NUMERO/259 in edizione telematica 14 agosto 2018 DIRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected]

C’è poco da dire; anzi, se non fosse che abbiamo che per un attimo ci è venuto il dubbio che a le spalle larghe, ci verrebbe addirittura da Berlino le cose sono andate ben diversamente di piangere viste le prodezze italiche in terra come pensavamo noi. A convincersi sono bastate teutonica per gli Europei di atletica. le sintetiche riflessioni del Presidente della E’ Vero , nemmeno alla vigilia della trasferta Federatletica: “Ho avuto la conferma che tanto berlinese ci aspettavamo cose eccelse (l’ottimismo azzurro è stato protagonista a questi Europei. Non costi quel che costi dei tanti interessati “addetti ai faccio il conto delle medaglie, ma la sensazione è lavori” non ci avevano infatti mai contagiati) ma lo che tanti ragazzi abbiano fatto vedere che ci spettacolo offerto dai dei sono". nostri invitti campioni e dai Il Presidente Giomi ha loro ineffabili dirigenti (non sottolineato soprattutto tutti per carità) è stato, tanto l'impegno dei giovani e per esser benevoli, scarso. le non indifferenti Ci avevano dato per scontato potenzialità evidenziate che la invitta armata azzurra da molti di loro. "Dopo con i suoi vecchi epigoni, questa settimana sono quelli di sempre, e la sua ancora più ottimista di falange di giovani avrebbe quanto lo fossi prima. sbaragliato raccogliendo Tanti giovani hanno allori e medaglie inserendosi dimostrato di poter fra gli europei più forti ai essere competivi a livello vertici della classifica per assoluto. Penso a Crippa, nazioni. Al calar della tela ci a Chiappinelli, alla siamo trovati al fondo della Osakue, a Stano, a classifica dietro a paesi che in Rachik e Faniel oggi, a passato ci vedevano da Desalu che fa 20.13 e lontano. arriva sesto. È il segno E gli esiti sarebbero stati del lavoro che sta dando anche peggiore se nella i suoi frutti e continuerà graduatoria non fosse stato formalmente e a darli”. “A settembre, come previsto, inserito (chissà mai perché) l’oro della cosiddetta analizzeremo tutto e prenderemo (con chi sarà di maratona a squadre. rimasto N.d.R.) le decisioni per il futuro. Quello che Sull’onda di questi risultati i nostri giudizi su tutta è certo, è che in questi mesi l’atletica italiana si è la spedizione non sono affatto lusinghieri e, come finalmente svegliata”. vedrete li manteniamo anche se non saranno Siamo a posto. condivisi (un po’ per convinzione e tanto per prudenza, spesso per convenienza) da tutti. Tanto Giors

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Mi stavo chiedendo quale fosse il segreto che fa permanere giovani le nostre speranze atletiche, tali e sempre comunque, anche con il passare del tempo, anno dopo anno. Un interrogativo costante rispetto alla speranza, all’idea che improvvisamente qualcosa prenda i colori dell’iride, che cambi come per un incanto, dall’oggi al domani. La risposta è arrivata anche grazie alle ultime battute degli Eurocampionati a Berlino, quando dopo un ulteriore “bronzo” , frutto dell’ottimismo della volontà, nella maratona, con Yassine Rachik, che è riuscito ad impegnare sino all’ultimo millesimo la sua energia, ho avuto la percezione di un atteggiamento diverso da parte di chi come Claudio Stecchi e il quartetto della staffetta veloce maschile si è disunito in vista del traguardo. Mi sento dire che sono giovani e che si faranno… Purtroppo, in certe occasioni, il risultato è quello che conta e lo spirito vincente è quello che fa la differenza rispetto alla statistica, al numero dei finalisti, al grado di competitività percepibile, quello che trasmette emozioni e coinvolge l’immaginario collettivo. Infatti, la vittoria a squadre nella speciale Coppa Europa di Maratona, a me cara per rinverdire gli anni condivisi con amatori e runners , con Oscar Barletta e Gianpaolo Lenzi , tra il 1974 e il 1988, non ha avuto la eco che meriterebbe , non è stata avvertita come fondamentale caratura di livello e di tono nella visione complessa, tecnica ma anche romantica, fatta di sentimenti, di coraggio e rabbia, di una realtà multidisciplinare com’è l’atletica. L’impressione è che manchi proprio quel quid che alla fine fa la differenza. Quel quid che si può manifestare anche sul campo, sempre chè ci sia un dio che ti aiuti, ovvero chi, come capita nel nuoto e non solo, trasmetta e formi l’atteggiamento mentale giusto, quello vincente e mi risulta che in questo abbiano avuto ed hanno un ruolo molto importante i rappresentanti dell’AIPS, ovvero i mental coach. In ogni caso, sono stato colpito dalla serenità con cui Gimbo Tamberi, e Yeman Crippa hanno commentato le loro performances europee a Berlino, sulle pedane e la pista di quello Stadio Olimpico, in cui ottantadue anni fa , nel 1936, in un clima un po’ diverso, , prima aurea medaglia della storia atletica “azzurra” al femminile, trionfò negli ottanta ad ostacoli, beffando la valentissima , soltanto quarta. I bronzi della marciatrice e dello stesso Crippa ebbero precedenti illustri in il “mago” , terzo dopo i colossi americani con un quarto di giro in più nel disco e in , argento negli ottocento, gara in cui il suo rivale storico, Rudolf Harbig fu addirittura eliminato in batteria, piuttosto che nella staffetta veloce con Mariani, Caldana, Ragni e Gonnelli , altro argento . La stessa celebrata “antenata” di Daisy, , fu lontana dalla finale, mentre , calciatore prestato all’atletica dal presidente “bilaterale” Luigi Ridolfi, fu protagonista di una finale simile a quella che ha visto giocato Gimbo, redivivo a 2,28 ma scavalcato da avversari “elettrici” tutti al primato personale o stagionale proprio con il 2,33 che lui aveva considerato strategico per vincere a sorpresa. Voglio ricordare che Arturo, ormai in Borea da anni e cui mi unisce ancora un rapporto di straordinaria empatia, condivise in pedana ma non sul podio, per appena un centimetro di differenza con il giapponese Naoto Tajima , lo straordinario paradosso del “fulmine nero” Jesse Owens , che schiantò il simbolo ariano Carl Ludwig Long, davanti allo sbigottito Adolf Hitler. Ecco, per concludere, che comunque sia andata, la seconda puntata italiana per un evento titolato all’Olympiastadion deve essere considerata la possibile premessa affinché qualcosa cambi e che i “giovani” maturino in funzione di un imprescindibile ritorno in auge dell’atletica nell’Italico Stivale. Per questo, occorrono adesso consapevolezza dello stato dell’arte, determinazione umiltà e voglia di vincere, promozione e organizzazione, autostima e capacità progettuale, motivazioni forti e condivisione degli obiettivi di valore sociale, come la salute e l’integrazione, che possono essere colti proprio con l’attività atletico motoria diffusa, dagli asili nido ai circoli per la quarta età. Ruggero Alcanterini

