PIEMONTE PAESAGGI E BORGHI D’ITALIA

PIEMONTE PAESAGGI E BORGHI D’ITALIA

L’Italia parla la sua lingua più sincera e potente attraverso paesaggi unici e piccoli borghi che, dall’entroterra alle coste, raccontano i ter- ritori attraverso i segni della natura e gli insediamenti dell’uomo ma anche con la storia, la cultura e le antiche tradizioni delle popolazioni che li abitano. L’opera dei più illustri letterati italiani e stranieri e le testimonianze dell’architettura e dell’arte descrivono le tante destinazioni eccellenti di uno straordinario viaggio sentimentale alla scoperta di una terra che emoziona. 100 Paesaggi e 1000 Borghi, tra storici e marinari: una varietà e una ricchezza di immagini difficile da eguagliare in tutto il mondo e ovun- que si può trovare un’ospitalità autentica e cordiale che fa sentire il turista a casa. “Viaggio Italiano” accompagna a visitare l’Italia e a “vederla” con la sensibilità dell’artista, del viaggiatore vero e dell’interprete appassio- nato dell’identità dei luoghi.

PIEMONTE

INDICE

PAESAGGI LE ALPI PIEMONTESI ...... 11 VALLI DEL PIEMONTE...... 21 LANGHE E MONFERRATO...... 27 LAGHI E ISOLE PIEMONTESI...... 33 IL PO E LA PIANA PIEMONTESE ...... 39

BORGHI AGLIÈ...... 48 ALAGNA VALSESIA...... 49 ARONA...... 50 AVIGLIANA...... 51 BAROLO...... 52 BENE VAGIENNA...... 53 BERGOLO...... 54 CANNERO RIVIERA...... 55 CANNOBIO...... 56 CELLA MONTE...... 57 CHERASCO...... 58 CHIANALE...... 59 CHIUSA DI PESIO...... 60 COCCONATO...... 61 ENTRACQUE...... 62 FENESTRELLE...... 63 FOBELLO...... 64 GARBAGNA...... 65 GARESSIO...... 66 GAVI...... 67 GRINZANE CAVOUR...... 68 GUARENE...... 69 LA MORRA...... 70 MACUGNAGA...... 71 MALESCO...... 72 MERGOZZO...... 73 MOMBALDONE...... 74 MONFORTE D’ALBA...... 75 NEIVE...... 76 ORTA SAN GIULIO...... 77 OSTANA...... 78 OZZANO MONFERRATO...... 79 RICETTO DI CANDELO...... 80 SALUZZO...... 81 SANTA MARIA MAGGIORE...... 82 USSEAUX...... 83 VARALLO...... 84 VOGOGNA...... 85 VOLPEDO...... 86

BIBLIOGRAFIA PAESAGGI...... 90

PAESAGGI

9 10 11 LE ALPI PIEMONTESI

re infinite e anfratti che rappresenta- Già dalla pianura, procedendo verso no il mondo delle terre e delle rocce il cuore del Piemonte, si coglie tut- alte, alte davvero, dove il cielo non si ta la coerenza del nome di questa avverte come limite e dove, casomai, regione: si è effettivamente ai piedi i confini diventano quelli delle quo- dei monti, di tanti monti che si sta- te più basse. Siamo finalmente nella gliano all’orizzonte alti e severi, con montagna “vera” [...] come dice Ed- forme solide e imponenti, quasi sem- mondo De Amicis, una montagna pre col cappello di neve e che poco dove la presenza discreta dell’uo- concedono agli svolazzi di altre zone mo e delle sue bestie da pascolo è alpestri. Ma è salendo sulle creste accompagnata dai fischi penetran- che il quadro diventa sbalorditivo, ti delle marmotte, dove i sentieri più con un paesaggio da “cima del mon- bassi raccontano fatiche di lavoro e do” di bellezza spirituale e concreta, quelli più alti gioie d’escursioni, con- con un’asperità ampia e spettaco- fermando quanto dice Guido Rey: lare che parla un linguaggio alpino “La montagna è fatta per tutti, non dall’inflessione tutta piemontese, solo per gli alpinisti; per coloro che marcata a volte dai suoni occitani e desiderano riposo nella quiete come francesi. per coloro che cercano nella fatica Un quadro segnato da vette, apertu- un riposo ancora più forte”.

11 [...] oltre le colline di là dal Tanaro, oltre l’ampio arco della pianura del Po, le Alpi, dalle Marittime al Monviso al Roccia- melone al Gran Paradiso al Rosa, si levano con la loro grande mas- sa appena segnata dalle ombre delle valli e dai contorni dei dossi, ma nell’insieme omogenea, sfumata, violetta, cenerognola, blu: più in alto la grande fascia delle nevi, lo scintillio di ghiacciai e, contro l’azzurro diafano del cielo, il disegno articolato e nitidissimo delle creste.

Mario Soldati, 1975

Del resto è mio intento ragionar solo delle Marittime [...] la- scerò eziando di seguire l’orme di quei poeti che mentre ci descrivono le loro angustie, balze, e precipizi e mentre fanno men- zione delle nevi, e ghiacciai, venti, e freddi, che infestano, facendole oltrepassare le nuvole, e chiamandole insuperabili, ed inaccesse, pare s’ingegnino di cagionare maggior terrore a lettori con l’imma- ginativa di ciò, che forse provino con la loro vista i viandanti.

Pietro Gioffredo, 1839

12 13 Qual’è l’italiano che non si senta balzare il cuore in petto alla vista delle Alpi, e non provi la stessa commozione di chi giun- ge per la prima volta in riva al mare? Non formano difatti questi monti il limite e la rocca d’Italia? [...] Eppoi, che cosa si vorrebbe trovare di più bello, di più poetico, di questa grandiosa opera del Creatore? Qui- vi vaghe pendici floride vallate, amene rive di fiumi, effetti pittoreschi d’acqua e di luce, stupende sinuosità, contrasti di alte cime e di placidi gioghi, di neve e di fiori; quivi una popolazione buona e tranquilla, re- ligiosa, intelligente, amante del lavoro,che non trova altro diletto che fra i suoi monti, sotto la volta del suo bel cielo e nelle rozze sue capanne.

Carolina Invernizio, 1877

13 (dal Monviso panorama d’insieme) Nel centro, il Viso, dalle cen- to guglie tutte striate di bianco, che ricordavano giustamente al buon milanese il suo Duomo, su cui pure si ascende e su cui pure come sul Monviso vi è la Madonna, emblema dovunque di pace, sulle tempeste della natura, sulle tempeste delle anime. A destra e a sinistra un digradare lento di monti che formano un anfiteatro ricoperto nei fianchi e nel piano verde dei castagni, segnato nel mezzo dalla striscia argentea del Po che scende giù per la valle, rumoroso. […] Superato il passo siete in cima, di fronte ad uno dei più bei panorami delle Alpi, che vi fanno dimenticare le fatiche della salita. È una tribuna solitaria su di un cono isolato, dalla quale si domina un piano interminabile, mentre in anfiteatro, all’altezza dello sguardo, vi si affaccia imponente il semicerchio delle Alpi da cui si adergono le cime rivali di quella tribuna. A nord la Levanna, il Gran Para- diso, e il Monrosa, più lontano il Monte Bianco, ed ad ovest il gruppo del Delfinato. A sud i monti declinano dolcemente verso il Mediterraneo la- sciando aperto un orizzonte basso e vasto in fondo al quale, se lo sguardo potesse giungervi, vedrebbe il mare. Di fronte è la pianura del Piemonte e lo sguardo precipita senza transizioni su di un piano di un verde cupo, rotto dalla striscia lucida quasi metallica del Po. Che nasce ai piedi del monte e si perde lontano nella sconfinata pianura.

Giovanni Saragat, 1910

14 15 (Monviso) I Romani lo chiamavano Vesulus e noi pure lo di- ciamo monte Vesulo o Monviso, appunto perché si vede da lungi. A Torino specialmente, e persin nella Lombardia, si manifesta in una forma la più imponente e la più maestosa. Esso ha figura di tronco, quasi piramidale, altissimo e rapidissimo; è completamente scarno verso la valle del Po coi suoi macigni or fessurati, or frastagliati, è circondato da precipizi orrendi e da valloni ricoperti di ghiacciai perpetui; ha poche guglie, fra cui la sola rimar- chevole, cioè il Visolotto. Dal quel lato inspira una gran imponenza ed un’indicibile sorpresa; quei macigni enormi, che in tante svariate forme si accatastano gli uni sopra gli altri, quelle molte piramidi che stanno lì a far sentinella all’immane colosso e gli servono di contrapeso alla base, quelle fen- diture nel suo seno ricoperte di neve, il colore delle roccie annerite dal lungo corso dei secoli, il lago della Pellegrina specialmente, che sorge come per ai suoi piè; l’aria pura e viva che si respira in mezzo ai più cocenti raggi del sole; quel vertice culminante che sembra toccare e sfidare il cielo, nonché comandare alla terra, ti con- vincono dell’immensa grandezza e potenza del Creatore e t’invitano a riconoscerlo.

Claudio Allais, 1891

15 [...] sopra ogni cosa attraente, come fate e come miraggi, sono le alte cime serene e nevose che circondano il Pina del Re e le sorgenti del Po, dominandole a guisa di anfiteatro, donde l’occhio si estende per la valle e spazia lontano, e ammirando la grande catena delle Alpi ci inspira a meditare il mistico senso dell’infinito. Qui dove tutta la gamma più morbida dei colori, sorge dalle acque, scende dal cielo, si spande dai monti, ad estasiare l’occhio ammaliato del visitatore e gli reca la visione più fulgida di questa grande Italia nostra. Attilio Pugno, 1912

(Monviso) Ma i nostri vecchi la temevano. Le testimonianze verbali e scritte lo riportano con certezza: nell’immaginario collettivo la vetta del Monviso pareva esistere al di fuori del duro mon- do quotidiano che i montanari dovevano affrontare. Quella cima era lassù, ben al di sopra delle loro teste, e non entrava in gioco se non nei racconti di leggende, storie o avventure dove la fantasia e l’immagina- zione spaziavano oltre i limiti dell’umano. La radice di paura e desiderio (oppure odio e amore) che ha sempre legato, in senso più vasto, questa montagna all’uomo è un che lo stimola nei suoi risvolti più intimi. E tuttora lo provoca, lo illude, lo preoccupa e lo affascina. Ma lo fa sempre sognare.

