse quali l’attività viti-olivicola, i prodotti della terra e del sottobosco, le risorse geopalentologiche, i prodotti artigianali a valenza artistica e le tradizioni popolari e religiose), spazi espositivi, centri di educazione ambientale, spazi per eventi artistici e culturali, sedi di attività pubbliche, ecc.; a.2.1 bis attività di allestimento e potenziamento della risorsa “Parco Geopalentologico” di Pietraroja, attraverso la realizzazione di un Centro Scientifico per campagne di scavi fossiliferi e attività museali, nonchè visite guidate e di istruzione e collegamento con l’attività divulgativa in atto presso il “ Parco dei Dinosauri” sito in San Lorenzello. a.2.2. potenziamento delle manifestazioni di interesse artistico e culturale, iniziative volte al recupero delle tradizioni e del folclore locale e manifestazione a carattere sportivo con forte valenza ambientale;

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a.2.3. sostegno alla realizzazione di spazi destinati ad accogliere attività di animazione sociale e culturale in chiave turistica; a.2.4. realizzare itinerari rurali: cartellonistica e punti d’informazione relativi a percorsi agrituristici, a siti ecologici, a risorse storiche e paesaggistiche nonché relative a produzioni tipiche locali; a.2.5. rifunzionalizzazione e restauro di parti limitate di strutture edilizie esistenti, non produttive, per valorizzarne gli elementi tipologici, formali e strutturali e restauro e recupero di superfici pubbliche (piazzette, pozzi, fontanili, corti, etc.) al fine di migliorare gli spazi di socializzazione nelle aree rurali; a.2.6. recupero funzionale di centri rurali e, più in generale, di manufatti edilizi di pregio da destinare alla realizzazione di strutture ricettive extra-alberghiere (affittacamere, foresterie, centri visita) la cui gestione potrà essere affidata a cooperative giovanili; a.2.7. conservazione dei fabbricati rurali esistenti, rappresentativi dell’architettura locale, che non comportino aumento della capacità produttiva delle aziende agricole; a.2.8. investimenti per potenziare l’attività turistica (costruzione e/o ristrutturazione di strutture ricettive, di ristorazione e per il tempo libero nonché acquisto delle relative attrezzature).

Ruolo della Riguardo agli interventi di cui ai punti da a.2.1 ad a.2.3 la Comunità Comunità Montana assumerà un ruolo di regia, nell’ambito del quale ricercherà, di Montana volta in volta l’aggregazione di interessi da parte di partner rappresentativi o il cui ruolo riveste particolare strategicità ai fini dell’efficacia dell’intervento. L’iniziativa di cui al punto a.2.4 vedrà la Comunità Montana intervenire in modo diretto. In tutti gli altri casi la Comunità svolgerà attività di animazione e sensibilizzazione allo scopo di orientare l’interesse e le risorse verso l’attivazione di quegli interventi ritenuti conformi alle finalità strategiche del piano.

Dotazione Risorse a valere sul POR Campania (Misure 1.5, 1.9, 2.1, 4.5, 4.6, 4.7, Finanziaria 4.12, 4.14), e sui fondi della montagna. Per iniziative a carattere Indicativa “privato” è possibile attivare anche altri strumenti di finanza agevolata previsti dalla normativa nazionale. Integrazione Gli interventi inclusi nella Misura A2, oltre ad evidenti interconnessioni con Altre con la Misura A2, risultano particolarmente integrate con le Misure Misure dell’asse B e dell’asse D indirizzate alla valorizzazione in chiave turistica del territorio. Integrazione La Misura mostra elevati livelli di coerenza non solo con gli obiettivi con il Por generali esposti nel POR, ma anche con alcune misure espressamente Campania destinate alla valorizzazione delle risorse storiche, culturali ed ambientali del territorio. Spesa Da definire. Indicativa

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ASSE B: Razionalizzazione e rafforzamento del sistema delle attività produttive e dei servizi alle imprese Ammodernamento degli impianti e potenziamento delle capacità produttive nel comparto delle attività Misura B.1 agricole, agroalimentari, delle imprese manifatturiere, dell’artigianato e dei servizi Obiettivi La misura intende: - rafforzare e migliorare le caratteristiche produttive delle aziende operanti a monte ed a valle dell’intero comparto agro-alimentare, con particolare attenzione verso i segmenti della viticoltura, della olivicoltura, dei prodotti lattierocasearii, della lavorazione delle carni, dei prodotti del bosco e sottobosco, dell’ortofrutticoltura, dei prodotti da forno, cioè le principali vocazioni produttive emerse nell’area. Ciò avverrà attraverso percorsi di ammodernamento delle strutture produttive e di dotazione delle stesse delle metodologie di miglioramento qualitativo delle produzioni; - Sostenere lo sviluppo produttivo del comparto artigianale, con particolare riferimento ai settori merceologici delle ceramiche, dei tessuti, delle lavorazioni del legno e della pietra, incentivando l’ammodernamento delle strutture produttive e le iniziative di promozione e valorizzazione; - favorire lo sviluppo delle attività del turismo rurale, ampliando la gamma di offerta di strutture ricettive e di servizio e qualificandone il profilo, promuovendo, altresì, la progettazione e la creazione di pacchetti turistici integrati sulla base dei tematismi specifici individuati nel Capitolo 10. Particolare priorità è attribuita ad iniziative rivolte a favorire la diversificazione del reddito agricolo e la multifunzionalità delle imprese agricole; - fornire un contributo allo sviluppo delle integrazioni di filiera e delle politiche di cooperazione nel campo dell’azione produttiva, commerciale e della distribuzione. Ci si riferisce, in particolare, alla promozione di iniziative rivolte alla gestione in forma associata dei mezzi di produzione finalizzata sia al raggiungimento di significative masse critiche di produzione, sia all’abbattimento di costi fissi di gestione, sia allo sviluppo di sinergie tra gli operatori che si muovono lungo la filiera; - rafforzare e migliorare le dotazioni tecnologiche delle aziende locali e le modalità di offerta delle relative produzioni; - fornire un contributo allo sviluppo dei servizi alle imprese, dal lato sia dell’offerta che della domanda, con particolare riferimento ai segmenti del marketing, della Information and Communication Technology (ICT), dell’organizzazione, della finanza, della contabilità industriale, della pianificazione e nel controllo di gestione. Descrizione La misura si articola nelle seguenti submisure: della Misura b.1.1. interventi nel settore primario (con particolari priorità per il settore olivicolo, viticolo, lattierocaseareo, della lavorazione delle carni, ortofrutticolo e dei prodotti del sottobosco) per il rinnovamento dei vecchi impianti produttivi o di razionalizzazione degli stessi;