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Le staffette sono la metafora di una trasferta europea disastrosa

Nel corso delle fluviali mezzo prima. Una volta di più l’ex cubana si è quanto interrotte telecronache di atletica al buon mostrata inadatta a guidare un quartetto che Dino Ponchio è scappata una laudatio non l’attendeva come risolutrice e punto di forza e in richiesta. “Il nostro grandissimo presidente….”. Si cui invece si mostrata anello debole. All’anno di riferiva a Alfio Giomi, capataz della più disastrosa semi-sabbatico la quattrocentista si è presa anche spedizione continentale dell’atletica azzurra dal un europeo di sabbatico. Ma ha sbagliato anche 1958 in avanti. chi, attorno a lei, non ha percepito questa Chi ha spirito di squadra (ma non cognizione snobistica rinuncia ad eccellere. La 4 X 400 tecnica) ha spinto l’Italia sedicesimo posto nel maschile era attesa al primato italiano che non c’è medagliere contando l’oro e l’argento delle prove stato come l’auspicato salto di qualità nonostante a squadra di maratona che non hanno alcuna un Galvan financo all’altezza. E la 4 x 100 validità tecnica. Il nostro bottino reale si sostanzia maschile? In finale si è confermato un Manenti da di un argento e quattro bronzi ottenuti con 20”81, protagonista in negativo di due cambi prestazioni che (Palmisano a parte) avrebbero balordi. In cambio della presunta sicurezza nei scarsa rilevanza tecnica in un mondiale. C’è chi cambi (che non c’è stata) si è rinunciato al ritiene incongruo il paragone delle quattro coraggio di buttare nella mischia Jacobs o Howe medagliette della parrocchietta nostrana consegnando il quartetto all’ignominiosa paragonandole alle 22 del nuoto per la presunta squalifica. Il 38”82 della semifinale non avrebbe maggiore universalità dell’atletica ma questa comunque assolto la squadra. Cinque sofferte sottolineatura addirittura sottintende la maggiore medagliette, nessun primattore, resettato responsabilità gestionale della disciplina regina e Donato, restituito Tamberi agli attuali limiti contro quindi, a mo’ di boomerang, aumenta il carico di il 3 1 3 (ori, argenti, bronzi) della Bielorussia o il 2 colpe di chi ha varato una spedizione così 3 5 della Spagna. scombicchierata. Senz’ entrare nel merito di Nel corso degli European Championship l’atletica questa valutazione, a livello selettivo il nuoto ha azzurra è stata l’insopportabile nota stonata in un proposto atleti che hanno superato il turno o ci coro di sport vincenti. Ora il presidente federale sono andati molto vicini. Giomi assicura: “Chi ha fallito qui non avrà altre Invece l’atletica agli europei dopo quattro chance”. Vorrà dire che più di metà squadra deve giornate aveva un tasso di eliminazioni al primo essere azzerata. Forse per molti azzurri la turno del 50 % (29 out su 58 impegnati). Il nuoto finalizzazione vera di stagione sono stati i Giochi ha invece contato alla fine su 37 presenze tra i del Mediterraneo più che gli Europei. E parliamo primi 8 per un universo di 45 atleti con 39 primati di una ribalta dove solo un paio di gare (i 200 del personali migliorati. Per chi gareggiava in vasca bravo Desalu) e la stratosferica asta hanno offerto “quella” e sola era la gara dell’anno. L’epitome del risultati degni di un mondiale. Ma è un europeo fallimento atletico nello spirito di squadra nelle che sta comunque largo all’Italia e alle sue ridotte staffette. Salviamo per la modesta delle singole ambizioni. componenti del quartetto la 4 x 100 femminile. Da Di autocritiche e auto-flagellazioni ne abbiamo 4 ragazze con 11”50 nelle gambe non si poteva ascoltate tante. Ripetute, ipocrite e inutili. pretendere di più se non cambi migliori. Possiamo accontentarci dei migliorati primati Ma questa qualità- una volta il miglior requisito personali di Cairoli e della Mattuzzi? Ci siamo dei nostri collettivi- è andata piano piano iscritti agli europei per questo tipo di impoverendosi. Le loro colleghe della 4 x 400 soddisfazioni? Dal punto di vista estetico un hanno perso la miglior occasione di medaglia europeo senza l’Italia non perderebbe nulla se d’oro per la squadra azzurra. La Grenot si è non la sopita rabbia degli appassionati costretti a espressa in frazione con un 53”06 in lanciato. Con subire un simile ripetuto scempio. E quando una una Grenot normale (due secondi in meno) eccoci revisione dei rapporti tra atleti militar- stipendiati lì a sgomitare per il primo posto. Ed era una e federazione? In realtà fuoco e fiamme adesso. E Grenot fresca perché auto-esclusasi dalla finale poi di atletica azzurra si parlerà sempre di meno individuale a differenza di molte colleghe dopo questo sconsolante esibizione di squadra. straniere capaci di darle molti metri di distacco, pur stressate dalla finale individuale di un’ora e Daniele Poto

