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La rassegna stampa di Oblique dal 22 dicembre 2007 al 15 gennaio 2008

«Ogni traduttore – si sa – è responsabile delle proprie scelte, ma soprattutto dei propri errori» Barbara Lanati

– Francesco Borgonovo, “L’obbediente. Luca Casarini okkupa la Mondadori” Libero, 22 dicembre 2007 3 – Andrea Di Consoli, “Piccolo è bello. Elogio del libro breve” l’Unità, 24 dicembre 2007 5 – Daniele Giglioli, “L’orizzonte politico della critica letteraria” il manifesto, 29 dicembre 2007 7 – Manuela Maddamma, “Memorie di un immoralista” Il Foglio, 29 dicembre 2007 9 – Guido Bosticco, “Il duca del jazz. E Al Capone disse: «Ellington non si tocca»” Libero, 31 dicembre 2007 13 – Sara Marinelli, “La fede nella letteratura in forma di rivista” il manifesto, 3 gennaio 2008 15 – Francesco Borgonovo, “Filippo La Porta: «Cari scrittori, non raccontate balle»” Libero, 4 gennaio 2008 19 – Enrico Franceschini, “Oxford, tutta la biblioteca approda in rete” la Repubblica, 4 gennaio 2008 21 – Tommaso Pincio, “Il caso di coscienza di uno scrittore mormone” il manifesto, 5 gennaio 2008 23 – Ilide Carmignani, “Traduttori trasparenti dentro il labirinto del testo” il manifesto, 8 gennaio 2008 27 – Paolo Di Stefano, “L’editoria tradita dalle imitazioni” Corriere della Sera, 8 gennaio 2008 29 – Alessandro Piperno, “Più li guardo più mi sento male” Vanity Fair, 9 gennaio 2008 31 – Mirella Appiotti, “Il calendario del Novecento” Ttl – La Stampa, 12 gennaio 2008 35 RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.56 Pagina 2 RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.56 Pagina 3

L’obbediente. Luca Casarini okkupa la Mondadori

Francesco Borgonovo, Libero, 22 dicembre 2007

In preparazione “Gabbie”, l’esordio da narratore del leader no global. Che sceglie la casa editrice del nemico: Silvio Berlusconi. Ma non era un ribelle?

e non vi ricordate l’aneddoto, lo raccontia- «quelli che molti considerano “sbagliati”: i diversi, mo di nuovo. Il drammaturgo Eugene gli emarginati, gli esclusi etc.», dei quali si prende S Ionesco, vedendo sfilare i manifestanti ses- cura il giovane avvocato Nico. Uno che divide il santottini del maggio francese nella strada sotto suo tempo fra «il patrocinio gratuito e la militanza casa sua, aprì le finestre giusto il tempo di inqua- politica nel movimento dei cosiddetti no global». drare i rivoluzionari con una frase cristallina: «Fra E qui – altrimenti non ci sarebbe da divertirsi – quattro anni» disse ai giovanotti con i cartelloni entra in gioco l’elemento autobiografico dell’auto- «sarete tutti notai». Le fortune dei maestrini di re. Perché «quando Alex» un amico immigrato del quell’epoca – divenuti gran professori, editorialisti, protagonista «viene rinchiuso in un centro di politici potenti, scrittori di fama col culo progetta- detenzione per immigrati senza permesso, e poi to apposta per appoggiarsi sui divani nei salotti di successivamente accusato di omicidio», per Nico alta classe – gli hanno dato ragione. Ma ecco che, «diventa fondamentale liberarlo». Inevitabilmente, puntuale, la storia si ricicla in farsa e dai movimen- perciò, l’avvocato si troverà a «sfidare apertamen- ti di massa degli anni di piombo siamo passati ai te la legge e a infrangere tutti i limiti che fino a movimenticchi di oggi, i cui membri non leggono quel momento si era imposto». Marx ma Naomi Klein e invece di farsi guidare da La trama ricorda certe teorie di Casarini, il Daniel Cohn-Bendit preferiscono ascoltare le urla quale già nel 2004 scriveva: «Dal sabotaggio della megafonate di Luca Casarini, capoccia dei guerra globale alla grande manifestazione planeta- Disobbedienti del NordEst. Per quest’ultimo, di ria del 20 marzo. Dal rifiuto delle gabbie ideologi- scomodare Ionesco non ce la sentiamo; ci sembra che ed assolute come violenza/nonviolenza, alla più indicato Luciano Ligabue quando canta: sperimentazione di pratiche di conflitto efficaci, «Nasci da incendiario, muori da pompiere». Anche che provino a tenere insieme tutti, che mettano in Casarini da arruffapopolo anti-G8 qual era, ha difficoltà e isolino la polizia e i carabinieri, che ne intrapreso il sentiero impervio dell’intellettuali- delegittimino la violenza. Ricominciare significa smo, scrivendo un romanzo che verrà pubblicato disobbedire. Anche a noi stessi». – udite udite – dall’editore Mondadori. Quello, per Ecco il punto. Casarini la disobbedienza ce semplificare, che fa capo a Silvio Berlusconi. Il l’ha nel Dna: si ribella anche a se stesso e ai suoi libro dovrebbe uscire a primavera nella prestigiosa proclami. Motivo per cui lo si scorgeva in televi- collana “Strade Blu”, in cui il disobbediente finirà sione, anni fa, con un bel piumino griffato dallo a far compagnia ai vari Chuck Palahniuk, Valerio stilista Helly Hansen, il cui marchio fu poi coper- Evangelisti e . Si intitolerà “Gabbie” to da un adesivo con la scritta “No Logo”, e ora e a leggere la trama appena accennata sul catalogo lo si trova a pubblicare per un colosso editoriale delle novità Mondadori si annusa profumo di italiano che appartiene al leader del centrodestra, Victor Hugo. I “miserabili” in questo caso sono ma sempre mantenendo la sua verve di anticapi- RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.56 Pagina 4

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talista nemica della polizia e dell’ordine costitui- strandosi al contempo non ideologico, tollerante to. In un’intervista di qualche tempo fa, Casarini e intelligente. dichiarava: «Il problema è sempre stato quello di E lui, Casarini, che ci guadagna? Sicuramente trovare nuove forme di lotta radicali e capaci di una bella pubblicità, sicuramente un nuovo profi- mettere in crisi il potere». La nuova forma l’ha lo: meno militante quasi duro e un poco puro, ma scovata lui, novello Sartre, facendosi abbracciare più creativo, sdoganabile nei salotti e negli studi tv dalle manone accoglienti di quello che ha sempre passando per le librerie. E chissà, forse domani – considerato “il potere”. Il “potere”, dal canto sentendosi un po’ Ionesco – potrà aprire la fine- suo, lo lascerà fare, gli pubblicherà il libro e ragio- stra, guardare gli operai che sfilano sotto e urlare: nevolmente ci guadagnerà pure dei soldi, dimo- «Lavoratori... Prrrrrrrrr».

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Piccolo è bello. Elogio del libro breve

Andrea Di Consoli, l’Unità, 24 dicembre 2007

Quattro titoli che, almeno per le dimensioni, vanno controcorrente: romanzi brevi e laterali molto più intensi di quelli lunghi e corposi che vanno per la maggiore tra gli editori. Quattro storie di grande valore

volte i libri brevi e «laterali» sono più prestigiosa rivista letteraria di Piacenza diretta da intensi di quelli lunghi. Molto spesso, poi, Fugazza e Dadati: La voce d’un libro di Edmondo A i romanzi sono corposi solo per ragioni De Amicis, Il natale delle mutande di latta di Enzo editoriali (i libri grossi vendono di più), o per Fileno Carabba e il bellissimo Conoscere la provincia motivi «muscolari» (si dimostra di essere «produt- del troppo dimenticato Cesare Angelini). tori» infaticabili). Più spesso, però, i romanzi non Il primo di questi libri è Eterna riabilitazione da sono altro che dilatazioni artigianali e volontaristi- un trauma di cui s’ignora la natura (Nottetempo, 93 che di nuclei narrative brevi, cioè di racconti di pagine, 8,00 euro) di Andrea Zanzotto, del quale è poche pagine. stato anche ristampato in questi glomi, dall’editore In Italia ci si vergogna ancora un po’ della Manni, con l’aggiunta di alcuni inediti giovanili, misura breve (residuo di una cultura «virile»), gli Sull’altopiano. Nel piccolo libretto curato da Laura editori storcono il muso, i lettori hanno la sensa- Barile e Ginevra Bompiani (sotto forma d’intervi- zione di comprare poca «roba». Invece i libri brevi sta) il poeta di Pieve di Soligo (Treviso) arzigogo- hanno una loro centralità nella storia della lettera- la profondamente intorno a temi cruciali della sua tura, pensiamo a testi importanti quali Un’oscurità vita: l’ipocondria (la depressione), il paesaggio del trasparente di William Styron, L’Italia di mattina di Veneto, la poesia italiana (Montale, Sereni, Gatto), Franco Cordelli, L’invenzione di Morel di Adolfo il trauma della poesia, la scienza, la psicanalisi, Bioy Casares, La divina mimesis di Pier Paolo Paso- Lacan. Scrive (dice) Zanzotto: «Questo logorante lini, Aglio, menta e basilico di Jean-Claude Izzo, Il fan- continuo confronto con un inizio che non si sape- tasma della moda di Domenico Rea, Viaggio nel va nemmeno bene quale fosse, si configura come Mezzogiorno di Giuseppe Ungaretti, Lontano di un trauma perché persiste sempre»; e poi ancora: Goffredo Parise, Oltre i limiti di Friedrich Durren- «Il deserto nella poesia è parlare per qualcuno che matt, e così via. nonostante parli, a un certo momento si trova La grande tradizione del racconto, della novel- sepolto nel silenzio, una sabbia mobile che invece la, della «scheggia», del libretto a tema, del fram- è asciutta, come certi posti dell’Asia centrale». È mento, del resoconto di viaggio, del romanzo cor- sempre impressionante leggere in Zanzotto il coz- to e della breve testimonianza (magari sotto forma zare titanico (quasi sismico) della natura col conti- d’intervista) andrebbe valutata con maggiore nente della cultura; quel suo camminare tra rovine attenzione (e bisognerebbe pensarci due volte, e scoperte, senza mai chiudere il discorso della prima di parlare di opera minore, semmai minima). verità (o della ricerca). In questi ultimi mesi in Italia sono stati Il secondo libro che vorrei segnalare è La spiag- pubblicati quattro libri brevi di grande valore gia di notte (e/o, 38 pagine, 13,00 euro) di Elena (però vorrei anche ricordare, di striscio, i primi tre Ferrante (illustrazioni di Mara Cerri), breve favola volumetti della piccola collana di «Ore piccole», per adulti che percorre, in qualche modo, una pic- RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.56 Pagina 6

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cola apertura carsica de La figlia oscura, il suo ulti- crolla nel panico, e poi nella stanchezza mortale mo romanzo. È abbastanza emblematico e curioso della depressione. Due sono le cose sconvolgenti che la maggiore scrittrice italiana vivente sia del libro: la prima è quando Canobbio racconta «inguardabile» e «inconsumabile» (nessuno cono- che sua moglie medico, con la quale non aveva mai sce la sua identità «privata»). Questo non limita parlato del suo male, un giorno, quando proprio affatto la sua grande statura di scrittrice, anzi. I non riuscì a fare a meno di chiamarla e di chieder- romanzi della Ferrante sono uno più bello dell’al- le aiuto, era come in attesa di quella chiamata, e tro (il suo stile sensuale, sentimentale, morboso è dimostrò di essere informata e consapevole di quel indimenticabile). In questa favola «notturna» dolore (siamo più amati di quello che pensiamo; riprende due simboli de La figlia oscura: la bambola siamo meno nascosti di quanto crediamo); la e il bagnino (rappresentano le due polarità dell’in- seconda cosa, invece, riguarda l’11 settembre, per- canto e del disincanto, della paura del cinismo). La ché il «male oscuro» di Canobbio è come se fosse protagonista del racconto è un bambola che viene uno di quegli aerei dirottati verso le Twin Towers dimenticata da Mati, nottetempo, sulla spiaggia (tutto il libro corre spedito verso quella data, verso (Mati è la sua bambina-madre). La bambola ha quelle torri). Ma Canobbio dice una scomoda veri- paura, e in balìa del bagnino e del suo rastrello, del tà: quel giorno era a New York, ma di quella trage- fuoco notturno, delle onde marine. Nessuno si dia non ricorda niente, perché il quel momento ricorda di lei. Il bagnino (il mondo adulto) le ruba esisteva solo il suo male. Ecco, anziché giocare il nome, la priva dell’identità. Poi un’onda la salva con la facile sincronia della microstoria che incro- dal fuoco, ma la trascina nel fondo del mare. Dopo cia la macrostoria, Canobbio ribalta tutto, e dichia- un po’ un amo le ruba dalla gola tutte le parole ra apertamente la superiorità dell’individuo, dell’io, rimaste. Una sola non scompare: la parola del destino singolare. «mamma». Poi la bambola schizza fuori dal mare e Il quarto libro che suggerisco è di Marisa viene riportata, da un gatto, dalla sua mamma Madieri (Fiume 1938-Trieste 1996). È un testo Mati. La favola è a lieto fine ma i temi sono quelli incompiuto, breve, intitolato Maria (Archinto, 92 «molesti» e vorticosi della Ferrante: la maternità, la pagine, 12,00 euro). Il libro ha una puntuale crisi, la paura, il crollo delle certezze. postfazione di Maria Carminati (ed è stato premia- Il terzo libro che vorrei segnalare è del torinese to nell’edizione 2007 del premio Napoli). La scrit- Andrea Canobbio, uno scrittore importante, trice triestina (moglie di Claudio Magris) ha pub- nonostante la giovane età (è del 1962), del quale blicato, tra le altre cose, Verde acqua e La conchiglia e ognuno dovrebbe leggere almeno Vasi cinesi e visi- altri racconti. Il nome della Madieri va a infoltire la bili. Canobbio è (come Daniele Del Giudice, come bella squadra di scrittrici triestine del ’900 (Lina il giovanissimo Enrico Buonanno: tutti einaudiani) Galli, Anita Pittoni, Aurelia Gruber Benco). In un «nipotino» di Italo Calvino, ma la sua voce è fra Maria si racconta una vicenda triste, un caso di le più solide della letteratura degli ultimi vent’anni. maternità negata (di aborto). Però non sappiamo Il libro che ha da poco pubblicato è Presentimento nulla, della decisione di Maria (né sappiamo se (Nottetempo, 93 pagine, 7,00 euro). Si tratta di una questa omissione è voluta, oppure no). La Madieri confessione privata (la confessione di una empas- amava i destini «marginali», le cose nascoste dalla se nervosa, cioè depressiva). In questo libro Storia: «Mi interessa la vita minore, ciò che resta Canobbio si definisce scrittore e editor «part- appunto al margine della storia e dell’ideologia, la time»; avverte la sua vita creativa come un falli- vita che non può parlare, far sentire la propria vo- mento (ma questa «autodenigrazione» gli permet- ce; questo profondo interesse per tutto ciò che è te di andare a fondo nel «male oscuro»). Come minimo, ai margini, alla periferia della vita, in qual- racconto Styron, e come capita a milioni di perso- che modo escluso dalla Storia… è una componen- ne, un giorno, all’improvviso, salendo su un aereo, te essenziale della mia visione del mondo». Una Canobbio sente i morsi della paura (la paura della scrittrice interessante, la Madieri, anche nell’in- morte, cioè della vita). Siamo all’inizio del 2001, compiutezza, anche nella misura breve del raccon- mancano pochi mesi all’11 settembre. Canobbio to (e, ahinoi, della vita).

