Nuovo Cinema Paradiso

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Nuovo Cinema Paradiso Nuovo Cinema Paradiso Regia: Giuseppe Tornatore Soggetto, sceneggiatura e dialoghi : Giuseppe Tornatore Fotografia : Blasco Giurato Scenografia : Andrea Crisanti Costumi : Beatrice Bordone Musica : Ennio Morricone (Tema d’amore di Andrea Morricone) eseguita dall’Orchestra Unione Musicisti di Roma Montaggio: Mario Morra Interpreti: Salvatore Cascio (Salvatore bambino), Philippe Noiret (Alfredo), Marco Leonardi (Salvatore adolescente), Jacques Perrin (Salvatore Di Vita adulto), Antonella Attili (la madre di Salvatore, Maria, giovane), Agnese Nano (Elena), Enzo Cannavale (Spaccafico), Isa Danieli (Anna), Leo Gullotta (la maschera), Pupella Maggio (la madre di Salvatore anziana), Leopoldo Trieste (il parroco), Tano Cimarosa (il maresciallo), Nicola Di Pinto (il matto), Roberta Lena (Lia), Nino Terzo (il padre di Peppino), Brigitte Fossey (Elena adulta) 1 Produzione: (Franco Cristaldi) Cristaldifilm, Roma/Les Films Ariane, Parigi Produttori associati : Raitre, TF1 Film Production, con la collaborazione di Forum Pictures spa Produttore esecutivo : Mino Barbera Distribuzione: Titanus e, per la Francia, Ariane Distribution Origine: Italia-Francia, 1988 Durata: 168’ Director’s Cut - 157’; 123’ nella versione emendata al Festival di Cannes e vincitrice dell’Oscar 1- Nella versione emendata, il personaggio di Elena adulta, interpretato da Brigitte Fossey, è stato eliminato, anche se il nome dell’attrice compare ugualmente nei titoli di testa. Un incanto per le platee di tutto il mondo. E dire che al debutto l’originaria versione, di due ore e mezza, non aveva avuto il tempo - a causa della miopia della distribuzione - di farsi conoscere e apprezzare. Quasi inevitabile, quindi, e assai sofferta, la decisione di Tornatore (in sintonia col produttore Franco Cristaldi) di eliminare un intero blocco di circa 30 minuti, sacrificando il personaggio di Elena adulta (interpretato da Brigitte Fossey). Per fortuna, la bellezza del film ha trionfato, grazie al passaparola del pubblico e ai riconoscimenti internazionali: il Gran Premio della Giuria a Cannes, l’European Film Awards, cinque Bafta britannici, il Golden Globe e il sacrosanto Oscar al miglior film straniero. è stata così ripristinata un’edizione completa, col director’s cut di 168 minuti, la più raccomandabile alla visione perché fa cogliere appieno la salda e significativa tessitura narrativa del soggetto e della sceneggiatura di Tornatore, oltre alla sua emozionante regia. è il film della vita (non in senso strettamente autobiografico) per Tornatore e non solo per lui. E Salvatore Di Vita si chiama il protagonista, siciliano di mezza età, affermato regista a Roma verso la fine degli anni ottanta. Il successo non riesce a renderlo pienamente felice. Da trent’anni non torna in Sicilia, ma quando l’anziana madre gli telefona per dirgli che è morto un tale Alfredo, nella mente di Salvatore si affollano i ricordi del tempo in cui per tutti era Totò, un vivacissimo soldino di cacio che faceva disperare la mamma per andare di nascosto al Cinema Paradiso e carpire i segreti del proiezionista: Alfredo, il suo più grande amico, quasi un padre, un burbero benefico, senza figli, semianalfabeta ma capace di esaltare la magia dei film. Era l’epoca d’oro del cinema, a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta, prima del dirompente avvento della televisione, con tutti i paesani raccolti davanti al grande schermo a divertirsi o soffrire con gli eroi di celluloide. Un rito collettivo che una sfolgorante sequenza fa estendere all’intera piazza. La beatitudine è spezzata da un incendio che distrugge ogni cosa e causa gravi ustioni ad Alfredo che rimane cieco. Ma la sala risorge: si inaugura il nuovo cinema Paradiso e Totò diventa proiezionista. Alfredo, pur non vedente (“Ora che ho perso la vista, ci vedo di più”), è sempre al suo fianco e segue la sua crescita (il passaggio di età è girato in modo magistrale). Da adolescente, oltre all’amore per i film, Salvatore scopre l’amore vero per la sua coetanea Elena. Ma i genitori di lei non tollerano un ragazzo socialmente inferiore e la portano via dal paese. Sfuma un ultimo appuntamento tra i due innamorati; Salvatore è disperato, invece Alfredo quasi gli impone di dimenticare Elena e soprattutto di andar via dalla Sicilia. Solo quando torna per i funerali di Alfredo, Salvatore può capire perché è saltato quell’incontro con Elena. E ancora una volta il cinema fa sentire il suo tocco prodigioso: Salvatore scopre che Alfredo gli aveva conservato gli spezzoni dei baci dei divi più famosi, che il bigotto parroco del paese faceva tagliare ritenendoli peccaminosi. Un elegiaco inno all’amore sublimato, da antologia, che dà senso a un’esistenza, eticamente coincidente con quella ricerca dell’“occasione” descritta da Umberto Eco nelle pagine finali del suo romanzo Il pendolo di Foucault, uscito nello stesso autunno 1988. Dall’immaginario paesino di Giancaldo, creato con lo scenografo Andrea Crisanti a palazzo Adriano e in altri set nel Palermitano, Tornatore (che appare nel finale come operatore in cabina) proietta una vicenda universale, pur fortemente localizzata in una Sicilia a tinte forti, ispirate a quelle della tavolozza del suo concittadino Renato Guttuso. Ritrova il fotografo Blasco Giurato e il montatore Mario Morra e inaugura il sodalizio artistico memorabile con Ennio Morricone (premiato col David), autore di musiche avvolgenti, impreziosite dal Tema d’amore composto dal figlio Andrea. In stato di grazia tutti gli attori, in particolare i variopinti “caratteri” (Leopoldo Trieste, Tano Cimarosa, Leo Gullotta, Enzo Cannavale, Nicola Di Pinto) e l’ineffabile accoppiata tra l’umanissimo Philippe Noiret (vincitore dell’Oscar europeo) e l’irresistibile Salvatore Cascio, simbolo di un film che rinnova dappertutto il fascino del cinema. .
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