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Lo ammetto: mi ero illuso. Questo doveva essere l’anno del riscatto, almeno a livello continentale. Invece, al di là della patetica difesa d’ufficio tentata in tivù da Dino Ponchio che Franco Bragagna ha giustamente rigettata con vigore, come siano andati gli Europei di Berlino lo dicono le cifre: quattro medaglie di bronzo, diciotto finalisti avendo schierato 81 atleti-gara, undici primati personali migliorati, rappresentano un bilancio negativo, per il quale non è neppure giusto tirare in ballo paragoni con il nuoto, dove – al di là del primeggiare di molti azzurri – rimane sempre l’interrogativo riguardo a quando si avranno valori certi e non primati a go-go migliorati ad ogni manifestazione. Neppure la cura-Locatelli ha dunque risollevato l’atletica italiana, i cui dirigenti si beano ormai da tanto tempo dei risultati ottenuti a livello giovanile, dando l’impressione di non chiedersi o non trovare risposta al fatto che chi raccoglie molto meno di noi con i suoi Under, poi a livello assoluto si rifà ampiamente.

Le dimissioni di , che lamenta i “troppi errori, senza nessuno che paghi”, sono il sintomo del mal funzionamento della dirigenza federale e, guarda caso, le motivazioni (“di natura tecnica e personale”) addotte dall’olimpionico di Atene 2004 per spiegare il suo rifiuto due anni fa a diventare responsabile del settore assoluto (“presentai un progetto ambizioso che, anche per ragioni economiche, non venne accettato”) fanno curiosamente il paio con la richiesta avanzata da Locatelli a gare appena terminate di “maggiore assistenza” che Giomi ha sdegnosamente rigettato rimandando al Consiglio Federale di settembre il compito di “valutare e apportare modifiche alla struttura tecnica”.

Le cronache del dopo-europei parlano dunque di feeling ormai in esaurimento tra il Presidente e il Direttore Tecnico delle squadre assolute Elio Locatelli. Non entriamo nell’ambito delle divergenze tra i due, in quanto Locatelli con il suo passato e la sua esperienza non ha certo bisogno di difensori d’ufficio, ma è certo che l’attuale dirigenza ha fallito, vittima anche di aver dovuto ascoltare chi le aveva procurato i voti. E un ritornello che ormai si ripete e che, a questo punto, costringe a rimpiangere l’impostazione militare di Gianni Gola, peraltro ben conosciuta da Giomi che ne faceva parte.

Ma torniamo agli Europei, non senza prima aver accennato alla ben assortita squadra Rai, nonostante gli equilibrismi nel passare da un canale all’altro, con Bragagna attento conduttore, ben sostenuto dalle conoscenze disincantate di (molto interessanti anche le sue valutazioni sulla rosea di mercoledì 15 agosto circa il fallimento del programma di decentramento) e Guido Alessandrini e dagli interventi delle “esperte” , e Silvia Salis. Nota stonata, invece, il “federale” Dino Ponchio e chi si occupava delle interviste, tristemente banale, probabilmente per scarsa conoscenza.

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Dunque, tutto si può dire eccetto che Berlino sia stata per gli azzurri un trampolino verso i Mondiali 2019 e l’Olimpiade 2020, diventata adesso l’obbiettivo, così come dopo le disastrose gare iridate 2017 era stato detto sarebbe stata la rassegna continentale. Anzi, per chi è di memoria corta sarà bene ricordare che nell’immediata vigilia qualcuno aveva ipotizzato per Berlino una passerella esaltante com’era stata Spalato 1990, dove l’Italia dell’immediato dopo-Nebiolo raccolse 12 medaglie (5 ori, 2 argenti, 5 bronzi) schierando complessivamente (ossia contando singolarmente anche i componenti le staffette) 61 atleti.

Purtroppo, guardando a tempi e misure è bene considerare come in una rassegna planetaria gli azzurri in grado di fare la loro figura si contino sulle dita di una mano, ammesso che non sopraggiungano infortuni o altre maledizioni a metterli fuori causa: al momento ci pare si possa contare su Antonella Palmisano e , con che merita un discorso a parte: era un forte azzardo ipotizzare che a Berlino potesse migliorarsi ulteriormente. Ovvio che il ragazzo e con lui tanti altri ci sperassero, ma era oggettivamente improbabile.

Chi ha criticato Tortu per la lunga pausa di gare prima degli Europei non mi trova d’accordo: a 20 anni è importante amministrarsi e il suo 10.08 in finale, a coronamento di una stagione ricca di tempi importanti, non mi pare né riprovevole, né scandaloso, e mi chiedo se fosse ragionevole anche solo pensare che avrebbe fatto meglio dell’eccellenza già raggiunta. Certo, per poter ambire a risultati eclatanti dovrà fare meno di 9.99, ma intanto il primo passo, atto a superare la barriera anche psicologica dei 10 secondi netti, è compiuto. E a Filippo, che senz’altro è già ottimamente consigliato dal padre (e allenatore) Salvino, ci permettiamo di sussurrare di non indulgere troppo nella necessità della Fidal di sfruttarlo come uomo- copertina e di preoccuparsi maggiormente delle sue gare individuali e meno della staffetta.