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L’orizzonte politico della critica letteraria

Daniele Giglioli, il manifesto, 29 dicembre 2007

Di fronte alle opere letterarie, forse non dovremmo più chiederci quale sia il loro vero senso, o quanto valgano, ma cosa possiamo o non possiamo fare con esse: quale mondo ci aprono, quale esperienza trasformativa di noi ci consentono: è questo, oggi, il chiodo, tutto politico, da battere

iù o meno in contemporanea con l’uscita volontà di potenza. Nulla di più lontano dal gran- dell’articolo che Massimo Raffaeli ha dedi- de internamento dei folli (di coloro cioè che si P cato alla ripresa dell’annoso dibattito sul creano la loro realtà, che vivono, come si dice, «nel senso della critica letteraria, ho letto su «Le monde loro mondo») che secondo Foucault ha presieduto diplomatique» il resoconto del colloquio tra un alla costituzione della ragione moderna. La follia è editorialista del «Wall Street Journal» e un anonimo migrata al centro del sistema, al cuore dell’impero spin doctor della Casa Bianca, con ogni probabili- – che non è poi la Casa Bianca ma il rizoma in tà Karl Rove, che prima delle recenti dimissioni perenne movimento delle mille e mille agenzie di veniva chiamato amabilmente da George W. Bush comunicazione. «fiore di merda». Lei mi sembra far parte di quella C’entra qualcosa questo con la crisi della critica che noi chiamiamo «la comunità basata sulla real- letteraria, con la sua riduzione a giornalismo o ad tà» – insinua Rove (o chi per lui) – ossia pensa che accademia, con la sua manifesta incapacità di giu- le soluzioni politiche emergano da una valutazione dicare evocata da Massimo Raffaeli prendendo a coscienziosa della realtà osservabile. In effetti, far- pretesto l’uscita di tre libri sul tema? Certo che sì. fuglia il giornalista: l’illuminismo, l’empirismo... Che la crisi della critica non sia solo una trasfor- Ma, lo interrompe il suo interlocutore, non fun- mazione e magari un tramonto delle forme in cui ziona più così: «Oggi noi siamo un impero, e cre- l’abbiamo conosciuta – forme storiche ma non più iamo la nostra propria realtà nel momento in cui remote del ’700, tanto che se avessimo tentato di agiamo. E mentre voi studiate questa realtà, nel parlarne con Molière ci avrebbe probabilmente modo ragionevole che ritenete auspicabile, noi ci fatto rinchiudere – e che attenga invece a un più muoviamo di nuovo, creando altre nuove realtà, generale collasso dello spirito critico, è una con- che voi studierete alla stessa maniera, ed è così che vinzione che si è ormai fatta faticosamente strada. vanno le cose. Noi siamo gli attori della storia, e a Perché non una sola (il giudizio) ma tre sono state voi non resta che studiare quello che facciamo». storicamente le accezioni della critica moderna: da una parte l’idea di vaglio, demolizione, demistifica- Nietzsche consigliere di Bush zione (si prenda a esempio il Dizionario storico-criti- Non si sa se disperarsi o applaudire questa franca co di Pierre Bayle, monumento di scetticismo, giu- confessione, che presumibilmente doveva rimane- dizio universale di un intero assetto del sapere); e re off records. Siamo ben oltre il tradizionale prag- dall’altra la nozione kantiana di delimitazione, l’in- matismo americano: è come se Bush si fosse scel- dividuazione di un terreno di validità epistemolo- to per consigliere Friedrich Nietzsche in persona, gica dei propri asserti – in una parola, la teoria. o meglio ancora un Nietzsche senza follia, senza Solo sulla base di queste due spinte archimediche, più scandalo, senza più orrore per aver osato pen- e non di una fantomatica pulsione a dire «bello» o sare che la verità è solo un sottoprodotto della «brutto», aveva senso la questione del giudizio di RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.56 Pagina 8

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valore. E solo da qui hanno tratto legittimità le due Don DeLillo e torto Moccia. Per la scienza le tradizionali forme della scrittura critica che ci cose andranno diversamente, ma la vita associata hanno accompagnato: la manutenzione dei classi- non si svolge secondo le regole della scienza. Ci ci, attraverso la loro continua reinterpretazione, e sono pratiche da contrapporre a pratiche, interes- la critica militante, che nella congerie dell’oggi ha si a interessi, valori a valori, nella consapevolezza formulato le sue scommessa sui classici di doma- che i valori sono fabbricati, prodotti, contingen- ni. Di tutto questo oggi non resta più che una ti, e veri nella misura in cui li rendiamo veri con sopravvivenza, una tradizione vernacolare, una la nostra azione. riserva indiana, e anzi peggio: simulacri. Monografie, edizioni critiche, saggi e recensio- Una funzione esemplificativa ni se ne scrivono ancora, ma chi ci crede più? E se Posti di fronte alle opere letterarie, non dovrem- anche soggettivamente ci crediamo, Heidegger ha mo forse più chiederci quale sia il loro vero senso spiegato una volta per tutte come non ci sia nulla (interpretazione), e quanto oggettivamente valga- di più nichilistico del riproporre volontaristica- no più di altre (valutazione), ma piuttosto che mente valori scaduti sapendo che sono scaduti. cosa possiamo o non possiamo fare con esse: Dobbiamo essere all’altezza del nostro nichilismo, quale mondo ci aprono, e quale mondo abbiamo che non ci piove sulla testa per colpa degli astri, intenzione di fabbricare per adempiere alla loro ma è il risultato del mondo per come ce lo siamo promessa di felicità. Se l’ermeneutica si è ormai costruito noi: Vico insegna. Alle sfide si risponde ridotta a interpretazione di interpretazioni, se la in campo aperto, non mugugnando sulle proprie critica militante tradizionale assomiglia sempre di posizioni perdute, o magari trincerandosi dietro il più a una guida gastronomica, col critico che asse- postulato della materialità del mondo, al di là di gna le tre forchette al prodotto migliore, se lo ogni manipolazione linguistica e ideologica: Karl stesso insegnamento della letteratura ha perso la Rove non otterrebbe un bel nulla se non avesse sua funzione classica di trasmettere un modello di dietro capitali e missili intercontinentali. Grazie lingua e un canone ideologico per le classi dirigen- tante. E poi? ti, al discorso critico è rimasta forse una funzione Trovatosi negli anni ’30 in una situazione esemplificativa: guardate che leggendo questa drammatica almeno quanto la nostra, Walter opera è possibile fare questi pensieri, questa espe- Benjamin si propose, invece di ritirarsi stizzito rienza, questa trasformazione di sé, e dunque sotto la tenda dello spirito offeso, di imparare dal posizionarsi diversamente, in quanto soggetti e nemico (per esempio Carl Schmitt e la sua idea non in quanto meri fruitori, in quella rappresenta- dello stato d’eccezione). Oggi il nemico ha da zione immaginaria del nostro rapporto con la offrirci una lezione non meno importante: nel realtà che è, come sapeva Althusser prima di Karl mondo umano non esiste una verità extraumana Rove, l’ideologia. Questo è il chiodo da battere, ed a cui fare riferimento per confutare una pratica o è un chiodo politico se mai ve ne furono. Solo a avversare una politica. Non c’è una corte di cas- partire da qui possiamo cominciare a preoccupar- sazione della storia davanti alla quale ha ragione ci dei martelli.

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Memorie di un immoralista

Manuela Maddamma, Il Foglio, 29 dicembre 2007

I 56 giorni di Humbert Humbert, precettore di Lolita. La tragedia dostoevskiana di uno sgan- gherato genio della perversione e dell’ambiguità

uando nel Natale del 1955 Graham che fa viaggiare il lettore per gli Stati Uniti, ma non Greene gli fece il suo regalo, Vladimir con l’irruenza di un Kerouac (“On the road” QNabokov viveva ormai da quindici anni sarebbe comparso di lì a pochi anni), quanto piut- sul suolo americano, insegnava lingua e letteratura tosto con l’accanimento di uno scadente pittore di russa all’università e si doleva che nessuno avesse paesaggi appena arrivato dall’antico continente, ancora riconosciuto il suo genio di scrittore. Alla che tra un acquerello e l’altro sevizia una bambina richiesta del londinese Sunday Times di segnalare i durante il suo infinito andare, forte dell’autorità tre migliori libri dell’anno, Greene aveva però del suo accento francese. appena risposto includendo tra questi “Lolita”, “Immagina una cosa del genere”, aveva scritto l’ultimo romanzo dello scrittore di San Vladimir Nabokov nel “Dono”, composto tra il Pietroburgo, che nessuna casa editrice americana 1935 e il 1937, quando ancora viveva a Berlino, aveva accettato di pubblicare e che al momento “un vecchio puttaniere… ma ancora vigoroso, cercava fortuna a Parigi. Il riconoscimento di appassionato, assetato di felicità… conosce una Greene e ancor di più il contrattacco polemico vedova, e costei ha una figlia, ancora una bambi- mossogli da John Gordon sul Sunday Express fece- na… capisci cosa voglio dire… quando ancora le ro scoppiare quello che nell’ambiente viene defini- forme non si sono sviluppate, ma già parla in una to un caso editoriale. I lettori americani erano in maniera che ti fa salire il sangue al cervello… quegli anni storditi dalla veemenza di un gruppo di Una bimbetta esile, molto graziosa, pallida, con scrittori che si erano imposti d’autorità l’appellati- una triste sfumatura azzurra sotto gli occhi… e vo di generazione beat, e urlavano il loro dissenso che naturalmente non degna della minima atten- ai propri padri, proponendo un’alternativa sia alla zione il vecchio caprone. Come fare? Be’, senza placida vita borghese americana che ai malinconi- pensarci troppo, lui prende e sposa la vedova. ci ultimi fuochi della generazione perduta di Perfetto. Si stabiliscono insieme, tutti e tre. Qui Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald. Il puoi andare avanti indefinitamente… la tentazio- pubblico statunitense ebbe quindi a disposizione, ne, l’eterno tormento, il prurito, le pazze speran- nella forma melliflua e ottocentesca dello scrittore ze. E alla fine… un calcolo sbagliato. Il tempo rifugiato, un’alternativa reazionaria alle parole urla- vola, lui invecchia, lei sboccia… e un bel niente. te dai beatnik e alle acrobazie narrative parigine di Ti passa accanto e ti scortica con un’occhiata di Henry Miller (che, in una lettera alla sorella Elena, disprezzo. Eh? Non cogli una specie di tragedia Nabokov definisce “oscenità prive di talento”), dostoevskiana?”. trovando in “Lolita” qualcosa di ugualmente scon- In uno dei suoi saggi, Nabokov precisa il suo volgente ma anche rassicurante e borghese. punto di vista, oltre che il freddo calcolo della sua Continuando la tradizione di scrittori come operazione editoriale. In russo poshlost è un colori- Sinclair Lewis, Nabokov confeziona un romanzo to sinonimo per filisteo, volgare compiaciuto, e in RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.56 Pagina 10

