ISTITUTO EURO ARABO DI STUDI SUPERIORI

ROSARIO LENTINI

Vincenzo Raja Tra passione politica e impegno scientifico (Mazara del Vallo 1881 - Palermo 1949)

2014

Lentini, Rosario <1952-> Vincenzo Raja: Tra passione politica e impegno scientifico (Mazara del Vallo 1881 - Palermo 1949) / Rosario Lentini - Mazara del Vallo: Istituto Euro Arabo di Studi Superiori, 2014. 1. Raja, Vincenzo. 324.245072092 CDD-22 SBN Pal0275061 CIP - Biblioteca Centrale della Regione Siciliana “Alberto Bombace”

© 2014 Istituto Euro Arabo di Studi Superiori, Mazara del Vallo. Rosario Lentini, Vincenzo Raja. Tra passione politica e impegno scientifico (Mazara del Vallo 1881 - Palermo 1949). INDICE

Introduzione pag. 7

Capitolo 1 Note biografiche « 9

Capitolo 2 Il percorso politico « 13

Capitolo 3 Lo studioso di viticoltura e di enologia « 61

Album fotografico « 87

Appendice documentaria « 95

Indice dei nomi « 131

Introduzione

Questa breve monografia riguarda un mazarese immeritatamente dimenticato dai suoi concittadini – non è il primo caso e non sarà l’ultimo – la cui memoria, sin qui, è stata onorata nel 2008 solo dall’amministrazione provinciale di Palermo di cui egli fu ultimo pre- sidente, eletto democraticamente prima della svolta totalitaria del regime fascista. In verità, la pubblicazione dedicata in quell’occasione a Vincenzo Raja non aveva pretese di meticolosa ricostruzione storica della sua attività politica e scientifica, ma assolveva in modo sintetico, quanto meno, a un impegno celebrativo.1 Anche il presente lavoro, per quanto approfondita sia stata la ricerca delle fonti, non può dirsi esaustivo; tante le lacune, pochi i documenti disponibili. Tuttavia, il quadro d’insieme che qui si offre può essere di stimolo a ulteriori indagini che dovrebbero far luce soprattutto sugli ultimi due decenni della sua vita (anni ’30 e ’40) di cui si conosce ben poco. Andrebbe chiarito, per esempio, se e quali conseguenze abbia subito dopo il varo delle leggi razziali, dal 1938 in avanti, avendo spo- sato la figlia dell’imprenditore ebreo tedesco Ahrens, morto quello stesso anno, il quale, fino a quel momento, aveva potuto contare sulla tutela diplomatica derivante dall’essere console di Uruguay;2 e di quali attenzioni, in quegli stessi anni e fino alla caduta del fascismo, sia stato fatto oggetto da parte delle autorità di polizia, pur se ormai lontano – almeno così sembrerebbe – da ogni impegno diretto in politica. Dai ricordi di famiglia raccolti da uno dei pronipoti di Vincenzo Raja – l’avvocato Giulio Mocata – si ha la conferma della costante vigilanza alla quale fu sottoposto da parte dei delegati di Pubblica Sicurezza, proprio perché annoverato tra gli antifascisti. Nel corso della ricerca è emerso il ruolo non secondario avuto dal fratello minore Giovan Battista con il quale Vincenzo condivise sin da giovanissimo tutte le iniziative e le battaglie politiche e di partito, sia a Mazara che a Palermo. Probabilmente, proprio standogli accanto e

1 Vincenzo Raja. Il Presidente dell’innovazione scolastica, a cura di Anna Maria Corradini, Provincia Regionale, Palermo 2008. 2 L. VINCENTI, Storia degli Ebrei a Palermo durante il Fascismo. Documenti e testimonianze, saggio introduttivo di Gabriella Portalone, Offset Studio, Palermo 1998, pp. 141-144. 8 Rosario Lentini condividendo le esperienze, Giovan Battista ebbe modo di imparare i rudimenti del mestiere e a fare tesoro delle non poche amarezze e scon- fitte patite da Vincenzo nelle diverse tornate elettorali politiche – con- trassegnate da brogli, intimidazioni e minacce – nelle quali non riuscì a conseguire il pieno successo, talvolta per pochi voti. Per certi versi, il traguardo tagliato da Giovan Battista nel dopoguerra, eletto senatore del Partito Repubblicano Italiano, nonché la sua folgorante carriera politica (sottosegretario nel VII governo De Gasperi, dal 1951 al 1953), debbono molto a questo rapporto di grande e intensa collabora- zione tra i due. Politica e passione per lo studio della viticoltura, impegno diretto ad affrontare i problemi concreti del mondo agricolo – da social- riformista, con una visione interclassista che gli permetteva di interlo- quire con imprenditori, coltivatori, semplici braccianti e di farsi apprezzare universalmente per competenza e serietà – appaiono in Vincenzo Raja difficilmente scindibili. Si è tentato di mostrare il pregio dei suoi studi vitivinicoli, pur con i limiti della vis polemica di cui sono talvolta intrisi e della stringatezza dei testi, nonché l’importanza della strenua battaglia – anch’essa oblia- ta – condotta con lungimiranza a tutela del vino marsala, attraverso i suoi scritti sulla stampa periodica. Se, però, le pubblicazioni almeno rendono conto del suo impegno di studioso, della sua attività di imprenditore vinicolo, invece, non si è trovata alcuna traccia per la grave dispersione degli archivi di impresa che, in verità, ha caratteriz- zato la maggior parte delle aziende enologiche della provincia e, in generale, dell’Isola. Tuttavia, nonostante la povertà delle fonti documentarie, la rico- struzione possibile ha permesso di delineare un profilo di Raja suffi- cientemente nitido per poterne apprezzare lo spessore politico, scienti- fico e, in ultima analisi, umano. Sarebbe tempo che anche la sua città natale ne riscoprisse il valore.3

3 Si esprime un sentito ringraziamento al dottor Sandro e all’avvocato Guido Noto La Diega di Palermo; al dottor Daniele Arrigo di Milano; all’avvocato Giulio Mocata, all’avvocato Alberto Polizzi, al conte Salvatore Burgio e all’architetto Silvio Manzo di Mazara del Vallo, nonché al dottor Mario Arini di Marsala, per la piena e immediata disponibilità a consentire la consultazione dei pochi documenti di famiglia rimasti in possesso degli eredi e a fornire informazioni anagrafiche e immagini fotografiche.

1. Note biografiche

Vincenzo Raja nasce a Mazara del Vallo il 27 gennaio 1881 – terzo di sette figli – dal matrimonio tra il commerciante di vini Orazio Raja (nato nel 1850 in via Maccagnone), allora trentenne, e Antonina Maria Russo “donna di casa” (nata nel 1854). Tra via Bagno e via Porta Palermo si trovavano le piccole unità immobiliari di rispettiva proprie- tà ed un’altra, più grande, nell’attuale via Marsala, ai numeri civici 164-166-168, intestata ad Orazio Raja;4 in questa stessa via, al n. 49, la moglie risultava proprietaria anche di una piccola “fornace”.5 Non è noto il suo percorso di studi pre-universitari, ma solo la fre- quenza della Scuola Superiore di Agricoltura di Portici dal 1902 al 1907, presso la quale conseguì il diploma di laurea a pieni voti. Giova- nissimo, inizia la militanza politica nel variegato ambiente anarco- socialista mazarese; si iscrive al Partito Socialista Italiano insieme al fratello Giovan Battista, collocandosi, dapprima, nelle file dei radicali e intransigenti e, poi, probabilmente dal 1908, aderendo alla compo- nente riformista che a Palermo era guidata da Alessandro Tasca e da Aurelio Drago. Nel 1910 viene eletto consigliere comunale ingaggiando un’aspra battaglia politica con il concittadino e sindaco di Mazara, Emanuele Sansone, anch’egli socialista. Dopo l’espulsione dal PSI dei suoi leader nazionali di riferimento (Bissolati, Bonomi, ecc.), aderisce, nel 1912, al Partito Socialista Riformista Italiano. Da gennaio di quello stesso anno, ormai stabilitosi a Palermo, dà vita, insieme al fratello, ad un periodico mensile di agricoltura ed enologia la cui pubblicazione si in- terrompe nella seconda metà del 1913. L’8 luglio del 1912 sposa Mar- gherita, figlia del mercante-imprenditore ebreo tedesco Albert6 Ahrens e di Johanna Benjamin. Da questo matrimonio nasceranno le tre figlie

4 Astp (Archivio di Stato di Trapani), Catasto fabbricati di Mazara del Vallo, regi- stro n. 10, partita 1721 intestata “Raia Orazio di Vincenzo”. 5 Ibidem, partita 1787 intestata “Russo Antonina di Giovan Battista maritata Raja”. 6 Nel testo che segue sarà indicato con il nome italiano Alberto.

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Franca Renata, Gigliola e Giuliana. Forte dell’esperienza maturata a Mazara sin da giovane al fianco del padre nella gestione del commer- cio vinario, dirigerà per conto di Ahrens l’omonimo stabilimento eno- logico di Palermo, in contrada San Lorenzo Colli, non tralasciando, per questo, l’attività politica e caratterizzando il suo impegno a favore del cooperativismo agricolo. Si candida ripetutamente in un collegio elettorale della provincia di Palermo (Petralia), in occasione sia delle tornate amministrative, sia delle politiche. Nel 1914 viene eletto consigliere della Provincia di Palermo; dal 1920 assume l’incarico di vicepresidente e nella seduta del 12 settembre 1923 viene votato presidente, a larghissima maggio- ranza. Nonostante le simpatie iniziali per Mussolini, Raja non prende la tessera del partito fascista e dopo il delitto Matteotti e la forte con- danna dell’omicidio del leader socialista nazionale, da lui espressa in Consiglio provinciale, la sua carriera politica si avvia alla conclusione. Nel 1925 partecipa a Napoli al convegno costitutivo dell’Unione Democratica del liberal-democratico Giovanni Amendola ma, presu- mibilmente, morto questi nel 1926, si ritira a vita privata per dedicarsi all’attività enologica. Sospettato di avversare il regime e di continuare a frequentare antifascisti, nel 1931 il prefetto propone la revoca dell’onorificenza cavalleresca a lui conferita nel 1922. Il suo contributo scientifico e gli interventi sulla stampa specializza- ta hanno riguardato in modo particolare tre questioni: la battaglia per la tutela e la valorizzazione del vino marsala, nel nome e nella zona di produzione specificamente delineata; la sopravvivenza del vitigno Pignatello per la produzione dei vini da taglio; le sperimentazioni per la ricostituzione dei vigneti colpiti dalla fillossera. Nel dopoguerra tor- nerà ad occuparsi di politica insieme al fratello che diventerà senatore della Repubblica nel 1948; sarà egli stesso, per un’ultima volta, candi- dato per il Senato a quella stessa tornata delle politiche, per il partito di Giuseppe Saragat (PSLI), senza alcun successo. Muore a Palermo il 21 dicembre 1949. È sepolto nel cimitero acattolico dei Rotoli, a pochi metri dalla tomba degli Ahrens.7

7 I dati anagrafici riportati nella scheda genealogica che segue sono tratti da documenti, dalle lapidi sepolcrali e da informazioni dirette degli eredi.

Note biografiche 11

Scheda genealogica

ORAZIO RAJA, di Vincenzo e di Giuseppa Anastasi, (Mazara del Vallo, 20/4/1850 - 9/6/1940) ---- sposa il 29/11/1874 ---- ANTONINA MARIA RUSSO, di Giovan Battista e di Anna Mauro, (Mazara del Vallo, ?/?/1854 - 9/7/1924)

Figli:

1. Giuseppa Anna Maria, (Mazara del Vallo, 11/10/1875 - Mazara del Vallo, 28/3/1944) 2. Anna, detta Annita, (Mazara del Vallo, ? - Milano, ?/2/1954) 3. Vincenzo, (Mazara del Vallo, 27/1/1881 - Palermo, 21/12/1949) 4. Antonia detta Antonietta, (Mazara del Vallo, 1/7/1882 - Mazara del Vallo, 18/8/1969) 5. Giovan Battista detto Titta, (Mazara del Vallo, 4/2/1884 - Mazara del Vallo, 26/9/1957) 6. Gaspare, (Mazara del Vallo, 30/4/1886 - Trapani, 10/2/1983) 7. Giuseppe, (Mazara del Vallo, 18/12/1888 - Mazara del Vallo, 20/12/1974)

* *

1 - Giuseppa Anna Maria Raja, nubile 2 - Anna, detta Annita, Raja ----- sposa ----- Giuseppe Napoli a) Vito b) Orazio (1901-1970) c) Pietro d) Vincenzo e) Filippo Vittorio

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3 - Vincenzo Raja ----- sposa l’8/7/1912 ----- Margherita Ahrens (8/3/1888 - 25/12/1979), figlia di Albert (Varel Oldenburg, 9/6/1852 - 17/5/1938) e di Johanna Benjamin (Amburgo, 14/3/1858 - Palermo, 18/11/1963) a) Franca Renata (Palermo, 29/5/1913 - Palermo, 9/7/1977) sposa Guido Noto La Diega (2/3/1915 - 25/7/2001) b) Gigliola (Mazara del Vallo, 31/5/1920 - Palermo, 10/10/2008) sposa Umberto Bazzi c) Giuliana (Palermo, 24/6/1921 - Milano, 3/8/2000) sposa Cesare Arrigo 4 - Antonia, detta Antonietta, RAJA ----- sposa ----- Giacomo Mo- cata (Mazara del Vallo, 3/5/1878 - Mazara del Vallo, 4/6/1946) a) Bartolomeo (1903-1989) sposa Ina Castelli (n. 1918) b) Maria (1905-1959) sposa Domenico Misuraca c) Antonina (1910-1989) sposa Gaetano Mollica (1909-1971) 5 - Giovan Battista Raja ----- sposa il 19/6/1914 ----- Amelia Burgio (Porto Empedocle, 12/1/1887 - Palermo, 15/4/1955) a) Nina (1917-2008) sposa Giuseppe Polizzi (1910-2002) b) Ernestina (20/9 - 26/10/1920) 6 - Gaspare Raja ----- sposa il 28/10/1922 ----- Carmela Giacalone a) Orazio (n. 1922) b) Antonina (n. 1927) 7 - Giuseppe Raja ----- sposa ----- Francesca Hopps a) Orazio (n. 1938)

2. Il percorso politico

Nei giorni dal 6 al 9 maggio 1898 – durante il IV governo del palermi- tano Antonio Starabba marchese di Rudinì – le proteste e i tumulti scoppiati in molte regioni contro il rincaro del pane, come noto, furono soffocati brutalmente manu militari; in modo particolare a Milano, do- ve il generale Bava Beccaris ordinò di sparare sulla folla provocando 80 morti e centinaia di feriti. La repressione fu durissima in tutto il Paese, dando luogo alla proclamazione dello stato d’assedio in diverse città, all’arresto di migliaia di manifestanti, inclusi molti dirigenti na- zionali e periferici del partito socialista, alla chiusura di numerosi or- gani di stampa e allo scioglimento di associazioni considerate “sovver- sive”, anarchiche, socialiste, repubblicane e clericali. Il successivo 29 giugno entrava in carica il primo governo presieduto da un generale, il savoiardo Luigi Girolamo Pelloux, che avrebbe mantenuto anche la titolarità dell’Interno fino alla conclusione del suo secondo ministero (dimissioni presentate il 18 maggio 1900). A lui si deve l’ulteriore ina- sprimento della legislazione sulla pubblica sicurezza e sulla libertà di stampa, di riunione e di associazione (disegno di legge approvato il 4 marzo 1899),8 nonché l’implementazione della schedatura di individui e organizzazioni, già introdotta da tre provvedimenti di legge “antia- narchici” voluti da sin dal 1894. La rete operativa che avrebbe messo in atto queste disposizioni era costituita, ovviamente, dalle Prefetture del Regno, che intensificarono le attività di vigilanza, di controllo e di raccolta informazioni, avvalendosi delle Questure e dei Carabinieri e ricorrendo a numerosi confidenti.9

8 E. RAGIONIERI, La storia politica e sociale, in Storia d’Italia. Dall’Unità a og- gi, Einaudi, Torino 1976, vol. 4, t. III, pp. 1842-1866; F. GAETA, La crisi di fine secolo e l’età giolittiana, in Storia d’Italia, Utet, Torino 1982, vol. XXI, pp. 41-79. 9 Sull’argomento il pregevole saggio di N. MUSARRA, Le confidenze di “Fran- cesco” G. Domanico al conte Codronchi, «Rivista storica dell’anarchismo», anno III, n. 1, gennaio-giugno 1996, pp. 45-47.

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Il prefetto di Trapani, ad esempio, nel gennaio del 1898, comunica- va a quello di Palermo che:

Da segrete informazioni risulta al Sotto Prefetto di Mazzara che i capi socialisti di quella città coalizzati con i caporioni della mafia locale hanno fatto due riunioni, la prima in casa del Sig. Vito D’Andrea, la seconda in campagna nella proprietà dello stesso Sig. D’Andrea, il quale è persona turbolenta ed il più accanito fra gli avversari dell’amministrazione Comu- nale presente. Si sa che a queste riunioni assistevano il Bilà ex presidente del Fascio, Norrito Giuseppe, Domingo Ettore, anche questi facinorosi so- cialisti e con essi eravi pure certo Macaddino che è un sospetto contrab- bandiere.10

Il nome di Vincenzo Raja risulta registrato negli elenchi del “Servi- zio Schedario” presso la Prefettura di Palermo sin dal 14 marzo 1904, data di compilazione della scheda a lui intestata, contenente la seguen- te sintetica annotazione: «Condotta tenuta: Socialista. Professa idee sovversive, ma non è ritenuto pericoloso. Proposte: sorvegliarlo».11 Certamente non era passato inosservato che a luglio del 1902 «il com- pagno Raja», insieme al medico e storico Filippo Napoli e al socialista dissidente Alberto Foderà, avesse presieduto l’inaugurazione della Lega dei contadini di Mazara. Alla presenza di 400 associati, riuniti in un’ampia sala di via Popolo (odierna via Vittorio Veneto), Raja aveva illustrato gli obiettivi cui mirare: aumento salariale, riduzione dell’orario di lavoro, riforma dei patti colonici.12 Né era sfuggito alle autorità di polizia che, nel 1903, avesse ospitato a Mazara l’anarchico Pietro Gori, venuto in Sicilia a tenere un ciclo di conferenze, con il quale avrebbe legato amicizia:

10 Archivio di Stato di Palermo (Asp), Prefettura Gabinetto (Pref. Gab.), serie (s.) 1860-1905, busta (b.) 169, fasc. 3, “Mazzara – Ordine pubblico”, lettera del pre- fetto di Trapani al prefetto di Palermo, Trapani 8-1-1898; S. COSTANZA, Dal Fascio dei Lavoratori ai “blocchi popolari”. Alla vigilia della Guerra, in A. CUSUMANO, R. LENTINI (a cura di), Mazara 800-900. Ragionamenti intorno all’identità di una città, Sigma, Palermo 2004, pp. 75-84. Francesco Bilà aveva costituito il Fascio dei Lavoratori di Mazara il 7 maggio 1893. 11 Asp, Pref. Gab., s. 1860-1905, b. 381, fasc. C, rubrica intestata “1911-1915, 17- 12-C. Servizio schedario degli affiliati ai partiti sovversivi. Elenco”, ad vocem. 12 Lega tra i contadini, «Il Sole», Mazzara, anno III, n. 5, 10 agosto 1902; Alberto Foderà avrebbe fondato e diretto dal 1903 il periodico «La Fiaccola», che dal 1907 si sottotitolò “Organo del Gruppo socialista”.

Il percorso politico 15

L’amicizia tra i due – precisa Natale Musarra – è testimoniata da un du- plice ritratto fotografico, conservato presso la collezione Pietro Gori dell’Archivio Storico di Rosignano Marittimo, con dediche di Gori alla so- rella Bice, “Dalla isola del sole/febbraio 1903”; e di Raja a Gori: “L’uno sei tu che parli / l’altro son io ch’ascolto, / Né d’ascoltar mi stanco / La vo- ce de L’apostolo / Sincer, verace e colto. Mazzara 3/4/1903”.13

Il suo attivismo politico era abbastanza evidente; il suo nome figu- rava tra i sottoscrittori del periodico anarchico «La Falange», con reda- zione Marsala-Mazara, di cui sarebbe stato anche uno dei promotori:14

[…] fonda un circolo di studi sociali – scrive Musarra – che tra il 1903 e il 1905 edita alcuni numeri unici (tra cui «La Pasqua dei Lavoratori» il 1° Maggio 1903) e un periodico, «La Falange», costretto a interrompere le pubblicazioni al quinto numero.15

In effetti, in quei primi anni, il giovane Raja, iscritto alla sezione socialista della città, non appariva tra i più allineati e non nascondeva le sue simpatie anarchiche;16 si collocava tra i cosiddetti “intransigen- ti”, come conferma anche il tenore di una lettera da lui inviata all’avvocato penalista mazarese Emanuele Sansone, duca di Torrefran- ca, esponente locale del partito socialista:

Dell’aprile 1906 – osserva Roberto Salvo – è da ricordare una lettera che Vincenzo Raja […] indirizzò a Sansone. Raja, allora studente di Agraria alla Scuola di Portici, rifiutava l’invito fattogli di partecipare alle elezioni amministrative nella coalizione della quale era a capo Sansone: augurava ad una futura amministrazione un fruttifero lavoro, precisando che la sua posizione di «socialista intransigente» non gli permetteva di accettare l’alleanza coi gruppi borghesi se non per disciplina di partito.17

13 N. MUSARRA, Il saluto del ritorno. Pietro Gori in Sicilia (1903-1905), in cor- so di stampa. Ringrazio l’Autore per avermi consentito di leggere il testo non an- cora in bozze di stampa. 14 Sottoscrizione a favore della Falange, «La Falange», periodico anarchico, Mar- sala-Mazzara, anno I, n. 2, 2 gennaio 1904, p. 4. 15 N. MUSARRA, Vincenzo Raja, scheda biografica in corso di stampa. 16 Notizie di partito, «Gazzettino del Popolo», organo della sezione socialista di Mazzara, anno III, n. 6, 4 ottobre 1903. 17 R. SALVO, Momenti della lotta politica a Mazara nell’età giolittiana (Dalle carte di Emanuele Sansone), «Annali del Liceo Gian Giacomo Adria», Mazara del Vallo 1982, n. 2, p. 146.

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Per comprendere a fondo la motivazione del rifiuto del venticin- quenne Raja, occorre tener presente che, sin dal VI Congresso del PSI (Roma, 8-11 settembre 1900), la linea riformista tracciata principal- mente da Filippo Turati, Anna Kuliscioff, Claudio Treves, e Camillo Prampolini, si era affermata all’interno del partito, con ampio consenso; linea che, attraverso la redazione di un “pro- gramma minimo” di trasformazioni politiche, economiche, amministra- tive e tributarie, mirava alla democratizzazione dello Stato:

Il programma minimo, insomma, – scrive Franco Gaeta – era non un pro- gramma, ma una strategia, nella quale il «fine» della «collettivizzazione dei mezzi di produzione» […] andava perseguito entro un quadro che pre- supponeva un governo democratico e il funzionamento delle istituzioni li- berali, e che implicava non solo lo svolgimento di un’azione parlamentare, ma anche il costante dispiegamento di un’attività extraparlamentare delle organizzazioni di massa del movimento operaio.18

Anche al successivo VII Congresso di Imola (6-9 settembre 1902) i riformisti riuscirono a mantenere la maggioranza e a confermare il va- lore di tutte le riforme in grado di elevare le condizioni economiche, politiche e morali del proletariato, nonostante il crescente malumore e le recriminazioni provenienti dalle organizzazioni del sud del Paese che lamentavano l’assenza di una politica per il Mezzogiorno.19 Ma due anni dopo, all’VIII Congresso di Bologna (8-11 aprile 1904), la componente sindacal-rivoluzionaria del partito socialista ebbe la me- glio sulla linea di Bissolati e Turati, nonostante l’efficacia degli argo- menti addotti specialmente da quest’ultimo nel suo celebre discorso:

Le riforme – sosteneva Turati – non scalfiscono il carattere fondamentale, non sono socialismo, non sono la meta […] i passi non sono la meta, ma senza i passi non vi si arriva […]. È vero o no, è marxista o no che il socia- lismo sarà lo sbocco della società progredita? È vero che da oggi fino a quel giorno v’è confluenza d’interessi fra lo sviluppo del socialismo e lo sviluppo dell’economia capitalista? […] Le riforme bisogna siano fatte in modo da essere compatibili cogli altrui interessi; avendo ad esempio una legge sulle risaie bisogna fare in modo di non abolire la coltura del riso!

18 F. GAETA, La crisi di fine secolo cit., p. 93. 19 F. RENDA, Socialisti e cattolici in Sicilia: 1900-1904, S. Sciascia, Caltanisset- ta-Roma 1990, pp. 323-325.

Il percorso politico 17

Prima della conquista totale di un potere, bisogna che ci sia una conquista parziale.20

A Bologna, quindi, il partito socialista italiano mostrava di voler cambiare rotta e il processo di maturazione politica di Raja – e proba- bilmente anche del fratello Giovan Battista – si collocava proprio nel vivo e nel mezzo di quella dialettica tra due posizioni contrapposte, che esponenti di prestigio e maturi come il marsalese Sebastiano Camma- reri Scurti, «afflitto dallo spettacolo della divisione delle forze»,21 ten- tavano di conciliare. I due giovani militanti mazaresi avevano optato di schierarsi con gli “intransigenti” i quali non si riconoscevano affatto nel “ministerialismo” di Turati, cioè in quella scelta di sostanziale sostegno al governo del liberale Giolitti (in particolare il secondo mini- stero: 3 novembre 1903 - 4 marzo 1905) e, in generale, a quei governi che propugnassero una legislazione di graduali riforme.22 D’altronde, uno dei punti deboli del riformismo turatiano era rappresentato dalla piena condivisione dell’obiettivo della politica giolittiana, volta a po- tenziare e accelerare lo sviluppo dell’industria nazionale, con la fisio- logica conseguenza che il beneficio sarebbe ricaduto sull’area setten- trionale del Paese, dove era dislocata la maggior parte delle aziende e degli addetti (proletariato industriale). L’ulteriore implicazione non poteva che essere l’esclusione del mondo del lavoro del Mezzogiorno agricolo da forme di contrattazione sindacale più avanzate e da qualsi- voglia modernizzazione produttiva:

La sottovalutazione e la sostanziale incomprensione del ruolo del Mezzo- giorno – ha rilevato Francesco Barbagallo – nel definire il carattere del complessivo processo di sviluppo capitalistico italiano, accentuandone squilibri territoriali e settoriali, accomunerà sostanzialmente Giolitti e Tu- rati, liberalismo democratico e socialismo riformista. […] In definitiva, al principio del secolo, si gioca rapidamente in Italia una decisiva partita per accoppiare alla modernizzazione industriale nel settore economico la defi-

20 F. TURATI, Le vie maestre del socialismo, a cura di Rodolfo Mondolfo, L. Cappelli, Bologna 1921, pp. 49-67. 21 G. C. MARINO, Socialismo nel latifondo. Sebastiano Cammareri Scurti nel movimento contadino della Sicilia occidentale (1896-1912), Editori Stampatori Associati, Palermo 1972, p. 177. 22 D. MARUCCO, Il sindacalismo, in Storia delle idee economiche politiche e so- ciali, Utet, Torino 1979, vol. VI, pp. 88-94.