Gianni Aimar, 2007

16 17 (verso Fenestrelle) Poco lontano da Perosa, passiamo accan- to alla roccia enorme di bec-Dauphin, che segnò il confine tra Francia e Savoia, [...] Ecco il primo villaggio pensieroso di meano, ecco i primi frassini, ecco i monti erti e brulli, dalle alte cime coniche, dalle bric- che rotte e bitorzolute, dalle sottili guglie cesellate, che s’alzano snelle e recise per l’aria, colorite di viola, e svariate d’ombre nette e vigorose [...] e ci bisogna torcere il collo per arrivare con lo sguardo alle cime altissi- me, sparse di casette appena visibili, somiglianti a romitori d’anacoreti, e di piccoli quadrati di neve, rimasugli bianchi di valanghe, che paiono tovaglie dimenticate di colazioni d’alpinisti.

Edmondo De Amicis, 1888

(Alta Val Susa ) Viste nelle sere d’inverno sotto la neve, queste montagne ondulate all’infinito sembrano dune fosforescenti, senza contrasti violenti tra luce e oscurità; non ci sono solchi profondi di valli, non ci sono alte pareti a spezzare la luce con le loro ombre minac- ciose e crude. Ci sono solo sfumature di chiarore diverso: un paesaggio veramente lunare. [...] non c’è un angolo di questi monti dal quale non si veda la luna. Quando è nel cielo, qui la luna è di casa su ogni centimetro quadrato, è una presenza continua, una parte viva delle monta- gne. Così Lillo Colli cominciò a chiamarle Alpi della Luna.

Carlo Graffigna, 1976

17 La sommità del Moncenisio si può paragonare ad una specie di porto. È una valle lunga una lega e mezzo; larga, ove più, quasi mezza lega. Gli eccelsi gioghi che le fanno corona, la difendono dalla violenza de’ venti. Pei verdi suoi paschi van girando le mandrie all’estate. Un lago sempre limpido e quasi sempre placido, ne occupa il fondo tra mezzogiorno e ponente. I gastronomi vantano le trote sal- monacee, ed i paesisti ammirano i graziosi contorni di questo laghetto. Ed è bello, mi dissero, il vedere i circostanti monti specchiare dentro le azzurrine suo onde le sublimi lor vette, qualora il sole oriz- zontale tinge in rosa le nevi perpetue ond’hanno ghirlanda.

Davide Bertolotti, 1831

18 19 (Sempione, verso Domodossola) Erano le dieci di sera quando arrivammo a Domo d’Ossola, ai piedi del Sempione. Ma siccome la luna splendeva luminosa, e non c’era una nuvola nel cielo stellato, non era il momento di andarsene a letto [...] Era novembre inoltrato; e la col- tre di neve era alta quattro o cinque piedi sulla strada battuta del passo e l’aria era fredda pungente. Ma la serenità della notte e la magnificenza della strada, con le sue ombre impenetrabili e le tenebre profonde, con le improvvise svolte nel chiarore lunare e l’incessante ruggito delle cascate, rendevano il viaggio sempre più sublime ad ogni passo.

Charles Dickens, 1844 - 1846

(Passo del Sempione) C’era una semplicità maestosa che ispi- rava soggezione, le ossa nude di un mondo gigante- sco erano qui.

Mary Shelley, 1840 - 43

19 20 21 VALLI DEL PIEMONTE

la sorpresa continua per l’antichità Le valli piemontesi sembra facciano e la bellezza dei borghi che costel- a gara per darsi ognuna una propria lano i versanti meglio esposti dove identità e una propria immagine. il “silenzio senza fine” è rotto dalle Lo scorrere dei fiumi, a cominciare feste e dai suoni di antiche usanze. dal più grande d’Italia, il Po, le ha Qui stratificazioni di storia militare disegnate dai monti fino al piano, i e religiosa, di culture di confine, di panorami, ma anche le tradizioni, i memorie locali danno forma a tesori modi di , le accomunano an- appartati d’arte, di civiltà, di sapori, cora con tratti simili a seconda del- che è bello scoprire in piccoli-gran- le altitudini, formando un reticolo di viaggi nelle terre nascoste dove i di paesaggi naturali e umani ancor monti degradano verso le colline e oggi conservato. Se le creste eser- le pianure piemontesi. citano tutto il loro fascino alpino, le parti alte e medie delle vallate lasciano spesso stupiti per la loro ricchezza e varietà ambientale, che le fa assomigliare a sterminati giar- dini, dove natura e mano dell’’uomo hanno stretto una sobria alleanza. E

21 (Alta valle Po) Tra le tante valli del Piemonte, l’alta valle Po, è certamente la più incantevole, specie pei suoi monti, la bellezza dei quali non può facilmente descriversi, né v’ha pennello maestro che valga a riprodurre lo svariato gioco della luce e delle ombre che ad ogni istante muta le fugaci tinte del quadro. Fina, fresca, pura è l’aria che qui si respira, vibrante l’atmosfera, continua la brezza che ingagliardisce i nervi sferzante, terso il bel cielo di cristallo, solenni e calme le monta- gne, increspati i laghetti, ridenti gli altipiani, amene le escursioni.

Attilio Pugno, 1912

(Alta valle Varaita) La Castellata è ricca di piante vegetali ed è luogo per appagare l’occhio indagatore del botanico. Nel lu- glio e nell’agosto la campagna si presenta ivi nel suo più bello aspetto; il fondo delle vallette come sulle basse e alte costiere dei monti non si vedono che a brillar fiori d’ogni genere e d’ogni specie, che rappre- sentano al vivo i sette colori dell’iride, e che sulle regioni più elevate specialmente esalano un odore gratissimo.

Claudio Allais, 1891

22 23 (Val Pellice verso Valle d’Angrogna) Il primo aspetto della val- le, infatti, è strano, misterioso, indimenticabile. [...] Dopo po- chi minuti di cammino, vedemmo uno spettacolo bellissimo: a destra, davanti a noi, sulle cime di tre alture, ancora immerse nell’oscurità, una chiesa valdese, una chiesa cattolica, e poi una seconda chiesa valde- se, l’una dietro l’altra, bianche, inargentate dal sole, che pareva che splendessero, e solitarie in mezzo a una vegetazione cupa foltissima, che copriva ogni cosa d’intorno. Nella valle un silenzio profondo [...]. Andavamo avanti, sempre in mezzo ai castagni, all’ombra dentro a un verde vivissimo, sparso di piccole macchie di sole, simili a strisce e a mucchi di scudo d’oro. [...] Di tanto in tanto vedevamo spuntare fra gli alberi una casetta rustica, con due finestre e una porticina; erano le scuole, che si aprono nell’inverno.

Edmondo De Amicis, 1888

(Sacra di San Michele) Serpeggia l’erto sentier ne’ seni del monte in luoghi per gli alberi e le sorgenti freschissimi; ed il severo aspetto dell’antica badia sull’estremo ciglio d’un dirupo di cen- tinaia di piedi, or si nasconde ed or si mostra fra i rami, varian- do in cento modi il quadro medesimo.

Massimo D’Azeglio, 1829

23 (Valle Chisone) E poi la valle Chisone è così bella [...]. Passa- to Pinasca, si restringe, si infosca, alza da una parte dei grandi macigni nerastri, strisciati di licheni, e piglia quell’aspetto particolare di tristezza delle valli anguste e quiete, dove sembra che la natura prepa- ri in silenzio qualche sorpresa; e i viaggiatori si raccolgono e tacciono senz’avvedersene, guardando davanti a sé, con un sentimento vago di aspettazione. La sorpresa è là vicina, in fatti. La valle si riapre a poco a poco, la vegetazione s’addensa, poggi ameni si elevano, le case spesseg- giano, sbucan ragazzi da ogni parte, ed ecco un’ampia conca, circondata di rocce ardite e di coltivazioni ridenti, popolata di opifici, di giardinetti, di ville, nella quale biancheggia e fuma Perosa; e là in fondo, si chiude da una parte la valle profonda di Fenestrelle.

Edmondo De Amicis, 1883

[Valsesia] Par di trovarsi non nel regno aspro del Monterosa, ma in una gentile cittadina della Toscana dove l’arte ha culto non solo fra le classi elette, ma anche nel popolo che comprende, ama ed ammira gli artisti e l’opera loro. Percorrendo le strade di queste valli e i sentieri alpestri non vi capita d’imbattervi, come in altre regioni montanine, in certi santi dalle facce spaventose che paiono in agguato entro le loro cappellette votive per intimare a chi passa: - O la borsa! O la vita! - qui anche i santi sparsi nei borghi ai quali si volge implorante l’anima ingenua del monta- naro, sono eseguiti con una certa correttezza.

Giovanni Saragat, 1904

24 25 (Valle Susa) Per i torinesi la valle di Susa e della Dora Riparia è come l’albero del cortile per i passerotti del tetto. [...] le gite al Moncenisio e al suo lago smagliante, al mite Monginevro che pure ha neve fino a maggio [...] Ma ogni piccolo luogo della valle potrebbe trattenerci a lungo. Tra Villabasse e Rosta, tra Reano e Sant’Antonio di Ranverso vi sono piccole costiere e convalli arate, tranquille come in un recinto, declivi preziosi di vigneti, neri massi erratici verso il pianoro d’una leggendaria città sparita, e cascinali, palazzotti o paesi con chiese, viuzze, osterie da anni e anni senza mutamento. In luglio e in agosto troviamo nell’alta Valdora una breve ripetizione dell’anno nuovo, dall’inverno all’estate. Le pareti rocciose della valle Stretta, con cengie ancora umide di neve e laghetti imperlati dal cielo; piccoli ghiacciai tra il vallone di Fond e il vallone di Ambin e la Savoia; laghi gelidi e puri, costiere della valle della Ribe o Ripa con alture deser- te e floridesu cui la primavera fuggitiva è giunta, appena in un tripudio disperato; boschi densi e profumati, valloni precipitosi dove si incontra- no all’improvviso con stupore fanciullesco gli animali snelli non soggetti a nessuno. Rivediamo rocce, boschi, obliqui campi che degradano sopra Fenils o sopra Beaulard; e in quei campi come in quelli di Sauze e di Champias (già verso i duemila metri) e sulle coste in cima a Bardonecchia, la gloria estiva, la fatica diventata bellezza.