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questo termine lo scrittore si ritrae inconsapevol- riamente pregevole ma inficiata da alcuni errori di mente come “…borghese manieroso, il prodotto senso, ma con quella adelphiana di Giulia Arborio completo e universale della banalità e della medio- Mella. “Lolita” è una storia di fantasmi. Lo spettro crità. È il conformista, l’uomo che si conforma al non indossa un lenzuolo bianco e non scuote proprio gruppo, e ha anche un’altra caratteristica: arrugginite catene ma veste panciotti dai bottoni è uno pseudo-idealista, uno pseudo-compassione- di madreperla e completi di velluto marrone. vole, uno pseudo-saggio. La frode è il più stretto Spaventa le sue vittime con agghiaccianti e decre- alleato del vero filisteo. Tutte le grandi parole pite frasi fatte in francese. La maledizione che lo come Bellezza, Amore, Natura, Verità eccetera inchioda non a diroccati castelli ma a sordidi motel diventano maschere e trucchi quando le adopera il per automobilisti è la ninfetta Lolita, dai riccioli volgare compiaciuto”. E di maschere e di trucchi castani, la pelle di pesca, spesso abbronzata in non possiamo non parlare, trattando di “Lolita”, contrasto con il pallore sepolcrale del suo Pa’. In nelle cui pagine Nabokov fa tutto il possibile per questo libro di morte le figure genitoriali vengono non chiamare le cose con il loro nome. Ecco il sistematicamente derise ed è quindi opportuno doppio Humbert in azione: “Io mi trovavo ormai che il nostro avvertito lettore colga il veleno in uno stato di eccitazione confinante con la paz- nascosto in questo Pa’. Ogni volta che Lolita attri- zia; ma possedevo anche la scaltrezza del folle. buisce questo epiteto allo spettro Humbert, Rimanendo seduto sul divano, riuscii ad adattare, Humbert sprofonda un po’ di più. Credendo di con una serie di movimenti furtivi, la mia masche- manipolare la serva sciocca, l’ingenua scimmietta, rata foia alle sue membra ingenue. Tenendo fisso con blandizie paterne e banane e bastoncini di un occhio interiore di maniaco sulla lontana dora- zucchero e prendisole fiorati e monete da un dol- ta meta, intensificai con cautela l’attrito magico laro non fa altro che avvertirla della doppiezza e che stava sopprimendo, in un senso illusorio, se peccaminosa ipocrisia dei quarantenni, padri fun- non effettivo, la trama psicologicamente assai fra- zionali, amanti scadenti, coscienze in colpa, acqui- gile dell’ostacolo materiale (pigiama e vestito) tra il renti di carne fresca, europei e americani, vecchi e peso di due gambe abbronzate dal sole, poggiate vivi e morti, piatte dita da sarta austriaca su aureo- di traverso sul mio grembo e il tumore nascosto le prepuberali che non sono mai appartenute a d’una innominabile passione”. loro né mai apparterranno loro. Questo è Basta leggere le prime pagine di “Opus Humbert: “Un’ultima cosa – dissi nel mio cauto e Pistorum” di Henry Miller per avere un’idea della orribile inglese – sei proprio, proprio sicura che… differenza di pesi letterari in gioco: “Mai visto me be’, non domani, naturalmente, e neppure dopo- stesso nei panni di un satiro, uno di quegli uomi- domani, ma, be’… un giorno o l’altro, prima o poi, ni che vengono tratti in arresto ai giardini pubbli- non verrai a vivere con me? Creerò un Dio nuovo ci, sempre un po’ trasandati, squalliducci, malfer- di zecca e lo ringrazierò con urli penetranti, se mi mi sulle gambe, che s’affannano a spiegare che la dai questa microscopica speranza”. E Lo: “No”, bambina aveva il vestituccio impolverato e loro rispose sorridendo: “No”. Prima ancora Lolita volevano solo… Ma devo ammettere, adesso, che spietata: “Oh, non piangere, mi dispiace di averti questa Marcelle, con il suo corpicino senza peli, tanto ingannato, ma le cose sono andate così”. oh sì, mi arrapa. Mica perché è una bambina. È L’attacco nabokoviano al depravato mondo perché è così priva di innocenza! La guardi negli adulto coinvolge anche la figura materna nel per- occhi e ci leggi perfidia, depravazione, perfino sonaggio grottesco di Charlotte Haze, vedova di un’ombra di saggezza. Ah, il piccolo mostro sapu- Harold Haze, madre di Dolores detta Lolita. to! Mi sta seduta sulle ginocchia, mi struscia la Charlotte è madre malgré soi, si incapriccia di fighetta nuda contro le dita, mi guarda e mi Humbert a prima vista, non per amore, ma per esi- cogliona perché esito”. birlo, compassionato e smarrito (eppure sarà lei la La prima apparizione di “Lolita” in Italia si sua prima vittima) al putrescente circolo letterario deve all’editore Mondadori, che la pubblicò nella di Rasmdale, cittadina dai villini in legno a non si celebre collana della Medusa nel 1959, edizione sa quanti chilometri da New York. Charlotte è che viene riprodotta in questi giorni in occasione nemica di sua figlia, al punto di sbarazzarsene del centenario della casa editrice, ma con la tradu- come un corpo morto appena percepisce l’elettri- zione non già originaria di Bruno Oddera, lettera- cità tra lei e lo stagionato ma ancora affascinante

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spettro venuto dall’Europa. In “Lolita” il tema maniaco – il furto del suo tempo. E così la trasci- della civiltà europea opposta alla naïveté dirompen- na in un lungo viaggio in macchina in cui il cava- te dei figli del nuovo mondo è una falsa pista, un liere Humbert attraversa sterili deserti (gli Stati del alibi dietro al quale Humbert nasconde il suo Midwest americano) ebbro delle proprietà rigene- appetito che non porta passaporto, e che oscilla su ratrici del Graal-Lolita. Ma il Graal parla e con una topografia che si restringe al punto fisico dove voce stridula si ribella al suo posticcio predatore in quel momento poggia i piedi Lolita. E anche la rinfacciando non cure paterne ma la fattispecie psicoanalisi, sbeffeggiata in molti passi del roman- penale della violenza sessuale, stupro di minoren- zo, subisce una torsione: la scena primaria non è la ne. Lolita nei due anni di peregrinazioni matura la copula tra padre e madre, ma, più claustrofobica- possibilità della fuga: meglio una famiglia odiosa mente, tra padre e figlia. Da lì nascono tutte le come quella in cui nacque dell’orrida mitologia rimozioni, le mistificazioni. Con le spalle al muro dell’incesto. Adescata da Clare Quilty, avversario da una tragicomica lettera d’amore di Charlotte: di Humbert ma suo pari in perversione, condotta “Sposami o vattene per sempre”, il doppio da lui al ranch Duk Duk – espressione che in un Humbert Humbert, pregustando le tenerezze che testo erotico persiano secentesco connota l’am- potrà prodigare alla sua figlia acquisita, non esita plesso – si rifiuta di offrire le labbra ai giovani un secondo a farsi trovare dalla prosperosa scervellati imbottiti di alcol e stupefacenti che Charlotte nel giardino della villetta mentre pota le Quilty manovra per i suoi orgiastici intrattenimen- rose e le rivolge un sorriso da illusionista di circo. ti e sceglie la quieta vita matrimoniale accanto a un Humbert Humbert è un nome bizzarro persi- semianalfabeta, pratico in riparazioni domestiche, no per uno spettro, ma è lecito pensare che cuore semplice: né paterno né padrone, semplice- Nabokov l’abbia voluto battezzare due volte per mente compagno di Dolores. La fuggitiva verrà significarne l’infantilismo (tra bambini ci si chia- sostituita da Humbert non tanto dalla comparsa di ma solo per nome, il cognome è una formalità da una stordita alcolizzata dal nome Rita che nel vol- mondo adulto) e insieme la duplicità: un satiro gere di tre capitoli verrà abbandonata ai suoi dalla vita in giù, che sostiene un letterato incara- accessi di vomito etilico, ma con una più rassicu- mellato dalla vita in su. rante pistola automatica calibro 32, amorevolmen- Da questa doppiezza Humbert, come il suo te avvolta in una sciarpa di lana. La nuova amante artefice Nabokov coniugato a Vera – una marziale di acciaio brunito e calcio in noce poteva tornare guardiana non insensibile al fascino delle acerbe utile per il prevedibile istante di follia che il dispe- ammiratrici da college del marito – trae il proprio rato Humbert vedeva avvicinarsi all’orizzonte, equilibrio: da questa miscela di depravazione e annientando secondo un Fato un po’ più sganghe- colpa, da questa azzurra cloaca la vita è mantenu- rato di quello eschileo, il rapitore di Lolita, Lolita ta integra, ogni tentativo di coerenza, resipiscenza, stessa, o chiunque altro avesse osato infrangere il virtuoso riscatto avrebbe conseguito un solo effet- suo sogno felice, e propinando al lettore l’ulterio- to: “Tutto si sarebbe infranto”. La considerazione re maschera, l’ulteriore trucco da scadente polizie- che il mistero non deve essere svelato, che l’aura sco con opportuno disvelamento nelle ultime traboccante peccato della Gelida Principessa pagine. A cadere sotto i colpi della “ragazza dal- Lolita non si dissolva, che la concupiscenza cieca l’occhio nero” (l’immagine è di Guido Morselli) di Humbert non acquisti mai la vista, fa dire a sarà l’impresentabile doppio del narratore (triplo? Nabokov parole taglienti contro Freud e la sua psi- visto che già Humbert è doppio di sé medesimo? coanalisi, il “voodoo freudiano”, quasi che laddo- Quanti trabocchetti per i freudiani!) Clare Quilty, ve trionfi il lettino di Sigmund si dissecchi il letto unico vero amore dichiarato da Lolita, forse solo infernale di Humbert. Lo scaltro ma non troppo per umiliare nell’eterna dannazione il superfluo Humbert pretenderà di dare a bere a Lolita che il patrigno. Unica consolazione all’incolmabile per- suo statuto paterno, una volta orfana a causa del- dita di Humbert è proprio la scrittura del roman- l’incidente mortale accaduto alla madre, gli dia il zo in quanto memoria stesa in cinquantasei giorni diritto di proibirle di allontanarsi dall’isola disabi- dapprima nel reparto psicopatici dove era sotto tata in cui lui trae linfa vitale dalla sua acerba fonte. osservazione, poi in un isolamento ben riscaldato Ordisce così contro la bambina – come un dozzi- anche se sepolcrale “in modo che gli fosse possi- nale, e terribilmente ricorrente nella cronaca, bile far vivere Lolita nella mente delle generazioni

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successive”. E suggella Humbert: “Penso ai bison- aristocratico “bianco” in fuga dal suo paese nata- ti estinti e agli angeli, al segreto dei pigmenti dura- le, tra precettori insulsi, rinomate università, illustri turi, ai sonetti profetici, al rifugio dell’arte. E que- genealogie e lungimiranti affermazioni come la sta è la sola immortalità che tu ed io possiamo seguente, che se da una parte risuonano di quello condividere, Lolita mia”. che lo stesso Nabokov avrebbe definito “filistei- Dopo il successo planetario di “Lolita”, smo”, dall’altra danno al lettore nuovi punti di Nabokov poté finalmente scrivere “Parla, ricor- riferimento nel devastato senso di perdita che pro- do”, l’autobiografia degli anni europei di un affer- voca ancora oggi la lettura di “Lolita”: “Le prime mato genio che tutte le case editrici vollero acqui- creature della terra a divenire consce del tempo, stare. Si tratta del tedioso resoconto di un furono anche le prime creature a sorridere”.

La prima edizione dei due volumi di Lolita, Olympia Press 1955

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Il duca del Jazz. E Al Capone disse: «Ellington non si tocca»

Guido Bosticco, Libero, 31 dicembre 2007

Esce la biografia del grande musicista americano, che prima del successo mondiale visse gli eccessi del proibizionismo. Tra belle donne, grandi bevute e amicizie con i gangster

onny teneva sempre d’occhio l’ingresso Dalle sbronze al papillon (il Kentucky era un seminterrato). Era Invece qualcuno ce l’ha fatta, qualcuno ha messo «S pronto a dare il benvenuto a qualche su il papillon e il frac, si è seduto al piano ed ha cliente che sembrasse facoltoso. E se riusciva a in- “staccato” un quattro quarti davanti ad una platea tercettarlo lo presentava al direttore dicendogli: osannante di bianchi, in un super teatro della “Questo è un mio amico, trattalo coi guanti”. Con Grande Mela, tipo la Carnegie Hall. Edwar ogni probabilità il tipo gli avrebbe scucito qual- Ellington, detto Duke, il Duca, è stato uno di que- cosa. Potevamo lasciare il club con un centinaio di sti. Duke è più di un pianista jazz, più di un com- dollari in tasca per ciascuno. Ma giunti a casa li positore, più di un band leader. È tutte queste cose avevamo già perduti tutti, perché facevamo il giro messe insieme e soprattutto è il simbolo di un’ele- dei locali per vedere che cosa succedesse. E quan- ganza colta e severa, ma simpatica al pubblico, è il do entravamo, le pollastrelle si alzavano e gridava- simbolo di tutto ciò che il jazz degli anni Quaranta no: “Sonny, tesoro!”. E lui, quando le sentiva gri- aspirava ad essere. Duke Ellington è stato uno dei dare, spiccava un salto e diceva: “Pago da bere a più importanti musicisti del Novecento. Punto e tutti!”». basta. Ma prima di diventarlo è stato anche lui un A New York, nel 1923, toccava al batterista jazzista da bicchierate di whisky e notti a suonare Sonny Greer la stessa solfa che riguarda ogni a comando una ballata per l’ultima coppietta al gruppo jazz degno di rispetto: la notte è sempre bancone. Leggere oggi la sua autobiografia, appe- troppo lunga e la paga è sempre troppo stretta per na ristampata da minimum fax e intitolata “La riuscire a portarsela a casa integra. musica e la mia signora” (pp. 462, euro 17), è dav- Solo che la maggior parte dei jazzisti che riem- vero uno spasso. piono le notti dei club di tutto il mondo, poi si Anche il Duca ha cominciato giovanissimo con fermano lì, alla vita un po’ bohémienne e un po’ un trio a scroccare ingaggi nella Washington in cui randagia che impone il cliché del musicista non è nato. Anche lui, certo, ma non per molto: presto d’accademia. Figurarsi poi nell’America degli il carisma del leader è uscito fuori, nella rapidità anni Trenta e Quaranta, tra gangster e con cui componeva i brani da suonare la sera stes- proibizionismo. Figurarsi poi ad avere la pelle sa, nella strategia di marketing, nella capacità di nera. Toccava restarci in quel cliché e magari selezionare i suoi maestri prima e i suoi musicisti anche fumare erba o farsi di eroina. Sembrava un poi, come i celeberrimi Johnny Hodges, Cootie destino per quegli artisti che stavano facendo la Williams, Paul Gonsalves, per dirne alcuni. E pro- storia della musica moderna, ma che nella loro prio i ritratti dei “suoi” uomini costituiscono l’ani- vita non riuscivano a mettere in fila due giorni ma del libro di Duke. A cominciare da uno dei normali. suoi maestri di gioventù, quel Will Marion Cook, detto Dad, che una volta lesse sul giornale una RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.57 Pagina 14