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b.1.2. interventi di ricomposizione fondiaria; b.1.3. Interventi nelle aziende silvicole a scopo produttivo; b.1.4. sostegno alla diversificazione settoriale, con particolare riferimento alla diversificazione del reddito derivante da attività agricole, ed orientate ad attività nel campo dell’ospitalità rurale o della commercializzazione dei prodotti aziendali; b.1.5. sviluppo delle attività del turismo rurale, e dei servizi turistici a supporto (sport nella natura, escursionismo, ecc.); b.1.6. sostegno allo sviluppo di attività imprenditoriali orientate alla trasformazione dei prodotti del sottobosco e dei frutti di bosco; b.1.7. interventi nelle aziende zootecniche volti al’adeguamento tecnologico e strutturale e finalizzati al miglioramento del patrimonio genetico, al miglioramento della qualità dei prodotti ed al miglioramento delle condizioni di igiene e benessere degli animali; b.1.8. sostegno alle imprese operanti nei settori merceologici dell’artigianato tradizionale a carattere artistico (ceramiche, tessuti, legno, pietra) ai fini dell’adeguamento tecnologico- produttivo; b.1.9. attivazione di servizi di assistenza tecnica e di diffusione delle moderne tecniche agronomiche (con particolare riferimento all’agricoltura biologica) e di trasformazione; b.1.10. interventi di rinnovamento della dotazione di impianti produttivi nelle aziende manifatturiere e nell’artigianato a valenza artistica ed industriale; b.1.11. azioni mirate alla riqualificazione ed alla razionalizzazione delle attività produttive locali, anche attraverso processi di integrazione aziendale; b.1.12. interventi di miglioramento delle dotazioni aziendali di ICT, con particolare attenzione a strumenti di office automation, di pianificazione e controllo e di utilizzo di internet; b.1.13. iniziative rivolte a favorire il primo insediamento dei giovani in agricoltura allo scopo di favorire il ricambio generazionale in azienda e la permanenza dei giovani nel territorio; b.1.14. potenziamento e miglioramento dell’offerta di servizi reali alle imprese anche attraverso la creazione di nuove realtà operative; b.1.15. sostegno alla domanda di servizi nel campo dei principali comparti della gestione aziendale quali organizzazione, marketing, finanza ed introduzione di moderne tecniche di contabilità industriale e connessi sistemi di pianificazione e controllo. Ruolo della Intervento indotto dalla Comunità Montana Comunità Montana Dotazione Risorse a valere sul POR Campania (Misure 4.2, 4.3, 4.8, 4.9, 4.13, 4.14, Finanziaria 4.15, 4.17, 6.3, 6.4). Per le singole azioni possono essere attivate risorse Indicativa a valere su leggi nazionali e regionali (es: L. 488/92, L95/95, L. 236/93, L. 608/93, L.R. 28/93 L.R. 41, ecc.) in materia di aiuti alle imprese; P.I.F.

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Vitivinicolo. Integrazione Gli interventi inclusi nella Misura B1 sono piuttosto diversificati e con Altre integrati in maniera più o meno diretta con tutti gli altri interventi del Misure piano. In particolare, oltre ad evidenti interconnessioni con le altre Misure dell’Asse B, risultano particolarmente integrate con le Misure A2, C1, D1, D2 e D3.

Integrazione La Misura mostra elevati livelli di coerenza non solo con gli obiettivi con il Por generali esposti nel POR, ma anche con alcune misure espressamente Campania destinate allo sviluppo delle attività imprenditoriali, alla valorizzazione in chiave turistica dei territori rurali, alla valorizzazione delle iniziative produttive nei settori agricoli ed agroindustriali delle aree più deboli ed alla diversificazione produttiva delle aziende ageicole.

Spesa Da definire. Indicativa

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ASSE B: Razionalizzazione e rafforzamento del sistema delle attività produttive e dei servizi alle imprese Valorizzazione e commercializzazione delle Misura B.2 produzioni locali Obiettivi La misura ha l’obiettivo primario di favorire le conoscenze nei settori portanti dell’economia locale, con particolare attenzione verso i vini DOC e la creazione di nuovi percorsi di eccellenza produttiva, quali la creazione di una nuova DOCG campana. La misura intende inoltre promuovere l’immagine territoriale nel suo complesso, sia attraverso l’attivazione di sistemi rivolti al miglioramento dell’immagine “istituzionale” del territorio, sia attraverso il sostegno ad iniziative di valorizzazione delle produzioni locali a valenza territoriale. Tale misura è finalizzata a sostenere la sperimentazione di politiche di valorizzazione su mercati extra-locali ed a favorire il “consumo” del territorio da parte di bacini di utenza esogeni. Allo scopo di aumentare l’impatto delle iniziative proposte, e di garantirne l’efficacia nel medio-lungo periodo, si ritiene di dover moltiplicare gli sforzi al fine di migliorare le condizioni competitive delle PMI che agiscono sul territorio della Comunità favorendo, attraverso l’aggregazione con altre imprese, anche operanti su territori contigui, il raggiungimento di dimensioni critiche in grado di rendere economicamente vantaggioso il ricorso all’esternalizzazione di fasi di processo o di servizi che, invece, la gestione individuale rende antieconomica o poco profittevole. Ci si riferisce, inoltre, a politiche di coesione tra operatori privati, anche appartenenti a segmenti economici diversi (come, ad esempio, viticoltori ed artigiani, ristoratori ed albergatori) ed operatori pubblici con lo scopo di promuovere comportamenti comuni e tesi al miglioramento ed alla razionalizzazione della capacità di offerta del sistema Titerno. In tale ottica è da leggersi l’implementazione del P.I.F. vitivinicolo concepito come intervento a livello territoriale per il potenziamento e l’ammodernamento delle strutture produttive, sia della fase agricola che di trasformazione e commercializzazione, nonché delle infrastrutture rurali a supporto della filiera vitivinicola locale. La logica di attuazione è basata sulla concentrazione e integrazione degli interventi che coinvolgono in un’unica strategia di sviluppo tutti i segmenti della filiera produttiva, perseguendo al contempo la finalità di promuovere una cultura di progetto di filiera e di territorio che rappresenta una delle condizioni fondamentali per dare competitività al sistema produttivo locale. Da qui il collegamento e l’integrazione con la misura B.3 (punto b.3.9) Descrizione La misura si articola nelle seguenti submisure: della Misura b.2.1. sostegno ad iniziative di aggregazione tra imprese, associazioni imprenditoriali ed enti territoriali e di ricerca mirate al miglioramento delle conoscenze nelle produzioni viticole (ricerca di nuovi prodotti, nuovi mercati, nuovi processi); b.2.2. sostegno alla realizzazione di studi specifici finalizzati alla elaborazione di disciplinari di produzione, alla costituzione di consorzi per la tutela e la valorizzazione dei prodotti tipici locali,

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alla realizzazione di marchi collettivi; b.2.3. studi di fattibilità mirati al miglioramento delle qualità viticole, olivicole e frutticole, nonché alla creazione di una DOCG. b.2.4. sostegno ad attività di studio e ricerca di marketing ed incentivazione di iniziative rivolte alla ricerca di nuovi prodotti e/o mercati; b.2.5. realizzazione di eventi e manifestazioni a carattere locale ed extra-locale rivolte alla promozione ed alla valorizzazione dei prodotti del territorio; b.2.6. sostegno ad iniziative orientate al miglioramento della qualità delle produzioni; b.2.7. sostegno alla creazione di strutture permanenti di conoscenza, valorizzazione e promozione commerciale; b.2.8. razionalizzazione delle formule distributive e delle relazioni commerciali tra gli attori delle filiere produttive; b.2.9. promozione di iniziative rivolte alla gestione in forma associata delle politiche di marketing e commerciali, anche attraverso la creazione di marchi comuni o il collegamento a marchi già esistenti. b.2.10. Favorire la cooperazione tra diversi segmenti economici e tra essi e gli enti territoriali locali con lo scopo di promuovere comportamenti comuni in direzione di un rafforzamento delle capacità attrattive del territorio.