Agostino Richelmy, 1961

25 26 27 LANGHE E MONFERRATO

pensiero locale avvolgente, quasi Un paesaggio di colline e sinuosi- una “religione”, un tesoro impegna- tà delle campagne tra i più famosi tivo e affascinante da custodire in d’Italia: qui la terra e l’uomo han- ogni stagione, giornata, momento: no fatto e fanno costantemente le un patrimonio di saperi accumulati cose sul serio, creando un modello nel tempo costruito per suscitare dove il lavoro, il fare con sapienza, passioni e sentimenti intensi e rico- crea ricchezza economica e insieme noscibili. Un paesaggio bello, grazie estetica. Siamo nelle terre di mezzo, all’esperienza e al temperamento di appoggiate tra i grandi monti e le chi ci vive, non tanto perché addo- grande pianura, dove si alterna- mesticato ma piuttosto perché au- no,come scriveva Mario Soldati, tenticamente domestico. una boscaglia alta e selvaggia che si direbbe inaccessibile come giungla, a un panorama immenso di vigneti perfetti, dove la precisa, per certi aspetti monumentale coltura delle viti, caratterizza tutto il paesaggio e con esso la vita, la cultura, il lin- guaggio dei luoghi. Il vino qui è un

27 Sento che c’è un rapporto misterioso tra le Alpi e le vigne. La fre- schezza di quell’incorrotta atmosfera che i venti di marzo e apri- le trasferiscono sulle Langhe e sul Monferrato deve per forza influire sulla crescita della vite, poi sulla maturazione dell’uva, infine sull’aroma del vino. [...] siamo sulla riva destra del Tanaro, nel centro del centro della grande zona industriale del vino: circa a metà tra Asti e Canelli. [...] siamo a San Martino, alle cascine e alla vecchia villa abbandonata, da cui lo sguardo spazia su un panorama immenso di vigneti perfetti. [...] Nel sole ormai in- vernale e nella grandiosità del paesaggio collinare, la facciata della vec- chia villa, casualmente o intenzionalmente non corretta o non corrotta dai restauri, ha un incanto gozzaniano. Ma anche lo stabilimento, già a Boglietto, nonostante la sua efficienza non offende. Gli uffici sono liberty. Le botti coi loro fondi verniciati di verde, inserisco- no una nota abbastanza ottocentesca. Si fanno tutti i vini: la Barbera, la Fresia, il Grignolino, il Nebbiolo [...]. Ma la specialità è il Mosca- to Naturale, che ha 4 gradi.

Mario Soldati, 1975

28 29 [...] la durezza si dissimula nella bellezza dei vigneti. Le viti, che decorano quasi tutto il Piemonte, più varie che in Borgogna, a spalliera, a festoni, a pergolato ed a terrazza, si addensano nell’Astigiano e nelle terre confinanti. Se non si sapesse che questa è una madrepora fitta di piccoli coltivatori, si avrebbe l’impressione di contemplare un grande feudo gentilizio. Il vigneto astigiano, “nato dalla lotta secolare tra il bosco selvatico e il colono portatore del vitigno”, è commovente e ve- nerabile. E la vita si avvolge ancora, come in nessun’altra regione italiana, e come piuttosto in Borgogna, d’una ritualità pagana e cristiana, dei miti, della religiosità e dei costumi d’origine dionisiaca. A sud-est di Alba, la città gastronomica per eccellenza, giace la zona del Barolo; il più illustre di quei vini color rubino, per cui gli antichi intenditori escogitavano ag- gettivi da prosatori d’arte; morbido, vellutato, austero; e trovavano, nel Barolo e nei suoi confratelli, fragranze di violetta, di lampone, di rosa, di resina, di marasca. [...] io che non temo di sembrare poco moderno, mi tengo dalla parte del vecchio vino piemontese, che porta den- tro i geni vivi del giardino, della foresta, della terra e del bosco.

Guido Piovene, 1957

(zona di Ovada) Fascino della collina ormai spoglia e fasciata di nebbia. Silenzio profondo che rari e brevi, quasi intimoriti versi di uccelli fanno sentire ancora di più. Pace. Di là da una siepe, in un orto, c’è un signore rubizzo che sarchia; è un sardo, un maresciallo dei carabinieri, in pensione. Dice che questo posto per lui è il paradiso, e non andrebbe più via di qui per nessuna ragione.

Mario Soldati, 1975

29 Giace, Casale, sulla riva destra del Po, così gentilmente circon- data dal verde tenerissimo, così amabilmente immersa in una luce che sa di madreperla, e al tramonto ha toni arancio, ma piuttosto del colore dei tulipani: un colore pieno d’aria. [...] ed è lì come per caso, fra i suoi prati verdissimi, i pioppi, e più lontano le risaie, un paesaggio che fa primavera, ne sono sicuro, anche d’estate, e aspetta un turismo intelligente fuori del turbinio delle autostrade.

Cesare Brandi, seconda metà’900

[...] a Cisterna, a quell’estremità dove la provincia di Asti con- fina da una parte con la provincia di Cuneo, e dall’altra con la provincia di Torino. Terreno vulcanico. Cantine nel tufo, in grotte natu- rali, [...] che mi ricordano [...] qualcosa di più romantico e nordico. [...] una boscaglia alta e selvaggia che si direbbe inaccessibile come giun- gla, riveste la proda a picco sulla stretta cornice pianeggiante, dove il terreno comincia a declinare, appena un po’ meno ripido, coi suoi vigneti.

Mario Soldati, 1975

30 31 [...] seguendo sta sera come il sole cadente dietro le alpi di Susa veniva cogli obliqui raggi allungando le ombre, ricer- cando i chiari-scuri, e distinguendo con infinite mezze tinte giallo- gnole ogni vetta, ogni paesuccio, ogni castello di questi Appennini, Astigiani, Monferrini; i quali all’altr’ore del giorno non sembrano che onde indistinte di un mare di colli. Aggiungevasi nel cielo, rasserena- tosi dopo un grosso temporale, quell’umido trasparente che accre- sce la luce, ravviva i colori e diminuisce le distanze apparen- ti d’ogni oggetto.

Cesare Balbo, 1829

31 L’altr’anno, quando tornai la prima volta in paese, venni quasi di nascosto a rivedere i noccioli. La collina [...], un versante lungo e ininterrotto di vigne e di rive, un pendio così insensibile che alzando la testa non se ne vede la cima – e in cima, chi sa dove, ci sono altre vigne, altri boschi, altri sentieri – era come scorticata dall’inverno, mostrava il nudo della terra e dei tronchi.

Cesare Pavese, 1950

Ma Jhonny amava il fiume, che l’aveva cresciuto, con le col- line. Le colline incombevano tutt’intorno, serravano tutt’in- torno, [...] in un musicale vorticare di lenti sapori. Le colline incombevano sulla pianura fluviale e sulla città.

Beppe Fenoglio, 1968

32 33 LAGHI E ISOLE PIEMONTESI

piccolo mondo di delizie e d’ elegan- Parlando dei paesaggi dei laghi pie- za, di un gusto raffinato che tocca le montesi con le loro isole sono state più grandi e ricche ville come le case usate espressioni come “acquerello più modeste e tradizionali, le citta- di Dio”, “luoghi fatati”, per evocare dine sulle sponde come i più piccoli qualcosa di così bello d’andare ol- borghi costruiti sulle isole o appolla- tre le possibilità umane. Eppure qui iati sulle alture. Tutto contribuisce a la bellezza, certamente favorita da costruire uno spettacolo dove l’uo- una natura pittorica che si presenta mo può trovarsi “divinamente” bene, nelle sue più alte e varie espressio- rendendo, veri e umanissimi questi ni, è in buona parte opera dell’’uo- piccoli paradisi frutto di un lungo mo, un’opera perfettamente conce- cammino di storia, arte, lavoro, sen- pita ed eseguita, tanto da arrivare so diffuso e coltivato del bello. a rappresentare splendori del tut- to speciali. I viaggiatori d’ogni epo- ca che giungono su questi laghi, nelle cui acque limpide è facile ve- der specchiate altrettanto limpide montagne, quasi non si capacitano di come si possa aver creato questo

33 (Laghi di Avigliana) Si vedono ai lati gli ultimi gradini dell’im- menso anfiteatro delle Alpi svanire tra i vapori del piano, ei ai piedi il borgo d’Avigliana dominato dall’antico castello, ed i suoi laghi specchiare l’azzurro del cielo.

Massimo D’Azeglio, 1829

L’isola di San Giulio sembra fatta tutta a mano, come un gioco di costruzioni. Metro per metro, secolo dopo secolo, dandosi il cambio, uomini e altri uomini le hanno dato forma con il loro lavoro. Se si vede del verde, la natura non c’entra, sono i giardini delle ville. L’insieme è compatto come i pezzi di un rompicapo. Di sera le differenze dei colori scompaiono, i profili si fondono, l’iso- la sembra un monumento in un sol blocco di pietra nera a guardia dell’acqua cupa.

Gianni Rodari, 1978

34 35 (Sul lago d’Orta) [...] appena un filo di brezza sull’acqua c’è qualche albero illustre la magnolia, il cipresso, l’ippocastano la vecchia villa è scortecciata [...] È strana l’angoscia che si prova in questa deserta proda sabbiosa erbosa dove i salici piangono davvero [...]

Eugenio Montale, 1975

(Lago d’Orta) Il luogo bizzarramente si chiama Orta. Uno che sapeva guardare, dice mio padre, l’ha definito un tempo acquerello di Dio.

Markus Werner, 1996

35 (Lago Maggiore) Dall’alto si vedono giungere migliaia di fili che saltano e s’incrociano: minuscole cascate sparpagliano sull’erba la loro pioggia di perle e i ruscelli di diamanti raccolgono tutte queste acque fuggitive per correre a versarle nel lago. Qua e là, sopra tutte queste frescure e questi mormorii, le querce spandono lucen- tezza delle foglie nuove e salgono a mano a mano, tanto che alla fine l’altezza sparisce sotto le loro file e il cielo è sbarrato dal colonnato confuso di una foresta. Sotto il lago spiega il suo azzurro uni- forme tra una bordura di spiaggia bianca.