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recensione dopo un suo concerto alla Carnegie care a Duke 200 dollari. Lui lo disse a Phil, il cas- Hall: «Il critico disse che Will Marion Cook era siere dell’hotel, che lo disse a Joe Fusco che gli decisamente “il più grande violinista nero al passò il boss Owney Madden al telefono, il quale mondo”. Dad Cook allora prese il violino e andò gli disse: «Ci penso io, stai tranquillo». Il giorno a trovare il critico al giornale. “Molte grazie per la dopo, Duke fu accolto a teatro con grandi inchini recensione” disse “lei hai scritto che sono il più e riverenze. Pare che Madden avesse chiamato Al grande violinista nero al mondo”. Detto ciò, Dad Capone, che aveva ordinato: «Duke Ellington non Cook prese il violino e lo sfasciò contro la scriva- dev’essere disturbato in tutta la zona». nia del critico. “Io non sono il più grande violinista Si può azzardare che, insieme con i Berliner nero del mondo” esclamò, “io sono il più grande Philharmoniker e poche altre formazioni, la big violinista del mondo!”. Girò i tacchi e lasciò lì il band di Duke Ellington sia stata una delle grandi suo strumento sfondato, e non imbracciò mai più macchine da musica del Novecento. La perfezione un violino in vita sua». estetica. Il suono. E la Ma c’è spazio anche vista. Quelle scalinate per i tributi ai grandi col- dalle quali scendevano a leghi: «Quando, una turno i solisti per posi- volta, una signora del zionarsi di fronte all’uni- pubblico lamentò che co microfono. Quelle non riusciva a capire scalinate sono rimaste quello che stava suonan- un simbolo di perfezio- do Miles Davis, lui ne stilistica, ritmica, rispose con una delle musicale, artistica. sue sagge sentenze sul- l’arte: “Io ho impiegato L’avventura di una grande vent’anni di studi e di band esercizi per fare quello E questa autobiografia, che sto facendo in que- riportata in stampa sto concerto. Come può dopo quasi trentacinque pensare, lei, di ascoltare anni, grazie alla cura di e di capire in cinque Franco Fayenz, racco- minuti?”. Quanto era glie mille storie di uomi- vero, era vero e univer- ni, di rivalità, di amori, sale. A Miles!». E ancora, di solisti e di gregari. il ritratto fulmineo di Parla dell’incontro del Will Cook: «È sempre Duca con Dio e con la stato, in potenza, la musica sacra. Parla di migliore prima tromba suoni speciali, suoni che si potesse scrittura- ricercati, suoni perso- re. Ma ogni tanto, per nali, stili, accenti, movi- lui, le avventure sentimentali prevalgono sugli menti, abiti, pettinature, ingaggi, sbronze, sorrisi: impegni con l’orchestra in giro per il mondo». una grande band è fatta di tutte queste cose. Una Negli anni a seguire, quando la fama comincia- grande vita da artista e una vita di incontri e di va a crescere, le storie di vita sono spassosissime, facce da ricordare, capaci di entrare ed uscire dalla come quella volta a Chicago, dove i musicisti in memoria come le note entrano ed escono da un cartellone venivano sistematicamente taglieggiati sax che scende una scalinata per raggiungere l’uni- dalla mala, quando due giovani cercarono di scroc- co microfono sul palco.

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La fede nella letteratura in forma di rivista

Sara Marinelli, il manifesto, 3 gennaio 2008

Negli ultimi anni le numerose imprese del collettivo McSweeney’s hanno contribuito a ridefinire il profilo della scrittura statunitense. Incontro con , curatrice della rivista «The Believer», di cui Isbn ha ora tradotto una raccolta

ato a San Francisco sul finire degli anni e-mail intorno alle recensioni dei libri che ci inte- Novanta come espressione di un movi- ressavano: molto spesso le trovavamo insoddisfa- N mento sotterraneo e «controculturale», il centi, perché erano troppo brevi o poco significa- collettivo McSweeney’s (o, come lo ha definito tive. Abbiamo dunque pensato di aprire uno Judith Shulevits sul «New York Times», «l’impero spazio in cui si potesse discutere di libri senza McSweeney’s») è riuscito a dare vita nell’arco di un essere limitati dal numero delle parole o dalla data decennio a un fenomeno culturale che ha contri- di pubblicazione di un volume. buito a ridefinire il linguaggio e l’anima della lette- ratura americana contemporanea: alle imprese ini- Quali vuoti sulla scena letteraria americana intendevate ziali avviate da Dave Eggers – il trimestrale riempire con «The Believer»? «Timothy McSweeney’s Quarterly Concern» e il Volevamo ospitare quei libri che non avrebbero sito McSweeney’s (www.mcsweeneys.net) – si sono trovato accoglienza altrove: i volumi pubblicati da a mano a mano aggiunti altri tasselli: una casa edi- piccole case editrici, i testi di poesia o di filosofia, trice, un negozio online, una scuola di scrittura e le opere di autori stranieri. Sfogliando i giornali ci infine il mensile «The Believer» e il dvd-magazine sembrava evidente che tutti recensivano gli stessi «Wholphin», da poco arrivati anche in Italia rispet- titoli e trattavano gli stessi argomenti seguendo le tivamente per Isbn e per le edizioni della rivista novità editoriali e i materiali pubblicitari. Desi- «Internazionale». deravamo liberarci dal meccanismo in cui tutti E proprio sul ruolo di «The Believer» sulla sembrano risucchiati e soprattutto volevamo con- scena americana e internazionale, e sulla sorpren- versare di libri in maniera dignitosa evitando, per dente popolarità delle imprese del collettivo esempio, interviste che si riducessero al botta e McSweeney’s in Italia, abbiamo conversato con risposta, perché poche domande veloci non pos- Vendela Vida, fondatrice e co-curatrice della rivi- sono veicolare la concezione di un autore. sta, nonché autrice di due romanzi, E adesso puoi andare, tradotto di recente per Mondadori («Strade Su «The Believer» non si discute solo di libri, ma di arte, blu», pp. 218, euro 15) e Let the Northern Lights musica, design, filosofia, e anche questo la distingue dalle Erase your Name, la cui uscita italiana è prevista in altre riviste. questo 2008. È vero, non trattiamo solo di letteratura. Diamo ad esempio molto spazio alla filosofia perché in gene- Quali sono stati i motivi che hanno portato alla nascita di re è confinata in riviste specializzate, e noi voglia- «The Believer»? mo renderla accessibile a tutti con discussioni o Insieme a Ed Park e a abbiamo fon- interviste che partono da esperienze in cui i letto- dato «The Believer» nel marzo 2003. L’idea era ri possono riconoscersi. Inoltre, abbiamo numeri nata in seguito alle nostre lunghe discussioni via speciali, come quello visuale e quello interamente RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.57 Pagina 16

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dedicato alla musica, e ne prepareremo un altro Forse questo è dovuto anche al fatto che negli Stati Uniti ci dedicato al cinema. sono numerose scuole di scrittura che formano i giovani autori. In Italia la situazione è diversa, eppure l’attenzio- A proposito del titolo, chi è «il credente»? Il lettore che ha ne costante da parte delle case editrici verso tutta la produ- fede nelle scelte culturali compiute a suo favore dalla rivista? zione del collettivo McSweeney’s rivela la presenza di un O lo scrittore? pubblico che vi segue fedelmente. Cosa pensa di questo suc- Inizialmente avevamo pensato a «The Optimist», cesso italiano? ma preferivamo un titolo senza antinomi, e «The Devo dire che mi sorprende molto, anche perché Believer» non ne ha di diretti. Inoltre, come sugge- è un caso abbastanza unico: in Francia, o negli altri risce la sua domanda, invita a chiedersi: «In cosa paesi europei, o anche in Inghilterra, non abbiamo credo?», «In cosa dovrebbero credere i lettori?». E lo stesso seguito. Ne sono contenta perché amo la cosa principale in cui crediamo è che l’arte è l’Italia e sono interessata alla vita letteraria italiana, essenziale: i libri non meritano mai di essere fatti a ma non so come spiegarlo. Forse questo successo pezzi o vilipesi. Comunque direi che il credente è deriva dal senso estetico degli italiani che hanno il lettore. apprezzato il design delle nostre riviste, la cura edi- toriale, il fatto che, almeno nell’edizione america- «The Believer» e «McSweeney’s» sembrano aver creato negli na, «The Believer» ha un tocco e un look diversi Stati Uniti un nuovo lettore, e forse un altro modo di frui- dalle altre. Ma certamente è un fenomeno legato re la letteratura, anche grazie al loro stile inconfondibile e anche all’interesse che gli italiani hanno sempre alla varietà di argomenti trattati. Lo avevate previsto? E dimostrato nei confronti della cultura americana. chi sono i vostri lettori? Sono rimasta molto sorpresa quando ho scoperto Per l’edizione italiana di «The Believer» si è cercato di che i nostri lettori hanno per lo più tra i venti e i mantenere almeno in parte il vostro design e le vostre illu- trenta anni, attratti dai nostri «zuccherini», come la strazioni. Quale è stato il vostro ruolo nella preparazione rubrica Sedativi o gli schemi nel mezzo del giorna- del volume? le. Alcuni infatti ci dicono che leggono solo quel- All’inizio abbiamo preparato una lunga lista con la li. Forse, effettivamente, abbiamo creato un nuovo selezione dei nostri pezzi preferiti, perché i mate- lettore perché accostiamo cose diverse: c’è humor riali a cui attingere sono davvero abbondanti, ma è accanto a un’intervista seria con un filosofo, una stato poi Massimo Coppola a compiere le scelte lunga discussione sul transgender accanto a un finali. saggio su un libro dell’800 di cui nessuno ha mai sentito parlare. Appare evidente che molti articoli sono stati selezionati apposta per il lettore italiano, dal dialogo fra Salman Buona parte della letteratura statunitense contemporanea Rushdie e Terry Gilliam a quello fra Eggers e Foster tradotta in Italia è rappresentata dalla generazione di scrit- Wallace, al saggio di William Vollmann. tori nata alla fine degli anni ’60 e metà dei ’70, in molti Ma ci sono tante firme che i lettori italiani non casi legata al vostro lavoro. Come descriverebbe questa riconosceranno. nuova «fiction americana», della quale lei stessa fa parte? Credo che negli ultimi anni il nostro modo di scri- È vero, ma del resto anche il pubblico americano non le vere sia profondamente cambiato, che sia proietta- conosce: a noi piace proprio questa commistione di autori to molto di più verso l’esterno. Dopo l’11 settem- noti e meno noti. Specialmente i pezzi più brevi e un po’ bre, e con la guerra in Iraq, gli scrittori americani sperimentali, che comunque riteniamo importanti per la sono nauseati dei loro soliti drammi familiari, per- rivista, sono scritti da autori meno conosciuti. La rivista ché finalmente si rendono conto che esiste tutto contiene anche scritti bizzarri e spassosi, particolarmente un mondo fuori, e vogliono alludere a qualcosa di apprezzati dal pubblico italiano. Non crede che ci sia una diverso, magari facendo maggiore uso dell’allego- certa affinità tra il senso dell’umorismo italiano e quello ria. Penso per esempio a George Saunders, anche americano? se ha dieci anni in più rispetto alla generazione cui Penso che effettivamente gli italiani siano in sinto- si riferisce. Fino a poco fa tanti imitavano David nia con il nostro humor, e amino, come noi, esse- Foster Wallace, ora molti cercano di scrivere come re intrattenuti. E poi «The Believer» può essere George Saunders. considerato una esperienza di lettura integrale:

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Rassegna stampa 22 dicembre 2007-15 gennaio 2008

accanto all’articolo accademico che richiede con- «The Believer» o «McSweeney’s» ma non ne hanno centrazione, ne trovi magari un altro che puoi leg- mai sentito neanche parlare. Sono andata a un rea- gere in piedi sull’autobus, e che ti dà sollievo dopo ding qualche tempo fa e qualcuno mi ha chiesto se una lettura impegnativa. il mio lavoro era associato a un pub, perché non aveva la minima idea di cosa fosse «McSweeney’s». Avete in programma di pubblicare autori italiani? Forse è più facile parlare di un ipotetico nostro Mi piacerebbe pubblicare un libro italiano nella potere quando si è addentro al mondo dell’arte e collana Believer Books, per la quale abbiamo tra- della letteratura. Ma per quello che mi riguarda, dotto fra l’altro Michel Houellebecq e Javier sono convinta che quando si scrive un romanzo, o Marías. Per questo, ne stiamo vagliando alcuni. si apre una rivista, lo si fa per condividere ciò che piace: seppure ci fosse un solo lettore, questo è Da quando avete iniziato la vostra impresa con quanto conta. Per «McSweeney’s» o «The Believer» McSweeney’s avete creato un piccolo «impero culturale», o «Wholphin» non è tanto una questione di nume- siete cioè riusciti a dominare la scena intellettuale america- ri: gli autori che scelgono di pubblicare con la na, dettando uno stile, e anche un linguaggio, con i quali si nostra casa editrice vendono infatti meno copie è invitati a misurare il proprio sapere, i propri gusti, e tal- che non con gli editori più grossi, ma sanno che volta persino il proprio senso dell’umorismo. Vi siete mai troveranno lettori davvero devoti e appassionati resi conto di questo potere culturale in espansione, o ci avete che comprano il loro libro perché si tratta di una mai pensato in questi termini? pubblicazione «McSweeney’s», e questa è la ricom- Per me è difficile vederla in questo modo perché pensa per loro. «The Believer» ha una tiratura di sole quindicimila copie – certamente un numero superiore ad altre E anche per voi non è cambiato niente, nonostante la pubblicazioni analoghe – ma non abbiamo certo le popolarità? forze, né vogliamo, conquistare il mondo! No, penso di no. Sapevamo sin dall’inizio che Facciamo quello che ci piace sperando che piaccia avremmo avuto meno di venticinquemila lettori. anche ad altri, senza voler convertire nessuno. Ci Segretamente, però, spero che «The Believer» arri- sono tante persone che forse apprezzerebbero vi a vendere diecimila copie in più al mese.

