______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA

PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO Legge quadro in materia di incendi boschivi n. 353/00

RELAZIONE

PERIODO 2008 - 2012

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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO DEL PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA “Legge Quadro in materia di incendi boschivi n. 353 del 21 novembre 2000”

Avv. Giandonato MORRA Commissario Straordinario

Dott. Marcello MARANELLA Coordinatore Tecnico Amministrativo

PROGETTAZIONE E REDAZIONE A CURA DI :

Giorgio DAVINI Agronomo (Servizio Agro Silvo Pastorale) Alfonso CALZOLAIO Ingegnere (Servizio Tecnico Urbanistico Territoriale) Silvia DE PAULIS Agronomo (Servizio Agro Silvo Pastorale) Carlo CATONICA Biologo (Servizio Scientifico)

Con la collaborazione del: Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato (CTA/CFS) – Fonte Cerreto di Assergi(AQ) Coordinatore Ing. Giorgio MORELLI

ELEMENTI DEL PIANO Il presente Piano Antincendio Boschivo è costituito dai seguenti elaborati:

- RELAZIONE

- ELABORATI CARTOGRAFICI - Carta del Valore Ambientale - Carta delle tipologie vegetazionali - Carta della zonazione degli interventi - Carta delle Aree Percorse dal Fuoco (2001-2004) - Carta delle Aree Percorse dal Fuoco (2005-2007) - CARTA INTERFACCIA URBANO - FORESTA - CARTA DELLE INFRASTRUTTURE E DEI PUNTI DI APPROVIGIONAMENTO IDRICO - CARTA DEL RISCHIO DI INCENDIO

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INDICE

INTRODUZIONE

1. PARTE GENERALE 1.1 Descrizione del territorio 1.1.1. Inquadramento geografico 1.1.2 Descrizione dell’ambiente fisico 1.1.3 Descrizione dell’ambiente biologico 1.1.4 Gli usi del suolo 1.1.5 Le attività agricole e zootecniche 1.1.6 Gli aspetti forestali 1.1.7 Le infrastrutture di mobilità 1.1.8 La sentieristica 1.1.9 La pianificazione paesistica 1.1.10 Elementi di pianificazione territoriale di coordinamento provinciale 1.1.11 Piano del Parco

1.2 Banca dati ed analisi statistica 1.2.1 Il Sistema Informativo Territoriale 1.2.2 Raccolta dati 1.2.3 Struttura hardware e software del SIT 1.2.4 Cartografia di base

1.3 Obiettivi prioritari da difendere 1.4.1 Biotopi di interesse floristico vegetazionale 1.4.2 Considerazioni floristiche 1.4.3 I Siti di Interesse Comunitario

1.4 Modello organizzativo 1.4.1 Organizzazione AIB 1.4.2 Le stazioni antincendio

2. PREVISIONE 2.1 Le cause determinanti ed i fattori predisponenti 2.2 Le aree percorse dal fuoco 2.3 Le aree a rischio di incendio boschivo 2.4 I periodi a rischio di incendio boschivo 2.5 Gli indici di pericolosità 2.5.1 Metodologia 2.5.2 La Carta dell’infiammabilità dei boschi 2.5.3 La Carta della probabilità di incendio 2.5.4 La Carta del rischio da incendio 2.5.5 Elementi di criticità nell’interfaccia urbano-foresta

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2.6 Gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi 2.6.1 Previsione 2.6.2 Prevenzione

3. PREVENZIONE 3.1 Misure contro i pericoli di innesco di incendio 3.2 La consistenza e la localizzazione delle vie di accesso, dei tracciati spartifuoco e di adeguate fonti di approvvigionamento idrico 3.2.1 Viabilità operativa 3.2.2 Tracciati spartifuoco 3.2.3 I punti di approvvigionamento idrico

3.3 Le operazioni selvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco 3.3.1 Interventi preventivi consigliati per tipologia di copertura vegetale e per intervento selvicolturale

3.4 Formazione

4. LOTTA ATTIVA 4.1 Le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi 4.2 Il Sistema di Avvistamento del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga 4.3 Ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme, spegnimento 4.3.1 Sale Operative Unificate Permanenti (SOUP) 4.3.2 I punti di avvistamento

5. PREVISIONE ECONOMICO-FINANZIARIA

6. PARTE SPECIALE 6.1 La Carta della zonazione degli interventi 6.2 Catasto delle aree percorse dal fuoco 6.2.1 Dati statistici sugli incendi 6.3 Stima dei danni

7. LEGISLAZIONE 7.1 Legislazione Europea 7.2 Legislazione civile 7.3 Legislazione penale 7.4 Prontuario delle Sanzioni

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INTRODUZIONE

La Legge 21 novembre 2000, n. 353 "Legge quadro in materia di incendi boschivi" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 30 novembre 2000 prevede che le Regioni si adeguino entro un anno dall’entrata in vigore della legge stessa approvando il Piano Regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi in base alle linee guida emanate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Piano individua: • le cause determinanti ed i fattori predisponenti l'incendio; • le aree percorse dal fuoco nell'anno precedente, rappresentate con apposita cartografia; • le aree a rischio di incendio boschivo rappresentate con apposita cartografia tematica aggiornata, con l’indicazione delle tipologie di vegetazione prevalenti; • i periodi a rischio di incendio boschivo, con l’indicazione dei dati anemologici e dell'esposizione ai venti; • gli indici di pericolosità fissati su base quantitativa e sinottica; • le azioni determinanti anche solo potenzialmente l’innesco di incendio nelle aree e nei periodi a rischio; • gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi; • la consistenza e la localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle risorse umane nonché le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi; • la consistenza e la localizzazione delle vie di accesso e dei tracciati spartifuoco nonché di adeguate fonti di approvvigionamento idrico; • le operazioni selvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco, con facoltà di previsione di interventi sostitutivi del proprietario inadempiente in particolare nelle aree a più elevato rischio.

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Le Regioni predispongono apposite planimetrie sulle aree a rischio mentre Province, Comunità Montane e Comuni attuano le attività di previsione e prevenzione. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio predispone un Piano per le aree naturali protette nazionali, di intesa con le Regioni, su proposta degli enti gestori, sentito il CFS. Tale Piano va a costituire un’apposita sezione del Piano Regionale.

L’attività di previsione e prevenzione è attuata dall’Ente gestore dell’area protetta. Sulle aree percorse da incendio vigono i seguenti divieti: • divieto di diversa destinazione dell’area per 15 anni; • divieto di realizzazione di strutture ed infrastrutture civili e produttive per 10 anni; • divieto di rimboschimento e di ingegneria ambientale con risorse pubbliche per 5 anni; • divieto di pascolo e di caccia per 10 anni. I Comuni, entro 90 gg, predispongono un catasto delle aree percorse da incendio negli ultimi 5 anni con relativa perimetrazione. Di seguito si riporta uno schema della ripartizione delle competenze in materia di incendi boschivi ai sensi della nuova legge quadro:

Competenze dello Stato 1. Deliberazione, sentita la Conferenza Unificata, delle linee guida e direttive per l’approvazione del piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi (art.3). 2. Predisposizione di un apposito piano per i parchi naturali e le riserve naturali dello Stato da parte del Ministero Ambiente (art.8, comma 2). 3. Promozione, d’intesa con le Regioni, dell’integrazione dei programmi didattici delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado, ai fini della crescita e della promozione di un’effettiva educazione ambientale (art.5). 4. Promozione dell’informazione alla popolazione (art.6).

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5. Le Regioni si avvalgono di risorse, mezzi e personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e del Corpo Forestale dello Stato in base agli accordi di programma (art.7, comma 3, lettera a)). 6. Concorso allo spegnimento con la flotta aerea antincendio dello Stato (art.7). 7. Monitoraggio sugli adempimenti previsti dalla L. 353/2000 e relazione al Parlamento sullo stato di attuazione (art.9). Competenze delle Regioni 1. Predisposizione e approvazione del piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi sulla base delle linee guida (art.3, comma 1). 2. Definizione di un’apposita sezione del piano regionale per le aree naturali protette regionali (art.8, comma 1). 3. Riservare una sezione del piano regionale alle indicazioni contenute nel Piano nazionale del Ministero dell’Ambiente per i parchi naturali e le riserve naturali dello Stato (art.8, comma 2). 4. Programmazione delle attività di previsione e prevenzione (art.4). 5. Lotta attiva contro gli incendi boschivi (art.7). 6. Promozione, d’intesa con lo Stato, dell’integrazione dei programmi didattici delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado, ai fini della crescita e della promozione di un’effettiva educazione ambientale (art 5). 7. Organizzazione, anche in forma associata tra più Regioni, di corsi tecnico-pratici per la preparazione dei soggetti impegnati in attività di previsione, prevenzione e lotta attiva (art, 5). 8. Promozione dell’informazione alla popolazione (art.6).

Competenze delle Province, Comunità Montane e Comuni Attuazione delle attività di previsione e prevenzione, secondo le attribuzioni stabilite dalle Regioni (art.4, comma 5). Promozione dell’informazione alla popolazione (art.6), Censimento tramite apposito catasto dei sopralluoghi già percorsi dal fuoco nell’ultimo quinquennio (competenza dei comuni - art. 10, comma 2). In assenza degli enti gestori attuazione delle attività di previsione e prevenzione nelle aree naturali protette (art.8, comma 3).

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Competenze degli Enti Gestori delle aree naturali protette Proposizione e definizione della sezione del Piano regionale relativa alle aree naturali protette regionali (art.8, commi 1 e 2). Attuazione delle attività di previsione e prevenzione (art. 8, comma 3). Promozione dell’informazione alla popolazione (art.6).

Il Piano antincendio boschivo del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è stato redatto seguendo le LINEE GUIDA del Piano Regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi (art. 3 della Legge n. 353/2000) emanate con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri pubblicato sulla G.U. del 26 febbraio 2002 S.G. n. 48 e secondo lo SCHEMA DI PIANO (art. 8 comma 2 della Legge n. 353/2000) redatto dal Servizio Conservazione della Natura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. La pianificazione degli interventi contro il rischio di incendio boschivo deve ritenersi sperimentale, non essendo disponibili studi specifici e risultati riscontrabili nella gestione del territorio. La metodologia seguita nel presente lavoro rappresenta, comunque, il primo “step” di organizzazione dei dati statistici elaborati con le caratteristiche specifiche del territorio in esame e deve essere oggetto di futuri approfondimenti ed aggiornamenti. Le relative elaborazioni cartografiche risentono necessariamente di tale carattere sperimentale. Il presente Piano è stato elaborato nell’ottica dell’aggiornamento continuo e dalla costante valutazione, revisione ed adeguamento delle misure messe in atto annualmente circa la previsione e la prevenzione del rischio di incendio. In particolare, gli elaborati grafici verranno aggiornati e rimodulati sulla scorta dei dati ottenuti nell’ambito delle attività di ricerca scientifica promosse dell’Ente, delle schede di rilevamento elaborate dal Corpo Forestale dello Stato e dei risultati ottenuti con l’attuale pianificazione. Alla stesura del Piano antincendio boschivo ha preso parte attiva il Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato coordinato dall’Ing. Giorgio MORELLI relativamente alle fasi di trasmissione dei dati riguardanti

8- ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO gli incendi boschivi registrati nel territorio del Parco, al supporto tecnico in fase di elaborazione delle informazioni sul territorio e per le procedure di allertamento ed intervento in caso di incendio.

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PARTE GENERALE

Descrizione del territorio

1.1.1. Inquadramento geografico Il territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è compreso in tre Regioni: , e , cinque province: , L’Aquila, Pescara, Rieti e Teramo e quarantaquattro comuni per una estensione complessiva di 143.132 ha . Complessivamente, la popolazione totale dei comuni del Parco è di 137.388 abitanti (dati Ministero dell’Ambiente) . Il territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è individuato dalle seguenti coordinate geografiche: 40° e 40’ Nord; 13° e 80’ Est. Esso è situato nell’Italia centrale ed è caratterizzato dalla presenza di tre catene montuose: la dorsale dei “Monti Gemelli” (Montagna dei Fiori e Montagna di Campli) situati nel settore nord orientale del Parco; i Monti della Laga ad andamento Nord- Sud; la catena del Gran Sasso, che limita a sud le catene sopra descritte, ad andamento est-ovest nel tratto centrale, piegando a meridione nel suo tratto orientale. Gran parte del territorio ricade amministrativamente nella parte settentrionale della Regione Abruzzo e solo in parte nell’estremità meridionale della Regione Marche (parte nord dei Monti della Laga) e nell’estremità orientale della Regione Lazio ( parte Nord – Ovest dei Monti della Laga). I “Monti Gemelli” sono costituiti a Nord dalla Montagna dei Fiori, che culmina col Monte Girella (1814 m s.l.m.) e a Sud dalla Montagna di Campli, che culmina con il Monte Foltrone (1718 m s.l.m.): esse sono separate dal fiume che forma le omonime gole. I Monti della Laga ha le seguenti cime principali: Monte Comunitore (1695 m s.l.m.), Macera della Morte (2073 m s.l.m.), Pizzo di Sevo (2419 m s.l.m.), Cima Lepri (2445 m s.l.m.), Pizzo di Moscio (2200 m s.l.m.), (2458 m s.l.m. il più elevato del massiccio), Cima della Laghetta (2369 m s.l.m.) e Monte di Mezzo (2130 m s.l.m.).

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Da questi gruppi montuosi defluiscono le acque nei bacini idrografici del , del Salinello, del e del , tutti a loro volta tributari del mare Adriatico. Per quanto concerne il Gran Sasso d’Italia, nel primo tratto da ovest ad est, si rilevano due allineamenti paralleli: quella nord orientale è rappresentata dalle cime di Monte Corvo (2623 m s.l.m.), Pizzo Intermesoli (2635 m s.l.m.), Corno Grande (2912 m s.l.m. il più elevato di tutto l’Appennino), Monte Brancastello (2385 m s.l.m.), Monte Prena (2561 m s.l.m.), Monte Camicia (2564 m s.l.m.), Monte Tremoggia (2331 m s.l.m.), Monte Siella (2000 m s.l.m.) e Monte San Vito (1892 m s.l.m.); quella sud occidentale è costituita da Monte San Franco (2132 m s.l.m.), Monte Ienca (2208 m s.l.m.), Pizzo di Camarda (2332 m s.l.m.), Pizzo Cefalone (2534 m s.l.m.), Monte Portella (2385 m s.l.m.), Monte della Scindarella (2233 m s.l.m.). La parte meridionale del Parco è caratterizzata dalla dorsale che da Monte Cappucciata (1801 m s.l.m.), attraverso Monte Scarafano (1432 m s.l.m.), Monte Picca (1405 m s.l.m.), Monte Alto e Monte Pietra Corniale raggiunge il Monte di Roccatagliata (979 m s.l.m.) ultima propaggine del Parco, dove le Gole di Tremonti lo separano dall’adiacente Parco Nazionale della Majella. Le acque della catena del Gran Sasso defluiscono nei bacini idrografici del Vomano, del Tavo-Fino-Saline e dell’Aterno - Pescara tutti tributari del mare Adriatico.

1.1.2. Descrizione dell’ambiente fisico Lineamenti geomorfologici Il territorio del Parco dal punto di vista morfologico è estremamente vario ed è il risultato di diversi fattori quali le caratteristiche lito-strutturali del substrato, le lunghe vicende geologiche che hanno interessato il territorio dal Trias inferiore in poi, l’evoluzione neotettonica, la successione degli eventi climatici quaternari e, non ultima, l’attività antropica, soprattutto quella più recente. I processi geodinamici che hanno interessato l’Appennino Centrale, in cui il territorio del Parco ricade, sono responsabili dell’emersione e del recente sollevamento delle strutture montuose, cioè quelle strutture morfologiche primarie su cui si sono esplicate e continuano ad esplicarsi tuttora le azioni modellatrici degli agenti esogeni, quali le acque correnti, i ghiacciai e il vento che, attraverso la triplice azione di erosione, trasporto e sedimentazione, hanno rielaborato e modellato gli originari rilievi montuosi e collinari.

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Alle caratteristiche litostratigrafiche del substrato, alle strutture tettoniche presenti (pieghe, faglie, superfici di sovrascorrimento) e al grado di tettonizzazione delle rocce affioranti, sono associati una serie di morfotipi caratteristici. Ad esempio, dove affiorano i litotipi carbonatici, riferibili alla piattaforma laziale-abruzzese, si sono sviluppati versanti a forte pendenza, con creste frastagliate e forme di modellamento carsico. Sul versante meridionale della catena del Gran Sasso, invece, sono visibili particolari forme di erosione dovuta alla presenza di un’ampia fascia cataclastica (connessa alla faglia diretta di Campo Imperatore, a notevole rigetto), che ha consentito alle acque dilavanti di dare origine a tipiche forme calanchive. L’azione morfogenetica dei ghiacciai, soprattutto quella relativa alla fase wurmiana, ha avuto una notevole importanza, come testimonia la presenza degli innumerevoli circhi glaciali presenti a nord della catena del Gran Sasso e del Gruppo della Scindarella, nonché le rocce montonate, le valli ad U, le morene frontali e laterali che si rinvengono a Campo Imperatore. Alla quota di 2700 metri è localizzato il Ghiacciaio del Calderone che in questi ultimi anni si è ridotto notevolmente come documentano gli studi recenti. La presenza delle rocce carbonatiche sia sulla catena del Gran Sasso che dei Monti Gemelli, nonché un sistema di fratturazione molto diffuso, ha favorito lo sviluppo di morfologie carsiche costituite prevalentemente da campi di doline, campi solcati (Karren), poljie e grotte. Nell’area dei Monti della Laga costituiti da materiali arenacei ed argillosi, che generalmente hanno una struttura geometrica a monoclinale, si possono osservare versanti diversamente acclivi, con rotture di pendio e scarpate di erosione selettiva. In particolare appare netto il contrasto tra scarpate strutturali ubicate in corrispondenza degli affioramenti arenaceo-pelitici disposti a reggipoggio e i versanti più dolci modellati sulle argille e sulle alternanze pelitico-arenaceo, che danno luogo talvolta a gradini e scarpate dovute all’erosione differenziata delle rocce affioranti.

Elementi di Geologia Il territorio del Parco risulta costituito prevalentemente da due tipi litologici di origine sedimentaria: rocce calcareo-marnose e dolomitiche, che formano la struttura

12 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO della catena del Gran Sasso e quella dei Monti Gemelli e rocce arenaceo-argillose dei Monti della Laga. Dalla storia geologica, si può notare come la diversa natura litologica e i differenti processi orogenetici, che dal Trias superiore hanno portato alla formazione degli omonimi gruppi del Gran Sasso e dei Monti della Laga, hanno determinato un ambiente fisico molto vario e diversificato. In particolare, l’attività geologica e geomorfologica plio-quaternaria risulta essere quella che ha determinato l’attuale morfologia, caratterizzata da diversi episodi di glacialismo, bacini tettonici intramontani ed imponenti conoidi risultanti dallo smantellamento delle rocce carbonatiche. La storia geologica dell'area ricadente nel territorio del Parco, ricostruita sulla base delle analisi stratigrafiche e strutturali delle varie successioni affioranti, è legata all'evoluzione del segmento di catena dell'Appennino centrale, delimitato ad Ovest dalla Linea Olevano-Antrodoco-M. Sibillini e ad est dalla Linea Volturno-Sangro. L'area corrisponde alla complessa zona di transizione tra la piattaforma carbonatica laziale-abruzzese a sud e il bacino umbro-marchigiano a nord, le cui tappe evolutive sono iniziate nel Trias superiore, circa 220 milioni di anni fa è si sono evolute in maniera pressoché continua, come risulta dall’osservazione dei massicci carbonatici affioranti in gran parte del territorio. Le fasi della storia evolutiva sono caratterizzate, in questo lungo intervallo di tempo, dalla presenza di una vasta paleopiattaforma carbonatica, con acque marine basse, che durante il Lias medio, a causa della tettonica disgiuntiva, viene frammentata dando origine a due ambienti ben distinti: un ambiente di mare profondo (Bacino pelagico umbro-marchigiano) a nord, in cui si ha una deposizione calcareo- silico-marnosa e un ambiente di mare basso a sud, individuata nel territorio del Parco nell'area di Castel del Monte-Ofena, caratterizzato dalla presenza di biocostruzioni, come testimonia la presenza di coralli, ben visibili sulla strada di accesso alla Rocca di Calascio. Il quadro paleogeografico non subisce sostanziali mutamenti; si ha una ripresa dei movimenti tettonici nel Cretaceo inferiore, durante il quale vengono smantellate le biocostruzioni di margine della piattaforma e trasportate ed accumulate nelle parti prossimali del bacino.

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Questa situazione ambientale permane, pur con significative variazioni, fino al Paleocene. Nel Miocene inferiore e medio la sedimentazione carbonatica viene sostituita dalla deposizione terrigena della "Formazione della Laga". Tali depositi si formano in concomitanza di una azione tettonica compressiva, che nel Miocene superiore investe tutta l'area in esame. Contemporaneamente al sollevamento e corrugamento della catena del Gran Sasso si ha un affossamento frontale con la formazione di un bacino profondo in rapida subsidenza. Nel Pliocene inferiore anche i depositi del bacino della Laga vengono interessati da spinte tettoniche compressive dirette verso est: si ha la formazione dell'anticlinale della Laga e il sovrascorrimento dei Monti Gemelli verso est. Immediatamente dopo il Pliocene superiore segue la fase distensiva, responsabile della formazione di sprofondamenti di alcuni settori della catena, come la depressione di Campo Imperatore. Nel Pleistocene l'area è ancora sottoposta a una attività tettonica a prevalente componente verticale, come testimoniano le megabrecce stratificate ai piedi della catena nel versante nord, questa attività continua fino ai tempi attuali ed è tuttora in corso. Da questo momento l'area è sottoposta all'azione modellatrice ed erosiva dei vari processi morfogenetici: dissoluzione chimica, degradazione fisica (essenzialmente crioclastismo) ed in particolare i ghiacciai, che circa 800.000 anni fa iniziarono con la loro opera a modellare il paesaggio dell'area.

1.1.3 Descrizione dell’ambiente biologico Aspetti vegetazionali Secondo la suddivisione geobotanica dell’Italia proposta da Pedrotti (1996) il territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è compreso nella Regione Eurosiberiana, Provincia dell’Appennino, Settore dell’Appennino Umbro – Marchigiano – Abruzzese. Il territorio del Parco, nella sua parte meridionale, si pone a contatto con la Regione Mediterranea.

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La collocazione geografica indubbiamente, concorre in maniera determinante ad accrescere la diversità floristico-vegetazionale dell’area come alcuni altri fattori ambientali determinanti, quali la diversità litologica e pedologica, nonché l’altitudine rilevante non riscontrabile in alcuna altra parte dell’Appennino. Ciò determina la coesistenza, in un’area relativamente ristretta, di comunità vegetali di tipo mediterranee con specie e fitocenosi del piano subalpino ed alpino. Un elemento di studio in geobotanica sono i Piani Altitudinali: essi possono essere definiti come fasce altimetriche aventi caratteristiche climatiche omogenee laddove si instaurano tipi di vegetazione molto simili. Nel Parco si distinguono quattro piani altitudinali che sono: - Piano collinare, che va dal fondovalle fino ai 900 m s.l.m., le cui formazioni vegetali caratterizzanti sono rappresentati, per quello che concerne i boschi da querceti a Roverella ( Quercus pubescens ) e formazioni a dominanza di Carpino nero ( Ostrya carpinifoglia ) ed Orniello ( Fraxinus ornus ). Entro questa fascia si collocano anche le leccete extrazonali ( Quercus ilex ) e le formazioni di sostituzione ad esse legate. Per quanto concerne le praterie è questa la fascia dominata dagli xerobrometi. La vegetazione potenziale è qui stata per la gran parte sostituita dalle colture. - Piano montano, compreso tra i 900 e i 1800 m s.l.m., la cui formazione vegetale caratteristica è rappresentata dalla faggeta, il bosco maggiormente rappresentato in Appennino con Fagus sylvatica dominante, ma con varie specie di aceri, olmi e frassini. Le praterie sono qui rappresentate da vegetazioni inquadrabili nella classe Festuco-Brometea , con presenza di interessanti vegetazioni steppiche dominate da differenti specie di Stip ( Stipa sp.pl .), ma anche praterie mesofile. Nelle vegetazioni steppiche sono da ricordare due endemismi puntiformi: Goniolimon italicum e Astragalus aquilanus . - Piano subalpino, compreso tra i 1800 e i 2300 m s.l.m., la cui vegetazione è caratterizzata da praterie di altitudine come seslerieti, cariceti e festuceti, e da formazioni vegetali con arbusti contorti. Attualmente quest’ultima tipologia di vegetazione, si riscontra solo in maniera residuale in alcuni tratti della fascia considerata. E’ costituita essenzialmente dal Ginepro nano ( Juniperus nana ), Uva ursina ( Arctostaphylos uva-ursi ), Ranno alpino ( Rhamuns alpinus ) e qualche altra

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specie. Ben rappresentate sono invece in questa fascia le brughiere a Mirtillo nero ( Vaccinium mirtyllus ) e Falso mirtillo ( Vaccimium gualtheroides ), che sui Monti della Laga costituiscono un orizzonte ben individuabile e tipizzabile, mentre sul Gran Sasso appaiono estremamente localizzate e legate a particolari condizioni edafiche. - Piano alpino, che si estende oltre i 2300 m s.l.m. la cui vegetazione si caratterizza per la presenza di tundre, vallette nivali, ghiaioni delle alte quote, praterie discontinue su suoli strutturati. Questo è il piano bioclimatico nel quale si concentrano molte specie reliite glaciali ed endemiche. - Tutte le praterie che si sviluppano al di sotto del limite ecologico del bosco e che hanno un’origine antropica sono dette secondarie . Nei piani bioclimatici alpino e subalpino si localizzano le comunità vegetali relittuali e molte delle specie endemiche e con areali disgiunti di notevole interesse fitogeografico, peraltro non assenti anche alle quote più basse. La vegetazione disposta secondo il gradiente delle condizioni ambientali riscontrabili nei differenti piani altitudinali è chiamata zonale . A questa si deve aggiungere la vegetazione azonale che caratterizza le rive e le sponde degli specchi e dei corsi d’acqua. Specie tipiche di questa vegetazione sono Pioppi ( Populus sp . pl.), salici ( Salix sp .pl.) ed Ontano ( Alnus glutinosa ). La vegetazione extrazonale ha la cui caratteristica di instaurarsi per fattori microclimatici ed edafici locali, in contesti ambientali generalmente estranei all’effettivo areale di distribuzione delle principali specie che la caratterizzano, come ad esempio le leccete che si riscontrano nel territorio del Parco.

Aspetti faunistici Su richiesta dell’Ente Parco, sono state effettuate diverse ricerche specifiche sulla fauna, finalizzate alla determinazione dello status e distribuzione di specie rare e minacciate, nonché l’individuazione degli aspetti gestionali nell’ottica della redazione del Piano del Parco. Per la redazione del piano si e tenuta in debito conto della presenza delle seguenti entità faunistiche:

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• Specie presenti nelle Direttive Comunitarie Habitat (92/43 CEE) e Uccelli (79/409 CEE concernente la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati Membri) e trattati internazionali (Washington e Berna); • Specie in declino e incluse nella Lista Rossa Nazionale o nelle Liste Rosse Regionali; • Specie endemiche, stenocore o ad areale frammentato e relittuale. Per queste specie sono stati individuati i siti riproduttivi, le aree di alimentazione o di caccia e i siti di svernamento. Sono stati presi, inoltre, in considerazione tutti i dati in fase di acquisizione derivanti dalle ricerche in corso. Dalle ricerche effettuate e dagli studi acquisiti risulta che nel Parco sono presenti oltre trecento specie di vertebrati di cui 22 specie di pesci, 14 specie di anfibi, 16 specie di rettili, 51 specie di mammiferi e oltre 200 specie di uccelli. Di seguito, segue una breve analisi del quadro faunistico del Parco. Nella seguente disamina del quadro faunistico del Parco, per tutti i taxa sono state considerate sia le specie autoctone, che quelle alloctone derivanti da introduzioni storiche e recenti per fini venatori e di pesca, o da fughe da allevamenti di tipo amatoriale e industriale. Tra gli uccelli, oltre alle specie nidificanti, stanziali e migratori sono stati considerati anche i non nidificanti, cioè gli svernanti, gli estivanti e quelli esclusivamente migratori. Tra i pesci, si riscontrano 8 specie alloctone e 14 autoctone; per queste ultime tra le più interessanti citiamo la Lasca ( Chondrostoma genei ) e la probabile presenza del ceppo autoctono della Trota fario ( Salmo trutta macrostigma ). Non si riscontrano al momento specie alloctone tra l’erpetofauna e la batracofauna. Per i rettili l’entità zoologica più saliente è rappresentata dalla Vipera dell’Orsini ( Vipera ursinii ). Diverse sono le specie rilevanti per gli anfibi tra cui ricordiamo il Geotritone italiano ( Speleomantes italicus ), la Salamandrina dagli occhiali ( Salamandrina terdigitata ) e l’Ululone a ventre giallo ( Bombina pachipus ), quali specie endemiche e il Tritone alpestre ( Triturus alpestris ) e la Rana temporaria (Rana temporaria ) quali specie relitte.

17 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

Nel gruppo dei mammiferi otto sono le specie che sono scomparse in epoca storica recente, e cioè: la Lontra ( Lutra lutra ), la Lince ( Lynx lynx ), l’Orso ( Ursus arctos marsicanus ), il Cinghiale ( Sus scrofa ), il Capriolo ( Capreolus capreolus ), il Cervo (Cervus elaphus ) e il Camoscio ( Rupricapra pyrenaica ornata ). Riguardo all’effettiva presenza storica della Lince c’è ancora discordanza tra diversi autori per cui eventuali progetti di re-introduzioni dovrebbero essere evitati, anche se si hanno diverse segnalazioni che accertano ormai la presenza del felide. La presenza attuale del Cinghiale, del Capriolo e in minor misura del Cervo deriva da re-introduzioni effettuate negli ultimi 20-30 anni a fini venatori. Le sporadiche segnalazioni di Orso sono frutto di un lento processo di ricolonizzazione da parte di esemplari irradiatisi dalla popolazione presente nel Parco Nazionale d’Abruzzo, mentre la Lontra attualmente è ancora assente dal territorio del Parco. Per quanto riguarda la Lepre ( Lepus europaeus ), si dovrebbe verificare l’effettiva presenza e distribuzione del “ceppo” autoctono ed eventuali interazioni con “ceppi” alloctoni introdotti ai fini venatori. Tra le specie di maggiore interesse scientifico e biogeografico presenti prima fra tutte va ricordato il Camoscio appenninico ( Rupicapra pyrenaica ornata) , il cui nucleo deriva da un progetto di reintroduzione effettuato nei primi anni novanta. Tra le altre specie si menzionano il Lupo ( Canis lupus ), il Gatto selvatico ( Felis silvestris ), l’Arvicola delle nevi ( Chionomys nivalis ), il Toporagno appenninico ( Sorex samniticus ). Dell’importantissimo gruppo dei Chirotteri, cinque sono le specie certe riscontrate nel territorio del Parco, quasi tutte considerate vulnerabili dal punto di vista conservazionistico. Tra gli uccelli solo il Fagiano ( Phasianus colchicus ) e la Tortora dal collare (Streptopelia decaotto ) sono di origine alloctona e, forse, anche la Starna ( Perdix perdix ), che fu introdotta molto probabilmente dai Romani. Più complesso per il gruppo sistematico degli uccelli fare delle comparazioni con le presenze ornitologiche del passato.

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Il Corvo imperiale ( Corvus corax ) era sicuramente presente fino ai primi anni del dopoguerra; da alcuni anni si osserva qualche esemplare su alcune località del Gran Sasso. Un’altra specie presente fino a pochi anni fa era il Gufo reale ( Bubo bubo ) di cui ora non si hanno dati certi e documentati. La presenza storica documentata si ha anche per il Gipeto ( Gypaetus barbatus ) ed il Picchio nero ( Dryocopus martius ). Di tutte le specie potenzialmente presenti, circa 77 sono quelle stanziali, 57 sono quelle migratici comunque nidificanti e 74 sono prevalentemente migratrici, che si fermano, cioè solo per brevissimi periodi di tempo nel territorio del Parco, ma non vi nidificano. Ad oggi circa 134 sono le specie nidificanti e circa 74 quelle non nidificanti. Tra queste molte sono le specie interessanti quali l’Aquila reale ( Aquila chrysaetos ), il Pellegrino ( Falco peregrinus ), il Lanario ( Falco Biarmicus ), il Gracchio alpino ( Pyrrhocorax graculus ) e corallino ( Pyrrhocorax pyrrhocorax ), il Fringuello alpino ( Montifringilla nivalis ), la Coturnice ( Alectoris graeca ), il Succiacapre (Caprimulgus europaeus ), la Balia dal collare ( Ficedula albicollis ), il Picchio rosso mezzano ( Picoides medius ), il Martin pescatore ( Alcedo atthi ), l’Averla piccola (Lanius collurio ). Numerose sono le specie di invertebrati di notevole interesse scientifico, che spesso per le loro esigenze ecologiche specifiche evidenziano con la loro presenza un’ottima qualità dell’ambiente. In tale gruppo sistematico si riscontrano ventuno specie endemiche del territorio del Parco, di cui quattro sono esclusive dei Monti della Laga e diciassette del Gran Sasso. Gli endemiti della Laga sono: Ophylus osellai, Anostirus gudenzii, Otiorhynchus vestinus, Otiorhynchus osellai . Gli endemiti del Gran Sasso Sono: Neobisium fiscelli, Taeniopteryx n. sp., Ephipiger zelleri melisi, Cophopodisma lagrecai, Glyptobothrus monticola, Psophus stridulus samniticus, Tryonymusscaramellai, Leistusglacialis relictus, Quedium corallis niger, Haenydra gracilis samnitica, Otiorhynchus abruzzensis, Troglothynchus angelinii, Plinthus pubescens, Gymnetron alboscutellatum

19 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

atratulum, Ceutorhynchus pinguis, Ceutorhynchus nanoides, Ceutorhynchus bifidus.

1.1.4 Gli usi del suolo La principale fonte utilizzata per la realizzazione della cartografia di uso del suolo è la carta prodotta nell'ambito del progetto europeo “Corine - Land Cover”. Tale limite è stato in parte superato, integrando la carta Corine con i dati delle carte regionali in scala 1:25.000 e, quindi, con una risoluzione considerevolmente superiore. Per alcuni aspetti specifici, di rilevante interesse, si è fatto ricorso anche alla lettura delle ortofotocarte in scala 1:10.000. Di seguito si riportano i dati relativi all'uso/copertura del suolo nel territorio del Parco, come rilevato dal progetto Corine - Land Cover.

DESCRIZIONE AREA (Ha) % Aree a pascolo naturale e praterie di alta quota 34282 23,92% Aree a vegetazione boschiva ed arbustiva in evoluzione 5434 3,79% Aree con vegetazione rada 7972 5,56% Aree estrattive 79 0,06% Aree industriali o commerciali 17 0,01% Aree occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali 2805 1,96% Bacini di acqua 1264 0,88% Boschi di conifere 1783 1,24% Boschi di latifoglie 68814 48,02% Boschi misti 1451 1,01% Brughiere e cespuglieti 7471 5,21% Cantieri 10 0,01% Ghiacciai e nevi perenni 29 0,02% Oliveti 153 0,11% Prati stabili 1770 1,23% Rocce nude, falesie, rupi ed affioramenti 6328 4,42% Seminativi in aree non irrigue 2745 1,92% Sistemi colturali e particellari complessi 608 0,42% Tessuto urbano continuo 69 0,05% Tessuto urbano discontinuo 229 0,16%

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La tipologia di uso/copertura del suolo prevalente è il "bosco di latifoglie", che si estende per complessivi 68.814 ha pari a circa il 48% del territorio del Parco. La distribuzione di boschi risulta essere piuttosto eterogenea, evidenziando tre grosse aree forestali: una lunga fascia boscata lungo il versante orientale del massiccio del Gran Sasso e due vaste aree piuttosto compatte, di cui una si sviluppa lungo la valle del fiume Vomano e l’altra interessa il versante settentrionale ed orientale dei Monti della Laga. Molto estese sono anche le "aree a pascolo naturale e le praterie di alta quota", che occupano circa il 24% del territorio. Concentrate principalmente nel versante sud - occidentale del massiccio del Gran Sasso, dove solo i pascoli dell’altopiano di Campo Imperatore si estendono per più di 10.000 ettari, sono comunque presenti anche sui Monti della Laga, dove occupano tutte le aree al di sopra dei 1750 m slm. E', invece, ridotta l'estensione delle aree interessate da usi agricoli, individuate nelle classi "seminativi in aree non irrigue", “sistemi colturali e particellari complessi", “aree occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali”, "prati stabili" ed "oliveti", che nel complesso occupano circa il 5,6% del territorio. In realtà tale dato appare sottostimato, specie nel versante teramano del Parco e ne dà conferma la lettura della carta di uso del suolo della Regione Abruzzo in scala 1:25.000. Le aree interessate da usi agricoli sono distribuite in modo piuttosto eterogeneo su tutto il territorio del Parco concentrandosi, però principalmente a ridosso dei confini. E’ comunque evidente la presenza all’interno del Parco di alcuni comprensori a più spiccata vocazione agricola, per la concentrazione delle varie forme di uso agricolo del suolo e soprattutto dei seminativi, come la conca di e la piana di Capestrano. Le aree di interesse agricolo assumono però caratteristiche e funzioni diverse nelle varie zone.