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nizione di un blocco di forze sociali e politiche fondato sull’incontro fra borghesia produttiva e proletariato organizzato e sull’intreccio fra liberali- smo e riformismo.23

È presumibile, quindi, che l’adesione iniziale dei fratelli Raja alla componente sindacal-rivoluzionaria derivasse anche dalla convinta opposizione a una linea del partito che, di fatto, allontanava le prospet- tive di emancipazione della società meridionale. Tuttavia, il quadro degli eventi politico-sociali nel Paese e le dinamiche (ideologiche, pro- grammatiche, strategiche e tattiche) interne non solo al partito sociali- sta, ma a tutto il movimento operaio e contadino, producevano continui ribaltamenti di scenario, nuove aggregazioni e alleanze. Il 1906 fu un anno di importanti avvenimenti: a fine settembre, le organizzazioni di mestiere (leghe e federazioni), unitamente alle locali Camere del lavoro, diedero vita alla Confederazione generale del Lavoro (congresso di Milano, 29 settembre/1 ottobre) e, pochi giorni dopo, si celebrò il IX Congresso socialista (Roma, 7-10 ottobre 1906) che avrebbe nuovamente riportato alla guida del partito i riformisti, alleati con la nuova corrente degli “integralisti” – così chiamati perché mediavano tra le due componenti storiche antagoniste, mirando a pre- servare l’unità del partito – capeggiata da Oddino Morgari. L’insufficienza delle fonti documentarie non permette di sostenere con certezza a quando risalga l’avvicinamento dei fratelli Raja alla componente riformista; è ipotizzabile, però, che ciò sia avvenuto in corrispondenza con il X Congresso di Firenze del 1908 (19-22 settem- bre), il cui documento conclusivo sanciva il forte legame e il rapporto privilegiato dei socialisti con la Confederazione generale del Lavoro e dichiarava l’incompatibilità tra principi e metodi del partito socialista con la dottrina e la pratica del sindacalismo rivoluzionario.24 Ci si avviava sempre più sulla strada indicata da Andrea Costa, nel 1881, con la parola d’ordine – «impadroniamoci dei comuni» – per l’affermazione di quel socialismo municipale,

nel quale – scriveva Ernesto Ragionieri – avrebbero trovato un terreno po- litico unificante le esperienze e le iniziative delle diverse organizzazioni

23 F. BARBAGALLO, L’età giolittiana, in La Storia. L’età contemporanea, Utet, Torino 1986, vol. 3 – Dalla Restaurazione alla prima guerra mondiale, pp. 708-709. 24 F. GAETA, La crisi di fine secolo cit., p. 274.

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del movimento operaio nell’ambito locale. […] In questo quadro il sociali- smo municipale rappresentò il tentativo di realizzazione delle aspirazioni di rinnovamento civile e democratico dei lavoratori, che all’esperienza del governo locale tendevano ad attribuire dimensioni e significato di portata più generale, quasi a risolvere in essa tutti i problemi della direzione della vita pubblica.25

Tuttavia, va tenuto presente che, al di là del dibattito ideologico, in ambito locale il rispettivo posizionamento confliggeva spesso con gli enunciati di principio e la lotta politica – caratterizzata non di rado da toni molto aspri e ingiuriosi – era condizionata da personalismi e favo- ritismi. A Mazzara (poi Mazara), il socialismo municipale si era affer- mato sin dal 1906 con la giunta guidata dal socialista Emanuele Sanso- ne, grazie alle simpatie e al sostegno accordatogli dalla borghesia loca- le, all’interno di un collegio elettorale26 che, però, esprimeva in Parla- mento il potente deputato giolittiano di Castelvetrano, barone Vincen- zo Saporito.27 Il legame dell’avvocato Sansone con i social-riformisti palermitani capeggiati dal “principe rosso”, Alessandro Tasca di Cutò, fondatore del periodico «la Battaglia», risaliva per lo meno al 190128 e, probabilmente, si mantenne immutato sino all’inizio della sua sindaca- tura (aprile 1906).29 Il Tasca, in verità, era un personaggio non poco spregiudicato; nel 1902 avrebbe scontato alcuni mesi di carcere per diffamazione, dopo che furono resi noti i suoi rapporti con Raffaele Palizzolo, al quale aveva fatto ricorso in passato per farsi prestare denaro.30 Il Palizzolo era stato accusato di essere il mandante dell’omicidio di Emanuele Notarbartolo, ex sindaco di Palermo ed ex direttore generale del Banco di Sicilia e sulle pagine de «la Battaglia» veniva duramente attaccato proprio da Tasca il quale inizialmente ave- va tentato di nascondere la pregressa operazione finanziaria. Se, quindi, Emanuele Sansone tendeva a raccordarsi con i social- riformisti palermitani, i rapporti all’interno della compagine socialista

25 E. RAGIONIERI, La storia politica cit., p. 1907. 26 Il collegio elettorale di Castelvetrano era costituito dai seguenti comuni: Mazza- ra, Campobello di Mazzara, Castelvetrano, Partanna, Santa Ninfa. 27 R. SALVO, Momenti della lotta cit., p. 140. 28 Ivi, pp. 143-144. 29 Emanuele Sansone rimase sindaco fino a maggio del 1911. 30 O. CANCILA, Palermo, Laterza, Roma-Bari 1988, p. 226.

20 Rosario Lentini mazarese non apparivano certo idilliaci, come si deduce dalle critiche di Giovan Battista Raja alla sezione locale del partito, così giustificate:

Per dimostrare agli ingenui e agli interessati che la nostra campagna non è mossa da odi e rancori personali ma dalla fede intensa verso l’ideale socia- lista.31

Nonostante l’iniziale autonomia politico-amministrativa del sindaco Sansone dal deputato castelvetranese, esplicatasi con successo in occa- sione dell’ottenimento dei fondi ministeriali per i lavori di ampliamen- to del porto di Mazara, nei mesi successivi, l’avvicinamento tra i due, per reciproca convenienza, divenne sempre più concreto:

Il filogiolittismo sansoniano – come ha osservato Salvatore Costanza – si muoveva in un certo senso sulla linea politica adottata dal Partito sociali- sta, che in Sicilia tramite il deputato catanese De Felice Giuffrida era favo- revole ai blocchi popolari costituitisi sulla base di ibride alleanze tra gruppi repubblicano-socialisti e blocco agrario contro Nunzio Nasi. Una tale scel- ta politica aveva trovato però forti resistenze tra i socialisti delle zone dove si erano insediate le organizzazioni contadine guidate da Montalto e Cam- mareri Scurti. Il “blocco popolare” di Mazara era sorto invece sotto l’influenza dei fratelli Raja (Vincenzo e Giovan Battista), che appoggiava- no Nicolò Tortorici contro Saporito, scontrandosi quindi con Sansone.32

Dal 1908, all’interno del collegio elettorale di Castelvetrano si modificava il quadro politico per effetto dell’entrata in scena di un nuovo esponente socialista, Nicolò Tortorici di Partanna.33 Quella che sarebbe potuta diventare alleanza vincente tra Sansone e Tortorici, in opposizione al barone Saporito, soprattutto in vista delle elezioni del 1909, nei fatti non si realizzò ed anzi lo scontro aspro esplose proprio tra i due esponenti socialisti:

[…] a partire da quel 1908 – scrive Salvo – si accentuano le critiche da sini- stra all’amministrazione di Mazara. «La Battaglia», il maggior organo di in- formazione del socialismo palermitano è tra i critici più severi. Al gruppo de «La Battaglia» (Tasca, Drago, ecc.) si aggregava anche Vincenzo Raja

31 G. B. RAJA, Intorno alla parentesi (conversando con alcuni socialisti), «La Fiaccola», anno III, n. 16, 2 ottobre 1906. 32 S. COSTANZA, Dal Fascio dei Lavoratori cit., p. 83. 33 R. SALVO, Momenti della lotta cit., p. 150.

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che, ritornato in Sicilia dopo il periodo di studi trascorsi alla scuola agraria di Portici, si era stabilito a Palermo […]. Il fratello minore di Vincenzo, Giovan Battista, esercitava invece la professione di legale a Mazara dove fungeva anche da corrispondente per il giornale socialista di Palermo.34

Un’analisi molto acuta sullo stato di salute del partito socialista in provincia di Trapani venne svolta nella primavera del 1908, dalle colonne de «la Battaglia», da Giovan Battista Raja – allora ventiquat- trenne – rivelatrice delle divisioni interne e quasi anticipatrice della sconfitta elettorale in ambito locale. La sua riflessione mirava ad acce- lerare lo svolgimento di un congresso provinciale dei socialisti che servisse a riunire «tutte le forze sparse senza vita e senza direttiva»35 e ad integrare le iniziative singole:

Le cause vere di questo mancato sviluppo del nostro partito, che oggi la- mentiamo, vanno ricercate non nelle condizioni economiche, intellettuali e morali delle nostre classi lavoratrici, come qualcuno erroneamente ha fatto ma bensì nella mancata unione dei socialisti della provincia. L’ambiente era propizio ad un rigoglioso movimento del nostro partito. La classe lavoratri- ce, in massima composta di contadini, per quanto ignorante ha una vivacità d’ingegno non comune, un sentimento associativo e di solidarietà che non esiste nei lavoratori delle altre provincie, un rispetto della propria dignità quasi esagerato. […] Il solo movimento economico, che è rimasto e vive di vita rigogliosa e benefica perché il risultato di una propaganda assidua, co- stante, d’un’assistenza che va fino al sacrificio, è quello delle campagne di Monte S. Giuliano, Paceco, S. Vito, Paparella, ecc. […] dove il Montalto ed altri hanno potuto esplicare tutta la loro benefica attività e non ha potuto al- largarsi nelle altre campagne della provincia e non ha avuto alcuna rispon- denza nelle masse lavoratrici delle città, dove le leghe, le associazioni, gli interessi personali hanno avuto il sopravvento. […] a Marsala i socialisti, che potevano seriamente organizzare il proletariato industriale ed i contadi- ni, dopo di aver distrutti dei compagni preziosi, hanno avuto di mira con una lotta spesso feroce la conquista del potere e la distruzione del partito radicale; a Mazzara i socialisti si sono confusi con i detriti del partito sapo- ritiano ed hanno invaso il comune formando una vergognosa cricca paesana senza programma e senza idealità; a Castelvetrano, Partanna, Calatafimi, S. Ninfa, Alcamo, Salemi hanno dormito alla grossa lasciando che il partito cattolico invadesse tutta la vita paesana istituendo circoli politici, leghe di

34 Ivi, p. 151. 35 RAJA G. B., Per un Congresso Socialista in provincia di Trapani, «la Batta- glia», anno XI, n. 21, 31 maggio 1908, pp. 1-2.

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resistenza, cooperative, casse rurali, intensificandosi e rafforzandosi ogni giorno sempre più; a Castellammare un’intransigenza poco opportuna ha dato una funzione veramente negativa a quella sezione. E con questa opera autonoma, quasi sempre personale, che i socialisti della provincia hanno sempre usato, non solo si è danneggiato il progresso del partito nel campo economico e nel campo politico; ma si è anche agevolato incoscientemente lo sviluppo del partito cattolico il cui movimento è degno di attenzione ed incomincia certamente ad impensierire, ed il rafforzamento delle due grandi cricche, che imperversano nella provincia.36

Il candidato Tortorici, per scalfire il solido blocco dell’avversario giolittiano, doveva, quindi, cercare altre alleanze all’interno del colle- gio, in particolare con i nasiani ericini:

Tra i socialisti del collegio – prosegue Roberto Salvo – i più accaniti anti- saporitiani erano, per motivi comprensibili, quelli di Castelvetrano e fra essi Giovanni Bonagiuso; sulle posizioni di Tortorici si schieravano anche la sezione di Partanna e i socialisti dissidenti di Mazara, costituitisi in «gruppo autonomo». A questo gruppo aderiva anche Vincenzo Raja; a Mazara suo fratello Giovan Battista si schierava di conseguenza anch’esso contro Sansone.37

Nel corso dell’assemblea dei socialisti della provincia, che si tenne a Castelvetrano nell’ottobre del 1908, Giovan Battista Raja lanciava pesanti accuse al sindaco Sansone, il quale aveva disertato quella riu- nione e inviato una lettera per contestare le ragioni e le finalità di quel consesso, convocato sostanzialmente per giudicare la sua linea politica:

La fuga attuale dell’avv. Sansone – questo il resoconto giornalistico dell’intervento di Raja – è la riprova solenne delle accuse stampate e documentate mossegli dal gruppo autonomo. L’avv. Sansone – esclama (Raja) – è indegno di fare ancora parte del nostro partito, da cui material- mente si è messo fuori da se. Rivolgendosi al presidente, invoca dalla Direzione del partito la ricostituzione della Sezione ufficiale di Mazara, che può e deve ritenersi come inesistente; il gruppo autonomo aspira e spe- ra essere riconosciuto per potere fare quello che Sansone e C.i non hanno fatto e non possono, non vogliono fare.38

36 IDEM, Per un Congresso cit., «la Battaglia», n. 22, 7 giugno 1908, p. 2. 37 R. SALVO, Momenti della lotta cit., p. 156. 38 G. B. (probabilmente, Giovanni Bonagiuso), Convegno collegiale socialista di Castelvetrano, «la Battaglia», anno XI, n. 43, 1 novembre 1908, p. 4.

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Fu, dunque, naturale che, nello svolgimento della campagna eletto- rale per le politiche del 7 marzo 1909, Giovan Battista Raja sostenesse il candidato Tortorici e non il concittadino Sansone:

L’avv. G. Battista Raja – riferiva il periodico socialista palermitano – par- la a nome del gruppo socialista di Mazzara che contro il pansaporitismo ha impegnato una lotta coraggiosa ed energica. Con parola veemente si sca- glia contro l’opera d’asservimento compiuta dal governo, che ha ricattato i sindaci dei paesi del Collegio per dare il loro appoggio alla barcollante candidatura del Barone di Castelvetrano e contro l’opera del sotto-prefetto Bencivenga che non solo ha abbassato la sua dignità di funzionario fino a diventare un galoppino elettorale, ma che si è coperto di ridicolo, facendo pedinare da guardie di P.S. il candidato popolare. Chiuse vivamente ap- plaudito, esortando gli elettori di Campobello a non dimenticare le loro fie- re tendenze democratiche e a tener sempre alta la fronte contro il tiranno di Castelvetrano, votando compatti il nome dell’avv. Tortorici.39

Le elezioni politiche si risolsero nazionalmente in una forte avanza- ta dei partiti della sinistra e, in particolare, i socialisti riformisti aumen- tarono la presenza dei propri deputati da 26 a 42 e quelli dell’estrema sinistra da 36 a 49; ma tra questi non rientrò il candidato Tortorici, su- perato nel suo collegio dal riconfermato Saporito al quale vennero invano contestati brogli elettorali dal relatore di minoranza anche in sede di Giunta parlamentare.40 Indubbiamente – al netto della verbosità e delle pesanti reciproche accuse – i “saporitiani” ebbero maggior pre- sa sull’elettorato, lanciando duri giudizi contro Tortorici e il suo prin- cipale sostenitore mazarese, Giovan Battista Raja, cui venne persino impedito di parlare in pubblico comizio «dal furore del popolo».41 Tuttavia, passata temporaneamente la fase dello scontro frontale e visti i risultati delle urne, le ripercussioni prevedibili a livello locale si misurarono in termini di inasprimento della lotta politica anche a mez-

39 I grandiosi comizi di domenica pro-candidatura Tortorici Mazzara-Campo- bello-Castelvetrano, «la Battaglia», anno XII, n. 11, 3 marzo 1909, p. 3. 40 Vincenzo Saporito, in Camera dei Deputati. Portale storico (on-line); il barone Saporito conservò la carica di deputato ininterrottamente dalla XV alla XXIII legislatura (22-11-1882 / 29-9-1913); N. COLAJANNI, L’elezione scandalosa di Saporito. Il governo contro la legge e la moralità, «la Battaglia», n. 29, 24 luglio 1910, p. 3; nella stessa pagina La relazione dell’on. Prampolini. 41 Il solenne comizio di Mazara pro Saporito, Stamperia Italiana, Tunisi 1909 (febbraio).

24 Rosario Lentini zo stampa e di maggiore isolamento del sindaco mazarese, accusato dai suoi avversari di gravi irregolarità amministrative.

L’eccessiva personalizzazione della lotta politica – spiega Antonino Cu- sumano – e certo rovinoso provincialismo che informava le strategie di al- cuni gruppi d’opinione e movimenti locali, anche quando facevano riferi- mento ai nascenti partiti di massa, sono transitati sulle testate dei periodici rendendosi immediatamente riconoscibili attraverso i temi dei dibattiti pubblici e soprattutto attraverso il linguaggio, quasi sempre verboso e ri- dondante e spesso oltraggioso e provocatorio, e lo stile più propagandistico che giornalistico.42

Le elezioni comunali di luglio 1910 furono l’occasione per sferrare la controffensiva da parte dei “tortoriciani” mazaresi che si erano aggregati nella lista Unione Popolare e nella redazione dell’omonimo foglio periodico dal quale si lanciavano pesanti accuse alla giunta di Emanuele Sansone, di corruzione, peculato e mafia; autore era proba- bilmente lo stesso Vincenzo Raja, che si firmava con lo pseudonimo “Il panormita”.43 L’esito della consultazione segnò la rivincita dei «ragazzacci mazaresi» – così il sindaco definiva il gruppo dei Raja e compagni44 – e la lista dell’Unione Popolare fu premiata dagli elettori:

Vincemmo alle elezioni del seggio con cento voti di maggioranza; e l’avversario pallido, livido di rabbia, ha abbandonato il campo, è fuggito ignominiosamente […].45

Il più votato con 581 preferenze risultò il professor Sebastiano Ven- to seguito dagli avvocati Vincenzo Giulio Pisciotta (571) e Santi Giu- lio Castelli (567), poi Vincenzo Raja, Giovanni Safina e Pietro Scipli- no con 560 ciascuno, Giuseppe Giacalone e Sebastiano Lo Medico con 558 e Sebastiano Billardello con 557.

42 A. CUSUMANO, Da “Il Giardino letterario” ad “Astarotte”. La stampa pe- riodica locale, in A. CUSUMANO, R. LENTINI, Mazara 800-900 cit., p. 170. 43 R. SALVO, Momenti della lotta cit., p. 160; secondo l’Autore, lo pseudonimo poteva anche riferirsi a Giovan Battista Raja; cfr. inoltre: La lotta amministrativa a Mazzara del Vallo, «la Battaglia», n. 25, 26 giugno, p. 3; n. 26, 3 luglio, p. 3; n. 28, 17 luglio, p. 2; n. 29, 24 luglio, p. 4; n. 30, 31 luglio 1910, p. 2. 44 La lotta amministrativa cit., «la Battaglia», n. 25, 26 giugno 1910, p. 2. 45 La piena vittoria dei popolari a Mazzara, «la Battaglia», n. 31, 7 agosto 1910, p. 2.

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Il Consiglio – scrive Salvo – eletto il 31 luglio, appena riunitosi ascoltò un lungo discorso di Vincenzo Raja, neo consigliere unionista, discorso che era una dura requisitoria contro l’amministrazione Sansone. Raja presentò inoltre un ordine del giorno secondo il quale il Consiglio comunale “deli- berava le proprie dimissioni, affinché venga sciolto il Consiglio e liquidate le responsabilità, […]”.46

Come prevedibile, l’ordine del giorno non fu votato dai sansoniani, ma la requisitoria politica impietosa di Vincenzo Raja segnava di fatto la fine della stagione amministrativa di quella giunta:

Oramai il giochetto volgare del caporione della cosca saporitiana è chiaro […] perdere tempo in attesa degli eventi, di rimanere ancora in quel posto contro ogni sano criterio politico, contro ogni corretta norma costituziona- le, per far sparire tutte le irregolarità di cui si sono resi responsabili gli amministratori. L’avv. Sansone ha fiducia nel tempo. La probabile concen- trazione delle forze moderate in provincia con a capo i D’Alì e i Saporito con ramificazioni bancarie nei vari paesi, la spudorata protezione d’un Prefetto Saibante, marchese che la fa da manitengolo e da Erricone, che saporitiano per temperamento lascia fuori legge Mazzara […].47

Un mese dopo la conclusione della tornata elettorale, le accuse sempre più circostanziate al sindaco da parte dell’Unione Popolare furono, probabilmente, decisive per convincere il prefetto ad inviare un proprio funzionario:

Il giornale locale l’Unione Popolare ha accusato il sindaco di Mazzara di aver fatto impiegare come direttore dell’officina elettrica un suo cognato Antonino Bilardello, di professione analfabeta, e privo di ogni perizia pra- tica e tecnica di elettricità. Quest’accusa di sfacciato ed imperdonabile favoritismo fu ripetuta tra le tante altre in pieno consiglio comunale dal dott. Vincenzo Raia prima e dall’avv. Santi Castelli dopo.48

Il Comune di Mazara fu sottoposto a ispezione disposta dal prefetto di Trapani dalla quale emersero, più che responsabilità personali del sindaco Sansone, gravi irregolarità degli amministratori che lo collabo-

46 R. SALVO, Momenti della lotta cit., p. 163. 47 Dopo il voto sulla mozione, «L’Unione di Mazara», numero unico, 28 agosto 1910. 48 IL CAPITAN FRACASSA, La situazione amministrativa a Mazzara del Vallo, «la Battaglia», n. 37, 18 settembre 1910, p. 3; all’interno dell’articolo si riporta il testo di una lettera dell’avvocato Santi Giulio Castelli.

26 Rosario Lentini ravano e di alcuni impiegati dell’ente locale. Ciò, naturalmente, permi- se ai fratelli Raja – a Vincenzo in particolare – nonché ai socialisti palermitani de «la Battaglia», di potersi attribuire il merito dell’opera di moralizzazione e dell’iniziativa politica assunta nei mesi precedenti. Il neo-consigliere comunale Raja poteva fieramente scrivere due arti- coli nel periodico socialista palermitano, il 2 (cfr. doc. 1 in Appendice) e il 23 ottobre 1910, nonché una sintetica ricostruzione della vicenda politico-amministrativa degli ultimi cinque anni di giunta Sansone sul- le pagine del «L’Ora» di poche settimane dopo:

Così la commedia è finita e lo scioglimento del consiglio comunale è alle porte. […] se l’avv. Sansone voleva, e ne aveva il dovere, piegare il capo al volere degli elettori avrebbe dovuto assieme ai suoi accoliti dimettersi lo stesso giorno, in cui la cittadinanza senza distinzione di classe e di partito sconfiggeva la sua lista e condannava la sua amministrazione.49 L’inchiesta coraggiosa del commissario prefettizio Avv. G. Mormino ha già assodato le più gravi ruberie, consumatesi a danno dei contribuenti in cinque anni di sgoverno amministrativo dell’avv. Sansone; ha già accertato non poche responsabilità d’impiegati, che sono stati denunziati all’autorità giudiziaria.50 Si era già fondata – scriveva Raja su «L’Ora» – l’Unione Popolare in una grande assemblea di popolo, quando fui invitato assieme ai socialisti del gruppo autonomo a partecipare alla lotta ed aderire all’Unione (si riferiva all’Unione Popolare). Io e i miei amici sentimmo il dovere di aderire a quella nuova associazione delle forze giovanili e democratiche del paese, con i quali avevamo in piena armonia di idee e di programma combattuto la lotta politica, e partecipammo con entusiasmo alla campagna elettorale denunziando con fatti incontrastabili le colpe dell’amministrazione dell’avv. Sansone. […] Il paese prima dandoci i suffragi, il R. Commissa- rio ora con i primi risultati dell’inchiesta hanno confermato che noi non siamo stati dei diffamatori; ma abbiamo assunto verità incontrastabili. L’avv. Sansone schiamazza e si affanna a dimostrare ch’egli non ha alcuna

49 V. RAJA, Mentre si attende il decreto di scioglimento, «la Battaglia», n. 39, 2 ottobre 1910, p. 3. 50 IDEM, Il trionfo della nostra campagna, «la Battaglia», n. 41, 23 ottobre 1910, p. 2. Anche nei giorni successivi seguirono resoconti impietosi sulla amministra- zione comunale: Nuove scoperte di ladrerie al Municipio di Mazzara del Vallo, «la Battaglia», n. 42, 30 ottobre 1910, p. 3; I ladri del dazio di consumo di Mazza- ra arrestati, «la Battaglia», n. 43, 6 novembre 1910, p. 3; Tra i deplorati e i spe- culatori di Mazzara del Vallo, «la Battaglia», n. 44, 13 novembre 1910, p. 3.

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responsabilità. Ma di grazia, chi è il responsabile del disordine criminoso di un’amministrazione, se non il capo?51

Nel 1910, Vincenzo Raja, per quanto impegnato sul fronte consilia- re mazarese risiedeva prevalentemente a Palermo, per motivi di lavoro, dove era diventato protagonista sempre più attivo del sodalizio social- riformista che si riuniva settimanalmente a Palazzo Cesarò, in via Vit- torio Emanuele.52 Il suo inserimento negli ambienti borghesi del capo- luogo siciliano e l’ampliamento delle sue relazioni sociali sarebbe stato agevolato e si sarebbe accresciuto non solo grazie al fatto di essere un laureato della prestigiosa Scuola agraria di Portici, ma anche in conse- guenza del matrimonio con la figlia dell’imprenditore tedesco Alberto Ahrens, che a Palermo aveva impiantato uno stabilimento enologico nel 1893 e dove, successivamente, avrebbe avviato anche un mobilifi- cio.53 Inoltre, il suo rapporto con Alessandro Tasca lo collocava fisio- logicamente in quell’area del social-riformismo palermitano che – osserva Mario Siragusa – risentiva dell’egemonia aristocratico- borghese:

Risulta arduo credere all’autentica volontà di leaders come il principe Tasca e il barone Colnago […] di aspirare ad una società radicalmente ega- litaria, fondata sulla collettivizzazione della proprietà. Lo stesso dicasi per un “nuovo notabile” come il socialista Aurelio Drago: un altro leader “ros- so” candidato nei collegi madoniti e legato a varie società ed imprese indu- striali e commerciali.54

Aurelio Drago – come sottolineato da Orazio Cancila – era diventa- to ingegnere della Provincia grazie all’interessamento dell’ambiguo Raffaele Palizzolo.55 Non era un caso, quindi, che la cifra dell’antigiolittismo dei socialisti intransigenti e radicali non facesse parte dell’armamentario dei riformisti palermitani i quali, invece, erano

51 L’Unione popolare di Mazzara replica all’ex sindaco. Una lettera del dott. Vincenzo Raja, «L’Ora», Palermo, anno XI, n. 315, 15-16 novembre 1910, p. 2. 52 Atti del Partito, «la Battaglia», n. 6, 6 febbraio 1910, p. 2. 53 O. CANCILA, Storia dell’industria in Sicilia, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 174 e 221. 54 M. SIRAGUSA, , i Florio e i Notabili della “profonda Sicilia” (1897-1913), S. Sciascia, Caltanissetta-Roma 2007, pp. 120. 55 O. CANCILA, Palermo cit., p. 166.