Altre speranze in proiezione? Senz’altro va concessa una prova d’appello ad anche se il precedente di induce a non illudersi. Eppoi – spes ultima dea, dicevano i latini – lasciamo spazio a tutti per andare a riempire le dita mancanti. Magari anche solo arrivando a guadagnarsi un posto in finale.

Giorgio Barberis

Le dimissioni di Baldini sono avvenute «Per motivi di natura tecnica e personali. E’ inutile che continui a lavorare 15 ore al giorno se poi nulla viene valorizzato». Nello specifico l’ormai ex-DT parla espressamente di errori gestionali clamorosi fatti agli Europei di Berlino, che “per serietà andrebbero ammessi. Invece, come già in passato, ho sentito solo stilare bilanci positivi e parole di difesa del proprio operato”

Comunicato del Consiglio Federale del 15 agosto 2018 In occasione della conferenza stampa di chiusura dei Campionati Europei di Berlino, insieme alle valutazioni di carattere generale, era stato confermato che a settembre, come peraltro già previsto, il Consiglio federale avrebbe fatto un esame complessivo della gestione tecnica delle Squadre nazionali. Al momento attuale, il Consiglio ha maturato una valutazione largamente positiva sui risultati degli atleti azzurri in questa stagione fino alla vigilia dei Campionati Europei, frutto di una programmazione attenta e rigorosa. Nonostante i risultati ottenuti a Berlino siano stati per certi aspetti inferiori alle aspettative, soprattutto per quanto riguarda la conquista di medaglie, il Consiglio ritiene che l'insieme delle prestazioni e l'atteggiamento di larga parte degli atleti sia stato positivo. Il Consiglio federale è stato oggi raggiunto a mezzo stampa dalla notizia delle dimissioni improvvise, irrituali ed inaspettate, del DT delle Squadre nazionali giovanili e dello Sviluppo Stefano Baldini. Le stesse saranno oggetto di valutazione nel quadro complessivo che verrà esaminato dal Consiglio federale, e da cui scaturiranno le decisioni di programmazione tecnica per il biennio 2019-2020.

SPIRIDON/6

Berlino sottocchio

Malgrado i tempi Presa nella morsa del secondo sport nazionale, il calciomercato ormai in auge per 365 giorni all'anno, e delle medaglie guadagnate nel nuoto, l'insieme a combinare il grosso dell'esposizione mediatica riservata allo sport, la Regina è parsa in affanno anche a Berlino, affanno - al solito - del tutto immeritato. Solo palati assai facili le possono preferire semplici chiacchiere mirate alle frattaglie (leggi cuore) dei tifosi, quanto al nuoto, beh, avere in arsenale un siluro capace di centrare l'oro olimpico sui 100 stile libero da qui a due anni è cosa formidabile per lo sport italiano, ma si può confondere la semplicità dell'andare in acqua dal punto A al punto B anche in forma (stile) diversa da quella più veloce in natura (stile libero) con la varietà e completezza di gesti propri della macchina umana ed espressi nell'atletica ? No, non si può. Più che mai non aiuta che la scuola, da subito, non provi a sottolineare questa varietà, e poi la varietà di tutto lo spettro dell'universo sportivo, ad educare la mente ed il palato. Accade invece che il villaggio sempre più globale si ritrovi sempre più compatto ad accontentarsi e sdilinguire per il . . . tiki-taka calcistico. Certo quando qualche decennio fa, l' ex presidente federale - nazionale ed internazionale - Primo Nebiolo propose l' atletica-spettacolo non poteva sospettare che il gusto per lo spettacolo sarebbe involuto fino al trionfo del reality più becero, mentre lo sport non può prescindere - senza scadere - da un concetto di “classico” che invece viene ora in previsione oltraggiato in atletica da “format” quali le staffette miste - uomini e donne – magari in sostituzione di prove con minore appeal televisivo (10.000 metri ? Salto triplo ?) appunto in adattamento ad un'asticella dello spettacolo posta più in basso. Disco Uomini Tornando a Berlino, alle gare che hanno più confermato la bellezza e l'essenza dell'atletica, perchè non partire dal lancio del disco maschile, molto meglio di quello al femminile, lo svedese Daniel Stahl, bonaccione da oltre un quintale e mezzo, che lunghissimo ma nullo nei primi due lanci, al quarto piazza un sontuoso 68,23 che mette il campione del mondo lituano Andrius Gudzius con le spalle al muro quando entra in pedana per l'ultimo lancio, suo e della gara. Gudzius se lo vedi da pochi metri di distanza usare il suo braccio destro, da l'impressione di essere un massimo in possesso del colpo che può risolvere il match in ogni momento, meno dipendente da ritmo e giusto incastro dei movimenti di rotazione in pedana rispetto ai migliori dei rivali: 68,46 e madaglia d'oro per soli 23 centimetri ma Gudzius che alza il destro e guadagna . . . il suo angolo ancora prima della misurazione: lo aveva subito sentito partire giusto, quel destro.

Duello in punta d'asta In puro stile cavalleresco, piuttosto che rusticano, da parte di due “enfants terribles” che manco si accorgono che riducono al ruolo di spettatore il numero uno al mondo degli ultimi dieci anni, Renaud Lavillenie - tanto per stare sul francese - che pure lotta provandosi a restare tale, ma inutilmente di fronte alla suprema confidenza tecnica ed agonistica sfoggiata da Mondo Duplantis e Timur Morgunov, europei magari sui generis ma neanche del tutto africani come altri se è per questo . . .

Polska Betandwin per la finale degli 800 uomini pagava due volte la puntata la vittoria di Adam Kszczot: meglio che mettere i soldi in banca. Più che mai artigli e becco d'oro zecchino per la bianca aquila capace di essere dominante nei lanci come di piazzare i suoi tre nei primi cinque di quegli stessi 800. Pensare che c'era chi vedeva le nostre all- blacks davanti alle all-whites nella staffetta lunga . . .