Hippolyte Taine, 1866

(Isole Borromee) Spesso la sorpresa viene suscitata nell’anima perché questa non riesce a conciliare ciò che vede con ciò che ha visto. In Italia c’è un grande lago, che viene chiamato Lago Maggiore: è un piccolo mare, le cui rive sono interamente selvagge. In mezzo al lago, a quindici miglia dalla riva, ci sono due isole di un quarto di lega di cir- conferenza, dette “Borromee”, che sono a mio parere, il luogo più incan- tevole del mondo. L’anima è sorpresa da questo contrasto romanzesco, rievocando con diletto i prodigi dei romanzi, nei quali dopo aver superato rocce e paesi aridi, ci si ritrova in luoghi fatati.

Charles-Louis de Secondat Montesquieu, 1729

36 37 Le piccole isole Borromee paiono una creazione dell’Ariosto. Hanno la medesima grazia delle invenzioni dell’Orlando Furio- so, con un che di più selvaggio. Nella maggiore delle isole, che sembra- no fatte solo per la fantasia dei poeti, ci sono inoltre dei pescatori, un villaggio e una chiesa. Qui comincia, col mirto, l’olivo e il limone, il dolce profumo della lingua milanese. L’incantatrice dei climi del Mezzogiorno abita in questo luogo, sul suo limitare. In fondo al castello disabitato dei Borromei sono nascosti quadri, statue e dormienti nelle sale sotterranee, nello sciabordio dei flutti dormienti.

Edgar Quinet, 1839

L’isola Madre è posta al centro del lago, a mezzogiorno dell’i- sola di San Giovanni. Rassomiglia a una di quelle isole gal- leggianti, in cui la mitologia pagana ci ha trasmesso la descrizione. In inverno quando la neve e il ghiaccio coprono tutte le sommità circo- stanti, l’isola Madre stende con orgoglio il verde eterno de’ suoi allori, de’ suoi aranceti, de’ suoi pini secolari, come per far contrasto col lutto generale della natura.

Saint-Ange de Virgile, 1825

37 (Isola Bella) Bellissima fra le isole! Che ti specchi nelle acque azzurre del tuo lago, chi ti ha veduto non potrà mai dimenticare di essersi riposato sotto i tuoi cipressi e di aver udito lo stormire armo- nioso de’ tuoi boschetti. Ora beata, in cui i miei sguardi volavano sopra le acque, come gru viaggianti, nel fortunato mezzogiorno! Bellissima fra le isole! Ove elevansi palmizii, lussureggiano le magnolie e i pampini, e le liane avviticchiansi alle statue marmoree degli Dei; in vetta torreggia il pino e l’argenteo fagiano mirasi vanitoso nelle placide onde solcate dal timone dipinto del veloce burchiello! Bellissima fra le isole! Io porto impressa nel cuore, sulle montagne del- la mia patria, la tua immagine graziosa; e l’occhio mio interiore ti vedrà sempre, o prezioso smeraldo, incastonato nell’argento lago, e la mia me- moria innamorata ripenserà le tue eterne bellezze, quando i bioccoli di neve voleranno intorno alla mia finestra, e la montagna si co- prirà di un denso manto di nebbia.

Uffo Daniele Horn, 1847

[...] arrivammo al lago Maggiore, con le sue graziose isole; giac- chè, per quanto l’isola Bella possa essere fantastica e capriccio- sa, essa è sempre bellissima. Qualsiasi cosa sorga da quell’acqua azzurra, con quel prospetto attorno, è necessariamente tale.

Charles Dickens, 1844

38 39 IL PO E LA PIANA PIEMONTESE

to nel profondo da tutta la storia, dal Scendendo da Pian del Re, dove si carattere e dal lavoro delle genti che raccolgono le prime acque del Po ai la abitano. Le città e i paesi sono te- piedi del Monviso, si scorge un lem- stimoni fedeli dei secoli passati a far bo di terre tutte piane coperte da di questa terra una delle più ricche ampie e ordinate campagne, costel- non solo i termini economici ma an- late di paesi e città: è il preannuncio che artistici d’Europa; le campagne piemontese di quella che, attraver- raccontano antichità e innovazione sando il Nord, diventa la più grande dell’’agricoltura, il paesaggio natura- e popolosa pianura d’Italia. Di qui il le e umano e gli orizzonti particola- re dei fiumi italiani, comincia a dise- ri riservano, a chi sa guardare, tratti gnare la lunga via d’acqua che nei sorprendenti, un’ espressione fedele millenni ha contribuito a far cresce- dell’’identità locale com’è la cucina re vere e proprie civiltà, ha creato racconta con i suo prodotti e i suoi economie e stili di vita diversi, ric- piatti storie eccellenti. chi patrimoni di tradizioni, cultura e arte, forti riferimenti dell’immagina- rio nazionale. La pianura padana co- mincia da qui a configurarsi come un mondo con uno stile proprio, segna-

39 A Saluzzo, ultimo lembo di collina ai piedi del Monviso, il Po, dice addio alle ebrezze delle forti pendenze e si laurea fiume da torrente che era. E che torrente. In 13 chilometri soltanto (in linea d’a- ria) precipita da 2020 a 625 metri attraverso una delle valli più scoscese di tutte le Alpi: una corsa verso la pianura che diresti perfino impaziente, ansiosa tra un susseguirsi di boschi di abeti e faggi prima e poi, verso le quote più basse, di querce miste a castagni, a ontani, ad aceri, a robunie. A Pian della Regina invece il paesaggio è completamente brullo, pietro- so, appena maculato qua e là da lembi di prato ridotti all’osso dai greggi d pecore e di mucche con la campana al collo che pascolano al suono di un ininterrotto din-don. Il tutto vigilato in continuazione dell’occhio dell’”arciprete” (come fu chiamato il Monviso da un fantasioso seicentista) con cappello a forma di cono.

Ermanno Rea, 1990

40 41 Nel basso Piemonte c’era ancora una parvenza d’estate. Il sole brillava nel cielo azzurro, ma in distanza le catene di montagne che si ergevano una dietro l’altra erano avvolte da nubi temporalesche. Le vigne erano una tavolozza di colori con le loro foglie cremisi, brune, gialle e verdi, e i grappoli purporei o di un bianco dorato; il solfato di rame, col quale le foglie erano state cosparse per preservarle dalle malattie, metteva anch’esso la sua tinta azzurrognola fra i tanti colori. Sparsi per le campagne e per le vigne, peschi e fichi ancora con i loro frutti.

Estella Canziani, 1917

41 V’è un fascino tutto particolare in quella pianura che costeggia il piede delle Alpi da Pinerolo a Saluzzo [...] È un fascino raccol- to, fatto di placide tonalià di verde e di silenzi carichi di memorie solenni; fascino per spiriti meditativi, che amano i lenti pellegrinaggi fuori delle vie troppo battute e le pensose scoperte personali. Dalla sommessa dolcez- za del verde che la attornia e dalla pace della campagna. Più che in una campagna, anzi sembra di inoltrarsi in un parco sconfinato: lunghissimi viali alberati, rettilinei, a perdita d’occhio; prati dolcissimi, punteggiati ad autun- no dei fiori violacei del colchico: dense verzure di boschetti o frutteti dai filari ordinati; nello sfondo la cortina maestosa delle Alpi, con la vetta del Monviso scintillante di ghiacciai, che appare e scompare fra le piante, ora vicina ed imponente nel suo candore, ora lontana e ridotta ad una minu- scola sagoma geometrica, ma sempre presente, come se accompagnasse dovunque il viandante. E poi silenzio; silenzio fasciato di nebbie fumose all’albeggiare o dorato al tramonto di un pulviscolo luminoso, che fluisce tra i rami delle piante: silenzio sottolineato dal marmorio di un ruscello che scorre limpido sotto un rustico ponte di mattoni o dal mansueto scampanio di una mandria di bovini, che spicca sullo sfondo dell’erba, con le sue chiazze bianche e castagne.

Giorgio Spini, 1961

42 43 (Rocca di Cavour) Chi capitasse là senza sapere, la credereb- be un monte artificiale, innalzato dal capriccio mostruoso d’un tiranno antico, una specie di colossale osservatorio guerresco, fabbrica- to per tener d’occhio tutti i feudatari della pianura, dalle rive del Po, alle rive del Sangone. Si capisce come sia stata sempre oggetto di meravi- glia, cominciando da Plinio, che scrisse di non aver mai visto un montem a monti bus separatum nisi montem Caburri, e venendo fino a Carlo Denina, il quale credette un masso precipitato dalle Alpi, ed altri che la ritennero uscita tutta sola dalle viscere della terra, quasi all’improvviso, come la testa d’un titano sepolto. [...] è l’estrema punta, o come suol dirsi l’ultimo sperone del contrafforte alpino il quale scende dal monte Granero a dividere la valle del Po da quella del Pellice, sperone il quale s’innalza in modo notevole rispetto alla giogaia di cui è termine [...]. non è dunque un’avanguardia solitaria, una sentinella perduta dell’immenso esercito alpino; ma la testa d’una colonna non ininterrotta che fa la sua strada sotto terra.

Edmondo De Amicis, 1888

(Pinerolo) Vista dall’alto, posta come all’imboccatura di due bel- lissime valli, ai piedi della Alpi Cozie, davanti a una pianura vastis- sima, seminata di centinaia di villaggi, che paiono isole bianche in un mare verde e immobile, è la città più bella del Piemonte.

Edmondo De Amicis, 1888

43 (visioni dall’alto forte di Santa Brigida, Pinerolo) [...] orizzonti d’un panorama meraviglioso. [...] quella bella conca ridente di Cumiana, che vien fuori dalla parte sinistra, con il suo semicerchio di monti boscosi, coi suoi poggi coronate di chiesuole, colle sue borgate che fan capolino fra le macchie [...] quello sterminato tappeto verde, picchiettato di vermiglio dai villaggi, rigato di bianco dalle strade, stri- sciato d’argento dai corsi d’acqua, orlato d’azzurro all’orizzonte, e tutto ricamato a rilievo e come trapunto dalla vegetazione, da met- tere la voglia di passarci sopra la mano.