Ruolo della Intervento di regia per quanto riguarda gli interventi di cui ai punti da Comunità b.2.1. a b.2.7. Per gli altri interventi (così come per le misure b.2.5 e Montana b.2.6) l’attivazione può essere anche indotta dalle attività di sensibilizzazione ed orientamento svolte dalla Comunità Montana.

Dotazione Risorse a valere sul POR Campania (Misure 3.9, 4.3, 4.9, 4.19, 6.4). Per Finanziaria le singole azioni possono essere attivate risorse a valere su leggi Indicativa nazionali e regionali (es: L. 488/92, L95/95, L. 236/93, L. 608/93, L.R. 28/93 L.R. 41, ecc.) in materia di aiuti alle imprese.

Integrazione Gli interventi inclusi nella Misura B2 riguardano tutti i settori con Altre produttivi, con particolare riferimento alle attività agricole, Misure agroalimentari, del turismo rurale e dell’artigianato. Pertanto, oltre ad evidenti interconnessioni con le altre Misure dell’Asse B (soprattutto la B1 e la B3), risultano particolarmente integrate con le Misure A2, C1, D1, D2 e D3.

Integrazione La Misura mostra elevati livelli di coerenza con tutte le misure del POR con il Por rivolte alla promozione ed alla valorizzazione delle produzioni locali. In Campania particolare, gli interventi rivolti alle Aree Rurali mirano alla promozione ed allo sviluppo delle attività agricole ed agroalimentari, ma anche alla valorizzazione dell’artigianato tipico locale e delle risorse turistico- ambientali.

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Spesa Da definire. Indicativa

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ASSE B: Razionalizzazione e rafforzamento del sistema delle attività produttive e dei servizi alle imprese Misura B.3 Integrazione di filiera ed integrazione intersettoriale Obiettivi La misura intende raggiungere un duplice obiettivo, favorendo, da un lato, la razionalizzazione delle relazioni tra gli attori economici operanti lungo i vari anelli della stessa filiera (integrazione verticale) e, dall’altro, favorendo lo sviluppo di sinergie tra comparti “contigui” (integrazione orizzontale).

Descrizione La misura si articola nelle seguenti submisure, elencate in ordine di della Misura priorità. b.3.1. sostegno all’associazionismo tra imprese operanti lungo la stessa filiera; b.3.2. sviluppo di iniziative rivolte alla realizzazione di pacchetti di offerta produttiva integrata; b.3.3. promozione di iniziative rivolte alla gestione in forma associata delle politiche di marketing e commerciali, anche attraverso la creazione di marchi comuni o il collegamento a marchi già esistenti; b.3.4. promozione di iniziative rivolte alla gestione in forma associata dei mezzi di produzione e sviluppo di iniziative di impresa, anche attraverso percorsi di nuova imprenditorialità, mirati al potenziamento ed alla integrazione delle filiere produttive locali; b.3.5. promuovere la costituzione di società consortili e di consorzi tra PMI manifatturiere per la gestione comune di fasi di processo, per l’esternalizzazione di servizi amministrativi, per attivare risorse sulla formazione continua, per lo sviluppo delle attività di ricerca e prototipazione, per sostenere azioni commerciali e di sviluppo di nuovi mercati; b.3.6. sviluppo di iniziative di collegamento tra il settore turistico, quello dell’artigianato a valenza artistica e quello primario; b.3.7. sostegno ad iniziative rivolte alla realizzazione di strutture per la trasformazione e/o la commercializzazione in loco dei prodotti agricoli. b.3.8. favorire l’avviamento di servizi di sostituzione ed assistenza alla gestione delle aziende agricole attraverso la promozione di servizi interaziendali finalizzati a garantire la regolare ed efficiente conduzione delle attività anche nei periodi di assenza di un componente della famiglia del conduttore, nonché l’incentivazione di servizi di assistenza alla gestione delle aziende agricole impegnate nella realizzazione di piani aziendali complessi b.3.9. implementazione del PIF vitivinicolo nell’ottica di aumento della competitività e della produttività delle imprese agricole nel contesto di filiera raggiunto sinergicamente mediante: - una riduzione dei costi di produzione, una riconversione della produzione, una maggiore competitività dei fattori e della qualità dei prodotti;

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- attraverso il miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli nel contesto di filiera mediante l’aumento della competitività e della produttività dei prodotti di base e dei trasformati e mediante nuovi sbocchi per la produzione agricola; - attraverso il miglioramento delle condizioni di commercializzazione di prodotti agricoli di qualità in un contesto di filiera, perseguito creando consorzi, marchi di qualità, reti commerciali e sviluppando azioni mirate di marketing. Ruolo della Intervento indotto Comunità Montana Dotazione Risorse a valere sul POR Campania Misure 4.8, 4.9, 4.13 e 4.18 Finanziaria P.I.F. Vitivinicolo Indicativa Integrazione Gli interventi inclusi nella Misura B3 sono rivolti a tutti gli attori con Altre operanti lungo le filiere produttive. In particolare, quindi, si riscontrano Misure interconnessioni con le altre Misure dell’Asse B (soprattutto la B1, e la B2), la D1 la D2 e la D3. Integrazione La Misura mostra elevati livelli di coerenza non solo con gli obiettivi con il Por generali esposti nel POR, ma anche con alcune misure espressamente Campania destinate alla promozione di interventi volti alla valorizzazione dei sistemi produttivi locali e delle produzioni tipiche Spesa Da definire. Indicativa

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ASSE B: Razionalizzazione e rafforzamento del sistema delle attività produttive e dei servizi alle imprese Misura B.4 Rafforzamento competitivo delle PMI Obiettivi La misura intende colmare il gap di servizi innovativi a supporto e stimolo del sistema delle PMI locali i cui limiti dimensionali e finanziari, nonché la ridotta conoscenza degli incentivi e delle agevolazioni previsti dai diversi regimi di aiuto alle imprese, rappresentano un forte vincolo alla acquisizione di competenze in grado di agire quali momenti di rafforzamento competitivo nei processi di globalizzazione dell’economia.

Descrizione In linea con le esigenze sopra individuate, la presente misura prevede la della Misura promozione di un centro di servizi avanzati, da insediare presso una struttura per lo sviluppo di nuovi percorsi imprenditoriali (incubatore), per la diffusione sul territorio di consulenza ed assistenza qualificata. L’attività del centro dovrà orientarsi lung o due tipologie di intervento, per ognuna delle quali si individuano una serie di azioni finanziabili, la cui articolazione favorisca l’acquisizione, da parte del sistema locale delle PMI, di: b.4.1. Servizi innovativi ed avanzati per le PMI industriali ed artigiane: - per la promozione e la diffusione della certificazione dei sistemi di qualità aziendale, ambientale e dei sistemi integrati di certificazione; - per lo sviluppo di interventi innovativi di natura finanziaria con particolare riferimento alle opportunità offerte dalla finanza agevolata ed all’accesso al capitale di rischio; - per l’innovazione tecnologica, di prodotto, di processo ed organizzativa, che favoriscano il trasferimento di know how e l’acquisizione di brevetti, formule, ed opere dell’ingegno. b.4.2. Sostegno alla commercializzazione e all'internazionalizzazione delle imprese: - per la diffusione della cultura telematica come strumento atto a promuovere lo sviluppo della società dell'informazione con particolare riferimento all'introduzione delle tecnologie e delle pratiche del commercio elettronico; - per sviluppare la presenza commerciale su lnternet attraverso la creazione o l’implementazione di siti Web, la gestione di listini on-line, l’acquisizione di ordini di acquisto e la gestione di pagamenti in forma elettronica ( in tal senso leggasi l’iniziativa promossa dal GAL Titerno di creazione di un “portale del Territorio”, vero e proprio strumento di rappresentazione mediatica del territorio, catalizzatore dei processi di incontro tra imprese e mercato mediante la sua funzione di catalogazione (web-directoring)dei servizi e prodotti delle 50 aziende aderenti al progetto; - per sensibilizzare le imprese sulle potenzialità del commercio elettronico attraverso l'individuazione e la dimostrazione di best practice aziendali;