Tortu La medaglia era sui 200, un metro di avanzo rispetto al pur ottimo faceva 20.03 e l'argento in una gara dai tempi fin troppo buoni per essere del tutto veri se proiettati in condizioni meno ideali rispetto alla finale di Berlino. Però Filippo ha vent'anni, all'effetto mediatico del meno 10 era difficile rinunciare per quest'anno e l'essere restato sui 100 può essere cosa comprensibile, anche se resta il fatto che lì Filippo non ha l'accelerazione richiesta per restare in contatto coi tipi da medaglia già a livello di Europa allargata

SPIRIDON/7

La Fidal

Seduti su finti indicatori di corsia il presidente Alfio Giomi ed il commissario tecnico Elio Locatelli sembrano (e sono) due pensionati in fuga della calura estiva al bar di un centro commerciale. Invece la location è Casa Atletica Italiana, per la conferenza stampa di fine campionati. Giomi replica di fatto quanto detto in occasione dei fallimenti precedenti, copia ed incolla verbale con l'aggiunta dell'apologia del quarto e financo del sesto posto (i polacchi ci massacrano anche coi quarti, per non parlare dei quinti . . .) dice che chi ha fallito ha esaurito le sue chances, magari ignaro che i tre discoboli , ad esempio, per passare le qualificazioni avrebbero dovuto avere la possibilità di lanciare (loro soli, s'intende) a Tarquinia. Vedremo, se e che prossima volta ci sarà, ad esempio, per una Derkach che - da anni in carriera - non è ancora in grado di mettere in fila due salti che non siano tecnicamente scompagnati tra loro. Locatelli a precisa domanda se i campionati sono stati o meno soddisfacenti risponde . . . da addetto alla logistica, rivendicando come sia perfettamente riuscito alla Fidal di spostare 150 persone senza neanche urtare il cordolo di un marciapiede o fare cadere l'ampolla dell'olio: vedere ed ascoltare sul sito federale per credere. E' troppo cruento reclamare una sorta di morale harakiri ad un movimento che due anni orsono ha premiato i fallimenti della gestione Giomi con la sua riconferma e consentito il richiamo di un commissario tecnico di 75 anni che come solo errore si addebita una del tutto ininfluente composizione della staffetta 4x400 femminile ? Dove peraltro non ci azzeccò neppure agli europei indoor del 2017, facendo “riposare” inutilmente la povera Folorunso.

La Panterita

A proposito di staffetta e di 400, e di mosse future, sarà riconfermata (contro logica, per età , prospettiva individuale ed attitudine di frazionista) nel ruolo e nell'assistenza di atleta di punta l'ex sposa cubana ? Volenti o nolenti qualche rottame è al momento presente nell' “Athletic élite club” (oltre 40 nomi per 4 bronzini a Berlino, che oro ed argento delle squadre di maratona vengono con un asterisco grosso così) e ad aggiornare e gestire quell'elenco saranno chiamati quegli stessi che in base ad una elementare logica manageriale dovrebbero solo rassegnare le dimissioni od essere altrimenti licenziati. Già, ma da chi ? Tanto ai “punti” battiamo pure Grecia e Norvegia che dall'alto dei loro ori se la ridono. E come non ridere di una federazione che ai recenti mondiali Under 20 ed europei Under 18 non è stata capace di presentare un-atleta-uno nelle prove multiple ?

* * * * * * * * Sacrosanta ironia sul potere a parte, niente contro pensionati o meno, ma - ancora una volta - sono i risultati che dovrebbero decidere la sorte di chi in alto tiene le redini, e questo continua a non avvenire. Nel salto in alto di un Gimbo Tamberi non ancora quello di due anni fa ma sempre grande agonista e di una ben più composta Elena Vallortigara vittima di una controprestazione quando meno opportuno ma cresciuta come nessun altro dei nostri in stagione stanno, al momento, le carte migliori da giocare l'anno prossimo ai mondiali.

Mauro Molinari [email protected]

SPIRIDON/8

Le 'voci' italiane dall'Olympia Stadion

Franco Bragagna, che non si concede e non ci concede pause, raccontando di tutto e di più, con la dizione perfetta, è stato assecondato dal giornalista Guido Alessandrini, che spazia nell'arengo mondiale, e da Stefano Tilli, tutto che sbaglia talvolta i pronostici. La lettura tecnica era affidata a Dino Ponchio, ex commissario tecnico che si compiace del 'ponchiese': spiegare agli incolti il perché e il percome del gesto atletico. Bragagna da Bolzano memoria tenace, dialoga con i due da allievo Isef prossimo al Diploma, già pronta la Tesi, ma il relatore, prof Walter Bragagnolo, primo allenatore di , indugiava. Il nostro, che si cimentava nel giornalismo, cominciò la carriera con il crescendo impetuoso che conosciamo. Come e più di noi, i telecronisti tifano per gli atleti e le atlete italiani, si prendono il respiro con discorsi 'salottieri', ma nel complesso attraggono l'uditorio. Novità nel commento degli Europei MultiSport, le 'voci' di Antonietta Di Martino, Silvia Salis, Margherita Magnani. La primatista nazionale ha analizzato la gara dell'alto con acume e subentrata delusione: la triplice eliminazione di Elena Vallortigara, da podio con 2,02 di fresco personale, di Alessia Trost in confusione tecnica, e di Desirèe Rossit, della cui maturazione si sono perse le tracce. Silvia Salis, che lanciava lontano il martello, ha commentato i lanci, esultando alle bordate di Daisy Osakue, quinta insperata in finale. Margherita Magnani, mezzofondista che non ha partecipato per infortunio alle gare nell'Olympia Stadion, ha mostrato competenza e chiarezza, ed ha un futuro da telecronista. La quarta voce, reboante, è di Pietro Pastorini, nato un anno dopo i Giochi Olimpici di Berlino. Ha impiantato l'atletica e la marcia a Quarto Oggiaro, nella Lomellina. Ha plasmato numerosi campioni, ha creduto nella marcia femminile. Al microfono, l'analisi essenziale delle gare, la rievocazione di episodi inediti, i pronostici che si realizzano, l'esaltazione del tacco e punta di Antonella Palmisano, la pugliese che, tra una fatica e l'altra su strada, ha preparato in famiglia il matrimonio a settembre con il collega Lorenzo Dessi. La 50 km femminile ha dimostrato che le marciatrici, se adattate, non crollano, anzi non si distanziano troppo dai più qualificati marciatori. Come le maratonete, ammesse dopo la proposta italiana al Congresso degli Allenatori Europei, Budapest 1975. A Los Angeles, Giochi Olimpici 1984, l'esordio con l'affermazione di Joan Benoit in 2h24'52". Pastorini, già commissario tecnico della marcia femminile svizzera, e consulente di rinomati campioni, fra questi il francese Dinitz, prevede un futuro luminoso per Massimo Stano, quarto nella 20 km, ad un secondo dal podio. Nei 50 km, l'entusiasmo per la marcia aggressiva oltre i 25 km del trentottenne si è raggelato nel finale, il romano undicesimo. Pino Clemente