28 Rosario Lentini portatori di istanze regionalistiche che rappresentavano, secondo Giu- seppe Barone: «il punto centrale di raccordo» delle diverse componenti politiche democratiche.56 Dal 1910, la presenza di Vincenzo Raja nell’agone politico palermi- tano diventava assidua, in piena sintonia di sodalizio con Tasca e Drago:

La sera del 6 corr. ebbe luogo l’Assemblea generale dei socii del Circolo Socialista Palermitano per la discussione dell’Ordine del giorno della pre- cedente seduta: «Rapporti del Circolo Socialista con la Camera del Lavo- ro». La riunione presieduta dal compagno V. Raja riuscì imponentissima pel numero straordinario dei socii intervenuti e più che altro per l’importanza degli argomenti svolti dai diversi oratori.57

La questione del rapporto con il sindacato stava diventando sempre più controversa nel dibattito interno al partito e la forte contrazione delle iscrizioni a livello nazionale, nel biennio 1908-1910, segnalava una perdita effettiva di consenso e di ruolo del PSI rispetto alle orga- nizzazioni sindacali.58 Pari rilevanza assumeva la rivendicazione del suffragio universale per ambo i sessi, che costituì uno dei punti essen- ziali della mozione presentata da Filippo Turati all’XI congresso na- zionale dei socialisti (Milano, 21-25 ottobre 1910) e che fu approvata dalla maggioranza dei delegati. Il governo, allora presieduto dall’economista , per continuare a contare sull’appoggio socialista presentò un progetto di legge – meno ambizioso – per l’allargamento del suffragio a tutti i cittadini che mostrassero di saper leggere e scrivere:

L’allargamento del suffragio – osserva lo storico Gaeta – era però una cosa ben diversa dal suffragio universale, che poteva costituire una temati- ca di grande respiro per un rilancio politico del PSI […]. Fu su quest’ultimo punto che si consumò la rottura della collaborazione sociali- sta col ministero. Nonostante ogni proclamazione, lo stato maggiore rifor- mista […] non era affatto convinto della indispensabilità del suffragio uni- versale; quanto meno era profondamente diviso.59

56 G. BARONE, Egemonie urbane e potere locale (1882-1913), Storia d’Italia. Le Regioni dall’Unità a oggi – La Sicilia, Einaudi, Torino 1987, p. 306. 57 Atti del Partito, «la Battaglia», n. 15, 10 aprile 1910, p. 1. 58 E. RAGIONIERI, La storia politica cit., p. 1951. 59 F. GAETA, La crisi di fine secolo cit., pp. 314-315.

Il percorso politico 29

Bissolati e Bonomi, che rappresentavano sempre più l’ala destra dei riformisti, erano disponibili a trattare con il governo i possibili corret- tivi al progetto di legge; non erano dello stesso avviso i riformisti gui- dati da Filippo Turati e men che meno quelli dell’ala sinistra, capeggia- ti da Gaetano Salvemini. La caduta del governo Luzzatti e il ritorno di Giolitti, per la quarta volta, alla guida del Consiglio dei ministri (dal 30 marzo 1911 al 20 marzo 1914), accelerò la crisi interna del PSI, logo- rato ormai dall’insanabile frattura tra le diverse componenti, che si manifestò in tutta evidenza al XII congresso nazionale (Modena, 15-18 ottobre 1911). Due settimane prima, l’Italia aveva dichiarato guerra al- la Turchia e, quattro giorni prima dell’inizio del congresso, l’esercito aveva avviato l’occupazione della Tripolitania e della Cirenaica, formalmente incorporate nel Regno d’Italia con decreto del successivo 5 novembre.60 L’ala destra dei riformisti61 sostenne la decisione del governo Gio- litti di occupare militarmente il territorio libico e, pur se in minoranza al congresso, manteneva la maggioranza dei deputati alla Camera e confidava su consensi diffusi nel mondo del lavoro. Anche i socialisti palermitani si divisero sulla questione62 e mentre Alessandro Tasca fu tra i primi a dichiararsi interventista, altri suoi compagni di lotta, dalle pagine del giornale da lui fondato nel 1898, non esitarono a dissentire:

Egli (Alessandro Tasca) era quindi in disaccordo con la sezione socialista – si precisava nell’editoriale a firma della Redazione di «la Battaglia» – che non si pronunziò affatto in favore d’una spedizione militare in Tripoli- tania, e con la redazione del giornale. […] anche Aurelio Drago, Vincenzo Raia, Carlo Rao ed altri autorevoli compagni, erano stati in assemblea fau- tori dell’occupazione armata manu.63

60 C’era una volta la Libia 1911-2001 storia e cronaca, a cura di Antonello Biagi- ni, Miraggi Edizioni, Torino 2011. 61 L. PRETI, Giolitti, i riformisti e gli altri (1900-1911), Sugarco, Milano 1985, pp. 161-169. 62 I Socialisti Palermitani e l’Avanti, «la Battaglia», anno XIV, n. 49, 17 dicembre 1911, p. 1. 63 LA REDAZIONE, La Guerra, Alessandro Tasca e La Battaglia, «la Battaglia», n. 45, 19 novembre 1911, p. 1; M. SCAGLIONE, Appunti sulle origini del movi- mento nazionalista in Sicilia. La rivista Tripoli Italiana (1912), «Rassegna storica del Risorgimento», anno LXX, fasc. III, luglio settembre 1983, p. 304.

30 Rosario Lentini

Non si fece tesoro della lungimiranza e dell’avvertimento quasi profetico del loro compagno di partito, Sebastiano Cammareri Scurti:

Alcuni socialisti si sono apertamente dati a sostenere l’impresa militare di Tripoli […]. Coloro che così pensano si mettono fuori dalla concezione socialista e guardano l’avventura tripolina da un punto di vista prettamente borghese. […] Per illudere il proletariato si va affermando che l’espansione coloniale è una necessità perché in Italia la terra non è più sufficiente alla coltura. Per quanto riguarda alla Sicilia noi sappiamo inve- ce che la terra dei latifondi è insufficiente perché non produce e potrebbe invece produrre, se sottratta al dominio feudale, assai di più. […] Se non è dato ai socialisti di un paese evitare la guerra, essi, purché si sforzino di renderla impopolare e di vivamente osteggiarla, avranno conservato in coloro che preparano l’avvenire e che onorano di più la nazione ed il gene- re umano, il lievito per un più vicino trionfo della fratellanza umana. I socialisti italiani, secondo si saranno comportati con la guerra presente, eviteranno o no lo scoppio di altra guerra con altro Stato, alla quale si van- no preparando i nazionalisti guerrafondai.64

I fratelli Raja aderirono alla linea Bissolati-Bonomi, manifestando rispettivamente le ragioni della condivisione e le nuove positive pro- spettive per la nazione:

La “Corda Fratres” – scriveva Vincenzo Raja – la forte associazione della gioventù studiosa d’Italia, ha preso l’iniziativa di fondare in Palermo un istituto coloniale con mezzi e metodi pratici, popolari, in modo da essere non una vera scuola superiore d’istruzione, ma un corso pratico e popolare di studi, tendenti a formare esclusivamente nei nostri lavoratori, che pi- gliano le vie dell’oceano o che si preparano ad emigrare in Tripolitania, una coscienza di colonizzatori, che li renda preparati e pronti a tutte le av- versità, che una regione sconosciuta può presentare. Questa nuova associa- zione sorge proprio in un momento in cui l’Italia si apparecchia a risolvere un grave problema, ora che la conquista della Tripolitania è assicurata: la colonizzazione di quelle terre, ieri soggette all’ingordigia e alla fanatica scemenza ottomana, e sorge in Palermo, ora in cui la Sicilia vede da questa nuova colonia italiana preparare alla sua forte, laboriosa ed abbondante popolazione nuove risorse e più fecondo avvenire. […] L’Associazione Coloniale Siciliana sorta per volontà di giovani energie, mira quindi prin- cipalmente a prospettare e diffondere con ogni mezzo di propaganda un corso regolare di studii, un corso libero, conferenze, pubblicazioni, corsi

64 S. CAMMARERI SCURTI, Socialismo tripolino, «la Battaglia», n. 45, 19 novembre 1911, p. 1.

Il percorso politico 31

pratici, istituti sperimentali ecc. tutti i problemi agricoli e industriali delle nuove terre italiane.65

E dalle pagine del loro periodico viticolo-enologico, Giovan Batti- sta Raja così commentava:

Il consentimento generale del paese e massimamente l’entusiastica ed una- nime adesione della popolazione siciliana, che ha seguito e confortato que- sta fortunata spedizione militare, non sono semplicemente una ideale ma- nifestazione del sentimento patriottico delle nostre popolazioni, ma rappre- sentano veramente l’espressione di un sicuro e certo sentimento di pratica realtà. La Sicilia ha subito scorto in questa conquista una nuova sorgente della sua iniziata rinnovazione e nella buona riuscita di essa ha confidato col suo entusiasmo condannando coloro – fortunatamente pochi – che erroneamente considerando questa espansione coloniale, gridarono l’allarme richiamando l’attenzione dei governanti sui nostri bisogni regio- nali e al dovere di risolvere le antiche promesse anziché gettarsi in un’impresa azzardosa, che ci avrebbe allontanato dalla sistemazione defi- nitiva delle condizioni interne della nazione. Nobile preoccupazione; ma vana; poiché un cumulo di ragioni d’indole politica ed economica doveva per il bene d’Italia condurci fatalmente all’azione storica attuale.66

La frammentazione nel campo dei riformisti del PSI aveva ormai raggiunto un punto di non ritorno e pochi mesi dopo, al XIII congresso di Reggio Emilia (7-10 luglio 1912), l’area dei rivoluzionari e degli in- transigenti, trascinati dal nuovo leader Benito Mussolini, conquistò la maggioranza:

La conclusione del Congresso fu l’espulsione dal partito di Bonomi, Bisso- lati e Cabrini per atti che costituivano “una gravissima offesa allo spirito della dottrina e della tradizione socialista” e di Podrecca “per i suoi atteg- giamenti guerrafondai” e la scelta di una tattica intransigente sia nell’azione parlamentare che nelle prossime elezioni politiche.67

Consumata la rottura nel PSI, gli espulsi diedero immediatamente vita al Partito Socialista Riformista Italiano nel quale confluirono

65 V. RAJA, L’associazione coloniale siciliana per la colonizzazione della Tripo- litania, «L’Ora», anno XII, n. 342, 8-9 dicembre 1912, p. 4. 66 G. B. RAJA, La Sicilia e la Tripolitania, «La Rassegna vinicola ed agraria», anno I, n. 4, 30 aprile 1912, pp. 78-81. 67 F. GAETA, La crisi di fine secolo cit., p. 436.

32 Rosario Lentini numerosi dirigenti e deputati, compresa la maggioranza dei socialisti palermitani, guidati da Alessandro Tasca, Aurelio Drago e Garibaldi Bosco, che costituirono una Federazione regionale, aderente al nuovo partito di Bissolati, presentando, però, un proprio programma siciliani- sta.68 Era la naturale conclusione – contro l’intransigenza politica mus- soliniana – cui giungeva il gruppo palermitano, per preservare le scelte tattiche che avrebbero consentito di tessere alleanze eterogenee, in gra- do di assicurare la loro stessa eleggibilità.69 Il 19 luglio, infatti, come riferiva il questore Guida al prefetto di Palermo in un lungo resoconto molto denso di dettagli – evidentemente il confidente della Questura era tra gli associati presenti – il Consiglio direttivo del circolo sociali- sta votò un ordine del giorno di distacco dal partito socialista ufficiale e nell’animata assemblea plenaria degli iscritti, su proposta dell’avv. Francesco Alessi:

[…] una commissione nominata dall’assemblea si rechi a Roma e gli esponga – cioè a Bissolati – quali sono gli intendimenti dei socialisti sici- liani, quali le loro tendenze e necessità alle alleanze coi partiti affini per conseguire i pubblici poteri, rilevando che i siciliani non furono mai rivo- luzionari e, fatta eccezione di qualche solitario sognatore che ha dato sem- pre prova di non sentire la vita pratica (Barbato) da quando si costituì il partito, gli altri furono sempre riformisti ed hanno preso sempre parte atti- va alla vita politica ed amministrativa locale […] i siciliani furono sempre calpestati e la Sicilia non ebbe mai benefici di sorta per la sua remissività, e quindi resti bene inteso che quando il gruppo riformista debba appoggia- re qualsiasi Ministero si facciano sempre patti chiari e quelli del nord non facciano sempre la parte del leone.70

Il 1° Congresso nazionale del PSRI si svolse a Roma dal 15 al 17 dicembre 1912 e la delegazione palermitana fu composta oltre che da Tasca e Drago anche da Michele di Stefani, Vincenzo Raja, Giuseppe Pirrone, Salvatore Tomasino e Luigi Ingrassia.71

68 O. CANCILA, Palermo cit., p. 280. 69 F. MANZOTTI, Il socialismo riformista in Italia, Le Monnier, Firenze 1965, p. 36. 70 Asp, Pref. Gab., s. 1906-1925, b. 75, telegramma n. 2509 del questore al prefet- to di Palermo, 20-7-1912. 71 Atti della Federazione Regionale Socialista Riformista. Un’importante delibe- razione del Circolo Socialista Palermitano, «la Battaglia», anno XV, n. 46, 17 novembre 1912, p. 3.

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Il PSRI tuttavia – osserva Francesco Leoni – non riuscì mai a porsi come alternativa concreta al PSI. Nato come gruppo intellettuale più che proleta- rio, rimase a mezza strada fra la borghesia e la classe operaia, spinto più verso la prima dalla necessità di raccogliere i voti che erano necessari alla sua sopravvivenza e che la seconda gli negava. Dopo aver vivacchiato alla meno peggio, subì un grave colpo, dal quale non potette riprendersi, nel 1920, alla morte di Bissolati, che ne era stato il più convinto animatore.72

Dopo appena un anno dalla costituzione del partito, il PSRI si prepa- rava ad affrontare le elezioni politiche del 26 ottobre 1913 cui, per la prima volta – dopo la nuova legge di riforma elettorale emanata il 30 giugno 1912 – il voto, oltre ai già aventi diritto con i precedenti requisi- ti, veniva esteso a tutti i cittadini di sesso maschile, anche analfabeti, purché di età superiore ai trent’anni. In tal modo, con le nuove regole, gli elettori potenziali (oltre 8 milioni e seicentomila) rappresentavano poco meno del 25% della popolazione rispetto al precedente 9,5%.73 Si trattava, quindi, di acquisire nuovi consensi da una platea molto più va- sta di contadini e di proletariato urbano fino a quel momento esclusa dalle urne, nonché – dal versante dei cattolici – di «contenere l’avanzata della sinistra radicale e socialista, massonica ed anticlericale».74 In Sicilia e, in generale, nel Meridione, la competizione fu ancor più segnata da clientelismi, corruzione e persino abusi da parte dei pre- fetti.75 In provincia di Palermo:

Il vasto fronte antigiolittiano – scrive Siragusa – aveva i suoi referenti nei collegi madoniti. Un fronte che raccoglieva naturalmente i Florio, i cattoli- ci di Sturzo, i repubblicani e le forze conservatrici che sostenevano Cola- janni.76

Il collante che avrebbe tenuto insieme interessi agrari e industriali derivava in larga parte dal progetto “politico” – vecchio di oltre un decennio – di cui si era fatto promotore l’ultimo erede di casa Florio,

72 F. LEONI, Storia dei partiti politici italiani, A Guida, Napoli 2001, p. 353. 73 G. CANDELORO, Storia dell’Italia moderna, Feltrinelli, Milano 1978 (5ª ediz.), vol. VII – La crisi di fine secolo e l’età giolittiana 1896-1914, p. 311. 74 E. GENTILE, L’Italia giolittiana, il Mulino, Bologna 1990, p. 219. 75 G. CAROCCI, Storia d’Italia dall’Unità ad oggi, Feltrinelli, Milano 1975, p. 198; M. SIRAGUSA, Napoleone Colajanni cit., p. 169. 76 M. SIRAGUSA, Napoleone Colajanni cit., p. 170.

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Ignazio figlio dell’omonimo senatore deceduto nel 1891.77 Era stato lanciato con grande spiegamento di risorse e di propaganda il 27 luglio 1899 con il varo del Consorzio agrario siciliano per:

promuovere la riforma della grande coltura feudale sostituendo la colonia parziaria al regime della gabella; procedere alla riforma delle rotazioni agrarie estensive per dar luogo alle colture intensive ed alla instituzione dei prati artificiali compatibili in Sicilia […] diffondere tra gli agricoltori i principi razionali di coltivazione del suolo e ciò mediante conferenze, opu- scoli ed instituzione di campi sperimentali in ogni singola provincia; pro- vocare con agitazioni legali, le riforme legislative che possono essere reclamate dall’interesse dell’Agricoltura, facendo opere per la loro attua- zione, specialmente in ordine alla diminuzione delle imposte gravanti sulla proprietà rurale.78

Attorno a questo programma politico velleitario di modernizzazione dell’agricoltura, su base interclassista e regionista, Florio riuscì a coa- gulare personalità di varia estrazione: borghesi, aristocratici, moderati, socialisti, conservatori, tecnici, professionisti, compiendo una sapiente operazione ideologica (che qualche mese dopo avrebbe portato anche alla nascita del quotidiano «L’Ora»), in grado di far coesistere “anime” diverse, antigiolittismo, socialismo dei tecnici, industrialismo, interessi agrari, con il coinvolgimento di personaggi autorevoli. Il Consiglio direttivo del 1899 era presieduto dallo stesso Florio e composto da Vittorio Emanuele Orlando, dal principe di Scalea, dai professori Giu- seppe Salvioli e Ferdinando Alfonso e, come segretario, dall’avvocato social-riformista Filippo Lo Vetere, estensore materiale del progetto,79 il quale era profondamente convinto della necessità di una svolta pro- duttivista per rilanciare l’agricoltura siciliana:

In Sicilia, – scriveva Lo Vetere – checché ne dicano gli ipercritici, l’agricoltura è tutto; è da essa solamente che può sperarsi un miglioramen-

77 R. LENTINI, L’epilogo (1874-1902), in R. GIUFFRIDA, R. LENTINI, L’età dei Florio, Sellerio, Palermo 1985, pp. 85-89. 78 Lettera di Ignazio Florio alla direzione del «Giornale di Sicilia», n. 167, 15 giugno 1899; S. LUPO, La «Questione siciliana» a una svolta: il sicilianismo tra dopoguer- ra e fascismo, in G. BARONE, S. LUPO, R. PALIDDA, M. SAJA, Potere e società in Sicilia nella crisi dello Stato liberale, Pellicanolibri, Catania 1977, pp. 161-166. 79 Inaugurazione del Consorzio agrario siciliano, «Nuovi annali di agricoltura si- ciliana», Palermo, 1899, pp. 247-253.

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to economico. Ed il problema agricolo siciliano è problema tecnico, cioè di produzione; e fino a quando questa indiscutibile verità non sarà penetrata nella mente di tutti i nostri grandi e piccoli agricoltori, noi non avremo per nulla avviata la soluzione del nostro problema agricolo.80

Il socialista Napoleone Colajanni si spinse fino a giudicare “eccel- lente” l’iniziativa:

Il Florio spera di poter venire in aiuto ai più miseri favorendo l’istituzione di Casse Rurali che offrirebbero i mezzi a tutti per l’acquisto dei concimi e degli attrezzi e servirebbero i mezzi anche a combattere il mostro dell’usura.81

In verità, l’incantamento non durò a lungo, perché nel volgere di un anno dalla costituzione, i componenti del comitato tecnico del Consor- zio (tra i quali i proprietari di alcune importanti aziende agrarie, mar- chesi Ferdinando Bellaroto e Pietro Ballesteros, i baroni Mauro Turrisi, Enrico Sabatini e Ferdinando Greco; i docenti universitari e agronomi Gaetano Mancuso Lima, Antonino Borzì, Arturo Borntraeger e Federi- co Paulsen),82 si resero conto di non avere alcun peso effettivo e di assolvere a una funzione di mera copertura a decisioni politiche assun- te dalla ristretta cerchia dei “floriani”.83 Ciò nonostante l’iniziativa, priva di particolare efficacia sul piano delle innovazioni e dei risultati concreti, se non per la maggior diffusione dei concimi chimici di cui il Consorzio si fece propugnatore, servì a rinsaldare alleanze e ampliare la sfera di influenza di casa Florio sulla borghesia agraria del vasto entroterra palermitano:

In questi termini, – osserva Siragusa – si posero le condizioni per il soste- gno che personaggi come il collega ed amico del socialista Drago, Vincen- zo Raia, riuscirono ad ottenere da parte di ex-liberali o liberali antigover- nativi, coinvolgendo anche socialisti e radicali in vista della consultazione elettorale. Non è superfluo aggiungere che si trattava anche di ottenere il

80 F. LO VETERE, Il movimento agricolo siciliano, Remo Sandron, Milano- Palermo-Napoli 1913, pp. 40-41. 81 N. COLAJANNI, Per una lodevole iniziativa, «Il secolo», Milano, 2 agosto 1899. 82 Consorzio agrario siciliano, «Nuovi annali cit.», 1900, pp. 63-64. 83 Dimissioni del Comitato tecnico del Consorzio, «Nuovi annali cit.», 1900, pp. 250-253.

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sostegno di personaggi non raramente collegati alla mafia. Era però neces- sario, per il fronte “floriano” delle Alte Madonie con la sua confusa morfo- logia liberal-demo-riformista-radicale, conquistare un consenso di massa – necessario, appunto, per battere l’avversario filogovernativo Eugenio Rossi – che si sarebbe potuto trovare soltanto in quella parte del ceto con- tadino che per la prima volta era chiamato al voto.84

Come tutti i candidati impegnati nella campagna elettorale, anche Vincenzo Raja svolse i suoi incontri e comizi nel collegio delle Petra- lie, nel quale i riformisti decisero di candidarlo. La sua competenza in materia di viticoltura ed enologia rappresentava la miglior credenziale e il suo impegno si era ulteriormente evidenziato con la proposta di ri- formare la legislazione sulle Cantine sociali, oggetto di una sua rela- zione al primo congresso delle cooperative agrarie del 1910;85 non a caso – come ha sottolineato Natale Musarra – il cooperativismo sarà uno dei punti qualificanti del programma politico della Federazione re- gionale dei social-riformisti.86 L’agronomo professor Silvio Frojo pre- dispose un appello al voto in suo favore, particolarmente lusinghiero nel quale, fra l’altro, si precisava:

Le sue vedute sono serenissime per quanto concerne l’avvenire agricolo dell’Isola; io lo ho inteso parlare delle grandi difficoltà che in Sicilia vi so- no per potere all’agricoltura insulare dare quel giusto indirizzo che molti hanno volontà di darle; ma che non sanno trovar modo di fare. Ho dovuto convincermi che nel Raja non vi è quella specie di illusionismo di coloro che credono che gli intrigati problemi riguardanti le industrie ed il com- mercio della Sicilia si possano risolvere colle vie di mezzo, coi provvedi- menti provvisori; egli va sempre al positivo, cominciare là dove è necessa- rio cominciare; arrivare dove si può.87

Ma anche nel suo paese di origine, la notizia che Vincenzo Raja fosse stato candidato in un collegio della provincia di Palermo, venne rilanciata in termini entusiastici:

84 M. SIRAGUSA, Napoleone Colajanni cit., pp. 177-178. Cfr. anche G. C. MA- RINO, Storia della mafia, Newton Compton, Roma 2012 (1ª ediz. ebook), cap. 7. 85 V. RAJA, Le Cantine sociali. Relazione al 1° Congresso delle Cooperative agrarie in Palermo, Tip. della Soc. Ed. Universitaria, Palermo 1910. 86 N. MUSARRA, Vincenzo Raja cit. 87 S. FROJO, Il dottor Vincenzo Raja candidato politico nel Collegio delle Petralie, «La Rassegna Vinicola ed Agraria», Palermo, anno II, n. 7, luglio 1913, p. 148.

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Giovane di vedute larghe e moderne e di cervello forte, conoscitore pro- fondo dei bisogni del popolo – perché figlio del popolo – studioso indefes- so, oratore squillante e affascinante, geniale e sottile ragionatore impecca- bile, egli ha sempre e dovunque suscitato il più folle entusiasmo egli ha sempre e dovunque raggiunto il premio dei grandi guadagnando la fiducia più assoluta del popolo sempre diffidente perché intellettualmente assai debole e pur sempre giusto e sincero nell’intuire la forza in ogni sua mani- festazione e ammirarla e plaudire. […] Lavoratore instancabile ha in poco tempo risollevato e fatto fiorire le aziende che è stato chiamato a dirigere; sagace e imparziale ha – nelle lotte, nei momenti più difficili – sempre opportunamente amalgamato le più ardue quistioni, superando sempre vit- toriosamente ogni più difficile prova.88

Alcune notizie sullo svolgimento della sua attività elettorale si rile- vano dai rapporti informativi per la Prefettura, predisposti con regolari- tà dai solerti funzionari della Pubblica Sicurezza che sorvegliavano e seguivano Raja il quale, per quanto socialista riformista, era pur sem- pre un candidato non governativo:

Per opportuna notizia – scriveva il sottoprefetto di Cefalù – porto a cono- scenza della S.V. Ill.ma che il Delegato di P.S. di Petralia Sottana mi in- forma che Domenica 3 corrente si recò a Petralia Sottana il noto Socialista Di Stefano Michele, il quale nei locali di quella Società Agricola dichiarò ad una quarantina d’intervenuti che egli non poserà più la candidatura a Deputato in quella Circoscrizione elettorale, presentando certo Raia Vin- cenzo Prof.e in Scienze Agrarie da Mazara del Vallo, domiciliato in Palermo, designandolo quale candidato in opposizione all’uscente On.le Rossi. Il Di Stefano annunziò altresì che il 17 corrente accompagnerà il Raia a Geraci Siculo, e successivamente negli altri paesi del Collegio, per presentarlo agli elettori. Il Raia sarebbe ascritto al partito socialista rifor- mista. Cefalù, 5 agosto 1913.89 In relazione mio espresso ieri n. 2959, – telegrafava il questore di Palermo – partecipo a S.V. che da notizie fiduciarie mi risulta che Venerdì 15 corr. per propaganda elettorale comuni codesto Collegio insieme ad Alessandro Tasca ed all’Ing. Drago si recherà pure il socialista riformista Raia Vin- cenzo di Orazio col quale essi si propongono di visitare poi i Comuni prin- cipali del Collegio di Petralia dove il Raia pare voglia posare la propria candidatura politica contro l’uscente On. Rossi ed in luogo dell’Avv. Di

88 Vincenzo Raja, «Il Tempo», Mazara del Vallo, anno I, n. 4, 17 agosto 1913, p. 1. 89 Asp, Pref. Gab., s. 1906-1925, b. 64, fasc. “Petralia Sottana”, telegramma del sottoprefetto di Cefalù, al prefetto di Palermo, 5-8-1913.

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Stefani. Il Raia, del quale trasmetto al Delegato di Petralia copia della scheda biografica, è Direttore dello Stabilimento Enologico del Comm. Arens (Ahrens), del quale è genero e mi si farebbe credere che sarebbe disposto a sostenerne strenuamente e con tutti i mezzi di cui dispone la candidatura. Palermo, 9 agosto 1913.90 Ieri ebbe luogo Alimena – scriveva il capitano dei Carabinieri – pubblico comizio in locale chiuso, con intervento oltre 200 persone. Parlarono Avvocati Raia G. Battista e fratello Vincenzo, quest’ultimo nuovo candi- dato politico socialista altri tre suoi fautori esponendo che legge suffraggio universale se allargata, costituisce pel proletariato mezzo efficace per mi- glioramento politico economico e morale. Nessun incidente, ordine pub- blico indisturbato. Palermo, 25 agosto 1913.91 Ieri, ore 18 in Alimena – comunicava il sottoprefetto di Cefalù – si tenne comizio da fautori candidatura socialista Raia con intervento circa 200 persone. Parlarono avv. Battista Raia, Vincenzo Raia ed altri. Nessun inci- dente. Annunziato comizio pro-rielezione Rossi non ebbe luogo. Nella stessa giornata di ieri candidato socialista Raia ed altri in automobile eransi recati nella borgata Castellana – allora frazione del comune di Petralia – ma accolti da ostilissima dimostrazione furono costretti a ripartire subito verso Petralia. Cefalù, 25 agosto 1913.92 Il 2 corrente per invito dei Sigg. Cav. Gaetano Rampolla Caracciolo, Ing. Luigi Rampolla ed altri, con automobile si recò in Polizzi il candidato socialista dott. Vincenzo Raia. Fu ricevuto in casa del cav. Gaetano Ram- polla Caracciolo e parteciparono alla riunione oltre all’Ing. Rampolla Lui- gi, Salvatore Carini consigliere comunale, Gagliardo Giuseppe fu Domeni- co, Cav. Leonardo Signorino, Porcari Gandolfo fu Mariano, Camerlengo Raffaele e qualche altro. Si parlò delle prossime elezioni politiche e subito il Salvatore Carini ed il Cav. Signorino fecero presente che loro ammini- strati mentre erano affezionati al partito al potere, ma politicamente saran- no per l’On.le Rossi. Si voleva allora procedere alla costituzione del comi- tato “Pro Raia”, ma nemmeno a ciò poté riuscirsi perché nessuno dei pre- senti volle accettare di appartenervi. Si rimase che il comitato sarà formato in appresso. Il Raia ieri l’altro a sera è ripartito da Polizzi. La popolazione è rimasta completamente estranea a questo avvenimento. Cefalù, 4 settem- bre 1913.93

90 Ibidem, telegramma del questore di Palermo al sottoprefetto di Cefalù, Palermo, 9-8-1913. 91 Ibidem, telegramma del capitano dei Carabinieri, Divisione esterna di Palermo, al prefetto di Palermo, 25-8-1913. 92 Ibidem, telegramma del sottoprefetto di Cefalù al prefetto di Palermo, 25-8-1913. 93 Ibidem, telegramma del sottoprefetto di Cefalù al prefetto di Palermo, 4-9-1913.