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- per la promozione della commercializzazione e dell'internazionalizzazione, attraverso il rafforzamento della conoscenza dei mercati internazionali e lo sviluppo della penetrazione commerciale; - per la partecipazione a fiere ed iniziative commerciali; - per incoraggiare e/o favorire, anche attraverso l’organizzazione di eventi fieristici o la predisposizione di borsini telematici, l’introduzione sul territorio di modalità di gestione di attività commerciali basate sulle tecniche del franchising, dell’affiliazione commerciale, sull’associazione in partecipazione; - per programmare e sviluppare campagne pubblicitarie e realizzare azioni promozionali anche attraverso la predisposizione di stampati e audiovisivi;

Ruolo della Intervento di regia e di induzione, attraverso le attività promosse dal Comunità Centro Servizi avanzati. Montana

Dotazione Risorse a valere sul POR Campania (Misure 3.16, 4.1, 4.2, 6.3, 6.4, 6.5) e Finanziaria sui fondi per la montagna. Per le singole azioni possono essere attivate Indicativa risorse a valere su leggi nazionali e regionali in materia di aiuti alle imprese.

Integrazione Gli interventi inclusi nella Misura B4 intendono sostenere la con Altre competitività dell’intero sistema economico del comprensorio. Pertanto, Misure oltre ad evidenti interconnessioni con le altre Misure dell’Asse B, risultano particolarmente integrati con le Misure A2, C1, e D2 e D3

Integrazione Il rafforzamento della struttura competitiva in ambito locale con il Por rappresenta uno degli obiettivi indicati nel POR, con il quale, dunque, la Campania Misura in esame mostra evidenti rapporti di complementarità.

Spesa Da definire. Indicativa

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ASSE B: Razionalizzazione e rafforzamento del sistema delle attività produttive e dei servizi alle imprese Misura B5 Politiche formative e cultura imprenditoriale Obiettivi La misura intende contribuire alle dinamiche di sviluppo del tessuto economico attraverso la formazione degli imprenditori locali e del personale impegnato ad affiancare questi ultimi nell’attività di gestione aziendale. Tali percorsi, in particolare, saranno incentrati sullo sviluppo delle conoscenze nelle singole aree di gestione aziendale, con particolare attenzione verso ambiti quali il la finanza d’impresa, il marketing, la distribuzione, la pianificazione ed il controllo, l’internazionalizzazione e l’introduzione di sistemi per il controllo dell’ambiente e della qualità, con particolare riferimento alle produzioni verso le quali l’area è particolarmente vocata. La misura intende, inoltre, favorire la creazione di microimprese, con particolare riferimento a quelle promosse da giovani e da donne, a valere sulle risorse disponibili per all’autoimprenditorialità ed l’autoimpiego gestite da Sviluppo Italia SpA, dal Ministero dell’Industria e dal Ministero per le pari opportunità. A queste considerazioni programmatiche si aggiunga una riflessione doverosa e necessaria sul patrimonio di cui dispongono alcune realtà locali comprese nell’area del Titerno come Cerreto Sannita, da sempre sede di istituti scolastici, all’avanguardia in termini di dotazioni infrastrutturali e informatiche, ed universitari (Facoltà di Teologia), disponibile ad accogliere ed ospitare in tal senso, corsi post-universitari o delocalizzazioni di corsi universitari , corsi di specializzazione, campus estivi, ovvero rappresentare un punto di passaggio e di appoggio per gli episodi di turismo scolastico ed universitario che si svolgono sul territorio. Descrizione La misura si articola nelle seguenti submisure: della Misura b.5.1. percorsi formativi nel campo delle tecniche di economia aziendale, amministrazione, finanza, organizzazione, marketing, qualità, ambiente, office automation, internazionalizzazione. b.5.2. percorsi formativi nel campo delle tecnologie di produzione, con particolare attenzione verso il comparto agro-alimentare. b.5.3. potenziamento dei collegamenti tra sistema formativo superiore e mondo delle imprese; b.5.4. iniziative formative, destinate ad operatori privati ed a personale della PA, aventi ad oggetto la conoscenza e la gestione del patrimonio storico ed artistico presente sul territorio e della cultura e delle tradizioni rurali; b.5.5. sostegno ad attività di formazione e di apprendistato nell’area delle lavorazioni artistiche per il recupero e la promozione degli “antichi mestieri” artigianali; b.5.6. Iniziative per la formazione di tecnici per la gestione di attività economica in chiave ecocompatibile (certificazione dei sistemi integrati ambiente - sicurezza - salute sul luogo di lavoro conforme alla serie di norme ISO 9000 - ISO 14000 – EMAS) b.5.7. diffusione all’interno degli istituti scolastici di percorsi di educazione ambientale.

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b.5.8. percorsi formativi rivolti all’incentivazione di cultura imprenditoriale ed allo sviluppo dell’autoimpiego in specifici comparti economici dell’area, con particolare attenzione verso i segmenti dell’agro-industria e della ricettività. Si può immaginare, quale primo passo delle politiche sulle risorse umane, l’attivazione di un percorso formativo rivolto alla diffusione delle conoscenze tecniche relative alle arti ed ai mestieri che fanno da corollario, costituendone l’indotto, all’industria vitivinicola e/o all’industria della frantumazione dell’olio.

Ruolo della Intervento diretto e/o a regia Comunità

Montana Dotazione Risorse a valere sul POR Campania, con particolare riferimento all’Asse Finanziaria 3. Indicativa

Integrazione Gli interventi inclusi nella Misura B5 appaiono “trasversali” alle con Altre iniziative incluse in tutti gli altri Assi, giacché la valorizzazione del Misure capitale umano moltiplica i suoi effetti non solo sulle attività economiche, ma anche si livelli di benessere e sulle capacità del territorio di formulare autonome strategie di sviluppo.

Integrazione La Misura mostra elevati livelli di coerenza non solo con gli obiettivi con il Por generali esposti nel POR, ma anche con alcune misure espressamente Campania destinate alla crescita culturale degli addetti e del sistema imprenditoriale nel suo complesso.

Spesa Da definire. Indicativa

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ASSE C: Miglioramento dei servizi alla popolazione Misura C.1 Informatizzazione di base ed avanzata Obiettivi La misura intende promuovere la diffusione di cultura telematica e sostenere la conoscenza delle nuove tecnologie informatiche rivolte all’accesso ai servizi di tipo avanzato individuando in ciò uno strumento direttamente riconducibile al miglioramento del livello di qualità della vita e dei livelli di benessere delle popolazioni locali.