1.1.5 Le attività agricole e zootecniche In riferimento alle attività agricole, le informazioni acquisite consentono di effettuare alcune valutazioni che, seppure di carattere generale, sono comunque importanti. Nelle aree più marcatamente montane, coincidenti con i due massicci montuosi del Gran Sasso d’Italia e dei Monti della Laga, la forma di uso prevalente è

21 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO rappresentata dai pascoli permanenti, mentre del tutto marginale risulta l’incidenza dei seminativi. Tale situazione ha indirizzato negli anni le attività primarie prioritariamente verso la zootecnia estensiva, praticata in prevalenza attraverso l’allevamento ovino e in parte bovino da carne. L’allevamento ovino è praticato prevalentemente con greggi transumanti e solo marginalmente in forma stanziale con piccoli allevamenti a conduzione familiare. La tendenza attuale è comunque quella di una forte e rapida riduzione dell’allevamento ovino in genere, e una leggera tendenza alla trasformazione degli allevamenti da transumanti in stanziali. La transumanza, un tempo effettuata da allevatori locali verso la Puglia e il Lazio e, in parte, le Marche, è attualmente, specie per il massiccio dei Monti della Laga, di tipo locale, con greggi che si spostano verso le aree basso collinari e di pianura della stessa provincia o regione. In relazione alla utilizzazione dei pascoli, anche in considerazione della forte riduzione del carico di bestiame degli ultimi anni, la densità dei capi presenti non pare eccedere, in linea di massima, rispetto alle potenzialità foraggiere dei vari comprensori pascolivi. Tuttavia ciò non esclude che a livello locale possano esserci situazioni di sovraccarico, col conseguente impatto sul cotico erboso, come evidenziato per esempio in uno studio specifico per l’area del Voltigno. Situazioni peraltro determinate non tanto dal numero assoluto di capi presenti, comunque in forte riduzione, ma dalla tendenza alla concentrazione delle greggi nelle aree di più facile e rapido accesso, in relazione alle mutate esigenze di vita dei pastori. Lo squilibrio nella utilizzazione dei pascoli a livello locale manifesta poi i suoi effetti nelle aree meno accessibili, dove è l’assenza di pascolamento a determinare modificazioni anche sostanziali nella composizione del cotico erboso, con conseguente perdita di quella diversità biologica, sia vegetale che animale legata all’utilizzo pascolivo. Tali fenomeni dovranno essere, quindi, attentamente monitorati nel tempo, in modo da individuare modelli di gestione capaci di perseguire la conservazione della risorsa pascolo sotto i molteplici aspetti, alleggerendo nei casi di sovrapascolamento i carichi eccessivi presenti ed incentivando un’utilizzazione minimale nelle situazioni di abbandono. Diverse sono le forme di utilizzazione agricola del territorio nelle zone pedemontane e collinari, che rappresentano le aree periferiche del Parco

22 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO caratterizzate dalla prevalenza delle colture cerealicole e foraggiere sulle altre tipologie colturali e dalla presenza, fra le attività zootecniche, dell’allevamento bovino da carne e da latte che, in alcuni comprensori, assume notevole rilevanza economica. Per le aree più intensamente coltivate emergono caratteri profondamente diversi nei vari versanti, sia in relazione agli ordinamenti colturali e alle tipologie di allevamento praticate, che alle forme di gestione aziendale. Tali differenze hanno, inoltre, un riflesso importante sulla formazione di diverse tipologie di paesaggio agrario, uniche nel loro genere, generate dall’applicazione di tecniche colturali di tradizione secolare. La loro conservazione assume un ruolo strategico nella gestione complessiva del territorio del Parco, anche in considerazione delle diverse specie dell’avifauna legate alla loro presenza. Certamente il versante del Parco dove si riscontra la presenza diffusa di un’agricoltura di tipo professionale è quello laziale, con particolare riferimento alla conca di Amatrice. Si rileva qui, alla base dei Monti della Laga, una vasta zona quasi pianeggiante, intensamente coltivata a cereali e foraggiere, con presenza di numerose aziende agricole professionali ad indirizzo zootecnico con bovine da latte, in genere a conduzione diretta e di dimensioni considerevoli. E’ l’unica area del Parco dove l’agricoltura può essere definita di tipo professionale. Altra zona interessante dal punto di vista produttivo agricolo è rappresentata dalla piana di Capestrano. Si tratta di un piccolo comprensorio agricolo in parte pianeggiante ed in parte collinare, che si sviluppa sostanzialmente a partire dalle sorgenti del fiume Tirino, a Capo d’Acqua, lungo il primo tratto del fiume stesso, ed è compreso tra l’abitato di Capestrano da un lato ed i monti Scarafano e Picca dall’altro. La zona pianeggiante è coltivata prevalentemente a cereali e foraggiere, mentre si riscontra una presenza diffusa dell’olivicoltura nell’area collinare. C’è poi la vasta fascia pedemontana che interessa tutto il versante orientale del massiccio del Gran Sasso (dal comune di Isola del Gran Sasso (TE) fino al comune di Pescosansonesco (PE) con piccole aree al confine del Parco, destinate

23 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO prevalentemente a colture foraggiere avvicendate, dove si riscontra una presenza ancora significativa di piccoli allevamenti a conduzione familiare di bovini da carne. Una sua specificità presenta, infine, tutto il versante settentrionale ed orientale dei Monti della Laga, dove è ormai del tutto scomparsa l’attività agricola professionale (se si fa eccezione per la pastorizia, peraltro quasi esclusivamente transumante) e gli spazi un tempo destinati alla coltivazione sono, ormai da decenni interessati da fenomeni diffusi di ricolonizzazione da parte della vegetazione spontanea.

1.1.6 Gli aspetti forestali Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga si caratterizza per una notevole diversità delle cenosi forestali, difficilmente riscontrabile in altri ambiti territoriali. Questa grande varietà è la conseguenza sia della diversità litologica e pedologica che dei fattori orografici, mesoclimatici e geografici che si rinvengono nel Parco. A questi si aggiunge anche il fattore umano, che ha contribuito in maniera determinante ad accentuare l’eterogeneità forestale: si pensi alla diffusione dei castagneti o al diverso uso e governo dei boschi. L’indagine sui boschi del Parco è stata compiuta attraverso l’analisi della carta di uso del suolo “Corine Land Cover”, le carte di uso del suolo delle tre regioni in cui è compreso il territorio del Parco, le ortofotocarta e attraverso l’interpretazione dei piani di gestione disponibili per le province di Teramo e Pescara che coprono una quota non troppo estesa ma comunque rappresentativa della superficie forestale. Successivamente nel 2005, è stato avviato uno studio su base fitosociologica che attualmente copre circa 30.000 ettari dell’area protetta relativamente al Distretto turistico ambientale “Strada Maestra” in scala 1:25.000. E’ inoltre stata redatta per circa 80.000 ettari la Carta della Natura in collaborazione con l’ARTA Abruzzo sulla base della legenda di Corine Biotopes in scala 1:50.000. L’interpretazione delle diverse categorie assestamentali ha comunque consentito, almeno per cinque degli otto piani di gestione disponibili, di classificare i boschi in base alla funzione economica prevalente, in tre differenti categorie di gestione: • boschi con prevalente funzione produttiva; • boschi con prevalente funzione protettiva; • boschi destinati alla conservazione ed evoluzione naturale.

24 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

Tale analisi ovviamente non fornisce informazioni sulla totalità della superficie forestale, ma solo su quella coperta dai cinque piani di gestione per i quali è stata possibile una interpretazione omogenea delle informazioni. Sarebbe stato opportuno classificare i boschi anche in base alla forma di trattamento. Ciò non è stato possibile, considerata la eterogeneità dei criteri con i quali sono stati redatti i singoli piani di gestione. Per tali aspetti, data la difficoltà ad addivenire in tempi brevi ad una precisa individuazione cartografica, si è preferito effettuare una esatta individuazione tipologica degli elementi da assoggettare ad uno speciale regime di tutela, includendoli in una specifica lista articolata come di seguito: • Nuclei relittuali o esemplari isolati spontanei di Abete bianco; • Nuclei relittuali o esemplari isolati di Betulla; • Faggete miste con Abete bianco; • Faggete con rilevante presenza di Tasso e Agrifoglio; • Boschi di forra con Tiglio, Olmo montano, Frassino maggiore e Aceri; • Boschi a dominanza di Carpino bianco; • Boschi ben conservati di Roverella e/o Cerro; • Boschi vetusti o primordiali con grandi alberi; • Vegetazione ripariale legnosa a Salici, Pioppi, Ontano e Frassino meridionale; • Leccete e formazioni di sostituzione (macchia e gariga); • Esemplari secolari anche isolati delle varie specie arboree ed arbustive. Un’indagine specifica è stata condotta sui rimboschimenti, attraverso la richiesta di dati agli enti che ne hanno curato la realizzazione e attraverso una indagine specifica in campo, volta sia alla loro individuazione cartografica che al rilievo delle specie impiegate, dell’età dei popolamenti, dello stato fitosanitario e della necessità di cure colturali. Tale indagine ha consentito l’inserimento di tali formazioni in uno specifico elaborato cartografico. La superficie forestale del Parco si estende complessivamente per ha 72.048, di cui circa il 95% occupata da boschi di latifoglie, interessando circa il 48% del territorio. Si caratterizza per la presenza di aree forestali molto compatte ed estese nelle zone pedemontane e montane, che costituiscono una fascia boscata continua lungo tutto il versante orientale del massiccio del Gran Sasso, nonché altre due vaste aree boscate di cui una si sviluppa lungo la valle del fiume Vomano e l’altra interessa

25 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO i versanti settentrionale ed orientale dei Monti della Laga, e per un certo grado di frammentazione laddove il bosco si alterna ai coltivi, alle aree prative e agli abitati, conferendo al paesaggio forestale un assetto a mosaico assai suggestivo e creando un contesto ambientale molto ricco e variegato. E’ questa una situazione ricorrente alle quote più basse, specie sul massiccio dei Monti della Laga. Nel complesso i boschi del Parco sono rappresentati prevalentemente da faggete spesso con presenza di Abete bianco, Tasso e Agrifoglio. L’Abete bianco è presente con soggetti isolati e in piccoli nuclei in diverse aree. Le presenze più significative si riscontrano comunque nella Selva di Cortino, a Tossicia, nel Bosco della Martese, nella Foresta Demaniale di Codaro Campiglione e nel versante nord-occidentale di Monte Pelone e Colle Romicito, in destra orografica del Rio Castellano. Rara la presenza della Betulla, riscontrabile con qualche stazione sui Monti della Laga. Sulla catena dei Monti della Laga, alle quote più basse, alle faggete si sostituiscono gli estesi castagneti di impianto antropico e le quercete a cerro e roverella, mentre sul Gran Sasso si riscontra anche la presenza di orno-ostrieti, qualche cerreta in situazioni edafiche particolari (Macchia Grande di Assergi), quercete a roverella e leccete extrazonali. La forma di trattamento prevalente è il ceduo.

Le foreste demaniali Le foreste demaniali nel Parco si estendono per complessivi 1633 ha. Si riporta una breve descrizione di ognuna delle 5 foreste del Demanio regionale ricadenti nel territorio del Parco. Foresta demaniale di Codaro Campiglione Si tratta di circa 320 ha di bosco di proprietà dell'ex A.S.F.D. nel Comune di (TE), nel versante settentrionale del Gran Sasso. E' compresa tra le quote di 1050 e 2100 m slm. La vegetazione è costituita da un fittissimo bosco di faggio e in parte da aceri e abeti bianchi. Si tratta di una delle faggete meglio conservate dell'Appennino abruzzese.

26 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

Foresta demaniale di S. Gerbone Si sviluppa sulla pendice Sud, che dal M. Libretti degrada verso la Valle del Rio Castellano, ed è compresa tra le quote di 998 e 1800 m; confina a Sud con il Torrente Castellano e ad Ovest con il fosso Nero. Si estende per complessivi 410 ha di cui 305 ricadenti nel territorio del Comune di (AP) nella Regione Marche, e 105 nel Comune di (TE), nella Regione Abruzzo. La foresta, eccezionalmente ben conservata, è caratterizzata dalla presenza di faggio nella parte più alta e da un bosco misto, costituito da grossi esemplari di olmo montano, acero di monte, tiglio, rovere, cerro, nocciolo e faggio nella parte più bassa, che secondo Pedrotti formano una nuova associazione denominata Aceri-Ulmetum montanae. I pascoli sono caratterizzati prevalentemente da Nardus stricta , al quale si associano anche Poa violacea , Anthoxantum odoratum , Poa alpina e Brachypodium pinnatum . L'area riveste anche un estremo interesse faunistico per la presenza del lupo e di numerose altre specie sia di mammiferi che di uccelli.

Foresta demaniale Roccatagliata Copre una superficie complessiva di 483 ha, nel Comune di Bussi sul Tirino (PE), occupati quasi esclusivamente da rimboschimenti realizzati tra gli anni ‘50 e ‘60. Le essenze resinose utilizzate sono diverse: pino d’aleppo, pino silvestre, pino nero, pino radiata, cedro dell’Atlante, ecc..

Foresta demaniale Monte Picca Si estende per complessivi 209 ha, nel Comune di Pescosansonesco (PE), occupati da pascoli cespugliati, cedui di faggio, cedui misti con presenza di carpino nero, acero montano, roverella e frassino, nonché un rimboschimento a pino nero. Foresta demaniale Colle Sant’Angelo. Si estende per una superficie complessiva di 211 ha, nel Comune di Castiglione a Casauria (PE) occupati da rimboschimenti e cedui di faggio. In alcune aree il faggio è sostituito dal leccio e dal carpino nero.

27 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

Le altre foreste demaniali, considerata la presenza cospicua di rimboschimenti e la necessità di promuovere interventi di rinaturalizzazione del bosco, sono state incluse in zona di riserva generale.

1.1.7 Le infrastrutture di mobilità Sono state prese in considerazione le seguenti tipologie stradali esistenti: autostrade, superstrade, strade statali e strade provinciali. Le analisi hanno evidenziato la presenza di una fitta rete infrastrutturale viaria all’interno del sistema territoriale del Parco. L’infrastruttura di maggiore importanza per l’accesso a chi proviene da fuori regione è risultata, indubbiamente, l’autostrada Roma-L’Aquila-Teramo (A24). Questo canale autostradale, unitamente al tratto della A25 Roma-Pescara, che transita nelle Gole di Popoli tra la catena del Gran Sasso e quella della Majella, possiede la potenzialità di un forte sistema di relazioni tra l’area Romano - Tirrenica e l’area Adriatica. Di grande importanza è anche la SS N° 80 del Gran Sasso d’Italia , che attraversando il Passo delle Capannelle (m 1299), consente il collegamento tra i territori di due province, quella teramana e quella aquilana. Rilevante è anche la SS N° 151 (tratto da Montesilvano a Penne e prosecuzione per Farindola), utilizzata frequentemente per l’accesso dal versante pescarese ai settori montuosi sud-orientali. Da Farindola (PE), la strada sale fino a Rigopiano e al Valico di Vado di Sole (m 1621), da dove si aprono ampie vedute su Campo Imperatore, sul Vallone d’Angora e sulla Piana di Voltigno. A valle di Capestrano (AQ), alcuni percorsi viari di grande interesse paesaggistico e storico raggiungono Calascio (AQ), Castel del Monte (AQ) e Forca di Penne (m 918), per poi discendere e raggiungere i centri abitati di Brittoli e Corvara nel versante pescarese. La SS N° 17 dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica e la SS N° 5 Tiburtina Valeria collegano le città di Pescara e L’Aquila e si integrano, nel fondovalle Aterno, con la linea ferroviaria Terni-L’Aquila-Sulmona, che serve con numerose stazioni diversi centri abitati, ma è notevolmente sottoutilizzata ai fini del pendolarismo e del turismo.

28 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

Il massiccio dei Monti Gemelli si raggiunge percorrendo da Teramo la SS N° 81 Piceno Aprutina in direzione di Ascoli Piceno. L’antica SS N° 4 Via Salaria, che mette in comunicazione Roma con il medio Adriatico, discende nella verde valle del Tronto, che divide il massiccio della Laga da quello dei Monti Sibillini. Da queste direttrici parte una fitta rete di strade provinciali, alcune con caratteristiche di buona percorribilità e di alta qualità ambientale e paesaggistica, che collegano i vari centri capoluogo del Parco. E’ possibile utilizzare i collegamenti alti tra i vari centri, attraversando in auto tutta la fascia pedemontana del versante orientale della Laga, con un percorso lungo e tortuoso, ma di grande interesse paesaggistico, che partendo da Teramo tocca, lungo la S.P. N° 48, i Comuni di Torricella Sicura (TE), Valle Castellana (TE), Rocca S. Maria (TE), Cortino (TE), Crognaleto (TE) e che si conclude al bivio di Aprati sulla SS N° 80, per la quale si può tornare a Teramo o proseguire per L’Aquila. Un'altra strada è quella che da Aringo, frazione di Montereale (AQ), sale con numerosi tornanti fino a Poggio Cancelli, per raggiungere poi il Lago di Campotosto. Il lago si può raggiungere anche dalla SS N° 4 Via Salaria fino ad Amatrice (RI), per poi prendere la SS N° 260 (da Amatrice (RI) a L’Aquila) e svoltando ad Aringo in direzione di Campotosto (AQ). Oppure, dalla A24 Roma-L’Aquila–Teramo, uscita Assergi, ci si può immettere sulla SS N° 80 per il Passo delle Capannelle e di qui proseguire per Campotosto (AQ) lungo la SS N° 577, che costeggia tutta la riva del lago.

1.1.8 La sentieristica Sul territorio del Parco è rilevabile una radicata e fitta struttura sentieristica, che da sempre è stata utilizzata per attività produttive umane. La rete sentieristica considerata all’interno del territorio del Parco è composta dai seguenti sentieri: Sentieri Escursionistici, Sentiero Italia e Sentieri Turistici. I Sentieri Escursionistici sono percorsi già esistenti ed utilizzati: sentieri, tratturi e mulattiere spesso di importanza storica, rivalutati e recuperati. Le direttrici dei tratturi si dipanano sul territorio secondo una ricca e storica trama. I tratturi, infatti, confluivano verso il Tavoliere di Foggia, la più grande pianura

29 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO dell’Italia meridionale, sostenendo quel movimento migratorio, stagionale - ormai scomparso - di pastori e greggi, “la transumanza” , che tanta importanza ha avuto per secoli nell’economia abruzzese. I sentieri escursionistici corrispondono in gran parte con percorsi realizzati per scopi agro-silvo-pastorali o di collegamento fra valli e paesi vicini o a sentieri di acceso ai rifugi. Il Sentiero Italia percorre l’intero arco montuoso del Parco arrivando dal Parco Nazionale della Maiella biforcandosi prima del Gran Sasso, così da percorrere entrambi i versanti, per poi riunificarsi a Pietracamela (TE), prima di iniziare la salita lungo le alture della Laga ed allontanarsi verso il Parco Nazionale dei Sibillini. L’insieme della rete sentieristica viene completato da una serie di itinerari che raggiungono punti notevoli del territorio, vette o valichi e da percorsi più brevi e accessibili in prossimità dei paesi. Tra questi i sentieri natura itinerari naturalistici di breve durata, che si svolgono in zone di particolare interesse paesaggistico, botanico e geologico. I Sentieri Turistici sono sentieri recentemente ripristinati dall’Ente Parco e sono itinerari di ambito locale, che si sviluppano nelle vicinanze di paesi o di località turistiche. E’ stato, inoltre, realizzato un collegamento per bici da montagna tra Cusciano (TE), Cerqueto (TE) e Pietracamela (TE), al fine di indirizzare la pratica di questo sport su sentieri che non rechino danno alla natura. La maggiore densità dei percorsi nella Laga teramana rispetta la fitta dispersione dei centri abitati, suggerendone anche il recupero in funzione di una ricettività diffusa, con un basso impatto sull’assetto del territorio. I percorsi di alta quota seguono direttrici ancora diffusamente utilizzate dalla pastorizia. La rete escursionistica, pur essendo così estesa, viene usata in modo non omogeneo, in quanto gli escursionisti percorrono di preferenza gli itinerari più noti, con conseguente sovraffollamento di determinate zone che, spesso, coincidono con le aree più delicate e vocate alla conservazione.

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1.1.9 La pianificazione paesistica I Piani paesistici vigenti sono stati assunti come uno dei riferimenti principali per articolare il territorio del Parco nelle aree previste dalla Legge 394/91 (riserve integrali; riserve generali orientate; aree di protezione; aree di promozione), oltreché come fonte informativa fondamentale per l’individuazione dei beni ambientali e culturali da tutelare e valorizzare. Sono stati approntati due elaborati grafici. Nel primo elaborato (Piani paesistici) è riportata l’articolazione del territorio del Parco secondo le categorie di valore, tutela e trasformabilità indicate nelle normative dei piani paesistici delle regioni Abruzzo, Lazio e Marche. Nell’elaborato “Piano paesistici comparati” si è tentata un’assimilazione delle zone indicate nei tre diversi piani paesistici, secondo lo schema indicato nella seguente tabella:

ABRUZZO LAZIO MARCHE Conservazione integrale Mantenimento Eccezionale (altissimo) Conservazione parziale Mantenimento con valore trasformazioni Colturali Rilevante (alto) valore Trasformabilità mirata (B1) Trasformazioni discrete Qualità diffusa Trasformabilità mirata (B2) Trasformazioni discrete, Qualità diffusa moderatamente accentuate Trasformazione condizionata Trasformazione ordinaria

1.1.10 Elementi di pianificazione territoriale di coordinamento provinciale Dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale sono state considerate sia alcune analisi contenute negli stessi, relative a caratteri insediativi e ambientali dei territori del Parco e del contesto territoriale nel quale essi si collocano, sia gli elementi progettuali rispondenti alle esigenze di organizzazione territoriale dell’area protetta.

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Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Teramo Si è fatto riferimento ad alcune strade indicate nel Piano come strade primarie del Parco o come direttrici di connessione tra i sottosistemi o di distribuzione interna ai sottosistemi. Tra le attrezzature di interesse generale meritano particolare attenzione gli impianti sciistici di Prati di Tivo e di Prato Selva. Importante anche il riferimento al Piano d’Area per il recupero dei centri storici della Laga. Sono state considerate le indicazioni del Piano provinciale relative a Civitella, Campli, Montorio, Isola del Gran Sasso, Arsita.

Documento Programmatico Preliminare della Provincia de L’Aquila E’ stata considerata la rifunzionalizzazione, potenziamento e completamento della strada che collega l’uscita autostradale (A 24) di Tornimparte con Civitatomassa e San Vittorino, funzionale per il Parco come strada di accesso alla Laga per chi proviene da Roma. La qualificazione paesaggistica delle strade Arischia - Campotosto - Poggio Cancelli e di Barisciano - Calascio - Castel del Monte - Ofena - Capestrano è stata considerata per la definizione del viabilità turistica principale del Parco. Il potenziamento, come direttrice viaria principale, della SS 17 è stato recepito nella considerazione della stessa come asse principale di raccordo e distribuzione dei flussi per il Parco. Sono state considerate anche le seguenti altre indicazioni: - potenziamento della direttrice ferroviaria Roma – Avezzano - Sulmona; - Funzionalizzazione del sistema ferroviario esistente L’Aquila – Rieti - Terni; - Superstrada L’Aquila - Amatrice; - Aeroporto turistico di Preturo (AQ); - Eliporto nella stessa zona. Sono state infine considerate tutte le indicazioni relative al sistema dei beni naturali.

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Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Pescara L’approccio generale ambientale fornisce buone indicazioni per corridoi ecologici esterni al Parco e fa presupporre una possibilità concreta di realizzazione di buone connessioni ambientali. Il progetto specifico di strada dei due parchi è stato ripreso per la parte di pertinenza della zona del Gran Sasso ed ampliato verso nord.

Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Ascoli Piceno Si è fatto riferimento ad alcune indicazioni per l’accessibilità esterna del Parco. Il potenziamento della Salaria e la creazione della “Mezzina” da a in connessione con il tratto abruzzese per Teramo, va a costituire un nuovo asse di accesso al Parco.

Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Rieti Le possibilità di interrelazione proficua con il piano provinciale che sono state assunte come elementi di riferimento per la redazione di quest’ultimo riguardano: - il ruolo di “laboratori per una progettualità coevolutiva” assegnato ai parchi e alle aree protette che insistono sul territorio della Provincia; - la strategia di rilancio delle aree montane, basata sull’uso sostenibile delle risorse naturali e territoriali; - la strategia di valorizzazione attiva dei paesaggi agrari; - la previsione di potenziamento e riqualificazione della linea ferroviaria Terni-Rieti- L’Aquila-Sulmona; - il rapporto istituito tra processo di pianificazione e processo di comunicazione, basato sull’attivazione di un’ agorà virtuale territoriale .

1.1.11 Piano del Parco Il Piano del Parco (articolo 12 della Legge 394/91) costituisce lo strumento attraverso cui l’Ente Parco persegue i compiti ad esso affidati di tutela dei valori naturali ed ambientali, nonché storici, culturali, antropologici tradizionali dell’area protetta.

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Il Piano, in fase di elaborazione dei pareri a seguito delle osservazioni pervenute, si integra come strumento di coordinamento pianificatorio con tutti gli altri strumenti di pianificazione ambientale, paesistica, territoriale e urbanistica di ogni livello. La zonazione è stata presa in considerazione come lo strumento attraverso il quale la conoscenza scientifica del territorio viene tradotta nell’individuazione degli spazi e forme di tutela atte ad assicurare l’integrità dell’ambiente e la sua fruizione. L’individuazione delle differenti zone del Parco è risultata dalla presa in considerazione contestuale delle caratteristiche di “naturalità” delle diverse aree del suo territorio, nonché degli obiettivi di gestione principali perseguibili in ciascuna area, conformemente allo stesso principio per cui, secondo la classificazione IUCN, l’area protetta è identificabile come Parco Nazionale in base all’obiettivo di gestione primario di conservazione dell’ecosistema e di utilizzo compatibile delle sue risorse ambientali per scopi ricreativi, nonché di sostentamento delle comunità locali . L’organizzazione territoriale del Parco è stata presa in considerazione come lo strumento attraverso il quale si individuano: l’organizzazione insediativa del territorio, le strutture funzionali per la gestione del parco, il sistema residenziale, turistico, produttivo, le relative polarità di servizio; rappresenta, pertanto, lo strumento di base per la gestione della politica del territorio.

1.2 Banca dati ed analisi statistica

1.2.1 Il Sistema Informativo Territoriale Per una struttura, quale un Ente Parco, che trova la sua ragione di esistere nella gestione di un territorio e dove molte decisioni che si prendono sono condizionate, influenzate o dettate da fatti di natura geografica è, essenziale dotarsi di un adeguato Sistema Informativo Territoriale (S.I.T.). Trovandosi di fronte una quantità impressionante di dati di natura eterogenea, diventa di fondamentale importanza avere un sistema che possa automaticamente collegarli tra loro in un contesto di informazioni di natura economica, amministrativa, spaziale, distributiva, previsionale, ecc. Per far sì che tutto ciò sia alla portata di quanti necessitano di simili informazioni, di fondamentale importanza è la raccolta continua di dati relativi ai vari settori

34 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO caratterizzanti le quotidiane attività lavorative all’interno degli uffici dell’ente e, trattandosi di pianificazione territoriale ed ambientale, di dati geograficamente analizzabili come fotografie aeree, carte topografiche, rilievi sul campo, studi e ricerche nel territorio. Nello stesso tempo non si deve trascurare la possibilità di scambio dei suddetti dati con altri operatori del settore quali altri enti, liberi professionisti e singoli cittadini, poiché solo quando tali informazioni vengono sfruttate e, di conseguenza, collaudate dalla totalità delle utenze, si possono ottenere dei prodotti validi sotto tutti i punti di vista. Per far ciò occorre puntare su un sistema informatico snello, che consente una memorizzazione dei dati nei formati informatici più diffusi, dotandosi d’attrezzature alla portata della massa dell’utenza. Di seguito sono descritte le scelte effettuate per la costruzione del S.I.T. in relazione alla soddisfazione delle esigenze suddette. Per le elaborazioni cartografiche ci si è avvalsi anche delle banche dati del Sistema Informativo della Montagna (SIM) in dotazione al CTA/CFS di Fonte Cerreto di Assergi (AQ). Il SIM per la sua architettura (infrastruttura telematica aperta all’utenza internet) integra e rende fruibili le informazioni messe a disposizione da amministrazioni ed enti diversi e garantisce l’interazione, il colloquio e l’interoperabilità con altri sistemi.

1.2.2 Raccolta dati L’archivio cartografico è stato organizzato in un data base in continuo aggiornamento, composto attualmente da 424 elementi cartografici classificati per nome, scala, e tipo di riproduzione, che possono essere raggruppati nel seguente modo: - Carta topografica IGMI 1:100.000 - Carta topografica IGMI 1:25.000 - Carte storiche IGMI 1:100.000 - Ortofotocarta 1:10.000 - Carta uso del suolo 1:25.000 - Carta delle tipologie vegetazionali 1:100.000

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- Carte geomorfologiche 1:100.000 - Carte sulla vincolistica - Carte delle aree protette - Quadri di unione dei fogli catastali di 44 comuni - Piani paesistici - Piani territoriali provinciali - Piani comunali - Piani di assestamento forestale - Carta della Natura scala 1.25.000 (copertura parziale relativa a circa il 20%) - Carta della Vegetazione scala 1:25.000

Le principali fonti cartografiche numeriche esterne sono: - Ministero dell’Ambiente - Regione Abruzzo - Regione Marche - Regione Lazio - Provincia di Teramo - ISTAT Oltre all’archivio cartografico è stato organizzato in un data base un archivio di lavoro in continuo aggiornamento costituito da minute di digitalizzazione e da elaborazioni tematiche, composto attualmente da 98 elementi cartografici classificati per nome, scala e tipo di riproduzione.

1.2.3 Struttura hardware e software del SIT Hardware cpu-monitor: - PC SERVER monitor 15” - PC DB monitor 17” - PC SIT1 monitor 19” - PC SIT2 monitor 19” - MACINTOSH G3 per grafica monitor 21” Hardware periferiche: - Scanner A4 hp cartaceo e diapositive

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- Scanner A4 hell cartaceo e diapositive - Scanner A0 livelli di grigio - Masterizzatore cd - Stampante A3 ink jet - Stampante A0 verticale anche a rullo ink jet - Stampante A0 orizzontale anhe a rullo ink jet - Camera digitale epson

Hardware rete: - Hub e rete eternet T base/100

Software di sistema: - Windows NT 4.0 - Windows 95 - Windows 98 - MAC OS 8.6

Software office automation: - Office 97 professional su tutti i pc - FileMaker pro windows - OmniPagePro - Norton Utilities mac windows

Software per SIT: - Cad Image scanner A0 per immagini raster - Cad Overlay per georeferenziazione - AutoCAD Map - ArcCAD - ArcView - ArcPress for Arc View

Software grafico e dtp:

37 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

- Adobe Photoshop mac windows - Adobe Illustrator mac windows - Adobe Streameline mac windows - Adobe Dimension mac windows - Adobe PageMaker mac windows - Adobe Acrobat mac windows - Adobe Acrobat Reader mac windows

Principali formati dei files utilizzati: txt, doc, xls, dbf, fp3 dwg, dxf. Wmf, ai, psd, tif, jpg, bmp, shp, e00.

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1.2.4 Cartografia di base

NOME ELABORATO FORMATO Fogli I.G.M. al 100.000 Raster Tavole della C.T.R. al 25.000 della Regione Abruzzo (ripresa anno 1986) Raster Ortofotocarte al 10.000 della Regione Abruzzo (ripresa anno 1992) Raster Carta Storica (1808) Raster Strumenti Urbanistici Comunali Vettoriale Aree S.I.C (Siti di Interesse Comunitario) Vettoriale Piani di Assestamento Forestale (elenco degli enti) Vettoriale Principale Avifauna (aquila reale, fringuello, gracchio corallino, falco Vettoriale Siti di Presenza del Camoscio d’Abruzzo Vettoriale Aree adibite a Campeggio Vettoriale Perimetrazione del Parco ai sensi del DPR 5/6/1995 Vettoriale Confini Amministrativi dell’I.S.T.A.T. Vettoriale Strade Critiche Vettoriale Carta dell’Uso del Suolo delle Regioni Abruzzo (1:25.000) e Vettoriale Detrattori Ambientali (cave, linee elettriche, cabine e siti di stoccaggio, Vettoriale Carta Geologica Vettoriale Interventi Finanziati (con relativa banca dati) Vettoriale Orografia (Regione Abruzzo) Vettoriale Mosaico dei Piani Paesistici delle regioni Abruzzo, Lazio e Marche Vettoriale Rifugi (con relativa banca dati fotografica) Vettoriale Centri Servizi Vettoriale C.T.A/C.F.S. e relativi confini di competenza Vettoriale Biotopi Vettoriale Aree Agricole Vettoriale Vegetazione Vettoriale Connessioni Ecologiche Vettoriale Struttura del Parco (viabilità, aree faunistiche, porte e terminali, ecc..) Vettoriale Zonazione del Parco Vettoriale Organizzazione Funzionale del Parco Vettoriale Studi sulla distribuzione del Cinghiale Vettoriale Studi sulla distribuzione del Lupo Vettoriale

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1.3 Obiettivi prioritari da difendere In sintonia con quanto contenuto nella Legge quadro sugli incendi boschivi n. 352/2000, l’Ente Parco, istituzionalmente preposto alla tutela della natura in ogni suo aspetto, persegue come obiettivo prioritario quello della previsione e prevenzione del rischio piuttosto che impegnare ingenti risorse nella gestione delle emergenze e di eventi calamitosi in atto che, comunque, per quanto si operi, non evitano profonde perdite, soprattutto in termini ambientali. Purtroppo, gli incendi avvenuti negli anni passati nel territorio dell’area protetta impongono nuove considerazioni ed obiettivi aggiuntivi. Infatti, le vaste aree percorse dal fuoco necessitano di quelle misure volte anche alla mitigazione dell’impatto derivante da simili eventi calamitosi relativamente agli effetti negativi sulla vegetazione, sulla fauna, sulla difesa del suolo nonché sull’impatto visivo e sul paesaggio naturale. Nell’attuale impostazione del Piano antincendio boschivo la totalità delle azioni previste sono predisposte in funzione della riduzione della superficie media annua percorsa dal fuoco prevista , obiettivo da perseguire progressivamente procedendo, in via prioritaria ed in un periodo di cinque anni, al contenimento totale degli incendi classificati, secondo il Reg. CEE 804/94, come colposi e dolosi. In considerazione dei dati statistici relativi al periodo 1991-2007, annualmente il territorio del Parco è interessato da incendi per una superficie media complessiva di ha 08,94,00. Di questi, circa ha 05,62,00 sono classificabili come aventi origine dolosa mentre ha 02,45,00 origine colposa. Tale obiettivo prioritario dovrà essere raggiunto intervenendo organicamente su tre livelli d’azione costituiti da obiettivi accessori individuati come: previsione, prevenzione e lotta attiva. Per quanto riguarda l’obiettivo accessorio della previsione verrà costruito un modello che, sulla scorta delle informazioni relative ai vari aspetti del territorio protetto, valuterà i dati climatici stazionali aggiornati per fornire indicazioni circa gli indici di rischio settimanali o giornalieri.

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Gli interventi preventivi sono invece distinti in: A) indiretti cioè non strettamente collegati a misure tecniche e B) diretti ossia costituiti da azioni specifiche puntuali o areali all’interno dei vari ambiti territoriali di rischio. Tra le forme di prevenzione indiretta vanno inserite le “campagne informative” inserite all’interno di programmi di educazione ambientale da svolgere nelle strutture dell’Ente come i Punti Informativi dislocati sul territorio e la realizzazione di una opportuna segnaletica e cartellonistica di avvertimento dei rischi connessi allo sviluppo degli incendi e delle procedure di segnalazione di tali eventi calamitosi. Gli interventi preventivi diretti sono da considerare il corpo centrale degli interventi di lotta contro gli incendi boschivi previsti nel Piano antincendio del Parco Nazionale. Questi sono costituiti dalle seguenti misure specifiche: manutenzione della viabilità forestale; approvvigionamento idrico; piazzole di atterraggio dei mezzi aerei; interventi selvicolturali; formazione degli operatori. Infine, per quanto riguarda la lotta attiva sono previste le seguenti azioni: sorveglianza; avvistamento; procedure di allarme, coordinamento operativo; procedure operative e mezzi di lotta. Sintesi degli obiettivi del Piano AIB del Parco Nazionale Obiettivi Misure Azioni “riduzione della superficie media annua Prioritari percorsa dal fuoco prevista” Previsione Realizzazione di un modello previsionale indiretta Campagne informative, segnaletica del Parco Viabilità forestale Prevenzione Approvvigionamento idrico Accessori diretta Piazzole di atterraggio Interventi selvicolturali Formazione Sorveglianza Avvistamento Lotta attiva Allarme Coordinamento operativo Procedure operative e mezzi di lotta

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Nell’ambito del Piano antincendio boschivo del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga sono state individuate le attività prioritarie necessarie a completare il panorama delle informazioni di base di supporto alla definizione degli interventi da pianificare sul territorio. A partire dal 2002, anno di avvio di questa pianificazione ai sensi della Legge 352/2000, il Piano prevede l’Integrazione dell’archivio incendi su tutto il territorio del Parco . Questa attività comporta il completamento del progetto di archiviazione dei dati forniti dal Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato in occasione degli eventi calamitosi registratisi nel corso dell’anno. Le attività programmate a partire dal 2003 hanno previsto sia il completamento degli elementi di base su cui estendere le indagini che l’elaborazione dei dati richiesti dalle Linee Guida ai fini della zonazione del territorio del Parco. Le attività previste sono riportate di seguito nella loro successione logica e temporale.

1) Classificazione dei carichi di combustibile e cartografia dei modelli di combustibile Per realizzare la “Carta del probabile comportamento del fuoco” è indispensabile trasformare la “Carta della copertura forestale” definendo il tipo, il carico e la distribuzione di combustibile su cui applicare eventualmente i modelli di previsione del comportamento del fuoco. Deve quindi essere avviata la redazione delle “Carta del carico di combustile” e conseguentemente programmata l’attività di analisi dei modelli di combustibile.

2) Definizione delle zone di interfaccia urbano-foresta Una volta definite le tipologie di combustibile, sulla base della “Carta delle tipologie forestali” potranno essere realizzate prove di simulazione di comportamento del fronte di fiamma per giungere così alla definizione della pericolosità specifica . Si procederà infine ad analizzare la distribuzione e la concentrazione dell’interfaccia urbano-foresta su tutto il territorio del Parco, utile alla definizione degli interventi idonei per ottenere una riduzione del rischio di incendio.

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3) Gestione delle praterie. Già dal 2002 è in corso un’indagine territoriale al fine di evidenziare l’ubicazione, le caratteristiche dei pascoli e la regolamentazione del carico animale. Sulla scorta delle informazioni da esso derivanti, si programmeranno opportuni criteri di coinvolgimento di Enti pubblici e privati nella gestione del territorio e nel mantenimento dei presidi produttivi montani anche attraverso incentivi economici.

4) Elaborazione dei dati richiesti dalle Linee Guida. Sulla base dei documenti cartografici e delle banche dati incendi verrà completata la fase di analisi ed elaborazione delle informazioni indispensabili ai fini della redazione dei criteri di intervento e di previsione degli incendi boschivi. A) Zonazione attuale del rischio di incendio. La disponibilità dei dati di base alla scala adeguata consentirà di analizzare i fattori necessari per la definizione della zonizzazione attuale. La definizione della zonizzazione attuale consentirà l’individuazione di aree omogenee per problematiche pirologiche presenti correlate all’uso del suolo. Le indagini necessarie per l’identificazione delle zone a diverso grado di rischio incendio, saranno estese a tutta l’area protetta. Qualora possibile o strategicamente rilevante si potrà tenere conto anche delle zone contigue che si reputano significative per l’attività di prevenzione. I parametri che verranno analizzati ex novo o che verranno integrati e completati sono quelli di seguito riportati:

B) Caratteristiche fisiche e biologiche del territorio La distribuzione territoriale delle aree a diversa suscettività agli incendi è stata inizialmente realizzata sulla base del confronto delle conoscenze, floristiche e vegetazionali, di uso del suolo e infrastrutturali. Ci si propone di completare l’indagine acquisendo dati circa le caratteristiche litologiche e morfologiche dell’area protetta.

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C) Fattori predisponenti I fattori predisponenti il rischio del fuoco sono rappresentati dalle variabili meteorologiche e topografiche e dalle caratteristiche della componente vegetazionale degli ecosistemi. Sarà quindi necessario trasformare il dato relativo alla tipologia di combustibile forestale. E’ già stata avviata l’analisi del rischio derivato dalle variabili di predisposizione attraverso la valutazione delle componenti spaziali e temporali con particolare riferimento alla superficie comunale totale, al numero totale di incendi per periodo, al numero di incendi con superficie > di 15 ettari, alla superficie totale percorsa dal fuoco ed alla superficie boscata percorsa dal fuoco. Queste informazioni dovranno essere integrate con quelle riferibili alla latenza, all’indice di gravità, alla percentuale di incendi volontari ed al rapporto superficie percorsa/durata incendio. Ulteriori indagini sono previste per completare il quadro delle conoscenze circa le variabili di rischio (meteorologiche, topografiche e combustibili) ed i meccanismi di integrazioni delle variabili stesse.

D) Cause determinanti E’ stata già approfondita l’analisi della componente antropica presente nel Parco ed è stata realizzata la “Carta delle infrastrutture” potenzialmente connesse con le possibilità di innesco degli incendi. Verrà successivamente approfondita l’analisi delle relazioni tra densità viaria e frequenze di incendio. Le diverse tipologie di cause verranno distinte sulla base della classificazione degli incendi regolamentata dal Reg. CEE 804/94.