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Ore 10.40 ieri giunse Polizzi candidato Raia accompagnato proprio fratello e Di Stefano furono ricevuti dall’Ing. Rampolla, Gandolfo Porcari, Pietro Rampolla e circa 20 cittadini in un locale preso in affitto a scopo elettorale. Piazza S. Domenico precedettero formazione comitato dandone presidenza a Porcari Gandolfo fu Mariano e del quale fanno parte suddetti individui ed altri, quindi Raia ripartì dicendo che sarebbe ritornato oggi stesso. Cefa- lù, 8 settembre 1913.94 Ore dodici ieri, – telegrafava il capitano dei Carabinieri – in Petralia So- prana tennesi pubblico comizio in luogo chiuso, con intervento circa due- cento persone musica e bandiere locali sodalizi. Parlò il Dottor Vincenzo Raia nuovo candidato politico socialista ed altri. Nessun incidente. Ordine pubblico indisturbato. Palermo, 8 settembre 1913.95 Ore dodici di ieri nella frazione Blufi (Bompietro) Dottor Vincenzo Raia nuovo candidato politico, accompagnato Socialista Avv. Di Stefano tenne- ro pubblico comizio con intervento circa duecento persone parlando loro bisogni quella borgata. Nessun incidente; ordine pubblico indisturbato. Palermo, 15 settembre 1913.96 Ore 15.30 ieri, in Polizzi Generosa, da diversi paesi e borgate viciniori giunsero con bandiere circa 400 contadini rappresentanti camere lavoro. Unitesi altre cento persone di Polizzi, precedute da musiche cittadine e bandiera quella Società operaia recaronsi incontro candidato socialista Dott. Raia Vincenzo accompagnato fratello avvocato Giovambattista e nuovo candidato quarto collegio Palermo, Alessandro Tasca i quali reca- ronsi sede comitato elettorale e poscia da un balcone prospiciente piazza Umberto presente numeroso popolo spesso applauditi e qualche volta interrotti da pochissimi individui con evviva deputato Rossi, parlarono sul valore suffraggio universale e sulla segretezza voto. Corteo poi dopo per- corso principali vie abitato, si sciolse senza nessun incidente. Ordine pub- blico tranquillo. Palermo, 28 settembre 1913.97

Che il clima politico si andasse surriscaldando in prossimità del voto – e non solo in provincia di Palermo98 – è comprovato dai timori

94 Ibidem, telegramma del sottoprefetto di Cefalù al prefetto di Palermo, 8-9-1913. 95 Ibidem, telegramma del capitano dei Carabinieri, Divisione esterna di Palermo, al prefetto di Palermo, 8-9-1913. 96 Ibidem, 15-9-1913. 97 Ibidem, 28-9-1913. 98 M. S. PIRETTI, Le elezioni politiche in Italia dal 1848 a oggi, Laterza, Roma- Bari 1995, p. 193.

40 Rosario Lentini nutriti dai funzionari di Questura e Prefettura, come si rileva, per esempio, da telegrammi cifrati del seguente tenore:

Da informazioni pervenutemi dai rispettivi funzionari P.S. – comunicava il sottoprefetto di Cefalù – candidato socialista Dottor Raia sarà domani nei comuni di Gangi e Polizzi accompagnato da De Felice e due delegati sog- giungono che in detti comuni esiste 40750 (gravissimo) 44939 (fermento) 38635, 53381 (pericolo) 34741 (disordini) e chiedono entrambi 4446 (in- tervento) 71561 (truppe) 21000 e 35994 (eccessivi) 41458 (rinforzi) 59791 (carabinieri) 27669.99

Dopo il controverso episodio del 25 agosto, Vincenzo Raja e i suoi compagni tornarono a Castellana Sicula il 7 ottobre e anche dal reso- conto del «Giornale di Sicilia» si ha contezza del clima di tensione tra le due parti contendenti:

Domenica a mezzogiorno il candidato popolare dottor Vincenzo Raja era atteso per un comizio a Calcarelli ed a Nociazzi. Le due importanti borgate di Petralia Sottana si preparavano a riceverlo, ma verso le ore dieci si spar- se inaspettatamente la notizia del prossimo arrivo a Calcarelli dell’on. Ros- si accompagnato dai sindaci dei comuni più vicini. I contadini intuirono al- lora subito che la massa mirava a non far tenere il comizio in favore della candidatura popolare, e chiusi a doppia chiave i locali delle associazioni agricole, si recarono in massa a Castellana. Quivi uniti alla popolazione della maggiore borgata con quattro bandiere alla testa e con una banda mu- sicale attesero fuori il caseggiato il candidato popolare. Verso le ore dodici l’auto del dottor Raja, su cui viaggiavano pure l’avvocato Michele Di Stefani, l’avv. Francesco Alessi e l’avv. Giovan Battista Raja passa di corsa il bivio Donna Legge e quando l’auto è in mezzo alla folla gli applausi e le acclamazioni scrosciano fragorosi, le bandiere si agitano, la banda suona l’inno dei lavoratori. Il numeroso cor- teo fa il giro di tutta la borgata di Castellana e si ferma nella piazza centra- le dove ha luogo un pubblico comizio. Parlano applauditissimi Michele Di Stefani, il signor Gagliardo a nome di Polizzi Generosa, l’avv. Francesco Alessi e il candidato Raja.100

99 Asp, Pref. Gab., s. 1906-1925, b. 61, fasc. 4 “Elezioni generali politiche 1913”, te- legramma parzialmente cifrato del sottoprefetto di Cefalù al prefetto di Palermo, 11- 10-1913; tra parentesi, in corsivo, la decodifica manoscritta del cifrato (incompleta relativamente a 38635, 21000 e 27669), a cura del funzionario di Prefettura addetto. 100 Collegio delle Petralie. La propaganda del dott. Vinc. Raja, «Giornale di Sici- lia», n. 279, 9-10 ottobre 1913; Nel Collegio delle Petralie, «L’Ora», n. 279, 7-8 ottobre 1913.

Il percorso politico 41

Tuttavia, la campagna elettorale di Raja, sempre caratterizzata da una nutrita partecipazione popolare, in generale, non fu turbata da inci- denti significativi.

Ore undici, ieri, S. Mauro Castelverde, candidato politico Dottore Raia, Avvocato Macchi, tennero piazza Municipio, pubblico comizio elettorale cui intervennero circa 1000 persone. Ordine pubblico perfetto. Palermo, li 16 ottobre 1913.101 Ore 10,30 ieri giunsero in Gangi candidato socialista Raia ed onorevole De Felice, accolti con bandiere e musica dalle rappresentanze dei comuni del collegio. Poscia tennero pubblico comizio in piazza del Popolo alla pre- senza di circa 1000 persone maggior parte forestieri. Parlarono onorevole De Felice, Raia ed altri contrastando argomenti sostenuti dal partito avver- sario, sciogliendosi comizio ore 12,30 e ripartendo onorevoli ore 16 suc- cessive. Ordine pubblico tranquillo. Palermo, 22 ottobre 1913.102

A conclusione dello scrutinio, il risultato nazionale delle votazioni del 26 ottobre consentì alla sinistra (socialisti, radicali e repubblicani) di portare 169 deputati alla Camera, in sensibile aumento rispetto al passato; cattolici e nazionalisti guadagnarono 35 deputati e, soprattutto, i liberali ottennero una buona affermazione con 304 eletti.103 Nel colle- gio delle Petralie, i voti conquistati da Raja (4.009 voti) non furono, però, sufficienti a superare quelli del giolittiano Eugenio Rossi (4.839) che si riconfermò deputato.

Se avessero votato – riferiva il corrispondente del quotidiano «L’Ora» – circa 500 contadini che aspettarono a S. Mauro, ad Alimena, a Soprano fino alle ore 20 senza potere esercitare i loro diritti: se alla sezione di S. Biagio non fossero avvenuti incidenti medioevali, la sorte delle urne sarebbe stata sicuramente favorevole al dottor Raja, come tutti prevedevano.104

Diversamente, i suoi compagni Drago e Tasca, ottennero i voti ne- cessari rispettivamente nei collegi di Cefalù e di Palermo IV; a Raja non

101 Asp, Pref. Gab., s. 1906-1925, b. 64, fasc. “Petralia Sottana”, telegramma del maggiore dei Carabinieri, Divisione esterna di Palermo, al prefetto di Palermo, 16-10-1913. 102 Ibidem, b. 61, fasc. senza intestazione, telegramma del maggiore dei Carabinie- ri, Divisione esterna di Palermo, al prefetto di Palermo, 22-10-1913. 103 G. CANDELORO, Storia dell’Italia moderna cit., pp. 362-363. 104 Il risultato definitivo nel collegio delle Petralie, «L’Ora», n. 302, 30-31 ottobre 1913.

42 Rosario Lentini rimaneva che congedarsi con una lettera aperta ai suoi sostenitori (cfr. doc. 2 in Appendice), nella quale, fra l’altro, ribadiva il suo immutato impegno futuro: «Deputato o non, io resto al mio posto di combattimen- to».105 La tornata elettorale delle politiche servì, comunque, a sondare la sua capacità di presa in un territorio difficile e a preparare meglio la suc- cessiva competizione per le amministrative. Non a caso, infatti, a marzo del 1914 i suoi sostenitori contrastarono un tentativo di screditarlo,106 teso a depotenziare i consensi crescenti che, probabilmente, anche la sua battaglia per il cooperativismo agricolo cominciava ad assicurargli.107

I contadini delle Madonie – riferiva il redattore de «la Battaglia» – che rappresentano la maggioranza della popolazione hanno acquistata una rara coscienza politica di classe, […] non mancano di partecipare alla vita poli- tica, portando in ogni manifestazione un fremito di entusiasmo democrati- co. […] Una folla di popolo ha accolto domenica a Petralia Soprana il dott. Vincenzo Raia, che si è recato a tenere un comizio nel cuore del manda- mento che lo ha acclamato a suo candidato a consigliere provinciale. Lo accompagnavano l’onorevole Tortorici, il valoroso compagno nostro depu- tato per Castelvetrano e l’avv. Giuseppe Lo Bianco, fiduciario della Dire- zione del Partito Socialista Riformista Italiano. In piazza, alla presenza di alcune migliaia di persone, tra cui erano le rappresentanze delle leghe dei paesi vicini, fu tenuto un comizio solenne.108

La nuova campagna elettorale si prospettava sotto i migliori auspi- ci;109 nei mesi successivi alla conclusione delle politiche, i social- riformisti palermitani intensificarono le relazioni con esponenti rappre- sentativi della borghesia agraria e l’abilità di Raja fu altrettanto effica- ce nel raccogliere consensi:

105 Dopo le elezioni delle Petralie. La lettera del D.r Raja ai suoi elettori, «L’Ora», n. 303, 31 ottobre-1 novembre 1913. 106 Le associazioni proletarie ed i comitati elettorali del collegio delle Petralie riconfermano la loro fiducia al dottor Vincenzo Raja, comunicato stampa, «dalle Petralie, primi di marzo 1914», sottoscritto da singoli cittadini, associazioni e co- mitati di Alimena, Blufi, Bompietro, Calcarelli, Castellana, Gangi, Geraci, Locati, Petralia Soprana, Polizzi e San Mauro. 107 N. MUSARRA, Vincenzo Raja cit. 108 La lotta amministrativa e provinciale nelle Petralie, «la Battaglia», anno XVII, n. 1, 1 maggio 1914, p. 3. 109 Alla conquista della Provincia, «la Battaglia», n. 2, 10 maggio 1914, p. 1; Il quadro della situazione, «la Battaglia», n. 2 cit., p. 2.

Il percorso politico 43

“Io vi ringrazio, o amici, per la fiducia che avete riposto in me, – questo il testuale resoconto dell’intervento di Raja riportato dal periodico sociali- sta – per la vostra valida cooperazione che mi diede modo di combattere una forte battaglia contro un sistema feudale di asservimento e di violenze per la rigenerazione morale ed economica del Collegio delle Petralie. Io vi ringrazio, mentre plaudo all’eroico esempio che voi deste all’Italia quando, spezzando una tradizione di sofferenze, di rinunzie e di pazienti aspettati- ve, non curando le minacce di chi vorrebbe ancora dominarvi e tenervi sotto ferree catene, sinceramente coscienti della forza che a voi viene dal moderno suffragio, vi stringete con affetto e fede attorno alla mia povera persona”. […] Riprese quindi a parlare diffusamente della grande Coope- rativa agricola […] che si fonderà tra breve in Gangi, e ne dimostrò gl’immensi vantaggi spiegando il modo di funzionamento. Disse poi della necessità di una prossima lotta nel campo provinciale ed amministrativo; questa dev’essere una continuazione di quella politica del 26 ottobre, ed una preparazione per quelle future.110

Va sottolineato – analizzando nell’insieme le vicende che contras- segnarono la battaglia politica in provincia di Palermo tra la costella- zione socialista, da una parte, e lo schieramento degli agrari e della de- stra reazionaria, dall’altra – che, mentre la proposta “agraria” social- riformista di Raja e dei suoi compagni si sviluppava lungo un crinale unificante il versante ideologico sicilianista e antigiolittiano con quello filogovernativo, di contro, la componente del socialismo rivoluziona- rio, che affondava le proprie radici nel movimento dei Fasci dei Lavo- ratori di fine ‘800 e che rivendicava l’assegnazione delle terre, veniva colpita duramente dalla violenza mafiosa con una sequenza di omicidi mirati (Luciano Nicoletti, Andrea Orlando, , Maria- no Barbato, Giorgio Pecoraro, ).111 L’esito della campagna elettorale, in questa occasione, fu finalmen- te positivo per Raja, che venne eletto consigliere provinciale con 1.427 voti ottenuti nel mandamento di Petralia Soprana112 e tale successo po- teva largamente ascriversi alla fiducia conquistata nel rapporto diretto

110 La lotta elettorale in Provincia. La proclamazione dei consiglieri provinciali a Palermo, «la Battaglia», n. 3, 17 maggio 1914, pp. 1-2. 111 U. SANTINO, Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all’impe- gno civile, Editori Riuniti University Press, Roma 2009, pp. 133-142. 112 Elenco dei Consiglieri Provinciali. Anno 1914-1915, in «Atti del Consiglio Provinciale di Palermo», Stab. Tip. G. Fiore e figli, Palermo 1916, pp. IV-V.

44 Rosario Lentini con gli elettori madoniti sulle questioni agrarie e agronomiche rispetto alle quali aveva mostrato competenza e propositività. Insediato il nuovo Consiglio, fu subito nominato tra i cinque com- ponenti della commissione dei Revisori dei Conti113 e di quella Eletto- rale provinciale, costituita anch’essa da cinque consiglieri.114 Gli atti dei verbali, pur sinteticamente, registrano le posizioni assunte da Raja su alcune materie: il finanziamento delle opere di viabilità interna, nell’ambito della discussione per l’approvazione del bilancio preventi- vo provinciale per il 1915;115 la proposta di aumento dello stanziamen- to per la Cattedra ambulante di agricoltura della provincia e per l’acquisto di macchine agrarie;116 ma anche il duro intervento per stig- matizzare il comportamento delle forze dell’ordine, nel corso della manifestazione degli interventisti svoltasi il 16 giugno 1915, durante la quale fu ucciso uno studente palermitano:

Raja prende la parola a nome del gruppo Socialista per dire brevi parole. Si è pienamente associato alle generali proteste contro le ingerenze di uomini non attualmente al potere, ma sente anche l’imperioso bisogno di protesta- re altamente contro i fatti luttuosi di ieri provocati dalla Pubblica Sicurezza in un momento in cui un solo palpito riunisce tutti gli Italiani e che hanno provocato la morte del giovane Sgarlata. É dolente di notare l’assenza del rappresentante del Governo, a cui pochi giorni prima si era rivolto diffi- dandolo a non mandare sulle pubbliche piazze la sbirraglia che è peggiore di quella del Borbone (applausi). Leva una vibrata protesta contro la poli- zia ed il rappresentante della Provincia che dopo un fatto luttuoso, ingiu- stamente avvenuto, ha lasciato oggi il paese in balia della teppa e dei malviventi, e si augura che tale protesta arrivi a S.E. Salandra. Conclude mandando un mesto saluto alla vittima innocente, che avrebbe potuto ben versare il proprio sangue per la Patria (applausi).117

Nella seduta del 13 aprile 1917, Raja contestò duramente la deci- sione della maggioranza di nominare il nuovo consiglio di amministra-

113 Ivi, p. X. 114 Ivi, p. XXXVIII. 115 Ivi, pp. 172-173. 116 Ivi, p. 200. 117 Ivi, pp. 421-422; M. SCAGLIONE, Giovanni Borgese e la fondazione dell’As- sociazione Nazionalista a Palermo, «Rassegna Siciliana di Storia e Cultura», anno IV (2000), n. 11, pp. 17-51.

Il percorso politico 45 zione della Colonia agricola di San Martino delle Scale, senza aver esaminato i bilanci della passata gestione e senza aver portato a com- pimento il lavoro della commissione appositamente istituita per studia- re la trasformazione della stessa secondo le linee guida precedentemen- te approvate all’unanimità e cioè, di destinarla «agli orfani dei contadi- ni gloriosamente caduti per la Patria».118 Questa esperienza politico-amministrativa, che sarebbe durata inin- terrottamente fino al 10 marzo 1925, data dell’ultima seduta del Consi- glio, fu l’occasione per rafforzare ed estendere i suoi rapporti con gli amministratori dei comuni della provincia. La fase che stava per aprirsi era, però, densa di incognite e Palermo diventava sempre più «una del- le grandi capitali dello spirito pubblico nazionale»,119 soprattutto dopo l’inizio del primo grande conflitto europeo che avrebbe portato il governo italiano a passare dall’iniziale neutralità alla dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria del 24 maggio del 1915. Il successivo 21 novembre, nel capoluogo dell’Isola, Vittorio Emanuele Orlando, allora ministro di Grazia e Giustizia, a nome dell’intera compagine ministe- riale e del presidente del Consiglio, Salandra, tutti presenti a Palermo, svolse l’orazione ufficiale in quella che sarebbe stata «la dimostrazione più imponente e spettacolare» tra quelle svoltesi nel Paese.120 Tra i più convinti interventisti ancora una volta i socialisti riformisti De Felice Giuffrida, Tasca, Drago e persino le Camere del lavoro di Palermo, Messina e Siracusa:

A sventolare la bandiera dell’antimilitarismo – precisa Orazio Cancila – rimasero soltanto pochi isolati socialisti, tra cui il sindacalista Orcel. Tasca che un tempo era stato accanito antimilitarista, partì addirittura volonta- rio.121

Le prime consultazioni elettorali del dopoguerra si svolsero il 16 novembre del 1919, nel vivo di una crisi economico-sociale molto se- vera, contrassegnata da un elevato numero di agitazioni contadine e

118 Verbale della seduta ordinaria del 13 aprile 1917, in «Atti del Consiglio Provin- ciale di Palermo», anno 1916, Stab. Tip. G. Fiore e figli, Palermo 1919, pp. 209-210. 119 F. RENDA, Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, Sellerio, Palermo 1985, vol. II, p. 307. 120 Ivi, p. 308. 121 O. CANCILA, Palermo cit., p. 287.

46 Rosario Lentini operaie in tutto il Paese; non a caso il biennio 1919-1920 sarà definito “rosso”. Come nel 1913, Vincenzo Raja fu riproposto candidato alla Camera e, questa volta, con un più largo sostegno da parte di associa- zioni e circoli rappresentativi degli interessi agrari; attorno al suo nome si raccoglieva un elettorato interclassista e trasversale di un certo rilie- vo, che ne apprezzava le competenze e la capacità organizzativa, come si evince dal seguente stralcio di un lungo articolo a lui dedicato da uno dei più prestigiosi periodici palermitani:

Il problema più grave e più importante che si presenta al momento è la ricostituzione economica del Paese ed è quindi evidente quale massima importanza abbia l’agricoltura la quale costituisce il primo e unico elemen- to per la indipendenza economica Nazionale. […] Le future rappresentanze parlamentari hanno quindi da risolvere il gravissimo problema della eco- nomia e questo problema è imperniato nella necessità urgente di spingere tutte le forze produttive e fattive della Nazione affinché rapidamente cessi l’odierno stato di depressione economica che tanto ci preoccupa. Da ciò l’assoluta necessità di mantenere al potere uomini che sappiano apprezzare la vera natura dei bisogni economici, che possano dare il giusto valore alle questioni agricole; le sole che meritano attualmente tutta la considerazione. […] Il dott. Vincenzo Raia è un valoroso organizzatore di queste associa- zioni agricole nel territorio delle Petralie, ne ha fatto sorgere ben venti- quattro, egli è stato sempre a contatto di queste mirabili organizzazioni, ne ha ascoltato i bisogni e con quella abnegazione che sono le precise qualità del suo temperamento ardente, e della sua coscienza dritta, ha provveduto alla loro difesa. La vita del dott. Raia è stata sempre spesa in costante e fervente apostolato di lavoro, anch’egli è un lavoratore e soprattutto un ge- neroso. Gli interessi dei contadini sono stati sempre per lui oggetto di cure, molte volte di sacrifici e di dedizione completa della propria attività perso- nale. Guai se qualunque governo dovesse tentare di tradire questi interessi o semplicemente trascurarli! Il dott. Raia è sempre pronto ad affrontare ogni rigore di lotta, abbandonare ogni ragione di partito politico, per batta- gliare a viso aperto, con franca parola e con alta voce, come se i bisogni collettivi costituissero il più grave dei suoi interessi particolari. Gli aspetti della vita del dottor Raia dimostrano la complessa attività di quest’uomo che fin dai tempi – quando era studente di scienze agrarie – ha seguito una linea di condotta che mai ha deviato dalla dritta via. È un valentissimo co- noscitore della materia agraria e di conseguenza possiede l’intera nozione delle necessità agricole e più specialmente di quella agricoltura siciliana che abbisogna di un difensore come il Raia che ha studiato i varii bisogni nel suo complesso sviluppo. Gl’interessi vinicoli hanno trovato in Vincen- zo Raia il più vario ed efficace sostenitore. Un uomo così fatto ha il diritto di essere eletto rappresentante del collegio di Palermo che tanto aspetta

Il percorso politico 47

dall’agricoltura e noi che gli interessi commerciali industriali agricoli sici- liani abbiamo sempre sostenuto lo raccomandiamo agli elettori i quali sicu- ramente si affermeranno sul suo nome che è puro e intemerato.122

Poche settimane prima delle elezioni, al XVI congresso del PSI (Bologna, 5-8 ottobre 1919), pur se l’unità del partito veniva provviso- riamente mantenuta, la distanza tra i massimalisti di Bordiga e i rifor- misti guidati da Turati appariva incolmabile; si pervenne, però, a un fragile compromesso tra i due gruppi contrapposti in vista dell’imminente tornata elettorale.123 Il PSI conseguì un ottimo risultato nazionale diventando il primo partito con il 32,4% dei voti, seguito dal Partito popolare di don Luigi Sturzo con il 20,6%; i socialisti riformisti di Bonomi e Bissolati mantennero invariato il numero di deputati alla Camera, mentre i liberali subirono un forte calo.124 Ma il dato che qui va evidenziato è quello della distribuzione territoriale del voto: in Sici- lia, il PSI non riuscì neppure a presentare proprie liste, mentre il 50,15% del totale dei voti ottenuti nel Paese dai socialisti riformisti fu conseguito proprio nell’Isola (41.211 voti su un totale di 82.172).125 Dei tre candidati Alessandro Tasca, Aurelio Drago e Vincenzo Raja, nella lista con il contrassegno “Stella a cinque punte”, solo Drago riu- scì a essere eletto, per la seconda volta consecutiva,126 grazie a quella «squallida coalizione della clientela rurale»127 sulla quale questi – se-

122 Fra i candidati Raia dott. Vincenzo, «La settimana commerciale», Palermo, n. 28, 2 novembre 1919, p. 1, con foto di Vincenzo Raja. Il periodico era conti- nuazione de «La settimana commerciale industriale» fondato nel 1883; si vedano, inoltre, a p. 2 dello stesso numero: Cronaca elettorale e I comizi riformisti a Par- tinico, Carini, Capaci e Isola delle Femmine. 123 N. TRANFAGLIA, La prima guerra mondiale e il fascismo, Utet, Torino 1995, pp. 180-192. 124 E. RAGIONIERI, La storia politica cit., pp. 2072-2075. 125 P. L. BALLINI, Le elezioni nella storia d’Italia dall’Unità al Fascismo: profi- lo storico-statistico, il Mulino, Bologna 1988; F. RENDA, Storia della Sicilia cit., pp. 337-339; N. TRANFAGLIA, La prima guerra mondiale cit., pp. 200-209. 126 Camera dei deputati. Portale Storico (on-line), storia.camera.it/deputato/(nome- cognome); in particolare, Alessandro Tasca e Aurelio Drago; M. DI FIGLIA, Al- fredo Cucco. Storia di un federale, Quaderni – Mediterranea. Ricerche storiche, (n. 5), Palermo 2007, pp. 28-29. 127 G. C. MARINO, Partiti e lotta di classe in Sicilia. Da Orlando a Mussolini, De Donato, Bari 1976, p. 66.

48 Rosario Lentini condo Giuseppe Carlo Marino – aveva costruito la sua fortuna politica; Raja, invece,

era chiamato ad assicurare i collegamenti con i militanti del “combattenti- smo” e ad offrire contributo delle sue “amicizie” gravitanti soprattutto nell’area montana delle Madonie.128

La carriera parlamentare di Tasca si concluse definitivamente dopo tre mandati consecutivi (dalla XXII alla XXIV legislatura); Raja, pur se non divenne deputato, ottenne più del doppio delle preferenze di Ta- sca e mentre nelle 253 sezioni di Palermo gli vennero riconosciuti 530 voti, nel totale delle 29 sezioni della provincia ne ottenne 3.148, a con- ferma della sua accresciuta popolarità nell’hinterland agrario.129

Siamo non poco sorpresi – scriveva con rammarico il redattore del perio- dico palermitano «La settimana commerciale» – della mancata elezione del dott. Vincenzo Raia poiché egli possiede una salda e forte concezione del vastissimo problema agricolo e di tutti i bisogni ed i mezzi più oppor- tuni e razionali per risolvere la questione agraria, è un vero studioso della questione del latifondo, or con un rappresentante come il Raia la nostra Sicilia avrebbe guadagnato non poco e avrebbe avuto un tenace difensore. Ma la coscienza politica paesana non comprende l’utilità propria e si lascia trascinare ove i facinorosi di candidature che non hanno alcun significato li trainano per servire i propri fornitori.130

Le ragioni della mancata elezione di Raja andavano, però, interpre- tate tenendo conto di un insieme di fattori e di variabili molto più arti- colato di quello proposto dal redattore del settimanale commerciale. Sin dai primi del ‘900, socialisti e cattolici erano stati i principali pro- tagonisti di un processo riformatore che aveva portato alla formazione di cooperative agricole e all’attuazione di contratti di affittanza collet- tiva (per iniziativa del socialista Bernardino Verro a Corleone e di don Luigi Sturzo a Caltagirone; la “Madre Terra” a Castrogiovanni – odierna Enna –; quelli in provincia di Trapani di Giacomo Montalto e

128 Ibidem. 129 Asp, Pref. Gab., s. 1906-1925, b. 65, “Riassunto. Votazione elezioni politiche 16 Novembre 1919”; O. CANCILA, Palermo cit., p. 384. 130 I risultati di Palermo, «La settimana commerciale», n. 31-32, 23-30 novembre 1919, p. 1.