SPIRIDON/9

Campione in Oratorio e nella vita

Dalla scuola salesiana alle grandi vittorie sportive

«Sono nato a Barengo, in provincia di Novara. Mio papà faceva l’agricoltore e aveva molta fiducia nei Salesiani. Così mi sono ritrovato nella loro scuola». Chi parla, da sempre nel mondo dello sport in tutti gli ambiti professionali, atletici e dirigenziali, ha da poco brillantemente compiuto 90 anni. «I figli di agricoltori un tempo venivano mandati in Collegio. Assieme a mio fratello sono stato dagli Oblati ad Arona, poi, dal primo anno di Istituto superiore sono entrato nelle scuole salesiane, e ci sono rimasto per un buon quadriennio». Di chi stiamo scrivendo? Lasciamo ancora tempo ai lettori per scoprirlo, desiderando suscitare maggior suspense nei riguardi (speriamo pochi, in verità) di quelli che ancora non siano riusciti ad identificare il personaggio. Intanto diciamo che si tratta di un exallievo di Don Bosco! Il nostro ha tra l’altro guidato l’attacco della squadretta della scuola ma, alla specifica domanda sul rendimento negli studi e sulle pagelle scolastiche, risponde: «Passabili. Non sono mai stato bocciato». Il Salesiano che ricorda di più? «Ricordo con venerazione e rispetto il Direttore dell’Istituto, una persona particolarmente retta, molto severo ma anche uno sportivo appassionato. Oltre lui rammento sempre con affetto don Dante Caprioglio, un tifoso di ferro. Mi segnalò un giovane campioncino (Vinicio Verza, ndr), che aveva tra i suoi ragazzi. Ho subito capito che si trattava di un elemento valido e promettente. Però ha voluto i soldi, pochi, ma non me l’ha regalato. Don Caprioglio! Sarebbe stato un grande campione di calcio, se non avesse avuto un’altra vocazione». Don Dante Caprioglio, aggiungiamo noi: una vita spesa con grande fervore e passione per quasi 97 anni, una vita spesa per la Chiesa, per Don Bosco, per i giovani; 80 anni fra i salesiani, 70 di sacerdozio e 60 di presenza a Borgo San Martino, dove aveva dato vita allo storico Collegio salesiano che per decenni ha forgiato la “meglio gioventù” monferrina e non solo. Originario di San Martino di Rosignano, paese di cui è stato parroco per 26 anni, insegnò Lettere a Novara. Torniamo al nostro “exallievo segreto”. Il più bel regalo ancor oggi conservato grazie all’educazione ricevuta dai Salesiani? «Tentare di essere sempre un buon cristiano e un buon cattolico». Nella funzione di padre di famiglia qual è il suggerimento più appropriato da inviare ai giovani? «È un impegno difficile, perché nella attuale società i figli tendono ad ascoltare più gli amici che i genitori. Mi ritengo fortunato nell’avere una famiglia unita; non so se è anche un merito. Ai giovani di oggi mi sento di suggerire di leggere. Leggete molto, e leggete cose buone; esse vi daranno una formazione mentale giusta e una preparazione alla vita». Doveroso a questo punto rivelare l’exallievo... novantenne. Per quei pochi che ancora non siano riusciti ad identificarlo (magari andando a sbirciare ed analizzare le foto che fanno da corollario all’articolo) forniamo ulteriori note tratte dal curriculum sportivo. Da giocatore: 5 scudetti e 2 Coppe Italia; da presidente (dal 1971 al 1990 e dal 1991 al 1994): 9 scudetti, 3 Coppe Italia, 1 Coppa Campioni, 1 Coppa delle Coppe, 3 Coppe Uefa, una Coppa Intercontinentale e 1 SuperCoppa Uefa. Riultato? Giampiero Boniperti!

Pierluigi Lazzarini Exallievo e Storico di Don Bosco

SPIRIDON/10 Animula vagula, blandula... scelti da Frasca

"Alla base del Trattato Lateranense, il genio del Duce e la suprema onniveggenza del Santo Padre… Le notizie della costituzione di un Ente parastatale per le ricerche minerarie in Etiopia sono venute a confermare, se mai ce ne fosse bisogno, con quale alacrità il governo fascista, per impulso del Duce, abbia agito anche in questo senso… Mai, forse, nella storia del mondo, si è verificata una filiazione tecnica così celere, diretta, e completa quale quella che il Duce prepara dall'Italia per l'Etiopia: sembra realmente di assistere agli sviluppi di un fatto creativo". Carlo Emilio Gadda, 1934-1941. "Solo nel 1934, con la guerra etiopica, ho capito veramente cos'era il fascismo, e come mi ripugnasse". Carlo Emilio Gadda, 1968.