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Filippo La Porta: «Cari scrittori, non raccontate balle»

Francesco Borgonovo, Libero, 4 gennaio 2008

Il critico più in voga del momento commenta il successo dei reportage e le polemiche su Roberto Saviano: «Se inventa sbaglia, deve attenersi ai fatti»

iction o faction? Il tormentone degli ultimi re debbano attenersi alla realtà dei fatti, specie se anni, il vero Tuca-Tuca letterario, lo ha in- discettano di cose realmente accadute. Ieri abbia- F ventato lui, Filippo La Porta, il critico più mo parlato proprio di Saviano, il quale viene accu- in voga del momento, quello che ha appena dato sato da una giornalista free lance, Matilde Andol- alle stampe “Dizionario della critica militante” fo, di aver creato ad arte alcuni particolari del (con Giuseppe Leonelli, Bompiani) e “Maestri funerale di Annalisa Durante, la 14enne uccisa per irregolari. Una lezione per il nostro presente” errore dai camorristi nel 2004, per rendere più (Bollati Boringhieri). Nella primavera del 2006 commovente una scena del suo bestseller. dibatteva con Giuseppe Genna sulla differenza fra «Il reportage narrativo ha dei confini abbastan- la “fiction”, cioè la finzione letteraria (chiamata da za flessibili, ma non illimitatamente flessibili» dice Giovanna Zucconi sulla Stampa «letteratura-lette- La Porta «l’autore non dovrebbe inventare nulla. ratura» come se esistesse una «letteratura-non let- C’è uno statuto estetico in questo genere letterario. teratura», vabbè) e la “faction”, ovvero la «narra- Lo scrittore ha la libertà di descrivere e raccontare zione documentale». Per ferla breve: la prima i fatti secondo la propria prospettiva, in base alla sarebbe la narrative d’invenzione pura e semplice, propria sensibilità. Ma non deve inventare niente». quella di uno scrittore di gialli qualsiasi. La secon- Nell’antologia di minimum fax, Antonio Pascale da sarebbe narrative mescolata alla realtà, una via cita un episodio di “Gomorra” che ieri abbiamo di mezzo fra il documentario e il racconto vero e sviscerato: l’autore racconta il trillo del cellulare di proprio. Annalisa Durante dal feretro della bara. L’argomento – capzioso solo in apparenza – torna di attualità, visto il clamoroso successo di Le critiche a Roberto Saviano “Gomorra”, il libro di Roberto Saviano, e l’uscita Dice Matilde Andolfo: quel cellulare era spento e di una lunga serie di inchieste più o meno giorna- nessuno l’ha fatto squillare. «Secondo Pascale que- listiche condotte da scrittori. Gli ultimi esempi sto episodio non è accaduto» continua La Porta. sono l’antologia di minimum fax “Il corpo e il san- «È importante se alcuni particolari della storia di gue d’Italia”, a cura di Christian Raimo, e il viaggio questa povera ragazza se li è inventati Saviano per a Perugia di Alessandro Piperno per raccontare dare un’emozione in più ai lettori: qui si viola lo l’omicidio della studentessa Meredith Kercher (del statuto del genere». quale, nell’articolo pubblicato dal Corriere della Sera, La Porta crede che sia fondamentale «l’oscilla- rimanevano poche tracce). zione fra giornalismo e letteratura, la pendolarità La questione è semplice: capire se gli scrittori che caratterizza il genere del reportage narrativo». abbiano la licenza d’uccidere, come 007. Se possa- Insomma, lo scrittore ha più libertà espressiva del no cioè inventare particolari, aneddoti, episodi per giornalista, ma nei limiti dell’effettivo svolgimento rendere più drammatico il proprio racconto oppu- dei fatti di cui parla. Inchieste giornalistiche, come il RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.57 Pagina 20

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celeberrimo “La casta” di Sergio Rizzo e Gian fax, i quali «forzano troppo il confine del genere. Antonio Stella, «appiattiscono tutto il testo sulla In questo senso, lo scritto di Antonio Pascale è il quantità alluvionale di notizie. Lì la letteratura non controcanto morale all’intera raccolta». Il critico c’entra». Poi ci sono i libri di reporter-scrittori come cita l’auspicio di J.G. Ballard, quando sosteneva Riszard Kapu e V.S. Naipaul. «La cui grande prete- che «nel momento in cui i media non ci informa- sa», sostiene La Porta, «è di farci vedere la realtà fat- no sono congestionati e riportano una realtà tuale (come l’evacuazione della città di Luanda rac- immaginaria, il compito dell’arte è paradossalmen- contata dal primo) con uno sguardo soggettivo, te quello di ridarci la realtà». visionario, che riesce a estrarre quella realtà e insie- Il punto, però, è sempre il solito: si può enfatiz- me una verità che riguarda tutti. Una verità che un zare qualche passaggio, selezionare il punto di telegiornale della sera non ci darà mai». vista, ma inventarsi di sana pianta i fatti, quello I grandi campioni di questa specialità sarebbe- proprio no. ro Orwell nel suo “Omaggio alla Catalogna” e «Se Gianfranco Bettin nel suo stupendo Solzhenitsyn con “Arcipelago Gulag”. «Non reportage su Pietro Maso si fosse inventato che il inventano nulla, ma poiché sono entrambi grandi giovane leggeva il “Mein Kampf ”, beh, sarebbe scrittori raccontano le cose che hanno vissuto e stato molto scorretto. Oggi la realtà ama nascon- diventano mitiche nel loro racconto. Lo stesso dersi, e bisogna talvolta prendere a prestito tecni- discorso vale per “Se questo è un uomo” di Primo che della fiction e del romanzo per snidarla. Per Levi e “Cristo si è fermato a Eboli” dell’altro Levi, capirla, dobbiamo metterla in scena, con tutte le Carlo: i personaggi diventano figure del destino ambiguità che può contenere il termine. Ma nien- con cui ogni lettore si può identificare». te invenzioni». Qualche colpa, tuttavia, ce l’hanno pure gli La documentazione indispensabile scrittori. I quali si dilettano a scrivere di precariuc- Altro esempio è il reportage dall’India di Guido ci e di perdite della verginità invece di creare per- Gozzano, “Verso la cuna del mondo”: «Ha qualco- sonaggi mitici, come il protagonista di sa di funereo» dice La Porta « però Gozzano fa un “Everyman” di Philip Roth. Uno che, per defini- resoconto obiettivo di fatti che vedeva. È una zione, ci rappresenta tutti. «Sono d’accordissimo» dimensione per me ineliminabile. Si documenta- dice Filippo «prendiamo il proliferare del noir: rac- va». Altri lo fanno meno. La Porta parla dei repor- conta delitti efferati e serial killer perché non sa tage su Repubblica di autori come Elena Stancanelli più raccontare l’orrore della normalità, che è quel- o Emanuele Trevi. «Qualche volta gli scrittori lo che ci interessa». vanno due ore in un bar e pensano di aver colto Ecco che ritorna il tormentone: le inchieste l’anima di un quartiere. Ci vogliono onestà descrit- degli scrittori sono fiction o faction? Chissà. Però tiva e gusto per l’esplorazione». La Porta ha una soluzione per il caso Saviano. Il sospetto è che gli scrittori vengano mandati «Mondadori ha presentato il suo libro come un in missione con una bella assicurazione sulla vita: romanzo. I lettori e la critica straniera l’hanno per- possono riempire il pezzo con quello che vogliono cepito come un’inchiesta. Potrebbe farne una e poi giustificare le balle o la carenza di notizie nuova edizione aggiungendo un capitolo o altri dicendo “che cosa volete, è letteratura”. brani in cui specifica che cosa è vero e che cosa è Secondo La Porta, questo peccatuccio ce l’han- invenzione». Ma dovrebbe farlo per davvero, non no anche alcuni brani dell’antologia di minimum per fiction.

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Oxford, tutta la biblioteca approda in rete

Enrico Franceschini, la Repubblica, 4 gennaio 2008

Gli undici milioni di volumi della Bodleian Library saranno trasferiti nello spazio infinito di Internet. Il progetto si chiama “Ricerca libri” e Google è il suo promotore

arebbe un segreto, perché nessuno, tranne ti», come il fondatore della Bodleian Library si pochi addetti ai lavori, entra mai in questo compiaceva di definire accademici, studiosi, uomi- S posto: ma ve lo racconto lo stesso. Varchi ni di cultura, è certamente questo edificio, nel una porticina di legno, scendi lungo una ripida cuore di un’università ottocentenaria, fra quadri di scala, poi ne scendi un’altra ancora più ripida, fin- filosofi col parruccone, statue di insigni matema- ché ti ritrovi parecchi metri sotto terra. Prosegui tici, scritte in latino («Dominus illuminatio mea», il per un corridoio dal soffitto basso, il cui pavimen- motto di Oxford: “Signore, che Tu sia la mia to è percorso da sottili rotaie, sulle quali corrono, Luce”) e bibliotecari che sembrano strappati di protetti da una grata di ferro, antidiluviani vagon- peso dalla Old England dell’epoca vittoriana. cini, colmi fino all’orlo del prezioso bene nascosto Eppure passa di qui, da questa miniera di pol- quaggiù. verosi volumi, il più utopistico progetto mai con- L’impressione è di essere nel ventre di un’anti- cepito da chi ama il sapere scritto: digitalizzare, ca miniera, dalle cui viscere però non si estrag- ovvero trasferire nello spazio infinito di Internet, gono oro, diamanti o carbone, bensì libri. tutti i libri pubblicati in tutte le lingue in tutti i Montagne di libri. Anzi, chilometri di libri: cinque tempi, più tutti quelli che verranno pubblicati in chilometri, per la precisione. È lo spettacolo che futuro. Romanzi, saggi, biografie, ricettari di cuci- mi ritrovo davanti, quando la mia guida, sospinta na, trattati scientifici, guide turistiche, bibbie e una porta girevole, mette finalmente piede nell’im- corani e talmud, poemi, favole, abbeccedari, atlan- menso magazzino sotterraneo della Bodleian ti, manuali: insomma, tutti. Library, la biblioteca dell’università di Oxford, la Il progetto si chiama «Ricerca Libri», e il suo più grande biblioteca universitaria d’Europa. promotore è Google: il motore di ricerca più dif- Undici milioni di libri, allineati in un labirinto di fuso del mondo, il titano del web, la paroletta scaffali tutti uguali, tra scale, sgabelli, carrelli e tra entrata nelle nostre vite come l’aria – virtuale – che cartelli vergati a mano che avvisano severamente respiriamo e che ci dà vita in questo ventunesimo di rimettere ciascun volume esattamente dove è secolo. Con Google, come noto, si può trovare e stato preso: altrimenti c’è il serio rischio di non imparare ogni cosa: immagini, notizie, mappe, fa- ritrovarlo più. cendo qualsiasi tipo di ricerca. Anche la più intima: Perdersi qui dentro, del resto, non è una possi- è risaputo che oggigiorno un’azienda, prima di bilità remota: una linea gialla, tracciata per terra, assumere un dipendente, o una ragazza, prima di rappresenta una specie di filo d’Arianna per aiuta- uscire con un potenziale fidanzato, danno loro una re il visitatore inesperto, come il sottoscritto, ma «googlata», come si dice in gergo, ossia digitano il pure l’esperto, a ritrovare la via dell’uscita. suo nome sul motore di ricerca, per scoprire chi è Se esiste un luogo che simboleggia l’arcaica veramente. E se non ci sei, su Google, puoi teme- repubblica delle lettere, «la repubblica degli istrui- re di non esistere. In realtà, non è ancora così. RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.57 Pagina 22