Edmondo De Amicis, 1888

(Pianura Vercellese) Nel silenzio la pianura parla con la sua voce che viene da lontano.

Dante Graziosi, 1972

44 45 Chi non conosce le vaude e le baragge non può dire di sapere che cos’è il Piemonte. “Sparuti avanzi di antichi boschi sparsi tra soda- glie semisteppose e fra sterpeti in cui predomina l’erica, sono tipici dell’alta pianura torinese nella regione delle vaude (vaude di San Maurizio, di Ciriè, di Lombardore) e dell’alta pianura biellese e vercellese, in corrispondenza delle baragge (baragge di Candelo, di Santa Maria, di Carsio, del Brianco, di Rovasenda, ecc.)” così la guida del Touring, nel suo stile involontariamente poetico. La barraggia biellese è una zona relativamente selvaggia, che bi- sogna attraversare per raggiungere, dalle risaie della vera pianura, i vigneti delle prime colline. [...] nel sole invernale, sullo scenario violetto e bianco delle Alpi, la baraggia erano immensi boschi fitti di querce, ed erano al- ternatamente, campi sterminati di altissime erbacce, tutte di un compatto, caldo, vivo, splendente giallo zabajone, su cui tornavano a spiccare, qua e là, i rossi ruggine di alcune querce isolate. I medesimi colori di certi altipiani del Kenja, alle pendici del Kilimangiaro. Con qualche leone affittato da un circo equestre e con un centinaio di comparse africane, sarebbe possibile produrre sottocosto un autentico film-safari.

Mario Soldati, 1968

A marzo e aprile è tutto un grande lago da noi, e gli aironi ci- nerini dal lunghissimo collo, in compagnia di altri cugini primi, più piccoli, ma più belli, gli aironi bianchi o garzette e dei tarabusi un po’ goffi, fanno casa nelle garzaie: a casalino le costruiscono sui pini e i platani nel castello del Conte, a San Bernardino di Briona nel fitto bosco di conifere, di robinie e di pioppi ai margini del Sesia e della riserva di sant’Uberto: sono ormai a centinaia!

Dante Graziosi, 1972

45 46 47 BORGHI

LEGENDA BORGHI

Bandiera Arancione

VIAGGIO ITALIANO Borghi Autentici Borghi d’Italia d’Italia

Borghi più belli d’Italia

La pubblicazione raccoglie i borghi d’Italia che rappresentano l’eccellenza nazionale, quelli che al 1° gennaio 2019 risultano aderenti alle tre principali Associazioni italiane: Bandiere Arancioni, Borghi Autentici d’Italia, Borghi più belli d’Italia..

47 AGLIÈ

Ci sono luoghi che sanno unire il fa- scino delle proprie architetture a una storia importante, fatta di grandi e piccoli eventi, e Agliè è uno di questi. Raccontato nelle opere di Filippo d’A- gliè e Guido Gozzano, il borgo ha un simbolo chiaramente riconoscibile: il Castello Ducale. L’edificio, che fa parte del circuito dei castelli del Ca- navese, risale al XII secolo e nel corso della sua storia fu residenza estiva dei Savoia. Guardandolo si notano subito la sua preziosa facciata monumentale, con le due rampe di accesso, e splen- didi sono i giardini all’italiana e all’in- glese che lo circondano, nonché il suo parco, impreziosito da una bellissima fontana progettata dai fratelli Collino. Una curiosità su questo borgo: in una delle sue frazioni ebbe sede uno de- gli stabilimenti della Olivetti, dove fu prodotta la celeberrima macchina da scrivere Lettera 22.

48 49 ALAGNA VALSESIA

Alagna è l’ultimo paese della Valse- sia e sorge ai piedi della parete sud del Monte Rosa. Il suo paesaggio l’ha resa nel tempo la meta perfetta per chi ama la neve, gli sport invernali e gli sport estivi di montagna: qui si pra- ticano infatti sci – soprattutto fuoripi- sta – ma anche escursionismo, roccia e alpinismo. La particolarità culturale del borgo è la presenza ancora viva dell’antica tradizione Walser, la popo- lazione elvetica di lingua tedesca le cui case sono visibili nella parte alta del paese. Da non perdere, in locali- tà Pedemonte, è il Walser Museum, un’abitazione Walser rappresentativa dove la disposizione dei mobili, l’am- bientazione, gli oggetti e gli attrezzi da lavoro raccontano la storia e la cul- tura di questo popolo antico.

49 ARONA

La cittadina di Arona è uno splendido gioiello sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, in provincia di Novara. Dal lungo lago si può godere di poetici scorci sul Lago Maggiore, e in battello è possibile raggiungere le caratteristiche Isole Borromee. Il centro storico è un tripudio di palazzi antichi, chiese dagli stili più disparati e altri luoghi di interes- se come il Museo Archeologico e Mine- ralogico in Piazza San Graziano. Il cuore della Arona medievale è costituito da Piazza del Popolo, dove troneggiano il Palazzo del Podestà e la Chiesa di San- ta Marta (o Chiesa della Madonna di Loreto) in stile barocco. Chi desidera conciliare spiritualità e contatto con la natura può fare tappa al Sacro Monte di Arona, dedicato a San Carlo Borro- meo. All’arcivescovo di Milano è stata dedicata anche una gigantesca statua, il “San Carlone”, visibile anche dall’altra sponda del lago. Nel comune si trova il Parco naturale dei Lagoni di Mercu- rago, un’area protetta istituita nel 1980, compreso tra i “Siti palafitticoli preisto- rici attorno alle Alpi”, dichiarati nel 2011 Patrimonio dell’umanità UNESCO.

50 51 AVIGLIANA

Immaginate l’ambientazione perfetta per un racconto che unisce storia, passione e duelli, una fortezza arroc- cata in cima a un’altura sotto cui le battaglie imperversano, fino alla resa finale degli assediati. Tutto questo potrebbe succedere ad Avigliana, in quelli che ora sono i ruderi del castel- lo, distrutto nel 1691 dalle truppe del generale Catinat. Queste macerie, imponenti e maestose, evocano anco- ra oggi suggestive atmosfere antiche. Intorno, la cittadina di Avigliana e, an- cora più in là, un paesaggio di rara bel- lezza compreso nel Parco Naturale Regionale di Avigliana. Qui la varietà degli ambienti crea scorci e panorami che sanno incantare, tra laghi, boschi e zone pianeggianti, dove lo sguardo si riposa e il cuore respira benessere e autenticità.

51 BAROLO

Borgo medievale, che racconta il suo passato con il castello del XIII dove oggi sono allestiti l’Enoteca regiona- le del Barolo e il Museo Enologico ed Etnografico, Barolo fa parte degli undici comuni nel cui territorio posso- no essere coltivate le uve del vitigno Nebbiolo con le quali di produce il fa- mosissimo vino a cui dà il nome. Que- sto borgo è oggi considerato la capi- tale del “re” dei vini: grazie alla fama che questo prezioso nettare ha visto riconoscersi a livello non solo nazio- nale ma anche mondiale, sono molte le manifestazioni che qui vengono organizzate in suo onore, per farlo conoscere e per raccontare il suo sa- pore unico e la sua storia. Ricordiamo, tra tutte, la “Festa del vino Barolo” che si svolge la seconda domenica di settembre e che richiama l’attenzione di un turismo anche internazionale.

52 53 BENE VAGIENNA

Sia la storia più antica che quella più recente sono raccontante nel territo- rio di Bene Vagienna, comunemente conosciuta come Bene, che custodi- sce sul suo territorio le tracce del pas- sato, dalla presenza romana ai secoli più vicini. Risalente alla dominazione romana della zona è la sua famosissi- ma area archeologica, a tutt’oggi solo in parte esplorata, che racchiude un tempio, un complesso termale e un anfiteatro, il tutto tutelato da una Ri- serva Naturale speciale. Il Medioevo, invece, si narra a noi viaggiatori con la presenza del castello e delle fortifica- zioni che lo circondano. Nel cuore del borgo, invece, si leggono tracce della storia a noi più vicina, in particolare negli edifici dalle facciate barocche, costruiti tra il Seicento e il Settecen- to. Un viaggio a Bene è un viaggio nella storia, un’avventura indietro nel tempo tra arte e cultura.

53 BERGOLO

Ai confini tra Piemonte e Liguria, ar- roccato sul crinale che separa le valli Bormida e Uzzone, troviamo Bergolo, piccolo comune noto per l’aspetto del suo centro abitato: è infatti conosciu- to come “il paese di pietra” dell’Al- ta Langa per il recupero delle case storiche, nelle quali la pietra locale rappresenta l’elemento principale, il simbolo e l’essenza. Intorno al paese si distende una natura incontaminata, quasi selvaggia, che è da sempre il luogo ideale per chi ama fare attività all’aria aperta: da qui si parte per pia- cevoli escursioni, passeggiate a piedi, a cavallo o in mountain bike. Questa, infine, è recentemente diventata una zona amata da chi pratica uno sport molto particolare, l’orienteering. La corsa prevede che i partecipanti, mu- niti di cartina topografica e bussola, seguano un percorso fino a quel mo- mento sconosciuto… una vera sfida!

54 55 CANNERO RIVIERA

Affacciato sul Lago Maggiore, con le sue case colorate e le piccole bar- che tirate a riva, ci appare Cannero Riviera, un delizioso borgo abbrac- ciato dal verde delle montagne. For- se il momento migliore per scoprire il borgo è la primavera, quando il panorama si colora delle fioriture di camelie, azalee e mimose, ma ogni stagione in realtà è perfetta per andarci e lasciarsi cullare dalle sue bellezze. Splendidi sono, in partico- lare, i pittoreschi ruderi dell’antica rocca che, posti su due isolotti roc- ciosi e raggiungibili solo in barca, si vedono dalla riva spuntare dal lago, creando un effetto di straniante me- raviglia. Nel centro del paese, parti- colare è la piazzetta degli Affreschi, dove gli episodi della storia locale sono raccontati attraverso colora- tissimi murales.