Il percorso politico 49 del marsalese Vincenzo Pipitone) per gestire e rendere produttivi i lati- fondi ed emancipare i contadini dall’oppressione dei gabelloti.131 Ma dopo la fine del primo conflitto mondiale e con l’acuirsi della crisi economica, il quadro politico complessivo si sgretolava e si ricompo- neva in forme nuove rispetto al passato. In primo piano, specialmente in Sicilia, rimaneva la questione agraria (produttività, gestione, pro- prietà) e la richiesta lapidaria – “la terra ai contadini” – proveniente dalle popolazioni rurali sempre più impoverite, appariva pericolosa- mente destabilizzante. Il disfacimento della classe politica liberale, la nascita nel 1919 del partito cattolico (Partito Popolare Italiano di Stur- zo e De Gasperi), la formazione di un nuovo aggregato sociale etero- geneo e trasversale composto dagli ex combattenti, la nascita del movimento mussoliniano dei Fasci di combattimento, rimescolavano le alleanze e le relazioni tra leader politici e gruppi sociali. Inoltre, in Sicilia, esordivano altri due importanti soggetti politici: il Partito agra- rio siciliano di Giuseppe Lanza di Scalea e Lucio Tasca Bordonaro, reazionari e dichiaratamente indipendentisti, nonché il Partito siciliano del Lavoro del social-riformista agrigentino Enrico La Loggia, promo- tore egli stesso di un disegno legislativo di riforma agraria:

In effetti, fra il 1919 e il 1922 – scriveva Francesco Renda – a incalzare sulla scena sociale erano le forze con le quali la vecchia classe dominante si era sempre rifiutata in passato di venire a un accettabile compromesso. […] Il movimento contadino del primo dopoguerra fu senza dubbio un grande fatto sociale e politico, che per tensione ideologica e per larghezza di consensi ebbe incidenza di portata durevole […]. Forze così varie e con- trastanti operarono ognuna in base ai rispettivi principi professati. Nondi- meno, combattenti, cattolici, socialisti riformisti e socialisti ufficiali si mossero complessivamente nell’alveo di un progetto di trasformazione ispirato a principi di giustizia sociale e di parziale redistribuzione dei gros- si latifondi.132

Vincenzo Raja, pur se non giunse al traguardo dell’elezione alle po- litiche del 1919, tuttavia non abbandonò il campo. Nella primavera del

131 G. RAFFIOTTA, La Sicilia nel primo ventennio del secolo XX, Industria Gra- fica Nazionale, Palermo 1959, pp. 92-96; G. BARONE, La cooperazione agricola dall’età giolittiana al fascismo, in O. CANCILA (a cura di), Storia della coopera- zione siciliana, IRCAC, Palermo 1993, pp. 254-262. 132 F. RENDA, Storia della Sicilia cit., pp. 341-344.

50 Rosario Lentini

1920, probabilmente per iniziativa del fratello Giovan Battista, si pub- blicava a Mazara, durante la gestione del regio commissario Giovanni Orcel, il primo numero del quindicinale «Il Lavoro», nel quale si ri- prendevano i motivi dell’antico contendere sulla cattiva amministra- zione del Comune da parte degli ex sindaci e si segnalava la grave si- tuazione di penuria alimentare (inefficienza della Commissione anno- naria e del Consorzio granario).133 Le repliche naturalmente giungeva- no dopo pochi giorni e spesso da fogli a stampa inaugurati solo con questa finalità e per restituire al mittente accuse altrettanto pesanti, come nel caso del periodico «L’Era Nuova»:

Raia e C. possono citare a titolo di onore di aver combattuto, in quella lotta e nelle altre che seguirono, in fraterna amistà con i preti, i ricchi di ogni partito, col circolo cattolico, con la cassa rurale, coi favariani nasiani, coi Tortoriciani.134

Vincenzo Raja saltuariamente interveniva al fianco del fratello nell’interminabile battaglia locale, con articoli improntati allo scontro frontale con l’avversario di sempre: A noi Avv. Sansone!135

Da una parte – sottolinea Antonino Cusumano – Emanuele Sansone riba- diva le sue posizioni di socialista riformista dalle pagine dei numeri unici di Democrazia e poi dalle colonne della testata fondata e diretta dal giova- ne Mario Certa, L’Era Nuova. Dall’altra Vincenzo Raja, allora consigliere provinciale, riprendeva e superava l’eredità politica degli Unionisti e dei tortoriciani per tracciare le linee programmatiche di un gruppo autonomo radicale che aveva voce nel quindicinale Il Lavoro.136

Continuava ad aspirare all’incarico parlamentare e il suo profilo di borghese-imprenditore, di esperto viticoltore ed enologo, nonché di consigliere della Provincia di Palermo sin dal 1914, risultava apprez- zabile e, nei fatti, godeva di molta stima. Quando nel 1915 Aurelio Drago, già in veste di deputato, segnalava “vivamente” al ministro

133 «Il Lavoro», Mazara del Vallo, gerente responsabile, Giuseppe Safina fu Fran- cesco, anno I, n. 1, 9 maggio 1920 e n. 4, 20 giugno 1920. 134 E. SANSONE, A G. B. Raja, «L’Era Nuova», Mazara del Vallo, anno I, n. 3, 20 giugno 1920. 135 V. RAJA, A noi Avv. Sansone!, «Il Lavoro», anno I, n. 5, 4 luglio 1920. 136 A. CUSUMANO, Da “Il Giardino letterario” cit., p. 179.

Il percorso politico 51

Cottafavi il suo nome a ricoprire l’incarico di delegato ministeriale nel consiglio di amministrazione del Reale Istituto Commerciale di Paler- mo, il prefetto, chiamato ad esprimere un parere, non esitava a scrivere in termini favorevoli.137 E dopo il primo triennio, nel 1918, venne ri- confermato nella funzione per averla tenuta «con zelo e con onore».138 Probabilmente, in una condizione generale meno turbolenta e fluida di quella nella quale si era ritrovato, avrebbe potuto facilmente conse- guire l’obiettivo. Al cambio generazionale di ceto politico, in Sicilia, sovrastava ancora la figura di Vittorio Emanuele Orlando, ex presiden- te del Consiglio e più volte ministro, unico in grado di aggregare can- didati e forze eterogenee nella sua lista di Unione Nazionale, in occa- sione delle elezioni politiche del 15 maggio 1921:

La lista – osserva Matteo Di Figlia –, ovviamente capeggiata da Orlando, presentava Giuseppe Scialabba, Eduardo Armò e Ludovico Germanà come radicali; vennero inclusi Drago, Tasca di Cutò e Raja che, evidentemente, ritenevano conclusa l’esperienza social riformista. Infine, per controbilan- ciare la perdita di De Rischy – candidato ex orlandiano transitato nella li- sta di Finocchiaro Aprile –, l’Unione candidava Francesco Musotto e Ro- sario La Bella. Questa operazione, forse frutto di una crisi interna della se- zione dei combattenti, rappresentò un indubbio successo per la lista di Or- lando poiché Musotto, oltre ad essere combattente, aveva nelle basse Ma- donie e nel circondario di Cefalù un seguito […].139

Riguardo alle ragioni dell’adesione dei social-riformisti alla lista dell’Unione, è da condividere il giudizio di Natale Musarra secondo cui, «la paura della rivoluzione, prima proletaria poi fascista» sia stata determinante; Vincenzo Raja dalle colonne dei fogli periodici mazaresi già da tempo stigmatizzava la posizione di quanti spingevano «verso la

137 Asp, Pref. Gab, s. 1906-1925, b. 264, lettera riservata del ministro Cottafavi al prefetto della provincia di Palermo, Roma, 27-2-1915; Ibidem, lettera del prefetto al ministro Cottafavi, Palermo 11-3-1915; Ibidem, altra lettera del ministro Cotta- favi al prefetto, Roma, 6-4-1915. 138 Ivi, b. 55, lettera del ministro di Agricoltura, Industria e Commercio al prefetto della provincia di Palermo, Roma, 13-4-1918; lettera del prefetto al ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, Palermo,18-4-1918. 139 M. DI FIGLIA, Alfredo Cucco cit., p. 45; La lista dell’Unione Nazionale, «Giornale di Sicilia», n. 106, 5-6 maggio 1921.

52 Rosario Lentini dissoluzione della civiltà borghese e l’avvento immediato e prossimo, secondo alcuni, di una dittatura del proletariato».140 Il risultato elettorale del 1921 premiò l’intelligenza politica di Or- lando e l’Unione Nazionale si aggiudicò la maggioranza dei suffragi in misura doppia di quelli attribuiti agli agrari nazionalisti di Lanza di Scalea, ma degli ex social-riformisti soltanto Drago venne riconferma- to deputato; Tasca e Raja rimasero fuori. A rendere ancor più amara l’esclusione contribuì pure la notizia della sua proclamazione, poi non confermata; il «Giornale di Sicilia», infatti, a conteggi ancora provvi- sori, aveva dato per certa l’elezione di sette candidati della lista Ban- diera (Unione Nazionale), dal primo e più votato Vittorio Emanuele Orlando, con 25.557 preferenze, al settimo, Vincenzo Raja con 9.154.141 Purtroppo, con il nuovo sistema proporzionale (e con il con- sueto ripetersi di episodi di brogli nei vari seggi), il ricalcolo portò a sei il numero degli eletti della lista Bandiera, escludendo quindi Raja.142 La denuncia di irregolarità, subito formulata nel ricorso predi- sposto dal fratello, arrivò tempestiva alla Giunta delle elezioni:

L’avv. Raja – riportava il «Giornale di Sicilia» – denunzia fatti specifici di una gravità eccezionale che sono tutta una rivelazione dei sistemi impe- ranti, in fatto di elezioni in certi comuni. Secondo le proteste dell’avv. Raja verrebbero infirmati i risultati nella 83 e nella 180 sezione in Palermo; nel- la 163 a San Giuseppe Jato, dove si sarebbe ricorso ad un incendio, per avere l’agio di compire, come sarebbe stata compiuta, una colossale pastet- ta; nella 386, 387 e 388 sezione in Ciminna; nella 389 e 390 sezione in Ventimiglia; nella 160, 161 e 162 in Piana dei Greci; nella 222, 223, 224, 225, 227 in Misilmeri; nella 153 e 154 in Monreale; nella 371, 372, 373, 374, 375 in Montemaggiore. L’avv. Raja, nella sua protesta che è stata fat- ta nell’interesse del candidato dottor Raja, così conclude: «Da tutto l’anzidetto si rileva che i risultati elettorali non rappresentano la libera espressione degli elettori, ma il prodotto di tutto un movimento fazioso e criminoso a danno di tutte le liste ed a favore dei singoli candidati. Il sotto- scritto protesta perciò di nullità […] le operazioni delle sezioni su indicate e chiede che da un nuovo esame possano stabilirsi i nuovi quozienti. Con-

140 N. MUSARRA, Vincenzo Raja cit.; in particolare l’A. cita Raja da «La Lega del Popolo» del 17 ottobre 1920, diretto dal fratello Giovan Battista. 141 Il risultato definitivo, «Giornale di Sicilia», n. 116, 17-18 maggio 1921. Il con- trassegno della lista orlandiana, Unione Nazionale, era una stella a cinque punte al centro di una bandiera tricolore. 142 A lotta conclusa, «Giornale di Sicilia», n. 117, 18-19 maggio 1921.

Il percorso politico 53

testa la proclamazione dei pretesi eletti Di Salvo e Termini e chiede che vengano accertate tutte le irregolarità confermate; annullate le operazioni e i risultati delle sezioni in cui dette irregolarità furono fatte, stabilite le nuo- ve cifre elettorali e i nuovi quozienti e proclamato il candidato Raja che dal suffragio elettorale è stato prescelto con numero di voti preferenziali mag- giore di quello illegalmente ed artificiosamente assegnato al candidato Di Salvo».143

Il Di Salvo indicato nel ricorso non era un avversario politico di al- tra lista, bensì uno dei tre liberali presenti nello stesso raggruppamento orlandiano. Il quotidiano «L’Ora» indicò senza esitazione il prefetto quale artefice e responsabile diretto di quanto accaduto nelle urne:

Siamo stati i primi a denunziare ed a documentare i brogli, le pastette, le violenze e le sopraffazioni, che il Prefetto di Palermo ha, senza scrupolo e calpestando ogni legge, attuato durante la lotta elettorale. Alla vigilia delle elezioni non mancammo di avvertire il comm. Menzinger – rivelatosi fun- zionario inetto ed assolutamente incapace di reggere le sorti della Provin- cia di Palermo che non è una Menscia tripolina […]. É vero che il vuoto delle urne prodotto dall’astensionismo degli elettori fu subito colmato ed in alcuni casi superato dai voti… del signor Prefetto; ma è pur vero che lo stato di legalità profondamente turbato dalle violenze prefettizie non è ancora ristabilito e che ormai il Prefetto organizzatore e manipolatore non può più rimanere a capo della nostra Provincia.144

Come prevedibile, l’Ufficio centrale elettorale non accolse il recla- mo e, ancora una volta, Vincenzo Raja dovette rassegnarsi alla sconfit- ta. Va sottolineato, però, che in questa tornata si consumò anche una profonda lacerazione tra gli stessi social-riformisti, alcuni dei quali accusarono Aurelio Drago di essersi schierato apertamente (oltre che di esserne amico) con il capomafia di Piana dei Greci, Francesco Cuccia.145 Ciò nonostante, Raja mantenne inalterata la sua combattività conti- nuando a svolgere un ruolo di primo piano in ciò che restava del partito e ad essere riconosciuto sempre più come un leader autorevole, spe-

143 I reclami, «Giornale di Sicilia», n. 121, 23-24 maggio 1921. 144 Le violenze ed i brogli elettorali denunziati e documentati da un candidato del- la lista dell’Unione, «L’Ora», n. 122, 24-25 maggio 1921. 145 F. PETROTTA, Politica e mafia a Piana dei Greci da Giolitti a Mussolini, pre- fazione di Luciano Violante, La Zisa, Palermo 2001, p. 107.

54 Rosario Lentini cialmente nel vivo di una situazione sociale molto critica per la cre- scente disoccupazione. I resoconti della Questura sui suoi interventi nei tavoli di confronto con i responsabili della Camera del Lavoro, mo- strano la continuità dell’impegno politico;146 inoltre, in Consiglio pro- vinciale, dove sin dal 1920 ricopriva il ruolo di vicepresidente,147 si avviava ad essere eletto presidente. A maggio del 1923, infatti, nel corso di una seduta da lui presiedu- ta, svolse una relazione inaugurale dei lavori dell’assise consiliare che ebbe vasta risonanza per la fermezza con la quale espresse:

il corruccio di tutti i siciliani, – così ne dava conto il quotidiano «L’Ora» – i quali non possono essere sedotti più col comodo sistema della lunga promessa coll’attender corto. La Sicilia, dopo la malinconica esperienza cui è stata sottoposta da tanti Ministeri prodighi di parole illudenti e avari di fatti persuasivi e concreti, trovasi in uno stato di disagio morale che ren- de incredulo il popolo tanto nella sua totalità quanto nei suoi individui e fu questa la ragione essenziale per cui accolse con benevola attenzione il Mi- nistero fascista, il quale parco di promesse illusorie, chiese ai diffidenti cit- tadini del Mezzogiorno e delle isole di giudicarlo e confortarlo di salda fi- ducia nella immediata concretezza dei fatti. […] Il subitaneo e generale ar- dore di consenso della prima ora è stato smorzato, se non spento, dal senso di accasciamento che segue sempre allo scoppio di entusiasmo quando la magnificenza della promessa non è accompagnata dalla sua immediata e- splicazione, e tanto più sconvolgente quanto più era chiara la consapevo- lezza ponderata dei Governanti della trascuratezza in cui era stata tenuta quest’isola operosa e patriottica dai precedenti governanti con una evidente sperequazione tributaria e con il persistente diniego di riconoscerne fatti- vamente i bisogni imprescindibili ai quali riuscivano impari le forze locali. Tutto ciò ha espresso, con serenità di parola ma con fermezza di intenzioni il dottor Raja nella sua qualità di esponente del maggior corpo politico ed amministrativo siciliano.148

146 Asp, Pref. Gab., s. 1906-1925, b. 76, fasc. “Palermo. Partito Socialista Riformi- sta”, lettere dell’Ispettore reggente la Questura, Cavallo, al prefetto della provincia di Palermo, n. 3475, 21-11-1921 e n. 3491, 7-11-1921. 147 Ibidem, s. 1926-1945, b. 511, cartella A, categ. 7/2, fasc. R/12 intestata “Raia dott. Vincenzo”, lettera riservatissima-urgente dell’Ispettore reggente la Questura, Cavallo, al prefetto della provincia di Palermo, n. 908, 25-2-1922. 148 T., Il Presidente del Consiglio Provinciale e il Prefetto di Palermo, «L’Ora», n. 125, 26-27 maggio 1923.

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Questo suo posizionamento gli fece guadagnare i consensi trasver- sali necessari che gli permisero di diventare presidente della Provincia nella seduta del 12 settembre 1923, con 30 voti su 32 (due schede bianche) rimasto in carica fino allo scioglimento dell’istituzione terri- toriale nella primavera del 1925, dopo l’ultima seduta del 10 marzo, nella quale si prese atto delle dimissioni del presidente della Deputa- zione provinciale, barone Signorino, e seduta stante si elesse Andrea Centineo.149 Intanto, ci si avviava alle elezioni politiche del 6 aprile 1924 alle quali però Raja non si presentò come candidato, mentre il suo ex com- pagno di partito, Aurelio Drago, abbandonava definitivamente il cam- po social-riformista per aderire al fascismo:

Non vi è oggi – scriveva Drago in una lettera aperta ai suoi elettori – che un modo solo di servire degnamente la patria: votare per la lista proposta dal governo nazionale. Se altro modo degno vi fosse stato, io non avrei esi- tato ad assecondare il vostro desiderio di ripresentare la mia candidatura fuori dalla lista nazionale. Il capo del governo ha detto, non soltanto da ieri ma da tempo: “chi non è con noi è contro di noi, chi è contro di noi è con- tro la patria”. Io sono col governo nazionale fascista fin da quando … non era al governo, ma era un manipolo di animosi che resisteva eroicamente contro i nemici interni (palesi ed occulti) della patria inutilmente vittoriosa in guerra. Oggi molti vantano un titolo di nobiltà politica che compete solo a pochissimi: la fondazione del Fascio parlamentare di difesa nazionale. Io sono tra quei pochissimi.150

La vittoria della lista n. 21 “Fascio Littorio” (detta anche “listone nazionale”), nella quale oltre ad esponenti fascisti confluirono diverse personalità di estrazione liberale e democratica, in Sicilia, con Vittorio Emanuele Orlando capolista, ottenne il 69,8% dei voti, dato di gran lunga superiore a quello nazionale del 60,1%.151 Come ha rilevato Sal-

149 Vincenzo Raja. Il Presidente dell’innovazione scolastica cit., pp. 23-25; Asp, Pref. Gab., s. 1906-1925, b. 283, fascicolo 14.1.2 intestato “Palermo. Deputazione Provinciale”, copia del verbale della seduta del Consiglio provinciale presieduto da Vincenzo Raja in data 10 marzo 1925. 150 Il commiato dell’on. Drago dai suoi elettori, «Giornale di Sicilia», n. 79, 1-2 aprile 1924. 151 Statistica delle elezioni generali politiche per la XXVII Legislatura (6 aprile 1924), Ministero dell’Economia Nazionale, Roma 1924, pp. XXX-XXXI, 11-13 e 77-78.

56 Rosario Lentini vatore Lupo, molti capimafia nella provincia di Palermo si prodigarono nel sostenere i fiancheggiatori del fascismo e nella costituzione dei fa- sci locali:

Persino l’uomo nuovo del fascismo palermitano, il giovane medico ex na- zionalista Alfredo Cucco, personaggio schierato su una linea radicale e an- tinotabilare, concesse qualcosa e più di qualcosa a questo tipo di network politico-delinquenziale.152

Questo successo straordinario condizionò in modo determinante lo sviluppo del fascismo nell’Isola lungo tutto il successivo ventennio153 e permise al primo eletto, l’avvocato catanese Gabriello Carnazza – con 160.521 preferenze, pari al 33,8% di tutti i voti conseguiti dal “listone” – di poter chiedere direttamente a Mussolini di compiere la sua prima visita in Sicilia. Secondo Giuseppe Tricoli,

Il più sollecito e scattante, nella gara presto scatenatasi per preparare visite ed incontri, nonché «rendere omaggi» e conseguire inviti, era stato il pre- sidente provinciale di Palermo, di ascendenza socialriformista. Raja, che, appresa la notizia del viaggio, rinnova l’invito al presidente del consiglio a visitare Palermo: la città sarebbe stata certamente «fiera di ospitare l’Uomo che con fede sicura ed indomito valore riconduce la Patria alla grandezza sospirata dalla vittoria del Piave e di Vittorio Veneto».154

Effettivamente l’invito fu subito accolto e il viaggio si concretizzò con la prima tappa a Palermo il 6 maggio 1924. L’evento sul quale erano state riposte molte aspettative, però, si lasciò alle spalle una coda di polemiche e di rimostranze del ceto commerciale e imprenditoriale della città di cui si fece, poi, portavoce la Camera di Commercio, per-

152 S. LUPO, Il fascismo. La politica in un regime totalitario, Feltrinelli, Milano 2013, p. 183. 153 F. RENDA, Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, Sellerio, Palermo 1985, p. 353. 154 G. TRICOLI, Mussolini a Palermo nel 1924, Istituto Siciliano di Studi Politici ed Economici, Palermo 1993, p. 111; l’A. cita nel virgolettato l’articolo pubblica- to nel «Giornale di Sicilia» del 15-16 aprile 1924, dal titolo Per una visita dell’on. Mussolini a Palermo; P. LAURO, Classe dirigente, mafia e fascismo 1920-1924, Sellerio, Palermo 1988, p. 125.

Il percorso politico 57 ché nel programma non era stata inserita alcuna visita a qualche stabi- limento industriale, con eccezione dei Cantieri navali.155 A quella data, Vincenzo Raja era anche consigliere camerale156 ed era stato lui stesso a proporre che Mussolini visitasse almeno la Vetreria; proposta respin- ta dal prefetto. Una foto pubblicata in «L’Illustrazione Italiana» del 18 maggio mostra il duce ospite nella villa del sindaco di Palermo, Giuseppe Lan- za di Scalea, per una colazione privata cui furono invitate solo poche personalità e autorità tra le quali Raja in qualità di presidente della Provincia.157 Non risulta, comunque, che egli abbia mai aderito al fascismo, ri- spetto al quale – come molti in quella prima stagione del governo mus- soliniano – non nascondeva le proprie simpatie per le prospettive nuo- ve che sembravano aprirsi; rimase, però, ancorato saldamente ai suoi principi social-riformisti (ma sarebbe meglio definirli liberal- democratici). La prova di ciò si ebbe poche settimane dopo, a seguito del rapimento avvenuto il 10 giugno 1924 del parlamentare e leader socialista Giacomo Matteotti, ritrovato morto il successivo 16 agosto:

Protestò anche il Consiglio provinciale, – scrive Cancila – presieduto dal social riformista Raja, che inviò un telegramma di solidarietà alla vedova Matteotti, ciò che diede ai fascisti il pretesto per chiederne lo sciogli- mento.158

La seduta per commemorare Matteotti era stata convocata il 12 agosto, quando ancora non era avvenuto il ritrovamento del cadavere. Assenti sia il nuovo prefetto D’Angora, sia il suo rappresentante,

155 P. LAURO, Dal periodo fascista ad oggi, in Centocinquanta anni della Came- ra di Commercio di Palermo 1819-1969, Palermo 1969, p. 208. 156 Era stato eletto a dicembre del 1921: Elezioni commerciali. Il risultato della città di Palermo, «Avvisatore», n. 47, 20 dicembre 1921. 157 Didascalia della foto: Il Presidente del Consiglio ospite nella villa del Principe Giuseppe Lanza di Scalea, sindaco di Palermo, «L’Illustrazione Italiana», anno LI, n. 20, 18 maggio 1924, p. 658; anche La colazione a Villa Scalea, «Giornale di Sicilia», n. 106, 5-6 maggio 1924 e La colazione a Villa di Scalea, «L’Ora», n. 107, 5-6 maggio 1924. 158 O. CANCILA, Palermo cit., p. 414.

58 Rosario Lentini

Vincenzo Raja lesse un discorso (cfr. doc. 3 in Appendice) che il quo- tidiano «L’Ora» definì “nobile”:

[…] pronunziato in un’atmosfera di grande solennità e di raccoglimento, è alla fine lungamente e calorosamente applaudito da tutti i banchi e dal pubblico.159

Con questo ultimo atto ufficiale poteva dirsi concluso il percorso politico-istituzionale di Raja, ultimo presidente della Provincia di Palermo eletto democraticamente; il fascismo si avviava a smantellare nel Paese ogni prerogativa democratica e ad instaurare un regime tota- litario e poliziesco che non avrebbe esitato ad eliminare fisicamente gli avversari politici. Dopo il delitto Matteotti, Raja si attivò per la nascita e l’organizzazione di una sezione dell’Unione Democratica Nazionale, fondata dal liberal-democratico Giovanni Amendola l’8 novembre del 1924, partecipando egli stesso al convegno costitutivo di Napoli nel marzo del 1925. Per la Sicilia, oltre a lui, il comitato di propaganda era formato dall’ex sindaco di Palermo, conte Salvatore Tagliavia, da Giu- seppe Maggiore Di Chiara – direttore del periodico satirico «il babbìo» la cui pubblicazione era stata sospesa dal regime160 – dall’ingegner Ni- colò Rubino, dal professor Caramanna e dal commendator Lo Verde.161 Naturalmente, la Questura vigilava, annotava e riferiva come sempre al prefetto. Non si conoscono i successivi sviluppi del suo impegno in questa nuova formazione politica, ma è presumibile che dopo la morte di Amendola nell’aprile del 1926, Raja si ritirasse a vita privata per dedicarsi esclusivamente alla viticoltura e all’enologia, come imprendi- tore e come studioso. C’è, tuttavia, un ultimo frammento documentario di rilevante inte- resse che mostra come l’attenzione del regime nei suoi confronti non si sia mai allentata. Con lettera del questore di Palermo inviata al prefet-

159 Il Consiglio Prov. commemora l’on. Matteotti e fa voti per il ritorno alla nor- malità. Il nobile discorso del Presidente Comm. Vincenzo Raja, «L’Ora», n. 194, 13-14 agosto 1924. 160 G. MONTEMAGNO, Il babbìo. Storia della stampa satirica a Palermo, Selle- rio, Palermo 2013. 161 Asp, Pref. Gab., s. 1906-1925, b. 76, fasc. 5-7-3 “Partito Democratico Italia- no”, lettera del questore Giorgio al prefetto della provincia di Palermo, prot. n. 587, 17-3-1925.