Oblique Studio

Solamente il 10 per cento di tutte le informa- morto da almeno settant’anni, Google permette di zioni a livello mondiale sono effettivamente di- leggere e scaricare l’intero volume. sponibili online. E proprio per rendere sempre più Siccome è un’azienda privata, non uno stato accessibili sempre più informazioni, un paio d’an- benefattore, viene da chiedersi perché lo fa e ni or sono Google ha annunciato «Ricerca Libri». dove ci guadagna: «Lo facciamo perché rientra Con l’obiettivo di permettere agli utenti di esegui- nel nostro impegno a democratizzare l’accesso re ricerche su tutti i libri esistenti, l’utopia da rea- alle conoscenze umane», dice de la Mora. «E ci lizzare in un distante futuro, o perlomeno su guadagniamo con le inserzioni pubblicitarie che milioni di libri: dai testi più rari ed antichi ai ro- gli editori possono fare, se vogliono, in una manzi ancora freschi di stampa. Organizzando la colonnina di destra dello schermo». Chi temeva ricerca non solo su titolo e nome dell’autore, ma che l’iniziativa portasse alla morte del libro di sull’intero contenuto di ogni libro: se un nome o carta, sbagliava: «Il risultato è che si vendono più un termine appare a pagina 312, digitandolo su libri, non meno, gli editori e gli autori entrati nel Google si dovrebbe poter arrivare a quella pagina, nostro programma aumentano le vendite», con- spalancata sotto i nostri occhi, sullo schermo del tinua il direttore di «Ricerca Libri» in Europa. «E computer. Scannerizzare e sistemare in rete milio- per i milioni di testi contenuti nelle biblioteche, ni e milioni di libri, naturalmente, richiede tempo il vantaggio è che ora chiunque può consultare e risorse. Soprattutto, richiede buoni cataloghi da libri antichi senza spostarsi da casa propria, digi- cui partire: Google ha iniziato creando una par- tando semplicemente alcune parole chiave sul tnership con ventisette fra le maggiori biblioteche computer». universitarie d’America, tra cui quella di Harvard. Il primo pensiero va alla Biblioteca Vaticana, Ora, è sbarcato in Europa. Ha stretto accordi chiusa per tre anni per restauro, tra la disperazione analoghi con cinque grandi biblioteche universita- degli studiosi di mezzo mondo: non è che potrem- rie del vecchio continente, tra cui la più illustre, mo ritrovarla, nel frattempo, su Google? «Siamo quella di Oxford: cerca rapporti con altre, «per interessati a parlare con nuovi partner dappertut- espandere sempre di più il sapere, la comunicazio- to», risponde de la Mora. E un altro pensiero va ne e l’accesso alle informazioni», come spiega alla biblioteca dell’università di Bologna, l’unica Santiago de la Mora, direttore di «Ricerca Libri» in università europea più antica di Oxford: in Italia, al Europa, nei futuristici uffici londinesi della momento, Google non ha ancora una biblioteca Google, dove gli impiegati hanno tutti i jeans, scri- partner (ma editori partner, da Feltrinelli a Giunti vono su computer portatili stando sdraiati su per citarne un paio, sì). enormi cuscini colorati, e ad ogni angolo c’è un Intanto, nel sottosuolo della miniera, ho l’ono- buffet con cibo salutare. re di vedere, sebbene non m’azzardi a toccarli, due Un secondo aspetto del programma è la par- dei documenti di maggior valore della Bodleian Li- tnership con gli editori, che possono mettere in brary: il frammento originale di un poema di Saffo, rete tutti i loro cataloghi, inclusi i libri fuori stam- del secondo secolo; e il Codice Mendoza, del quin- pa. Né biblioteche, né editori, tantomeno gli uten- dicesimo secolo, in cui il viceré del Messico riferi- ti che consultano i libri online, pagano un soldo: il sce al re di Spagna, con parole e splendide illustra- servizio è completamente gratuito. Dei libri coper- zioni, i riti della civiltà azteca. Un giorno, chissà, ti da copyright, Google mostra solo copertina e forse finiranno anche questi nella «biblioteca di qualche pagina, con un link che collega l’utente Babele» digitale. A dimostrazione che Internet, all’editore per un possibile acquisto; per quelli non anziché uccidere la parola scritta, permetterà a libri coperti da copyright, in genere perché l’autore è e manoscritti di vivere per sempre.

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Il caso di coscienza di uno scrittore mormone

Tommaso Pincio, il manifesto, 5 gennaio 2008

Dal profondo dello Iowa, uno scrittore diviso tra l’appartenenza alla sua comunità religiosa e la fede nella sua vena narrativa. In America, le scene francamente cruente dei racconti con i quali esordì suscitarono uno scandalo pubblico e privato, creandogli il vuoto intorno

possibile credere nel bene immaginando il sione. Il guaio è che l’università presso la quale male? Rinunciare alla propria fede religio- Evenson insegna non è un istituto qualunque, È sa per amore dell’arte è un sacrifico accet- bensì Brigham Young, l’università mormone di tabile? Si può mandare a rotoli un matrimonio pur Provo, nello Stato dell’Utah, quello delle di scrivere quello che più piace? Intorno a questi Montagne Rocciose e del Grande Lago Salato. Per dilemmi verte un caso letterario del quale si è i mormoni, il cuore di un uomo si rivela nella sua molto discusso in America. Tutto ha inizio nel arte: Evenson si è visto pertanto costretto a difen- 1994 quando lo scrittore Brian Evenson esordisce dersi. Ha detto che non intendeva affatto magnifi- con una raccolta di racconti che parlano di un care la violenza ma solo confrontarsi con essa. Tra figliastro che uccide il patrigno spingendogli delle i mormoni non si fa che parlare di quel che di api giù per la gola, e di un padre che porta la figlia buono c’è nella vita, ma non si dibatte sulla natura al suicidio dimostrando di aver abusato di lei quan- del male. Con i suoi libri Evenson intendeva por- do era ancora bambina, più altre amenità a base di tare alla luce il lato oscuro, mostrare che il male è ammazzamenti e menomazioni. Le scene sono parte del mondo e non si può pretendere che non oggettivamente cruente e per giunta descritte in esista. Spiegazioni che servirono a ben poco. termini assai espliciti. Non sono certo questi i Evenson continuò a subire pressioni, gli si fece tempi in cui ci scandalizza per un po’ di violenza capire che sarebbe stato meglio per tutti se avesse in un libro di narrativa, ciò nonostante una studen- smesso di scrivere certi libri. Constatò così che a tessa si indigna e invia una lettera anonima alla sua Brigham Young non c’era più posto per lui. Anche università per informare il rettorato che fra gli per il resto della città era una presenza sgradita. insegnanti del dipartimento di letteratura c’è una Quando entrava in un bar o in un ristorante la specie di depravato, un uomo che scrive di canni- gente lo guardava male, come fosse un pericoloso balismo, incesto e omicidi seriali come niente criminale. Non gli restò che rassegnare le proprie fosse. È ferma convinzione della ragazza che si dimissioni. In casa non andava meglio. Connie, la debba usare il proprio talento per donare agli altri donna con la quale era sposato da quasi dieci anni, verità e speranza e non per trarre godimento da anche lei appartenente a un’austera famiglia mor- oscure fantasie. mone, non apprezzava affatto che il marito scri- vesse certe storie. Per lei, il fatto che Brian volesse Una catastrofe anche privata seguitare per quella strada era una forma di tradi- Ovviamente, ognuno può avere le riserve morali mento. A poco a poco, la separazione fu inevitabi- che crede, ma in un mondo normale un professo- le. Qualche anno dopo, nel 2000, arrivò anche lo re di scrittura creativa non dovrebbe correre il strappo finale, la rottura definitiva col mondo nel rischio di vedersi rimosso perché i suoi libri rac- quale era nato e cresciuto. Chiese che il suo nome contano cose che si vedono ogni giorno in televi- fosse espunto dagli appartenenti alla comunità RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.57 Pagina 24

Oblique Studio

mormone, avviando da sé un processo di scomu- nascosto, inciso su tavole d’oro in «egiziano rifor- nica che ormai gli pendeva sul capo come una mato» dal profeta Mormon e sepolto da mille anni spada di Damocle. Non fu una scelta facile. La sua in un collina nei pressi di Palmyra, guarda caso famiglia ere mormone da sei generazioni, pratica- sempre nello stato di New York. mente dalle origini di quella che viene anche chia- Ovviamente, Smith si precipitò nel luogo indi- mata la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli catogli, armato di una pala. Scavò, trovò il vange- Ultimi Giorni. lo, e lo tradusse, e in questo fu davvero un porten- Per giunta, Evenson non era un semplice mor- to perché non si capisce proprio come potesse mone ma un’autorità ecclesiastica. Era una delle conoscere una lingua la cui esistenza non è mai tre persone a capo della stata riconosciuta da sua congregazione. «Da alcuno studioso. Le principio, la prospettiva nuove idee religiose di di separarmi da qualcosa cui Smith e seguaci in cui credevo e alla erano portatori non quale ero profondamen- furono accolte esatta- te legato mi terrorizzò. mente a braccia aperte, Fu come vedersi spalan- perlomeno fintantoché care le porte di un regno seguitarono a praticare spaventoso» raccontò la poligamia e non Evenson in seguito. «Ma accettarono di prestare quando poi mi decisi, mi giuramento di fedeltà sentii molto più libero. alla Costituzione degli Questa scelta ha com- Stati Uniti. Dopo varie portato un sacco di fata- vicissitudini, Smith e li conseguenze. Il divor- suo fratello furono lin- zio con mia moglie è ciati in un carcere stato parte di tutto ciò. nell’Illinois dove erano Ma come scrittore non rinchiusi perché accusa- mi sono mai sentito ti, a quanto pare ingiu- meglio». Posto di fronte stamente, di avere al crudele dilemma – distrutto la tipografia di rimanere fedele alla pro- un giornale contrario pria vocazione letteraria alle loro idee. A questo o fronteggiare quella che punto Brigham Young, egli stesso ha definito il successore di Smith, l’agonia di una «eterna guidò i mormoni in separazione da moglie e Brian Evenson lunga marcia attraverso figlie» nonché dall’am- il paese, che si concluse biente in cui era sempre vissuto – lo scrittore ha in un luogo arido e sperduto del lontano ovest, la scelto di non censurarsi. Valle del Grande Lago Salato dove iniziarono a Un conflitto come quello di cui è stato prota- costruire una città. gonista Brian Evenson non è una faccenda d’altri tempi per l’America, il paese dove il mormonismo Quando bussava alle porte è nato e conta milioni di fedeli perlopiù raggrup- L’impresa ha regalato ai mormoni il primato di pati intorno al quartiere generale della chiesa, a primi colonizzatori del selvaggio West e dunque Salt Lake City. La setta fu fondata – ovvero restau- un posto di tutto rispetto nella storia americana, rata, per come la vedono i mormoni – nel 1830 storia che peraltro è sempre stata percorsa da nello stato di New York da Joseph Smith, il quale afflati religiosi e messianici. Attualmente, sembra sosteneva di avere incontrato prima Dio padre e che quella mormone sia la chiesa più in crescita. E suo figlio Gesù, e poi un loro emissario di nome non soltanto in America, ma anche in Europa, gra- Moroni che gli rivelò l’esistenza di un vangelo zie a un’intensa attività di proselitismo. Giovanotti

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Rassegna stampa 22 dicembre 2007-15 gennaio 2008

elegantemente vestiti vengono mandati in giro per mezzo a un bosco senza ricordare come ci è arri- il mondo a parlare con toni affabili e cortesi della vato, attorno a lui i corpi di una famiglia trucidata. loro fede. Una specie di leva missionaria della Arriverà così a conoscere l’impossibilità di distin- durata di diciotto mesi cui anche Brian Evenson guere tra realtà e allucinazione, passato e presente. ha adempiuto. «Ricordo quando andavo a bussare alle porte Tormenti dal passato vestito di scuro. Conferiva alla religione un’aura Quel fatto di cronaca vecchio di cento anni lo terribilmente aziendale. Il fatto è che nel mormo- obbliga a confrontarsi con l’ambiente opprimente nismo la conversione è un processo che continua in cui vive, le pressioni della chiesa e quelle della anche dopo la morte». È un mondo che, oltre l’il- madre che non perde occasione per farlo sentire luminazione della fede, nasconde ombre, come il inadeguato. Ma anziché dare sfogo ai suoi impulsi razzismo «dottrinario» che vede nella pelle scura il più profondi, esorcizza l’inquietudine popolando segno di una maledizione divina per tutti coloro la mente di fantasmi, con il risultato che il lato che non hanno manifestato fedeltà alla parola del oscuro della sua anima precipita ancor più nelle Vangelo eterno. Si parla poi di celebrazioni segre- tenebre. Il tutto culmina in un matrimonio catarti- te nel corso delle quali si esercita un’opera di con- co, un finale che sarebbe delittuoso rivelare perché dizionamento psicologico degli adepti. Per non è tra i più sorprendenti e memorabili che si possa- parlare della pratica dell’espiazione del sangue no immaginare. La colpa è un romanzo dalla strut- secondo cui l’anima di un mormone che ha ricusa- tura complessa che ricorda i molteplici piani di to la propria fede può essere salvata versando il realtà di film come Matrix o Fight Club, ma non è sangue di un essere umano. Com’è facile immagi- soltanto questo a renderlo attuale. L’America di ne, l’esistenza di una simile pratica è stata più volte oggi è sempre più perversa da uno spirito conser- negata dai mormoni, ma in molti ritengono di vatore religioso, assomigliando ogni giorni di più poter produrre prove che dimostrano il contrario. al rigido e oscuro mondo dei mormoni. Che la Evenson è tra questi: il suo ultimo romanzo, La violenza – come ricorda Evenson in appendice al Colpa (Isbn Edizioni, trad. Enrico Monti, pp. 288, romanzo – costituisca «da sempre una componen- euro 15), in bilico tra storia e finzione, parla pro- te perlopiù repressa e inconfessata della cultura prio dell’espiazione del sangue partendo da un mormone» è un fatto che deve indurci a riflettere. fatto di cronaca realmente accaduto nel 1903, Quanto a lui, l’uomo che ha preferito la scrit- l’omicidio di una donna da parte di William tura alla fede e alla donna che amava, c’è da Hooper Young, nipote del profeta Brigham. Nel augurargli che sia riuscito a liberarsi dei suoi fan- romanzo l’episodio viene riportato alla luce in tasmi. Ha dichiarato che La colpa rappresenta la forma di articolo del New York Times scovato da un sua dipartita dalla religione mormone sia come ragazzino orfano di padre, un introverso e imbra- persona che in quanto scrittore. Ma ha anche nato piccolo mormone di nome Ruud. Ruud si ammesso di avvertire il sospetto che certe cose si imbatte nel ritaglio mentre svolge una ricerca sco- siano talmente impresse nel suo cervello che lastica e rimane a tal punto ossessionato da quella seguiteranno a ripresentarsi anche a molti anni di cruenta vicenda che la maestra lo invita a occupar- distanza, costringendolo a una tormentata con- si d’altro. Il ragazzo obbedisce, ma a questo punto vivenza con il passato, che si protrarrà fino alla comincia a soffrire di strane amnesie, si ritrova in morte.