E) Aree a rischio con indicazioni delle tipologie vegetazionali L’interrelazione degli indicatori di gravità e di pericolosità permetterà di realizzare una zonazione del rischio statico su tutto il territorio del Parco. Le diverse aree saranno poi riclassificate in: - zone ad alto rischi o: zone il cui rischio permanente o ciclico di incendio di foresta minaccia gravemente l’equilibrio ecologico, la

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sicurezza delle persone e dei beni o contribuisce all’accelerazione dei processi di desertificazione; - zone a medio rischi o: zone in cui il rischio di incendio di foresta, pur non essendo permanente o ciclico, può minacciare in misura rilevante gli ecosistemi forestali; - zone a basso rischi o: tutte le altre zone.

F) Dati anemologici Al momento non sono disponibili elementi sufficienti a garantire una copertura spaziale omogenea del territorio del Parco essendo disponibili studi di settore limitati ad aree specifiche.

G) Descrizione di Fire regime e Fire severity Tali indagini consentono di rilevare il comportamento temporale degli incendi nel territorio e l’incidenza che hanno sul territorio forestale. La loro descrizione sarà possibile solo a completamento del date-base sugli incendi avvenuti sul territorio del Parco.

H) Definizione della pericolosità e della gravità reale di incendio La stima della pericolosità per ciascuna zona omogenea del territorio non è stata ancora effettuata non disponendo di informazioni sufficienti circa le tecniche di analisi multivariata dei fattori ambientali naturali ed antropici. Ciò ha impedito di eseguire interventi di simulazione di incendio per ottenere indicazioni sul probabile comportamento del fuoco e del miglior intervento ipotizzabile. L’uso combinato dei modelli di previsione del comportamento del fuoco ed i dati meteorologici permetterà di redigere una “Carta del comportamento atteso” dell’eventuale fronte di fiamma.

I) Zonazione di Sintesi Sulla scorta delle prime informazioni disponibili è stata realizzata una provvisoria “Carta del rischio da incendio” corrispondente alla zonazione di

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sintesi. Questa, pur nella sua attuale validità, verrà modificata ed integrata attraverso l’intersezione spaziale delle aree omogenee per pericolosità degli incendi con le aree omogenee a gravità reale. Nel caso in cui sussistano zone aventi pari valore, per stabilire la priorità degli interventi, si ricorrerà al tempo di rotazione ed al tempo di ritorno degli incendi.

5) Zonazione degli Obiettivi Il Piano AIB del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è stato elaborato in piena armonia con le indicazioni fornite dalle Linee Guida, prediligendo le attività di previsione e prevenzione oltre ad una gestione degli interventi tendenti a mitigare gli effetti degli incendi. Nell’area del Parco l’obiettivo prioritario è quello della “riduzione attesa di superficie media annua percorsa dal fuoco” attraverso tappe successive di verifiche e correzioni. Il periodo entro cui mantenere le linee pianificatorie per valutare i relativi risultati, in particolare l’effettiva realizzabilità di tale obiettivo, è di 5 anni con revisioni annuali per l’aggiornamento dei dati ed il controllo dei risultati delle azioni preventive. Per questo motivo, nell’ambito delle zone omogenee, si stabiliranno una serie di interventi diversamente modulati in funzione dell’impatto atteso oltre a quelli previsti su generici per tutta la superficie del Parco. Per ciascuna area omogenea verranno definiti i seguenti elementi: 1) impatto sopportabile con il relativo impegno e costi per rispettarlo; 2) interventi di contenimento del fuoco adeguati alle caratteristiche specifiche dell’area omogenea; 3) valore della superficie massima percorsa dal fuoco; 4) riduzione attesa di superficie media annua percorsa dal fuoco (solo nel caso in cui non è possibile raggiungere il valore di superficie percorsa dal fuoco massima accettabile nel periodo di validità del Piano).

1.3.1 Biotopi di interesse floristico vegetazionale Sulla base della “ Carta dei biotopi di interesse floristico vegetazionale” sono state individuate le seguenti tipologie vegetazionali o habitat considerate di interesse prioritario nella difesa contro gli incendi boschivi: 1. Laghetti e stagni in quota su substrato calcareo

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2. Castagneti monumentali 3. Residuo di abetina di Valle della Corte 4. Ambienti torbosi nell’area dei laghi Secco e della Selva 5. Boschi di S. Gerbone e alta Valle di Rio Castellano 6. Brughiera ipsofila con Vaccinium gualtheroides 7. Stazioni di betulle 8. Bosco Martese e Valle della Morricana 9. Aree cacuminali di Monte Gorzano e cime adiacenti 10. Alta Valle del Tordino ed ambienti sorgivi 11. Aree sopra Cesacastina 12. Aree sorgive e laghetto in quota di Monte di Mezzo 13. Ambiente umido nel territorio di Amatrice 14. Ambienti impaludati sulle rive del Lago di Campotosto 15. Abetina di Cortino 16. Abetina di Tossicia 17. Torbiere sul Rio Arno 18. Sorgenti e Torbiere di Fonte del Peschio 19. Aree cacuminali tra Monte Corvo e Corno Grande 20. Dorsale Monte Brancastello – Monte Tremoggia 21. Conoidi di deiezioni a Campo Imperatore con Matthiola italica 22. Stazione di Ononis rotundifolia 23. Stazioni di Adonis vernalis 24. Piano Carsico del Voltigno 25. Faggeta trattata a “difesa” 26. Bosco della Pelinca e Vallone d’Angora 27. Piano Buto e Viano con interessante vegetazione archeofitica tra cui Androsace maxima e Falcaria vulgaris 28. Boschi con Abete bianco nell’alta Valle del Vomano 29. Vallone di S. Giacomo con Stazione di Daphne sericea 30. Fiume Tirino. 31. Boschi vetusti o primordiali in cui non vengono effettuate utilizzazioni da oltre cento anni.

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32. Faggete con rilevante presenza di Tasso e Agrifoglio. 33. Boschi di forra con Tiglio, Olmo montano, Frassino maggiore e Aceri ( Tilio- Acerion ). 34. Boschi a dominanza di Carpino bianco. 35. Boschi ben conservati di Cerro e Roverella.

Sono stati censiti i monumenti arborei, gli individui vegetali legati ad eventi storici o particolari ricorrenze culturali, nonché le specie arbustive con dimensioni rilevanti. Naturalmente, sono stati tenute in debita considerazione le aree individuate dalla Società Botanica Italiana, quali “Biotopi meritevoli di Conservazione” che di seguito vengono elencati nella loro dizione originaria: 1. Monti della Laga 2. Gran Sasso d’Italia 3. Abetina di Cortino 4. Monte S. Franco 5. Prati di Tivo 6. Val Voltigno 7. Stazioni di Betulla

Per la regione Marche sono state tenute in debita considerazione le Aree Floristiche Protette ai sensi della L.R. 52/74 e successive modifiche quali: 1. Monte Comunitore 2. Le Ciocche (Passo il Chino) 3. Monte Scalandro 4. Valle della Corte 5. Selva Piana 6. Macera della Morte Sono state prese in considerazione le foreste demaniali ricadenti all’interno del Parco di Proprietà delle regioni: 1. Foresta Demaniale Regionale di S. Gerbone (Regione Marche) 2. Foresta Demaniale Regionale di S. Gerbone (Regione Abruzzo) 3. Foresta Demaniale Regionale di Codaro-Campiglione (Regione Abruzzo)

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4. Foresta Demaniale Regionale di Monte Picca (Regione Abruzzo)

1.3.2 Considerazioni floristiche Alta è la percentuale delle entità floristiche endemiche che indubbiamente rappresentano la peculiarità di maggior rilievo del Parco e nutrito risulta il contingente delle specie a carattere relittuale, perlopiù dei periodi glaciali, originarie nella maggior parte dei casi della zona artico-alpina o del comprensorio balcanico-est europeo. Per quanto riguarda gli aspetti prettamente floristici, è stata prestata molta attenzione alle entità rare, relittuali, endemiche ed in via di estinzione. Sono stati, così individuati gli ambienti in cui queste specie crescono, gli areali distributivi principali e disgiunti all’interno del Parco. Grande rilievo è stato dato alle specie rare e in pericolo di estinzione inserite nel Libro Rosso delle Piante d’Italia, nonché nelle Liste Rosse Regionali. A riguardo è stata prestata attenzione anche per le piante elencate nelle Convenzioni e Direttive Comunitarie come nei casi specifici delle convenzioni di Washington (convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzioni, firmata a Washington il 3 marzo 1973) e Berna (convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979) e della Direttiva 92/43 CEE (relativa alla conservazione degli habitat naturali e semi naturali e della flora e della fauna selvatica). Ovviamente sono state tenute in debita considerazione anche le specie a carattere relittuale e quelle endemiche, le quali si concentrano essenzialmente nelle fasce bioclimatiche alpine e subalpine, nonché negli ambienti steppici. Nell’ambito di queste specie si è provveduto ad individuare quelle entità che presentano gravi problemi di conservazione legate, essenzialmente all’attività antropica, in quanto, si collocano in aree interessate da attività economica. Si tratta essenzialmente di specie di ambienti steppici o parasteppici, le quali si caratterizzano anche per un’accentuata stenocoria, si pensi ad esempio ad Astragalus aquilanus , Goniolimon italicum o Adonis vernalis .

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1.3.3 I Siti di Interesse Comunitario Nel territorio del Parco sono stati individuati 32 Siti di Interesse Comunitario che si riportano di seguito e distinti per regione. Regione Abruzzo : • Monti della Laga e Lago di Campotosto • Gran Sasso • Monte Picca e Monte di Rocca Tagliata • Primo tratto di Fiume Tirino e Macchiozze di san Vito • Montagna dei Fiori di campli e Gole del Salinello

Regione Marche • Fiume Tronto tra Favalanciata e Acquasanta • Boschi ripariali del Tronto • Monte Comunitore • Umito – Valle della Corte • Macera della Morte • Foresta di S. Gerbone

Regione Lazio • Laghi Selva, Nero e Bosco di S. Egidio • Area Sommitale dei Monti della Laga (Lazio)

1.4 Modello organizzativo

L’organizzazione del Servizio Antincendio nel territorio della Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga dovrà, nel prossimo futuro, essere agganciata ai Piani Regionali e Provinciali di prevenzione e difesa, nonché alle procedure di intervento previste dal Servizio della Protezione civile. Si ritiene fondamentale, comunque, l’istituzione di una vigilanza diretta ed attiva nel territorio montano mediante il controllo visivo, eseguita da appositi punti strategici di avvistamento in stretta connessione con gli organi di gestione dell’area protetta.

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1.4.1 Organizzazione A.I.B.

L’organizzazione per l’antincendio boschivo, all’interno della quale si inserisce la organizzazione dell’Ente Parco, è riassunta secondo lo schema seguente:

AIB – ORGANIZZAZIONE NAZIONALE

C.O.N. – CENTRALE OPERATIVA NAZIONALE

C.O.A.U. CENTRO OPERATIVO AEREO UNIFICATO

C.O.R. – CENTRALE OPERATIVA REGIONALE

REPARTI OPERATIVI DEL C.F.S.

C.O.A. CENTRO OPERATIVO AEROMOBILI DEL C.F.S.

S.O.U.P. SALA REGIONALE OPERATIVA UNIFICATA PERMANENTE

VV.FF. PARCO NAZIONALE DEL ELICOTTERO GRAN SASSO E MONTI REGIONALE DELLA LAGA

ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO

Il compito di concorrere all’organizzazione degli interventi sul territorio regionale è demandato alla SOUP Regionale ed alla COR/CFS.

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L’Ente Parco, per gli eventi che interessano il proprio territorio, fa riferiemnto pertanto alle citate strutture regionali. Il CTA/CFS, che per lo svolgimento delle funzioni proprie del Corpo forestale dello Stato è inserito nel contesto della organizzazione A.I.B. del CFS, è il tramite di collegamento tra il Parco e la COR/CFS. Concorrono a tutte le operazioni di spegnimento a terra i Reparti Operativi del CFS, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e tutte le organizzazioni di volontariato tramite i propri associati adeguatamente formati.

1.4.2 Le stazioni antincendio Il CTA/CFS di Assergi opera mediante la propria struttura che comprende personale e mezzi dislocati nella sede sita in località Fonte Cerreto di Assergi e nei 16 Comandi Stazione su tutto il territorio del Parco. Di seguito si riporta uno schema nel quale sono evidenziati il personale presente nei vari uffici e le rispettive dotazioni di mezzi ed attrezzature:

Uffici del CTA/CFS Nr Mezzi per l’AIB in dotazione Attrezzature in personale dotazione CTA Assergi – 20 Nr 1 Land Rover TD5 Nr 20 DPI L’Aquila Nr 1 Land Rover D 110 Nr 3 zappe accette Nr 1 Pick Up con modulo aib Nr 3 rastrelli da 400 lt Nr 1 motosega Nr 1 autobotte 4x4 Iveco da 1000 lt Nr 1 Autobotte Mercedes Benz da 8000 lt Nr 1 FIAT Panda 4x4 Nr 1 rimorchio con fotoelettrica C.S. di Assergi 5 Nr 1 Land Rover D90 Nr 5 DPI Nr 1 Land Rover TD5 Nr 1 FIAT Panda 4x4 C.S. di Campotosto 3 Nr 1 Land Rover D90 Nr 3 DPI Nr 1 Land Rover Pick Up con modulo aib da 400 lt Nr 1 FIAT Panda 4x4 C.S. di Castel del 4 Nr 1 Land Rover D90 Nr 4 DPI Monte Nr 1 FIAT Panda 4x4 Nr 1 rastro Nr 5 rastrelli Nr 1 flabello Nr 3 badili Nr 2 zappe accette Nr 3 picconi C.S. di Arischia 8 Nr 1 Land Rover D90 Nr 8 DPI Nr 1 Land Rover TD5 Nr 5 pale

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Nr 2 flabelli Nr 3 rastrelli Nr 1 zappa accetta Nr 1 piccone Nr 3 roncole C.S. di Carpineto 4 Nr 1 Land Rover D90 Nr 4 DPI della Nora Nr 1 Land Rover Pick Up con Nr 2 pale modulo AIB da 400 lt Nr 1 rastro C.S. di Farindola 3 Nr 1 Land Rover D90 Nr 3 DPI Nr 1 FIAT Panda 4x4 Nr 4 flabelli Nr 5 pale Nr 1 rastro Nr 5 rastrelli Nr 5 zappe accette C.S. di Castelli 4 Nr 1 Land Rover D90 Nr 4 DPI Nr 1 Land Rover TD5 Nr 27 badili Nr 3 flabelli Nr 1 motosega Nr 29 picconi Nr 20 rastrelli Nr 18 roncole Nr 29 zappe accette Nr 1 decespugliatore C.S. di Cortino 3 Nr 1 Land Rover D90 Nr 3 DPI Nr 1 FIAT Panda 4x4 Nr 5 pale Nr 5 rastrelli Nr 5 roncole Nr 1 flabello C.S. di Crognaleto 4 Nr 1 Land Rover D90 Nr 4 DPI Nr 1 Land Rover Pick Up con Nr 2 pale modulo aib da 400 lt Nr 1 rastro Nr 1 FIAT Panda 4x4 Nr 6 rastrelli Nr 15 picconi Nr 15 zappe accette C.S. di Fano Adriano 4 Nr 1 Land Rover D90 Nr 4 DPI Nr 1 FIAT Panda 4x4 Nr 3 flabelli Nr 1 badile Nr 1 rastro Nr 2 zappe accette C.S. di Pietracamela 3 Nr 1 Land Rover D90 Nr 3 DPI Nr 1 FIAT Panda 4x4 Nr 1 flabello Nr 2 pale Nr zappe accette C.S. dI Isola del Gran 4 Nr 1 Land Rover D90 Nr 4 DPI Sasso Nr 1 Land Rover Pick Up con Nr 3 pale modulo aib da 400 lt Nr 2 roncole Nr 1 flabello Nr 2 zappe accette Nr 1 rastrello C.S. di Rocca Santa 4 Nr 2 Land Rover D90 Nr 4 DPI Maria Nr 1 Land Rover TD5 Nr 4 flabelli Nr 12 zappe accette

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Nr 6 roncole C.S. di Amatrice 6 Nr 1 Land Rover D90 Nr 6 DPI Nr 1 Land Rover TD5 Nr 1 pala Nr 4 roncole Nr 1 rastro Nr 2 rastrelli C,S, di S.Martino 5 Nr 1 Land Rover D90 Nr 5 DPI d’Acquasanta Terme Nr 1 Land Rover Pick Up con Nr 5 roncole modulo aib da 400 lt Nr 5 flabelli Nr 3 zappe Nr 10 badili C.S. di Arquata del 2 Nr 2 Land Rover D90 Nr 2 DPI Tronto

Tra i mezzi, a suo tempo resi disponibili dal MTTM, vi è anche nr 1 autobotte con pompa (VF20083) consegnata ai VV.FF dell’Aquila e da questi utilizzata, invero, in piena autonomia per le attività istituzionali. La lotta attiva da terra consente attualmente di realizzare una linea continua di intervento con mezzi A.I.B. dotati di liquido estinguente/ritardante che va dalle grandi autobotti fino ai moduli A.I.B. montati su mezzi fuori strada tipo pick-up. Molte volte, in un incendio boschivo che interessa zone particolarmente accidentate, alcuni luoghi sono raggiungibili solo da mezzi aerei o da squadre antincendio boschivo (A.I.B.) a piedi dotate di soli attrezzi a mano e con l’evidente impossibilità fisica di portare al seguito serbatoi di acqua da utilizzare per le operazioni di spegnimento o bonifica. I veicoli a terra oggi a disposizione del CTA/CFS ed elencati nella tabella di riferimento, possono operare come segue:  autobotte Mercedes, solo su strade asfaltate o sterrate con fondo regolare e di pendenza non elevata;  autobotte IVECO a trazione integrale (4x4) opera anche in fuoristrada, purché il terreno non presenti particolari ostacoli e pendenze trasversali medie;  pick up con modulo A.I.B. da 400 lt, pur essendo molto operativi, tuttavia non possono accedere laddove la vegetazione o altri ostacoli impediscano il passaggio o nel caso in cui occorra affrontare tratti a forte pendenza verticale (oltre i 45°) o trasversale (oltre 35°).

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Va considerato inoltre che per i veicoli sopra citati bisogna sempre disporre di un idoneo spazio al fine di mettere in atto tutte le manovre necessarie per la sicurezza sia del mezzo sia degli operatori. Recentemente è stato presentato un piccolo mezzo cingolato A.I.B. (Elfo 2.5), le cui caratteristiche tecniche garantiscono una elevata operatività soprattutto nella seconda fase dell’intervento finalizzata al controllo globale dell’incendio, nella terza fase in cui si opera la bonifica del perimetro e dell’area percorsa dal fuoco e, infine nella quarta fase finalizzata alla sorveglianza dell’area. Tale operatività è stata direttamente testata dall’Ente Parco, per il tramite del CTA/CFS, grazie alla disponibilità della ditta produttrice che lo ha reso disponibile in comodato gratuito temporaneo proprio per testarne l’effettiva operatività. Il CTA/CFS nella stagione estiva 2008 ha già avuto modo di verificarne la efficacia sia nella fase di spegnimento come dilatazione della “ catena dell’acqua” sia nella fase di appoggio di mezzi più grandi per il trasporto delle manichette, sia nella fondamentale fase della bonifica ad incendio messo sotto controllo. Alla luce della esperienza maturata negli ultimi anni e in special modo nella terribile stagione del 2007 sarebbe opportuno aumentare il livello operativo all’interno del territorio del Parco. Ne consegue che, eventualmente in fasi successive in relazione alle possibilità finanziarie, occorre potenziare la struttura del CTA/CFS mediate la fornitura di altri mezzi A.I.B. secondo lo schema di seguito riportato:

Ufficio CFS Mezzo aib richiesto CTA di Assergi Nr 1 Autobotte 4x4 da 4000 lt Nr 1 modulo aib cingolato tipo “Elfo 2.5” con carrello trasporto C.S. di Rocca Santa Maria Nr 1 modulo aib cingolato tipo “Elfo 2.5” con carrello trasporto C.S. Campotosto Nr 1 modulo aib cingolato tipo “Elfo 2.5” con carrello trasporto C.S.Carpineto della Nora Nr 1 modulo aib cingolato tipo “Elfo 2.5” con carrello trasporto C.S. S.Martino d’Acquasanta Nr 1 modulo aib cingolato tipo “Elfo 2.5” con carrello trasporto

La spesa complessiva che necessita per il potenziamento per l’antincendio boschivo è pari a 600.000 euro Il modulo A.I.B. cingolato “Elfo2.5” è anche trasportabile su pick-up a passo lungo o all’interno di un furgone trazionato 4x4, lo stesso modulo è anche elitrasportabile.

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Dunque per altri Comandi Stazione del CTA/CFS si ipotizza la dotazione di Pick-up a passo lungo con modulo A.I.B. cingolato. Il numero previsto è di 8 automezzi con 8 moduli. Il costo previsto è di euro 500.000. Un’altra criticità emersa durante la stagione 2007 è quella relativa alla gestione delle squadre a terra. Si [verificato che sia il Direttore delle Operazioni di Spegnimento, sia la SOUP e la COR/CFS non conoscessero l’esatta posizione di quanti operavano sulla scena dell’incendio con prevedibili conseguenze sulla efficacia delle operazioni Al fine di ovviare a tale inconveniente è stato realizzato un quadro operativo che prevede l’utilizzo di particolari sistemi gps/gsm che consentono in modo automatico la trasmissione al DOS ed alla sala operativa di tutte le notizie necessarie per una corretta gestione globale dell’evento pirico. Il sistema prevede l’installazione sui mezzi A.I.B. di una apparecchiatura gps&gsm che consente la localizzazione del veicolo A.I.B. (protezione civile, vvff, cfs) attraverso Google Maps o altro software GIS. Ogni mezzo del Corpo Forestale dello Stato, destinato alle operazioni A.I.B., deve essere dotato del sistema di rilevamento gps/gsm. Tale apparecchiatura consente la localizzazione e la trasmissione delle coordinate gps del mezzo ed inoltre è possibile trasmettere, i dati relativi alle specifiche del mezzo stesso, la capacità del serbatoio di acqua, quanto personale è a bordo, se è in fase operativa/ rifornimento/ spostamento/ termine operazione ed ogni altra notizia utile. Tutti questi dati confluiscono sia al DOS e sia alla Sala Operativa e vengono visualizzati su personale computer tramite Google Maps o altra idonea cartografia digitale. Ogni mezzo localizzato avrà degli indicatori visibili sul pc. In questo modo si avrà l’esatta reale conoscenza della situazione delle squadre a terra e quindi consentire una gestione ottimizzata dell’intervento. Inoltre per gli eventi pirici di una certa vastità si è verificato che non si conosceva l’evolversi del fronte del fuoco. Tale mancanza di dati ovviamente ha creato difficoltà per la gestione delle aeromobili e delle squadre a terra.

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Anche in questo caso il problema può essere risolto mediante l’utilizzo di un sistema operativo che prevede l’impiego di una macchina fotografica digitale dotata di GPS montata su un elicottero dedicato. Il velivolo sorvola l’area interessata dal fuoco e tramite uno stazionamento (overing) si scattano le foto e contemporaneamente mediante il GPS si rileva la posizione. Le foto scattate e scaricate su un pc portatile dotato di connect card possono essere trasmesse in tempo reale sia al DOS e sia alla Sala Operativa i quali potranno visualizzarle con precisione su Google Maps o altro software GIS. La trasmissione dei dati può essere effettuata sia direttamente sull’areomobile (quando ciò è consentito) o successivamente al momento dell’atterraggio del velivolo e comunque sempre in tempi ristretti. Come è evidente, la possibilità di avere visivamente e con precisione la reale evoluzione del fenomeno contribuisce notevolmente ad una puntuale gestione di quanti operano per lo spegnimento dell’incendio. Il costo previsto per la realizzazione del sistema illustrato è pari ad € 20.000,00.

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2 . PREVISIONE

2.1 Le cause determinanti ed i fattori predisponesti Affinché un incendio si sviluppi, sono sempre necessari gli elementi che costituiscono il cosiddetto "triangolo del fuoco", cioè il combustibile (paglia, legno, etc.), il comburente (l'ossigeno) e la temperatura di combustione. Mentre i primi due elementi sono sempre disponibili, la temperatura necessaria all’accensione é presente solo in determinate condizioni. Alle nostre latitudini ed, in particolare, per il territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga la possibilità di un simile evento in pratica non esiste. Le cause naturali di incendio possono essere attribuite o alla concentrazione di raggi solari attraverso una goccia di resina o di rugiada (evento quanto mai improbabile e mai verificato direttamente) o all'accensione provocata da fulmini in assenza di pioggia (fenomeno non raro che, comunque, non sembra essere causa rilevante di danni). Tutti gli altri fenomeni vanno attribuiti direttamente all'uomo, dividendo la casistica in episodi accidentali, colposi e dolosi.

1) Cause accidentali Un corto circuito, un motore che si surriscalda, le scintille di strumenti da lavoro, possono alle volte costituire l’inizio di un focolaio. Gli incendi così causati vengono definiti accidentali.

2) Cause colpose La più frequente é la cicca o il fiammifero gettati dalle auto (nelle strade a grande scorrimento lo spostamento d'aria creato dalle vetture può alimentare le fiamme), ma anche i focolai da pic-nic lasciati incustoditi possono innescare pericolosi incendi. Ancora più frequente e con conseguenze estremamente pericolose, é l’abitudine di eliminare le erbe infestanti appiccandovi intenzionalmente fuoco. Tale pratica, da scoraggiare severamente, confina con il dolo, anche se applicata ingenuamente

58 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO talvolta anche da personale istituzionalmente preposto alla pulizia di strade o verde pubblico.

3) Cause dolose Come nel caso della "ripulitura" con il fuoco appena trattata, anche l’abitudine di bruciare le stoppie residue dei raccolti di graminacee, rientra in una categoria che é difficile da classificare come colposa o dolosa. Il fuoco viene appiccato con intenzionalità, ma l’obiettivo della distruzione non é quello di distruggere il bosco. Tuttavia, essendo quasi conseguente la propagazione delle fiamme a dei complessi boscati confinanti con i coltivi incendiati, viene da pensare che talvolta vi sia l'intenzione di guadagnare terreno coltivabile. L'incendio delle stoppie é, spesso, la causa principale di incendio boschivo, e seppure vietata, rappresenta una pratica assai difficile da eliminare. Il sistema che sembra aver dato i migliori risultati é quello di un controllo preventivo accurato e costante unitamente ad una campagna di informazione, specialmente fra gli agricoltori più giovani, in cui si spieghi come il fuoco possa essere la causa principale del depauperamento dell'humus e del degrado idrogeologico delle superfici coltivabili. La pratica di togliere lo spazio al bosco per tramutarlo in pascolo é tipica di certe forme di pastorizia, inoltre, in molte zone c'é l’uso consolidato di bruciare il fieno seccatosi durante l’estate per favorirne la ricrescita alle prime piogge. Tale pratica, seppure non così frequente come quella di bruciare le stoppie, é tuttavia quella che provoca maggiori danni al patrimonio boschivo. Mentre il contadino brucia le stoppie il più delle volte prendendo elementari precauzioni che salvaguardino quantomeno la propria casa e le coltivazioni ortofrutticole che la circondano, il pastore sceglie le condizioni metereologiche (vento forte, siccità estrema, pendenza del terreno), che rendono l'incendio il più distruttivo possibile. Per ridurre i rischi derivanti da tale pratica può essere utile capire preventivamente quali saranno le aree colpite e mettere in atto opere difensive nei confronti della vegetazione arborea circostante (ad esempio creazione di sterrati, ripulitura delle fasce perimetrali, etc.) A parte gli incendi appiccati per vendetta, ormai limitati alle zone più marginali ed arretrate del nostro Paese, altri incendi per pura soddisfazione emotiva vengono

59 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO appiccati dai piromani. Senza entrare nella casistica psichiatrica e nelle interpretazioni psicodinamiche di tale fenomeno, è un dato palese che esso viene sempre causato da individui con equilibrio psichico assai precario e che sono quindi facilmente individuabili (anche per l'ossessività ripetitiva dei particolari) e per questo riportabili alla ragione senza ricorrere a misure estreme, che possono essere comunque paventate al colpevole una volta individuato. Più grave il problema delle discariche abusive, tollerate dalle amministrazioni locali, alle quali qualcuno dà quasi sempre fuoco, magari per ridurne il fetore.

2.2 Le aree percorse dal fuoco

Uno degli elementi fondamentali nella prevenzione contro gli incendi boschivi è rappresentato dalla conoscenza delle aree percorse dal fuoco distinte in base alla loro origine presunta o accertata. Recenti studi hanno infatti dimostrato l’effettiva relazione tra aree precedentemente percorse dal fuoco e l’innesco di nuovi fenomeni incendiari sulle stesse. L’alterazione dello stato dei luoghi, il depauperamento del substrato vegetale ed il turbamento dell’equilibrio ecologico rendono questi terreni particolarmente vulnerabili mancando quelle che sono le naturali forze di resistenza e contrapposizione allo sviluppo dell’incendio. Tali aree devono essere quindi considerate come particolarmente a rischio ed opportunamente censite e monitorate. A tal proposito, è stato elaborato un database contenente informazioni circa gli eventi calamitosi accorsi negli ultimi 16 anni distinti per ambiti comunali e per origine degli stessi. Tale database dovrà essere aggiornato annualmente ed integrato con le informazioni fornite periodicamente dal CFS. Sono disponibili informazioni relative all’individuazione cartografica delle aree percorse dal fuoco solo a partire dal 2001 e, di conseguenza, si è stata realizzata una “Carta delle aree percorse dal fuoco” avente come anno di riferimento iniziale il 2001.

60 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

Tale carta sarà utile per la definizione delle aree a rischio di incendio nonché per l’individuazione degli eventuali interventi di ricostituzione boschiva ai sensi dell’art. 10 della Legge 353/00.

2.3 Le aree a rischio di incendio boschivo

La conoscenza specifica dei sistemi forestali e delle essenze che li costituiscono, permette di determinarne il grado di infiammabilità nell’arco di un determinato periodo di durata dell’incendio, nonché prevedere la possibile direzione verso cui si svilupperà il fronte principale. Selezionare la priorità dell’intervento di spegnimento, tenendo conto di questi fattori, permette un’utilizzazione ottimale delle risorse a disposizione e, conseguentemente, una maggiore protezione dei boschi. E’ nell’intento di acquisire sempre maggior conoscenza dei meccanismi di propagazione degli incendi che da qualche anno stiamo rivolgendo la nostra attenzione alla vegetazione erbacea che viene coinvolta negli incendi. E’ noto a tutti che essa ricopre il primo strato del terreno sul quale si sviluppano gli incendi e, nel caso delle specie a portamento rampicante, arriva a determinare condizioni di maggiore o minore propagazione del fuoco anche a livello di sottobosco o di medio fusto. In pratica, stiamo valutando, specie per specie, quelle che durante il periodo favorevole allo sviluppo degli incendi boschivi, mantengono una concentrazione d’acqua nei tessuti fogliari, tale da costituire un fattore di ritardo nella combustione. Si tratta di considerare l’acqua, in quanto fattore di diminuzione della temperatura di combustione, non solo quando viene irrorata sulla superficie della vegetazione, ma anche quando essa si trova al suo interno. Nelle fasce perimetrali del bosco crescono più rigogliosamente specie erbacee rampicanti come le Leguminose e le Convolvulacee , che, a causa dello sviluppo in profondità degli apparati radicali, mantengono un tenore elevato di liquidi nelle parti aeree che inibiscono la combustione. Le Caprifoliacee decidue e le Ranuncolacee a portamento lianoso del genere Clematis , svolgono lo stesso ruolo anche all’interno delle formazioni boscate. Nelle zone a gariga, nei cespuglieti e in ambiente prativo la propagazione delle fiamme viene fortemente inibita dalle Liliacee soprattutto dall’ Asphodelus sp., dalle Composite ( Artemisia vulgaris, Crysanthemum sp., Matricaria chamomilla, Anthemis mixta ), nonché dalle numerose specie che si

61 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO sviluppano a margine delle colture agricole intensive, tra cui, Chenopodium album, Eliotropium europeaum, Urtica dioica, Portulaca oleracea . Un cenno particolare va, inoltre, riservato alla Cuscuta ephytimum che cresce sui campi di stoppie dei cereali limitando l’intensità degli incendi, che si sviluppano con assidua frequenza in tali ambiti. Le specie termofile con i diversi meccanismi che adottano per la conservazione dei liquidi costituiscono, quindi, piccoli serbatoi naturali che sfruttano al massimo ogni minima precipitazione o rugiada estiva, ogni residuo di umidità presente nel sottosuolo garantendo isole o barriere più o meno estese in un periodo dell’anno in cui le fitocenosi dell’area mediterranea attraversano il loro periodo più critico di siccità. Esistono anche delle condizioni particolari che consentono lo sviluppo di un incendio. Se il fattore umano è quello che alle nostre latitudini comporta l’accensione di un focolaio, affinché questo si sviluppi, sono necessari i tre elementi del triangolo del fuoco. L’elemento maggiormente inibitore dei tre elementi è l’acqua. Questa assolve sia la funzione di raffreddamento della temperatura di combustione che di rendere indisponibile l’ossigeno. Appare, quindi, ovvio che la maggiore o minore presenza d'acqua sia quella che prioritariamente influenza l’indice di rischio da incendio boschivo. I parametri che determinano la presenza dell’acqua nei siti vegetativi sono i seguenti: a) Piovosità relativa: incide sull'umidità dei suoli, ove, attraverso l’apparato radicale, viene fornita acqua ai tessuti fogliari; b) Temperatura dell'aria: favorisce l’evaporazione dell’acqua dai suoli e dai tessuti fogliari; c) Ventosità: lo stesso che al punto b) d) Esposizione solare: lo stesso che ai punti b) e c) e) Struttura del suolo: la densità granulare dei suoli determina maggiore o minore drenaggio degli stessi. Un terreno sabbioso non trattiene a lungo l'acqua negli strati utili all'approvvigionamento delle piante. Un terreno argilloso (a tessitura finissima) consente lunghi ristagni e un approvvigionamento durevole;

62- ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

f) Periodo vegetativo: la parte aerea (fusti e foglie) delle piante erbacee si rinnova annualmente e in determinate stagioni rimane come residuo privo di liquidi; g) Presenza di acque correnti e stagnanti di superficie: permette un approvvigionamento idrico costante. L’altro elemento del triangolo da considerare è la presenza di combustibile. Dato che il fuoco si propaga dal basso verso l’alto e che parte sempre da materiale facilmente infiammabile, l’indice sarà maggiore nelle fitocenosi dove sono abbondanti i tre livelli di copertura vegetale del suolo, cioè piante erbacee, cespugli del sottobosco e alberi. E’ estremamente difficile assistere ad un incendio di chioma, che passa cioè sulle cime degli alberi, se prima non si è sviluppato un forte incendio alla base della vegetazione più alta. Il terzo elemento, l’ossigeno, va considerato una variabile a causa dell’instabilità atmosferica. In base ai suddetti fattori riportiamo di seguito un elenco delle fitocenosi presenti all’interno del Parco Nazionale con la valutazione di massima degli indici di rischio e delle difficoltà di spegnimento.

Macchia primaria sempreverde Rischio elevato nel periodo estivo, aggravato dalla alta infiammabilità delle essenze ricche di resine; alta difficoltà di spegnimento per l’intrico della vegetazione e alto potenziale calorico sviluppato dalle essenze di alto fusto.

Gariga Rischio molto elevato nel periodo estivo, per la maggior presenza di flora erbacea secca. Inoltre, l’assenza di copertura arborea aumenta l’evaporazione dei suoli. Difficoltà di spegnimento meno accentuata della precedente per minore quantità di combustibile. Steppa Rischio elevatissimo per l’alta concentrazione di flora erbacea secca. Difficoltà di spegnimento medio bassa per la scarsità di combustibile.

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Bosco deciduo misto Rischio alquanto elevato nel periodo estivo, per la scarsa concentrazione d’acqua nei tessuti fogliari e la presenza di piante erbacee in fase secca o seccaginosa. Difficoltà di spegnimento moderatamente, elevate a causa della lenta progressione delle fiamme dovuta alla relativa presenza di liquidi nei tessuti fogliari e nelle essenze cespugliose ed arboree.

Bosco ceduo degradato Rischio molto elevato nel periodo estivo per gli stessi fattori considerati per la Gariga. Difficoltà di spegnimento abbastanza elevata.

Cespuglieti Laddove prevale la ginestra comune va considerato il comportamento difficile di tale essenza di fronte al fuoco. Lo scarso contenuto d’acqua delle sue foglie e l’alta concentrazione di resine volatili fanno, di questa pianta, una delle essenze più pericolose per gli operatori. La ginestra comune, in presenza di un incendio, non prende fuoco con la velocità delle altre piante; resiste alle fiamme per alcuni minuti, poi “esplode” quasi come una bottiglia di benzina. La difficoltà di spegnimento, può considerarsi elevata e deriva dalla necessità per l’operatore di evitare l’eccessivo surriscaldamento delle essenze con opportuni getti d’acqua alla base e sulla parte aerea delle piante. Per quanto riguarda i cespuglieti monotipici di Rubus e Prunus, il rischio è subordinato all’altezza della flora erbacea secca e, comunque, quantificabile come medio. Le difficoltà di spegnimento sono medio basse determinate, soprattutto, dalla difficoltà di penetrazione attraverso i rami spinosi caratteristici di queste specie.

Praterie naturali In genere si interviene in operazioni di spegnimento su tali fitocenosi, a causa della preoccupazione che questo tipo di incendio possa dirigere il fuoco verso formazioni boscate.

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Pertanto, e lo stesso principio valga per le stoppie di grano e per altri tipi di residui vegetali infiammabili come il colza, qualora non ci sia contiguità tra tali fitocenosi e le formazioni boscate e cespugliate è consigliabile solo un intervento di controllo. Il rischio d'incendio è alquanto elevato. Le difficoltà di spegnimento, molto basse ma, in genere, le superfici utilizzate a pascolo, come pure a coltivazioni di cereali o Colza, sono molto estese. Gli interventi in tali situazioni, vanno accuratamente selezionati e sono consentiti solo se si è certi che rischi più gravi non incombano su fitocenosi più meritevoli di tutela.

Ambienti palustri e ripariali La flora che vegeta in tali ambienti non è particolarmente esposta a deprivazione idrica nel periodo estivo, poiché non trae le sue risorse di approvvigionamento dalla pioggia. Tuttavia l’evaporazione fogliare dovuta alle alte temperature estive può rendere vulnerabili le essenze igrofile in presenza di incendi che provengano da formazioni vegetali ad esse attigui, come boschi decidui, pascoli e coltivi. L'indice di rischio dipende dalla contiguità con tali habitat ed è comunque quantificabile come medio- basso. Le difficoltà di spegnimento sono analoghe poiché, sebbene le parti legnose degli alberi coinvolti necessitino di quantità notevoli di acqua per essere spenti, le fonti di approvvigionamento idrico (stagni, laghi fiumi e torrenti) sono vicinissime al luogo dell'incendio.

La macchia di robinia Sebbene la specie non meriti di essere particolarmente protetta quando brucia, specialmente in prossimità delle sedi stradali, crea grossi problemi di sicurezza ed è, pertanto, necessario affrontare l’incendio. L'indice di rischio è molto elevato con difficoltà media di spegnimento, dato che la robinia non lascia crescere sotto di se alcun sottobosco consistente. Il castagneto In generale, la collocazione geografica di tale formazione boscata è situata in zone con piovosità relativa abbastanza costante anche nel periodo estivo.

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Considerando anche la scarsità di sottobosco possiamo definire molto basso l’indice di rischio e per le stesse caratteristiche molto bassa anche la difficoltà di spegnimento.