55 CANNOBIO

È un piccolo paese grazioso ed ele- gante, Cannobio, che si specchia nelle acque azzurrissime del Lago Maggiore, al confine con la Svizzera. Borgo dalle origini antiche, fu un im- portante centro commerciale e stra- tegico, in particolare fu sede di una flotta lacustre. Visitando il borgo, da non perdere sono il santuario della SS. Pietà, la collegiata di San Vitto- re, il Palazzo della Ragione e la Torre Comunale, ma forse il modo migliore per conoscere l’anima del luogo è assaggiare le sue tipicità locali, ma- gari in uno dei locali del lungolago, quando le luci si riflettono sull’acqua e creano giochi e riflessi. Tra i piatti tipici, andrà sicuramente provato il Pan Dolce di Cannobio: si tratta di un dolce dalla forma rettangolare e dal colore dorato, cosparso di zucchero a velo a base di nocciole e mandorle, una vera bontà!

56 57 CELLA MONTE

Cella Monte, in provincia di Alessan- dria, si trova tra le dolci colline del Monferrato Casalese, terra di vigne- ti e di produzione di vini apprezzati come il Grignolino, la Barbera, la Frei- sa. Il Comune è situato nella core-zone del sito seriale, il “Monferrato degli In- fernot” che nel 2014 ha ottenuto il rico- noscimento Unesco come Patrimonio dell’Umanità per i Paesaggi Vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato. Gli “In- fernot” sono una struttura unica nella zona, una cella sotterranea scavata nel- la locale pietra da cantone, in cui l’as- senza di luce, la temperatura e l’umidità costante, offrono le condizioni ottimali per la conservazione delle bottiglie di vino. Sono piccoli capolavori architet- tonici realizzati da costruttori locali, te- stimonianze del sapere contadino. Nel Palazzo Volta, in Piazza Vallino, ha sede l’Ecomuseo della Pietra da Cantoni, dove si può visitare l’infernot pubblico. Tra le vestigia di Cella Monte spiccano il castello degli Ardizzone, con le antiche finestre romaniche in tufo; la casa for- te dei Francia, posta su uno sperone a picco sulla valle di Rosignano, la parroc- chiale dei Santi Quirico e Giulitta, al cui interno è conservata una tela del Mon- calvo, e l’oratorio di Sant’Antonio.

57 CHERASCO

Storia, enogastronomia e tradizio- ni sono protagonisti dell’identità di Cherasco, cittadina piemontese ele- gante e graziosa. Tracce della sua sto- ria medievale sono leggibili ancora oggi nel Castello Visconteo, mentre nel cuore del borgo da vedere sono le diverse chiese, che custodiscono gioielli d’arte locale. Cittadina lega- ta all’antiquariato, ancora oggi ricca di botteghe storiche, è però nota per due prodotti legati alla sua gustosa cucina. I “Baci”, innanzitutto, specia- lità pasticcera famosa in tutta Italia: si tratta di ottimi squisiti cioccolatini a base di cioccolato fondente e noc- ciole della varietà “Gentile delle Lan- ghe”. E, da non dimenticare, la cittadi- na è capitale italiana dell’Elicicoltura: da 30 anni ha sede qui l’Istituto Inter- nazionale dell’Elicicoltura che diffon- de la cultura gastronomica incentrata su ricette a base di lumache.

58 59 CHIANALE

Al confine con la Francia, a 1800 me- tri di altitudine, tra boschi e richiami dell’antica cultura occitana incon- triamo Chianale (frazione di Ponte- chianale), un piccolo villaggio che già nelle architetture e nei materiali con cui è costruito ci racconta la sua anima montana. Qui vediamo case in ardesia con i caratteristici tetti di lose, ovunque legno e pietra, travi e, in primavera ed estate, splendidi balconi fioriti. Arrivare in paese e chiacchierare con i suoi abitanti vuol dire immergersi nell’affascinante cultura provenzale, che ci riporta in- dietro nel tempo, quando i trovatori componevano poetici versi e musica lieve e sognante. A tagliare il borgo in due, il torrente Varaita, attraversato da un ponte di pietra che è diventa- to il simbolo del borgo e che ci porta nella piazzetta su cui si affaccia l’anti- ca chiesa di Sant’Antonio. Chianale è un luogo unico, da scoprire.

59 CHIUSA DI PESIO

Tra alte vette, il fiume Pesio e ai piedi di un antico castello è adagiato l’attuale abitato di Chiusa di Pesio, Comune del Parco naturale della Alta Valle Pesio e Tanaro, in provincia di Cuneo. Il paese è conosciuto in Europa per la presenza sul territorio della Certosa di Pesio, monumento nazionale, luo- go vocato all’accoglienza e alla medi- tazione, che ha avuto un ruolo deter- minante nella storia della vallata. Nel cuore di Chiusa Pesio spicca il palazzo del marchese, che conserva al suo in- terno scene dell’Orlando Furioso, di- pinte nel 1550 dall’artista saviglianese Pietro Dolce, e poco distante un se- condo palazzo marchionale, ove oggi hanno sede l’Ufficio turistico e il Mu- seo comunale che si sviluppa in quat- tro sezioni: Ceramica, Cristalli, Bronzi e Resistenza. All’interno dell’abitato, arte e fede vanno di pari passo. Sono degne di visita le due chiese confrater- nite della SS. Annunziata e di San Roc- co, entrambe ricostruite nel Seicento, mentre all’esterno si possono raggiun- gere con brevi passeggiate la chiesa di Sant’Anna, compatrona del paese, e le innumerevoli cappelle campestri.

60 61 COCCONATO

Viaggiando per l’astigiano, sarà diffi- cile trovare un centro storico meglio conservato e restaurato di quello che possiamo ammirare a Coccona- to, borgo che ci accoglie con le sue architetture eleganti, con i piccoli caffè, ristoranti e negozi di prodot- ti tipici che animano il paese e che ci conduce, passo dopo passo, alla chiesa parrocchiale dedicata a San- ta Maria della Consolazione; da qui si apre un panorama mozzafiato che prima si posa sull’abitato e poi spa- zia sulle colline circostanti. Tra le manifestazioni da non perdere, che rendono ancora più bello il borgo, la rassegna enogastronomica Coc- co Wine che si svolge a settembre e che propone degustazioni ed eventi incentrati su vini e prodotti locali, e il tradizionale Palio dei Somari, quan- do Cocconato ritorna l’antico borgo dei secoli passati.

61 ENTRACQUE

Piccolo Comune dell’Alta valle Gesso, in provincia di Cuneo, Entracque è si- tuato all’interno del Parco Regionale delle Alpi Marittime. Il suo nome, di origine latina, significa “tra le acque”. Il centro storico è un affascinante susseguirsi di case montane, in legno e pietra, numerose fontane, chiese, santuari, e un museo d’arte sacra che testimonia il ricco patrimonio cultura- le e artistico legato alla comunità reli- giosa del paese. Da visitare la chiesa di Sant’Antonino Martire, già nomina- ta fin dal secolo XIII; il Centro fauni- stico Uomini e Lupi, primo centro fau- nistico delle Alpi italiane interamente dedicato al lupo, che offre l’opportu- nità di approfondire la conoscenza dell’animale; il Centro informazioni della Centrale Enel, per conoscere tutti i segreti delle dighe.. Ad Entrac- que la natura è sovrana, e il paese è la base di partenza perfetta per gli amanti dello sport dal trekking allo sci alpino, sci nordico o snow walking.

62 63 FENESTRELLE

Situato a oltre mille metri di altitu- dine, sulle due sponde del torrente Chisone, Fenestrelle è il punto di partenza ideale per passeggiate ed escursioni alla scoperta del bellis- simo paesaggio circostante, in par- ticolare verso il colle dell’Assietta, Pra Catinat e il monte Albergian. La storia di questo paese è legata alla presenza in zona, dal XII secolo, di una comunità valdese, che visse qui fino alla revoca dell’editto di Nantes del 1685, momento che segnò la fine della libertà di culto dei protestanti. In quel periodo vennero costruiti il convento dei Gesuiti e la Chiesa di San Luigi e, sempre legata a questa politica di cattolicizzazione, venne edificato il Forte del paese: gioiello di architettura militare, fu costruito per impedire l’accesso alle valli dei Protestanti.

63 FOBELLO

Nella verdissima Valsesia sorge il borgo di Fobello, un comune sparso composto da una trentina di minu- scole e graziose frazioni. L’incanta- ta natura che circonda il paese ha lasciato le sue tracce anche nel suo nome, che deriva da “Fo”, termine che in valsesiano significa “faggio”. Luogo di escursioni, soprattutto nel Parco Naturale della Valsesia, Fobel- lo è però anche sede di due interes- santi musei: l’Erbario Carestia Tiroz- zo, che ospita una parte dell’erbario raccolto dall’abate Antonio Carestia, uno dei più grandi naturalisti italiani, e il museo del Puncetto che racco- glie invece i lavori di ricamo realizzati con una trina millenaria che esiste in questa zona. Infine, sono molto vive le tradizioni e, durante questi mo- menti emozionanti, le donne indos- sano ancora il tipico costume locale.

64 65 GARBAGNA

Garbagna ha un cuore medievale, antico, affascinante: è la sua Contra- da, dove le antiche botteghe conser- vano l’assetto originale e ogni edifi- cio racconta in qualche dettaglio la magia dei secoli passati. A sovrastare il centro abitato, l’altro simbolo delle radici medievali del borgo, il Castel- lo, risalente al IX secolo, che conser- va la torre di avvistamento, la porta di ingresso e la cinta muraria. Ci si arriva con una piacevole passeggiata e da qui il panorama è meraviglioso e ripaga la fatica della salita. Ma Gar- bagna ha anche un simbolo gastro- nomico, ed è la sua ciliegia: Presidio Slow Food, è un rosso intenso e ha una consistenza succosa e croccan- te. Da notare che viene ancora rac- colta a mano dai giovani del posto che si arrampicano sugli alberi con i loro cesti di giunco.

65 GARESSIO

La zona in cui sorge Garessio, territo- rio diviso dallo spartiacque naturale tra la Valle Tanaro e la Valle di Ca- sotto, è noto per le sue acque delle proprietà termali e per una stazione dedicata agli sport invernali. C’è però una frazione di Garessio, Borgo Mag- giore, che racchiude le sue radici sto- riche e che ha conservato l’aspetto di matrice medievale. Qui, da vedere sono l’imponente chiesa parrocchiale dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, progettata da Francesco Gal- lo, demolita e ricostruita nel corso dell’Ottocento secondo il progetto originario, e la Chiesa della Confrater- nita di San Giovanni. Qui, ogni quat- tro anni, la sera del Venerdì Santo si rievoca il Mortorio, rappresentazione sacra della Passione e Deposizione di Cristo che viene messa in scena, nella forma attuale, dal 1750.