Il percorso politico 59 to, a maggio del 1931, e da questi inoltrata al Ministero, si chiedeva la revoca dell’onorificenza cavalleresca che gli era stata conferita nel 1922, per diretto interessamento di Pietro Lanza, principe di Scalea162 e che era valsa a far cancellare il suo nome dal registro dei sovversivi, nel 1929. Nel documento inedito cui si fa riferimento (cfr. doc. 4 in Appendice), al fine di rendere credibile la richiesta di revoca, il questo- re utilizzava diversi argomenti: non avere mai interrotto i rapporti con «i compagni di fede»; avere commemorato Giacomo Matteotti nella qualità di presidente della Provincia, – e il testo del discorso veniva in- viato al prefetto in allegato alla lettera –; aver appoggiato strumental- mente la lista fascista, alle elezioni amministrative del 1925, allo scopo di placare i «commenti sfavorevoli» generati da quel discorso ufficiale e «far dimenticare il suo passato politico». Inoltre, con l’evidente in- tento di insinuare dubbi sulla moralità e limpidezza di comportamento nell’esercizio della sua attività, il dirigente della Questura palermitana segnalava anche la denunzia per una truffa che Raja avrebbe commes- so a danno di alcuni agricoltori di Palazzo Adriano, pur riconoscendo, nel testo della stessa lettera, che «fu poi assolto per inesistenza del rea- to». Il fascicolo della Prefettura, consultabile presso l’Archivio di Stato di Palermo, nel quale si conserva il documento in questione, non con- tiene purtroppo il riscontro di parte ministeriale alla proposta di revoca fatta propria dal prefetto, che quasi certamente fu accolta;163 indipen- dentemente dall’esito, però, la lettera testimonia efficacemente del cli- ma sempre più opprimente e poliziesco creato dal regime. Basti notare il salto di qualità che nel volgere di pochi anni si era determinato e ri- leggere la nota di un altro ispettore reggente la Questura che nel 1922 così aveva scritto:

[…] Egli ha dato sempre prova di temperamento equilibrato. […] Un even- tuale onorificenza farebbe ottima impressione nel pubblico e da parte mia

162 Asp, Pref. Gab., s. 1926-1945, b. 511, cartella A, categ. 7/2, fasc. R/12 intestata “Raia dott. Vincenzo”, telegramma di Pietro Lanza, principe di Scalea, al prefetto della provincia di Palermo, Roma, 27-5-1925. 163 Una conferma di tale supposizione potrà aversi esaminando le carte ministeriali depositate presso l’Archivio Centrale dello Stato in Roma.

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esprimo parere favorevole, qualora, malgrado i principi social riformisti che egli mantiene, sia disposto ad accettare la onorificenza.164

In nove anni era passata molta acqua sotto i ponti del fascismo; nul- la sarebbe stato più come prima e, nel 1931, neppure l’ex ministro Pie- tro Lanza di Scalea, futuro vicepresidente del Senato, avrebbe potuto aiutarlo. Vincenzo Raja sarebbe tornato in campo politico nel dopoguerra, soprattutto per sostenere la brillante ascesa nel Partito Repubblicano Italiano del fratello Giovan Battista. Nel 1948 fu candidato per il Sena- to nelle liste del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani di Saragat, an- cora una volta nel collegio delle Madonie, ma senza successo.

164 Asp, Pref. Gab., s. 1926-1945, b. 511, cartella intestata “Raia dott. Vincenzo” cit., lettera “riservatissima - urgente”, dell’Ispettore generale reggente la Questura, Cavallo, al prefetto della provincia di Palermo, prot. n. 908, 25-2-1922.

3. Lo studioso di viticoltura e di enologia

Il tentativo di ricomporre il mosaico degli scritti di Vincenzo Raja sui temi della viticoltura e dell’enologia e, più in generale, della sua attivi- tà di studioso e di imprenditore del settore, sconta la difficoltà a reperi- re non tanto le fonti a stampa, appena sufficienti a delinearne il profilo, quanto soprattutto quelle manoscritte, mancanti quasi del tutto. Nulla è rimasto del suo carteggio privato o dell’archivio dell’azienda vinicola mazarese che Orazio Raja assegnò, poi, al figlio Giuseppe (ditta “G. Raja & C.i”) anche se è presumibile, vista la solida intesa familiare, che Vincenzo almeno fino al 1912 ebbe un ruolo non secondario nella gestione degli affari. Il piccolo stabilimento era stato costruito a fine ‘800 in posizione invidiabile, alla foce del porto canale, attiguo alla Dogana. Analoga considerazione sulla dispersione dei fondi vale per l’archivio palermitano dello stabilimento enologico Ahrens presso il quale egli operò. Sono indefinibili persino i limiti temporali di questa sua attività gestionale, sintetizzabile con le parole del questore di Palermo in una riservata al prefetto: «da molti anni si è dato alla eno- logia, commerciando in vini col suocero».165 Si procederà, quindi, cau- tamente, sul filo cronologico delle pubblicazioni, siano esse brevi monografie o interventi sulla stampa periodica dalle quali si evince la sua capacità di coniugare la formazione teorica con l’esperienza agro- nomica. In realtà, la produzione scientifica di Raja non è stata copiosa e, se si fa eccezione di qualche saggio approfondito, si tratta in larga misura di interventi su questioni specifiche sollecitate da eventi parti- colari, da dibattiti o polemiche, da discussioni nelle pagine di riviste specializzate, che sembrerebbero avere come anno di esordio il 1902. Nel 1903, infatti, si pubblicava a Marsala, presso la tipografia di Giacomo Martoglio, il Resoconto,166 della “1ª Esposizione Agricola

165 Ibidem. 166 1ª Esposizione agricola siciliana. Sezione enologica Marsala. Resoconto, Tip. G. Martoglio, Marsala 1903. 62 Rosario Lentini

Siciliana”, includente un testo che Vincenzo Raja, aveva redatto a Mazara nel novembre del 1902, dal titolo I vini siciliani nella Sezione Enologica di Marsala esaminati e classificati dalla Giuria. Il Comitato organizzatore della fiera aveva affidato al giovane enologo mazarese – allora ventunenne – la stesura della relazione conclusiva delle valuta- zioni dei giurati. Rilevati, però, i non pochi «errori e i farfalloni presi dal proto nella stampa e la mancata correzione delle bozze»,167 Raja decise di ripubblicarla nell’aprile 1904, revisionandola e curandone personalmente l’edizione presso la tipografia Spedaliere di Portici, dove egli si trovava in quel periodo per motivi di studio. A parte la modifica al titolo in, I vini siciliani alla 1ª Esposizione Agricola Sici- liana. Sezione Enologica di Marsala, la relazione divenne contributo a sé stante cui l’autore aggiunse anche un’affettuosa dedica al genitore Orazio, «maestro di pratica enologica» (cfr. doc. 5 in Appendice). Il testo riveste particolare interesse perché sintetizza in modo esau- stivo il panorama delle produzioni vinicole siciliane, presentate in un contesto fieristico regionale specializzato (la Sezione enologica decen- trata di un’esposizione agricola inaugurata a Palermo). Le aziende par- tecipanti – piccole, medie e grandi – furono numerose e la Giuria, al di là delle più ottimistiche previsioni, si ritrovò ad esaminare «parecchie centinaia di campioni». In realtà, di esposizioni agrarie nell’Isola, nei decenni postunitari, se ne erano svolte già diverse (Catania 1868, Girgenti 1869, Siracusa 1873, Palermo 1875, Caltanissetta 1879, ecc.), alle quali alcuni produt- tori siciliani avevano partecipato affermandosi con successo. Era il ca- so degli stabilimenti del vino marsala (le ditte Woodhouse, Ingham- Whitaker, Hopps & Sons, Florio, D’Alì e Bordonaro, Grignani e Tum- barello) o di quelli dei vini da pasto siculo-francesi di Casa d’Aumale (Montelepre-Terrasini) e del Duca di Salaparuta (Casteldaccia); così come avevano già rinomanza nazionale il vino rosso da pasto del baro- ne Spitaleri di Adrano o il moscato di Siracusa e la malvasia delle Eolie. Tuttavia, l’occasione di partecipare a un’importante esposizione regionale, articolata tra Palermo e Marsala, venne colta dalla maggio- ranza dei produttori con favore e come opportunità per tentare di supe-

167 V. RAJA, I vini siciliani alla 1ª Esposizione Agricola Siciliana. Sezione Enolo- gica di Marsala, Tip. Spedaliere, Portici 1904, pagina di prefazione “Al lettore”, non numerata. Lo studioso di viticoltura e di enologia 63 rare la lunga crisi che il settore attraversava da almeno un quindicen- nio. Problemi antichi e nuovi avevano messo a dura prova i viticoltori – guerre commerciali, diffusione del parassita Phylloxera vastatrix, con conseguente distruzione dei vigneti, imposizioni sulla ricchezza mobile degli stabilimenti e sulla gradazione alcolica, arretratezza delle tecniche di vinificazione – perciò l’evento si caricava di aspettative. La sua analisi sui fattori critici non trascurava nulla, sia nell’esame delle singole categorie di vini siciliani, sia nelle conclusioni generali. Emergeva e si confermava il primato dei marsala rispetto alle altre tipologie, nonostante le imitazioni sempre più numerose (ancora in as- senza di una legislazione specifica) e le adulterazioni ad opera di pro- duttori spregiudicati e improvvisati; Raja, però, guardava con fiducia al futuro:

La nostra ricca isola è nella via ascendente del miglioramento dei tipi di vino di lusso, da taglio, da pasto, da potere con uno studio esatto assumere il primato nel mondo intero come l’industria del vino Marsala.168

In quell’occasione si distinsero particolarmente i marsala (Inghil- terra, Garibaldi dolce, Vecchio superiore, Italia) della William Hopps & Sons e della ditta Curatolo & C., premiati con medaglia d’oro. Appare molto acuta e lungimirante anche la sua critica al proliferare di varietà di marsala:

Credo che col tempo i nomi strani entreranno sempre più a battezzare il generoso vino il cui nome dovrebbe essere uno: vino marsala. Pur troppo si è notato che dal vero tipo di Marsala buona parte degli espositori si sono allontanati. I sistemi moderni di fabbricazione, basati su un invecchiamen- to artificiale di enotermi ed altro hanno portato sì, che pochi erano i vini di perfetta maturità, morbidi, raffinati e di gusto.169

In particolare, si riferiva alle varianti che da qualche tempo si commercializzavano, oltre a quelle classiche, e cioè: Elena, Pour Tou- riste, Monopole, Old Fellow, Extra, Arancio, Caffè, Sherries, Torre dorata. Aveva già colto la pericolosa tendenza allo svilimento dell’identità del marchio storico che avrebbe poi condotto, a inizio anni Sessanta del ‘900, a immettere sul mercato le etichette al caffè, alla

168 Ivi, p. 19. 169 Ivi, p. 2. 64 Rosario Lentini fragola, alla banana, all’uovo ecc., con grave nocumento all’immagine del prodotto, marginalizzato a vino da cucina e aromatico. L’autore sa- rebbe tornato sull’argomento nelle pagine del periodico marsalese «Il Vomere»,170 per replicare ad alcune critiche dell’enologo Clemente Gaia mosse al contenuto della sua relazione e, più in generale, allo svolgimento dell’esposizione. Fra i numerosi prodotti presentati, Raja evidenziava nella sezione “Liquori” il curaçao di Carlo Pellegrino e C. di Marsala:

così ben fatto nel suo assieme, con quel sapore tipico di arancio, dolce, ar- monico, denso, gradevolissimo da costituire un ottimo e pregiato liquore.171

Tra i cognac eccelleva quello della ditta Grignani, Tumbarello & F.i di Marsala, mentre tra i vini da pasto meritarono il diploma di me- daglia d’oro il Camastra del conte Tasca e il Corvo (bianco e rosso) del duca di Salaparuta.172 Una nota a parte dedicava anche a due spe- cialità farmaceutiche: l’Amaro Menfi e il Ferrenosio dei F.lli Favara e figli di Mazara:

[…] è un mosto concentrato gradevole, in cui si sente bene il ferro, amabi- le per la sua dolcezza e di facile presa. Il giurì non giudicò le sue qualità terapeutiche, perché incompetente e assegnò il diploma di medaglia d’argento.173

Questo esordio – ancora studente di agraria – in una manifestazione di rilievo, permise a Raja di avere ulteriore visibilità in occasione della costituzione del “Comitato Pro-Mazara”, nell’estate del 1903. L’organismo civico, infatti, era sorto a seguito dell’esclusione della cit- tà dai provvedimenti del governo riguardanti i finanziamenti per lavori alle strutture portuali del Mezzogiorno:

170 V. RAJA, L’Esposizione Enologica di Marsala 1902. (Risposta all’articolo pubblicato nel giornale della cattedra ambulante di Trapani n. 5), «Il Vomere», Marsala, n. 34, 21 agosto; n. 35, 28 agosto; n. 36, 4 settembre 1904. Di questo articolo esiste un estratto pubblicato nel 1906 presso la tipografia E. Della Torre di Portici, con il titolo L’Esposizione Enologica di Marsala 1902, nel quale sono riu- nite le tre parti della replica di Raja a Clemente Gaja. 171 IDEM, I vini siciliani alla 1ª Esposizione cit., p. 10. 172 Ivi, pp. 12-13. 173 Ivi, p. 15. Lo studioso di viticoltura e di enologia 65

Allora – così riassumeva l’antefatto la redazione del periodico mazarese «L’Eco dei vigneti e dei campi» – tutti i commercianti per iniziativa e con- siglio dell’industriale in vini Marsala e grezzi, Sig. Orazio Raja, si riuniro- no e numerosi si recarono dal Sindaco per protestare contro il Governo. Telegrammi energici e vibrati s’inviarono al Ministero e al Deputato del collegio. S. Ecc.za il Ministro Balenzano al Sindaco che trovavasi apposi- tamente a Roma risponde chiaro e tondo: Ormai per Mazara è impossibile far nulla! Allora l’instancabile Sig. Orazio Raja riunisce nuovamente i commercianti e consiglia un’agitazione vigorosa e civile e propone un comizio. Costituitosi un comitato provvisorio, si pubblicò questo procla- ma: «Cittadini! Il giorno 9 c.m. nel locale dell’atrio del Collegio si riunirà un Comitato provvisorio allo scopo di indire un Comizio per reclamare al Governo quei provvedimenti concessi ad altri paesi per il miglioramento e ricostituzione dei nostri vigneti distrutti dalla fillossera e per la costruzione del nostro porto. Il comitato fida che la cittadinanza numerosa vorrà accor- rere a far parte di questo Comizio, che ha solo fine di agevolare e far risorgere il povero proprietario ed i lavoratori soccombenti. Mazara, 8 Agosto 1903».174

Se, dunque, la scintilla della protesta era stata generata dalla que- stione portuale, che stava a cuore non solo alla marineria, ma anche ai commercianti ed esportatori di vino come il padre di Vincenzo Raja, ai fini della maggiore mobilitazione sociale e acquisizione di più vasti consensi, occorreva inserire tra le rivendicazioni sostenute dal comitato un tema che coinvolgesse anche il mondo agricolo e quello della fillos- sera era drammaticamente avvertito dalla popolazione rurale. Come noto, la diffusione del parassita in tutti i vigneti europei, già dagli anni Sessanta dell’800, stava producendo danni ingenti e irreparabili nella Penisola e in Sicilia, cui si poteva far fronte solo con una costosa e complessa opera di ricostituzione del patrimonio viticolo, utilizzando le varietà di viti americane.175 Ed infatti le adesioni al comitato furono numerosissime, da parte di semplici cittadini, di borghesi, di possidenti e, trasversalmente, di ogni schieramento politico e la prima iniziativa proposta fu quella di convocare una grande adunanza nella quale alcuni

174 Un po’ di storia del Comizio, «L’eco dei vigneti e dei campi», Mazara del Vallo, anno I, n. 5, settembre-ottobre 1903, p. 54. 175 R. LENTINI, Genesi e sviluppo della fillossera (Phylloxera vastatrix) nella Sicilia dell’800, in Vinhas e vinhos. Actas, I Congresso international, Porto 13-16 ottobre 2010, APHVIN–GEHVID, Associação Portuguesa de História da Vinha e do Vinho, Porto 2012, pp. 549-564. 66 Rosario Lentini relatori, avrebbero trattato temi specifici al centro della vertenza.176 Il sindaco Vito Favara Scurto avrebbe relazionato sulla vicenda portuale, il procuratore legale Vito Sansone sul credito agrario; il medico Filippo Napoli sulla bonifica dei terreni paludosi e malarici; Vincenzo Raja e il professor Rosalino Zannoni sulla ricostituzione dei vigneti. La manifestazione si svolse il 23 agosto 1903: «Una folla numerosa gremiva la navata della nostra cattedrale in riparazione»177 e gli inter- venti programmati tennero alta l’attenzione del pubblico, suscitando plauso e consenso. Il contributo del giovane Raja fu preceduto da quel- lo dell’amico Filippo Napoli che con lui condivideva impegno civile e politico, pur se su posizione meno intransigente:

Dice – riferiva il cronista – che mentre da una parte la fillossera e la pero- nospora distruggono fatalmente i vigneti e trasformano le ubertose contra- de in lande sterili e deserte, dall’altra parte la malaria, infrangendo e immi- serendo gli organismi dei lavoratori della terra, completa l’opera della di- struzione.178

Lo storico Filippo Napoli, nella sua qualità di medico comunale, stava intraprendendo proprio in quei mesi un’intensa campagna di sen- sibilizzazione e denuncia delle conseguenze della malaria e delle scar- se condizioni igienico ambientali, che si sarebbe concretizzata nella stesura di tre pregevoli scritti pubblicati fra il 1903 e il 1907.179 Aperto, quindi, il varco della questione sociale, Raja ampliava, con il suo inter- vento, il quadro delle problematiche agrarie, dando una lettura politica dei fatti allora coerente col suo sentire anarco-socialista:

[…] l’oratore dimostra con cifre come si sperpera il denaro italiano e si scaglia energicamente contro le spese improduttive. È convinto che i nostri governanti rimarranno sordi ai desiderati di un popolo derelitto, fino a

176 Il primo manifesto, «L’eco dei vigneti e dei campi» cit., p. 56. 177 Il Giorno del Comizio, «L’eco dei vigneti e dei campi» cit., p. 57. 178 Discorso del Dott. Filippo Napoli, «L’eco dei vigneti e dei campi» cit., p. 60. 179 F. NAPOLI, L’igiene nelle nostre scuole elementari maschili, Tip. L. Ajello e F.i, Mazzara 1903; IDEM, Sulla diffusione del tracoma in Mazara, Tip. L. Gili- berti, Marsala (nel frontespizio, erroneamente, Mazara) 1905; IDEM, La malaria nel territorio di Mazara, Tip. L. Giliberti, Marsala 1907; S. COSTANZA, Filippo Napoli, in A. CUSUMANO, R. LENTINI (a cura di), Mazara 800-900 cit., pp. 407-409. Lo studioso di viticoltura e di enologia 67

quando non si avrà il coraggio di ridurre le spese militari. Si ricordino i nostri deputati, che una Nazione non è forte per l’esercito o per le artiglie- rie ma bensì per il problema agrario, che è economico per quanto politico (applausi). Fa un quadro delle nostre campagne distrutte dalla fillossera e dalla miseria dei proprietari impossibilitati a ricostituire i vigneti. Dimostra la necessità della ricostituzione con le cifre di confronto del ricavato di un ettaro di terreno coltivato a vigna e coltivato a frumento. Espone delle sta- tistiche sul nostro commercio e sulla industria del Marsala. È in pericolo la nostra grande industria, monopolio della provincia di Trapani e nostra ricchezza. Non conservando, egli dice, il nostro biondo catarratto vedremo spuntare in mille punti della terra tante fattorie di Marsala. Faranno altrove il Marsala come s’è cominciato oggi da noi, e cioè col vino della Grecia e della Sardegna. Accenna agli aiuti e alle concessioni, per quanto irrisorie, fatte dal governo ad altre città consorelle. Chiede duecentomila barbatelle di viti americane adatte a terreno calcareo per distribuirle ai proprietari bisognosi e per la formazione di un Vivaio comunale e consorziale. In ultimo chiede un sussidio di lire quattromila per il nostro Ufficio Tecnico per la ricostituzione dei vigneti. L’oratore conclude brillantemente e con frasi smaglianti che destano applausi nutriti […].180

L’analisi di Raja coglieva nel segno la drammaticità della situazio- ne venutasi a creare da quando la fillossera era stata rilevata nell’ex feudo mazarese di Casale, nel 1898, per poi propagarsi nei vigneti di Marsala.181 La soluzione proposta – di istituire un vivaio consorziale – era certamente la strada maestra, ma il governo stava già sostenendo quello diretto e gestito, sin dal 1899, dal direttore della Scuola agraria di Marsala, professor Ferdinando Vallese, per conto dei viticoltori e di alcune primarie aziende vinicole di quel territorio;182 era improbabile che potesse sorgere analoga iniziativa se non contando solo sulle forze dei privati proprietari. Sotto questo profilo, va dato atto alla borghesia agraria marsalese e ai principali stabilimenti enologici, di essere stati molto tempestivi sul piano organizzativo nell’intraprendere il lungo cammino della ricostituzione dei vigneti, che avrebbe richiesto tempo e

180 Il Discorso dell’Enologo Vincenzo Raja, «L’eco dei vigneti e dei campi» cit., pp. 60-61. 181 F. VALLESE, Il presente e l’avvenire della viticoltura marsalese, Tip. L. Gili- berti, Marsala 1900, p. 9. 182 G. VAJARELLO, Sull’importanza del vivaio consorziale di viti americane annesso al podere della R. Scuola Pratica d’Agricoltura in Marsala, Tip. L. Gili- berti, Marsala 1902, pp. 8-9. 68 Rosario Lentini non poche sperimentazioni. Ciò non toglie che la soluzione indicata dal giovane Raja fosse l’unica praticabile, come poi effettivamente avven- ne negli anni seguenti. Sulla ricostituzione dei vigneti aveva condotto esperienze dirette sin dal 1900, in un terreno di proprietà di Giuseppe Napoli, nella contrada mazarese di Santa Maria, piantando talee di quattro varietà di vitigni americani, ciascuna delle quali innestata, a gennaio del 1902, «all’inglese a doppio spacco», con le viti europee indigene: Catanese rosso, Catarratto, Grillo e Pignatello.183

Abbiamo seguito per tre anni consecutivi le vicende della vita delle piante; alcune sono morte in seguito ad un rattristamento progressivo, accompagna- to da una leggiera tinta giallognola nelle foglie; caratteri chiari della manca- ta affinità delle parti innestate; mentre altri morirono per clorosi tipica do- vuta alla mancanza di adattamento del soggetto americano nel terreno.184

Raja si soffermava in modo molto puntuale sugli accorgimenti e sulle regole da seguire non solo nella scelta delle viti americane ma nell’attenta valutazione dell’attecchimento degli innesti e dello svilup- po delle piante per comprendere il grado di compatibilità tra le due specie (americana ed europea) in relazione alla natura dei terreni e forniva il suo breviario di istruzioni in nove punti (cfr. doc. 6 in Ap- pendice).185 Nelle pagine del periodico «Il Vomere» del 1906, dal confronto a distanza con Clemente Gaia, direttore tecnico dello stabilimento Aula e Virgilio di Trapani, proveniente dalla Scuola di viticoltura ed enologia di Conegliano,186 si sviluppò un contraddittorio sulla necessità, soste- nuta dalla maggior parte degli industriali del settore e da Raja, di diffe- renziare i vini marsala da quelli “Tipo” marsala, qualifica da attribuire a questi ultimi se prodotti fuori dalla provincia di Trapani.187 Va ricor-

183 V. RAJA, Contributo allo studio sulla ricostituzione dei vigneti, estratto da «Giornale di Agricoltura Meridionale», Tip. L. Alicò, Messina 1908, p. 5. 184 Ivi, p. 6. 185 Ivi, pp. 11-12. 186 “Stabilimento enologico Aula e Virgilio, Trapani”, in Rivista industriale, com- merciale e agricola della Sicilia, Bontempelli & Trevisani, Milano 1903 (ristampa anastatica, Ed. Grifo, Palermo 1984), p. 162. 187 V. RAJA, Per il vero Vino Marsala, Tip. E. Della Torre, Portici 1906, estratto da «Il Vomere», Marsala, n. 16, 15 aprile 1906. Lo studioso di viticoltura e di enologia 69 dato che il primo intervento legislativo sulla materia si sarebbe avuto solo con il decreto del ministro di Agricoltura e Foreste del 15 ottobre 1931, concernente la delimitazione della zona di produzione, compren- dente:

la provincia di Trapani, escluse le Isole, la parte occidentale della provin- cia di Palermo confinante con quella di Trapani, la parte nord-ovest della provincia di Agrigento confinante con quella di Trapani.188

Il fatto che se ne discutesse da oltre venticinque anni dimostra quanto fosse difficile creare un fronte unito tra industriali del marsala, proprietari terrieri e viticoltori; non a caso, infatti, Raja aveva formula- to la proposta in modo da includervi anche parte del territorio palermi- tano:

Convengo col Gaja che a Balestrate, Partinico ecc. v’è dell’ottima materia prima ed è per questo che ho incluso la provincia di Palermo negli stessi diritti di quella di Trapani. È anche vero che oggi per la maledetta concor- renza anche nella provincia di Trapani non si è molto scrupolosi nella manifatturazione dei vini Marsala, ma a ciò si può rimediare subito con un’apposita legge, che condanni tutte le mistificazioni. Né catrame, né me- lassa, né caramellino, né noce moscato ecc. ma buon vino della provincia invecchiato e quei mezzi tecnici onesti e voluti. […] È falso ritenere che abbassando i prezzi o ingegnandosi a spedire Marsala fatto in due mesi, si abbiano maggior guadagni e maggior clientela! Il consumatore che cono- sce e sa apprezzare finisce sempre col cercare i tipi fini, pagandoli anche a prezzi elevati. Si destino gli industriali del Marsala, si accordino seriamen- te, e più che farsi la concorrenza migliorino le diverse marche. Chi trionfe- rà sarà quello che metterà in vendita buon Marsala. Il Marsala è gloria dell’enologia nazionale ed unica ed assoluta specialità della nostra provin- cia; essa oggi s’impone su tutti i mercati del mondo e non è giusto che scenda al livello dei vini comuni o dei liquori velenosi, che invadono i mercati internazionali.189

Quello stesso anno 1906, Alberto Ahrens – futuro suocero di Raja – aveva presentato un progetto sostanzialmente diverso e cioè di costitu- zione di un Consorzio fra i produttori di vino marsala al quale avevano

188 L. PAPO, A. PESENTI, Il Marsala, Fabbri Editore, Milano 1986, pp. 48-49. 189 V. RAJA, Per il vero Vino Marsala cit., pp. 6-7. 70 Rosario Lentini aderito un buon numero di case vinicole dell’area trapanese190, ma non le tre aziende storiche Woodhouse, Ingham-Whitaker e Florio. L’obiettivo era di cercare di arginare la crisi di quella particolare indu- stria che, secondo l’imprenditore tedesco, traeva origine dalla concor- renza commerciale aggressiva che si era sviluppata negli ultimi anni tra gli stessi produttori della provincia, in una gara al ribasso dei prezzi per ettolitro. Ahrens, perciò, proponeva di affidare all’istituendo Con- sorzio il compito di vincolare i soci al contingentamento delle quote di vendita sul mercato italiano ad un prezzo stabilito di anno in anno; ad ogni socio, in base alla media delle vendite effettuate nel precedente triennio, si sarebbe assegnata una determinata quantità di vino marsala vendibile nel corso dell’anno; di contro il Consorzio avrebbe avuto ampi poteri ispettivi e di controllo sull’attività dei soci, per garantire il pieno rispetto dello statuto di adesione, una cui bozza Ahrens aveva predisposto in tredici articoli.191 Il progetto, come prevedibile, rimase inapplicato non solo per la mancata adesione delle più grandi aziende marsalesi, ma perché il problema veniva affrontato prevalentemente sotto il profilo quantitativo e commerciale, trascurando del tutto gli aspetti qualitativi e legislativi che avrebbero potuto contribuire alla miglior tutela, innanzitutto, dell’identità del prodotto. D’altronde, non rientrava tra le sue priorità avanzare una proposta di regolamentazione territoriale della zona di produzione che avrebbe potuto rivelarsi con- troproducente, considerato che la sua attività era sorta e si era sviluppa- ta in provincia di Palermo. Il suo stabilimento enologico era stato costruito nel capoluogo siciliano, in contrada San Lorenzo, tra il 1892 e il 1893, ma già da qualche tempo aveva iniziato a produrre nel suo primo magazzino di Misilmeri «vini varj di Misilmeri e Marsala», che presentò all’Esposizione nazionale di Palermo del 1891-92, guada- gnandosi un diploma d’onore.192 Ahrens, produttore ed esportatore di