Mentre mi incamminavo e pensavo come avrei fatto a trascinare il cesto fino alla Città vecchia, ho visto arrivare un mio paziente, Scukin, un uomo cupo che pensavo duro di cuore. Si è offerto di aiutarmi, mi ha consegnato trecento rubli e ha aggiunto che mi avrebbe portato del pane una volta alla settimana. Lavora in una tipografia, non è al fronte per via dei suoi occhi malati. Prima della guerra l'avevo in cura io, e se mi avessero chiesto di stilare un elenco di persone di cuore, di persone sensibili, avrei fatto una decina di nomi, ma non il suo. Sai, Viktor caro, dopo averlo incontrato mi sono sentita nuovamente un essere umano: qualcun altro mi trattava con gentilezza, oltre ai cani. Da Vita e destino di Vasilij Grossman (Berdicev 1905-Mosca 1964), Gli Adelphi, Milano 2013.

La maggioranza del popolo accolse con speranza il programma del socialismo… il Partito comunista, che dopo la guerra godeva di una grande fiducia tra il popolo, a poco a poco la venne scambiando in posti di governo e da partito politico in un organismo di potere che avrebbe esercitato un richiamo allettante per quanti assetati di potere, i vili calcolatori e la gente dalla coscienza sporca. L'affluenza di gente simile ha modificato il carattere e il comportamento del partito, così che le persone oneste sono state impossibilitate ad esercitarvi una vera influenza senza esporsi a gravi rischi... il Parlamento disimparò a dibattere, il governo a governare e i dirigenti a dirigere. Le elezioni persero importanza e le leggi non ebbero più peso. Non si poteva più credere ai rappresentanti di qualsiasi comitato, e quando pure se ne fosse potuta avere occasione, non si poteva pretendere nulla, visto che non erano in condizione di ottenere alcunché. Ancora peggio: quasi non si poteva credere l'uno all'altro. Decaddero l'onore personale e collettivo. Con la lealtà non si otteneva nulla. La maggioranza perse interesse per la cosa pubblica e si occupò soltanto di sé e del denaro. Si guastarono i rapporti tra gli uomini, si perdette la gioia del lavoro, arrivarono tempi minacciosi per l'integrità spirituale e per il carattere della nazione. Sappiamo tutti che i lavoratori non decidevano nulla. I nomi dei rappresentanti dei lavoratori da eleggere venivano imposti da qualcun altro. Mentre i lavoratori credevano in buona fede di governare, in realtà in loro nome governava una classe di funzionari dell'apparato statale e di partito… dobbiamo chiedere le dimissioni degli uomini che hanno abusato del loro potere, hanno danneggiato la proprietà comune, hanno agito in maniera disonesta e brutale. La stampa distrettuale e locale, degenerata in portavoce dell'apparato, deve venire trasformata in una tribuna ad uso di tutte le forze politiche attive, oppure fondiamo dei nuovi giornali. Istituiamo dei comitati per la difesa della libertà di parola. Organizziamo nelle nostre assemblee un nostro servizio d'ordine. Se ci capita di ascoltare notizie strane, controlliamole, inviamo delegazioni presso gli uffici competenti e magari affiggiamo le risposte sui portoni delle case… in questi ultimi tempi si è diffusa una grande inquietudine per l'eventualità che delle potenze straniere interferiscano nel nostro sviluppo. Posti faccia a faccia con forze più grandi noi possiamo solo mantenere con fermezza il nostro punto di vista. Dobbiamo far comprendere al nostro governo che siamo disposti a sostenerlo anche con le armi purché realizzi il mandato che gli abbiamo affidato. Quanto ai nostri alleati, dobbiamo assicurarli che faremo onore ai trattati di alleanza, amicizia e commercio… questa primavera ci ha restituito, come accadde dopo la guerra, una grande occasione. Oggi abbiamo di nuovo la possibilità di prendere in mano la cosa pubblica, il cui nome è 'socialismo', e darle un volto che corrisponda meglio al buon nome di cui un tempo godevamo e alla opinione relativamente buona che un tempo nutrivamo per noi stessi. La primavera è ormai al termine, e non tornerà più. Il prossimo inverno sapremo tutto. Da Il manifesto delle duemila parole, scritto da Ludvik Vaculic, Praga, 27 giugno 1968.

SPIRIDON/11

Daisy, tutto è bene quel che finisce bene di Pino Clemente

Daisy Osakue, conquistando la finale nel Disco e piazzandosi al quinto posto, unica azzurra dei lanci al femminile e al maschile, ha concluso con il lieto fine la vicenda dei giovanotti di Moncalieri lanciatori di uova a tempo perso. In questa temperie socio politica che ricorda le curve degli stadi, la discobola di Moncalieri, italo-nigeriana, ha mostrato come si può rielaborare un trauma per fortuna non grave: l'uovo lanciato aveva offeso la cornea dell'occhio sinistro. Grazie alla terapia mirata, Daisy, che durante la degenza si era allenata mentalmente, 'ripassando' le fasi del lancio, con stabilizzazione del gesto nella memoria neuronale (documentato dalle neuro scienze), ha incanalato l'aggressività nel furore agonistico. E i 'birboncelli' che stavano per fare la 'frittata', estraiamo dal titolo in un commento di Macioce, sul Giornale? E il repentino 'cinguettio' di Matteo Renzi, 'Daisy pestata a sangue'? E la riesumazione di intrecci oscuri del padre di Daisy, cinque anni fa la prostituzione di nigeriane? E uno dei giovanotti figlio di un consigliere del PD? Come si dice a Cambridge, 'nenti ci fu'!