66 67 GAV I

Un’enorme fortezza domina Gavi dall’alto: è il forte costruito dai ge- novesi a partire dal 1626, che hanno trasformato il castello preesistente, rendendolo la maestosa opera ar- chitettonica che vediamo oggi e che, dal 1908, è stata dichiarata monu- mento nazionale. Un altro monumen- to importante, da visitare, è l’antica Chiesa di San Giacomo, che custo- disce al suo interno preziose opere d’arte. A rendere noto il borgo però è soprattutto la sua produzione del vino bianco Cortese, che nel 1998 ha ottenuto la Denominazione di Origine Controllata e Garantita. Qui vengono anche prodotti il Dolcetto e il Barbera, vini che, per il loro gu- sto deciso, accompagnano perfetta- mente i piatti della tradizione locale, sapori che, per vicinanza geografica, lasciano emergere influenze e sento- ri liguri, tutti da provare!

67 GRINZANE CAVOUR

Grinzane Cavour ci appare da lonta- no mentre percorriamo le splendide colline che ci portano al borgo. Ad accoglierci, il suo simbolo, l’elemen- to che meglio racconta la sua sto- ria, il Castello. L’edifico fu costruito nel XIII, ampliato e rimaneggiato nei secoli successivi, fino a quando divenne abitazione nel XIX secolo. L’inquilino più famoso fu, dal 1832 al 1849, il conte Camillo Benso, a cui è intitolata l’Enoteca Regionale Pie- montese, ospitata nelle cantine del Castello, dove si possono ammirare imponenti torchi e le testimonianze delle diverse culture nella tecnica della pigiatura dell’uva. Il Castello, inoltre, dal 1982 è la sede del Pre- mio Internazionale Bottari Lattes Grinzane, che si pone l’importante obiettivo di favorire l’avvicinamento dei giovani alla letteratura e alla nar- rativa contemporanea.

68 69 GUARENE

Guarene, piccolo comune in provincia di Cuneo posto su una dolce collina, è dominato dal Castello Provana, uno dei più grandiosi del Settecento piemontese, con un bellissimo parco all’italiana. Oltre al castello è possibile ammirare la Chiesa Santissima Annun- ziata, celebre per le opere pittoriche che ospita; la Chiesa dell’Annunciazio- ne di Maria Vergine, e la Chiesa San Michele, la più antica del paese. Su piazza Roma affacciano il sette- centesco Palazzo Re Rebaudengo che ospita la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per l’arte contempora- nea Guarene è rinomata anche per il belvedere panoramico del Poggiolo, a strapiombo sulla rocca del paese, da cui si gode una magnifica vista. Il comu- ne è famoso anche per un evento par- ticolare, Canté J’euv, tramite il quale, con una nottata dedicata al folklore, si vuole ricordare un’antica usanza del- la zona, la cosiddetta “questua delle uova”.

69 LA MORRA

Il panorama è il punto forte di La Morra, borgo che conserva ancora oggi il suo antico impianto medie- vale e che da Piazza Castello, cuore urbanistico dell’abitato, regala una splendida vista verso le Langhe e le Alpi, tra valli e alture verdissime. Nel centro storico, da vedere sono la torre campanaria, eretta nel 1710 sui resti dell’antico castello; la chie- sa parrocchiale di San Martino, co- struita a fine Seicento su progetto di Michelangelo Garove. E poi, da non perdere è un assaggio dei prodotti locali, accompagnati da un bicchiere di buon vino: qui la tradizione enoga- stronomica è radicata e rappresenta la base dell’ospitalità. Non per nien- te la manifestazione più sentita è la “Mangialonga”, un percorso di circa quattro chilometri tra vigneti e casci- ne, con tante tappe culinarie!

70 71 MACUGNAGA

Macugnaga è un piccolo borgo dal- le tante frazioni situato ai piedi del Monte Rosa e della sua famosa pa- rete Est. Qui inverno vuol dire neve e la zona diventa il paradiso per scia- tori, freeriders e sci alpinisti grazie ai chilometri di pendii innevati che permettono discese ed escursioni sempre nuove. Ma il borgo e il suo paesaggio sono splendidi anche d’e- state, quando il panorama si tinge del verde intenso dei boschi e il sole terso si riflette nei numerosi laghet- ti alpini che costellano il territorio, alcuni dei quali si formano solo in questa stagione con la fusione delle nevi, come accade per il Lago Sme- raldo. Da vedere, sul suo territorio, sono anche il Museo della Montagna e la parte del cimitero della Chiesa Vecchia dedicato agli alpinisti cadu- ti sul Monte Rosa, luoghi intensi ed emozionanti.

71 MALESCO

Malesco è un borgo dove la pietra rappresenta l’elemento attorno a cui ruota l’identità locale. Circondato da una natura di grande bellezza, da sempre ha visto svilupparsi l’abilità dei suoi scalpellini che lavoravano – e lavorano – la pietra: oggi que- sto “saper fare” e la sua storia sono racchiusi nell’Ecomuseo della pietra ollare e degli scalpellini, che accom- pagna il visitatore attraverso un per- corso che parte dai centri storici di Malesco, Finero e Zornasco e arriva fino all’Alpe Straolgio, dove la natura regna incontrastata. Sempre legato alla pietra e al suo ruolo nella vita quotidiana degli abitanti del borgo c’è, nella frazione di Zornasco, il mu- lino “dul Tacc”, dotato di un frantoio che un tempo era molto usato per la lavorazione della fibra di canapa.

72 73 MERGOZZO

Il borgo di Mergozzo è un piccolo gioiello di casette colorate che si affacciano sul lago da cui prende il nome, un luogo incantevole immer- so in un contesto naturale che col- pisce per la sua imponenza e forza. Nei pressi del paese si trova infatti il Parco Nazionale della Val Grande, uno dei più selvaggi e remoti d’Italia. Già ai confini del parco si intuiscono la sua maestosità e la sua bellezza arcaica: tra castagni secolari e fiumi dall’acqua limpida, le tracce dell’uo- mo raccontano la sua antica storia in questo luogo magico e si incontrano borgate semi-abbandonate, ponti ad arco e santuari, e più in alto mu- lattiere, stalle e baite. Ora l’uomo non vi abita più, la natura è la sola regina, potentissima e meravigliosa. È un luogo unico, questo, dal quale lasciarsi stregare.

73 MOMBALDONE

Arrivando a Mombaldone, sono i det- tagli che attraggono gli occhi del viag- giatore: i colori dei fiori che imprezio- siscono finestre e balconi, il silenzio incantato che ricorda la lentezza dei ritmi di una volta, le pietre degli an- tichi palazzi. Immerso nel paesaggio affascinante dei calanchi come un’iso- la che all’improvviso emerge dal mare di tufo, Mombaldone è l’unico borgo della Langa Astigiana che ancora con- serva perfettamente intatte mura ori- ginarie. Superando il centro con i suoi vicoletti e i suoi cortili, si sale verso la parte alta dell’abitato e, prima di arrivare ai margini della campagna, si trovano i resti del castello, parzial- mente demolito nel 1637; al centro si ergeva un tempo un’imponente torre quadrata, oggi poco più che un rude- re, che ancora lascia intuire l’antico ruolo di sentinella. Storia, bellezza e tradizioni, Mombaldone è un piccolo scrigno di meraviglie.

74 75 MONFORTE D’ALBA

Le radici della storia di Monforte d’Alba affondano indietro nel tempo fino al XIII secolo, periodo a cui risa- le il primo impianto del paese. Mon- forte era territorio dei Del Carretto, che lo conserveranno fino al Sette- cento facendo costruire un palazzo nobiliare sui ruderi dell’antico castel- lo. Edificio particolarissimo è poi il minuscolo anfiteatro noto per la sua acustica perfetta, utilizzato come au- ditorium e dedicato al famoso piani- sta Horszowski: qui dal 1986 vengono organizzati i principali appuntamenti di jazz, classica e cinematografia che animano le serate del borgo. Infine, una macabra curiosità storica: pare che a Monforte abbiano soggiornato alcuni eretici catari, imprigionati e portati a Milano per ordine dell’arci- vescovo Ariberto d’Intimiano, e con- dannati al rogo nel 1028.

75 NEIVE

Le Langhe sono terre di grande pro- duzione vitivinicola e Neive non fa eccezione. Orgogliosa della propria cultura legata al prezioso nettare, ha allestito, nelle cantine del palaz- zo comunale, la Bottega dei Quattro Vini (Barbera e Dolcetto d’Alba, Bar- baresco e Moscato), una vera e pro- pria vetrina della produzione locale. A Neive, è stata scritta una parte importante della storia vinicola della regione: qui, nel 1854, il celebre eno- logo francese Oudard sperimentò per primo la vinificazione delle uve nebbiolo grazie alla quale avrebbe vinto a Londra una medaglia d’oro per l’invenzione del Barbaresco. E dopo aver degustato un bicchiere di vino, non resta che visitare il borgo, con i suoi prestigiosi palazzi e le at- mosfere eleganti di una volta.

76 77 ORTA SAN GIULIO

“Orta, acquarello di Dio, sembra di- pinta sopra un fondale di seta, col suo Sacro Monte alle spalle, la sua nobile ramala fiancheggiata da chiu- si palazzi, la piazza silenziosa con le facciate compunte dietro le chiome degli ippocastani, e davanti l´isola di San Giulio, simile all´aero purgatorio dantesco, esitante fra acqua e cielo”; così racconta Orta lo scrittore Pietro Chiara e così ci apparirà all’arrivo, con i suoi vicoli stretti, le antiche botteghe e i balconi in ferro battu- to, sospesa tra il verde dei monti e l’azzurro del lago. Incastonata come un gioiello tra le acque chiare, spic- ca poi l’Isola di San Giulio, un vero e proprio museo a cielo aperto da esplorare per scoprire le sue bellez- ze artistiche ed ambientali ma anche solo per lasciarsi rapire dalla sua atmosfera soave, soprattutto con la luce calda del tramonto, quando tut- to diventa magico.