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Traduttori trasparenti dentro il labirinto del testo

Ilide Carmignani, il manifesto, 8 gennaio 2008

Da Emily Dickinson a Angela Carter, un percorso di riflessione critica che si porge come una sorta di autobiografia culturale nel libro dell’americanista Barbara Lanati «Pareti di cristallo», da poco uscito per Besa

criveva nei primi anni Quaranta l’insigne lin- metto sulla traduzione letteraria, di recente edito guista Benvenuto Terracini, costretto dalle da Besa, in cui Barbara Lanati raccoglie quattro S leggi razziali a un esilio argentino, che il tra- saggi dedicati a Gertrude Stein, Henry James, duttore deve trovare la ragione espressiva della Angela Carter e Emily Dickinson, scrittori da lei propria fatica non annullando la propria persona- acutamente indagati e amorevolmente restituiti in lità – cosa manifestamente impossibile – ma ren- italiano nel corso degli anni (Pareti di cristallo, pre- dendola trasparente, riducendola «a una parete di fazione di Gianni Vattimo, Besa 2007, pp.151, cristallo che lascia vedere senza deformazioni ciò euro 13). che sta dall’altra parte»: un testo, una lingua, una Studiosa e docente di letteratura anglomerica- cultura irrimediabilmente diversa. Soltanto in que- na, Barbara Lanati rivela di essere giunta un po’ sto modo riuscirà a evitare che le sue simpatie, i per caso alla traduzione letteraria, affascinata sui suoi interessi spirituali, lo attraggano con decisio- banchi del liceo dal rigore delle lingue classiche e ne verso il suo autore, facendogli correre il rischio poi sedotta, giovane ricercatrice appena rientrata di non essere capito, o all’inverso, solo così saprà dagli Stati Uniti, dalla stessa Emily Dickinson che vincere un «troppo vivo sentimento di fratellanza Beniamino Placido le aveva proposto di tradurre verso i lettori», peccando d’infedeltà nei confronti per Savelli. Da allora si sono susseguiti svariati dell’originale. autori sulla sua scrivania di fine interprete – W. Da allora gli studiosi hanno dimostrato non Carlos Williams, la poesia americana degli anni solo quanto sia problematica questa ideale traspa- Ottanta, Ferlinghetti, Amy Lowell, Edgar Allan renza, ma anche come esista un gran numero di Poe – in un «lungo (e periglioso) viaggio» che ha fattori, che vanno ben oltre la «personalità» del tra- affiancato quello dell’insegnamento e della critica, duttore, in grado di influire sulle strategie di ma sempre e solo nella felice sinergia di un rappor- mediazione – siano queste source oriented o target to elettivo: tranne rarissime eccezioni, dichiara oriented, come diremmo oggi – a partire dal tipo di Barbara Lanati, la sua etica professionale la spinge rapporto esistente fra le due culture coinvolte, dal a tradurre solo scrittori che lei stessa ha suggerito genere di testo e dalla funzione che esso avrà o sui quali ha lavorato a lungo. all’interno del sistema socioculturale in cui è desti- Il volume, naturalmente, non vuol essere affat- nato a collocarsi, dal prestigio dello scrittore, dalla to un manuale, né fornire indicazioni pratiche, ma natura del committente e, non ultimo, dal lettore ci offre preziosi esempi di quel cammino verso cui ci si rivolge. l’opera, di quel lavoro di ricontestualizzazione let- Insomma, molta acqua è passata sotto i ponti teraria e analisi testuale, che è premessa essenziale della traduttologia, ma l’immagine della parete di all’esercizio della riscrittura, il tutto all’interno di cristallo continua ancora oggi a esercitare un gran- un percorso di riflessione critica che si porge quasi de fascino, tanto da dare il titolo al raffinato volu- come una sorta di autobiografia intellettuale. RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.57 Pagina 28

Oblique Studio

«Pochi giri di parole» sintetizza Barbara Lanati, dei propri errori» scrive, e molti traduttori treme- «il traduttore serio deve sempre essere anche “cri- ranno, consapevoli non solo di quanto sia facile tico”; deve entrare cioè nei labirinti verbali e filo- commettere errori ma anche di come, agli occhi sofici di un testo, armato di coraggio, di umiltà e altrui, sia spesso impossibile distinguerli dalle scel- passione nel senso letterale del termine». Ed è te, specie se lo sguardo si chiude nell’orizzonte così, per esempio, che per tradurre Angela Carter, dell’originale. la studiosa decide di inseguirne lo sguardo: visita la Come afferma Gianni Vattimo nella sua prefa- Brown University, dove la scrittrice ha lavorato, zione, il testo da tradurre non è mai solo «un ogget- percorre le strade dove lei è andata a spasso, legge to che sta di fronte al traduttore in una sua immo- quello che la Carter ha letto, trova infine anche il bile e cristallina verità. È sempre un appello che modo di incontrarla, con l’obiettivo di intrecciare chiede di essere ascoltato – certo in ciò che è e con l’autrice un dialogo che non sia soltanto impli- vuole essere; ma sempre anche da orecchie storica- cito nella pagina tradotta. mente determinate», le orecchie di questo o quel Il rigore con cui Barbara Lanati accosta un traduttore, lettore privilegiato che fa della sua lettu- testo da trasporre si rispecchia nelle sue attente ra l’oggetto della lettura altrui, pur sapendo che analisi di traduzioni altrui, in particolare nel contri- come ogni altra forma di interpretazione, compre- buto sulle due versioni italiane del Ritratto di signo- sa la critica letteraria, la traduzione non potrà mai ra di Henry James. «Ogni traduttore – si sa – è esaurire l’originale. Forse, come scriveva Henry responsabile delle proprie scelte, ma soprattutto James, «the whole of anything is never told».

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L’editoria tradita dalle imitazioni

Paolo Di Stefano, Corriere della Sera, 8 gennaio 2008

Dalle «Formiche» sono nate collane, Camilleri ha avviato un genere, e così Saviano

editoria è anche un fenomeno imitativo. Antonio Franchini, che ha creduto subito nel libro Negli anni Novanta, dopo il successo di Saviano, si sarebbe aspettato tanto. Ora però, L’ delle «Formiche», pochi editori hanno mentre per gli altri generi l’effetto imitativo è eco- saputo rinunciare a una propria collana comica. In nomicamente variabile ma socialmente indolore, realtà anche la letteratura si avvale dell’imitazione. per «Gomorra» le cose non stanno così. E lo sot- Ma l’editoria la asseconda trasformandola in tolinea giustamente Stefano Giovanardi in una moda. Il successo planetario del «Nome della breve recensione apparsa su la Repubblica a propo- rosa» ha prodotto centinaia di mediocri romanzi sito di un romanzo di Sergio Nazzaro, «Io per d’intrigo storico. Dopo «Jack Frusciante» di Brizzi Fortuna c’ho la camorra» (Fazi): Nazzaro viene si è cavalcata per anni l’onda giovanilista. Poi è promosso in copertina da Saviano con uno slogan esploso il caso Camilleri e ha trionfato il poliziesco dai toni un po’ western: «Sei uno di cui mi fido e fatto in casa. Idem con il noir, eccetera. ne abbiamo vista qualcuna insieme, soltanto chi Raramente gli epigoni raggiungono i livelli di rischia insieme sa cosa significa questo maledetto qualità e di successo dei capostipiti, ma succede. lavoro e questa maledetta terra». Giovanardi lo Per esempio, Carofiglio ha imposto la novità del inserisce nel nuovo filone del «lirismo eroico» legal thriller italiano e supera spesso il «maestro» napoletano, sprezzante del pericolo e ben fotogra- Camilleri anche in classifica. È naturale e confor- fato da frasi tipo «lì anche il sole ha freddo». È un tante che sia così. Tra l’altro, è utile far notare ai maledettismo estenuato e pensoso, vibrante e soliti apocalittici che in prima istanza si tratta quasi duro. Una sorta di prosa d’arte postmoderna e sempre di episodi scoppiati tra le mani degli edito- iperbolica, che mescola alla sacrosanta rabbia civi- ri e non di «casi» preparati a freddo. Le le la crudezza gergo-dialettale e il pathos tutto «Formiche», ricordavano qualche giorno fa Gino pancia. & Michele, furono rifiutate da Mondadori, perché Pensavamo che ne restasse fuori uno scrittore le battute erano «un genere che non funziona». notevole come Andrej Longo, autore di «Dieci» Al contrario la macchina potente dell’industria (Adelphi), racconti brutali, asciutti e privi di editoriale a volte carica di attese, elargendo anticipi autocompiacimento. Invece in un’intervista spaventosi, libri che invece si rivelano dei flop. apparsa qualche giorno fa su la Repubblica c’è Anche se ogni tanto compare tra i best seller, il cascato, pure lui: la Napoli della monnezza? romanzo di Littell, «Le benevole», è stato acquista- Tragica come la Bagdad dei morti in guerra. Un to all’asta da Einaudi con investimenti che prevede- giovane scrittore napoletano (bravo come vano, probabilmente, ben altri risultati di vendita. Longo), Marco Ciriello, ha commentato ironica- Anche «Gomorra» è esploso tra le mani della mente: «Non mi risulta che in Iraq la gente stia Mondadori. Neanche un editor bravo come ore in fila per i saldi». RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.57 Pagina 30 RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.57 Pagina 31

Più li guardo più mi sento male

Alessandro Piperno, Vanity Fair, 9 gennaio 2008

Come si sente un giovane scrittore di oggi davanti ai ritratti dei grandi scrittori di ieri (che vede- te in queste pagine, e che sono esposti in una mostra)? Quella che segue è la risposta, tra il ricor- do di un incontro a Parigi e l’ammissione di una «strana vertigine»

arigi cambia, ma nulla è cambiato nella nostro decrepito continente sfoggia, una necropo- mia melanconia». È il verso simbolo li di cui l’Unesco dovrebbe occuparsi. «P dell’Ottocento. Quando Baudelaire lo Lo so: sto esagerando, al solito. Se lo faccio è scrisse era un uomo di trentanove anni svigorito perché percepisco che tra la Parigi di oggi (la dall’insuccesso e mangiucchiato dalla sifilide. Non metropoli che in questi giorni celebra l’avventura sono un maniaco dell’originale ma bisogna gustar- tra un giovane Presidente e una modella italiana) e lo in francese – Paris change! Mats rien dans ma melan- il mito di Parigi che si è insidiato nel nostro cervel- colie n’a bauge!» – per sentirsi traversati dalla verità lo c’è una differenza che non può essere colmata. che esso esprime: nella sarabanda di cambiamenti Lo sanno anche i parigini. Altrimenti non si sareb- cui la vita ti sottopone, c’è qualcosa di immutabile. bero così incazzati per quella copertina del Time Con cui devi fare i conti fino all’ultimo. E non è che suonava il Requiem per la morte della cultura detto che sia qualcosa di buono. Baudelaire, da francese. Lo sa bene Bernard-Henri Lévy, altri- bravo romantico, la chiama «melanconia». Noi menti non avrebbe scritto che gli americani se la possiamo chiamarla come ci pare. Perché intanto prendono con la decadenza della cultura francese sappiamo che riguarda una nota del tutto peculia- per nascondere il fallimento della propria. Lo re del nostro carattere. sanno quelli del Time che, per rincarare la dose, Parigi a quel tempo non smetteva di cambiare poche settimane dopo la sciagurata copertina, perché era il posto più vivo del mondo. L’ideale eleggono uomo dell’anno Vladimir Putin, come a capolinea di tutte le diaspore: se eri artista, inven- dire: è quella parte di Europa che oggi ci interessa. tore, medico, chef e volevi essere consacrato nel È da quel tipo di uomini (lo «Zar dell’anno», lo ha tuo campo dovevi trasferirti nella casba di acciaio definito con disprezzo il filosofo francese André e di cemento dove tutto aveva inizio. Parigi, la Glucksmann) che ci aspettiamo qualcosa di nuovo capitale del Diciannovesimo Secolo. La definizio- e di significativo. Voialtri siete morti! ne è di Walter Benjamin. Ma la verità è che Parigi Ho appuntamento con Sabine (sorvolo su un conservò questo primato almeno fino al secondo cognome troppo illustre) di fronte a Fauchon, dopoguerra. Quando si arrese all’ultimo catastrofi- ancora oggi uno dei templi della gastronomia co cambiamento, trasferendosi a New York, dove mondiale. Sabine è una giovane israelita (così i tutt’ora soggiorna. francesi chiamano gli ebrei altolocati per distin- Basta aver visto due geniali film come guerli dai semplici juifs con un nome qualunque Ratatouille o Moulin Rouge! (chissà perché di questi come Piperno) che fa un post-dottorato in tempi i film più riusciti sono cartoni animati e Letteratura Comparata a Paris III. Mi contattò musical) per capire che da tempo Parigi ha smesso diverso tempo fa in merito a un convegno su di essere Parigi per entrare nel club delle città eter- Sartre. Occupandosi lei degli aspetti organizzativi, ne: uno dei meravigliosi musei a cielo aperto che il ci siamo scambiati un paio di mail. Nell’ultima mi RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.57 Pagina 32