La faggeta Valga quanto detto per la fitocenosi precedente. A questi standard vanno aggiunte due variabili. La prima è rappresentata dalla ventosità che insorge dopo che l’incendio è scoppiato e, che può fornire apporto d’ossigeno influendo sulla difficoltà di spegnimento. E’ il caso del forte vento di scirocco o di maestrale che perdurando, in taluni casi per più giorni, portano alla distruzione di grandi complessi boscati. La seconda variabile è la pendenza del terreno che, a causa della maggiore progressione del fuoco dal basso verso l’alto, influisce sia sulla propagazione del focolaio che sulla difficoltà di spegnimento.

2.4 I periodi a rischio di incendio boschivo

Sulla scorta dei dati statistici e delle informazioni fornite dal Corpo forestale dello Stato, è stato possibile effettuare l’analisi dei dati relativi agli incendi avvenuti nel Parco Nazionale nel periodo 1991 – 2007. In questo periodo deve essere collocata anche l’istituzione della stessa area protetta (1991) il cui Ente gestore inizierà ad operare dal 1996. Dai dati si evince che il maggior numero di incendi si sono verificati negli anni 1993, 1997, 2001 e 2007 con cadenza quasi quadriennale. Analizzando invece le statistiche riguardanti l’incidenza degli incendi nel corso dell’anno, si osserva la presenza di due picchi distinti che possono farsi coincidere con i mesi di marzo ed agosto. In particolare, il mese di agosto registra la massima concentrazione annuale di incendi con ampliamento del periodo critico ai mesi di luglio e settembre. L’elevato numero di incendi che si verificano nel mese di marzo sono sostanzialmente da attribuire a situazioni di errato controllo di incendi nell’ambito delle normali pratiche agricole.

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Incidenza degli incendi nei mesi dell'anno (periodo 1991-2007)

60

50

40

30 n. incendi n.

20

10

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 mesi

Per quanto riguarda invece la classificazione degli incendi in relazione alla loro origine accertata, ai sensi del Reg. CEE 804/94, oltre il 44% di questi può definirsi di origine dolosa mentre solo al 20% è stata attribuita un’origine colposa. Il 3,6% degli incendi può essere considerato come innescato per “cause naturali”. Facendo riferimento agli anni in cui si è registrato la massima incidenza di tali eventi si osserva come, mentre nel 1993 erano preponderanti gli incendi di origine colposa, nel 1997, 2001 e, soprattutto, nel 2007 aumentano drammaticamente quelli di origine dolosa. Anche lo studio dell’incidenza delle cause di incendio nei vari mesi dell’anno confermano il doppio picco sopra accennato connesso al numero elevato di incendi di origine dolosa.

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Numero di incendi per mese e per anno (periodo 1991-2007) 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 totale gennaio 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 5 6 febbraio 0 5 2 0 1 0 1 4 0 1 0 1 0 0 1 1 17 marzo 1 6 4 2 2 0 7 3 0 2 2 9 4 1 3 1 47 aprile 0 1 1 0 0 0 4 0 0 1 0 2 2 1 4 1 17 maggio 1 0 1 0 2 0 1 0 0 0 0 0 2 0 0 0 7 giugno 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 luglio 0 2 2 0 2 5 2 1 0 1 3 1 3 0 0 8 30 agosto 0 0 7 9 1 1 4 5 1 7 6 0 4 1 0 4 50 settembr e 0 2 1 0 0 0 5 0 0 0 8 0 0 0 0 2 18 ottobre 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 4 0 0 0 0 0 6 novembr e 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 4 1 7 dicembre 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 2 totale 2 17 18 12 9 8 26 13 1 12 23 13 15 3 0 13 23 208

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Andamento degli incendi negli anni (periodo 1991-2007)

30

25

20

15 Serie1 N. N. incendi

10

5

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 Anni

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Classificazione degli incendi boschivi in base alla loro natura ( Reg. CEE 804/94) nel periodo 1991-2001 natura 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 totale Dolosa 1 1 2 3 3 3 12 6 1 11 19 11 7 1 1 7 23 112 Colposa 1 6 10 3 1 0 3 2 0 1 1 1 5 1 0 2 0 37 Ignota 0 8 4 1 5 5 12 6 0 0 3 1 3 1 0 3 0 52 Naturali o n.cl. 0 2 2 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 6 totale 2 17 18 8 9 8 27 14 1 12 23 13 15 3 1 13 23 207

Numero di incendi per causa di innesco (periodo 1991-2007)

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Numero di incendi per mese e per anno (periodo 1991-2007) di origine dolosa 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 TOTALI gennaio 1 5 6 febbraio 2 1 1 0 1 1 6 marzo 1 1 5 2 1 8 1 1 1 1 22 aprile 1 1 1 2 2 1 8 maggio 1 1 2 giugno 0 luglio 1 3 1 2 1 3 1 1 8 21 agosto 2 4 1 3 2 1 6 6 2 4 31 settembre 1 6 2 9 ottobre 2 2 novembre 3 1 4 dicembre 1 1 totale 1 1 2 4 3 3 12 6 1 11 18 11 7 1 1 7 23 112

Numero di incendi per mese e per anno (periodo 1991-2007) di origine colposa 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 totale gennaio 0 febbraio 3 2 1 6 marzo 1 1 3 2 1 1 1 1 1 3 1 16 aprile 1 1 2 maggio 1 1 giugno 0 luglio 1 2 1 1 5 agosto 1 1 1 1 4 settembre 1 1 ottobre 1 1 novembre 0 dicembre 0 totale 1 6 9 3 2 0 2 2 0 1 1 1 5 1 0 2 0 36

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Numero di incendi per mese e per anno (periodo 1991-2007) di origine ignota 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 totali gennaio 0 febbraio 2 1 1 1 5 Marzo 3 1 2 1 7 Aprile 2 1 1 4 maggio 1 2 1 4 Giugno 1 1 Luglio 1 2 1 4 Agosto 2 1 1 2 1 1 8 settembre 1 4 1 6 ottobre 1 1 2 4 novembre 2 1 3 dicembre 0 totale 0 8 3 0 4 5 11 5 0 0 3 1 2 1 0 3 0 46

Numero di incendi per mese e per anno (periodo 1991-2007) di origine non classificabile/naturale 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 totali gennaio 0 febbraio 0 Marzo 1 1 Aprile 1 1 maggio 0 Giugno 0 Luglio 0 1 1 Agosto 1 1 0 2 settembre 0 ottobre 0 novembre 0 dicembre 0 totale 0 2 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 5

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2.5 Gli indici di pericolosità

L’obiettivo principale del Piano antincendio boschivo è quello di fornire utili indicazioni progettuali per pianificazione, programmazione e realizzazione di tutte quelle misure che l’Ente Parco dovrà mettere in atto in futuro, attraverso la preventiva definizione ed individuazione di aree sottoposte al maggior rischio di incendio boschivo, così da prospettare interventi rappresentati da misure di carattere selvicolturale volte alla riduzione del rischio. E’ opportuno affrontare quest’aspetto della gestione e tutela del patrimonio boschivo dell’area protetta per organizzare, innanzi tutto, le misure preventive per mantenere sotto controllo e diminuire tale rischio per l’ambiente. La viabilità risulta diffusa capillarmente in tutta l’area protetta e se può considerarsi sufficiente ai fini della difesa e dell’intervento in caso d’incendio risulta, invece, necessaria la manutenzione dei tracciati e la regolamentazione degli accessi.

2.5.1 Metodologia La letteratura disponibile nel campo della modellistica ambientale ed avente come finalità quella di produrre uno schema in grado di sintetizzare all’interno di un indice di rischio le caratteristiche climatiche, pedologiche, vegetazionali ed antropiche, nell’ottica della prevenzione degli incendi boschivi, per quanto si sia arricchito negli ultimi anni di riferimenti e studi mantiene comunque un certo grado di sperimentazione in un territorio vasto come quello del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga per diverse ragioni. Innanzitutto, il reperimento dei dati, il più delle volte non omogenei tra loro, può comportare l’eccessiva semplificazione degli stessi e, quindi, la loro perdita di significatività. Gli studi ambientali riportati in altri capitoli di questo lavoro evidenziano, inoltre, il problema di fondo di avere una scala di dettaglio non uniforme per tutti i descrittori rilevati e, ciò risulta evidente soprattutto nella fase di trasposizione di questi sulla base cartografica. Infine, le dimensioni notevolissime dell’area di indagine rendono difficile l’interpretazione corretta dei singoli descrittori e delle relazioni esistenti tra questi in un primo momento e con il rischio di incendio successivamente.

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La redazione dello studio è scaturita dalla considerazione, purtroppo confortata dai dati disponibili, che gli incendi sono legati alla natura dello strato vegetale presente, oltre che a fenomeni di innesco riconducibile a cause antropiche. Sulla scorta di queste valutazioni sono state approntate due analisi differenti. Nella prima sono state valutate le caratteristiche d’infiammabilità legate alla copertura vegetale presente all’interno dell’area protetta la cui rappresentazione cartografica è risultata essere la cosiddetta Carta dell’infiammabilità . Questa Carta attualmente recepisce anche gli approfondimenti di conoscenza territoriale concretizzati con gli studi relativi alla redazione della Carta della Vegetazione (su base fitosociologica, scala 1:25.000) e della Carta della Natura (base legenda Corine Biotopes , scala 1:50.000). Le tipologie vegetazionali riscontrate tramite gli studi sopra ricordati sono state raggruppate in base alla loro infiammabilità secondo quanto descritto dettagliatamente nel paragrafo 2.3. La nuova Carta dell’infiammabilità si arricchisce quindi, nella legenda, di differenti tipologie vegetazionali. Nella seconda analisi si è tenuto in considerazione la probabilità che l’innesco dell’incendio possa essere legato alla serie storica degli eventi incendiari oltre che alla presenza di infrastrutture come strade carrabili, linee elettriche, sentieri, rifugi ed aree di sosta attrezzate: anche per questa seconda tipologia di dati, i risultati sono stati rappresentati visivamente nella relativa Carta della probabilità di incendio . Attraverso la sintesi delle due carte suddette si realizza la Carta del rischio di incendio indicante le aree individuate a rischio per ciascuna delle quali si propone, in ultimo, un piano di gestione attraverso interventi di selvicoltura e gestione del territorio in piena sintonia con quanto previsto dal Piano del Parco e dal Regolamento del Parco.

2.5.2 La Carta dell’infiammabilità dei boschi Per quanto riguarda l’analisi dell’infiammabilità dei boschi saranno presi in considerazione i seguenti parametri descrittivi riguardanti la copertura vegetale: • Tipologia vegetale; • Grado evolutivo; • Naturalità.

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Il primo descrittore “Tipologia vegetale” riguarda il tipo di copertura vegetale presente sul territorio; per ragioni tecniche, è stata superata la naturale diversità floristica e vegetazionale riunendo le varie classi di vegetazione presenti nell’area protetta a 5 classi o raggruppamenti cui è stato successivamente attribuito un valore numerico, espressione del maggiore o minore grado di infiammabilità del materiale vegetale presente in relazione alla potenziale combustibilità (vedi Paragrafo 2.3). Ai fini dell’elaborazione del presente piano è stata redatta una Carta della vegetazione e su questa base sono state individuate le 5 tipologie di copertura del suolo sopra descritte. Alcune aree, come già esposto, sono conosciute meglio di altre. Queste ultime saranno oggetto di ulteriori indagini. Le classi individuate ed il relativo punteggio attribuito sono riportati nella tabella seguente.

Descrittore Punteggio Tipologia di uso del suolo Praterie primarie 0 Faggete, castagneti, boschi di pioppo tremulo, 1 carpino bianco Boschi misti di cerro e orno-ostrieti 2 Boschi di roverella, pascoli secondari, arbusteti 3 Boschi di conifere, macchia mediterranea 4

La vulnerabilità all’incendio, è stata considerata crescente passando dalle leccete e dai rimboschimenti a conifere. Il valore indicato tra parentesi rappresenta l’indice attribuito alla singola caratteristica del descrittore. I centri abitati sono considerati, come le strade, indicatori di vulnerabilità a causa dell’elevata frequentazione e sono stati oggetto di studio specifico nella Carta delle interfacce urbano-foresta cui si rimanda.. Le leccete ed i rimboschimenti a conifere sono considerati vulnerabili agli incendi perchè: • le leccete vegetano in climi di tipo mediterraneo con estati calde e secche, che determinano disidratazione e condizioni altamente vulnerabili per il sottobosco;

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• le conifere sono essenze resinose, adattate a climi subaridi con buona predisposizione all’incendio. I boschi a roverella, i boschi misti ed i boschi di faggio sono sempre meno vulnerabili in virtù delle condizioni climatiche ed edafiche, sulle quali vegetano le faggete, in particolare, si instaurano su suoli profondi ed in aree con caratteristiche climatiche di tipo oceanico, senza periodi di aridità estivo e con precipitazioni ben distribuite durante tutto l’anno. Le praterie secondarie possono considerarsi vulnerabili in virtù della presenza dei culmi e delle foglie secchi dell’anno precedente; inoltre, vegetano in aree con clima che presenta un periodo arido estivo con temperature a volte elevate. Sulle praterie secondarie si innescano processi dinamici nella vegetazione che portano alla formazione di arbusteti stabili, altamente infiammabili con differenti specie di ginestre e ginepri. I coltivi sono considerati poco vulnerabili in virtù delle “cure” che essi ricevono da parte dei contadini, come estirpazione delle erbe infestanti ed asportazione dei materiali disidratati, irrigazioni etc. Le rocce nude ed i pascoli primari non sono infiammabili: le praterie primarie vegetano ad alta quota con condizioni climatiche non favorevoli al divampare di incendi: temperature relativamente basse, buona umidità edifica ed altrettanto buona distribuzione delle precipitazioni. Analogamente, si è proceduto per l’analisi del descrittore “grado evolutivo” in cui si è tenuto in considerazione la forma di governo del bosco come indicatrice del grado di naturalità dell’ambiente, del grado di antropizzazione e, quindi, dello stato evolutivo della copertura vegetale. Il descrittore e le relative classi e punteggi sono contenuti nella tabella sottostante. Descrittore Punteggio Grado evolutivo Boschi misti e degradati 6 Boschi di latifoglie, cedui 4 Boschi di latifoglie, fustaie 3 Altre aree 2

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La valutazione del descrittore “grado di naturalità” è stata effettuata considerando, per le varie forme d’uso e copertura del suolo, il grado di trasformazione impresso dall’uomo. In particolare, è stato attribuito il massimo grado di naturalità alle forme di uso del suolo meno modificate dall’azione antropica e il minimo grado di naturalità a quelle forme di uso del suolo con carattere prettamente antropico. Secondo tale criterio, il territorio del Parco è stato diviso in tre zone a differente grado di naturalità. In effetti, in quasi tutto il territorio del Parco, si riscontra la presenza diffusa di vaste aree caratterizzate da forme d’uso e copertura del suolo ad elevato grado di naturalità, inframmezzate spesso da piccole aree più intensamente interessate da trasformazioni antropiche. In tali situazioni, si è generalmente optato per la destinazione a zona di protezione, soggetta comunque a scelte gestionali estremamente attente alla conservazione delle risorse naturali e, quindi, adeguate alla conservazione della naturalità dei luoghi. La presenza dei Siti SIC all’interno dei quali sono stati individuati particolari habitat e specie animali e vegetali da proteggere o l’individuazione di biotopi vegetazionali e floristici, evidenziano la ricchezza e la diversità biologica di tali ambienti oltre alla loro vulnerabilità. Questi, oltre a rappresentare elementi di evidente valore ecologico, ed in quanto tali già riconosciuti come aree di interesse, costituiscono gli ambienti più fragili e vulnerabili nei confronti degli incendi boschivi e la loro compromissione, comporterebbe enormi danni all’intero sistema ecologico e non solo del Parco in cui si trovano. In quest’ottica, al descrittore sono state attribuite le seguenti classi e punteggi:

Descrittore Descrittore Punteggio Ricchezza vegetazionale Grado di naturalità Aree con assenza di siti SIC o biotopi Aree maggiormente 3 antropizzate Aree con presenza di siti SIC o biotopi Aree con naturalità intermedia 2 Aree con presenza di siti SIC e biotopi Aree di massima naturalità 1 riconosciuti

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Attraverso una semplice operazione di “overlay cartografico” (overlay del grado evolutivo, valore ambientale e tipologie vegetazionali) è stato possibile sommare i dati ottenuti con l’uso dei descrittori generando, così, una nuova informazione relativa al grado di infiammabilità. I punteggi così ottenuti sono stati tradotti in percentuale per essere poi confrontati con la classe di infiammabilità definita sulla base della valutazione seguente.

Infiammabilità dei boschi Valutazione Classe di infiammabilità Aree a bassa infiammabilità 0 – 33 Aree a media infiammabilità 34 – 66 Aree ad alta infiammabilità 67 -100

Il risultato di questa analisi può essere osservato nella relativa “Carta dell’infiammabilità”.

2.5.3 La Carta della probabilità di incendio Nella “Carta della probabilità di incendio”, invece, viene misurato il grado di probabilità con cui un fenomeno di incendio potrebbe verificarsi. Poiché si è stabilito a priori che l’intervento umano è un fattore determinante nell’innesco di incendi di carattere sia accidentale che doloso, tale probabilità è stata messa in relazione con la presenza di infrastrutture varie quali strade carrabili, sentieri ed aree attrezzate per la sosta. L’indice preso in considerazione per esprimere questa eventualità è definito “indice di rischio”. Per la redazione della Carta è importante conoscere le statistiche degli incendi avvenuti in area Parco negli ultimi 17 anni ma, ancor più importante, è poter stabilire in base ai dati raccolti l’indice di rischio . Ogni Comune avrà un proprio indice e, in base alla maggiore o minore pericolosità, andranno approntate misure di prevenzione e sicurezza. La definizione di questo indice tiene conto sia di parametri legati a situazioni di natura fisica del territorio che, legati alla tipologia delle diverse formazioni vegetali.

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Tutti gli elementi legati alla presenza umana: le attività svolte, il tipo di coltura, i centri abitati, i flussi turistici costituiscono un ulteriore parametro da prendere in considerazione, soprattutto, perché, la quasi totalità degli incendi è legata alle attività umane. Considerando il fatto che la rappresentazione dei parametri e dei fattori descritti è data dal numero di incendi e delle relative superfici interessate, la determinazione dell’indice di rischio può essere effettuata attraverso l’elaborazione e l’analisi dei dati statistici relativamente ad un sufficiente numero di anni. L’unità territoriale di riferimento per la valutazione dell’indice di rischio è costituita dai singoli Comuni, in quanto, unità amministrative minime. Sono stati presi in considerazione i tre parametri principali: 1) numero di incendi; 2) superficie media percorsa; 3) superficie massima percorsa. Per ognuno dei suddetti parametri viene stabilita una matrice di tre classi e ad ogni classe viene attribuito un indice numerico crescente come riportato nella tabella seguente:

Numero di incendi Superficie Superficie Indice media massima < 5 < 1 Ha < 15 Ha 1 5 – 15 1-3 Ha 15-30 Ha 2 > 15 > 3 Ha > 30 Ha 3

Per ogni Comune vengono sommati gli indici numerici ottenuti per ciascuna matrice, considerando due volte quello relativo al numero di incendi. Il valore complessivo viene diviso per tre (numero dei parametri considerati), ottenendo così un valore assoluto compreso tra 1 e 3. Ad ogni valore assoluto si attribuisce una classe di “indice di rischio”. Al parametro “numero di incendi” viene attribuito un peso maggiore, pari a 2, perché incide maggiormente, indipendentemente dalle superfici percorse, sulla potenziale pericolosità di un determinato territorio per lo sviluppo degli incendi boschivi. L’indice determina, quando i valori dei parametri considerati superano le soglie minime, l’instaurarsi delle condizioni predisponenti lo sviluppo degli incendi boschivi;

- 79 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO in tal caso scatta la segnalazione alle strutture locali per l’intensificazione dei controlli sul territorio. Indice di rischio dei Comuni del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga n. Comune Numero_incendi Superficie_media Superficie_max Indice di rischio 1 Arsita 1 1 1 1,3 2 Barisciano 1 1 1 1,3 3 Calascio 1 1 1 1,3 4 Cagnano_Amiterno 1 1 1 1,3 5 Campli 1 1 1 1,3 6 Carapelle_Calvisio 1 1 1 1,3 7 Castel_del_Monte 1 1 1 1,3 8 Castelli 1 1 1 1,3 9 Castelvecchio_Calvisio 1 1 1 1,3 10 Civitella_Casanova 1 1 1 1,3 11 Civitella_del_Tronto 1 1 1 1,3 12 Cortino 1 1 1 1,3 13 Corvara 1 1 1 1,3 14 Fano_Adriano 1 1 1 1,3 15 Montebello_di_Bertona 1 1 1 1,3 16 Montorio_al_Vomano 1 1 1 1,3 17 Montereale 1 1 1 1,3 18 Pietracamela 1 1 1 1,3 19 Torricella_Sicura 1 1 1 1,3 20 Tossicia 1 1 1 1,3 21 Brittoli 1 2 1 1,7 22 Carpineto_della_Nora 1 2 1 1,7 23 Pescosansonesco 1 2 1 1,7 24 Pizzoli 1 2 1 1,7 25 Rocca_S._Maria 1 2 1 1,7 26 Barete 1 3 1 2,0 27 Crognaleto 2 1 1 2,0 28 Farindola 1 3 1 2,0 29 Villa_Celiera 1 3 1 2,0 30 2 2 1 2,3 31 Bussi 1 3 3 2,7 32 Capitignano 2 3 1 2,7 33 Castiglione_a_Casauria 1 3 3 2,7 34 S._Stefano_di_Sessanio 1 3 3 2,7 35 Campotosto 3 2 1 3,0 36 Villa_S._Lucia 2 3 2 3,0 37 Acquasanta_Terme 3 3 1 3,3 38 Arquata_del_Tronto 3 2 2 3,3 39 Capestrano 2 3 3 3,3 40 L'Aquila 2 3 3 3,3 41 Ofena 2 3 3 3,3 42 Isola_del_Gran_Sasso 3 3 2 3,7 43 Valle_Castellana 3 3 2 3,7 44 Amatrice 3 3 3 4,0

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Indice Ampiezza della classe Moderato Tra 1 e 1,6 Elevato Tra 1,7 e 2,3 Massimo Tra 2,4 e 4

Nella fase operativa, durante i periodi di maggior pericolo per lo sviluppo di incendi boschivi, sarà elaborato un “indice di rischio giornaliero”. Tale indice, di diversa natura rispetto al precedente, è determinato attraverso l’elaborazione dei dati metereologici (temperatura del suolo e dell’aria, direzione e velocità dei venti, precipitazioni, insolazione, ecc.), che potrebbero essere forniti dal servizio agrometereologico dell’A.R.S.S.A. e dalle stazioni dislocate sul territorio del Parco. Nella tavola precedente sono riportati i risultati di questa analisi, da cui si evince che ben 20 Comuni sono da considerarsi a basso indice di probabilità di incendio, mentre 10 Comuni sono da considerare a medio rischio. Infine, 14 Comuni vengono considerati ad elevata probabilità di incendio essendo stati nel recente passato interessati da eventi simili.

2.5.4 La Carta del rischio da incendio La combinazione matematica e grafica delle “Carta dell’infiammabilità” e delle fasce altimetriche sopra 1.500 m ha permesso di redigere una terza carta, che rappresenta la sintesi delle due analisi tematiche sulla base delle combinazioni possibili tra le valutazioni espresse precedentemente e riportate di seguito: Valutazione incrociata dei parametri del rischio di incendio Carta dell’infiammabilità Carta della probabilità Carta del rischio

Alta Alta Elevato e molto elevato Media Alta Elevato e molto elevato Alta Media Elevato e molto elevato Basso Alto Medio Medio Medio Medio Alto Basso Medio Basso Medio Basso Medio Basso Basso Basso Basso Basso

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In base alle statistiche disponibili circa la serie storica degli incendi boschivi avvenuti in area parco e dalle esperienze simili in altre aree d’Italia, questi hanno una bassa probabilità di innesco in aree poste al di sopra dei 1500 metri di quota e, comunque, difficilmente tendono a propagarsi dirigendosi oltre tale altitudine. Ciò è giustificabile dal punto di vista scientifico con una diversa incidenza dei fattori climatici (maggiori quantità di pioggia, umidità, neve, vento) e presenza di substrati con basso indice di infiammabilità mentre, dal punto di vista antropico, si riscontra un ridotta presenza di infrastrutture, vie di accesso e ridotti “interessi privatistici”. Sulla scorta di tali informazioni in sede di elaborazione grafica è stata inserita come informazione aggiuntiva quella relativa all’inserimento del territorio del Parco posto al di sopra dei 1500 metri di quota tra le aree considerate a basso rischio di incendio. In conformità a tali indicazioni, si costruisce la “Carta del rischio di incendio” che costituirà così elemento di base per la definizione delle misure preventive di difesa dagli incendi all’interno della Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Le analisi sin qui prodotte, hanno portato all’individuazione, attraverso la “Carta del rischio di incendio”, di quelle aree in cui tale evento calamitoso potrebbe verificarsi con maggior probabilità, sia per caratteristiche intrinseche che di natura antropica. La metodologia adottata in questo tipo di analisi, per quanto sia basata ed attinga informazioni da fattori e variabili oggettive, risente comunque dell’arbitrarietà dell’attribuzione dei punteggi assegnati alle classi di ciascun descrittore. La stima che ne consegue, non può assumere a dato assoluto ed incontrovertibile, anzi, il processo avviato nel presente piano necessita un aggiornamento continuo, possibilmente con scadenza annuale, ed una verifica altrettanto puntuale sulla scorta dei risultati e dell’andamento degli interventi dell’anno precedente. Allo scopo di superare tali “carenze metodologiche” è necessario confrontare le informazioni contenute nella suddetta “Carta del rischio di incendio” con ulteriori informazioni in grado di arricchire di contenuti la fase di analisi ma, soprattutto, di fornire un contributo per la oggettivizzazione dei dati ottenuti. In questo, la “Carta del Valore Ambientale”, senza dubbio, costituisce un valido supporto al processo che conduce alla realizzazione di una oggettiva suddivisione del

- 82 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO territorio protetto in aree a diverso grado di rischio da incendio, fornendo indicazioni circa le emergenze vegetazionali presenti e costituenti gli obiettivi prioritari da proteggere. La sintesi delle informazioni scaturite da questa ultima fase dell’analisi confluisce nella zonazione del Parco in relazione al rischio di incendio. Contemporaneamente, la zonazione costituirà la base per la definizione degli interventi di prevenzione differenziati e modulati in funzione di tale rischio. Al fine di raggiungere un maggior dettaglio nelle informazioni contenute nella Carta del rischio l’area definita come a rischio “elevato” è stata suddivisa, dal punto di vista squisitamente cartografico, in due sottozone definite a rischio “molto elevato” ed “elevato”. Tale nuova scala di dettaglio vuole tenere in considerazione il diverso grado di difficoltà e complessità di gestione ed estinzione degli incendi nelle aree di maggior rischio in funzione della relativa copertura vegetale. In particolare, le superfici boscate ricadenti nelle suddette aree presentano una maggior complessità per tipologia e propagazione degli incendi oltre alle evidenti difficoltà logistiche per il raggiungimento dei siti incendiati e l’esecuzione delle operazioni di spegnimento, mentre le praterie manifestano tali problematiche con un minor grado di intensità.

2.5.5 Elementi di criticità nell’interfaccia urbano-foresta

Gli incendi boschivi non preoccupano solo ed esclusivamente per i devastanti effetti sulla vegetazione e sull’ambiente; spesso, questi colpiscono anche fabbricati o impianti di varia natura mettendo a repentaglio l’incolumità dei residenti e del personale al lavoro in tali strutture. Si definiscono “di interfaccia” le aree abitate comprese entro una distanza inferiore a 30-50 metri dal punto di raggio minimo dalla possibile sorgente di propagazione di un incendio boschivo. Queste aree di interfaccia, da una analisi preliminare della consistenza e distribuzione del patrimonio abitativo presente nell’area protetta, sono sostanzialmente riconducibili a due tipologie: • insediamento abitativo accorpato confinante direttamente con il bosco;

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• insediamenti abitativi o case sparse frammiste a vegetazione boscata. Nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, oltre alla non trascurabile presenza di ben 44 Comuni, si assiste ad una particolarità urbanistica assai diffusa nelle aree svantaggiate e di montagna costituita dalla presenza di territori amministrativi suddivisi in numerose frazioni e gruppi di case sparse. Tale peculiarità, se da un lato costituisce un forte elemento di caratterizzazione del paesaggio montano anche dal punto di vista architettonico ed artistico, dall’altro rappresenta un fattore estremamente sensibile ai fini del rischio di incendio e della prevenzione ad esso connessa. Inoltre, la sensibilità dei centri abitati viene ulteriormente amplifica se questi vengono considerati contemporaneamente sotto il duplice aspetto di sorgenti di propagazione del fuoco e di obbiettivi da proteggere per l’incolumità pubblica. Il problema degli incendi nelle zone di interfaccia assume quindi diversi aspetti. Un primo aspetto si concretizza quando le attività svolte negli insediamenti abitativi o nei loro pressi sono la causa principale dell’incendio. In genere, la casistica analizzata fa ricondurre la natura di questi incendi a cause colpose come, ad esempio, quelle attribuibili alle operazioni di giardinaggio o di cucina all’aperto. Il secondo aspetto si concretizza quando gli insediamenti abitativi subiscono i danni provocati da incendi che iniziano nel bosco e si propagano in chioma oppure radenti. Al fine di definire le modalità di intervento specifico nelle aree di interfaccia, si è ritenuto opportuno svolgere una prima indagine per individuare le aree di interfaccia in qualche misura interessate direttamente od indirettamente dagli incendi boschivi, al fine di definire specifiche norme da applicare al sistema di pianificazione locale nonchè misure di intervento da attuare nell’ambito del periodo di validità del Piano AIB. Sono quindi stati identificati dal punto di vista topografico e, conseguentemente, cartografati i siti a rischio di incendio boschivo con particolare riferimento alle aree di interfaccia tra le abitazioni, singole o in agglomerato, di diversa entità. In tali ambiti sono stati considerati gli aspetti morfologici, vegetazionali, pirologici nonchè lo spazio difensivo limitrofo alle costruzioni che assume particolare importanza in termini di prevenzione.

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Con tale termine si indica un‘area compresa tra la struttura e la vegetazione boschiva limitrofa che può impedire all’incendio di raggiungere le abitazioni in assenza di interventi di estinzione, nonché la propagazione dell’incendio dall’abitazione alla vegetazione circostante. Sulla scorta di queste valutazioni preliminari, sono state individuate le zone in cui sarà opportuno dare la priorità nella prevenzione selvicolturale per la difesa delle zone di interfaccia. Le analisi sopra descritte hanno condotto alla realizzazione della Carta dell’interfaccia urbano-foresta in cui sono state evidenziate le singole criticità presenti sul territorio e per le quali sono state individuate prescrizioni ed indicazioni che dovranno essere recepiti dagli strumenti di pianificazione locale ed in interventi di manutenzione del territorio finanziabili con interventi regionali. In questa analisi non sono state prese in considerazione per l’impossibilità di acquisire il dato specifico, le case singole per le quali ci si riserva di eseguire specifici studi nel periodo di validità del Piano AIB. Nello specifico della Carta, le aree di interfaccia particolarmente a rischio sono state individuate con il colore rosso, quelle a rischio medio con il colore giallo, mentre quelle il cui rischio, per le particolari condizioni stazionali e di criticità di incendio può ritenersi limitato, in colore verde. Alle aree di interfaccia classificate con il colore rosso andrebbero applicate le seguenti Prescrizioni di massima per il mantenimento e la gestione delle fasce di protezione urbano-foresta

Per la realizzazione e la gestione dello spazio difensivo, si ritiene indispensabile procedere alla riduzione ed alla discontinuità del combustibile. A tal proposito, è necessario mantenere una distanza minima tra le prime chiome degli alberi e le costruzioni da salvaguardare. Per il presente Piano AIB, si dovrebbe applicare una distanza di almeno 50 metri per la difesa da incendi di chioma e di 10 metri per la difesa da incendi radenti. Nello specifico, per la massima salvaguardia delle aree di interfaccia possono essere individuate tre fasce concentriche di protezione:

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 una prima fascia di 10 metri in cui la vegetazione è ridotta al solo strato erbaceo da mantenere tagliando basso ed, eventualmente, interrotto da strisce arate;  una seconda fascia, esterna alla prima, della larghezza di 10 metri in cui la vegetazione è contenuta allo strato arbustivo discontinuo per ridurre l’intensità di fiamma e contenere la quantità di combustibile presente;  una terza fascia, esterna alle prime due, e di larghezza di circa 20-30 metri, in cui la vegetazione viene gestita in modo da ridurre il potenziale di incendi di chioma tramite interventi di potatura e di diradamento e tramite un’adeguata composizione della vegetazione arborea. La prima fascia di protezione rappresenta quella di maggior importanza per la riduzione del rischio di incendio in quanto può, se opportunamente mantenuta, garantire la difesa delle infrastrutture. Pertanto, in questa devono essere vietati nuovi impianti arborei. Se ritenuto indispensabile, dovrebbero essere abbattuti tutti gli alberi adiacenti le costruzioni o con chioma aggettante sul tetto o, diversamente, devono essere sottoposti a potatura. Nella seconda fascia deve essere prevista la riduzione del combustibile vegetale ad un’altezza massima di 40-50 cm. Tale prescrizione non si intende valida per gli alberi singoli ed ornamentali. Qualora vi sia la presenza di alberi, l’interdistanza tra le chiome di due alberi adiacenti deve essere di almeno 2,5 metri. Tutti gli alberi eventualmente presenti dovranno essere potati nel terzo inferiore dell’altezza con potature annuali per mantenere una fascia di separazione da eventuali fuochi radenti. In nessun caso dovrà essere presente materiale vegetale morto o seccaginoso nelle prime due fasce dello spazio difensivo. Tutti i residui di potatura dovranno essere regolarmente allontanati e smaltiti. Nella progettazione degli spazi verdi in dotazione alle abitazioni nelle aree di interfaccia a rischio dovranno essere valutate con attenzione le potenzialità di crescita delle piante arboree ed arbustive che si intende mettere a dimora.

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Per le aree di interfaccia cui è stato attribuito un rischio medio (Giallo) potranno essere realizzate esclusivamente le prime due fasce di protezione già descritte nelle Prescrizioni suddette. Nelle aree di interfaccia urbano-foresta classificate come a basso rischio (verdi) potranno infine essere realizzati piccoli interventi di riduzione della massa combustibile come ad esempio potature e diradamenti. In ogni caso gli interventi da realizzare nell’ambito di tutte le aree di interfaccia urbano-foresta dovranno essere supportati da una attenta valutazione delle condizioni stazionali sulla scorta delle quali potranno essere calibrate specifiche azioni nell’ambito delle Prescrizioni stesse. Nell’ambito degli interventi previsti nelle aree di interfaccia potranno inoltre essere attivate misure compensative per il ripristino della continuità ambientale ed ecologica.

Accorgimenti edilizi per la difesa dei fabbricati In merito alle caratteristiche dei fabbricati presenti nelle aree a rischio si consiglia di porre in atto tutti quegli accorgimenti volti a ridurre la possibilità di innesco di fuoco da parte del calore trasferito dall’esterno. Si consigliano pertanto vetri antifiamma per le finestre o comunque proteggerle con persiane trattate con prodotti antifiamma. Devono essere evitate aperture di ventilazione disposte sottovento e, qualora queste siano presenti, devono essere dotate di rete metallica di protezione con maglie non superiori a 2-3 cm con funzione tagliafuoco. I camini devono essere dotati di opportune schermature della bocca per evitare la diffusione di scintille e di materiale leggero incandescente. Nelle aree a rischio devono essere vietati depositi di combustibile fuori terra (bombole di gas, depositi di gasolio o altro per riscaldamento). Tutti i depositi, ivi compresi quelli per la legna da ardere, devono essere posti a distanza di sicurezza opportuna dalle abitazioni, lontani da possibili sorgenti di diffusione dell’incendio e lontani da muri e depositi di combustibile.

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Con riferimento agli impianti elettrici, si raccomandano linee di distribuzione sotterranee anziché aeree. Nelle aree a rischio, la distanza minima della vegetazione dalle linee aeree deve essere di almeno 2 metri. La manutenzione delle strutture ed il controllo delle misure di sicurezza deve avere cadenza periodica tale da garantire l’efficace durata delle misure di prevenzione realizzate. In ultimo, è opportuno che la popolazione residente nelle aree a rischio sia opportunamente formata ed informata circa le operazioni di sgombero da eseguire in caso di incendio nonché quegli accorgimenti e comportamenti da tenere nell’affrontare il passaggio del fuoco in caso di impossibilità o ritardo nella fuga.

2.6 Gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi

2.6.1 Previsione Il carattere di costante aggiornamento della banca dati istituita con il Piano antincendio boschivo, lo studio e l’inserimento di nuovi parametri descrittivi del territorio e del fenomeno degli incendi nonché la valutazione e la verifica dei risultati raggiunti con le varie forme di lotta attuate nel corso dell’anno, richiedono un particolare impegno da parte dell’Ente Parco in tali attività così da realizzare un modello previsionale quanto più aderente alle specificità territoriali ed antropiche dell’area protetta. Nel paragrafo 2.5.3 si è inoltre introdotto il concetto di “indice di rischio giornaliero”. Tale indice, durante i periodi di maggior pericolo per lo sviluppo di incendi boschivi, sarà determinato attraverso l’elaborazione dei dati metereologici (temperatura del suolo e dell’aria, direzione e velocità dei venti, precipitazioni, insolazione, ecc.), che saranno forniti dai servizi agrometereologici dislocati sul territorio del Parco. L’interrelazione tra tale indice giornaliero e gli aggiornamenti contenuti nella Carta del rischio di incendio consentirà una previsione puntuale delle aree potenzialmente soggette a tali eventi e predisporre le opportune contromisure quali l’intensificazione della sorveglianza, la dislocazione sul territorio del personale di avvistamento volontario e l’allerta dei Nuclei Antincendio.

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2.6.2 Prevenzione Risulta ormai indubbio che le cause principali che conducono all’accensione e sviluppo degli incendi sia da attribuire a cause antropiche. L’uomo infatti per intervento diretto, colposo o doloso, o indiretto attraverso l’errata gestione del territorio e delle risorse ambientali (strade, boschi aree coltivate) risulta essere anche nel Parco Nazionale il principale imputato di tali calamità. Ed è altrettanto certo che l’Ente Parco, tra le proprie finalità, ha certamente quella di prevenire e rimuovere tutte le potenziali cause di danneggiamento degli ecosistemi protetti. Le attività di prevenzione quindi costituiscono l’elemento caratterizzante del presente Piano e queste si inseriscono nel panorama più vasto della gestione forestale dell’area protetta. Gli interventi selvicolturali sono infatti in sintonia con le linee guida della selvicoltura naturalistica e con quanto previsto dal Regolamento del Parco per quanto riguarda la gestione delle pratiche agro-silvo-pastorali in area Parco. Per tali misure preventive, si ritiene opportuno individuare in via prioritaria gli interventi di natura selvicolturale e, quindi, di difesa della copertura vegetale arborea dagli incendi boschivi nonché gli interventi strutturali come la costruzione di serbatoi interrati e mobili, piazzole di atterraggio dei mezzi aerei. La prevenzione cui si vuole far riferimento, si concretizza nella predisposizione di misure atte al contenimento della biomassa bruciabile del bosco, nella realizzazione delle condizioni di resistenza e nella realizzazione e manutenzione delle infrastrutture indispensabili alla gestione delle situazioni di rischio.