dal web Lo starter scambiato per un malvivente: scatta l'allarme, interviene la polizia Lui carica la pistola per dare il via alla gara, ma arrivano le forze dell'ordine. Poi si scopre un clamoroso equivoco. Assetto antisommossa e pistole puntate per disinnescare la minaccia di un uomo armato in centro storico a Prato. E' allarme immediato in viale Galilei. Di questi tempi non si sa mai: stavolta però ad essere circondato dai poliziotti è stato soltanto un ignaro settantenne starter di una gara podistica organizzata nell'ambito della Festa dell'Unità. L' episodio è avvenuto a Prato, quando ben tre equipaggi delle volanti della polizia sono stati fatti convergere nell'area della 'Passerella', accanto alla stazione di Porta al Serraglio, dopo che una donna aveva chiamato il 113 preoccupata nel vedere una persona armata che aveva appena caricato platealmente una pistola. I poliziotti, indossati i giubbotti antiproiettile, hanno circondato la zona fino a individuare la persona segnalata, che stazionava nei pressi di un chiosco bar. L'uomo è stato avvicinato e identificato: si trattava di un settantenne fiorentino che possedeva una pistola con relative cartucce a salve. L'arma, provvista di tappo rosso, sarebbe stata usata da lì a poco per dare il via ad una corsa podistica legata alla festa de l'Unità di cui l'anziano era lo starter.

La notizia dell’apertura a Torino per settembre di un bordello il cui “staff operativo” sarà costituito da costose bambole di silicone, merita un commento. Chi ci andrà? Magari tanti, all’inizio, per la curiosità di “provare l’effetto che fa”. Ma non credo che nascerà una clientela assidua e affezionata. Con le tariffe richieste (mezz’ora 80 euro, un’ora 100, due ore 180) si possono ottenere prestazioni superbe da professioniste in carne ed ossa che lavorano in casa, ti offrono il cognachino e magari ti stanno anche ad ascoltare, dopo, se hai le paturnie. Possibile che una bambolona di gomma, muta e ferma, possa sbaragliare il vecchio e confortevole “citofonare Moana”? Io non ci credo. Durerà poco, e non perché i soliti baciapile sessuofobi muoveranno guerra, ma per mancanza di clienti. D’altra parte le bambole costano (le più perfette) 2000 euro. Le vende la stessa organizzazione. Se la faccenda del flamba self- service funzionasse, comprarne 6 e arredare un appartamento costerebbe meno che aprire una latteria, e si scatenerebbe la concorrenza, con tariffe al ribasso. Ma è la tecnica, che intriga. Accoppiarsi con un oggetto, per quanto umanoide, è autoerotismo tecnologico. Come farlo col vibratore. La domanda è: costituisce tradimento? La risposta non è facile. Per molti l’autoerotismo del partner non è un tradimento, anzi, è eccitante. Per altri invece no, sono gelosi persino degli sguardi, della serie “chissà a chi pensa facendolo”. Le corna pensate inquietano gli Otelli come le reali. Andrà a finire che il porcellino beccato ad andare con le bambole piagnucolerà “ti giuro, cara, è solo sesso, non la amo”. [email protected]

SPIRIDON/12

Sono stati oltre 5000 i corridori che hanno gareggiato nella Sierre – Zinal di quest’anno e vinta per la sesta volta dal’liberico Kilian Jornert entrando nella leggenda, per questo storico evento di mountainrunning. Ha atteso fino a Chandolin prima di cambiare il passo e prendere il comando che manterrà fino a Zinal dopo 2 ore 31 minuti e 38 secondi di fatica. Ed in questa gara quando si parla di fatica si dice poco. Alle sue spalle è arrivato Robbie Simpson (Gbr) secondo in 2.33’.11” dopo un arduo duello contro Jornet e Robert Surum (Ken) che a sorpresa ha realizzato un incredibile bronzo. Seguendo la tattica di anni fa, il keniano inizia lentamente e la seconda parte, dove c’è bisogno di correre veloce, improvvisamente cambia ritmo prendendo molti atleti davanti a lui. Robert Surum ha spinto al massimo negli ultimi chilometri per ridurre il suo distacco da Jornet per 2 minuti e 25 secondi. Al quarto posto una bellissima posizione del nostro Francesco Puppi in 2.35.53 che ha confermato un’altra volta la sua leadership nella WorldCup WMRA Mountainrunning. A proposito d’italiani ricordiamo il settimo posto di Giacomo Magnani (2.37.13). il 16° di Luca Luca Lagnati (2.43.29), il 37° di Massimo Farcoz (2.50.55), il 39° Hermes Perkmann ed il 68° Enzo Mersi. La campionessa mondiale Lucy Murigi (Ken) ha confermato il titolo di regina della SierreZinal vincendo in 2.57.34 la gara per la terza volta. Ha iniziato velocemente dall’inizio per eseguire un incredibile gara in solitaria. Michelle Maier è stata la seconda ( 3.01.30 ) dopo l’oro nel 2016 seguita dalla sorpresa di giornata Simone Troxler (Svizzera), che ha debuttato per la prima volta in questo tipo di corsa mettendosi al collo un bronzo brillante. Seguono la neozelandese e la nostra Elisa Desco , quinta in 3.07.31. Le altre migliori delle nostre: Silvia Rampazzo 16° in 31.54.05 e Gloria Giudici 21° (3.21.17). Prima di chiudere ricordiamo i nostri connazionali cje si sono messi in evidenza nelle categorie veterani.. Primo fra tutti Marco De Gasperi classificatosi secondo col tempo di 2.42.06, scusate se è poco, ma si sa noblesse oblige. E poi Alessandro Cartatone in 3.53.10, Fabio Montanari (3.14.04) e Carlo Torello Viera 3.22.51. Alessia Miglietti