77 OSTANA

Ci sono paesi resistenti, che non si ar- rendono allo spopolamento e sanno trovare le carte vincenti per ripartire, mettendoci tutta la loro forza e la loro testardaggine. Ostana è uno di questi. Piccolo paese di borgate sparse, sor- ge sulla Valle Po e dal paese si gode di una meravigliosa vista sul gruppo del Monviso. Culla della cultura occitana, questo tesoro di tradizione è stato recuperato e valorizzato, così come il cuore del borgo, dove le case e le pic- cole strade sono mantenute sempre in ordine, pronte ad accogliere il viag- giatore con la loro ospitalità semplice ma generosa, con i fiori alle finestre d’estate e un piatto caldo d’inverno. Intorno, un paesaggio meraviglioso da esplorare, magari con escursioni e passeggiate, per lasciarsi cullare dal silenzio e dalla pace di questi luoghi incontaminati.

78 79 OZZANO MONFERRATO

Piccolo gioiello nel cuore del Monferra- to Casalese, in provincia di Alessandria, Ozzano Monferrato, è situato in una posizione panoramica, con un centro storico poco contaminato, raccolto con le case arroccate sul colle e “domina- te” dalla chiesa e dal castello. Il paese si sviluppa tra la pianura e le colline del Monferrato coltivate a vigneti, che possono essere scoperte con piacevoli passeggiate, da fare a piedi o in biciclet- ta. In zona Lavello, inoltre, da scoprire un ricchissimo patrimonio di archeolo- gia industriale toccato da una rete sen- tieristica locale e regionale a ricordo di un passato minerario raccontato anche dal piccolo museo del “Cavatore”. Nel 2015 Ozzano è stato inserito tra i nove comuni presenti nella Core Zone del sito UNESCO “I paesaggi Vitivinicoli del Piemonte“ componente “Il Mon- ferrato degli Infernot”, “camere” scava- te sotto terra e usate per custodire il vino. Tra le tradizioni gastronomiche e artigianali locali, si segnalano i biciulant d’ausan, dolce del periodo pasquale, e il ricamo a chiacchierino.

79 RICETTO DI CANDELO

Forse è l’autunno il periodo in cui il paesaggio che circonda Candelo esprime al meglio la sua bellezza, quando i boschi prendono i colori caldi che sfumano dal rosso al marro- ne, la luce si fa dolce e le passeggiate – a piedi, in mountain bike o a cavallo – diventano un momento quasi magi- co. Una volta arrivati al borgo, a col- pire il nostro sguardo sarà il Ricetto, simbolo dell’abitato, rimasto pratica- mente inalterato nei secoli. Questa fortificazione, costruita in una posi- zione che la rendeva inespugnabile, veniva usata in tempo di pace come deposito e magazzino, in caso di at- tacco dava rifugio alla popolazione, che vi si rinchiudeva con il bestiame. Oggi qui si organizza, ogni anno in tarda primavera, la manifestazione floristica che riempie le antiche “rue” di colori e profumi.

80 81 SALUZZO

Culla dell’antico Marchesato, Saluz- zo è un borgo elegante e sofisticato. Il cuore storico, medievale, si trova nella parte alta del paese, sovrastato dall’imponente e splendida Castiglia e caratterizzato da ripide stradine ed edifici storici. Oggi i locali della Castiglia ospitano l’archivio storico, bellissimi spazi museali ed eventi di grande valore culturale. Luogo famoso per la sua tradizione legata all’artigianato del mobile e all’anti- quariato, permeato dalle radici della cultura occitana, sede della Scuola di Alto Perfezionamento Musicale, ha una storia musicale che ancora oggi emerge nelle tante manifesta- zioni che scandiscono il calendario degli eventi locali. Questa piccola e stupenda cittadina che sorge ai piedi del Monviso sa unire cultura e storia, enogastronomia e tradizioni, il tutto accompagnato dalle note delle me- lodie che accompagnano le sue at- mosfere.

81 SANTA MARIA MAGGIORE

Santa Maria Maggiore è un piccolo comune il cui territorio fa parte del Parco Nazionale della Val Grande e le sue origini si perdono indietro nei secoli, prima dell’anno Mille, quando gli abitanti di altri paesi della Valle Vigezzo decidono di costruire, nella piana della valle, una chiesa dedi- cata all’Assunzione di Maria Vergine in Cielo. Da qui, da questo primo nucleo intriso di spiritualità, inizia a svilupparsi il borgo monumentale della valle, che proprio in onore del- la chiesa verrà chiamato Santa Maria Maggiore. Questo splendido borgo, circondato da faggi, alpeggi, mon- tagne imponenti e laghetti, è stato ispirazione di importanti artisti, tan- to che il suo territorio è conosciuto anche come la “valle dei pittori”.

82 83 USSEAUX

Luoghi del cuore, luoghi autentici e fortemente identitari si possono an- cora incontrare tra le valli e le alture del Piemonte, che nasconde in alcuni meravigliosi angoli paesi unici come Usseaux. Qui ci accolgono le vecchie case in pietra e legno che in primave- ra si ricoprono di coloratissimi fiori, le stradine lastricate, ma soprattut- to le antiche tradizioni e i ritmi che sono rimasti quelli di un tempo, lenti, a misura d’uomo. Qui in inverno ci si ritrova ancora nelle tipiche stalle con le volte a botte, oggi riadattate a taverna, per cantare, raccontare, mangiare insieme e condividere un bicchiere di vino, come avveniva nei secoli passati, come avviene da sem- pre. Qui, tra fontane, lavatoi, stalle, forni per il pane e vecchi mulini, si torna indietro nel tempo, accolti dall’ospitalità genuina della gente del posto.

83 VARALLO

Lungo le rive della Sesia troviamo Varallo, diviso in due dal torren- te Mastallone che separa il centro storico, detto Varallo Vecchio, dal- le zone più recenti. Varallo, che è la capitale storica e culturale della Valsesia, è immersa nel verde della riserva naturale Speciale, che domi- na il centro abitato. Il borgo conserva una grande ricchezza artistica, tra cui molte opere del pittore cinquecen- tesco Gaudenzio Ferrari e dei suoi allievi, tra cui il polittico ospitato nella collegiata di San Gaudenzio e l’affresco della chiesa di Santa Maria delle Grazie. Vivere Varallo vuol dire anche partecipare alle sue manife- stazioni tradizionali, come “Valsesia Musica”, che dà visibilità ai giovani talenti musicali, e la mostra-merca- to de “l’Alpàa” (festa dell’Alpe), con protagonisti i prodotti tipici locali, artigianali e gastronomici.

84 85 VOGOGNA

Se ci sono luoghi dove, arrivando, sembra di aver fatto un viaggio nel tempo per essersi ritrovati in pieno Medioevo, tra duelli di cavalieri e sguardi di misteriose dame, Vogogna è sicuramente uno di questi. Circon- dato da una natura fitta e selvaggia, il paese si presenta circondato da fortificazioni militari e ogni sua archi- tettura, ogni dettaglio e ogni scorcio raccontano il suo passato. Un tempo, come ulteriore fortificazione, furono costruite mura che racchiudevano anche parte del paese, oggi quasi completamente scomparse, mentre rimane il Castello Visconteo, mae- stoso e imponente, con le sue torri e le mura merlate, a tenere viva la memoria dei secoli passati. Ma il pas- sato non è rimasto fermo in se stesso e a Vogogna si intreccia con il futuro: nel castello infatti è stato allestito un centro multimediale di portata na- zionale.

85 VOLPEDO

Circondato da una generosa campa- gna che ha permesso al borgo di farsi conoscere sul mercato internaziona- le per la sua produzione di pesche, profumatissime e di ottima qualità, Volpedo però lega il suo nome alla storia dell’arte e in particolare al pittore Giuseppe Pelizza. Proprio in una piazzetta del paese l’illustre pittore dipinge il suo capolavoro, “Il Quarto Stato”, ritraendo il volti dei contadini locali mentre, con digni- tà e determinazione, vanno verso il palazzo dei Malaspina per far va- lere le proprie ragioni. Oggi questo luogo è chiamato “Quarto Stato”, in onore del dipinto, la piazzetta è stata riportata allo splendore originale e un lampione segnala l’esatta posizio- ne in cui Pellizza aveva posto il suo cavalletto. Un’opera minore del pit- tore è conservata nella Chiesa Par- rocchiale mentre altre opere sono ospitate nel suo studio, oggi allestito a museo.

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CREDITI FOTOGRAFICI BORGHI

Agliè, Franco Marchiando/Agliè (TO) Avigliana, Foto in basso Guido Suardi Cannero Rivera, Alessandro Piffero Cannobio, Foto panorama Piffero A. Chianale, Foto Enrico Testa Entraque, Foto di Nino Faramia Malesco, Foto di Massimiliano Riotti Monforte d’Alba, Foto di Rinogas Orta San Giulio, Foto di Andreazza-Pratta fotografi Ricetto di Candelo, Foto di Fotostudio Ghirardelli Saluzzo, Foto di Pietro Battisti Volpedo, Foto di Stefano Marenzana

COORDINAMENTO GENERALE DEI PROGETTI “ATLANTE DEI PAESAGGI” E “BORGHI E TURISMO LENTO”

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TRENTO provincia autonoma

91 La pubblicazione è parte della Collana “Viaggio Italiano - Paesaggi e Borghi d’Italia”, composta da 21 opuscoli, ognuno dedicato a una Regione o Provincia autonoma. Tutti gli opuscoli sono scaricabili, in formato pdf, dal portale www.viaggio-italiano.it. La pubblicazione è stata realizzata nell’ambito delle attività previste dalla Convenzione stipulata il 30/12/2016 tra MiBACT e Commissione Speciale Turismo e Industria Alberghiera della Conferenza delle Regioni e Province autonome (e successivi Addendum) per l’attuazione di progetti coerenti con gli in- terventi approvati nel Piano Strategico nazionale del Turismo (PST 2017-2022). PIEMONTE Paesaggi e Borghi d’Italia

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Pubblicato - ottobre 2019 viaggio-italiano.it