Descrizione L'attuazione, nel territorio della Comunità montana, di un programma della Misura di informatizzazione e di potenziamento delle dotazioni e delle conoscenze esistenti rappresenta una punto chiave per superare le distanze spaziali e temporali che hanno reso difficile lo sviluppo di nuove attività e iniziative e la valorizzazione di quelle già esistenti. Costituisce inoltre un passaggio cruciale per migliore fruizione di servizi di utilità collettiva da parte delle popolazioni montane. La misura si articola attraverso la predisposizione di Servizi per il cittadino volti ad incrementare il livello di interazione tra il cittadino, i servizi collettivi e la pubblica amministrazione in un processo di transizione verso la società dell'informazione. Pertanto si ritiene di intervenire sui seguenti aspetti: c.1.1. miglioramento dell'accesso telematico all'informazione pubblica da parte dei residenti attraverso l’istallazione di totem nei centri abitati per ottener informazioni su orari dei trasporti, farmacie di turno, eccetera; c.1.2. realizzazione di siti web finalizzati a garantire l'accesso, da parte dei cittadini, alle principali informazioni pubbliche (di carattere giuridico-amministrativo, culturale, ambientale) e l'interazione di base con la PA; c.1.3. migliorare la conoscenza delle tecnologie informatiche e dei principali software applicativi da parte del personale della PA e delle fasce giovanili anche mediante il pieno utilizzo dell’autobus informatico realizzato dal GAL Titerno; c.1.4. favorire la diffusione dell’Information and Communication Technology (ICT) attraverso la dotazione di idonee strumentazioni HW e SW.

Ruolo della Intervento diretto e/o a regia. Alcune iniziative, con particolare Comunità riferimento a quelle previste dalla misura c.1.4, potranno essere indotte. Montana

Dotazione Risorse a valere sul POR Campania – Asse 3, Misure 8, 9, 10, 13, 16 e 17 Finanziaria Asse 4, Misura 4.11 ed asse 6, Misura 6.3, Misura 6.4 – e sui fondi della Indicativa montagna.

Integrazione Gli interventi inclusi nella Misura C1 sviluppano interconnessioni con le con Altre Misure dell’Asse B (soprattutto la B1, e la B2), nonché le misure D2 e Misure D3.

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Integrazione La Misura mostra elevati livelli di complementarità con il POR. In con il Por particolare, la necessità di sviluppare, promuovere e diffondere Campania l’utilizzazione delle nuove tecnologie dell’informazione e di utilizzare queste ai fini della valorizzazione del territorio e delle sue produzioni sembra essere coerente con gli obiettivi delineati dall’Amministrazione Regionale.

Spesa Da definire. Indicativa

158 Piano di Sviluppo Socio-Economico Comunità Montana Titerno

ASSE C: Miglioramento dei servizi alla popolazione Misura C.2 Potenziamento e gestione integrata di servizi comuni Obiettivi La presente proposta muove dal presupposto di assegnare alla Comunità Montane nuovi e maggiori e responsabilità di coordinamento sovracomunale e per la gestione associata di servizi e funzioni. In particolare si individua nella Comunità Montana il livello istituzionale e la dimensione territoriale ottimale nella quale collocare i processi di riorganizzazione dei servizi e delle funzioni e sui quali è necessario approfondire il confronto tra Comunità Montana e Comuni. Gli obiettivi di fondo sono rappresentati dalla necessità di: - migliorare le condizioni di vita delle popolazioni; - frenare l’esodo demografico nelle aree montane, garantendo, nel contempo, il presidio del territorio - evitare l’isolamento (fisico e culturale) della popolazione; - favorire il contatto delle categorie più deboli con la burocrazia attraverso la creazione di sportelli mobili; - agevolare l’aggregazione della popolazione con la creazione di strutture per il tempo libero in particolare dei giovani e degli anziani.

Descrizione Si ritiene prioritario avviare la sperimentazione sulla gestione associata della Misura dei seguenti servizi c.2.1. Servizi di trasporto scolastico. Attraverso azioni concertate con i Comuni della Comunità, ed in base alla definizione di condizioni di omogeneità circa la gestione e l'erogazione del servizio, è possibile strutturare un sistema di gestione associata, attraverso la Comunità Montana, del trasporto scolastico con l’obiettivo di potenziare il sistema esistente. c.2.2. Gestione associata di biblioteche e centri culturali. Sempre attraverso un’azione concertata tra Comunità Montana e Comuni, si può ipotizzare la gestione in convenzione di Biblioteche comunali con sede presso i vari Comuni. Ciò potrà avvenire sulla base di un progetto culturale unitario, con conseguente ottimizzazione delle risorse – anche sul piano dei titoli in dotazione - e l’avvio di nuovi percorsi di animazione culturale, rivolte alle varie fasce di età della popolazione. c.2.3. Spazi di socializzazione. Riqualificare ed attrezzare gli spazi già esistenti e rifunzionalizzare siti dismessi allo scopo di favorire lo sviluppo di attività culturali, teatrali, musicali e di intrattenimento; c.2.4. Servizi di trasporto speciale. Potenziamento dei servizi di trasporto speciale per persone con particolari problemi di mobilità (anziani, portatori di handicap, bambini); c.2.5. Potenziamento dei servizi di assistenza sanitaria mediante poliambulatori mobili e strutture – anche facendo ricorso alle potenzialità della Information and Communication Technology - in grado di fornire servizi quali il telesoccorso e di telemedicina,

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destinati ad alcune fasce della popolazione a rischio, e di assicurare servizi di assistenza parasanitaria, materiale e domestica; c.2.6. Ospedale di Cerreto Sannita: rivitalizzazione in termini gestionali e di efficienza e potenziamento dei servizi del presidio ospedaliero; c.2.7. Centri di accoglienza per la prima infanzia. Ci si riferisce, in particolare, a strutture che siano in grado di assistere le coppie, soprattutto quelle in giovane età e che abbiano preso la decisione, in linea con le tendenze mutuate dagli stili di vita urbani, di avere entrambi un’occupazione lavorativa. c.2.8. Tribunale di Guardia Sanframondi: creazione e sviluppo di un polo della giustizia gravitante intorno al Tribunale. c.2.9. Servizi di Polizia Municipale: interventi comuni e coordinati da parte degli Enti Locali, facenti parte dell’area, del servizio citato. c.2.10. Canile Intercomunale: lotta e prevenzione al fenomeno del randagismo. c.2.11. Servizi Cimiteriali: cooperazione intercomunale per migliorare l’organizzazione e la razionalizzazione dei servizi cimiteriali. Ruolo della Intervento di regia e coordinamento. Comunità

Montana Dotazione Risorse a valere sul POR Campania (misure 2.1, 2.2, 4.11 e 6.1), e sui Finanziaria fondi della montagna. Indicativa

Integrazione Si tratta di iniziative rivolte, in generale, al miglioramento dei livelli di con Altre benessere delle popolazioni locali e, pertanto, possono considerarsi Misure trasversali rispetto a tutti gli interventi e finalizzate al raggiungimento degli obiettivi globali individuati dal PSSE.

Integrazione Il miglioramento della qualità della vita ed il miglioramento delle con il Por condizioni di accesso ai servizi essenziali sono obiettivi in piena sintonia Campania con le finalità espresse nel POR dall’Amministrazione Regionale. Peraltro, si tratta di interventi specificamente indirizzati alle popolazioni delle Aree Rurali all’interno dei Piar.