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3. PREVENZIONE

3.1 Misure contro i pericoli di innesco di incendio Nella Carta dl rischio di incendio sono state individuate le aree del territorio protetto in cui, secondo un gradiente di pericolosità, dovrà essere stabilita la scala di priorità di intervento delle misure. In base a tale classificazione nelle aree a maggior rischio saranno eseguiti interventi secondo l’ordine di seguito riportato: 1. decespugliamento e pulizia di una fascia di 25 metri ai lati della viabilità operativa; 2. operazioni di pulizia, spalcatura e diradamento delle formazioni di conifere nei rimboschimenti artificiali; 3. sostituzione delle specie non autoctone.

Nelle aree a rischio moderato si avrà il seguente ordine di priorità: 1. operazioni di conversione delle formazioni di conifere nei rimboschimenti artificiali con essenze arboree autoctone; 2. conversione dei cedui in fustaia; 3. interventi conservativi del bosco. Infine, nelle aree a basso rischio di incendio si prevede tale ordine di priorità: 1. interventi conservativi delle fustaie; 2. interventi conservativi e migliorativi dei pascoli; 3. interventi di rimboschimento. I costi relativi sono previsti in Euro 1.000.000 /anno e dovranno interessare le aree prioritarie individuate dalle analisi del rischio e previo acorddo con i servizi tecnici dell’Ente Parco.

3.2 La consistenza e la localizzazione delle vie di accesso, dei tracciati spartifuoco e di adeguate fonti di approvvigionamento idrico

3.2.1 Viabilità operativa Con questo termine si intende la fitta rete viaria esistente all’interno dell’area protetta costituita da strade comunali, vicinali, interpoderali, piste di penetrazione forestale ed ogni altro tracciato al servizio delle attività agro-silvo-pastorali.

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Nella Carta delle infrastrutture del Piano antincendio boschivo sono state riportate buona parte dei tracciati sopra menzionati. Nel Piano del Parco è previsto che, con un opportuno regolamento, tali strade, considerate “critiche” perché consentirebbero l’accesso in aree di particolare pregio naturalistico, siano limitate al traffico veicolare mediante l’adozione dello stesso regolamento da parte del Comune interessato e la successiva apposizione di sbarre. Il transito e, quindi, l’accesso a tali aree è consentito esclusivamente ai residenti aventi diritto e, comunque, limitatamente all’espletamento delle attività connesse con l’agricoltura, la zootecnia e la selvicoltura. Dal punto di vista della prevenzione degli incendi, la regolamentazione dell’accesso in tali aree, peraltro considerate come particolarmente sensibili anche dal presente Piano, come pure il controllo su di esse esercitato dalle forze dell’ordine rappresenta un fattore limitante il rischio di incendio. E’ quindi auspicabile l’estensione e l’ampliamento del numero di aree con accesso veicolare controllato. Dallo studio della rete viaria presente e dal confronto di questa con la Carta del rischio di incendio si ritiene che la viabilità operativa sia sufficientemente dimensionata per la gestione delle emergenze di questo tipo. Non si ritiene dunque necessario prevedere la realizzazione di nuovi tracciati in considerazione anche del notevole impatto che tali infrastrutture avrebbero sugli ecosistemi forestali e sulla fauna ivi protetta. Qualora nella gestione dell’emergenza da incendio si evidenziasse una carenza di collegamento si farà ricorso ad un servizio di mezzi aerei, limitando il più possibile il disturbo all’ambiente naturale. Il costo previsto per indennizzare eventualmente utenti d’uso civico per la indisponibilità di accesso all’uso delle risorse è di euro 200.000/anno

3.2.2 Tracciati spartifuoco La presenza all’interno del Parco Nazionale di estese aree boscate costituisce un prezioso ecosistema forestale che ha uno dei suoi principali elementi di pregio nella pressoché totale assenza di soluzioni di continuità o elementi antropici di contrasto. Questa caratteristica ha un enorme valore se si considera che l’intero

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Appennino è caratterizzato da una decisa presenza antropica con significative trasformazioni operate sul paesaggio naturale. In tale ottica, la realizzazione e l’apertura di viali tagliafuoco passivi rappresenta una misura in contrasto con la necessità di mantenere inalterata la naturalità del bosco e, ove possibile, provvedere al ripristino della stessa. Per quanto riguarda la realizzazione di viali tagliafuoco attivi, l’Ente Parco potrà promuovere nell’ambito delle attività di prevenzione e degli interventi selvicolturali la realizzazione di impianti di colture erbacee ed arboree autoctone con basso indice di incendiabilità onde costituire fronti di rallentamento delle fiamme nelle fasce prospicienti le aree boscate o ai margini della viabilità operativa. L’opportunità di tali interventi sarà valutata annualmente sulla base del rischio specifico e delle disponibilità finanziarie.

3.2.3 I punti di approvvigionamento idrico Sia in caso di intervento con mezzi aerei che con mezzi gommati da terra è stato fornito un elenco, graficamente riportata nella Carta delle infrastrutture, riguardante la distribuzione dei bacini idrici, naturali e non localizzati nelle aree interne o limitrofe all’area protetta e suddivisi in funzione del loro potenziale utilizzo, indispensabile per la pianificazione e la gestione delle operazioni di spegnimento degli incendi soprattutto nella fase di prelievo idrico. Sono stati quindi individuati: 1) punti di approvvigionamento idrico per mezzi aerei e 2) punti di approvvigionamento idrico per mezzi AIB. Al primo gruppo appartengono il Lago di Campotosto, il Lago di Provvidenza, le Sorgenti di Capo d’Acqua e l’invaso in Valle Palmonara tra quelli interni all’area protetta; il Lago di Scandarello, il Lago di Talvacchia, il Lago di Marignano ed il Lago di Penne, esterni all’area protetta. Gli invasi maggiori potranno essere utilizzati anche dai mezzi aerei tipo Canadair mentre tutti consentono il prelievo idrico con elicotteri. Non è possibile, data la particolare difficoltà nel reperimento delle informazioni, produrre un elenco degli invasi artificiali di piccole dimensioni, quali gli invasi per scopi irrigui ed acquedottistici e le vasche di raccolta di proprietà dell’ENEL.

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I punti di approvvigionamento idrico per mezzi AIB sono costituiti da serbatoi interrati di raccolta delle acque piovane e da serbatoi mobili da posizionare in funzione delle specifiche esigenze e della probabilità di incendio. I serbatoi interrati andranno localizzati in punti strategici del territorio ed in prossimità della viabilità operativa per consentire il rifornimento dei mezzi di spegnimento. Attualmente è stato realizzato esclusivamente il punto di approvvigionamento localizzato lungo la S.S. 80 in territorio di Pizzoli (AQ). I serbatoi mobili verranno invece posizionati nelle aree maggiormente disagiate ed a quote più elevate. Nella Carta degli interventi sono stati individuati i punti di approvvigionamento idrico fissi che verranno realizzati nel prossimo futuro mentre quelli mobili, per la loro natura, saranno cartografati separatamente. Il costo per la fornitura di vasche mobili nel numero di 16 è di euro160.000

3.3 Le operazioni selvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco La prevenzione cui in questo capitolo si vuole far riferimento si concretizza nella predisposizione di misure atte al contenimento della biomassa bruciabile del bosco, nella realizzazione delle condizioni di resistenza e nella realizzazione e manutenzione delle infrastrutture indispensabili alla gestione delle situazioni di rischio. La notevole complessità e diversificazione del mosaico vegetazionale dell’area protetta nonché la presenza di ampie superfici occupate da formazioni arboree alloctone, come i rimboschimenti eseguiti fin nel recente passato, impongono oltre alla diversificazione degli interventi selvicolturali specifici per le diverse tipologie di copertura vegetale, anche un diverso gradiente di priorità di intervento in relazione al carattere di naturalità del bosco stesso. Dalle indagini storiche eseguite sulle aree percorse da incendio e dallo studio del comportamento dei diversi materiali vegetali, circa la loro propensione alla combustione in determinate condizioni critiche, risulta infatti che le essenze resinose in generale e le conifere da rimboschimento presentano un elevato grado di infiammabilità, sia per la presenza di sostanze catalizzanti tale processo che per un sottobosco ricco di materiale secco in decomposizione.

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In tal senso, si ritiene opportuno procedere in via prioritaria sulle popolazioni vegetali costituite da impianti artificiali di conifere, escludendo le aree occupate da formazioni forestali di particolare pregio ecologico e naturalistico come le abetine di Tossicia e Cortino in provincia di Teramo, per le quali dovranno essere previsti specifici interventi di tutela e mantenimento.

1) Contenimento della biomassa bruciabile Tale operazione consiste nell’eliminazione ed asportazione del materiale vegetale potenzialmente combustibile attraverso interventi sistematici e coordinati con i tagli selvicolturali e con interventi mirati di eliminazione del sottobosco eccessivo. L’eliminazione della biomassa vegetale deve essere intesa non come ripulitura e decespugliamento integrale del bosco ma limitata ad operazioni localizzate nelle aree di maggior rischio di incendio ed, in particolare, lungo i margini esterni delle particelle boschive e lungo la rete viabile percorribile con i veicoli a motore. Particolare attenzione, deve essere rivolta al mantenimento della naturalità dei luoghi come, a titolo di esempio, il mantenimento della vegetazione arbustiva di ricostituzione delle essenze arboree di pregio. Nell’ambito di questi interventi deve essere previsto lo sfalcio delle erbe con mezzi manuali e la relativa rimozione del materiale di risulta per una fascia variabile dai 20 ai 25 metri dai bordi stradali o dai margini del bosco. Per la particolare tipologia della copertura vegetale presente nell’area protetta e la relativa diversità del rischio da incendio, devono essere previsti interventi differenziati in senso spaziale e temporale: 1. per le aree caratterizzate da soprassuoli puri e nei popolamenti di conifere, come i rimboschimenti, comunque governati a fustaia, si dovranno prevedere due interventi all’anno da eseguirsi nel periodo primaverile-estivo; 2. nelle aree in cui siano presenti popolamenti puri di faggio o misti di latifoglie governati prevalentemente a ceduo dovrà essere eseguito un singolo intervento a fine primavera; 3. nelle aree costituite da pascoli o da faggete e per qualsiasi forma di governo sarà sufficiente un trattamento ogni due anni.

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2) Induzione delle condizioni di resistenza al fuoco Questo intervento è volto a favorire lo sviluppo di soprassuoli in grado di rallentare non solo la diffusione, ma anche la velocità di propagazione del fuoco all’interno del bosco. Ciò si rende possibile con gli interventi selvicolturali di seguito riportati: • spalcature; • diradamenti; • conversione dei cedui in fustaia; • sostituzione di specie (limitatamente alle conifere).

I boschi di conifere la cui superficie occupa un’area non indifferente del territorio del Parco sono direttamente interessati a queste forme di prevenzione, avendo caratteristiche del soprassuolo tali da essere individuate tra quelle di maggior rischio di incendio. Gli interventi previsti in questo capitolo dovranno essere eseguiti in questi popolamenti due volte l’anno e lungo i margini delle particelle boschive ma, saltuariamente, anche su tutta la superficie prevedendo l’asportazione di tutto il materiale secco in piedi, il diradamento delle piante in soprannumero, malformate, malate o con densità eccessiva, la spalcatura delle piante fino ad una altezza di circa 2 metri, nonché, l’asportazione e l’allontanamento di tutto il materiale ricavato da tali interventi.

3.3.1 Interventi preventivi consigliati per tipologia di copertura vegetale e per intervento selvicolturale

A) Conversione dei cedui in fustaia Tale intervento aumenta le condizioni di resistenza del bosco nei confronti del fuoco, garantendo una copertura vegetale del terreno uniforme e, conseguentemente, una scarsa diffusione del sottobosco. Sono consigliabili interventi diversi in prossimità di strade o lungo i confini tra le varie aree, prevedendo un maggior numero di rilasci per garantire una copertura vegetale completa.

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E’ preferibile far partire gli interventi di conversione procedendo dai margini esterni delle aree o dai punti di tangenza con le piste carrabili. Qualora, per motivi di carattere pratico e/o logistico gli interventi di conversione del ceduo non fossero immediatamente realizzabili, si consiglia di incrementare, in alternativa, l’intensità della matricinatura.

B) Tagli intercalari sui boschi di conifere Si interviene con misure di sostituzione di specie per dare spazio alle essenze autoctone abbinando a queste la riduzione della biomassa bruciabile e l’interruzione della continuità vegetativa tra lettiera, strato arbustivo e chiome. Sono consigliabili interventi periodici e frequenti di ripulitura dello strato arbustivo, diradamenti con eliminazione dei piani dominati fino al 50% della copertura vegetale e spalcature. Gli interventi sul sottobosco dovranno essere, prioritariamente, eseguiti lungo le fasce marginali o lungo le strade.

C) Interventi conservativi sulle fustaie di faggio Generalmente queste formazioni vegetali presentano un basso indice di infiammabilità. Per ridurre ulteriormente il rischio, può essere consigliabile mantenere una densità di piante maggiore in prossimità di strade e confini delle aree a rischio, in modo da garantire una copertura vegetale uniforme ed una minore capacità di riscoppio del sottobosco. Tali interventi dovranno, comunque essere commisurati ed inseriti nell’ambito dei programmi di ricostituzione della naturalità e dell’equilibrio ecologico all’interno della fustaie di faggio con l’obiettivo di ottenere fustaie disetanee, multistrato e multispecie.

D) Interventi conservativi e migliorativi sui pascoli I pascoli rappresentano formazioni vegetali ad elevato rischio d’incendio e questo aumenta, ulteriormente, qualora siano presenti arbusti e cespugli. Per ridurre tale eventualità è necessario predisporre fasce di bassa combustibilità ed interruzioni della vegetazione ricorrendo allo sfalcio e ripuliture del

- 96 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO terreno. Le fasce di bassa combustione possono essere realizzate mediante decespugliamento selettivo e ripulitura del terreno.

E) Interventi di rimboschimento Tali interventi devono essere realizzati secondo i canoni della lavorazione andante. Gli interventi consistono nell’individuazione delle specie da utilizzare, nel decespugliamento selettivo, l’apertura delle buche, la messa a dimora delle piantine e la messa in opera delle opportune protezioni (pali tutori, shelters, reti metalliche). Il costo annuo per tali interventi è previsto nella misura di euro 1.000.000

3.4 Formazione Il piano individua la programmazione delle attività formative e addestrative di tutti i soggetti utilizzabili per l’attuazione delle attività di previsione e di prevenzione (compreso l’utilizzo di software e di strumenti informatici quali l’EUDIC e il SIM o qualsivoglia supporto). Per gli addetti alle attività di lotta attiva, si dovrà prevedere una specifica preparazione, oltre all’accertamento dell’idoneità fisica. Tali attività si svolgeranno in “centri di addestramento e di formazione permanente” all’uopo istituiti presso le strutture del CFS sotto la direzione di responsabili del corpo medesimo o presso analoghe strutture regionali. Contribuiranno all’istituzione di tali centri anche gli Enti territoriali e locali, nonché, le Amministrazioni statali interessate alla materia. Particolare attenzione, deve essere rivolta all’informazione nelle scuole di ogni ordine e grado, organizzando, di concerto con le autorità competenti, incontri tra gli studenti e operatori istituzionali del settore. In base ai riscontri in diverse campagne informative i migliori risultati sono stati ottenuti da quelle iniziative rivolte alle categorie di cittadini più interessati al fenomeno, in particolare gli agricoltori, avvertendoli dei rischi di certe pratiche e abitudini e ammonendoli sulle responsabilità penali e civili a cui vanno incontro, esponendo la collettività al pericolo di incendi. Tutte le forze di pubblica sicurezza vanno ovviamente coinvolte, attribuendo in questo caso, anche compiti di primo intervento per quanto riguarda il pericolo alla popolazione civile.

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La formazione prevista dal presente Piano dovrà essere strutturata su tre livelli, distinti in funzione dei destinatari finali della formazione stessa. Una formazione di primo livello dovrà interessare i volontari che, annualmente organizzati in squadre, avranno un ruolo determinante nell’ambito della lotta attiva ed in particolare con riferimento alle misure di sorveglianza, avvistamento ed intervento in caso di incendio. Tale personale volontario riceverà una formazione differenziata in relazione allo specifico ruolo svolto dalla squadra di cui farà parte. Un secondo livello di formazione, di carattere specialistico ed operativo, dovrà riguardare i gruppi di volontari organizzati in Squadre di Intervento Comunali. Questo personale dovrà essere in grado di intervenire tempestivamente nelle aree sottoposte ad incendio e provvedere alle operazioni di spegnimento sotto il coordinamento del Corpo Forestale dello Stato e dai Vigili del Fuoco. Queste squadre saranno quindi fornite di materiale ed attrezzatura atta allo scopo e dovranno avere una formazione adeguata ai compiti assegnati. Infine, un terzo livello di formazione dovrà riguardare gli operatori chiamati istituzionalmente ad intervenire nella lotta attiva contro gli incendi boschivi con particolare riferimento agli agenti del Corpo Forestale dello Stato in servizio presso i 16 Comandi Stazione alle dipendenze del Coordinamento Territoriale per l’Ambiente. Per questi operatori sono necessari corsi di aggiornamento, dimostrazioni sul campo ed esercitazioni specifiche per le diverse situazioni verificabili in area protetta. I costi previsti per i vari livelli di formazione sono di Euro 150.000/anno

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4. LOTTA ATTIVA

4.1 Le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi

La lotta attiva si divide in attività di prevenzione e monitoraggio ed attività di vero e proprio spegnimento. La prevenzione oltre che con le azioni sul territorio tese alla diminuzione della vulnerabilità ed alla educazione e sensibilizzazione si attua con il continuo controllo del territorio. La sorveglianza egregiamente svolta dal CFS dovrà durante la stagione di massima pericolosità per gli incendi boschivi essere incrementata con il ricorso delle associazioni di volontariato di protezione civile. Queste, organizzate in un albo regionale, già hanno un proficuo rapporto con le Regioni e di norma si muovono sulla base di accordi e convenzioni con le Regioni all’interno ed all’esterno del Parco. In considerazione dell’importanza del territorio protetto l’Ente Parco attuerà con le associazioni di volontariato una convenzione per la sorveglianza A.I.B. e per lo spegnimento che si innesta con l’analoga convenzione stipulata con le Regioni. Il sistema di programmazione, controllo verrà affidato al CTA/CFS che indicherà le prioritarie esigenze e dirigerà l’azione del volontariato, convenzionato con il Parco, coordinandosi con la S.O.U.P e la C.O.R. I volontari, opportunamente attrezzati e formati, concorreranno allo spegnimento del fuoco sotto la direzione del CFS. I rapporti che dovranno realizzarsi tra il Parco ed il volontariato saranno simili ed omogenei a quelli che lo stesso volontariato avrà con le Regioni interessate. In definitiva non sono previste variazioni della organizzazione del complesso sistema di lotta agli incendi, ma solo il suo potenziamento nel territorio del Parco in ragione della sua peculiare valenza ambientale. Il Costo delle convenzioni con le associazioni di volontariato è previsto in Euro 1.000.000/anno.

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4.2 Il Sistema di Avvistamento del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga La realizzazione di un efficiente sistema di avvistamento sul territorio rappresenta un aspetto particolarmente delicato del Piano AIB. Il corretto funzionamento di tale sistema implica infatti l’attivazione immediata dell’allarme e del successivo spegnimento del focolaio di incendio. Da cui il successo delle operazioni e la validità dello stesso Piano AIB e di quanto in esso codificato. Numerose sono le esperienze in campo nazionale circa l’adozione di diversi sistemi di avvistamento in parte aderenti ai rispettivi Piani AIB regionali o commisurati alle esigenze specifiche delle aree protette. Per la lotta attiva nel presente Piano AIB si fa riferimento alle procedure attuate prevalentemente dalla Regione Abruzzo ovvero con l’utilizzo delle organizzazioni di volontariato presenti sul territorio ed ufficialmente registrate tra quelle aventi specifiche competenze ed abilitazione in materia di avvistamento ed intervento in caso di incendio boschivo. Queste saranno coordinate nelle loro attività dal locale Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato (CTA/CFS). A tal proposito, si prevede la stipula di apposite convenzioni aventi carattere stagionale con le suddette Associazioni di volontariato operanti nelle cinque Province del Parco secondo modalità e criteri di indennizzo definiti annualmente anche sulla base dei risultati conseguiti negli anni precedenti. La lotta attiva agli incedi boschivi viene comunque garantita all’interno del Parco dal Corpo Forestale dello Stato mediante il Coordinamento Territoriale per l’Ambiente. L’Art. 21 della Legge n. 394 del 1991 stabilisce che la sorveglianza sui territori delle aree protette di rilievo nazionale sia esercitata dal Corpo Forestale dello Stato. Il D.P.C.M. 5 luglio 2002 “ Coordinamenti Territoriali del Corpo Forestale dello Stato ”, in applicazione del sopra citato articolo di legge, ne stabilisce le funzioni ed i compiti. Il Coordinamento Territoriale per l’Ambiente opera, con vincolo di dipendenza funzionale dall’Ente Parco, nel rispetto dell’unitarietà di struttura e di organizzazione gerarchica del personale per tramite dell’Ufficiale del C.F.S. preposto al coordinamento stesso.

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Il CTA/CFS a sua volta opera, rispetto ai Comandi Regionale e Provinciale, nell’ambito della propria circoscrizione con autonomia funzionale e mantiene rapporti diretti con la Direzione Generale per le attività di propria competenza. Svolge quindi tutte le funzioni proprie del Corpo Forestale alla diretta dipendenza gerarchica dal Comando Regionale del C.F.S. e provvede alle dipendenza dell’Ente Parco: a) allo svolgimento dei compiti di sorveglianza e custodia del patrimonio naturale nelle aree protette; b) ad assicurare il rispetto del regolamento del piano del parco, nonchè alle ordinanze dell’Ente Parco; c) agli adempimenti connessi alla inosservanza delle misure di salvaguardia; d) ad assistere l’Ente Parco nell’espletamento delle attività necessarie alla conservazione ed alla valorizzazione del patrimonio naturale nell’ambito delle materie di cui all’art. 1, comma 3, lettere a, b, c della L n. 394/91; e) allo svolgimento di tutte le attività connesse ai compiti di cui alle lettere precedenti.

Specificatamente per gli incedi boschivi il CTA/CFS, nell’ambito del territorio dell’area protetta:  coordina le attività volte alla prevenzione ed alla lotta agli incendi boschivi;  dirige le operazioni di spegnimento degli incendi boschivi;  coordina i movimenti dei mezzi AIB e delle Unità di Intervento addette allo spegnimento degli incendi boschivi;  attiva le Unità di Intervento in caso di inadempienza degli Organi preposti;  richiede alla SOUP l’intervento dei mezzi aerei antincendio;  segnala alla SOUP la necessità di risorse, mezzi e personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia dello Stato;

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 d’intesa con la SOUP, attiva i servizi aerei regionali di avvistamento e spegnimento degli incendi boschivi ed altri servizi regionali inerenti la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi;  raccoglie ed elabora i dati inerenti gli incedi boschivi necessari per l’aggiornamento del Piano AIB;  attiva le Unità di crisi locale, interessando le autorità competenti.

Il CTA/CFS fornisce inoltre all’Ente Parco il supporto tecnico utile per proporre al competente Ministero l’apposito Piano AIB.

4.3 Ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme, spegnimento La ricognizione del territorio sarà effettuata con riferimento alle aree e nei periodi di maggior pericolo, con mezzi aerei e/o tramite squadre a terra motorizzate e dotate di adeguata attrezzatura. Con riferimento alle aree di particolare pregio o a rischio particolarmente elevato, dovranno essere predisposte attività di sorveglianza in modo intensivo e continuativo, con l’utilizzo di squadre addette al controllo del territorio e/o con sistemi fissi di monitoraggio e/o con una rete di osservazione da vedetta uniformemente distribuita sul territorio in questione. L’avvistamento sarà effettuato da terra a mezzo di squadre mobili sul territorio e/o di vedette fisse - da mezzo aereo, tramite l’impiego di sistemi di avvistamento automatici fissi (sensori all’infrarosso, telecamere, ecc.). Dall’efficienza con la quale è gestita la rete di ricognizione sorveglianza avvistamento fissa e mobile, terrestre ed aerea, dipende l’efficacia dell’intervento di spegnimento; il presente piano ne prevede il miglioramento ed il potenziamento. La segnalazione dell’allarme può pervenire ai centri di ascolto dedicati sia dagli addetti ai servizi di ricognizione-sorveglianza-avvistamento e sia da altri soggetti pubblici e privati tramite l’utilizzo di reti di telecomunicazione (riservate per gli operatori) o a mezzo di linee telefoniche i cui riferimenti siano opportunamente pubblicizzati.

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In ogni caso, la segnalazione giunge alla C.O.R. o alla S.O.U.P. competente che attivano le strutture del CFS in servizio che hanno il compito di valutare l’entità dell’evento, la sua gravità e le modalità di intervento. Il presente piano prevede la dislocazione sul territorio di squadre di intervento per lo spegnimento a terra formate da un numero congruo di addetti addestrati e dotati di certificata idoneità fisica. Sulla base della cartografia del rischio, sono individuati su apposita mappa (preferibilmente su supporto GIS) gli obiettivi da difendere, con indicazione delle priorità e del territorio di pertinenza di ciascuna squadra. Di norma le squadre operano nell’ambito del territorio di competenza, ma è possibile anche l’impiego in altra zona del territorio regionale qualora particolari emergenze lo esigano, fermo restando l’attribuzione del coordinamento delle operazioni. Le squadre sono impiegate con modalità di piena disponibilità nei periodi di massima pericolosità, durante i quali esse effettuano azioni perlustrative o attività manutentorie leggere; con il criterio della reperibilità, nei periodi di allertamento e nelle ore fuori servizio. Ogni squadra dovrebbe essere dotata di:

• mezzo fuoristrada tipo pick up passo lungo dotato modulo mobile aib tipo “elfo 3.0” per attività di sorveglianza e di primo intervento munito di semplici attrezzature manuali (flabello, roncola, rastrello, zappa, pala, motosega e decespugliatore) e cassetta contenente il necessario per il primo soccorso medico; il mezzo inoltre deve essere dotato di un’apparecchiatura tipo gps/box che consente la localizzazione del veicolo attraverso Google Maps o altro software GIS. Si vuole evidenziare l’importanza di detta configurazione poiché prevede l’impiego del modulo mobile aib “Elfo 2.5” che ha riscontrato, in fase operativa, notevoli vantaggi rispetto ai mezzi fuoristrada dotati di modulo aib fisso. In ogni intervento di estinsione su un incendio boschivo I vantaggi consistono nell’avere un mezzo fuoristrada che opera

• apparecchi radio fissi, veicolari e portatili per la connessione via etere, su frequenze prestabilite riportate nelle procedure per la richiesta di

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concorso aereo con le sedi del CFS, l’unità dei Vigili del Fuoco, le sedi locali della Protezione civile .

• attrezzature per l’avvistamento (binocolo, ecc.)

• accorgimenti per il riconoscimento delle squadre stesse (es. apposizione di distintivi e targhe);

• attrezzature di autoprotezione previste dalle vigenti normative in materia di sicurezza sul lavoro. Le squadre a terra, sempre in diretto contatto radio o telefonico con le centrali operative, possono essere impiegate anche, ovviamente, nelle fasi di ricognizione, avvistamento e sorveglianza, in modo da ridurre il più possibile i tempi di intervento sul fuoco. Al di fuori dei periodi a rischio, il personale delle squadre può essere impiegato in attività di prevenzione del rischio incendi boschivi.

4.3.1 Sale Operative Unificate Permanenti (SOUP) La Sala Operativa Unificata Permanente (SOUP) contribuisce ad assolvere un insieme di esigenze proprie delle attività di protezione civile, pertanto, a regime, essa rappresenta il centro operativo di gestione delle emergenze, relative ai diversi rischi che insistono sul territorio regionale, nonché, l’organo di collegamento tra le componenti territoriali deputate a svolgere compiti di protezione civile. Al fine di assicurare l’efficacia dello svolgimento delle attività nella SOUP devono essere rappresentate tutte le componenti istituzionali e non contemplate dall’art. 6 della Legge 225/92. Nello specifico, per quanto attiene al rischio incendi boschivi, è richiesta la presenza congiunta di rappresentanti degli enti locali, del CFS, del CNVVFF e del volontariato. La SOUP nei periodi a maggior pericolo di incendio boschivo deve assicurare un funzionamento 24 ore; il responsabile redige un report giornaliero delle attività svolte, che verrà inviato alle istituzioni rappresentate nella SOUP stessa e, in emergenza, anche agli organi centrali (ministeri e DPC/Agenzia) in base a procedure interne prestabilite. In particolare, la SOUP, relativamente al pericolo incendi boschivi, dovrà assicurare il collegamento e il coordinamento fra il livello regionale e quello locale,

- 104 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO inoltre, dovrà gestire le fasi relative alla richiesta di concorso aereo dei mezzi aerei dello Stato per lo spegnimento degli incendi boschivi. All’interno dell’area protetta le funzioni di coordinamento operativo sono svolte direttamente dal Coordinamento Territoriale per l’ambiente del Corpo Forestale dello Stato il quale è in collegamento diretto con i Comandi Stazione dislocati sul territorio. Lo tesso Coordinamento è in collegamento con le SOUP della regioni Abruzzo, Marche e Lazio, oltre che con le C.O.R. di Abruzzo, Lazio e Marche

4.3.2 I punti di avvistamento Nel presente studio preliminare, sono stati individuati i potenziali punti di avvistamento (PA) distribuiti sul territorio dell’area protetta e sfruttabili per la sorveglianza antincendio. Questi possono essere costituiti da punti fissi o mobili. Al primo gruppo appartengono quei punti di avvistamento costituiti da strutture leggere in legno dell’altezza di circa 4 - 5 metri e raggiungibili con apposita scala sulla sommità dai quali è disposto un gabbiotto, sempre in legno, munito di tettoia all’interno del quale alloggiano uno o due addetti al servizio di avvistamento. Gli addetti avranno in dotazione il materiale cartografico relativo all’area da sorvegliare, un binocolo e la radio trasmittente per le comunicazioni di servizio con la base operativa. Questa base, limitatamente al periodo critico, dovrà essere costituita presso gli uffici comunali o il locale Comando Stazione del Corpo Forestale dello Stato, ed avrà il compito di allertare le strutture preposte alla difesa inserendosi, così, nel sistema più vasto precedentemente descritto. I punti di avvistamento mobile sono invece rappresentati dagli addetti alla sorveglianza che, in numero di 2 o 3, si sposteranno a piedi sul territorio con il compito di presiedere le aree eventualmente coperte alla visuale dai punti di avvistamento fissi e per raggiungere, in breve tempo, i punti critici. Anche questi addetti avranno in dotazione la medesima attrezzatura a disposizione dei colleghi fissi.

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5. PREVISIONE ECONOMICO - FINANZIARIA

Per la realizzazione delle misure previste dal Piano antincendio boschivo sono necessarie specifiche disponibilità finanziarie non previste nel Bilancio Economico dell’Ente Parco. Altre fonti di finanziamento potranno scaturire da Protocollo ed Accordi con le Amministrazioni interessate o da progetti specifici realizzati con contributi statali ed europei. Gli interventi previsti sono stati distinti in: 1) interventi strutturali per i quali si intende la completa realizzazione nell’arco di cinque anni e 2) interventi annuali ossia l’insieme di misure aventi carattere sostanzialmente preventivo che saranno realizzati attraverso progetti specifici annuali. Di seguito si riporta la ripartizione finanziaria degli interventi in relazione alla suddivisione precedente: Previsione economico finanziaria: Interventi strutturali (Una tantum)

Misure Azioni Previsione (Euro) Prevenzione Approvvigionamento idrico 500.000,00 Altri interventi strutturali 300.000,00 Mezzi antincendio 1.000.000,00 Lotta attiva Attrezzature antincendio 400.000,00 Potenziamento strutture antincendio 300.000,00 TOTALE 2.500.000,00

Previsione economico finanziaria: Interventi annuali nel quinquennio 2008-2012

Misure Azioni Previsione (Euro) Previsione Realizzazione e gestione del modello 50.000,00 indiretta Campagne informative, segnaletica del Parco 50.000,00 Viabilità forestale 300.000,00 Prevenzione diretta Interventi selvicolturali 400.000,00 Formazione annuale 100.000,00 Lotta attiva Sostituzione, manutenzione infrastrutture 200.000,00 TOTALE 1.100.000,00

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Completamento ed Aggiornamento Piano AIB 2008-2012

Nella definizione delle linee di intervento previste per il completamento e l’aggiornamento del Piano A.I.B. del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga per il quinquennio 2008 - 2012, si è fatto riferimento alla necessità del completamento delle attività relative ai differenti aspetti inerenti la fase di Previsione ed alle Parti Speciali del Piano. In particolare, per quanto riguarda la fase di Previsione, il completamento delle conoscenze di base come l’acquisizione di una banca dati incendi completa, la realizzazione di carte di base e di elaborazione dei dati disponibili risulta di fondamentale importanza per redigere un Piano AIB che sia in perfetta sintonia con quanto dettato dalle Linee Guida. Infine, per quanto concerne le Parti speciali si è individuata la necessità di definire gli interventi di prevenzione e gestione del patrimonio boschivo. Inoltre, alcune fasi quali la rielaborazione dei dati, la creazione ed il reperimento di quelli mancanti necessitano di studi, ricerche e sopralluoghi che richiedono risorse finanziarie e temporali attualmente non disponibili. Per ognuna di queste attività è stato valutato il fabbisogno finanziario che viene riportato di seguito in modo sintetico.

PREVISIONE DI SPESA PER IL QUINQUENNIO 2008-2012

Misure Azioni Previsione (Euro) Previsione Realizzazione e gestione del modello 250.000,00 indiretta Campagne informative, segnaletica del Parco 250.000,00 Viabilità forestale 1.500.000,00 Prevenzione diretta Interventi selvicolturali 2.000.000,00 Formazione annuale 500.000,00 Lotta attiva Sostituzione, manutenzione infrastrutture 1.000.000,00 TOTALE 5.500.000,00

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6. PARTE SPECIALE

6.1 La Carta della zonazione degli interventi

Una parte importante del Piano Antincendio riguarda la previsione degli eventuali interventi necessari a favorire la ricostituzione delle aree di bosco percorse dal fuoco. L’art. 10 della Legge 353/00 prevede, tra i vari vincoli imposti alle aree percorse da fuoco, l’impossibilità di procedere con interventi di ingegneria naturalistica e di ricostituzione degli ambienti naturali per i 5 anni successivi all’evento calamitoso, salvo autorizzazione espressamente rilasciata dal competente Ministero. Nell’area del Parco Nazionale numerose sono le aree che risultano essere state incendiate oltre tale limite temporale, per cui è necessario prevederne la rinaturalizzazione definitiva. Le tipologie di intervento in tali ambiti sono differenziate in funzione di molte variabili; le principali sono: 1. vegetazione potenziale che si svilupperebbe in maniera naturale nell’area con le condizioni climatiche attuali); 2. inclinazione del pendio dell’area percorsa dal fuoco; 3. intensità dell’incendio. Tra queste quella che più incide sul ripristino di condizioni di naturalità è sicuramente la terza: l’ intensità dell’incendio, potrebbe, infatti, influenzare la struttura del suolo, inoltre la perdita della copertura vegetale rende il pendio vulnerabile all’innesco di fenomeni erosivi ed a forti dilavamenti con possibile perdita di suolo. Tale problema è accentuato da altri fattori sfavorevoli, come le elevate pendenze dell’area percorsa dal fuoco, il substrato geologico e le piogge violente successive all’evento. La perdita di suolo è l’evento più negativo. La sua ricostituzione può richiedere processi evolutivi anche di centinaia di anni: le gravi ripercussioni negative si avrebbero, oltre che per il recupero successivo della vegetazione stessa (enormemente rallentato), anche per la sicurezza di infrastrutture (centri abitati, strade, etc.) eventualmente presenti a valle dell’area percorsa dal fuoco.

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Gli interventi da prevedere dopo l’evento incendiario possono inoltre variare in funzione della capacità di resistenza e resilienza all’incendio degli ambienti colpiti. Tale capacità è funzione sopratutto della qualità e struttura del suolo dopo l’incendio che, a sua volta, dipende essenzialmente dall’inclinazione del pendio colpito. Subito dopo un incendio, ci potrebbe essere una maggiore disponibilità di sostanze minerali derivanti dalle ceneri, ma il suolo, disidratato e privo di copertura vegetale, è molto più vulnerabile ai fenomeni erosivi e di dilavamento. Pertanto, gli interventi di ricostituzione boschiva devono essere valutati singolarmente previa verifica della situazione di fatto tramite sopralluoghi congiunti e multidisciplinari con presenza di differenti figure professionali per verificare lo stato delle variabili sopra descritte e pianificare gli interventi confacenti alle caratteristiche climatico-ambientali del sito. Un ruolo importante è senza dubbio svolto dalle condizioni stazionali del sito incendiato ed in particolare le caratteristiche fisiche come l’acclività del terreno che condizionano in maniera sostanziale gli interventi successivi.

Incendi su pendii lievi o in pianura (inclinazione 0°< i < 15°). Nel caso di incendi che percorrano superfici poco inclinate o in pianura, anche se molto violenti ed intensi, si prevede una ricostituzione spontanea della vegetazione nel caso in cui la fonte dei semi delle specie legnose non risultasse troppo lontane a dall’area incendiata. In condizioni di scarsa pendenza del terreno risulta limitato o nullo anche il pericolo di perdita di suolo e l’innesco di fenomeni erosivi e di dilavamento. L’osservazione della ricolonizzazione spontanea della vegetazione, in particolare l’innesco della successione secondaria ed i suoi diversi stadi e facies, successivamente ad un incendio, potrebbe fornire interessanti dati sulla dinamica vegetazionale che si viene ad instaurare ed utilissime indicazioni sulle piante pioniere che, evidentemente, risulterebbero anche le più adatte ad essere utilizzate nel caso si volesse intervenire in altri ambiti.

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Incendi su pendii ripidi o accentuati (inclinazione i >15°) Gli eventuali interventi da pianificare dopo l’incendio devono essere previsti in base alla qualità ed alla struttura del suolo disponibile in primo luogo e, conseguentemente, in relazione alla inclinazione del pendio ed alla relativa stabilità. Essendo difficoltoso migliorare in breve tempo la qualità e la struttura del suolo disponibile, gli interventi più urgenti devono essere individuati tra quelli che permettono di conservare il suolo ancora presente e quelli volti a favorire i processi pedogenetici. A partire dalle condizioni più gravi, si dovrebbero mettere in atto interventi adatti a stabilizzare il pendio, con piccole opere di ingegneria naturalistica (fascinate e/o palificate), posizionate prioritariamente lungo gli impluvi, dove potrebbe essere più violento il dilavamento, oppure a margine dei cambi di inclinazione del pendio, dove è maggiore l’incidenza dell’acqua che ruscella e la conseguente erosione.

L’art. 4 della Legge 353/2000 prevede di attivare specifici “interventi finalizzati alla mitigazione dei danni conseguenti” agli incendi boschivi. Pertanto, assume particolare rilevanza l’attivazione di idonee misure a favorire la capacità intrinseche di recupero dell’ecosistema danneggiato. Gli interventi post incendio devono essere attuati in modo differenziato in funzione del tipo di danno, della gravità delle conseguenze e delle caratteristiche adattative delle specie arboree che costituiscono i soprassuolo, rispettandone le strategie rigenerative.

Di seguito vengono illustrati gli interventi specifici di mitigazione dei danni conseguenti agli incendi boschivi da realizzare all’interno dell’area protetta.