190 In particolare, Augugliaro & Incagnone, Marco Catalano & C., F.lli Lombardo, G. Adragna fu R.o, Antonio Volpetti, Russo Raja & Figli, F.lli Martinez, William Hopps & Sons, Aula e Virgilio, ecc. 191 Pro Vino Marsala, «La Rassegna vinicola ed agraria», anno I, n. 3, 31 marzo 1912; all’interno del articolo si riporta integralmente il testo della proposta che Alberto Ahrens aveva ufficializzato sei anni prima. 192 Stabilimento vinicolo Ahrens & C., «La Settimana commerciale e industriale», Palermo, anno XI, 10 giugno 1893; Esposizione Nazionale. Palermo 1891-1892. Lo studioso di viticoltura e di enologia 71 vini, imbottigliava, oltre al marsala e al moscato, i suoi vini da pasto (i bianchi Favorita e Sirena e i rossi Pellegrino e Oreto) e da dicembre del 1893 deteneva l’esclusiva per la commercializzazione in Italia e all’estero del vino Corvo di Casteldaccia bianco e rosso del duca di Salaparuta;193 non si poteva considerarlo esclusivamente industriale del marsala e alle sorti di questo vino non avrebbe legato la sua esistenza. Ahrens si era trasferito da Napoli a Palermo nel 1875, come rappresen- tante di una ditta tedesca di importazione di tessuti.194 In società con il cognato Walter Benjamin impiantava a Palermo, nei primi del ‘900, anche un mobilificio che, secondo il censimento industriale del 1911, impiegava 99 operai; era agente della compagnia di assicurazioni “La Nationale” di Parigi,195 nonché componente del consiglio della Camera di Commercio.196 Secondo i ricordi di una delle figlie dell’imprenditore tedesco, Vera Ahrens, intervistata quasi centenaria nel 1997, a Palermo, nella piazza Bologni era stata aperta anche una libreria “Ahrens & Benjamin”.197 Sulla questione della difesa del vino marsala Raja avrebbe condotto negli anni successivi una battaglia intensa e apprezzabile in termini di analisi e di proposta. Intanto, nel 1907, concludeva i suoi studi alla Scuola di Portici198 con una dissertazione sulla tesi di laurea riguardan-

Catalogo Generale, ristampa anastatica a cura dell’Accademia nazionale di scien- ze, lettere e arti, Palermo 1991, p. 147. 193 Ragioni dei Signori A. e G. Alliata parti civili nella causa penale contro Alber- to Ahrens, Tip. S. Bizzarrilli, Palermo 1902, pp. 3-4. Il contratto di concessione si sarebbe interrotto a fine 1899 a seguito della lite giudiziaria tra le parti: NOTIZIE VARIE. Vino Corvo, «La Settimana commerciale e industriale», Palermo, anno XVIII, n. 13, 1 aprile 1900. 194 G. MORELLO, Villa Ahrens. Appunti per una storia di famiglia, «Per Salvare Palermo», n. 36, maggio-agosto 2013, pp. 10-11. 195 Asp, Pref. Gab., s. 1860-1905, b. 149, fasc. 104 bis “Informazioni sul commer- cio francese nella Provincia”. 196 Centocinquanta anni della Camera di Commercio cit., p. 142. 197 L. VINCENTI, Storia degli Ebrei cit., pp. 141-144. Nel volume la donna inter- vistata viene indicata col nome di Nora, ma in realtà si tratta di Vera Ahrens. 198 Elenco dei laureati nella R. Scuola Superiore d’Agricoltura in Portici (1875- 1907) e loro posizione attuale, «Annali della Regia Scuola Superiore di Agricoltu- ra di Portici», vol. VIII-1908, p. 20; al n. 323 dell’Elenco, oltre all’anagrafica di Raja e all’anno di laurea, si precisa: «Dirige il proprio stabilimento enologico in (erroneamente manca “provincia di”) Trapani». 72 Rosario Lentini te “Il vino ribollito”, che gli fece guadagnare il massimo dei voti e che sarebbe stata pubblicata nel 1910.199 Come già si è accertato riguardo alla sua frequente presenza politica a Palermo a partire dal 1908, è probabile che proprio da quella data egli abbia anche iniziato a lavora- re presso lo stabilimento Ahrens, avendo, peraltro, già maturato espe- rienza presso quello di famiglia a Mazara. Almeno fino al 1910, però, non risulta che Vincenzo Raja risiedesse stabilmente a Palermo, tant’è che si candidava alle elezioni amministrative del luglio 1910 e veniva eletto consigliere comunale a Mazara. Da quell’anno in avanti, invece, la sua presenza nel capoluogo siciliano, in servizio presso il baglio Ahrens, sembrerebbe essere diventato un fatto compiuto. Non si è in grado di stabilire con certezza a quando risalga la genesi del rapporto Ahrens-Raja; potrebbe però collocarsi in un periodo ante- cedente gli studi universitari e derivare dalla rete di relazioni di affari del padre. Se si rilegge l’elenco dei produttori presenti nella sezione enologica dell’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92 si rile- vano, fra i tanti, oltre ad Ahrens, di cui si è detto, anche i mazaresi fra- telli Burgio Nobili e la ditta Russo Raja e figli (Russo era il cognome della madre di Vincenzo Raja). Antonino e Nicasio Burgio ben cono- scevano Orazio Raja e lo avrebbero sostenuto nell’iniziativa del Comi- tato pro-Mazara del 1903. Il conte Giovanni Burgio, sin dal 1862, ave- va avviato la produzione vinicola con notevole successo200 e, intorno al 1917, l’omonimo nipote – che dopo le divisioni familiari aveva dato vita alla ragione sociale “Giovanni Burgio e fratelli” – svilupperà la propria attività avvalendosi – oltre che di quello mazarese – dello sta- bilimento Ahrens, quando ormai l’imprenditore tedesco aveva abban- donato l’attività enologica, per dedicarsi principalmente al suo mobili- ficio. Ciò è comprovato anche da alcune etichette di rare bottiglie di vino marsala che ancora si conservano e che segnalano questa espan- sione produttiva nel breve arco temporale compreso tra il 1917 e il 1920, anno della prematura scomparsa del giovane conte Giovanni Burgio.201 In particolare, la ditta “Giovanni Burgio e fratelli” avrebbe

199 V. RAJA, Il vino ribollito, prefazione del prof. Ferdinando Rossi, Tip. Monaco e Mollica, Catania 1910. 200 R. LENTINI, Da Joseph Payne a Luigi Vaccara, in A. CUSUMANO, R. LENTINI, Mazara 800-900 cit., pp. 67-69. 201 Ivi, pp. 68-69. Lo studioso di viticoltura e di enologia 73 imbottigliato, nel baglio di San Lorenzo Colli a Palermo, almeno tre qualità di marsala: “Italia vergine”, “Garibaldi dolce” e “S.O.M. (Superior old marsala)”.202 Inoltre, un’altra figlia di Ahrens, Berta (1891-1989), accantonata la carriera artistica e abbandonata la compa- gnia teatrale di Angelo Musco nel 1914, sposava il conte Vito Burgio qualche anno dopo il matrimonio di Margherita Ahrens con Raja.203 È plausibile che in questa connessione tra le famiglie Ahrens- Burgio-Raja, il brillante enologo mazarese abbia avuto un ruolo impor- tante di suggerimento e di indirizzo tecnico e commerciale delle rispettive aziende. Nel 1910, Vincenzo Raja tornava ad insistere sulla gravità della cri- si che riguardava l’industria del marsala e dalle pagine del «L’Ora» lanciava un grido di allarme, ritenendo che con la recente nomina di un ministro dell’Agricoltura competente come l’agronomo Giovanni Raineri, la questione potesse essere affrontata in modo adeguato:

È necessario che i comuni della provincia di Trapani e Palermo ed in prima linea quello di Marsala si mettano a capo di questa agitazione e riuniscano prima di tutto a comizio i viticultori, gli industriali, gli operai del braccio e del pensiero, tutti coloro che da questa industria traggono la loro esistenza per venire a conclusioni pratiche e sicure. […] è indispensabile che una legge venga a proteggere la produzione del vero vino Marsala delle dette due provincie. […] Del resto esperienze indiscutibili compiute in collabo- razione con l’illustre prof. Rossi mi hanno portato al convincimento ancora più forte che il vero Marsala si può fabbricare con i soli vini della provin- cia di Trapani e Palermo. Ed infatti presso la Regia Scuola Superiore di Agricoltura in Portici abbiamo preso in esame molti vini di contrade e pae- si diversi e specialmente i vini prodotti in Marsala, Mazzara, Alcamo, Ba- lestrate, Partinico, Trappeto, Catania, Vittoria, Pachino, Milazzo, Bari, Barletta, S. Severo, Quartu e Monserrato del Campidano di Cagliari. Que- sti vini furono sottoposti alla concia per la fabbricazione del vino Marsala. I risultati ottenuti furono eloquenti, perché confermano quanto ho sempre sostenuto, e cioè che il vero e classico Marsala si ottiene colle materie prime delle provincie di Trapani e Palermo. […] Ecco perché si dovrebbe- ro stabilire le zone viticole tipiche per ogni singolo vino. Stabilite queste

202 Collezione conte Burgio delle Gazzere di Mazara del Vallo. 203 R. CALABRESE, Berta Ahrens Burgio 1891-1989, in Siciliane. Dizionario biografico, a cura di Marinella Fiume, E. Romeo Editore, Siracusa 2006, pp. 356- 357. Nel 1920, oltre alla prematura morte del conte Giovanni Burgio si registrò anche il suicidio del marito di Berta. 74 Rosario Lentini

zone, si dovrebbe per legge fare un ufficiale controllo consorziale fra gli industriali e produttori del vino tipico, per evitare le contraffazioni alla legge, da qualunque parte provengano.204

La posizione sostenuta da Raja trovava non pochi oppositori e per- sino dalle pagine del prestigioso periodico «La Sicilia vinicola» di Riposto si sollevavano critiche alla battaglia sul “vero” vino marsala, alle quali egli replicava con vigore e vis polemica dalle colonne del quotidiano «L’Ora»:

La concorrenza cominciò – scriveva Raja – nel periodo 1890-95 in cui i prezzi discesero e divennero vili; poiché a Torino, a Napoli, a Milano e Riposto incominciarono a fabbricare una volgare imitazione del nostro glo- rioso tipo, e sfruttandone il nome lo chiamarono vino marsala. S’incominciò d’allora a vendere ai consumatori un vino che non aveva nessun requisito, né pregio, né alcun ricordo dei caratteri del vero tipo marsala diminuendo così il grande sviluppo di questo vino, ch’era diventa- to di rinomanza mondiale ed ostacolando lo svolgersi di questa nuova industria, dalla quale i viticultori potevano trarre i più grandi vantaggi. […] I signori della Sicilia vinicola non si convinceranno mai che un vino in- vecchiando acquisti un bouquet speciale e tipico, e questo non è comune a tutti i vini; non si convinceranno mai che è dovere dello Stato proteggere non date industrie, né date regioni a danno di altre, ma invece mantenere l’integrità di certi tipi speciali di produzione, che oltre a recare rinomanza ad una regione o ad una nazione rappresentano la ricchezza economica e lo sviluppo civile di queste regioni, che da madre natura sono state dotate di sì speciali prodotti, che non è giusto arrivino al consumatore per una in- concepibile libertà industriale mistificati o fabbricati con materie prime diverse da quelle che solo quei dati paesi producono. Così è per il vino marsala. Io non comprendo come ed in base a quali argomenti economici, politici, scientifici si possa ancora disconoscere in Italia l’importanza e la necessità di una legge sui vini tipici d’Italia quando per non ostacolare gli interessi di una sparuta minoranza si sacrificano non solo quelli di una vasta maggioranza, di due povere provincie, ma si distrugge l’integrità e la rinomanza dei vini tipici, patrimonio di dati paesi, e fonte di ricchezza di date provincie, e quindi dell’Italia tutta.205

204 V. RAJA, Le marche d’origine e i vini Marsala, «L’Ora», 15-16 giugno 1910; cfr. anche IDEM, Pro vero vino Marsala, «Il Vomere», n. 40, 2 ottobre 1910. 205 IDEM, Dibattiti e polemiche per una legge sui vini tipici, «L’Ora», n. 316, 16-17 novembre 1910. Lo studioso di viticoltura e di enologia 75

Occorre riconoscere che Raja, oltre ad assumere una posizione lineare e scientificamente rigorosa, sull’argomento mostrava grande lungimiranza e visione prospettica, tanto che le sue dichiarazioni si possono considerare anticipatrici di un indirizzo legislativo che si sa- rebbe sviluppato con successo nei decenni successivi. Il professor Rossi, con il quale Raja aveva svolto le prove e le ana- lisi enologiche ricordate nell’articolo, era stato suo docente a Portici e relatore della tesi di laurea. Sarà proprio Rossi a scrivere la prefazione alla già citata monografia Il vino ribollito, pubblicata anch’essa nel 1910, che rappresenta indubbiamente il primo testo originale edito sull’argomento. Il pregio dello studio derivava dall’importanza che la produzione di vini da taglio aveva assunto in Sicilia durante la fase espansiva della viticoltura tra il 1878 e il 1887, decennio nel quale le esportazioni verso la Francia colpita dalla fillossera erano cresciute in misura esponenziale.206 Il vitigno Pignatello (dial. Pignateddu) o Per- ricone207 forniva la materia prima per ottenere il ribollito, così chiama- to perché la fermentazione del mosto iniziava e si concludeva sempre a contatto con i raspi, le bucce e i vinaccioli:208

[…] è un prodotto esclusivo del vitigno Pignatello, di colore rosso violaceo intensissimo da non lasciar passare la luce, con spuma rossa sangue viola- cea persistente, odore vinoso gradevolissimo, con sapore pieno tannico, alcoolico; un vero ed ottimo vino da taglio. La schiuma rossa di Vittoria e di Milazzo, tanto rinomati, hanno molto da invidiare al vino ribollito e per l’intensità colorante e per la bontà del gusto. Il ribollito, senza tema di errare, occupa il primato dei vini da taglio di tutto il mondo; è insuperabile e la sua alcoolicità gli dà quella resistenza necessaria ai viaggi.209

Raja stimava che nel quinquennio 1890-94 – quando ancora gli ef- fetti della distruzione dei vigneti fillosserati non si erano fatti sentire e nonostante il crollo delle importazioni dalla Francia – la produzione

206 R. LENTINI, La viticoltura siciliana dalla fase espansiva alla crisi della fillos- sera, «Studi Garibaldini», Centro Internazionale di Studi Risorgimentali- Garibaldini, Marsala, in corso di stampa. 207 A. ROSSI, La viticoltura in Sicilia, Tip. G. Mori, Palermo 1954, pp. 225-226; B. PASTENA, Trattato di viticoltura italiana, Tip. Sirte, Palermo 1972, pp. 693- 695. 208 B. PASTENA, Civiltà della vite in Sicilia, Leopardi, Palermo 1989, p. 88. 209 V. RAJA, Il vino ribollito cit., p. 8. 76 Rosario Lentini media annua di ribollito prodotto in provincia di Trapani si fosse atte- stata intorno a 200 mila ettolitri (17% circa dell’intera vinificazione della zona). Questo eccellente vino da taglio, come noto, veniva richie- sto per rinforzare i vini rossi poco alcolici dell’Italia continentale e Genova, in particolare, era una delle piazze di principale importazione:

Però, dopo la distruzione dei vigneti il vino ribollito scomparve e nella rinnovazione dei vigneti la maggioranza dei viticultori erroneamente ha ricostituito con vitigni quasi tutti ad uve bianche. Quindi oggi nel mercato italiano manca il tipo ribollito e perché esso possa rinascere è necessario che i viticultori nella ricostituzione non dimentichino il vitigno Pignatel- lo.210

L’autore riportava nel volume i risultati delle esperienze di vinifica- zione da lui eseguite nel biennio 1903-04, in terreni diversi della pro- vincia,211 ponendo a confronto i dati fisico-chimici delle uve dei vitigni utilizzati (Pignatello, Catanese rosso, Frappato, Couderc n. 4401, Pardes Lacoste, Seibel n. 1, Terras n. 20) e mostrando i risultati molto soddisfacenti ottenuti dalle varietà autoctone212 innestate su piede ame- ricano (Mourvèdre x Rupestris, Berlandieri Resserguier n. 2, Rupestris du Lot, Riparia gloire de Montpellier) rispetto ai cosiddetti ibridi pro- duttori diretti, cioè alle viti americane ritenute non solo più resistenti alla fillossera ma selezionate per ibridazione213 in modo da ottenere vitigni in grado di adattarsi meglio alle condizioni di suolo e di clima:

Con questo non intendiamo condannare i produttori diretti anzi condivi- diamo il principio scientifico della ibridazione artificiale, che ci preparerà i vitigni dell’avvenire, che sormonteranno tutte le difficoltà viticole, dandoci un buon vino. Noi siamo di parere che nuovi vitigni debbano sostituirsi

210 Ivi, p. 54. 211 I vitigni, innestati su diversi tipi di portainnesti americani, provenivano dalle seguenti proprietà: in Mazara, da Maria Sammartano (contrada Turca), da Giusep- pe Napoli (contrada Santa Maria), da Giacomo Mocata (contrada San Nicola); in Marsala, dal podere Badia della R. Scuola pratica di Agricoltura, da Matteo Sparta (contrada Baiata); in Calatafimi, dal dott. Morsellino (contrada Cultroveggio) e dal prof. Morsellino (contrade Cormizza, Maccaforte e Pergola). 212 Pignatello, Catanese e Frappato. 213 O. OLIVIERI, Vitigni porta-innesti americani. Loro riconoscimento ed attitu- dini colturali, E. Hoepli, Milano 1936, pp. 1-6. Lo studioso di viticoltura e di enologia 77

agli attuali; resistendo alla fillossera, alle malattie crittogamiche; ben adat- tandosi ai terreni, ed evitando tutte le pratiche dispendiose ed onerose dell’attuale ricostituzione. Ma riteniamo altresì che pur risolvendo il pro- blema degli ibridi produttori diretti, bisogna conservare i vitigni tipici, che ci danno vini rinomati ad esempio il Catarratto per il vino Marsala, il San- giovese per il vino Chianti ecc. Ma per i vini di consumo diretto è logico sostituire agli attuali vitigni gli ibridi produttori diretti sempre quando il loro prodotto riesca senza gusti speciali sgradevoli di americano.214

Pertanto, considerate le caratteristiche intrinseche e speciali del vino ribollito, Raja auspicava che non si abbandonasse l’opportunità commerciale redditizia di rilanciarne l’esportazione e, quindi, che si evitasse di trascurare il recupero del Pignatello nell’opera di ricostitu- zione dei vigneti. Quello stesso anno 1910, veniva coinvolto come relatore al con- gresso delle cooperative agrarie che si tenne a Palermo, invitato a trat- tare il tema delle Cantine sociali. Come noto, il movimento cooperati- vo aveva cominciato a svilupparsi in Sicilia sulle preesistenti esperien- ze delle società di mutuo soccorso215 e poi ad estendersi, tra ‘800 e ‘900, con l’insorgere delle conseguenze della grave crisi agraria e dopo i tragici eventi dei Fasci dei Lavoratori.216 Nel suo intervento, Raja esordiva dal varo della legge dell’11 luglio 1904 – recante provvedi- menti per favorire l’industria enologica – e del relativo regolamento applicativo, che prevedevano, fra l’altro, lo stanziamento specifico di 700 mila lire per l’impianto di cantine sociali e di altre 300 mila per l’acquisto di vasi vinari.217 Si trattava di un primo atto concreto a so- stegno della cooperazione anche in campo enologico, che però, nel volgere di pochi anni si trasformò in un’occasione perduta:

214 V. RAJA, Il vino ribollito cit., pp. 21-22. 215 O. CANCILA, Introduzione, in Storia della cooperazione siciliana, IRCAC, Palermo 1993, pp. 7-10. 216 G. BARONE, La cooperazione agricola dall’età giolittiana al fascismo, in Sto- ria della cooperazione cit., p. 231; G. RAFFIOTTA, La Sicilia nel primo venten- nio cit., pp. 85-102; G. ODDO, Il miraggio della terra nella Sicilia post- risorgimentale (1861-1894), Istituto Poligrafico Europeo, Palermo 2013, p. 243. 217 V. RAJA, Le Cantine sociali, Tip. della Soc. Ed. Universitaria, Palermo 1910, p. 5. 78 Rosario Lentini

Questa legge, che doveva favorire l’industria enologica, che doveva venire in aiuto dei centri vinicoli più miseri, che doveva in parte lasciare traccie durature di bene, fu invece una vera bancarotta, consumando un milione inutilmente, […]. Così la legge dell’11 Luglio 1904 […] non ebbe che un fine delittuoso, creando appetiti di imprenditori ingordi nella fabbricazione di botti inservibili e concedendo sussidi a forti viticultori, che fittiziamente si associarono costituendo le cantine sociali.218

La denuncia di Raja era netta: il clientelismo politico locale aveva distorto le previsioni legislative per fini propri, grazie anche alla totale assenza di controlli che pur erano stati previsti dal legislatore:

Ed infatti sorsero non poche cantine sociali sotto gli auspici dei politicanti locali, per scopi non precisati, senza una mèta, senza personale tecnico, capace della direzione di dette cantine, ma capitanate da deputati o senato- ri, da sindaci ecc.; perché questi potessero premere per ottenere il maggior sussidio possibile dalla legge accordato. […] La massima parte delle canti- ne sociali si costituiscono non dai piccoli produttori, che la legge provvi- damente voleva associare, ma da grossi produttori che pel loro fabbisogno tecnico creano a loro consumo la cantina per strappare al governo denari per pagare l’enologo, che poi deve accudire nelle campagne di tali viticul- tori.219

La sua proposta formulata in congresso era quella di integrare la legge del 1904 con uno statuto concernente l’organizzazione delle cantine sociali, le quali avrebbero dovuto associare esclusivamente i piccoli produttori, tenuti a conferire l’uva dei loro poderi. Di contro, i soci avrebbero ottenuto un duplice vantaggio: la sicurezza del collo- camento della loro produzione a prezzo più vantaggioso; la liberazione dal giogo degli incettatori privati che erogavano anticipi durante l’inverno, per i lavori colturali, a tassi usurai. Le anticipazioni finanzia- rie necessarie avrebbero dovuto concederle direttamente le cantine sociali ai propri soci. Inoltre, dette cantine avrebbero avuto l’obbligo di federarsi a livello regionale e l’istituenda federazione si sarebbe occu- pata di fornire macchine enologiche alle singole cantine, creare distille- rie per smaltire i vini scadenti e guasti; operare per la produzione di un «tipo di vino regionale e costante che sarà il risultato del taglio dei vini

218 Ivi, pp. 10-11. 219 Ivi, p. 14. Lo studioso di viticoltura e di enologia 79 prodotti dalle cantine sociali»;220 creare cooperative di vendite, spacci sociali e «viaggiatori sociali» con il compito di promuovere il vino delle cantine. I mezzi finanziari necessari alla federazione per lo svol- gimento di tutte le attività sarebbero derivati dal credito agevolato degli istituti bancari. Il programma era molto ambizioso e, per certi aspetti, velleitario, perché si finiva per generare una rete di cantine sovrastate da una super-cantina (la federazione regionale) cui si attribuivano funzioni ri- levanti, non di semplice coordinamento e indirizzo, ma di svolgimento di attività che avrebbero richiesto organizzazione, uomini e capitali. Vero è che dal 1906 operava la nuova Sezione di credito agrario del Banco di Sicilia, ma nel progetto si prefigurava un ricorso al credito bancario senza il quale la federazione non avrebbe potuto realizzare alcunché. Ciò non toglie che la visione cooperativistica di Raja muo- vesse nella giusta direzione, come dimostra lo sviluppo che le cantine sociali ebbero diversi decenni dopo, a cominciare dalla costituzione della Cantina sociale U.V.A.M. (Unione viticoltori agro Marsalese) nel 1930, «la prima iniziativa associativa – come ha rilevato Antonio Simeti – nel campo vitivinicolo veramente duratura»; per arrivare poi alla proliferazione degli anni cinquanta e sessanta, di grandi cantine sociali in tutta la Sicilia.221 Ancora al 1910 risale la disamina da parte di Raja di una questione sorta nei mesi precedenti, riguardante la commercializzazione dei filtrati di Sardegna, che stava generando controversie doganali sull’interpretazione corretta da dare ai prodotti vinari e, quindi, sull’applicabilità di specifiche imposte. Il problema derivava dall’esenzione della tassa di fabbricazione di cui beneficiavano i distil- lati di vini e vinacce prodotti in Sardegna, solo se consumati in quell’isola; diversamente, nel caso di esportazione, avrebbero dovuti soggiacervi. Poiché da diverso tempo gli industriali sardi del settore esportavano grandi quantitativi di filtrati dolci, alcolizzati e non, e mosti alcolizzati a prezzi competitivi, che poi venivano utilizzati nel ciclo produttivo per essere miscelati con i vini locali dei paesi di desti- nazione, si verificava una sorta di concorrenza sleale di natura fiscale. La Sicilia era diventata importatrice di questo genere di prodotti sin dai

220 Ivi, pp. 30-31. 221 A. SIMETI, Le cantine sociali, in Storia della cooperazione cit., p. 442. 80 Rosario Lentini primi del ‘900, in conseguenza del calo della produzione viticola post-fillossera.