Spesa Da definire. Indicativa

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ASSE D: Adeguamento delle dotazioni infrastrutturali del territorio Infrastrutture viarie e di nodo per la migliore Misura D.1 fruizione delle risorse turistiche ed ambientali e lo sviluppo delle attività produttive ed agricole Obiettivi Una corretta ed omogenea gestione del territorio della Comunità e delle sue articolazioni viarie, anche in ragione della struttura alquanto composita del territorio, costituisce un ulteriore passaggio fondamentale da porre in evidenza per lo sviluppo dell’area. In tale circostanza la Comunità assume un ruolo fondamentale ricoprendo il ruolo di coordinamento dei Comuni e di integrazione tra gli stessi, tuttavia senza ricorrere ad azioni di sovrapposizione rispetto alle specifiche peculiarità. La strategicità di tale misura risulta, inoltre, piuttosto evidente, in quanto rappresenta un ruolo di effettiva coesione tra le aree del comprensorio per assicurare uno sviluppo ordinato in chiave ambientale/turistica ed economica.

Descrizione La fruibilità delle aree verdi e delle altre risorse ambientali e della Misura paesaggistiche non deve creare squilibri e disfunzioni nell’uso delle risorse stesse avendo sempre prioritario l’obiettivo generale di assicurare la tutela dell’ambiente. A tal fine si ritiene di agire per coordinare e sostenere la progettazione e la realizzazione di: d.1.1. parcheggi in prossimità dei punti di accesso alla foresta demaniale e ad altri punti di attrazione all’aperto; d.1.2. aree attrezzate per camper nei punti di snodo tra viabilità comunale e strade statali e provinciali d.1.3. sentieri e percorsi mirati, progettati in accordo con le associazioni specializzate, dotati di cartelloni e segnaletica omogenea, per tracciare gli itinerari turistici (circuito storico-culturale, percorso eno-gastronomico); d.1.4. percorsi per trekking, ciclo cross ed ippoturismo in accordo con associazioni specializzate e operatori privati; d.1.5. aree attrezzate all’interno della foresta demaniale, lungo i percorsi tracciati, per consentire momenti di relax (zone giochi, tavole rustiche, fontane ed abbeveratoi); d.1.6. viabilità rurale pubblica (sistemazione di strade vicinali di pubblico transito); d.1.7. acquedotti rurali (realizzazione di impianti di accumulo, di reti di adduzione e di distribuzione di acqua per uso potabile anche se derivate da impianti pubblici non escludendo loro completamenti); d.1.8. recupero di manufatti rustici lungo i sentieri da destinare a rifugi, foresterie, punti tappa dotati di piccoli spacci alimentari; d.1.9. riqualificazione, completamento e potenziamento delle aree d’insediamento produttivo esistenti; d.1.10. miglioramento delle dotazioni infrastrutturali a servizio delle telecomunicazioni.

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d.1.11. potenziamento e manutenzione della viabilità intercomunale e d’area

Ruolo della Intervento diretto (con esclusione della misure d.1.7) e/o a regia della Comunità Comunità Montana, in partenariato con i Comuni e gli altri Enti locali, Montana le associazioni sportive ed ambientaliste, cooperative giovanili che si candidano alla gestione delle infrastrutture.

Dotazione Risorse a valere sul POR Campania (Misure 1.9, 1.10, 1.11, 2.1, 2.3, 4.1, Finanziaria 4,13, 4.14, 4.20), sui fondi della montagna e su altri strumenti finanziari Indicativa derivanti da norme nazionali (in primo luogo, la L. 236/93).

Integrazione Gli interventi inclusi nella misura D.1 sviluppano particolari con Altre integrazioni con le iniziative previste alle Misure A1, A.2, e B.1. Misure

Integrazione La Misura è in linea con le indicazioni del POR, non solo per quanto con il Por attiene alle finalità generali di valorizzazione in chiave turistica del Campania territorio e di migliorare la fruizione del patrimonio delle risorse ambientali e culturali delle aree interne, ma, soprattutto, per la scelta operata nell’ambito del PSSE di favorire interventi infrastrutturali a carattere “soft” e, dunque, a limitato impatto ambientale.

Spesa Da definire. Indicativa

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ASSE D: Adeguamento delle dotazioni infrastrutturali del territorio Realizzazione di un centro di eccellenza imprenditoriale (incubatore) per il primo Misura D2 insediamento di nuove attività produttive e l’accoglienza di un Centro servizi avanzati Obiettivi Tale misura, con il conforto di esperienze di successo di questo tipo vissute sia in Italia che, soprattutto, all’estero, intende dotare la Comunità Montana di una nuova infrastruttura fisica, l’incubatore di nuove imprese, ritenendo detto strumento in grado di imprimere, sia in modo diretto che in via indiretta, una significativa accelerazione allo sviluppo del tessuto produttivo, soprattutto per ciò che riguarda la dotazione di nuovi percorsi produttivi a servizio delle filiere locali.

Descrizione d.2.1. La misura è rivolta alla realizzazione fisica dell’infrastruttura della Misura definita incubatore. Si tratta in sostanza di un edificio che mette a disposizione delle nuove attività imprenditoriali, per un tempo definito, spazi in cui insediare le nuove attività produttive e/o di servizio. In tal modo esso rappresenta una efficace risposta, sia in termini di tempi che di costi, alle difficoltà di primo insediamento e, come tale, è in grado di ridurre il tasso di mortalità delle nuove imprese. La valenza della struttura si rinviene anche nella circostanza che essa è destinata ad ospitare anche un Centro di servizi avanzati per le imprese e lo Sportello Unico.. L’edificio disporrà, quindi, di spazi funzionali quali aule attrezzate, zone espositive, laboratori, zone espositive ed spazi pubblici attrezzati (auditorium) per convegni.

Ruolo della Intervento di regia e/o indotto dalla Comunità Montana. Comunità

Montana Dotazione Risorse a valere sul POR Campania (in particolare, la Misura 3.10 e la Finanziaria 3.12), e sul fondo per la Montagna. E’ possibile, inoltre, valutare la Indicativa possibilità di articolare un Piano di Sviluppo Locale, nell’ambito del P.I.C. Leader+, attorno ad un tema centrale rivolto alla promozione dello sviluppo e diffusione di nuovi Know-How ed alla diffusione della microimprenditorialità.

Integrazione Gli interventi inclusi nella misura D2 rappresentano uno dei punti centrali del con Altre Piano, trattandosi di iniziative a supporto dello sviluppo imprenditoriale del Misure territorio. Particolari integrazioni si rilevano con tutte le Misure previste nell’asse B e con la misura D3. Integrazione La misura è in linea con le finalità espresse nel POR, con particolare con il Por riferimento alla richiamata esigenza di favorire lo sviluppo di un tessuto Campania imprenditoriale e di agevolare l’accesso alle opportunità finanziarie soprattutto nei confronti dei giovani, cui è principalmente rivolto l’intervento in esame.