Operazioni di bonifica post incendio In linea di massima i residui legnosi di un popolamento forestale percorso dal fuoco dovrebbero essere rimossi dato che rappresentano un accumulo di massa pericoloso sia per lo sviluppo di nuovi incendi che per eventuali malattie. Pertanto, l’intervento di bonifica dovrebbe essere eseguito nell’autunno del medesimo anno o, al massimo, la primavera successiva all’incendio.

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Nell’area protetta tali operazioni si rendono necessarie sia per facilitare il nuovo insediamento della vegetazione che per evitare un eventuale giudizio negativo da parte dell’opinione pubblica. Infatti, la mancata bonifica delle aree percorse dal fuoco soprattutto nelle aree protette può essere equivocata come un segnale di abbandono e disinteresse dell’ente gestore e tale atteggiamento potrebbe contribuire ad ulteriori episodi di incendio. Il materiale recuperato nell’ambito dei lavori di bonifica raramente risulta utilizzabile a fini commerciali ed, in ogni, caso non si ritiene opportuno la consegna delle quantità eventualmente ottenute alle popolazioni locali (es. uso civico). Qualora le operazioni di bonifica non possano essere realizzate nei tempi sopra descritti e la vegetazione da rinnovazione naturale risultasse già affermata, dovranno essere previsti interventi di diradamento selettivo dal basso e successiva bonifica dei residui bruciati. Nei cedui si consiglia di attendere la maturità tecnica del soprassuolo e, quindi, procedere ad un taglio di utilizzazione di fine ciclo. Qualora le condizioni stazionali lo consentono, si può effettuare un diradamento dei polloni per l’avviamento del soprassuolo all’altofusto.

Riqualificazione del substrato podologico La possibilità di accelerare i cicli naturali e di favorire il recupero della copertura vegetale deve necessariamente prevedere la riqualificazione del substrato podologico da punto di vista chimico, fisico e biologico. Tal riqualificazione è strettamente correlata alla realizzazione delle misure selvicolturali di recupero descritte in questo capitolo. Al fine di migliorare le caratteristiche chimico-fisiche dei terreni percorsi dal fuoco è necessario provvedere ad una concimazione organica in grado di riequilibrare le principali caratteristiche del terreno in merito a tessitura, passaggio di gas e liquidi, contenuto di elementi fertilizzanti. Per quanto riguarda invece le caratteristiche biologiche dei terreni non si esclude l’utilizzo di piante micorrizate e l’applicazione in situ di microrganismi non simbiotici.

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Misure selvicolturali Trattandosi di interventi da eseguire all’interno dell’area protetta è necessario che questi siano rivolti al ripristino delle potenzialità naturali delle biocenosi colpite. Non si escludono comunque in casi specifici “necessarie” forzature dei naturali processi biologici in atto nelle aree percorse da fuoco. Tutti gli interventi da realizzare nelle aree danneggiate dal fuoco devono essere preceduti da attenti studi sulla serie di vegetazione che si sta instaurando su tali terreni dopo le operazioni di bonifica preliminare. In considerazione delle caratteristiche specifiche delle formazioni forestali presenti nell’area protetta sono state individuate tre tipologie di intervento da realizzare sulle aree percorse dal fuoco utili per una corretta gestione delle biocenosi degradate.

1) Recupero naturale dei suoli percorsi dal fuoco In tali aree si prevede esclusivamente un costante monitoraggio dei processi dinamici naturali e nella verifica della loro coerenza con gli obiettivi di assetto forestale dell’area protetta.

2) Accelerazione del recupero In determinate circostanze può ritenersi opportuno dare un impulso “esterno” ai naturali processi biologici di recupero al fine di evitare fenomeni di dissesto idrogeologico o per indirizzare la rinnovazione naturale verso quelle specie arboree ritenute meritevoli di essere salvaguardate. Considerando che in area mediterranea, in genere, le formazioni forestali reagiscono efficacemente agli incedi, la misura tecnica da attuare è una gestione selvicolturale e vegazionale a sostegno. In tal senso, si ritiene opportuno avviare gli interventi di recupero tempestivamente mirando alla creazione delle condizioni ottimali per l’affermazione della rinnovazione. Pertanto si potrà procedere i caso di cedui di latifoglie ad un rinvigorimento della rinnovazione agamica eseguendo operazioni di succisione e tramarratura sulle ceppaie. In caso di particolare crescita e sopravvento di arbusti quali Cistus , Rubus e Crataegus, per favorire la ripresa arborea, si possono eseguire operazioni di ripulitura

- 112 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO ed eliminazione di tali competitori ove la rinnovazione ha la migliore possibilità di affermazione.

3) Recupero della densità del soprassuolo Si procede in tal senso con interventi coerenti per autoecologia e sinecologia alla serie di vegetazione nei casi in cui il bosco è così danneggiato da non poter garantire nel medio periodo una soddisfacente rinnovazione naturale. In questi casi, si provvede ad un rinfoltimento per via naturale o direttamente mediante interventi di rinfoltimento artificiale. Nel primo caso si vogliono incrementare le funzioni di fruttificazione e disseminazione attraverso interventi di ripulitura che consentono l’affermarsi della rinnovazione stessa. Nei cedui può essere opportuno al fine di aumentare la densità dei soggetti arborei, cercare di favorire l’affrancamento dei polloni radicali. Quando invece le aree percorse dal fuoco sono molto vaste ed il popolamento originario risulta particolarmente danneggiato, si ritiene opportuno procedere alla piantumazione delle specie componenti il soprassuolo con un rinfoltimento artificiale da eseguire subito dopo lo sgombero del soprassuolo bruciato. Le operazioni di piantumazione devono essere ispirate al pattern di espansione naturale della rinnovazione. E’ quindi opportuno realizzare gruppi densi di specie autoctone su piccole superfici nei microambienti più favorevoli. Tali interventi hanno maggiore efficacia se realizzati con piante adatte alle condizioni ambientali del sito: a tale scopo occorre principalmente tener presente che la legge quadro sulle aree protette (394/91) vieta l’introduzione di piante non autoctone. Le specie da utilizzare andranno scelte non in base alla vegetazione potenziale dell’area (che dipende dalla quota, dall’esposizione, dalla qualità e struttura del suolo), ma facendo attenzione a considerare il fatto che il suolo, dopo un incendio, manca sicuramente di due requisiti fondamentali: • stabilità, • grado di evoluzione.

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La stabilità va ricercata tramite le opere di ingegneria naturalistica e la messa a dimora di piante adatte; generalmente il suolo si presenta, dopo un incendio, meno evoluto del suolo potenziale (climax). Le piante da mettere a dimora vanno conseguentemente scelte in considerazione di due criteri fondamentali:1) specie tipiche del piano bioclimatico nel quale ci si trova e 2) specie tipiche dei gradi evolutivi “inferiori” della serie vegetazionale climax. La scelta delle piante risulta di fondamentale importanza: infatti la messa a dimora di piante pioniere (siano esse erbacee, arbustive o arboree) nelle esperienze di rinaturalizzazione di ambienti sottoposti ad impatto antropico ha dato buoni risultati nella gran parte dei casi. Le specie pioniere hanno la caratteristica di avere degli apparati radicali molto sviluppati, adatti a stabilizzare i pendii. Esse vanno cercate tra quelle specie che colonizzano i ghiaioni e le superfici scarificate con scarsa presenza di suolo. Secondo la Carta del rischio di incendio, questi sono più probabili nelle fasce bioclimatiche basali, rispetto a quelle di alta quota. Si fornisce conseguentemente una tabella (Tab. 1) con alcune specie arbustive o arboree che possono essere positivamente impiegate nei lavori di stabilizzazione dei pendii e ricostituzione della vegetazione. Nella Tab. 2, invece, viene fornito un elenco delle specie erbacee idonee allo scopo. La scelta delle specie per i piani bioclimatici collinare e montano può essere allargata ad altre specie, relativamente facili da reperire sul mercato, ma delle quali bisogna chiedere la certificazione di origine del germoplasma. Inoltre, la scelta delle specie va fatta in seguito all’accertamento delle condizioni pedologiche, litologiche, al pH, all’esposizione. E’ di fondamentale importanza la manutenzione successiva ai lavori al fine di ottimizzare i risultati e di non vanificare sforzi e risorse.

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Tab 1 - Elenco specie arbustive ed arboree che possono essere utilizzate negli interventi di ricostituzione boschiva alle quote del piano bioclimatico montano (m) e collinare (c).

Juniperus communis Amelanchier ovalis Juniperus oxycedrus Sorbus aria Salix sp. pl. Spartium junceum Quercus ilex Cytisus sessilifolius

Q. pubescens Cytisus scoparius Ostrya carpinifolia Fraxinus ornus Corylus avellana Pistacia terebinthus Populus tremula Rhamnus saxatile Prunus dulcis Laburnum anagyroides Prunus mahaleb

Tab. 2 – Elenco specie erbacee che possono essere utilizzate negli interventi di ricostituzione della vegetazione

Festuca cinerea (semi e cespi) Festuca dimorpha (cespi e semi) Festuca inops (semi e cespi) Festuca pallens (semi e cespi) Sesleria tenuifolia (semi e cespi) Sesleria nitida Ten. (semi e cespi) Koeleria splendens (semi e cespi) Rumex scutatus (semi) Drypis spinosa subsp. spinosa (semi) Ononis cristata subsp. apennina (semi) Scabiosa crenata (cespi e semi)

Attraverso la sovrapposizione della Carta della vegetazione con quella delle Aree percorse dal fuoco e quella del Rischio di incendio è stato possibile definire gli interventi puntuali per ciascuna area incendiata da realizzare nel periodo di validità del Piano AIB e riportati in maniera analitica sulla specifica Carta della zonazione degli interventi .

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Questa, in particolare, definisce misure specifiche di intervento da realizzare esclusivamente nelle aree precedentemente interessate da incendio secondo le indicazioni di massima fornite nei paragrafi precedenti. Di altra natura e scopo sono invece le misure, sempre a carattere selvicolturali, descritte nel capitolo 3.3 e riferibili invece ai soli interventi di prevenzione. Di seguito sono inoltre riportate due schede progetto estrapolate dalla sopra menzionata Carta che richiedono una particolare cura ed attenzione nella realizzazione dell’intervento di ripristino ambientale sia per la particolare dimensione dell’incendio che le ha interessate che per la notevole importanza naturalistica rivestita dalle stesse.

6.2 Catasto delle aree percorse dal fuoco Il Catasto delle aree percorse dal fuoco costituisce elemento cardine del sistema sul quale è basato il presente Piano. La Legge quadro sugli incendi boschivi raccoglie dalla legislazione precedente l’obbligo di compilare, trasmettere e mantenere un registro delle aree percorse dal fuoco. Tale adempimento era di stretta pertinenza dei singoli Comuni che, annualmente, avrebbero dovuto mantenere aggiornato, anche attraverso un’opportuna cartografia, l’inventario delle aree percorse dal fuoco nell’anno precedente. L’Ente Parco intende organizzare e gestire un proprio “Catasto delle aree percorse dal fuoco” essendo queste sezione del piano stesso un elemento indispensabile per la previsione e prevenzione degli incendi boschivi. Il carattere di continuo e costante aggiornamento del Piano antincendio boschivo si concretizza infatti nella predisposizione, sui dati riferiti all’anno precedente, della “Carta della probabilità di incendio” e della connessa “Carta del rischio di incendio” per giungere all’individuazione delle aree potenzialmente interessate a tale calamità nell’anno successivo. Il corretto mantenimento del Catasto riveste quindi estremo valore per la pianificazione, programmazione e gestione degli interventi preventivi. La conoscenza delle aree percorse dal fuoco consente di programmare campagne di studio e monitoraggio delle capacità naturali di ripresa possedute dalla vegetazione nelle

- 116 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO diverse condizioni stazionali e di progettare sulla scorta di questi dati gli eventuali interventi di ricostituzione boschiva. Il Catasto incendi si compone di due sezioni distinte che vengono aggiornate annualmente. Nella prima sono contenuti i dati statistici relativi agli incendi accaduti e distinti per Comune, data di accadimento, tipologia, cause scatenanti. Considerando l’entrata in vigore della legge 353/2000 si è assunto come limite temporale il 2001con le registrazioni nel Catasto. Nella seconda sezione sono state invece predisposte delle schede analitiche dei singoli eventi di incendio potendo anche disporre di una precisa circoscrizione dell’area incendiata effettuata con strumenti gps.

6.2.1 Dati statistici sugli incendi

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ANNO 2002

Superficie percorsa

Comune Tipo Vegetazione Origine dal f uoco Data Localita’ Incendio Incendio Non Boscata boscata

Campotosto Collenoveri Cerro 8 Marzo Dolosa 01.50.00 01.00.00

Carpineto Roverella Carpino Orniello 20 Febbraio Dolosa 02.00.00 Croce Di Forca ------

Faggio Carpino Castagno 1 Marzo Dolosa Rocca S. Maria Pietralta 00.24.00 02.74.61

Roverella Carpino Orniello 3 Marzo Rocca S. Maria Valle Cupa Dolosa 01.00.00 09.00.00

Amatrice 18 Marzo Dolosa 00.01.00 Saletta ------

Amatrice Castel Trione 17 Marzo Dolosa 01.14.00 00.05.00

Rovi Ginestre S. Martino 3 Marzo Colposa ------Fosso Del Pentito Cotico Erboso 00.30.00

Piani Cattini Pascolo Cespugliato 11 Marzo S. Martino Dolosa 10.00.00 00.03.00

Campotosto Castel Paganica Prato Pascolo 17 Marzo Dolosa 02.00.00 ------

S. Martino Prato Lungo Prato Pascolo 16 Marzo Dolosa 05.00.00 ------

Amatrice Le Crescette Cerro 02 Aprile Ignota 03.00.00 00.20.00

Campotosto Colle Valle Bove Arbusti 01 Aprile Dolosa 02.50.00 ------

Rocca S. Maria 06 Luglio Tevere Latifoglie Dolosa 04.00.00 ------

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ANNO 2003

Località Superficie Località Comune Tipo Vegetazione Origine Incendio Già Bruciata Data Bruciata Ha

Arquata del Tronto S. Silvestro Sterpaglia alta macchia 26/03/03 Colposa Si 09 56 52 Pietrata Valle Castellana Bassa e alta macchia 27/03/03 Dolosa Si 01 41 44

Viaccianese Acquasanta Terme Alta macchia 27/03/03 Colposa No 01 05 32

Sivignano Capitignano Erba sterpaglia 26/03/03 Colposa No 00 21 31

Rio di Lame Erba Valle Castellana 18/04/03 Dolosa Si 00 64 03 sterpaglia Coragna Erba Amatrce 20/04/03 Dolosa No 00 42 62 sterpaglia Cafasse Arbusti Capitignano 05/05/03 Colposa No 00 15 52 sterpaglia Cafasse Arbusti Capitignano 07/05/03 Dolosa No 00 58 58 alta macchia Macchia da Sole Arbusti alta Valle Castellana 29.07.03 Si 19 97 57 macchia Dolosa Pacinette Arbusti sterpaglia Crognaleto 21.07.03 Accidentale No 00 67 51 alta macchia Colle Romano Isola del Gran Sasso Erba sterpaglia 28.07.03 Ignota No 00 20 00

Rocca Tagliata Bussi sul Tirino Fustaia di conifere 19/08/03 Ignota Si 97 71 06

Forno Arbusti bassa macchia Rocca S.Maria 23/08/03 Dolosa No 07 79 65 sterpaglia Acquaratola Rocca S. Maria Alta macchia 23/08/03 Dolosa No 02 73 37

Pito Alta macchia Acquasanta Terme 29/08/03 Colposa Si 06 41 56 cedui fustaie

- 119 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

ANNO 2004

Superficie Comune Località già Località Tipo di vegetazione Origine incendio bruciata dATA bruciata ha

Sterpaglia arbusti bassa Valle Castellana Leofara (La Croce) 21/03/04 Dolosa No 05 50 00 macchia Scarafano Capestrano Sterpaglia ginestre 25/08/04 Ignota No 00 05 00

Cerchiara Isola del Gran Sasso Erba sterpaglia 29/10/04 Colposa No 00 60 00

ANNO 2005

Superficie Comune Località già Località Incendio Tipo di Vegetazione Origine Incendio bruciata bruciata Ha

Sterpaglia arbusti bassa Villa Celiera Santa Maria Scalate macchia e sporadica dolosa NO 02 00 00 presenza di piante da frutto

- 120 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

ANNO 2006

Superficie Comune Non boscata Superficie Località Incendio Tipo di Vegetazione Data Origine Incendio In boscata In Ha Ha

Valle Castellana Basto Bosco ceduo matricinato 14/02 dolosa / 04 50 00 Bosco rado e fortemente Villa Celiera Rapuccio 04/03 ignota 05.00.00 00.20.00 degradato, incolto Piane in Frazione di Crognaleto Bosco, incolto, pascolo e prato 29/03 colposa 0.25.00 00.46.20 Aiello Isola del Gran Sasso Cerchiara Incolto Cespugliato 30/03 0.30.00 / Fano Adriano Vadillo Incolto 06/04 dolosa 0.00.70 / Le Piane Frazione Ceduo, boschi radi, incolto, 08/04 colposa 0.91.50 00.24.00 Spelonga pascolo e prato Rocca Santa Maria Canili Incolto, pascolo e prato 11/04 dolosa 00.50.00 / Arquata del Tronto Le Piane Incolto 17/04 ignota 00.20.00 / Alto fusto, incolto e pascolo Cortino Comignano 09/11 dolosa 00.08.00 00.08.00 prato Le Piane Castelluccio di Arquata del Tronto Alto fusto latifoglie 11/11 dolosa / 00.32.00 Spelonga Valle Castellana Rio di Lame Incolto 15/11 ignota 00.12.00 / Valle Castellana Colle San Sisto Ceduo 29/11 dolosa / 0.09.00 Rocca Santa Maria San Biagio Ceduo 05/12 dolosa / 3.01.02

- 121 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

ANNO 2007

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6.3 Stima dei danni L’ambiente, inteso come complesso di fattori fisici, chimici, biologici e paesaggistici, è in grado di fornire un complesso di risorse e servizi ai singoli ed all’intera collettività. Dal punto di vista estimativo, le funzioni espletate dei beni ambientali possono essere classificate come: produttive (legname, pietrame, ecc.); non produttive che, a loro volta si dividono in positive (dai boschi: ambiente salubre, protezione del suolo, paesaggistica, ecc.) e negative (dalle cave: deturpazione del paesaggio, sottrazione di spazi, ecc.). L’Ente Parco, per sua istituzione, ha tra le proprie finalità quella di proteggere l’ambiente in senso lato ed, in particolare, le formazioni naturali, vegetali geologiche oltre che tutelare e garantire le attività antropiche tradizionali e compatibili con tali esigenze. Gli incendi colpiscono soprattutto le formazioni vegetali arboree arrecando gravi danni agli ecosistemi montani ed all’assetto idrogeologico del suolo. Nel corso dei secoli, le funzioni svolte dai boschi sono state valutate diversamente e quasi sempre con netta prevalenza degli aspetti puramente economici e con funzioni produttive. Solo nel secolo scorso si è cominciato ad attribuire al bosco un’importanza più ampia soprattutto nella difesa del suolo e quindi con funzioni protettive; più di recente, è stata introdotta anche una funzione ambientale più generale ed associata strettamente ad una funzione ricreativa. La prevalenza dell’una o dell’altra funzione dipende da numerosi fattori tra cui sicuramente la posizione e l’accessibilità del bosco, la distanza dai centri abitati, l’economia delle popolazioni locali e la qualità di quelle forestali. In ogni caso, la distinzione tra boschi con funzioni produttive, protettive e ricreative è assolutamente artificiosa non essendo possibile, materialmente, valutare con precisione quale delle suddette finzioni siano efficacemente svolte da un bosco. Infatti, il bosco è un ecosistema con regole proprie in grado di adempiere contemporaneamente tutte le funzioni che gli sono attribuite e queste in ogni caso hanno pari dignità, valore ed importanza. La funzione produttiva potrebbe essere considerata di secondaria importanza: in tempi recenti il legno era la principale fonte energetica ed alimentava una fiorente

- 123 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO industria come quella dei mobili e della carta. Accanto a questa, il pascolo e la raccolta dei frutti selvatici costituivano ulteriori utilizzazioni produttive dei boschi. Le funzioni ambientali dei boschi sono invece molto articolate e d’estrema rilevanza. Su scala globale, le foreste svolgono importanti funzioni nei cicli biogeochimici globali, assorbendo, nel corso della fase luminosa della fotosintesi, anidride carbonica liberando, nel frattempo, grandi quantità di ossigeno. Su scala più ridotta i boschi sono in grado di influenzare il bilancio idrico, la stabilità del suolo, il clima e l’igiene atmosferica e la diversità biologica. Il bosco contribuisce alla regimazione idrica dei corsi d’acqua alimentati dalle precipitazioni, agendo sulla diminuzione delle portate di piena ed all’aumento di quelle di magra. Il bosco, con la sua copertura ad ombrello, rallenta il corso dell’acqua nel momento in cui cade al suolo e trattenendola nelle capacità naturali del suolo e del soprassuolo. Le procedure applicabili per la valutazione di questi beni naturali devono partire dal presupposto che, in linea generale, tali beni o risorse risultano essere irriproducibili e senza mercato. I beni pubblici, quali quelli ambientali e culturali, sono entrati in questi ultimi anni a pieno titolo tra quelli economici vista la progressiva riduzione della quantità disponibile e conseguentemente dei servizi quali quantitativi che ad essi sono connessi. Tra i beni che oltre a fornire servizi di tipo qualitativo, sono anche in grado di generare servizi di tipo quantitativo. L’esempio più diffuso è proprio quello dei boschi: questi generano esternalità e prodotti legnosi. La valutazione delle funzioni produttive ed, ancor meglio, di quelle non produttive del bosco e per le quali non esiste un prezzo di mercato risulta operazione piuttosto complessa sia per la mancanza di riferimenti mercantili sia perché il valore deve essere espressione, non di un operatore economico, ma dell’intera collettività. Analogamente, la determinazione del valore attribuibile alla perdita o danneggiamento di un bene ambientale a causa di incendio impone la valutazione di tanti parametri quante saranno le funzioni “non economiche” individuabili nel bene stesso.

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E, proprio nelle aree protette vengono tutelati in via prioritaria gli aspetti non monetizzabili dell’ambiente, preferendo all’interesse del singolo quello della collettività, intesa come insieme dei cittadini che traggono benefici diretti ed indiretti derivante dalla presenza stessa del bene. Il valore quindi attribuibile ai beni ambientali deve essere un valore che tenga conto dell’utilità che i beni manifestano nei confronti della totalità degli utenti potenziali. Si dovrà allora parlare di Valore Economico Totale o, ancora meglio, di Valore Territoriale . Il primo considera della risorsa bosco ogni possibile motivo di apprezzamento da parte della collettività e comprende anche l’utilità prodotta da forme di godimento che esulano dall’uso diretto o indiretto del bosco e derivano dall’esistenza di una sensibilità ecologica o da pulsioni interiori di carattere etico. Il secondo rappresenta invece la capitalizzazione di tutte le utilità dirette ed indirette per la collettività che provengono dalle risorse combinate del territorio. In tale ottica, l’impostazione di una stima dei danni arrecati dagli incendi boschivi nei Parchi Nazionali non appare adeguata alle finalità istitutive delle aree protette. Pertanto, si ritiene utile valutare in questa sede i costi del ripristino ambientale inteso come rimozione ed eliminazione dei residui dell’incendio, interventi di difesa del suolo e di ricostituzione boschiva in relazione ai benefici diretti ed indiretti conseguenti il ripristino. Tali opere richiedono valutazioni circa le condizioni stazionali, la gravità dei danni e le opportunità di intervenire in supporto ai processi naturali di ricolonizzazione e conseguentemente dovranno essere progettate e realizzate singolarmente, caso per caso.

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7. LEGISLAZIONE

7.1 Legislazione Europea

Regolamento (CE) n. 1485/2001: del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 che modifica il regolamento (CEE) n. 2158/92 del Consiglio relativo alla protezione delle foreste nella Comunità contro gli incendi. (G.U.C.E. del 20 luglio 2001 n. L 196).

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione(1), visto il parere del Comitato economico e sociale(2), previa consultazione del Comitato delle regioni, ai sensi della procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3), considerando quanto segue:

(1) È opportuno sottolineare il ruolo fondamentale svolto dalle popolazioni rurali, in particolare dai selvicoltori e dagli allevatori, principali detentori del patrimonio forestale europeo, e segnatamente dalle loro organizzazioni professionali, nella definizione di piani regionali di difesa dagli incendi, nella pratica di una selvicoltura preventiva e nelle misure di primo intervento, e la necessità di creare le condizioni per un'effettiva partecipazione di questi operatori alla protezione delle foreste europee da tale fattore abiotico.

(2) Il periodo di applicazione del regolamento (CEE) n. 2158/92(4) terminava il 31 dicembre 1996. Tale regolamento è stato modificato dal regolamento (CE) n. 308/97(5). Nella sentenza pronunciata il 25 febbraio 1999 nelle cause riunite C-164/97 e C-165/97(6), la Corte di giustizia delle Comunità europee ha annullato il regolamento (CE) n. 308/97 del Consiglio, ma ne ha conservato gli effetti fino all'adozione di un nuovo regolamento che sostituisce quello annullato. È opportuno, al fine di garantire la certezza del diritto, assicurare che le misure adottate in applicazione del regolamento annullato permangano valide.

(3) Le foreste svolgono una funzione essenziale per preservare gli equilibri ecologici fondamentali, in particolare per quanto riguarda il suolo, il regime delle acque, il clima, la fauna e la flora. Tali equilibri ecologici sono indispensabili per un'agricoltura sostenibile e per la gestione dello spazio rurale.

(4) È opportuno prendere in considerazione l'importanza del bosco mediterraneo negli ecosistemi degli Stati membri del sud della Comunità, soprattutto nelle regioni interessate da processi di desertificazione.

(5) La conservazione del patrimonio forestale è di grande importanza dal punto di vista economico, ecologico e sociale e contribuisce in particolare a salvaguardare la situazione sociale della popolazione attiva nel settore dell'agricoltura e nelle zone rurali.

(6) La Comunità e gli Stati membri attribuiscono un'importanza particolare alla protezione del patrimonio forestale e al riguardo hanno assunto impegni a livello internazionale in materia di sviluppo sostenibile delle foreste e di protezione degli ecosistemi forestali, in particolare nel quadro della Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sull'ambiente e sullo sviluppo svoltasi a Rio nel 1992, nonché in occasione delle tre Conferenze ministeriali paneuropee sulla protezione delle foreste in Europa, svoltesi rispettivamente a Strasburgo nel 1990, a Helsinki nel 1993 e a Lisbona nel 1998. L'azione comunitaria prevista dal regolamento (CEE) n. 2158/92 contribuisce a tener fede ai suddetti impegni.

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(7) In virtù del regolamento (CEE) n. 2158/92 sono stati classificati come zone a rischio di incendio 60 milioni di ettari di foreste, superficie che corrisponde a quasi la metà della superficie totale delle foreste europee.

(8) Il fuoco continua a rappresentare un fattore che limita lo sviluppo sostenibile delle foreste nelle zone a rischio d'incendio.

(9) La protezione delle foreste dagli incendi contribuisce pertanto direttamente alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 33, paragrafo 1, lettera b), del trattato.

(10) Il sistema comunitario d'informazione sugli incendi di foresta, istituito ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CEE) n. 2158/92, ha consentito di mettere in atto una cooperazione comunitaria nel settore degli incendi boschivi. Lo sviluppo di tale sistema consentirà di disporre di uno strumento efficace per valutare meglio le iniziative di protezione delle foreste dagli incendi e per analizzarne più approfonditamente le cause.

(11) È quindi opportuno proseguire l'azione prevista dal regolamento (CEE) n. 2158/92, in particolare per rafforzare la coerenza delle misure forestali finanziate nelle zone che presentano rischi di incendio, per intensificare la lotta contro le cause degli incendi, per migliorare i dispositivi di prevenzione e di sorveglianza, nonché prorogarne di cinque anni la durata, per un totale di dieci anni a partire dal 1o gennaio 1992.

(12) Le misure per l'esecuzione del regolamento (CEE) n. 2158/92 sono adottate in conformità della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).

(13) Il presente regolamento stabilisce, per tutta la durata dell'azione, una dotazione finanziaria che costituisce per l'autorità di bilancio, nel quadro della procedura di bilancio annuale, il riferimento privilegiato ai sensi del punto 33 dell'accordo interistituzionale del 6 maggio 1999 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio(8) e il miglioramento della procedura di bilancio.

(14) È necessario modificare di conseguenza il regolamento (CEE) n. 2158/92,

HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1 Il regolamento (CEE) n. 2158/92 è modificato come segue. 1) Gli articoli 9 e 10 sono sostituiti dai seguenti: "Articolo 9 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente forestale (in seguito denominato 'il comitato'). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 10 1. L'azione è prevista per una durata di dieci anni a partire dal 1o gennaio 1992. 2. La dotazione finanziaria per l'attuazione dell'azione per il periodo 1997-2001 è pari a 49,4 milioni di EUR. Gli stanziamenti annui sono autorizzati dall'autorità di bilancio nei limiti delle prospettive finanziarie. 3. Prima dello scadere del periodo di cui al paragrafo 1, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento e una proposta di revisione attinente in particolare agli aspetti ecologici, economici e sociali (valutazione qualitativa) e ai risultati di un'analisi costi-benefici (valutazione quantitativa)." 2) All'articolo 2, paragrafo 5, all'articolo 4, paragrafo 4, e all'articolo 5, paragrafo 3, i termini "procedura prevista all'articolo 9" sono sostituiti da "procedura prevista all'articolo 9, paragrafo 2".

Articolo 2

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Qualunque riferimento a una misura adottata in applicazione del regolamento (CE) n. 308/97 del Consiglio va inteso come riferimento a una misura adottata in applicazione del presente regolamento, a decorrere dalla data di entrata in vigore di quest'ultimo.

Articolo 3 Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Lussemburgo, addì 27 giugno 2001. Per il Parlamento europeo

La Presidente N. Fontaine Per il Consiglio Il Presidente B. Rosengren (1) GU C 307 E del 26.10.1999, pag. 33 e GU C 96 E del 27.3.2001, pag. 365. (2) GU C 51 del 23.3.2000, pag. 24. (3) Parere del Parlamento europeo del 6 luglio 2000 (GU C 121 del 24.4.2001, pag. 176), posizione comune del Consiglio del 26 febbraio 2001 (GU C 97 del 27.3.2001, pag. 5) e decisione del Parlamento europeo del 13 giugno 2001. (4) GU L 217 del 31.7.1992, pag. 3. (5) GU L 51 del 21.2.1997, pag. 11. (6) Raccolta della giurisprudenza 1999, pag. I-1139. (7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (8) GU C 172 del 18.6.1999, pag. 1.

7.2 Legislazione civile

R.D.L. 30.12.1923 n. 3267 " Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani" (Legge Forestale) . Si tratta della normativa fondamentale in materia forestale: ha creato un piano organico sulla politica forestale nazionale definendo i compiti della Guardia Forestale ed istituendo i vincoli idrogeologici. Nella legge vengono posti i primi vincoli sui terreni boschivi e vengono predisposte, negli artt. 8, 9,10, e 11, le "Prescrizioni di massima e di Polizia Forestale" (P.M.P.F) che prevedono una serie di limitazioni e cautele per la tutela dei boschi. In particolare, riguardo la prevenzione e la repressione del pericolo degli incendi boschivi si fa riferimento ai seguenti articoli:

ART. 9 lettera a) : nei boschi di nuovo impianto o sottoposti a taglio generale o parziale, oppure distrutti dagli incendi, non può essere ammesso il pascolo prima che lo sviluppo delle giovani Piante e dei nuovi virgulti sia tale da escludere ogni pericolo di danno.

ART. 33 : chiunque, in occasione di incendio nei boschi, vincolati o no, rifiuta senza giustificato motivo il proprio aiuto o servizio al funzionario che dirige l'opera di spegnimento, è punito a norma dell'art. 435 del Codice Penale così come modificato dall'art. 652 del nuovo codice penale (Arresto sino a 3 mesi, e l'ammenda sino a L. 600.000) .

R.D. 16 maggio 1926 n. 1126: Approvazione del regolamento per l'applicazione del R.D. 30.12.1923 n. 3267, concernente il riordinamento e la riforma della legislazione in materia di boschi e terreni montani . Con questa normativa vengono precisati i metodi di applicazione della Legge Forestale. In particolare:

ART. 19 : sancisce, tra l'altro, che le Prescrizioni di massima di Polizia Forestale sopra menzionate dovranno anche stabilire i provvedimenti da adottare per Prevenire ed estinguere gli incendi nei boschi e per ricostruire i boschi danneggiati o distrutti dagli incendi stessi.

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R.D. 18 giugno 1931 n. 773: Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza in materia di incendi prevede:

ART. 59 : è vietato dare fuoco nei campi o nei boschi alle stoppie fuori dal tempo o senza e condizioni stabilite dai regolamenti locali e a una distanza minore di quella in essi determinata. In mancanza di regolamenti è comunque vietato dare fuoco nei campi o nei boschi alle stoppie prima del 15 agosto e ad una distanza minore di 100 metri da: case, edifici, boschi, piantagioni, siepi, mucchi di biada, di paglia, di fieno, di foraggio e da qualsiasi altro deposito di materia infiammabile o combustibile. Anche quando è stato acceso il fuoco nel tempo, nei modi ed alla distanza su indicata, devono essere adottate le cautele necessarie a difesa della proprietà altrui , e chi ha acceso il fuoco deve assistere di persona e col numero occorrente di persone fino a quando il fuoco sia spento.

17-BIS 1 (4).: Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 59, 60, 75, 76, se il fatto è commesso contro il divieto dell'autorità, 86, 87, 101, 104, 111, 115, 120, comma secondo, limitatamente alle operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, 121, 123, 124 e 135, comma quinto, limitatamente alle operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni. . La stessa sanzione si applica a chiunque, ottenuta una delle autorizzazioni previste negli articoli indicati nel comma 1, viola le disposizioni di cui agli articoli 8 e 9. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 76, salvo quanto previsto nel comma 1, 81, 83, 84, 108, 113, quinto comma, 120, salvo quanto previsto nel comma 1, 126, 128, esclusele attività previste dall'art. 126, 135, escluso il comma terzo e salvo quanto previsto nel comma 1, e 147 sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire due milioni (5) (9/cost).

IL DIVIETO ASSOLUTO DI EDIFICARE SUI SUOLI BOSCHIVI PERCORSI DAL FUOCO, costituisce una norma fondamentale per la lotta contro le speculazioni edilizie. L'art. 2, comma 51, della Legge n. 662/1996, dispone che non possono formare oggetto del condono edilizio previsto dall'art. 39, della L. N. 724/1994 << le costruzioni abusive realizzate sopra e sotto il soprassuolo boschivo distrutto o danneggiato per cause naturali o volontarie >>.

La legge prevede, in caso di violazione del divieto, una sanzione penale (reato contravvenzionale), nella forma del pagamento di una ammenda.

Ferme restando le norme previste dagli artt; 423 e 449 del Codice Penale, le infrazioni alla Legge Forestale 30.12.23 n. 3267, prevedono il pagamento di un'ammenda (6).

Inoltre, nel caso in cui si violi il divieto di nuove costruzioni in terreni percorsi dal fuoco , l'Autorità Giudiziaria dispone, su proposta dell'Ispettore Forestale, il ripristino entro sei mesi dello stato dei luoghi da eseguirsi a cura e spese del trasgressore in solido con il proprietario o il possesso re. Trascorso il termine predetto, in caso di inadempienza, i lavori di ripristino sono eseguiti dall'Autorità Forestale e le relative spese sono anticipate dallo Stato con diritto di rivalsa nei confronti del trasgressore.

Purtroppo, in mancanza di un regolamento di attuazione, la fondamentale funzione deterrente delle sanzioni previste per i trasgressori del divieto di costruire sui terreni percorsi dal fuoco ha perso efficacia, a causa dell'inerzia degli organi che dovrebbero vigilare (in particolare i comuni). Questo è stato favorito in particolare dalla mancata istituzione fino al 1992 (e ancora in fase di realizzazione) del catasto delle aree percorse dal fuoco. Addirittura, la legge n. 47 del 1985 sulla sanatoria degli abusi edilizi ha condonato anche le costruzioni realizzate sulle aree colpite da incendi dando un vero colpo di grazia alla legge 47 del 1975.

D. P. R. 24 luglio 1977, n. 616: Attuazione della delega cui all'art. l della L. 22 luglio 1975, n. 382, questo decreto, modificando la L., n. 47/75, all'art.69, comma 3, ha trasferito "alle regioni le funzioni di cui alla L. 1marzo 1975, n. 47, contenente norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi. I piani di cui all'art. 1 della legge predetta vengono disposti dalle regioni anche sulla base di intese interregionali. LE REGIONI provvedono altresì a costituire servizi antincendi boschivi. Resta ferma la competenza dello Stato in ordine all’organizzazione e gestione, d'intesa con le regioni, del servizio aereo di spegnimento degli incendi e dell'impiego del Corpo dei vigili del fuoco. LE REGIONI

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partecipano anche all'organizzazione e all'attuazione delle attività di protezione civile di cui alla legge n. 225 del 1992 "Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile" .

LEGGE 4 agosto 1984, n. 424: Inasprimento delle sanzioni amministrative a carico dei trasgressori delle norme in materia dei boschi degli incendi. Questa legge ha raddoppiato e addirittura quintuplicato le sanzioni previste dalla legge n. 47/75. Le leggi nn. 424/84 e 47/75 sono state abrogate dalla L. n. 353/2000.

LEGGE 8 agosto 1985 n. 431 : Tutela delle zone di particolare interesse ambientale (c. d. Legge Galasso) . Tale legge impone il vincolo paesaggistico indistintamente su tutti i territori coperti da foreste e boschi anche se percorsi o danneggiati dal fuoco.

LEGGE 28 febbraio 1990, n. 49 : Norme urgenti in materia di finanza locale e di rapporti finanziari fra lo Stato e le regioni, nonché disposizioni varie .

ART. 30 BIS : Misure urgenti perla prevenzione degli incendi:

1. Concede alle Regioni Sardegna, Liguria e Sicilia un contributo straordinario per la realizzazione, nel triennio 1990 -1992, dei sistemi organici di monitoraggio elettronico permanente a terra 24 ore ogni tempo e di sistemi di controllo per la prevenzione degli incendi boschivi.

2. questi interventi devono essere definiti - entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione della legge di conversione del decreto nella Gazzetta Ufficiale - dalle regioni, sulla base dei piani regionali di conservazione e difesa del patrimonio boschivo di cui alla L. n. 47/75 e devono interessare prioritariamente le aree caratterizzate dai maggiori indici di pericolosità .

3. Disciplina le caratteriste tecniche dei sistemi di monitoraggio.

4. Dispone le modalità di investimento dei finanziamenti.

5. Autorizza le regioni a stipulare contratti e convenzioni con enti pubblici e privati .

LEGGE 24.2.1992, n. 225: Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile . Il Servizio nazionale della protezione civile è stato istituito al fine di "tutela" dell'integrità della vita i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi", tra cui rientrano anche gli incendi. Le strutture operative nazionali del Servizio sono costituite dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, individuati quale "componente fondamentale della protezione civile" nonché dagli organi di Polizia, quelli della Forestale e delle organizzazioni di volontariato . Per le regioni vengono confermate le competenze in materia di incendi e vengono attribuiti, anche a seguito della legge 142 del 1990 (riforma delle autonomie locali), poteri di programmazione e predisposizione degli interventi, delle strutture e dei mezzi necessari per l'espletamento delle attività di protezione civile.