Oblique Studio

chiedeva l’indirizzo dove mandarmi il biglietto Dopo aver espletato i suoi morigerati doveri aereo. Dovendo venire qualche giorno a Parigi le consumisti, mi chiede se voglio bere qualcosa nel ho detto che sarebbe stato più comodo incontrar- piccolo bar di Fauchon, al piano di sopra. Perché si. L’appuntamento da Fauchon me lo ha dato lei no? Fa un tale freddo là fuori. Ordina un decaf- stamattina. Temo di averla svegliata. Nonostante la feinato con un po’ di latte. Allude con discrezio- voce assonnata, Sabine ha avuto la prontezza di ne alla sua insonnia, alla delicatezza del suo sto- chiedermi: «Ha visto quelli del Time?», come se maco. Non so che dirle. Sono in imbarazzo. La stesse parlando di suoi conoscenti che avevano bellezza femminile (ma anche quella maschile, a commesso una gaffe imperdonabile, e io fossi pensarci), unita alla ricchezza, mi tramortisce. E tenuto a condividere il suo sdegno. sempre stato così e così sempre sarà. Per questo Il freddo di questi non riesco ad articolare giorni ha cristallizzato il Il coraggio di fotografare l’anima dei grandi. mezza frase? Perché la cielo in un’azzurra por- Grazie, Gisèle ragazza ha risvegliato il cellana. Le vetrine di di Grazia Neri mio atavico complesso Fauchon – in cui trionfa di inferiorità? E questo la caratteristica coppia di All’inizio credevo che Gisèle Freund fosse un uomo. che mi frena la lingua? colon nero e rosa shoc- Mi piaceva leggere di tutto, ma la cosa che mi incan- Che mi fa arrossire king – inneggiano al tava era vedere le foto degli scrittori o delle scrittrici. come un maledetto Natale con molta più Avevo un’ammirazione sconfinata per le loro vite pri- moccioso? Dovremmo discrezione di quanto, in vate e più esse erano bizzarre, melanconiche, perver- parlare del convegno, di analoghe circostanze, se, più mi affascinavano. Ho scelto, per celebrare i 40 Sartre, almeno di lui: il non farebbero a Londra anni della mia agenzia, di raccogliere alcuni ritratti di nostro comune oggetto Gisèle, cui scrissi agli inizi degli anni ’70 per rappre- o a New York. Il senti- sentarla in Italia. Mi rispose con una delle sue diver- di studio. E invece, mento del Natale dei tenti lettere scritte su una portatile e accompagnate dopo una lunga pausa, francesi è meno pac- dalla sua bella firma chiara. Mi ero appassionata alla la sola cosa che riesco a chiano di quello degli sua vita avventurosa: ebrea, di famiglia colta, scappa- chiedere è dove ha anglosassoni. Tale laica ta dalla Germania, a Parigi la fame ma anche l’amici- comprato il cappotto. sobrietà è un marchio zia con Walter Benjamin, con cui parlava di fotogra- Lei, non meno a disa- distintivo assai parigino. fia, gli incontri con Samuel Beckett e Virginia Woolf. gio, mi dice che non lo Il taglio cinese del Diventammo amiche. La incontrai diverse volte: era ricorda ma mi assicura lungo grigio cappotto a sempre in viaggio, sempre piena di vita, anche se zop- che è il suo preferito, tubo in cui Sabine è picava per la poliomielite avuta da ragazza. Mi piace- per quel colore grigio va perché era coraggiosa: fotografava la Patagonia avvolta rende ancor più come la pelle di un come Jean-Paul Sartre. Ma c’è un’altra ragione. Il suo marcata l’allure orienta- libro Fotografia e società sulla legge del copyright, sul asino. Come in quella leggiante di questa valore della didascalia, su come si commercializza una fiaba di Madame ragazzina: sembra una foto, sul fotogiornalismo mi ha fatto da guida. Gisèle d’Aulnoy – mi spiega – principessa indiana dalla Freund ha cambiato la mia vita. Grazie, Gisèle. in cui una principessa pelle estremamente pal- preoccupata per le lida e le occhiaie che attenzioni incestuose incorniciano occhi scuri e luccicanti. C’è qualcosa del padre scappa avvolta in una puzzolente pelle in lei di sbattuto, come una che si è appena alzata. d’asino. O come una che si masturba ogni mattina al risve- La ascolto con trasporto finché non avverto la glio. Mi ha dato appuntamento qui perché deve surrealtà di tale conversazione. E questi sarebbero fare qualche regalino. Dal modo di districarsi in due specialisti di Jean-Paul Sartre? Credo che, se mezzo a questi scaffali pieni di leccornie capisco lui ci vedesse, ne rimarrebbe disgustato. Noi, qua che è una habituée. Benché milionaria, lo vedi da dentro, in questo posto così pacchianamente chic, come maneggia il portafoglio che ha un certo siamo l’emblema di ciò che lui più detestava. Noi rispetto per il denaro. Sì, insomma, che non ama siamo le persone che lui avrebbe voluto vedere buttarlo. Che lei è l’opposto di Paris Hilton, sebbe- morte. L’incarnazione grottesca di due borghesi ne forse condivida con quella principessa porno- decadenti, irrisolti, nevrotici, che bevono infusi pop l’entità del patrimonio familiare. discettando di cose insensate, che se ne fregano

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Rassegna stampa 22 dicembre 2007-15 gennaio 2008

delle ragioni della libertà e del popolo. Noi siamo simo. Noi non facciamo che allungare con il latte pidocchi da schiacciare. pallidi decaffeinati. Questa sfaccendata ragazza poi, scesa dal suo Mi lascio andare al ricordo di questo incontro attico di Avenue Foch, snocciola antiquate fiabe parigino mentre sfoglio con un senso di angoscia e di scritte (la una sfaccendata dama del ’600…). È il frustrazione le foto che mi ha mandato Vanity. tipo di ragazza che Sartre si sarebbe scopato con Ritraggono alcuni degli scrittori che fecero la gloria disprezzo. Dio Santo, c’è un abisso tra lui che vive- di quella Parigi lì: vederli sfilare di fronte ai miei occhi va la sua opera con energia, con spregiudicatezza, – Gide, Valéry, Cocteau, Colette, la Yourcenar, con depravata faziosità, e noi che lo studiamo cin- Queneau, Sartre, Simone de Beauvoir e molti altri quant’anni dopo con distaccata ammirazione. Lui ancora – mi dà una strana vertigine. Che mi spinge a prendeva anfetamine per poter scrivere undici ore rifugiarmi nelle aclde maglie di quell’indimenticabile al girono, per dormire il minimo indispensabile, verso baudelairiano. L’ennesimo plagio. Sì, Parigi per non distrarsi, per poter essere sempre al mas- cambia, ma niente è cambiato nella mia malinconia.

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Il calendario del Novecento

Mirella Appiotti, Ttl – La Stampa, 12 gennaio 2007

Zapping tra le novità in libreria: dalla Grande Guerra al Sessantotto, agli anni di piombo, una lunga memoria

uardare indietro» è indispensabile Attorno a questo periodo cruciale due nuove per «andare avanti»: il lavoro di opere, significative quanto profondamente lontane «G ogni studioso. Il 2008 sarà un l’una dall’altra. Per il Mulino il secondo dei quattro pozzo quasi senza fondo per la memoria legata al volumi previsti dell’edizione critica, diretta da secolo scorso. Riassumiamo qui, in una specie di Paolo Pombeni, degli Scritti e discorsi politici di De libero calendario, alcune fondamentali date ricor- Gasperi: dedicato agli anni tra il 1919 e il 1942 forse dando anche personaggi chiave, arte, letteratura il momento più difficile e tormentato nella sua politica, nel centenario della loro nascita, attra- vita. Nelle pagine che riguardano il suo «esilio» verso le prime anticipazioni dei prossimi titoli in oltre il Portone di bronzo sono presenti molti dei libreria. testi che comparvero nella rubrica (firmava Spectator) sull’Illustrazione Vaticana dove il futuro 1918: Sul Carso con Fois massimo statista italiano spese più di una parola, Quando Sibilla Aleramo scriveva d’amore a Dino purtroppo con cautela d’obbligo, proprio contro Campana, Marinetti impazzava, nasceva il quell’antisemitismo (l’aborrito razzismo) del quale Vermouth Martini 1918 mentre la Grande Guerra era stato accusato negli anni austriaci della giovi- era vinta, aprendo voragini sul resto del secolo. nezza. Per Mondadori, invece, il primo romanzo Negli immensi scaffali su una questione tuttora, che sia mai stato scritto su Hitler. All’uomo che ha drammaticamente, aperta, si aggiungerà a febbra- incarnato il Male dei nostri tempi Giuseppe io, per Einaudi, un romanzo anomalo, sotto forma Genna, non ancora quarantenne ma già molto ben epistolare, piuttosto inatteso: La pace bianca. «assestato, dedica, dopo anni di studio e di docu- L’autore, Marcello Fois, uno dei nomi sicuri della mentazione, ben 600 pagine, l’intera vita del generazione sotto i cinquanta, scrive, dal Carso Führer, i suoi uomini, le sue donne attenendosi triestino, tre lettere: di dolcezza e di menzogna alla alla cruda realtà dei fatti». Dalla sensibilità di una madre; di passione alla moglie; di «verità» ad un generazione solo all’apparenza lontana, «nasce fratello sfortunato e forse malamato. Tutta una un’epica totalmente distruttiva, che si corrode nel vita, prima dell’ultima decisione... suo far». Un poderoso anti Littell.

1938: leggi razziali 1948: i diritti dell’uomo A pochi mesi dalla «notte dei cristalli», il mussoli- Alle Nazioni Unite, la «Dichiarazione universale niano Manifesto sulla razza. «L’Italia non fu seconda dei diritti dell’uomo». In Italia, la Costituzione. a nessuno per la meticolosità e la severità delle Pallante spara a Togliatti, la Dc stravince le elezio- misure imposte agli ebrei» scriveva Enzo Collotti ni. Ed ecco di nuovo De Gasperi, nel terzo tomo nel suo Fascismo e gli ebrei. Le leggi razziali in Italia degli Scritti e discorsi 1943-’48 previsto per fine esta- (Laterza). te: di grande interesse, anticipa il professor RassStampa_22dic-15genn2008.qxp 15/01/2008 13.57 Pagina 36

Oblique Studio

Pombeni, per alcuni punti che abbracciano posi- to un lungo saggio-introduzione alla ristampa, zioni fondamentali: la grande battaglia elettorale imminente da Stile Libero, del breve velocissimo strettamente collegata al neo americanismo dega- testo L’anno degli studenti, scritto a caldo proprio nel speriano e di conseguenza il suo occidentalismo ’68 e uscito da de Donato dove tra l’altro sembra convinto, le polemiche aspre (con Orlando e non anticipata, con estrema lucidità, anche «l’evoluzio- solo) sul Trattato di pace, e quanto alla ne negativa di quel periodo...». Né poteva manca- Costituzione, la sua certezza che essa possa «stare re la voce di Mario Capanna, personaggio-simbo- in piedi» solo con un sistema politico forte, solo lo di quella «rivoluzione», che ora, le tempie nella «concordia politica». Parole che oggi arrivano ingrigite, in Il Sessantotto al futuro, da Garzanti, si come proiettili. confronta con il passato per intravedere il nostro domani. Stesso editore per chiudere un po’ alla 1968: pro e contro moda: con la graphic novel Tutta colpa del ’68, 140 I nuovi libri non si conteranno da qui a dicembre. tavole di Elfo, famoso narratore per immagini Edmondo Berselli in Adulti con riserva (Mondadori) ammirato in mezzo mondo. ha già aperto la battaglia tra i pro e i contro, schie- randosi tra questi ultimi. L’evento che avrebbe 1978: il mistero Moro dovuto cambiare la nostra vita (e, checché se ne Questo sangue deve essere versato. Parole, opere e omissioni dica, l’ha cambiata) è preso di mira anche da della Chiesa nell’Italia degli anni di piombo: un titolo Marcello Veneziani nel suo Rovesciare il ’68, «uno durissimo per l’indagine che Annachiara Valle zapping lampeggiante per descrivere che cosa fu, (giornalista di Jesus) ha condotto per Rizzoli, ad che cosa ne resta, quali sono le sue rovine...». Valle aprile, sui rapporti tra il terrorismo e il mondo cat- Giulia, gli studenti caricati dalla polizia è lo scena- tolico con «rivelazioni», a quanto si apprende, «sul rio-icona con cui Franco Piperno, da ex attivista ruolo del Vaticano nelle trattative durante i seque- con le drammatiche conseguenze di questo ruolo stri Sossi e Moro». Moro protagonista assoluto e (Potere Operaio, la condanna nel processo «7 apri- attraverso il suo dramma, la ricostruzione di un le», la fuga all’estero, ora la cattedra di fisica volto ancora molto confuso del nostro Paese. A all’Università della Calabria) apre ’68 da Rizzoli, tutto tondo, dagli Editori Riuniti, Il caso Moro- frutto di una lunga rielaborazione. Cronaca dei misteri a trent’anni dalla morte di Giovanni «Ammesso che la storia abbia un senso, è quel- Galloni. E due uscite di notevole rilievo per lo di dare a cose e persone il nome che gli corri- Einaudi: Moro nelle sue Lettere dalla prigione per la sponde. Su questa base ho cominciato a ripensare prima volta in edizione critica, alcune sinora mai gli anni intorno al ’68. Come sfondo ho scelto la pubblicate, a cura di Miguel Gotor, docente storia delle donne e quella dei giovani, come vetto- all’università di Torino: con un’introduzione e un ri narrativi i modi in cui si formano e si disfano le commentario «tesi a far ridiscutere completamen- soggettività, spesso in bilico fra rigetto delle vec- te la vicenda del suo rapimento e del suo assassi- chie norme, prove di autodeterminazione, richia- nio»; Moro e i 55 giorni della sua agonia ripercor- mo di un nuovo conformismo»: così Anna Bravo, si da Giovanni Bianconi, per Stile Libero, in La una delle nostre storiche più importanti, presenta, sentenza-Dietro le quinte del sequestro e narrati dai nella collana «Robinson» di Laterza, A colpi di cuore. punti di vista dei tre protagonisti collettivi, i briga- Storie del Sessantotto. Sarà uno dei testi fondanti di tisti, gli uomini dello Stato, Moro e i suoi familiari. questa stagione. Rimandato il libro-conversazione Bianconi ha lavorato da par suo, sulla base anche con Severino Cesari, Rossana Rossanda ha aggiun- di testimonianze inedite.

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