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Spesa Da definire. Indicativa

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ASSE D: Adeguamento delle dotazioni infrastrutturali del territorio Misura D.3 Sportello unico delle attività produttive Obiettivi La misura intende promuovere la creazione dello sportello unico per favorire la nascita di nuove attività economiche ed il cammino di sviluppo del tessuto produttivo esistente limitando il più possibile le difficoltà burocratiche i tempi di risposta dei vari Enti competenti a fornire autorizzazioni, licenze e permessi allo svolgimento dell’attività. Lo sportello unico, nelle implementazioni dello stesso che possono derivare dalla creazione di un network telematico tra Enti ed operatori nel comprensorio, rappresenta inoltre uno strumento di attrazione e promozione del territorio.

Descrizione In base a quanto previsto dalla normativa nazionale (Leggi Bassanini e della Misura Decreto Legislativo 112/98) s'intende realizzare un sistema di servizi telematici a supporto delle imprese. L’insediamento ideale per le attività di front office svolte dallo sportello unico è rappresentato dallo stesso incubatore di cui si è detto alla misura D.2. Nello specifico, l’attività dello sportello per le attività produttive è finalizzata a: d.3.1. predisporre una serie di servizi finalizzati all'accelerazione e semplificazione delle procedure amministrative, per l’avvio, l'ampliamento, la trasformazione, ecc. di impianti produttivi. Di fatto attraverso lo sportello si potranno gestire tutte le fasi di ciascun procedimento autorizzativo, mediante l'organizzazione di un network di back-office che metta in rete tutti gli attori istituzionali interessati alle fasi del procedimento (Strutture sanitarie, Vigili del Fuoco, Soprintendenza, provincia, Regione, ecc.); d.3.2. realizzare un network telematico per l’accesso ai servizi dello sportello unico attraverso il quale l’utente potrà facilmente e celermente acquisire tutte le informazioni sulle procedure da seguire per le autorizzazioni che riguardano la realizzazione, l'adeguamento e la trasformazione di impianti produttivi, sulla documentazione tecnica che deve essere prodotta sui tempi e le modalità per ottenere l'autorizzazione, nonché monitorare tutte le fasi del procedimento amministrativo Oltre a questi servizi tipici di sportello, si prevede di mettere a punto un sistema di servizi “telematici" e di banche dati a supporto del marketing territoriale, in modo da fornire un'adeguata informativa a coloro che intendono allocare, nel territorio, nuovi impianti produttivi. In questo caso è ritenuta di grande interesse la realizzazione di un vero e proprio sistema informativo territoriale per la gestione delle informazioni riferite: alle aree dei PRG comunali destinate ad insediamenti produttivi, alle opportunità ed incentivi che sono previsti dalle normative comunitarie e nazionali, alla presenza di infrastrutture tecnologiche e di servizi, alla disponibilità di forza lavoro qualificata, alla situazione dei mercati locali, ed alla presenza di altre realtà produttive.

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Ruolo della Intervento di regia coordinato dalla Comunità Montana. Comunità

Montana Dotazione Risorse a valere sul POR Campania (Assi 2, 3 e 4), e sul fondo per la Finanziaria Montagna. Indicativa

Integrazione Gli interventi inclusi nella misura D3 sono a supporto delle iniziative con Altre imprenditoriali in ogni settore. Pertanto, si rilevano particolari Misure integrazioni con tutte le Misure previste nell’asse B , Con la Misura A.2 e con la misura D2.

Integrazione La semplificazione rappresenta uno degli obiettivi fissati dal con il Por Regolamento generale del Consiglio Europeo (1260/99) e richiamato nel Campania POR. In particolare, la realizzazione della struttura dovrà consentire anche il raggiungimento di ulteriori obiettivi, sempre richiamati nel POR, riguardanti il miglioramento della qualità della vita ed il miglioramento delle dotazioni di servizi in favore degli operatori economici.

Spesa Da definire. Indicativa

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15. Individuazione dei canali finanziari attivabili in relazione agli strumenti disponibili

Oltre alle risorse che saranno attivate dal POR Campania 2000-2006, i canali finanziari attraverso cui rendere disponibili mezzi finanziari a sostegno degli interventi descritti nelle diverse misure presentate, possono essere così individuati. Il principale strumento di sostegno all’imprenditoria, oltre alle opportunità offerte dalla programmazione negoziata è rappresentato dalla legge 488/92 – agevolazioni finanziari a programmi di investimento riguardanti nuovi impianti, ammodernamento, ampliamento, riattivazione, riconversione, delocalizzazione, nei settori industria (categorie C e D) e, con alcune limitazioni, in quelli dei servizi, del turismo, del commercio e dell’edilizia. Si cita inoltre: · legge 1329/65 legge Sabatini – che concede finanziamenti agevolati per l’acquisto di macchine utensili ed impianti produttivi; · legge 598/94 – finalizzata all’innovazione tecnologica ed alla tutela ambientale che finanzia progetti presentati da piccole e medie imprese. Leggi nazionali a sostegno dell’imprenditoria giovanile e per il lavoro autonomo23 gestiti dalla Sviluppo Italia SpA (in precedenza IG SpA): · legge 95/95 – programmi imprenditoriali, per i quali si prevede una spesa massima di cinque miliardi, nei settori dell’agricoltura, dell’industria e dei servizi alle imprese promossi da società / cooperative costituite da soggetti in possesso di determinati requisiti di età e residenza; · legge 236/93 - programmi imprenditoriali, per i quali si prevede una spesa massima di un miliardo, nei settori della fruizione dei beni culturali, del turismo e della tutela ambientale, dell’innovazione tecnologica, della manutenzione di opere civili ed industriali, dell’agricoltura e dell’agroindustria promossi da società / cooperative costituite da soggetti in possesso di determinati requisiti di età e residenza; · legge 135/97 art. 3 c. 9 – programmi di investimento, presentati da soggetto in possesso di determinati requisiti di età e residenza, per i quali si prevede una spesa massima di due miliardi, e finalizzati a

23 Tutti gli incentivi sono stati razionalizzati in un T.U. (D.L. 185/2000) pubblicato sulla G.U. n° 156 del 6 luglio 2000.

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subentrare ad un parente (entro il secondo grado) nella conduzione dell’azienda agricola; · legge 608/96 art. 9 septies – meglio nota come prestito d’onore concede agevolazioni finanziarie fino ad un massimo di 60 milioni tra investimento e gestione, oltre a servizi reali (formazione tutoraggio), a persone fisiche che intendono avviare attività commerciali nella forma di ditte individuali e/o attività professionali. Leggi nazionali per i soggetti più deboli del mercato del lavoro: · legge 215/92 (imprenditoria femminile) – programmi di investimento in tutti i settori presentati da ditte individuali, società e cooperative, formate esclusivamente o in prevalenza da donne, per attività d’impresa in tutti i settori produttivi e dei servizi; · Legge 125/91 – prevede finanziamenti per programmi finalizzati a sostenere condizioni di uguaglianza sostanziale tra uomini e donne sul mercato del lavoro; Per attivare percorsi di formazione: · legge 236/93 articolo 9 (formazione continua) – cui possono accedere tutte le imprese iscritte all’INPS per gestire o affidare a terzi azioni formative per innalzare il livello culturale dei propri dipendenti e, per questa via, migliorare il proprio posizionamento competitivo.