LEGGE 21 NOVEMBRE 2000, N. 353 LEGGE-QUADRO IN MATERIA DI INCENDI BOSCHIVI (PUBBLICATA NELLA GAZZETTA UFFICIALE N. 280 DEL 30 NOVEMBRE 2000)

Capo I PREVISIONE, PREVENZIONE E LOTTA ATTIVA

Art. 1. (Finalità e princìpi)

1. Le disposizioni della presente legge sono finalizzate alla conservazione e alla difesa dagli incendi del patrimonio boschivo nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita e costituiscono principi fondamentali dell'ordinamento ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione.

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2. Per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1 gli enti competenti svolgono in modo coordinato attività di previsione, di prevenzione e di lotta attiva contro gli incendi boschivi con mezzi da terra e aerei, nel rispetto delle competenze previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché attività di formazione, informazione ed educazione ambientale. 3. Le regioni a statuto ordinario provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti sulla base delle disposizioni di principio della presente legge entro e non oltre un anno dalla data di entrata in vigore della stessa. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità di cui alla presente legge secondo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione. Gli interventi delle strutture statali previsti dalla presente legge sono estesi anche ai territori delle regioni a statuto speciale e delle province autonome interessate su richiesta delle medesime e previe opportune intese.

Art. 2. (Definizione)

1. Per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all'interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree.

Art. 3. (Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi)

1. Le regioni approvano il piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, sulla base di linee guida e di direttive deliberate, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, che si avvale, per quanto di rispettiva competenza, dell'Agenzia di protezione civile, di seguito denominata "Agenzia", ovvero, fino alla effettiva operatività della stessa, del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, di seguito denominato "Dipartimento", del Corpo forestale dello Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata "Conferenza unificata". 2. Le regioni approvano il piano di cui al comma 1 entro centocinquanta giorni dalla deliberazione delle linee guida e delle direttive di cui al medesimo comma 1. 3. Il piano, sottoposto a revisione annuale, individua: a) le cause determinanti ed i fattori predisponenti l'incendio; b) le aree percorse dal fuoco nell'anno precedente, rappresentate con apposita cartografia; c) le aree a rischio di incendio boschivo rappresentate con apposita cartografia tematica aggiornata, con l‚indicazione delle tipologie di vegetazione prevalenti; d) i periodi a rischio di incendio boschivo, con l‚indicazione dei dati anemologici e dell'esposizione ai venti; e) gli indici di pericolosità fissati su base quantitativa e sinottica; f) le azioni determinanti anche solo potenzialmente l‚innesco di incendio nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo di cui alle lettere c) e d) ; g) gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi anche attraverso sistemi di monitoraggio satellitare; h) la consistenza e la localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle risorse umane nonché le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi; i) la consistenza e la localizzazione delle vie di accesso e dei tracciati spartifuoco nonché di adeguate fonti di approvvigionamento idrico; l) le operazioni silvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco, con facoltà di previsione di interventi sostitutivi del proprietario inadempiente in particolare nelle aree a più elevato rischio; m) le esigenze formative e la relativa programmazione; n) le attività informative; o) la previsione economico-finanziaria delle attività previste nel piano stesso. 4. In caso di inadempienza delle regioni, il Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, avvalendosi, per quanto di rispettiva competenza, dell'Agenzia, ovvero, fino alla effettiva operatività della stessa, del Dipartimento, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo

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forestale dello Stato, sentita la Conferenza unificata, predispone, anche a livello interprovinciale, le attività di emergenza per lo spegnimento degli incendi boschivi, tenendo conto delle strutture operative delle province, dei comuni e delle comunità montane. 5. Nelle more dell'approvazione dei piani di cui al comma 1 restano efficaci, a tutti gli effetti, i piani antincendio boschivi già approvati dalle regioni.

Art. 4. (Previsione e prevenzione del rischio di incendi boschivi)

1. L‚attività di previsione consiste nell'individuazione, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettere c), d) ed e), delle aree e dei periodi a rischio di incendio boschivo nonché degli indici di pericolosità.Rientra nell'attività di previsione l‚approntamento dei dispositivi funzionali a realizzare la lotta attiva di cui all'articolo 7. 2. L‚attività di prevenzione consiste nel porre in essere azioni mirate a ridurre le cause e il potenziale innesco d'incendio nonché interventi finalizzati alla mitigazione dei danni conseguenti.A tale fine sono utilizzati tutti i sistemi e i mezzi di controllo e vigilanza delle aree a rischio di cui al comma 1 ed in generale le tecnologie per il monitoraggio del territorio, conformemente alle direttive di cui all'articolo 3, comma 1, nonché interventi colturali idonei volti a migliorare l‚assetto vegetazionale degli ambienti naturali e forestali. 3. Le regioni programmano le attività di previsione e prevenzione ai sensi dell'articolo 3.Possono altresì, nell'ambito dell'attività di prevenzione, concedere contributi a privati proprietari di aree boscate, per operazioni di pulizia e di manutenzione selvicolturale, prioritariamente finalizzate alla prevenzione degli incendi boschivi. 4. Le regioni provvedono altresì alla predisposizione di apposite planimetrie relative alle aree a rischio di cui al comma 1 e, nell'esercizio delle proprie competenze in materia urbanistica e di pianificazione territoriale, tengono conto del grado di rischio di incendio boschivo del territorio. 5. Le province, le comunità montane ed i comuni attuano le attività di previsione e di prevenzione secondo le attribuzioni stabilite dalle regioni.

Art. 5. (Attività formative)

1. Ai fini della crescita e della promozione di un‚effettiva educazione ambientale in attività di protezione civile, lo Stato e le regioni promuovono, d‚intesa, l‚integrazione dei programmi didattici delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado. 2. Le regioni curano, anche in forma associata, l‚organizzazione di corsi di carattere tecnico-pratico rivolti alla preparazione di soggetti per le attività di previsione, prevenzione degli incendi boschivi e lotta attiva ai medesimi. 3. Per l‚organizzazione dei corsi di cui al comma 2, le regioni possono avvalersi anche del Corpo forestale dello Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Art. 6. (Attività informative)

1. Le amministrazioni statali, regionali e gli enti locali promuovono, ai sensi della legge 7 giugno 2000, n. 150, l‚informazione alla popolazione in merito alle cause determinanti l‚innesco di incendio e alle norme comportamentali da rispettare in situazioni di pericolo.La divulgazione del messaggio informativo si avvale di ogni forma di comunicazione e degli uffici relazioni con il pubblico, istituiti ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.

Art. 7. (Lotta attiva contro gli incendi boschivi)

1. Gli interventi di lotta attiva contro gli incendi boschivi comprendono le attività di ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme e spegnimento con mezzi da terra e aerei. 2. Ai fini di cui al comma 1, l‚Agenzia, ovvero, fino alla effettiva operatività della stessa, il Dipartimento, garantisce e coordina sul territorio nazionale, avvalendosi del Centro operativo aereo unificato (COAU), le attività aeree di spegnimento con la flotta aerea antincendio dello Stato,

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assicurandone l‚efficacia operativa e provvedendo al potenziamento e all'ammodernamento di essa. Il personale addetto alla sala operativa del COAU è integrato da un rappresentante del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. 3. Le regioni programmano la lotta attiva ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 3, lettera h), e assicurano il coordinamento delle proprie strutture antincendio con quelle statali istituendo e gestendo con una operatività di tipo continuativo nei periodi a rischio di incendio boschivo le sale operative unificate permanenti (SOUP), avvalendosi, oltre che delle proprie strutture e dei propri mezzi aerei di supporto all'attività delle squadre a terra: a ) di risorse, mezzi e personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo forestale dello Stato in base ad accordi di programma; b ) di personale appartenente ad organizzazioni di volontariato, riconosciute secondo la vigente normativa, dotato di adeguata preparazione professionale e di certificata idoneità fisica qualora impiegato nelle attività di spegnimento del fuoco; c ) di risorse, mezzi e personale delle Forze armate e delle Forze di polizia dello Stato, in caso di riconosciuta e urgente necessità, richiedendoli all'Autorità competente che ne potrà disporre l‚utilizzo in dipendenza delle proprie esigenze; d ) di mezzi aerei di altre regioni in base ad accordi di programma. 4. Su richiesta delle regioni, il COAU interviene, con la flotta aerea di cui al comma 2, secondo procedure prestabilite e tramite le SOUP di cui al comma 3. 5. Le regioni assicurano il coordinamento delle operazioni a terra anche ai fini dell'efficacia dell'intervento dei mezzi aerei per lo spegnimento degli incendi boschivi. A tali fini, le regioni possono avvalersi del Corpo forestale dello Stato tramite i centri operativi antincendi boschivi del Corpo medesimo. 6. Il personale stagionale utilizzato dalle regioni per attività connesse alle finalità di cui alla presente legge deve essere prevalentemente impiegato nelle attività di prevenzione di cui all'articolo 4 e reclutato con congruo anticipo rispetto ai periodi di maggiore rischio; ai fini di tale reclutamento, è data priorità al personale che ha frequentato, con esito favorevole, i corsi di cui all'articolo 5, comma 2. Le regioni sono autorizzate a stabilire compensi incentivanti in rapporto ai risultati conseguiti in termini di riduzione delle aree percorse dal fuoco.

Art. 8. (Aree naturali protette)

1. Il piano regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3 prevede per le aree naturali protette regionali, ferme restando le disposizioni della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, un‚apposita sezione, definita di intesa con gli enti gestori, su proposta degli stessi, sentito il Corpo forestale dello Stato. 2. Per i parchi naturali e le riserve naturali dello Stato è predisposto un apposito piano dal Ministro dell'ambiente di intesa con le regioni interessate, su proposta degli enti gestori, sentito il Corpo forestale dello Stato.Detto piano costituisce un‚apposita sezione del piano regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3. 3. Le attività di previsione e prevenzione sono attuate dagli enti gestori delle aree naturali protette di cui ai commi 1 e 2 o, in assenza di questi, dalle province, dalle comunità montane e dai comuni, secondo le attribuzioni stabilite dalle regioni. 4. Le attività di lotta attiva per le aree naturali protette sono organizzate e svolte secondo le modalità previste dall'articolo 7.

Art. 9. (Attività di monitoraggio e relazione al Parlamento)

1. Il Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, avvalendosi dell'Agenzia, ovvero, fino alla effettiva operatività della stessa, del Dipartimento, svolge attività di monitoraggio sugli adempimenti previsti dalla presente legge e, decorso un anno dalla data di entrata in vigore di quest'ultima, riferisce al Parlamento sullo stato di attuazione della legge stessa.

Capo II FUNZIONI AMMINISTRATIVE E SANZIONI

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Art. 10. (Divieti, prescrizioni e sanzioni)

1. Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni. È comunque consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell'ambiente.In tutti gli atti di compravendita di aree e immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dagli eventi previsti dal presente comma, deve essere espressamente richiamato il vincolo di cui al primo periodo, pena la nullità dell'atto. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l‚incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione. Sono vietate per cinque anni, sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche, salvo specifica autorizzazione concessa dal Ministro dell'ambiente, per le aree naturali protette statali, o dalla regione competente, negli altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici. Sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia. 2. I comuni provvedono, entro novanta giorni dalla data di approvazione del piano regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3, a censire, tramite apposito catasto, i soprassuoli già percorsi dal fuoco nell'ultimo quinquennio, avvalendosi anche dei rilievi effettuati dal Corpo forestale dello Stato.Il catasto è aggiornato annualmente. L'elenco dei predetti soprassuoli deve essere esposto per trenta giorni all'albo pretorio comunale, per eventuali osservazioni. Decorso tale termine, i comuni valutano le osservazioni presentate ed approvano, entro i successivi sessanta giorni, gli elenchi definitivi e le relative perimetrazioni. E‚ ammessa la revisione degli elenchi con la cancellazione delle prescrizioni relative ai divieti di cui al comma 1 solo dopo che siano trascorsi i periodi rispettivamente indicati, per ciascun divieto, dal medesimo comma 1. 3. Nel caso di trasgressioni al divieto di pascolo su soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco ai sensi del comma 1 si applica una sanzione amministrativa, per ogni capo, non inferiore a lire 60.000 e non superiore a lire 120.000 e nel caso di trasgressione al divieto di caccia sui medesimi soprassuoli si applica una sanzione amministrativa non inferiore a lire 400.000 e non superiore a lire 800.000. 4. Nel caso di trasgressioni al divieto di realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive su soprassuoli percorsi dal fuoco ai sensi del comma 1, si applica l‚articolo 20, primo comma, lettera c) , della legge 28 febbraio 1985, n. 47.Il giudice, nella sentenza di condanna, dispone la demolizione dell'opera e il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile. 5. Nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo sono vietate tutte le azioni, individuate ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettera f) , determinanti anche solo potenzialmente l‚innesco di incendio. 6. Per le trasgressioni ai divieti di cui al comma 5 si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a lire 2.000.000 e non superiore a lire 20.000.000.Tali sanzioni sono raddoppiate nel caso in cui il responsabile appartenga a una delle categorie descritte all'articolo 7, commi 3 e 6. 7. In caso di trasgressioni ai divieti di cui al comma 5 da parte di esercenti attività turistiche, oltre alla sanzione di cui al comma 6, è disposta la revoca della licenza, dell'autorizzazione o del provvedimento amministrativo che consente l'esercizio dell'attività. 8. In ogni caso si applicano le disposizioni dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sul diritto al risarcimento del danno ambientale, alla cui determinazione concorrono l'ammontare delle spese sostenute per la lotta attiva e la stima dei danni al soprassuolo e al suolo.

Art. 11. (Modifiche al codice penale)

1. Dopo l‚articolo 423 del codice penale è inserito il seguente:

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"Art. 423-bis. - (Incendio boschivo). ˆ Chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. Se l‚incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa, la pena è della reclusione da uno a cinque anni. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se dall'incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree protette. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà, se dall'incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all'ambiente". 2. All'articolo 424, primo comma, del codice penale, dopo la parola: "chiunque" sono inserite le seguenti: ", al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 423-bis ,". 3. All'articolo 424, secondo comma, del codice penale le parole: "dell'articolo precedente" sono sostituite dalle seguenti: "dell'articolo 423". 4. All'articolo 424 del codice penale, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente: "Se al fuoco appiccato a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento, segue incendio, si applicano le pene previste dall'articolo 423-bis ". 5. All'articolo 425, alinea, del codice penale, le parole: "dai due articoli precedenti" sono sostituite dalle seguenti: "dagli articoli 423 e 424". 6. All'articolo 425 del codice penale, il numero 5) è abrogato. 7. All'articolo 449, primo comma, del codice penale, dopo la parola: "Chiunque" sono inserite le seguenti: ", al di fuori delle ipotesi previste nel secondo comma dell'articolo 423-bis ,".

Capo III DISPOSIZIONI FINANZIARIE, ABROGAZIONE DI NORME ED ENTRATA IN VIGORE

Art. 12. (Disposizioni finanziarie)

1. Entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge le risorse finanziarie, ad eccezione di quelle destinate all'assolvimento dei compiti istituzionali delle amministrazioni statali competenti, iscritte nelle unità previsionali di base per la lotta agli incendi boschivi, individuate con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali e con il Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, sono trasferite in apposite unità previsionali di base del centro di responsabilità n. 20 "Protezione civile" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per analoga destinazione. 2. In sede di prima applicazione della presente legge, per lo svolgimento delle funzioni di cui agli articoli 1, comma 3, 3, 4, 5, comma 2, 6, 7, 8 e 10, comma 2, lo Stato trasferisce alle regioni, nel triennio 2000-2002, la somma di lire 20 miliardi annue, di cui lire 10 miliardi ripartite proporzionalmente al patrimonio boschivo rilevato dall'inventario forestale nazionale, costituito presso il Corpo forestale dello Stato, e lire 10 miliardi suddivise in quote inversamente proporzionali al rapporto tra superficie percorsa dal fuoco e superficie regionale boscata totale prendendo a riferimento il dato medio del quinquennio precedente; alla predetta ripartizione provvede il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; di tali risorse le regioni provvedono a trasferire agli enti locali territoriali la parte necessaria allo svolgimento delle attribuzioni loro conferite dalla presente legge. Al predetto onere si provvede per ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l‚anno finanziario 2000, allo scopo utilizzando l‚accantonamento relativo al medesimo Ministero. 3. A decorrere dall'anno finanziario 2003, per il finanziamento delle funzioni di cui agli articoli 1, comma 3, 3, 4, 5, comma 2, 6, 7, 8 e 10, comma 2, si provvede con stanziamento determinato dalla legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d) , della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. La ripartizione delle risorse fra le regioni avviene con le medesime modalità di cui al comma 2. 4. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 6 e 7 connessi all'esercizio di funzioni di competenza dello Stato si provvede nei limiti degli ordinari stanziamenti assegnati agli organi competenti.

- 135 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

5. Per la sperimentazione di tecniche satellitari ai fini dell'individuazione delle zone boscate di cui all'articolo 10, comma 1, nonché ai fini di cui all'articolo 3, comma 3, lettera g) , è autorizzata la spesa di lire 3 miliardi per l‚anno 2000, da iscrivere nell'unità previsionale di base 20.2.1.3 "Fondo per la protezione civile" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per la successiva assegnazione all'Agenzia a decorrere dall'effettiva operatività della stessa.Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l‚anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l‚accantonamento relativo al medesimo Ministero. 6. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio occorrenti per l‚attuazione della presente legge. 7. Il Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, avvalendosi dell'Agenzia, ovvero, fino alla effettiva operatività della stessa, del Dipartimento, effettua una ricognizione delle somme assegnate con i provvedimenti di cui alla presente legge ad enti e dagli stessi non utilizzate, in tutto o in parte, entro diciotto mesi a decorrere dalla data del provvedimento di assegnazione dei finanziamenti.Con decreto del medesimo Ministro si provvede alla revoca, totale o parziale, dei provvedimenti di assegnazione, laddove si riscontri il mancato utilizzo delle relative somme da parte degli enti assegnatari; tali somme sono versate all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, all'unità previsionale di base 20.2.1.3 "Fondo per la protezione civile" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e possono essere impiegate, mediante ordinanze emesse ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per esigenze connesse all'attuazione della presente legge e volte in particolare ad eliminare situazioni di pericolo non fronteggiabili in sede locale; all'attuazione degli interventi provvede il Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, in deroga alle norme vigenti e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento.

Art. 13. (Norme abrogate ed entrata in vigore)

1. Sono abrogate tutte le norme in contrasto con la presente legge e in particolare: a) la legge 1º marzo 1975, n. 47, recante norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi; b) il decreto-legge 10 luglio 1982, n. 428, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1982, n. 547, recante misure urgenti per la protezione civile. 2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

MINISTERO DELL’AMBIENTE SERVIZIO CONSERVAZIONE DELLA NATURA N. SCN/DG/2000/14281 Circolare ai Comuni in tema di incendi boschivi Roma, 8 settembre 2000

Ai Commissari di Governo nelle Regioni e Province Autonome Ai Prefetti della Repubblica p.c. Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per gli Affari Regionali Al Ministero dell’Interno Direzione Generale dell’Amministrazione Civile Alle Regioni e Province Autonome All’ANCI All’UNCEM All’UPI Ai Presidenti degli Enti Parco Nazionali Alla Segreteria Conferenza Unificata

- 136 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

Oggetto: Sollecito alle segnalazioni di incendi in base all’art. 9 della Legge 1 marzo 1975 n. 47 “Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi”.

L’art. 9 della legge 1° marzo 1975, n. 47 (come modificato dall’art. 1/bis della legge del 29 ottobre 1993, n. 428) ha previsto che "E’ fatto obbligo al Sindaco di compilare e trasmettere entro il mese di ottobre di ogni anno, alla Regione ed al Ministero dell’Ambiente una planimetria, in adeguata scala, del territorio comunale percorso dal fuoco; in tale territorio non sono consentite destinazioni d’uso diverse da quelle in atto prima dell’incendio per almeno dieci anni”. Atteso che negli anni passati numerosi comuni non hanno ottemperato al disposto legislativo, anche per mera non conoscenza della citata legge, si pregano le SS.LL. di voler sensibilizzare, nelle forme ritenute più idonee, i sindaci affinché inviino a questa amministrazione, entro il 31 ottobre p.v., i necessari dati e relative planimetrie delle aree percorse dal fuoco. Al fine di rendere omogenei i dati, si allega alla presente una scheda di rilevamento che dovrà essere redatta dai comuni interessati e fatta pervenire all’indirizzo riportato in calce alla presente. Atteso che la normativa di riferimento richiede che venga contemporaneamente inviata una cartografia del territorio percorso dal fuoco si specifica che a tal fine dovrà essere utilizzata cartografia I.G.M. al 25000 od altra cartografia tecnica regionale, laddove già disponibile. Con l’occasione, si ritiene opportuno che venga anche rammentato che, a termini dello stesso articolo di legge sopra richiamato, in tutti gli atti di compravendita di aree e di immobili ricadenti nei territori percorsi dal fuoco deve essere espressamente richiamato, a pena di nullità dell’atto, il vincolo decennale che fa divieto di modifica della destinazione d’uso rispetto a quelle in atto prima dell’incendio.

7.3 Legislazione penale Il codice penale divide gli incendi boschivi in tre categorie: Incendi dolosi, danneggiamenti da incendio e incendi colposi. Incendi dolosi: Si ha il DOLO quando l'evento non solo è preveduto ma anche voluto dall'agente . Quindi, agisce dolosamente colui che appicca il fuoco in un'aria verde con il preciso scopo e finalità di bruciarla. Questo tipo di reato è previsto dai seguenti articoli del Codice Penale: Gli articoli del codice penale sono aggiornati in base alla conversione in Legge n. 275 del 6. 10. 2000 del d. l. - del 4.08.2000, e alla Legge quadro n. 353/2000. Art. 423 C.P .: (Incendio).

Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni. La disposizione precedente si applica anche nel caso d'incendio della cosa propria, se dal fatto deriva pericolo per la incolumità pubblica .

Art. 423-bis C.P.: (Incendio boschivo).

- 137 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

Chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero sui vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. Se l’incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa, la pena è della reclusione da uno a cinque anni. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se dall’incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree protette. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà, se dall’incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all’ambiente

Art. 425 C.P.: (Circostanze aggravanti). Nei casi preveduti dagli articoli 423 e 424 , la pena è aumentata se il fatto è commesso: 1) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico, su monumenti, cimiteri e loro dipendenze; 2) su edifici abitati o destinati a uso di abitazione, su impianti industriali o cantieri, o su miniere, cave, sorgenti, o su acquedotti o altri manufatti destinati a raccogliere e condurre le acque; 3) su navi o altri edifici natanti, o su aeromobili ; 4) su scali ferroviari o marittimi, o aeroscali, magazzini generali o altri depositi di merci o derrate, o su ammassi o depositi di materie esplodenti, infiammabili o combustibili;

Art. 435 C.P. : ("Fabbricazione e detenzione di materie esplodenti"). Chiunque, al fine di attentare alla pubblica incolumità, fabbrica, acquista o detiene dinamite o altre materie esplodenti, asfissianti, accecanti tossiche o infiammabili ovvero sostanze che servono alla composizione o alla fabbricazione di esse è punito con la reclusione da uno a cinque anni Danneggiamento seguito da incendio La differenza con la categoria precedente consiste nel fatto che l'azione non viene compiuta con l'intenzione di provocare un incendio, bensì con la semplice intenzione di danneggiare la cosa altrui (es.: appiccare il fuoco a delle strutture segnaletiche o ricreative di un Parco nazionale, ad una pianta isolata, oppure, nel caso di una lite tra vicini di podere, quando il fuoco viene appiccato per dispetto nel campo del confinante ma le fiamme non raggiungono, neanche potenzialmente le caratteristiche di diffusione e pericolosità per l'incolumità pubblica. E' il caso anche del fuoco che viene appiccato ad un piccolo insieme di piante isolate e subito spento senza creare alcun pericolo. Questo tipo di reato è previsto dal seguente articolo:

Art. 424 C.P.: (Danneggiamento seguito da incendio)

Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 423-bis, al solo scopo di danneggiare la cosa altrui, appicca il fuoco a una cosa propria o altrui è punito,

- 138 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO se dal fatto sorge il pericolo di un incendio, con la reclusione da sei mesi a due anni. Se segue l'incendio, si applicano le disposizioni dell’articolo 423, ma la pena è ridotta da un terzo alla metà. Se al fuoco appiccato a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento, segue incendio, si applicano le pene previste dall'art. 423 Bis.

INCENDI BOSCHIVI COLPOSI. Un reato si definisce colposo quando il fatto viene compiuto per imprudenza, negligenza o imperizia. Un reato è quindi colposo quando manca la volontà dell’evento che invece caratterizza il dolo. Tutti coloro quindi che, a causa di una condotta incivile e irresponsabile, pur recandosi in un bosco senza avere l’intenzione di bruciarlo, provocano ugualmente un incendio, compiono un reato colposo. Questo tipo di reato è previsto dal seguente articolo:

ART. 449. C.P. : (Delitti colposi di danno).

Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nel secondo comma dell’articolo 423-bis , cagiona per colpa un incendio, o un altro disastro preveduto dal capo primo di questo titolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è raddoppiata se si tratta di disastro ferroviario o di naufragio o di sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o di caduta di un aeromobile adibito a trasporto di persone.

Omissione colposa di cautele o difese contro disastri

Art. 451 C.P. : Chiunque, per colpa, omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibile apparecchi o altri mezzi destinati alla estinzione di un incendio è punito con la reclusione fino ad 1 anno e con la multa da lire 200 mila a 1 milione.

- 139 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

7.4 Prontuario delle Sanzioni

VIOLAZIONE SANZIONE

Cagionamento d’incendio. Reclusione da 3 a 7 anni (Art. 423 c.p.).

Cagionamento di un incendio su boschi , selve o Reclusione da quattro a dieci anni. (Art. foreste ovvero sui vivai forestali destinati al 423 bis 1° comma c.p. introdotto con L. rimboschimento , propri o altrui. n. 275/2000 ).

Se l’incendio su boschi, selve o foreste ovvero sui Reclusione da uno a cinque anni. (Art. 423 vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o bis 2° comma c.p. introdotto con L. n. altrui è cagionato per colpa. 275/2000 ).

Aggravante per il 1° e 2° comma dell’art. 423-bis Nei casi previsti dal 1° e 2° comma dell’art. del c.p. se dall’incendio deriva pericolo per 423-bis del c.p. Le pene previste sono edifici o danno su aree protette. aumentate della metà. (Art. 423 bis 3° e 4° comma c.p. introdotto con L. n. 275/2000 ).

Aggravante per il 1° e 2° comma dell’art. 423- Nei casi previsti dal 1° e 2° comma bis del c.p. se dall’incendio deriva un danno dell’art. 423-bis del c.p. Le pene previste grave, esteso e persistente all’ambiente sono aumentate (Art. 423 bis 3° e 4° comma c.p. introdotto con L. n. 275/2000 ).

Cagionamento di pericolo d’incendio allo scopo Reclusione da 6 mesi a 2 anni (Art. 424 c.p.). di danneggiare la cosa altrui. Se segue l’incendio, si applicano le disposizioni dell’art. 423 c.p. con pena ridotta da 1/3 alla metà. (Art. 424 c.p. modificato con L. n. 275/2000 ). Se al fuoco appiccato a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento, segue l'incendio, si applicano le pene previste dall'art. 423-bis (Art. 424 c.p., comma 3, introdotto dalla L. 353\2000 )

Incendio colposo considerato al di fuori delle Reclusione da 1 a 5 anni (Art. 449 c.p. ipotesi previste nel secondo comma modificato con L. n. 275/2000 ). dell’articolo 423-bis , per il, cagionamento, per colpa, di un incendio.

Omissione colposa di collocazione ovvero Reclusione fino ad 1 anno e multa da L. rimozione o danneggiamento di apparecchi o altri 200.000 a L. 1.000.000 ( Art. 451 c.p. ). mezzi destinati all’estinzione degli incendi.

Rifiuto del proprio aiuto o servizio al Arresto sino a 3 mesi e ammenda sino a L. funzionario che dirige l’opera di spegnimento, in 600.000 ( R.D.L. n. 3267/1923 art. 33). occasione di incendi nei boschi.

Violazione di norme di polizia Forestale . (L. Sanzione da L. 100.000 a L. 1.000.000 ( L. 950/1967). 950/1967 art. 3).

- 140 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

Bruciatura di stoppie fuori del tempo o senza Sanzione amministrativa da L. 1.000.000 a le condizioni stabilite dai regolamenti locali o L. 6.000.000 ( R.D. n. 773/1931 T.U.P.S. art. senza il rispetto delle distanze previste (R.D. 17 bis 1). 773/1931 T.U.P.S. art.59).

Violazione del divieto di mutare per quindici Demolizione delle opere realizzate sopra e anni la destinazione urbanistica di aree sotto il soprassuolo boschivo distrutto o boscate o pascoli percorsi dal fuoco, rispetto alla danneggiato per cause naturali o volontarie destinazione preesistente all'incendio; violazione dall’incendio e ripristino dei luoghi a spese del divieto per dieci anni di realizzare edifici, del responsabile. (Art. 10, comma 4 L. n. strutture ed infrastrutture finalizzati ad 353\2000 ). Ferme restando le insediamenti civili ed attività produttive. Sono conseguenze penali ed amministrative. altresì vietate per cinque anni le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche.

Mancata indicazione del vincolo di Nullità dell'atto (Art. 10, comma 1 L. n. immutabilità di destinazione urbanistica negli 353\2000 ). atti (stipulati entro quindici anni dall'incendio) di compravendita di aree ed immobili situati in zone boscate e pascoli percorsi dal fuoco.

Violazione del divieto di pascolo per dieci anni Sanzione amministrativa, per ogni capo , nei soprassuoli delle zone boscate percorse non inferiore a L. 60.000 e non superiore a dal fuoco. L. 120.000 (Art. 10 comma 3 L. n. 353\2000 ).

Violazione del divieto di caccia per dieci anni Sanzione amministrativa non inferiore a L. nei soprassuoli delle zone boscate percorse 400.000 e non superiore a L. 800.000 (Art. dal fuoco. 10 comma 3 L. n. 353\2000 ).

Violazione del divieto , nelle aree e nei periodi a Sanzione amministrativa da L. 2.000.000 a rischio di incendio boschivo, di compiere tutte le L. 20.000.000. Tali sanzioni sono raddoppiate azioni determinanti anche solo potenzialmente nel caso che il responsabile appartengano alle l'innesco di un incendio. categorie individuate dall'art. 7 c. 3 e 6 della L. n. 353\2000 . Nel caso che il responsabile sia esercente di attività turistiche , oltre alla sanzione è disposta la revoca della licenza, autorizzazione, o provvedimento amministrativo che consente l'esercizio dell'attività. (art. 10, commi 5, 6,7 L. n. 353\2000 )

In ogni caso si applicano le disposizioni dell'art. 18 della L: n.349\1986, sul diritto al risarcimento del danno ambientale , alla cui determinazione concorrono l'ammontare delle spese sostenute per la lotta attiva e la stima dei danni al soprassuolo ed al suolo. (art. 10, comma 8 L. n. 353\2000 ).

- 141 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

A) Redazione di P.R.G. e Piani Paesistici Violazione dei piani paesaggistici. La mancanza della autorizzazione, prescritta per la realizzazione di opere che - seppur pubbliche o di pubblico interesse, anche insistenti su beni demaniali - trasformano, o comunque, alterano l'assetto idrogeologico di zone sottoposte a vincoli paesaggistici, integra la fattispecie di reato ex art. 1 sexies, l. n. 431 del 1985, sanzionato ai sensi dell'art. 20 lett. c) l. n. 47 del 1985. Considerato, inoltre, che il soggetto attivo del reato, in quanto inserito nel settore edilizio, e' tenuto alla conoscenza della succitata normativa, non si puo' ritenere che possa addurre, quale scusante della propria condotta illecita, la presenza di un mero nulla osta regionale, anche se contenuto in un provvedimento concessorio del sindaco inerente le zone interessate dal vincolo. Cassazione penale sez. III, 6 giugno 1997, n. 8774

P.r.g. e vincolo idrogeologico. L'imposizione del vincolo idrogeologico ha un effetto conformativo anche sull'attività urbanistico edilizia, per cui e' irrilevante la coerenza di un intervento edilizio con le prescrizioni del piano regolatore generale, se lo stesso non è al contempo conforme alle esigenze di tutela ambientale, stante l'insopprimibile differenza di contenuto e finalità tra quest'ultima e la pianificazione territoriale. Consiglio Stato sez. V, 28 gennaio 1997, n. 89. La tutela derivante dal vincolo idrogeologico s'estende a tutti gli interventi edificatori interessanti terreni non boschivi, purché compresi all'interno dell'area vincolata, per cui la trasformazione dei terreni, cui fa riferimento l'art. 7, r.d. 16 maggio 1926 n. 1126 (regolamento d'esecuzione del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267) ed i lavori di trasformazione, previsti dal successivo art. 21 consentono alla p.a. di adottare non già mere prescrizioni operative, bensì misure restrittive e anche impeditive di ogni tipo d'intervento che, per le caratteristiche sue proprie e per la natura dei mezzi impiegati, incidano sul territorio in modo non dissimile dalle utilizzazioni per scopi agricoli (nella specie, e' legittimo l'atto impeditivo della costruzione di un fabbricato su area vincolata per il suo impatto negativo sulla stabilità del suolo e sulle falde acquifere sottostanti e la possibilità del danno e' di per sé sufficiente a giustificare la prescrizione, stante il carattere preventivo della tutela). Consiglio Stato sez. V, 28 gennaio 1997, n. 89. Violazione di piani regolatori e di regolamenti edilizi comunali condono edilizio . Mentre l'art. 33 l. 28 febbraio 1985 n. 47 fa riferimento a vincoli che meglio possono essere definiti come divieti di edificazione o prescrizioni di inedificabilità, il precedente art. 32 concerne piuttosto vincoli di salvaguardia di interessi o valori peculiari (e, come tali, tipizzati da specifiche norme) alla cui tutela è preposta un'amministrazione che può rilasciare un'autorizzazione (o nulla-osta) all'esercizio dell'attività edilizia, fermo restando che entrambe le specie di vincoli riguardano soltanto le costruzioni future e non toccano quelle già esistenti. Ai fini del condono edilizio per fabbricati abusivi costruiti su aree soggette a regioni vincolistici, quelli edificati in violazione di prescrizioni generali di inedificabilità non sono condonabili se il vincolo preesiste alla costruzione, mentre quelli situati nelle aree protette possono conseguire la sanatoria in subordine al giudizio di compatibilità delle opere da parte dell'amministrazione preposta al vincolo, indipendentemente dalla circostanza che

- 142 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO quest'ultimo preesista, o meno alle opere stesse. Consiglio Stato sez. V, 4 maggio 1995, n. 696. Divieto di sanatoria e cambio di destinazione dei terreni boscati distrutti o danneggiati per qualsiasi causa. Particolarmente significativa, ai fini della tutela dell’ambiente e delle misure deterrenti contro gli incendi del soprassuolo boscato e contro gli incendi del territorio in genere, appare la norma dell’art. 2, comma 6, del decreto-legge 26 luglio 1995, n. 310 recante misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell’edilizia privata, che ha escluso dalla sanatoria di cui all’art. 39 della legge n. 724 del 1994 le costruzioni abusive realizzate sopra o sotto il soprassuolo boschivo distrutto o danneggiato per cause naturali o atti volontari. Da sottolineare che la previsione contempla come esclusione oggettiva le zone boschive distrutte o danneggiate per qualsiasi causa e con qualsiasi mezzo (oltre che da fuoco o incendio, anche a seguito di calamità naturale o abbattimento volontario o atto vandalico). In tale modo si garantisce la possibilità di ricostituzione del bosco e si contribuisce a scoraggiare gli incendi o le distruzioni dolose, mentre restano confermati per le stesse zone boschive distrutte o danneggiate dal fuoco sia il divieto di cambio di destinazione e, in via di salvaguardia fino alla approvazione dei piani regionali, sia il divieto di insediamento (di nuove) costruzioni di qualsiasi tipo (art. 2, comma 6, del d.l. 26 luglio 1995, n. 310, in riferimento all’art. 9, commi quarto e quinto, della legge 1° marzo 1975, n. 47 (Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi), nel testo risultante a seguito dell’art. 1-bis del d.l. 30 agosto 1993, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 428. CORTE COSTITUZIONALE - 427 - 12 settembre 1995 - Pres. Baldassarre, Red. Chiappa.

La identificazione spaziale delle zone vincolate e quindi anche dei territori coperti da bosco deve avvenire in sede di redazione dei piani paesistici ed urbanistici territoriali ma, in attesa della loro approvazione, possono costituire un riferimento per l'interprete i criteri desumibili dalla legislazione in materia, emanata dalle regioni, il cui contributo per la tutela del vincolo è imprescindibile in un rapporto di leale cooperazione con lo Stato. Cassazione penale sez. III, 31 marzo 1994.

Costituzione Repubblica art. 117. Non spetta allo Stato la competenza ad istituire la riserva naturale bosco World Wildlife Fund (W.W.F.) di Vanzago; va pertanto annullato il decreto del ministro dell'agricoltura e foreste emanato in data 13 agosto 1980. Corte costituzionale 25 luglio 1984 n. 223 .

Trasformazione di un bosco. Costituisce reato ai sensi dell'art. 17 della l. 28 gennaio 1977 n. 10, la trasformazione di un bosco ceduo in normale terreno agricolo, mediante il taglio delle piante preesistenti, effettuata in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico - "conservazione dei boschi esistenti" e "destinazione dell'area a parco nazionale" - (nella specie p.r.g. del comune di Rivoli). Il mutamento di un'area boscata vincolata dai piani regolatori a bosco, in terreno agricolo coltivato ad orto e frutteto, costituisce una trasformazione urbanisticamente rilevante ed è subordinata all'obbligo della preventiva concessione la cui mancanza rende applicabile la sanzione prevista dall'art. 17 lett. b)legge n. 10 del 1977. Pretura Torino 24 maggio 1982

- 143 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

B) Definizione giuridica di bosco

Qualificazione di un’area boscata. Non è dato rinvenire nel tessuto normativo un criterio univoco inteso alla definizione dei parametri ai quali agganciare la qualificazione di un'area come boschiva. In assenza di un criterio vincolante non appare irragionevole la valutazione, sottesa al provvedimento reiettivo impugnato, recepita dall'inventario forestale nazionale, che segnala un rapporto piante - superficie di 455 per ettaro ed un'area di insistenza delle chiome superiore al 20%. Consiglio Stato sez. VI, 15 luglio 1998, n. 1095.

Concetto di bosco. Nel concetto di territorio coperto da bosco, cui fa riferimento la legge che tutela le bellezze naturali, rientra non solo la superficie sulla quale insistono i popolamenti arborei, ma anche le aree limitrofe che servono per la salvaguardia e l'ampliamento. (Nella specie, relativa, a rigetto di ricorso con il quale l'imputato, condannato per avere estirpato un bosco ceduo di robinia pseudoacacia di circa 600 mq. in zona soggetta a vincolo paesaggistico senza avere ottenuto l'autorizzazione prevista dall'art. 7 l. 29 giugno 1939 n. 1497, aveva incentrato la sua censura tenendo presente la nozione di "bosco" delineata dalla normativa regionale, la Corte ha osservato che non era consentito adottare, nel caso in esame, la restrittiva nozione di "bosco" contenuta in detta normativa, sicché territorio coperto da bosco non era soltanto l'area di circa 600 mq., da cui l'imputato aveva estirpato le acacie senza autorizzazione, dovendosi, invece, considerare quella complessiva di mq. 700, tanto più che nella zona limitrofa vi era tale vegetazione). Cassazione penale sez. III, 26 marzo 1997, n. 3975.

Definizione giuridica di bosco , ai sensi della tutela imposta dal vincolo della l. n. 431 del 1985, e' quel terreno sul quale esista o venga comunque a costituirsi, per via naturale o artificiale, un popolamento di specie prevalentemente legnose forestali arboree e arbustive che crei un ecosistema tale che la superficie coperta dalle chiome risulti almeno meta' dell'area totale. Il pioppeto che, genericamente, rientra nella categoria della silvicoltura esente da vincoli, quando e' presente in formazioni spontanee e sorge su un'area territoriale già soggetta di per se' a vincoli paesaggistici, può costituire un vero e proprio bosco ripariale; in questo caso, il taglio dei pioppi e' sottoposto al vincolo della legge Galasso, poiché pregiudicherebbe l'ambiente da un punto di vista paesaggistico (estetico) e ambientale (biologico), andando ad incidere sugli elementi costitutivi del paesaggio - ambiente. Pretura Terni, 16 aprile 1996.

Concetto di territorio coperto da boschi e vincolo paesaggistico. In relazione al concetto di territorio coperto da boschi e foreste, soggetto il vincolo paesaggistico - ambientale sulla base dell'art. 1 D.L. n. 431 del 1985, va ben differenziato il territorio coperto da alberi, che forma pertanto un bosco o una foresta, dal territorio coperto da elementi minori quali arbusti, seppur di notevole rilievo costitutivo e visivo: un albero è una pianta legnosa con fusto perenne ben definito che a pieno sviluppo presenta un asse principale prevalente sulla massa delle ramificazioni, il quale raggiunga un diametro di almeno 5 centimetri ad altezza di petto ed un'altezza di almeno 5 metri mentre i rami si sviluppano in alto sul tronco; sono invece arbusti quelle piante

- 144 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO legnose che si presentano ramificate per lo più sin dalla base, nelle quali la massa dei rami predomina sull'asse principale e il fusto primario può non superare in dimensione i fusti secondari sicché la pianta assume un aspetto cespuglioso. Conseguentemente i territori coperti da boschi e foreste ai fini della l. n. 431 del 1985 sono aree formate da soprassuoli di formazioni vegetali di piante soprattutto arboree, ma anche arbustive ed erbacee in equilibrio dinamico evolutivo tra loro in un ecosistema che comprenda in via principale gli alberi di una sola o più specie, e nel contempo gli arbusti, le piante erbacee, la crittogame, le foglie morte e gli altri detriti vegetali ed animali, nonché la fauna e microfauna che trovano condizioni di vita nel territorio boscato stesso. Pretura Terni, 16 aprile 1996.

Intangibilità delle aree boscate. Nella reg. Lombardia, la l. reg. 27 gennaio 1977 n. 9, impone l'intangibilità delle aree boschive, limitando le operazioni di taglio, anche se relative a singoli elementi, al fine di non compromettere l’unitarietà e l'equilibrio dell'impianto, per cui è illegittimo l'intervento edilizio che abbia comportato l'eliminazione di alcune essenze del bosco. Consiglio Stato sez. VI, 4 dicembre 1996, n. 1679 .

Estensione della definizione di bosco a territori non boscati idonei alla tutela del bosco. L'adozione da parte del legislatore della formula "territori coperti da foreste e boschi", in luogo di quella prevista dal D.M. 1 settembre 1984, che sottoponeva a generalizzato vincolo paesaggistico "i boschi e le foreste", implica il riferimento ad una nozione normativa di bosco che non è circoscritta ai soli terreni boscati, ma ad un elemento tipizzante il territorio che non può essere ricoperto da alberi e può servire per salvaguardare il bosco. Cassazione penale sez. III, 31 marzo 1994.

Il "concetto" di bosco deve essere riguardato come patrimonio naturale con una propria individualità, un ecosistema completo, comprendente tutte le componenti quali suolo e sottosuolo, acque superficiali e sotterranee, aria, clima e microclima, formazioni vegetali (non solo alberi di alto fusto, di una o più specie, anche erbe e sottobosco), fauna e microfauna, nelle loro reciproche profonde interrelazioni, e quindi non solo l'aspetto estetico-paesaggistico di più immediata percezione del comune sentimento. Il bosco e' una realtà naturale vivente cioè qualcosa di più di una proiezione estetica. Cassazione penale sez. III, 12 febbraio 1993.

La funzione e la tutela del bosco. Ai fini della necessità dell'autorizzazione prescritta dall'art. 21 r.d. 16 maggio 1926 n. 1126 per bosco deve intendersi un terreno sul quale insistono una serie di alberi che esplicano l'essenziale funzione di evitare che il terreno stesso possa "con danno pubblico subire denudazioni, perdere stabilità e turbare il regime delle acque" come stabilisce l'art. 1 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267. Consiglio Stato sez.V, 25 ottobre 1989 n. 671. Ai fini del delitto di cui agli art. 423 e 425 n. 5 c.p., per bosco deve intendersi una superficie di notevole estensione sulla quale crescono, naturalmente o con processo artificiale, alberi o frutici, cedui e non cedui, talché in detto termine vanno ricomprese anche le macchie. Cassazione penale, sez. I, 11 ottobre 1987.

- 145 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

In relazione alla definizione e qualificazione dei "territori coperti da foreste e boschi" rilevanti ai fini dell'applicazione della legge n. 431 del 1985, il territorio boscato deve essere inteso e considerato come un ecosistema completo, e cioè come una formazione vegetale che comprende gli alberi di una sola o più specie, gli arbusti, le piante erbacee, le crittogame, le foglie morte e gli altri detriti vegetali ed animali, nonché la fauna e microfauna che trovano condizioni di vita nel territorio boscato stesso. Riguardo all'estensione, non si può parlare di territorio boscato se la superficie coperta dalle chiome è minore della metà dell'area totale, poiché, in tal caso, più che di territorio boscato dovrà parlarsi di pascolo, di prato, o di altra qualsiasi coltura arborale. Pretura Amelia 15 ottobre 1986,

C) Incendio L'elemento psicologico del delitto di cui all'art. 423 c.p. consiste nel dolo generico, cioè nella volontà di cagionare un incendio, inteso come combustione di non lievi proporzioni, che tenda ad espandersi e non possa facilmente essere contenuta e spenta; il reato di cui al successivo art. 424 è, invece, caratterizzato dal dolo specifico, consistente nel voluto impiego del fuoco al solo scopo di danneggiare, senza la previsione che ne deriverà un incendio con le caratteristiche prima indicate, o il pericolo di siffatto evento. Ne consegue che, nel caso di incendio commesso al fine di danneggiare, quando a detta ulteriore e specifica attività si associa la coscienza e volontà di cagionare un fatto di entità tale da assumere le dimensioni previste dall'art. 423 c.p., è applicabile questa norma, e non l'art. 424 dello stesso codice, nel quale l'incendio è contemplato come evento che esula dall'intenzione dell'agente. (In motivazione la S.C. ha precisato che l'esistenza e la natura del dolo, elemento appartenente all'interiorità psichica e, come tale, insuscettibile di diretta osservazione, devono essere desunte da elementi esteriori, in specie dallo svolgimento e dalle modalità esecutive del fatto, atti a dimostrare, secondo regole di esperienza consolidate e affidabili, l'atteggiamento psicologico dell'agente e la finalità da lui perseguita). Cassazione penale sez. I, 10 giugno 1998, n. 11026.

Sono fattori idonei a configurare l'incendio di cui all'art. 424, comma 1, c.p., non solo le fiamme, ma anche tutti gli altri elementi che con le fiamme si pongono in rapporto di causa ad effetto, come il calore, il fumo, la mancanza di ossigeno, l'eventuale sprigionarsi di gas pericolosi dalle materie incendiate, in quanto, per effetto di tali conseguenze, si verifica ugualmente il pericolo per la pubblica incolumità - componente oggettiva della nozione giuridica di incendio -, senza soluzione di continuità e senza interruzione del nesso causale oggettivo e materiale e che, pertanto, debbono essere attribuite all'incendio come una qualsiasi azione od omissione è attribuita materialmente al soggetto che la compie. Cassazione penale sez. I, 10 gennaio 1998, n. 5251.

Il reato di cui all'art. 424, comma 1, c.p.p. (danneggiamento seguito da incendio), a differenza dell'ipotesi aggravata di cui al comma 2, non richiede il verificarsi dell'incendio, ma anticipa la soglia della punibilità per motivi di politica criminale rinvenibili nell'intento di evitare che venga usato a scopo di danneggiamento un mezzo altamente insidioso quale il fuoco. Cassazione penale sez. I, 10 gennaio 1998, n. 5251.

- 146 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

Definizione del delitto di incendio. Sussiste il delitto di incendio di cui all'art. 423 c.p. quando l'azione di appiccare il fuoco è finalizzata a cagionare l'evento con fiamme che per le loro caratteristiche e per la loro violenza tendano a propagarsi in modo da creare effettivo pericolo per la pubblica incolumità. Viceversa sussiste il delitto di danneggiamento seguito da incendio allorché il fatto viene realizzato con il solo intento e cioè con il dolo specifico di danneggiare la cosa altrui. Ne consegue che nell'ipotesi in cui l'agente, pur proponendosi di danneggiare la cosa altrui, tuttavia per i mezzi usati e per la vastità e le dimensioni del risultato raggiunto, ha realizzato un incendio di proporzioni tali da mettere in pericolo la pubblica incolumità, deve in ogni caso rispondere del delitto di incendio doloso e non già del meno grave reato di danneggiamento seguito da incendio. Cassazione penale sez. I, 14 marzo 1995.

Divieto di sanatoria e cambio di destinazione dei terreni boscati percorsi dal fuoco. Particolarmente significativa, ai fini della tutela dell’ambiente e delle misure deterrenti contro gli incendi del soprassuolo boscato e contro gli incendi del territorio in genere, appare la norma dell’art. 2, comma 6, del decreto-legge 26 luglio 1995, n. 310 recante misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell’edilizia privata, che ha escluso dalla sanatoria di cui all’art. 39 della legge n. 724 del 1994 le costruzioni abusive realizzate sopra o sotto il soprassuolo boschivo distrutto o danneggiato per cause naturali o atti volontari. Da sottolineare che la previsione contempla come esclusione oggettiva le zone boschive distrutte o danneggiate per qualsiasi causa e con qualsiasi mezzo (oltre che da fuoco o incendio, anche a seguito di calamità naturale o abbattimento volontario o atto vandalico). In tale modo si garantisce la possibilità di ricostituzione del bosco e si contribuisce a scoraggiare gli incendi o le distruzioni dolose, mentre restano confermati per le stesse zone boschive distrutte o danneggiate dal fuoco sia il divieto di cambio di destinazione e, in via di salvaguardia fino alla approvazione dei piani regionali, sia il divieto di insediamento (di nuove) costruzioni di qualsiasi tipo (art. 2, comma 6, del d.l. 26 luglio 1995, n. 310, in riferimento all’art. 9, commi quarto e quinto, della legge 1° marzo 1975, n. 47 (Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi), nel testo risultante a seguito dell’art. 1-bis del d.l. 30 agosto 1993, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 428. CORTE COSTITUZIONALE - 427 - 12 settembre 1995 - Pres. Baldassarre, Red. Chiappa.

Definizione di incendio. Per incendio deve intendersi un fuoco distruggitore in atto di notevoli proporzioni e virulenza, che tende a diffondersi e non è agevole estinguere. Allorché tali condizioni ricorrano e l'incendio riguarda la cosa altrui, il pericolo per l'incolumità pubblica è presunto iuris et de jure. (Fattispecie in tema di danneggiamento seguito da incendio). Cassazione penale sez. I, 6 maggio 1994.

Definizione del dolo e della colpa nei reati di incendio. Per la configurazione del reato di incendio di cui all'art. 423 c.p. è necessario che il soggetto agente abbia voluto cagionare l'incendio; mentre, quando il pericolo dell'incendio o addirittura l'incendio si siano verificati come conseguenza non voluta dell'azione sono configurabili rispettivamente il reato di cui all'art. 42 comma 1 c.p. (danneggiamento seguito da incendio) o l'ipotesi aggravata dello stesso reato prevista dal comma 2 del citato articolo. Pertanto, quello che distingue le ipotesi criminose previste dagli artt. 423 e 424 c.p., non è tanto l'entità delle conseguenze che si sono verificate, bensì

- 147 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO l'elemento soggettivo del reato; nel senso che, nel reato previsto dall'art. 423 c.p., l'agente vuole cagionare l'incendio, mentre, in quello previsto dall'art. 424 c.p., il pericolo dell'incendio, o addirittura l'incendio, si verificano come conseguenza non voluta dell'azione commessa. Cassazione penale sez. I, 17 febbraio 1995.

D) Taglio del bosco Diniego di autorizzazione al taglio di bosco nel piano regionale. E' sufficientemente motivato il diniego di autorizzazione al taglio di bosco nel piano regionale con il richiamo alla disciplina del piano "in itinere" di cui all'art. 18 l. reg. Lombardia 30 novembre 1983 n. 86, come modificato dalla l. reg. Lombardia 13 febbraio 1988 n. 6 che, tra l'altro, qualifica la zona interessata come boscata di pregio in cui non è ammessa la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali. Consiglio Stato sez. VI, 3 novembre 1998, n. 1509.

Estirpazione di un bosco di 600 mq in zona sottoposta a vincolo. Nel concetto di territorio coperto da bosco, cui fa riferimento la legge che tutela le bellezze naturali, rientra non solo la superficie sulla quale insistono i popolamenti arborei, ma anche le aree limitrofe che servono per la salvaguardia e l'ampliamento. (Nella specie, relativa, a rigetto di ricorso con il quale l'imputato, condannato per avere estirpato un bosco ceduo di robinia pseudoacacia di circa 600 mq. in zona soggetta a vincolo paesaggistico senza avere ottenuto l'autorizzazione prevista dall'art. 7 l. 29 giugno 1939 n. 1497, aveva incentrato la sua censura tenendo presente la nozione di "bosco" delineata dalla normativa regionale, la Corte ha osservato che non era consentito adottare, nel caso in esame, la restrittiva nozione di "bosco" contenuta in detta normativa, sicché territorio coperto da bosco non era soltanto l'area di circa 600 mq., da cui l'imputato aveva estirpato le acacie senza autorizzazione, dovendosi, invece, considerare quella complessiva di mq. 700, tanto più che nella zona limitrofa vi era tale vegetazione). Cassazione penale sez. III, 26 marzo 1997, n. 3975. Taglio e utilizzazione di boschi. L'art. 130 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267, che assoggetta l'utilizzazione del patrimonio boschivo dei comuni e degli altri enti pubblici alla preventiva adozione di un piano economico, riguarda solo gli enti pubblici e non anche le persone giuridiche private. T.A.R. Umbria 2 dicembre 1997, n. 575.

In tema di interventi senza autorizzazione in zone vincolate a bosco, non è consentita l'attività agro - silvo - pastorale, volta all'allevamento di animali, consistente nell'aratura con la totale estirpazione della vegetazione. Cassazione penale sez. III, 3 giugno 1997, n. 5961 Necessità di autorizzazione ex L. 8 agosto 1985 n. 431 art. 1 sexies l. Il taglio di piante, il dissodamento e successivo livellamento del terreno e l'estirpazione di ceppaie non possono ritenersi attività di mera conservazione del bosco; ne segue che esse, incidendo in zone paesisticamente vincolate, devono essere espressamente autorizzate, essendo in mancanza configurabile il reato di cui all'art. 1 sexies l. 8 agosto 1985 n. 431. Corte appello Torino, 21 marzo 1997. Naturalizzazione di un bosco artificiale e conseguente vincolo paesaggistico. Il taglio di un pioppeto, rientrando quest'ultimo nell’arboricultura da legno quando sia coltivato con regolare sesto di impianto per servire le esigenze relative alla produzione di materiale legnoso, va considerato attività agro - silvo - pastorale

- 148 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO esente dal vincolo imposto dalla l. n. 431 del 1985, purchè insista su cultura arborea e non su bosco o foresta ai fini della legge citata. Quando, tuttavia, il pioppeto è presente in formazioni spontanee può costituire veri e propri boschi ripariali; e in particolari situazioni anche una formazione impiantata artificialmente nel tempo può integrarsi nel paesaggio vegetale sì da assimilarsi ad una vera e propria formazione ripariale, il taglio della quale pregiudicherebbe da un punto di vista paesaggistico il valore estetico dell'ambiente. Pertanto, in quest'ultimo caso, se il pioppeto sorge su un'area territoriale già soggetta di per se stessa a vincolo paesaggistico - ambientale sulla scorta della legge Galasso, il vincolo assorbe i pioppi emergenti su detta area in quanto essi in quel punto rappresentano una struttura costitutiva del paesaggio visivo e dell'ambiente biologico tutelato nel suo insieme paesaggistico (estetico) e ambientale (biologico). Pretura Terni, 16 aprile 1996.

La l. 8 agosto 1985 n. 431 (c.d. legge Galasso) e le prescrizioni di massima e di polizia forestale (PMPF), pur incidendo ambedue sulle aree boscate, sono finalizzate a scopi e metodologie diverse (le prime inquadrano il bosco come entità economico - produttiva e gestiscono il corretto utilizzo dello stesso in detta ottica mentre la legge Galasso tutela il bosco come paesaggio ed ecosistema naturale). Conseguentemente un'attività di taglio conforme alle PMPF non sempre e', automaticamente in regola con la l. n. 431 del 1985 ed i livelli di violazione delle due norme sono diversi e non sovrapponibili. La polizia giudiziaria dovrà dunque, in sede di controllo, operare due valutazioni tecniche diverse in relazione a ciascuna normativa con conseguente denuncia penale di ogni violazione parziale e/o totale. Pretura Terni, 18 giugno 1996.

Comunità montane e compiti di controllo sul patrimonio boschivo. L'attribuzione agli organi delle comunità montane dei compiti di controllo sul patrimonio boschivo ubicato nelle loro circoscrizioni non preclude il potere del Corpo forestale regionale (nella specie, della regione Friuli Venezia Giulia) di procedere all'accertamento delle violazioni degli art. 130 e 26 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 per il taglio di piante in un bosco, atteso che l'art. 13 comma 4 l. 24 novembre 1981 n. 689, legittima all'accertamento delle violazioni punite con le sanzioni amministrative pecuniarie anche gli ufficiali di polizia giudiziaria, tra i quali rientrano anche gli agenti forestali. Cassazione civile sez. I, 2 febbraio 1995, n. 1223.

Il taglio colturale di un territorio coperto da bosco o foresta è esente dal regime vincolistico previsto alla legge n. 431 del 1985 (c.d. "legge "Galasso") soltanto ove detto taglio sia effettuato nel rispetto dei parametri della autorizzazione rilasciata dal Corpo forestale dello Stato; ove, invece, il taglio in questione avvenga senza detta autorizzazione del Corpo forestale dello Stato oppure ove i lavori siano eseguiti in modo sostanzialmente difforme da tale atto autorizzatorio, l'attività rientra automaticamente nel regime vincolistico e pertanto soggiace al nulla-osta regionale previsto dalla legge n. 431 del 1985. Il taglio a raso, invece, per le sue particolari conseguenze sull'aspetto paesaggistico-visivo della zona e sulla struttura ambientale del territorio deve sempre considerarsi soggetto al regime vincolistico della legge n. 431 del 1985 e per operare in tal senso è necessario il nulla-osta regionale; questo indipendentemente dall'autorizzazione rilasciata dal Corpo forestale dello Stato in base alle prescrizioni di massima e di polizia forestale atteso che esse sono del tutto

- 149 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO indipendenti dalla "legge Galasso" come finalità e come regime giuridico di fondo, tendendo le prime a garantire la corretta gestione del bosco come entità produttiva ed economica e la seconda a tutelare l'area boscata nel suo aspetto paesaggistico- visivo e biologico-ambientale. Pretura Terni, 19 ottobre 1992.

Codice penale art. 624, il furto di alberi. Nella configurazione del reato di furto, ciò che contraddistingue il possesso è la disponibilità fisica della cosa e l'autonomia del potere di disporre, indipendentemente dal diritto dominicale sulla cosa stessa. (Nella specie, si è ritenuto l'ente autonomo del parco nazionale di Abruzzo abilitato a chiedere, quale parte civile, il risarcimento del danno per il furto di un albero abbattuto in un bosco di proprietà comunale, e quindi non appartenente dominicalmente al detto ente, ma sottoposto a vincolo di controllo e di gestione in favore dell'ente stesso). Cassazione penale, sez. II, 14 ottobre 1983.

E) Vincolo idrogeologico

Il duplice aspetto del vincolo idrogeologico. Nella legislazione urbanistica, il termine "vincolo" è adoperato con un duplice significato: il primo, relativo alla inedificabilità dei suoli, comportante divieti o prescrizioni, il secondo, comportante la sottoposizione di determinate aree alla tutela di alcuni interessi regionali, come quelli paesaggistico, idrico, idrogeologico, storico e simili, con la conseguenza che l'esecuzione di opere edilizie è subordinata all'autorizzazione e al nulla - osta dell'autorità preposta alla cura dell'interesse generale considerato. Cons.giust.amm. Sicilia sez. giurisd., 15 febbraio 1999, n. 24.

Violazione dei piani paesaggistici e dei vincoli idrogeologici. La mancanza della autorizzazione, prescritta per la realizzazione di opere che - seppur pubbliche o di pubblico interesse, anche insistenti su beni demaniali - trasformano, o comunque, alterano l'assetto idrogeologico di zone sottoposte a vincoli paesaggistici, integra la fattispecie di reato ex art. 1 sexies, l. n. 431 del 1985, sanzionato ai sensi dell'art. 20 lett. c) l. n. 47 del 1985 . Cassazione penale sez. III, 6 giugno 1997, n. 8774.

Vincolo idrogeologico e P.R.G.. L'imposizione del vincolo idrogeologico ha un effetto conformativo anche sull'attività urbanistico edilizia, per cui e' irrilevante la coerenza di un intervento edilizio con le prescrizioni del piano regolatore generale, se lo stesso non è al contempo conforme alle esigenze di tutela ambientale, stante l'insopprimibile differenza di contenuto e finalità tra quest'ultima e la pianificazione territoriale. Consiglio Stato sez. V, 28 gennaio 1997, n. 89.

Vincolo idrogeologico violazione. Nel giudizio di opposizione ad ordinanza - ingiunzione, irrogativa di sanzione amministrativa pecuniaria per violazione degli art. 7 e 24 r.d. n. 3267 del 1923, consistente nel dissodamento di parte di un terreno sito in zona sottoposta a vincolo idrogeologico, le carte topografiche, prodotte nel giudizio medesimo, costituiscono prova idonea dell'esistenza del vincolo, dato che l'attività amministrativa di imposizione del vincolo si concreta proprio nell'indicazione su di una mappa catastale, o, in mancanza, su di una carta dell'Istituto geografico militare (possibilmente in scala da 1 a 10.000), dei terreni da comprendersi nella zona da

- 150 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO vincolare, descrivendone i confini. Cassazione civile sez. I, 22 febbraio 1996, n. 1396.

Zone assoggettabili a vincolo idrogeologico Ai sensi dell'art. 1 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 sono assoggettabili a vincolo idrogeologico i terreni di qualsiasi natura e destinazione, e quindi non solo quelli caratterizzati da pendenza ed interessati dal deflusso di acque meteoriche e boschivi, ma anche quelli pianeggianti, non attraversati da corsi d'acqua superficiali e pressocché spogli di vegetazione. Ai sensi dell'art. 2 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 possono essere oggetto di vincolo idrogeologico non solo i terreni ricadenti in un bacino fluviale o addirittura nel tratto montano di detto bacino, ma tutti i terreni, di qualsiasi natura e destinazione, che in conseguenza di forme di utilizzazione contrastanti con le limitazioni e le prescrizioni dettate dagli art. 7-9 dello stesso decreto, possono subire compromissioni sotto forma di denudazioni, perdita di stabilita' e turbativa del regime delle acque. I provvedimenti adottati nell'esercizio del potere di cui all'art. 13 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 si caratterizzano per il fatto che contengono un giudizio specifico ed esplicito sulla attuale permanenza della situazione di pericolo di danno idrogeologico che a suo tempo aveva determinato l'imposizione del vincolo. T.A.R. Puglia sez. II, Lecce, 22 febbraio 1995, n. 49.

Silenzio assenso - impedimento. In tema di concessione edilizia, ai fini della formazione del silenzio-assenso, occorre che la relativa domanda contenga, tra i documenti richiesti a suo corredo, l'autorizzazione dell'autorità competente relativamente alla rimozione del vincolo idrogeologico di cui al r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 e successive modificazioni, altrimenti resta impedito lo stesso deposito della domanda. Consiglio Stato sez. V, 9 aprile 1994, n. 265.

Imposizione del vincolo idrogeologico. La tutela idrogeologica di un suolo si attua attraverso l'imposizione del relativo vincolo idrogeologico, da adottarsi con provvedimento regionale, ai sensi del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 236 . Consiglio Stato sez. V, 18 febbraio 1992, n. 132.

Il diniego di autorizzazione alla trasformazione di un bosco insistente su terreni vincolati per scopi idrogeologici è congruamente motivato con il riferimento alla menomazione dell'effetto di stabilizzazione del versante, caratterizzato dall'equilibrio generale precario, in quanto la tutela dell'integrità del bosco si rivela strumento di conservazione dell'assetto del suolo. Consiglio Stato sez. VI, 20 dicembre 1989 n. 1667.

Nuove costruzioni in aree soggette a vincolo idrogeologico. La costruzione di una strada in terreno soggetto a vincolo idrogeologico ai sensi del R.D.L. 30 dicembre 1923 n. 3267, in quanto rimboschito con, contributo dello Stato, implica una modificazione dello stato dei luoghi, con conseguente distruzione del manto erboso e comporta, pertanto, una destinazione del terreno stesso incompatibile con la conservazione del bosco in base alle norme contenute nell'apposito piano. T.A.R. Toscana 26 marzo 1982 n. 63.

- 151 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

Obbligo di autorizzazione. Quando su un suolo sottoposto a vincolo idrogeologico vi sia un bosco, sussiste l'obbligo dell'autorizzazione non solo per la trasformazione del bosco in altra coltura, ma anche per il suo abbattimento. Cassazione penale, sez. III, 19 gennaio 1980

F) Autorizzazioni-concessioni Diniego di autorizzazione al taglio di bosco nel piano regionale. E' sufficientemente motivato il diniego di autorizzazione al taglio di bosco nel piano regionale con il richiamo alla disciplina del piano "in itinere" di cui all'art. 18 l. reg. Lombardia 30 novembre 1983 n. 86, come modificato dalla l. reg. Lombardia 13 febbraio 1988 n. 6 che, tra l'altro, qualifica la zona interessata come boscata di pregio in cui non è ammessa la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali. Consiglio Stato sez. VI, 3 novembre 1998, n. 1509.

Concessione edilizia e licenza di abitabilità diniego. Non è dato rinvenire nel tessuto normativo un criterio univoco inteso alla definizione dei parametri i quali agganciare la qualificazione di un'area come boschiva. In assenza di un criterio vincolante non appare irragionevole la valutazione, sottesa al provvedimento reiettivo impugnato, recepita dall'inventario forestale nazionale, che segnala un rapporto piante - superficie di 455 per ettaro ed un'area di insistenza delle chiome superiore al 20%. Incontestabile essendo, alla luce di consolidata giurisprudenza sul punto, che il diniego di nulla osta può riposare sulla situazione di pericolo (e non di danno immediato) innescata dalla trasformazione del territorio, è parimenti indubitabile, attesa la valenza sacrificata rivestita dalla statuizione negativa sull'esplicazione dello "jus aedificandi", che detto pericolo, nella specie, di incendio, debba presentarsi, in forza di adeguata indagine istruttoria, in termini di concretezza e specificità. Consiglio Stato sez. VI, 15 luglio 1998, n. 1095 .

Nel concetto di territorio coperto da bosco , cui fa riferimento la legge che tutela le bellezze naturali, rientra non solo la superficie sulla quale insistono i popolamenti arborei, ma anche le aree limitrofe che servono per la salvaguardia e l'ampliamento. (Nella specie, relativa, a rigetto di ricorso con il quale l'imputato, condannato per avere estirpato un bosco ceduo di robinia pseudoacacia di circa 600 mq. in zona soggetta a vincolo paesaggistico senza avere ottenuto l'autorizzazione prevista dall'art. 7 L. 29 giugno 1939 n. 1497, aveva incentrato la sua censura tenendo presente la nozione di "bosco" delineata dalla normativa regionale, la Corte ha osservato che non era consentito adottare, nel caso in esame, la restrittiva nozione di "bosco" contenuta in detta normativa, sicché territorio coperto da bosco non era soltanto l'area di circa 600 mq., da cui l'imputato aveva estirpato le acacie senza autorizzazione, dovendosi, invece, considerare quella complessiva di mq. 700, tanto più che nella zona limitrofa vi era tale vegetazione). Cassazione penale sez. III, 26 marzo 1997, n. 3975 . In tema di interventi senza autorizzazione in zone vincolate a bosco , non è consentita l'attività agro - silvo - pastorale, volta all'allevamento di animali, consistente nell'aratura con la totale estirpazione della vegetazione. Cassazione penale sez. III, 3 giugno 1997, n. 5961.

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Autorizzazione dell’autorità competente. Il vincolo idrogeologico, secondo la disciplina recata dal r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267, non interdice in assoluto l'attività edificatoria, ma richiede soltanto che l'intervento progettato sia autorizzato dall'autorità competente. Consiglio Stato sez. V, 25 maggio 1995, n. 832. Concessione e vincolo idrogeologico. Nei territori sottoposti a vincolo idrogeologico i lavori conseguenti alla concessione mineraria non possono essere eseguiti ove manchi l'autorizzazione dell'autorità forestale regionale, alla quale non può ovviamente sostituirsi quella mineraria. Corte Conti sez. contr., 8 giugno 1995, n. 77.

Autorizzazioni, nulla osta, visti - mancanza di formazione del silenzio-assenso. In tema di concessione edilizia, ai fini della formazione del silenzio-assenso , occorre che la relativa domanda contenga, tra i documenti richiesti a suo corredo, l'autorizzazione dell'autorità competente relativamente alla rimozione del vincolo idrogeologico di cui al r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 e successive modificazioni, altrimenti resta impedito lo stesso deposito della domanda. Le autorizzazioni, i nullaosta, i visti e gli atti contemplati nell'art. 8 comma 3 d.l. 23 gennaio 1982 n. 9 convertito, con modificazioni nella l. 25 marzo 1982 n. 94 devono preesistere alla istanza di concessione sulla quale, pertanto, non può formarsi il silenzio assenso previsto dall'art. 8 comma 1 cit., ove detti atti non siano allegati alla domanda di concessione stessa (nella specie si è ritenuto che il silenzio-assenso non fosse configurabile posto che l'interessato aveva presentato contestualmente l'istanza di concessione edilizia e quella di autorizzazione alla rimozione del vincolo idrogeologico che gravava sull'area edificanda). Consiglio Stato sez. V, 9 aprile 1994, n. 265.

La materia forestale è interessata dalla ancora vigente l. 3267 del 1923 sul vincolo idrogeologico, ispirata al principio di impedire forme di utilizzazione che possano "con danno pubblico" determinare "denudazione", perdita di "stabilita'", turbamento del "regime delle acque"; dalla legislazione urbanistica a partire dalla l. 1150 del 1942 fino alla recente l. 47/85; dalla legge di difesa del suolo e sui bacini idrografici, n. 183/88; dalla legge sulle aree protette n. 394/91; dalle normative su flora e fauna, es. l. 157/92; dalle leggi su bellezze naturali e paesaggio (l. 1497/39; art. 9 Cost., l. 431/85); dalle norme sull'impatto ambientale ex direttiva C.E.E. 337/85 e norme di attuazione; dalla l. 349/86 sul Ministero dell'"Ambiente e sul danno ambientale". Cassazione penale sez. III, 12 febbraio 1993.

Sono elementi atti a determinare una trasformazione urbanistica, comportando un mutamento del preesistente assetto del territorio per il quale necessita il rilascio della concessione edilizia, la esecuzione di dissodamenti e riporti di terreno con accumulo di rifiuti per la formazione di un piazzale e di una strada, la distruzione di un bosco ceduo, la formazione di un muro a secco di pietrame, la costruzione di baracche di legno. T.A.R. Piemonte sez. I, 11 maggio 1991 n. 164. Il sistema di tutela ambientale delineato dalla l. n. 431 del 1985 prevede, per determinate categorie di beni, l'imposizione di un vincolo "ex lege". Pertanto, il piano paesistico regionale non è in grado di costituire o escludere il vincolo ambientale,

- 153 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO perché questo deriva direttamente dalla legge. Un territorio coperto da bosco è da ritenere sottoposto a vincolo, ancorché non incluso tra i boschi dal piano paesistico regionale. L'intervento in tali zone senza la prescritta autorizzazione regionale integra pertanto il reato di cui all'art. 1 sexies l. n. 431 del 1985. L'esistenza del vincolo deve essere esclusa se il bosco risulta incluso come area edificabile nel piano triennale di attuazione del piano regolatore generale vigente prima dell'entrata in vigore della c.d. legge Galasso. Cassazione penale sez. III, 6 dicembre 1995, n. 4319. Occorre la concessione edilizia per lavori diretti della installazione di un capannone (nella specie in zona vincolata), destinato a dare ricovero, non assolutamente momentaneo, agli attrezzi necessari per il taglio industriale del bosco e per la successiva lavorazione del legname ricavato (segheria). Ne deriva che la eventuale autorizzazione, rilasciata dal sindaco per la realizzazione di una costruzione delle menzionate caratteristiche, è provvedimento diverso ed estraneo dalla concessione, che è richiesta per l'esecuzione di opere comportanti una modifica duratura del territorio. (Nella specie trattavasi dello sbancamento di ottocento metri quadrati di bosco). Cassazione penale sez. III, 18 novembre 1993.

L. 8 agosto 1985 n. 431 art. 1 l. Per la configurazione del reato di cui all'art. 1- sexies l. n. 431 del 1985 non occorre la sussistenza di particolari vincoli ambientali, accolti negli strumenti normativi urbanistici, ma e' sufficiente lo sconvolgimento dell'assetto idrogeologico e la modifica dello "status" ambientale. (Nella specie si trattava di coltivazione di cava in zona sottoposta a vincolo idrogeologico e boschiva). Cassazione penale sez. III, 2 dicembre 1991. Vincolo idrogeologico, falsa rappresentazione. L'autorizzazione alla realizzazione di una discarica è viziata da eccesso di potere per falsa rappresentazione dei presupposti di fatto quando nel corso dell'istruttoria non è stato in alcun modo preso in considerazione il fatto che la zona prescelta per la localizzazione dell'impianto e' sottoposta a vincolo idrogeologico. T.A.R. Abruzzo sez. Pescara, 20 febbraio 1991, n. 166 .

Il taglio a raso di un bosco di alto fusto sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 1, lett. g) della l. 8 agosto 1985, n. 431 abbisogna della prescritta autorizzazione e per la cui mancanza è prevista la pena dell'ammenda e l'obbligo del ripristino dello stato originario del luogo. Pretura Santhia 15 dicembre 1988. Obbligo dell’autorizzazione. Quando su un suolo sottoposto a vincolo idrogeologico vi sia un bosco, sussiste l'obbligo dell'autorizzazione non solo per la trasformazione del bosco in altra coltura, ma anche per il suo abbattimento. Cassazione penale, sez. III, 19 gennaio 1980.

Il disboscamento di un'area vincolata dal piano regolatore a bosco-parco naturale e la trasformazione di essa in area agricola destinata a orto e frutteto costituisce trasformazione urbanistica del territorio soggetta a concessione. Commette pertanto il reato di cui all'art. 17, lett. b) l. 28 gennaio 1977 n. 10, chi abusivamente procede ai lavori necessari per la sopraindicata trasformazione. Pretura Torino 24 maggio 1982.

- 154 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

Aree protette, costruzioni. Nessuna costruzione civile, stradale o di qualsiasi altra specie può essere eseguita nel perimetro del parco nazionale del Gran Paradiso senza l'autorizzazione dell'Ente parco; ove occorra quella dell'ente Regione, essa non sostituisce l'altra (fattispecie di apertura di una strada campestre per il trasporto del legname da un bosco). Cassazione penale, sez. III, 23 gennaio 1979.

Organi competenti in materia di autorizzazioni al taglio di boschi. Ai sensi del d.P.R. 30 giugno 1951 n. 535, il direttore dell'ente autonomo del Parco nazionale d'Abruzzo, ricostituito con la l. 21 ottobre 1950 n. 991, non è un organo dell'ente essendo presupposto a sopraintendere ai servizi dell'ente e negare o concedere autorizzazioni (nella specie: autorizzazione al taglio di sezioni boschive) che rientrano fra i compiti riservati agli organi dell'ente (nella specie: al Presidente). T.A.R. Abruzzi 28 settembre 1978 n. 400.

G ) Sanzioni

Vincolo idrogeologico sanzione. Nel giudizio di opposizione ad ordinanza - ingiunzione, irrogativa di sanzione amministrativa pecuniaria per violazione degli art. 7 e 24 r.d. n. 3267 del 1923, consistente nel dissodamento di parte di un terreno sito in zona sottoposta a vincolo idrogeologico, le carte topografiche, prodotte nel giudizio medesimo, costituiscono prova idonea dell'esistenza del vincolo, dato che l'attività amministrativa di imposizione del vincolo si concreta proprio nell'indicazione su di una mappa catastale, o, in mancanza, su di una carta dell'Istituto geografico militare (possibilmente in scala da 1 a 10.000), dei terreni da comprendersi nella zona da vincolare, descrivendone i confini. Cassazione civile sez. I, 22 febbraio 1996, n. 1396.

Falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico (c. p. art. 479). Risponde del delitto di cui all'art. 479 c.p. il geometra dell'ufficio tecnico comunale che compili ed invii alla regione una "scheda di controllo paesistico" nella quale, oltre ad indicare una dimensione inferiore a quella reale dell'edificio progettato, ometta di segnalare che sono stati già espressi altri pareri su quel progetto e che la zona interessata dalla costruzione e' demaniale e soggetta a vincolo idrogeologico e forestale. Cassazione penale sez. V, 3 luglio 1995, n. 7898.

Accertamento di infrazioni e termini. Ai sensi dell'art. 26 della Legge forestale di cui R. D. 30 dicembre 1923 n. 3267, in caso di accertamento di infrazioni, l'autorità amministrativa procedente deve determinare il valore delle piante tagliate o del danno cagionato, per la proporzionale commisurazione della sanzione amministrativa, con la conseguenza che tale determinazione diviene parte integrante del verbale dell'accertamento da notificare al trasgressore e che il termine di notificazione previsto dall'art. 14 della legge n. 689 del 1981 inizia a decorrere soltanto dal compimento della determinazione medesima, senza che, tuttavia, questa sia procrastinabile "ad libitum" dell'amministrazione, con una vanificazione della finalità del disposto dell'art. 14 cit., dovendo intervenire entro tempi ragionevoli, la cui individuazione, in caso di contestazione, è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e

- 155 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO correttamente motivata. (Nella specie, formulando il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la sentenza con la quale il giudice del merito aveva ritenuto irragionevole un ritardo di circa tre anni fra l'accertamento dell'infrazione consistita nel taglio abusivo di piante per la costruzione di una strada di ampiezza notevolmente maggiore di quella autorizzata ed il conteggio delle piante medesime). Cassazione civile sez. I, 28 aprile 1992 n. 5052.

Il mutamento di un'area boscata vincolata dai piani regolatori a bosco, in terreno agricolo coltivato ad orto e frutteto, costituisce una trasformazione urbanisticamente rilevante ed è subordinata all'obbligo della preventiva concessione la cui mancanza rende applicabile la sanzione prevista dall'art. 17 lett. b)legge n. 10 del 1977. Pretura Torino 24 maggio 1982.

- 156 - ______PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA ______PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO

PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO Legge quadro in materia di incendi boschivi n.353 del 21 novembre 2000

ALLEGATI

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