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16. Elementi di coerenza con altre iniziative

Il moltiplicarsi di strumenti che, ai vari livelli normativi, vengono elaborati allo scopo di favorire la promozione dello sviluppo di un territorio e delle attività economiche che su di esso vengono esercitate rappresenta, per molti aspetti, un elemento da analizzare con accuratezza allo scopo di ottenere effetti sinergici tra le diverse iniziative moltiplicando l’efficacia delle stesse. E’ dunque indispensabile assicurare la necessaria complementarità tra tali strumenti evitando il possibile sovrapporsi degli stessi, eventualità che produce non solo disorientamento tra i destinatari, ma un’inutile dispersione delle risorse. L’efficacia delle iniziative programmate dipende dunque dalla capacità di integrare le diverse iniziative con quelle già in atto sul territorio. In sostanza, nel pieno rispetto dei principi di addizionalità e di sussidiarietà che caratterizzano le linee d’intervento previste, in primo luogo, dal legislatore comunitario, occorre stimolare sinergie con altre iniziative che, ai diversi livelli normativi si propongono di sviluppare la crescita economica del territorio. La strategia sopra delineata è del tutto coerente con l’impostazione complessiva della programmazione regionale che individua nel rafforzamento degli elementi "di sistema", perseguibile attraverso la pianificazione integrata, il paradigma centrale del POR elaborato dalla Regione Campania. Tale "disegno" della programmazione regionale si propone come obiettivo primario la realizzazione di un sistema policentrico in cui la valorizzazione delle vocazioni e dei particolarismi locali agisca non solo quale acceleratore di sviluppo economico, ma anche quale fattore di riequilibrio del territorio e delle sue funzioni, tra fascia costiera ed aree interne; e si rapporta pienamente alla proposta di rafforzare, sulla base di specializzazioni territoriali, il sistema di relazioni economico-culturali tra il territorio della comunità con la più vasta area rappresentata dalla Regione Campania. Il PSSE assume quale linea strategica che ne informa l’intero contenuto, la centralità della variabile ambientale in uno con quello della crescita, in un’ottica di sistema, del tessuto e della cultura imprenditoriale; quest’ultima basata su forme di sviluppo endogeno che affonda le proprie radici nella specificità delle risorse locali. Tale strategia trova il suo paradigma nella programmazione economica regionale che si declina in gran parte delle misure in cui si snoda il Piano Operativo con particolare riferimento a quelle rivolte alla protezione delle risorse ambientali ed allo sviluppo sostenibile delle attività industriali e turistiche.

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16.1 Programmazione territoriale Il moltiplicarsi di strumenti che, ai vari livelli normativi, vengono elaborati allo scopo di favorire la promozione dello sviluppo di un territorio e delle attività economiche che su di esso vengono esercitate rappresenta, per molti aspetti, un elemento da analizzare con accuratezza allo scopo di ottenere effetti sinergici tra le diverse iniziative moltiplicando l’efficacia delle stesse. E’ dunque indispensabile assicurare la necessaria complementarità tra tali strumenti evitando il possibile sovrapporsi degli stessi, eventualità che produce non solo disorientamento tra i destinatari, ma un’inutile dispersione delle risorse. L’efficacia delle iniziative programmate dipende dunque dalla capacità di integrare le diverse iniziative con quelle già in atto sul territorio. In sostanza, nel pieno rispetto dei principi di addizionalità e di sussidiarietà che caratterizzano le linee d’intervento previste, in primo luogo, dal legislatore comunitario, occorre stimolare sinergie con altre iniziative che, ai diversi livelli normativi si propongono di sviluppare la crescita economica del territorio. Tra questi strumenti, per metodologie adottate e per le potenziali sinergie che possono essere sviluppate, riteniamo opportuno rilevare: · il Programmi di Iniziativa Comunitaria Leader II; · le iniziative di sviluppo ecosostenibile promosse nell’ambito dell’istituzione del Parco Regionale del Matese; Il Programma di Iniziativa Comunitaria Leader II, attualmente alla sua fase conclusiva e, in prospettiva, la nuova edizione denominata Leader+, rappresentano uno strumento particolarmente innovativo di promozione di una politica integrata in favore delle aree rurali per la loro capacità di aggregare consensi attorno ad un’idea di sviluppo locale, favorendo la messa in rete di risorse ed esperienze. In tal senso, Leader rappresenta uno dei primi esempi di programmazione dal basso e di sviluppo integrato. Attualmente è in piena fase attuativa la seconda edizione del programma che vede agire il Gruppo di Azione Locale “Titerno”, selezionato a seguito del secondo bando (1997), che ha avviato il Piano di Azione Locale nel 1999. Complessivamente si tratta di un’iniziativa le cui dimensioni finanziarie sono alquanto modeste (non superiori ai 4,5 miliardi), ma il cui valore aggiunto, in termini di approccio metodologico e di impatto culturale è decisamente elevato. Il Piano proposto dal Gal è orientato prevalentemente verso attività di assistenza tecnica e di promozione (soprattutto attraverso investimenti a carattere materiale) delle attività turistico-ambientali e dell’artigianato locale.

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Il Programma Leader II sarà completato entro il 2001, e si attende il completamento dell’iter programmatorio relativo alla nuova Iniziativa Leader+ (periodo 2000-2006) alla quale, presumibilmente, si candiderà il Gal operante nel comprensorio. Infine, è da sottolineare come gran parte del territorio ricada entro i limiti del Parco Regionale del Matese. Tale circostanza è determinante ai fini dell’individuazione delle iniziative da attuare nel quadro di Agenda 2000 e delle strategie d’intervento. Da questo punto di vista, la complementarità tra le iniziative si muove lungo la stessa ottica, che è quella dello sviluppo sostenibile. Purtroppo, allo stato attuale l’avvio operativo delle attività promosse dall’Ente è ostacolato da una serie di circostanze (da ultimo, la pronuncia della Corte Costituzionale circa le modalità procedurali con le quali è stato seguito l’iter programmatorio da parte della Regione Campania). In ogni caso, la coerenza tra gli obiettivi e le modalità di intervento delineate dal Piano e le finalità che reggono l’istituzione del Parco Regionale è assicurata dalla condivisione di tre fondamentali elementi strategici:

· lo sviluppo territoriale: si constata che per conciliare ambiente ed obiettivi economici è necessario “partire dal territorio” e adattare la propria strategia alla specificità delle diverse zone;

· la promozione di attività economiche nel rispetto dell'ambiente: la domanda di prodotti “naturali” e di tecnologie “pulite” aumenterà in maniera considerevole nei prossimi anni; contemporaneamente si assisterà all'introduzione di norme ambientali sempre più rigide, sia per quanto riguarda le aziende agricole che le imprese industriali. Apparentemente restrittivo, il concetto di ambiente può al contrario offrire nuove opportunità: l'utilizzazione di tecnologie pulite produce, a termine, maggior vantaggi comparativi ed i prodotti naturali acquisiscono quote di mercato sempre maggiori;

· la riqualificazione delle attività produttive, con particolare riferimento alla diffusione di un know-how specializzato. È pertanto indispensabile sviluppare il sistema delle conoscenze e le attività di divulgazione rafforzando le attività di ricerca e di sensibilizzazione sulle tematiche dello sviluppo equo e sostenibile. A livello locale, è necessario poter disporre di informazioni precise sulle condizioni dell'ambiente e delle risorse e quindi comunicare tali informazioni alla popolazione locale e ai consumatori, in modo che questi comprendano le interazioni esistenti tra l'ambiente, le attività economiche e la comunità locale.

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