Le leggi attuali non permettono tassativamente tale importazione, ma alla Dogana vengono dichiarati: vini dolci, vini conciati ed a danno dello erario si cerca di scagionare o giustificare il contrabbando con la pretesa o voluta impossibilità di poterli definire se sono alcolizzati o naturali.222

La conclusione del suo studio – corredato da una dettagliata analisi tipologica e chimico-fisica di questi prodotti – era, dunque, molto net- ta: i mosti alcolizzati, i filtrati, i concentrati sardi non potevano definir- si vini, bensì vini-mosti addizionati di alcol, «quindi soggetti a pagare la tassa sugli spiriti sull’intera quantità d’alcool ch’essi contengono». Potrebbe apparire eccessiva l’attenzione di Raja sulla questione, ma se si riflette sulla severità della crisi che stava attraversando l’enologia siciliana, anche un contenzioso apparentemente marginale rischiava di generare ulteriori problemi alla ripresa del settore, in particolare quello dei vini marsala la cui concia prevedeva, fra l’altro, l’utilizzo del sifone (detto anche forzato), cioè del mosto fortemente alcolizzato. A inizio del 1912 i fratelli Raja decidevano di compiere un salto di qualità tanto grande quanto impegnativo, decidendo di varare «La Ras- segna Vinicola ed Agraria», mensile di enologia, commercio vinicolo, viticoltura, agricoltura, economia rurale, inizialmente con sede della direzione e dell’amministrazione a Palermo, in via Benedetto Civiletti n. 2; in seguito, con la prima in via Cavour n. 31 e la seconda in via Villafranca n. 49. Il momento era sicuramente tra i più delicati: l’Italia da pochi mesi aveva occupato militarmente la Tripolitania e la Cirenai- ca e Vincenzo era sempre più impegnato negli appuntamenti elettorali in campo social-riformista; un organo di stampa destinato al mondo degli agricoltori e, in particolare, dei viticoltori e degli imprenditori vinicoli poteva contribuire a dare maggior visibilità politica alla sua attività. L’editoriale del primo numero dal titolo “Renovatio”, firmato insieme a Giovan Battista (cfr. doc. 7 in Appendice), indicava le ragio- ni del progetto e le finalità, con una certa dose di retorica mista a con- cretezza nell’analisi dei problemi vitivinicoli, primo fra tutti quello della tutela dei vini tipici italiani:

222 V. RAJA, I vini dolci della Sardegna, Società Editrice Universitaria, Palermo 1911, p. 11. Lo studioso di viticoltura e di enologia 81

[…] il nostro foglio non apparterrà ad alcuna scuola; né sarà organo di alcuna associazione di studiosi o di speculatori. Esso sarà invece palestra di ogni libera ed aperta discussione, si farà eco di tutte le idee e di tutte le teorie, e senza preoccupazioni di scuole, né simpatie professionali, né desiderio di salvare interessi o posizioni; senza idolatrie né irriverenze; ma liberamente e consapevolmente seguirà il movimento progressivo della scienza agraria […].223

Non a caso, il primo articolo dopo l’editoriale riguardava la zona viticola del marsala e relativa carta del territorio con evidenziazione cromatica delle zone tipiche delle provincie di Trapani e Palermo (limitatamente ai comuni di Balestrate e Partinico) che, secondo Raja, dovevano essere riconosciute tali dalla legge.224 Seguiva in questo primo numero, oltre ad un’intervista al professor Orazio Comes,225 botanico di fama internazionale e suo ex docente a Portici, anche il saluto augurale di Filippo Lo Vetere che, come già ricordato, aveva avuto un ruolo centrale nella creazione e realizzazione del Consorzio agrario siciliano nel 1900:

[…] questa rivista nuova che sorge diretta da quel forte ingegno che è l’amico Vincenzo Raja non può non consacrare la parte più buona di sé stessa, alla rassegna delle nostre magnifiche forze agricole organizzate che riassume in sé la Sicilia nuova sacra al lavoro, alle più alte conquiste eco- nomiche e civili.226

Uno spazio rilevante avrebbe occupato nei numeri successivi anco- ra la questione della costituzione del Consorzio degli industriali del marsala, che a distanza di sei anni dalla proposta di Alberto Ahrens non aveva trovato soluzione concreta. Raja, procedendo da quest’ultima e apportando alcune modifiche, mirando all’obiettivo di assicurare un utile certo ai soci, proponeva che i consorziati venissero

223 V. RAJA, G.B. RAJA, Renovatio, «La Rassegna Vinicola ed Agraria», anno I, n. 1-2, 29 febbraio 1912, p. 1. 224 V. RAJA, La zona viticola dei paesi del Marsala, «La Rassegna Vinicola cit.», pp. 4-6. 225 M. ALIPPI CAPPELLETTI, COMES, Orazio, in Dizionario Biografico degli Italiani, 1982, vol. 27, Treccani.it on-line, ad vocem. 226 F. LO VETERE, La nostra gloria, «La Rassegna Vinicola cit.», n. 1-2, pp. 16-18. 82 Rosario Lentini suddivisi in tre classi sulla base dei volumi di esportazione, per ciascu- na delle quali si sarebbe fissato un relativo prezzo minimo di vendita. Un istituto bancario avrebbe dovuto curare l’incasso delle fatture di tutti gli associati i quali, conseguentemente, si impegnavano a non farsi pagare direttamente dai loro clienti. Un “ufficio sociale” appositamente costituito dal Consorzio avrebbe coadiuvato la banca e avrebbe dovuto svolgere anche altre funzioni e attività: 227

[…] controllerà il prezzo minimo di vendita, darà servizio gratuito d’informazioni, sosterrà liti per gli associati, promuoverà esposizioni per- manenti nelle città principali dell’estero, farà della reclame al vino Marsala per aumentarne il consumo, e con la stampa ed agitazioni farà ogni possi- bile per ottenere dal Parlamento la legge sui vini tipici d’Italia.228

Nel numero di giugno del 1912, la «Rassegna» pubblicava il primo di una serie di articoli – questo l’intendimento programmatico – dedi- cati alle aziende enologiche siciliane di primaria importanza, esorden- do con la ditta dei Fratelli Burgio Nobili di Mazara del Vallo. In realtà, l’articolo in questione non è particolarmente ricco di dati tecnici e il taglio del testo risulta – nonostante le intenzioni dichiarate a non cede- re alle «compiacenti esaltazioni reclamistiche» – prevalentemente elo- giativo; mancano del tutto le informazioni sulle varietà e qualità dei vini prodotti, tranne quella generica di marsala. Di contro, invece, il corredo fotografico e il relativo commento pongono in buona evidenza la modernità tecnologica e gli investimenti importanti realizzati nello stabilimento costruito sul litorale orientale della città:

[…] costruito con vera signorilità, dai grandi magazzini vinari, fatti come la tecnica enologica vuole, e dalle grandi officine dedicate alla fabbrica- zione delle botti e alle macchine enologiche, […] un nuovo e grande im- pianto frigorifero da pochi giorni messo in opera, che per la sua perfezione è quanto di più pratico e di più riuscito finora vi è per l’applicazione del freddo ai vini. […] Lo stabilimento possiede quanto di più importante vi è nella lavorazione moderna dei vini; i suoi pregiati prodotti hanno in tutte le più importanti esposizioni mondiali – da Parigi a Chicago, a Bruxelles, a Torino – ottenuto un vero plebiscito di benemerenze e sono stati sempre premiati con medaglie d’oro per la finezza delle varie marche e massima-

227 V. RAJA, Il Consorzio degl’industriali del Vino Marsala, «La Rassegna Vini- cola cit.», n. 3, 31 marzo 1912, pp. 56-61; n. 4, 30 aprile 1912, pp. 89-90. 228 Ivi, p. 90. Lo studioso di viticoltura e di enologia 83

mente per la specialità del marsala Porto, tipo di vino pieno d’aroma, di profumo e di forza alcolica […].229

Come si rileva dal primo numero del 1913, al periodico diedero disponibilità a collaborare un buon numero di autorevoli studiosi e docenti i cui nomi elencati in apertura (oltre cinquanta), davano l’immediata percezione del livello che i fratelli Raja intendevano assi- curare all’iniziativa, coinvolgendo, tra gli altri, i professori O. Comes, G. Ampola, O. Bordiga, F. Rossi, G. Paris, F. Martinotti, E. Segapeli, F. A. Sannino, G. Dalmasso, A. Marescalchi, Raineri Pini, L. Savasta- no, ecc.230 L’editoriale di inizio secondo anno, nel trarre un bilancio positivo dei riscontri ottenuti sino a quel momento, concentrava la propria attenzione sulle prospettive che l’occupazione militare della Libia aveva aperto al mondo degli imprenditori agrari e industriali:

Tace la voce del cannone, ma si risveglia una voce forse più poderosa: quella della scienza, la quale sarà intenta a ricercare i mezzi migliori per trarre dai fecondi campi della Tripolitania e della Cirenaica tutta quella prodigiosa ricchezza agraria di cui quella fertilissima terra è capace. Noi ci ripromettiamo di seguire attentamente questo movimento che comincia già ad essere assiduo e febbrile, ora che dalle nuove terre italiane sorge un palpito di pace e di lavoro.231

Il consenso attorno alla rivista sembrava davvero in crescita tanto che agli abbonati venivano offerti alcuni servizi gratuiti, sinteticamente accennati nel frontespizio del fascicolo di gennaio 1913: «Risposte a quesiti d’indole enologica, viticola ed agraria; esami di vini malati ecc.»;232 inoltre, si preannunciavano miglioramenti tipografici signifi- cativi:

Pur conservandone la forma, ne miglioreremo il contenuto tipografico e lo presenteremo in veste più elegante. […] la nostra Rassegna sarà stampata in fogli di lusso e, a scopo di fare emergere le principali figure della nostra

229 Le nostre grandi industrie, «La Rassegna Vinicola cit.», n. 6, 30 giugno 1912, pp. 136-142; articolo non firmato, ma attribuibile a Vincenzo Raja. 230 Collaboratori, «La Rassegna Vinicola cit.», anno II, n. 1, gennaio 1913. 231 Cose nostre, «La Rassegna Vinicola cit.», anno II, n. 1, gennaio 1913, p. 5. 232 Il mensile era venduto al prezzo di 50 centesimi e l’abbonamento annuo per l’Italia costava 5 lire (7 per l’estero). 84 Rosario Lentini

industria agraria e gli uomini sommi che recano benessere e onore alla vita economica siciliana, ogni pubblicazione conterrà un medaglione con lar- ghe note illustrative di ogni personaggio che ne sarà l’oggetto.233

Ciò nonostante, per ragioni non ancora note, la pubblicazione del periodico si sarebbe interrotta definitivamente nell’estate del 1913; l’ultimo numero della «Rassegna» rinvenibile nelle biblioteche è quello del mese di luglio, in corrispondenza con le elezioni politiche alle quali Vincenzo Raja si presentò quale candidato social-riformista. Non è da escludere che la cocente sconfitta personale subita abbia indotto a so- spendere la stampa del mensile, che certamente comportava impegno personale e sacrifici finanziari. Inoltre, la sua posizione sempre più critica nei confronti del vasto e composito schieramento “americanista” di certo non gli fece guadagnare consensi e simpatie. Già da qualche anno, infatti, rivolgeva accuse dirette ai principali sperimentatori e ibridatori viticoli:

Che l’amico Dell’Orto – scriveva Raja nell’estate del 1911, riferendosi al sindaco di Marsala – faccia l’apoteosi degli americanisti e dica che dob- biamo essere riconoscenti a costoro che inconsapevolmente diffusero sen- za norme e senza criteri i soggetti americani, che oggi deperiscono, è opi- nione personale incontrastabile fino ad un certo punto. Ma ciò non esclude che i direttori dei vivai governativi con venti anni di loro permanenza in Sicilia, con i campi sperimentali, con i milioni apprestati dal governo, non hanno saputo darci ancora dei vitigni capaci di fare da porta-innesto; ma hanno saputo solo importare dalla Francia le Riparia Gran Glabre Gloire, le Rupestris du Lot oltre agli ibridi franco-americani cioè Aramon X Rupe- stris Ganzin N. 1, Mourvèdre X Rupestris 1202 e gli ibridi della Berlan- dieri; tutti vigneti creati in Francia, adatti a quell’ambiente diverso dal no- stro. […] La responsabilità quindi non è più dubbia, i signori americanisti fin da allora – se avessero voluto veramente seguire un coscienzioso siste- ma scientifico e sperimentale – avrebbero dovuto preparare dei porta- innesti locali, che nei nostri terreni e nel nostro clima trovassero le condi- zioni adatte alla loro vita; non invece piantare gli stessi porta-innesti otte- nuti in Francia colla seminagione e selezione, i quali fatalmente per la vec- chissima teoria dell’acclimatazione e conseguente ingentilimento erano e sono condannati a morire. […] Ora io domando chi ha raccomandato i vitigni importati dalla Francia? Non sono stati forse il Paulsen, La Fauce, Ruggeri e minori? Amico Dell’Orto, applaudite pure, io non ho un ceppo di vite al sole, ma so pure considerare i disgraziati viticultori al leggere ciò che lo stesso Ruggeri dopo 20 anni ha dovuto riconoscere. Piantare e

233 Ai nostri lettori, «La Rassegna Vinicola cit.», anno II, n. 4, aprile 1913, p. 75. Lo studioso di viticoltura e di enologia 85

ripiantare viti per vivere, scrive l’egregio Sindaco di Marsala, ma tutto ciò significa scherzare colla sventura e dimostrare di aver perduta la testa: a conti fatti i denari che si saranno impiegati in questa continua ricostituzio- ne non potranno essere restituiti da una vigna, che non potrà produrre che pochi anni ed il povero viticultore si troverà esausto, pieno di debiti e nell’assoluta impossibilità di potersi rifare.234

E in uno degli ultimi interventi sulla «Rassegna», in occasione del varo di un nuovo disegno di legge di rifinanziamento dei consorzi anti- fillosserici, Raja tornava a indicare apertamente gli “americanisti” quali responsabili di avere indotto in errore i viticoltori siciliani, spin- gendoli a impiantare in modo dissennato viti americane rivelatesi dopo qualche anno del tutto inadatte:

Il nostro grido di allarme è giustificato se si pensa ai non pochi errori commessi dalla viticultura ufficiale, ed ai grandi insuccessi lamentati nella ricostituzione dei vigneti, ai non pochi deperimenti ed alle grandi estensio- ni di viti scomparse. […] Ma nuovi milioni e questa volta a profusione arrivano a quegli uomini che ieri furono condannati per insufficienza! Ma ancora non si è affievolito l’eco della polemica svoltasi sui quotidiani di Palermo in cui i migliori e più vecchi americanisti con atto di contrizione ammisero che l’importazione delle viti americane dalla Francia preparò l’attuale disastro nella ricostituzione dei vigneti in Sicilia; […]. Ora domandiamo noi ai dirigenti della viticoltura italiana, ai Prof. Carlucci o Danesi, è vero che alla direzione di non pochi Consorzi anti-fillosserici vi sono non poche cariatidi, che mai hanno conseguito un diploma di studi nelle scuole d’agricoltura del Regno? È vero che non pochi americanisti del patrio governo sono stati i rappresentanti dei famosi vivaisti francesi? È vero che non pochi favoritismi si sono consumati nella distribuzione del legno americano? È vero che sono stati i Regi Vivai a diffondere talee e barbatelle di viti americane infette? Ora domandiamo noi s’è lecito affida- re milioni a gente incapace e senza scrupoli.235

Le pesanti ed esplicite accuse di Raja, per quanto colpissero al cuo- re del problema, erano ingenerose – almeno con riferimento ad alcuni “americanisti” quali Paulsen e Ruggeri – sia perché in nessuno dei pae- si europei colpiti dalla fillossera era stata trovata una diversa soluzione

234 V. RAJA, Sui deperimenti dei vigneti in Sicilia. Interessante ed utile polemica, «Il Vomere», anno XVI, n. 32, 6 agosto 1911. 235 IDEM, Il progetto per la fillossera, «La Rassegna Vinicola cit.», anno II, n. 6, giugno 1913, pp. 134-135. 86 Rosario Lentini rispetto a quella del reimpianto su piede americano, sia perché le con- dizioni di adattamento al suolo siciliano imponevano sperimentazioni molto più lunghe di quanto si era immaginato inizialmente. E che que- sta fosse la strada per la rinascita della viticoltura siciliana è dimostra- to, come noto, dal successo conseguito negli anni successivi proprio da ibridatori come Paulsen e Ruggeri.236 Alla vigilia della prima Guerra mondiale, si concludeva l’esperienza di giornalista e polemista scientifico, ma non la sua attivi- tà in campo vitivinicolo ed, anzi, nel 1922, quando già era stato eletto consigliere e vicepresidente dell’amministrazione provinciale di Palermo, Raja veniva chiamato a far parte della Giunta esecutiva della Confederazione generale dell’industria vinicola italiana:

[…] sarà un valido sostenitore – scriveva il Dell’Orto dalle colonne di «Il Vomere» – della fiorente associazione, apportandovi consigli e vedute di praticità per le sue svariate conoscenze industriali e commerciali, e per i suoi studi moderni di sociologia e di economia. Vincenzo Raja, dottore in agraria della Scuola di Portici, dove era tenuto in alta stima dal compianto Prof. Comes […] coi suoi articoli nei giornali scientifici e politici ha dimo- strato la sua ricca dote di studi speciali dell’industrializzazione moderna. […] A Palermo, dove dirige, oltre alle sue molteplici occupazioni, uno degli stabilimenti enologici più importanti oltre a quello di Mazzara del Vallo, sua città nativa, ha acquistato popolarità, stima ed autorità.237

Lo stabilimento cui faceva riferimento il Dell’Orto era quello del suocero che, a quella data, non era più utilizzato dai mazaresi Burgio, né gestito dallo stesso Ahrens, ormai impegnato con l’industria del mobile.238 Sono queste le ultime e frammentarie informazioni docu- mentate su Raja, riguardo al suo impegno imprenditoriale e di studio- so; la grave dispersione degli archivi aziendali costringe a sfumare l’affresco sul personaggio che, come pochi, seppe condurre una batta- glia culturale e scientifica a difesa e tutela del vino marsala ingiusta- mente dimenticata.

236 R. LENTINI, La viticoltura siciliana dalla fase espansiva cit. 237 G. DELL’ORTO, Nella Confederaz. Gener. Dell’Industria Vinicola, «Il Vome- re», anno XXVII, n. 22, 28 maggio 1922. 238 R. LENTINI, Per fiume e per mare cit., pp. 68-69. ALBUM FOTOGRAFICO

Margherita Ahrens e Vincenzo Raja (1912) 88 Album

Alberto Ahrens, suocero di Vincenzo Raja (anni Venti del ‘900).

Franca Renata Raja (1913-1977). Album 89

Gigliola Raja (1920-2008).

Giuliana Raja (1921-2000). 90 Album

Etichetta vino marsala “Garibaldi dolce” dei Fratelli Burgio (IVS, Industria vinicola siciliana), imbottigliato presso lo stabi- limento Ahrens di Palermo.

Vincenzo Raja (primo da sinistra) a villa Scalea di Palermo, in occasione del- la visita di Mussolini (6 maggio 1924). Album 91

Prospetto dello stabilimento enologico “G. Raja” (Mazara del Vallo, primi metà anni Trenta del ‘900).

Cartografia Catasto urbano di Mazara del Vallo (1879). La freccia indica il corpo di fabbrica dello stabilimento enologi- co Raja attiguo alla Dogana e al magazzino proprietà Foraci. 92 Album

Botti dello stabilimento “G. Raja” in attesa di essere spedite (Mazara del Vallo, porto-canale, primi anni Trenta del ‘900).

Carico botti dello stabilimento enologico “G. Raja” su vagone ferroviario (Mazara del Vallo, porto-canale, primi anni Trenta del ‘900). Album 93

Gli Ahrens (Johanna e Alberto, da sinistra), Margherita Ahrens e Vincen- zo Raja in spiaggia con le figlie e altri bambini (probabilmente Mazara del Vallo, primi anni Venti del ‘900).

Vincenzo Raja, la figlia Giuliana ed altri (Petralia Soprana, 6 aprile 1946). 94 Album

Sepoltura Raja presso il cimitero acattolico dei Rotoli di Palermo.

APPENDICE DOCUMENTARIA

Doc. 1 – V. RAJA, Mentre si attende il decreto di scioglimento, «la Battaglia», Palermo, n. 39, 2 ottobre 1910.

Doc. 2 – Dopo le elezioni delle Petralie. La lettera del D.r Raja ai suoi elettori, «L’Ora», Palermo, n. 303, 31 ottobre-1 novembre 1913.

Doc. 3 – Discorso del presidente Vincenzo Raja pronunziato al Con- siglio Provinciale di Palermo per commemorare Giacomo Matteotti (seduta del 12 agosto 1924).

Doc. 4 – Lettera del Questore di Palermo al Prefetto, Palermo 21 maggio 1931, prot. n. 9457.

Doc. 5 – V. RAJA, I vini siciliani alla 1ª Esposizione Agricola Sici- liana. Sezione enologica di Marsala, Tip. Spedaliere, Portici 1904.

Doc. 6 – V. RAJA, Contributo allo studio sulla ricostituzione dei vigneti. Note sperimentali eseguite in Mazzara del Vallo, Tip. L. Alicò, Messina 1908.

Doc. 7 – V. RAJA e G.B. RAJA, Renovatio, «La Rassegna vinicola ed agraria», Palermo, n. 1-2, 29 febbraio 1912. 96 Vincenzo Raja

DOC. 1

V. RAJA, Mentre si attende il decreto di scioglimento, «la Battaglia», Palermo, n. 39, 2 ottobre 1910.

Finalmente il grande atto dell’avvocato Sansone è compiuto. Giovedì scorso nella prima seduta ordinaria autunnale del nostro consiglio comunale l’ex sin- daco elemosiniere, gli onesti assessori del dazio e degli altri pubblici servizi, i consiglieri appaltatori, tutta l’accozzaglia del partito degli onesti nell’elezione del sindaco, che veniva in terza convocazione, hanno votato scheda bianca. L’opposizione era opportunamente assente. Così la commedia è finita e lo scioglimento del consiglio comunale è alle porte. Non quindi sottomissione spontanea ed onesta al corpo elettorale, che il 31 luglio condannò gli uomini ed il programma degli onesti significa questa risoluzione della crisi municipa- le, ma confessione di non potere e sapere amministrare onestamente con un forte controllo d’opposizione, non onorevole abbandono del posto, occupato tanti anni con grave danno del paese per la mancata fiducia del corpo elettora- le; ma ribellione al volere del corpo elettorale; lotta senza misericordia, ad oltranza contro la cittadinanza, che ha negato e continuerà certamente a nega- re la sua fiducia al partito degli onesti. Poiché se l’avv. Sansone voleva e ne aveva il dovere, piegare il capo al volere degli elettori avrebbe dovuto assieme ai suoi accoliti dimettersi lo stesso giorno in cui la cittadinanza, senza distin- zione di classe e di partito, sconfiggeva la sua lista e condannava la sua am- ministrazione. Egli questo consapevolmente non ha fatto, perché a quel voto, che chiamò la manifestazione di un momento di follia del nostro popolo si ribella e crede forse coll’aiuto di dio e dei santi del collegio e della provincia di imporre ancora alla cittadinanza la sua beneamata sindacatura. Ma il corpo elettorale non mancherà di raccogliere questa nuova offesa di colui che se vo- leva sarebbe stato il padrone di Mazzara, quasichè il nostro popolo fosse gregge o la nostra città un feudo e di conservargli ancora una dura e fiera lezione che lo metterà a tacere per parecchi e lunghi anni. Quindi ora è la gran battaglia. Da una parte noi dell’Unione Popolare colla fiducia e col consentimento del paese, che quasi unanime ci ha dato il suffra- gio; noi con un programma di rinnovamento e di economie, che ben presto esporremo; noi con uomini provati alle sconfitte come alle vittorie, ma coll’anima sempre aperta al bene; noi coi migliori elementi che quotidiana- mente lavorano per l’incremento e la prosperità della nostra città, che portano nell’industria, nel commercio, nell’agricoltura tutta la loro energia produttiva Appendice documentaria 97 e tutti i loro capitali, che danno alle classi lavoratrici lavoro e pane; tutti, che ad un ideale di salute, di bellezza e di civile progresso del nostro paese hanno votato cuore, intelletto ed ogni benefica energia. Dall’altra parte il partito degli onesti, che per cinque anni hanno sgovernato al comune; che hanno pro- fuso in elemosine partigiane e non sincere somme notevoli ogni anno, che hanno portato ogni servizio pubblico alla malora, che hanno ridotto il dazio ad un’azienda personale dell’assessore o del sindaco, in cui tutto era lecito opera- re: incassare, non versare, fare pagamenti, aumentare sempre nuovi impiegati, e più che altro era permesso colla ineffabile giustificazione della crisi filosse- rica e dell’emigrazione fare scendere gl’introiti ad una cifra irrisoria, non suf- ficiente neppure alle spese d’amministrazione, (questa è la vera cloaca mas- sima, in cui il commissario prefettizio cav. Mormino può trovare gravissime colpe ed assodare non poche responsabilità) tutti coloro, che nel comune tro- vavano lucri professionali, appalti, forniture, impieghi, favoritismi, sussidi, o col potere volevano sfogare odi e rancori personali o volevano trovare una protezione a tutte le loro gesta di campagna o di città; tutti coloro infine che nell’amministrazione della cosa pubblica trovano mezzo di dominio e fonti di lucri inconfessabili. Tutta questa accozzaglia di uomini, che tra loro si odiano e si dilaniano senza fede e senza idealità uniti solo dall’idea del dominio e dell’interesse della quale il corpo elettorale fece giustizia sommaria il 31 luglio. Tra questi due partiti si combatte la nuova battaglia elettorale; da una parte si è per la salvezza del paese; dall’altra per il predominio degli interessi privati a quelli generali. Il nostro popolo non potrà e non saprà che riconfer- mare il suo verdetto di condanna, o avvocato Sansone.

Dott. Vincenzo Raja 98 Vincenzo Raja

DOC. 2

Dopo le elezioni delle Petralie. La lettera del D.r Raja ai suoi elettori, «L’Ora», Palermo, n. 303, 31 ottobre - 1 novembre 1913.

Petralia Soprana, 30 Il dott. V. Raja ha diretto ai suoi quattromila elettori delle Petralie la seguente lettera:

Agli amici elettori delle Petralie, Io debbo esprimere i sentimenti della più profonda gratitudine e della mia più grande ammirazione a voi, o carissimi amici elettori delle Madonie che mi avete con tanto ardore e con forte fede sostenuto nell’ardua lotta politica del 26 ottobre. E la parola, che oggi, a battaglia compiuta, io vi rivolgo, non è l’espressione banale e consuetudinaria del ringraziamento; ma la voce sincera ed amica, che prorompe dall’anima ancora pervasa da viva emozione. Voi avete con vera coscienza civile e con santa abnegazione combattuto al mio fianco una lotta indimenticabile; ed io sono sinceramente orgoglioso di essere stato l’esponente della vostra forza, del vostro carattere, delle vostre nobili aspirazioni. Deputato o non, io resto al mio posto di combattimento sempre al vostro fianco per seguirvi in tutte le vostre nobili lotte future, am- ministrative, provinciali, politiche ed economiche. Il collegio deve essere libe- rato da tutte le oligarchie oggi imperanti a danno della libertà del popolo e dei suoi più elementari diritti. La vittoria ci è stata strappata coll’uso di ogni vio- lenza e di ogni illegalità. Quasi non bastassero le sopraffazioni, le minacce, la partigianeria sfacciata ed evidente di alcuni presidenti dei seggi e di tutti gli scrutatori, che si sfacchinarono per compiere il più inverosimile ostruzionismo lasciando parecchie centinaia di elettori senza potere esercitare il diritto del voto, un’orda barbara di ignobili prezzolati, già iscritti fraudolentemente nella lista del comune di S. Mauro, è calata da Palermo per decidere dell’esito della lotta. Ma di ciò si occuperà la Giunta delle elezioni. Intanto io posso promet- tervi che la mia opera sarà subito rivolta a riparare a questa onta, che è senza precedenti nella storia politica italiana. Amici miei, all’indomani di questa sconfitta con vera soddisfazione dell’animo noi possiamo affermare che per opera della nostra feconda propaganda e per spontanea, libera e consapevole volontà dei lavoratori delle Petralie il collegio si appartiene alla democrazia e che il successo non poteva, né potrà mancare. Coll’arrivederci, abbiatevi, o amici e compagni lavoratori, il mio fraterno ed affettuoso saluto. Palermo, 30 ottobre 1913. Dott. Vincenzo Raja Appendice documentaria 99

DOC. 3

Dai Verbali delle sedute del Consiglio Provinciale di Palermo Sessione ordinaria 1923 – Seduta del 12 agosto 1924. Discorso del presidente Vincenzo Raja.

“Non temete di esternare in pubblico e sempre tutto il vostro pensiero. Solo a queste condizioni si è buoni, si è grandi. Pensate e suscitate pensieri attorno a voi. Amate il pensiero degli altri quando corrisponde al vostro, rispettatelo quando è contrario. Bisogna comprendere anche ciò che ci dispiace […]. Se le parole sono pericolose, combattetele; ma con altrettante parole”. Così Anatole France, il grande ed ammirato scrittore dell’Umanità, svilup- pando il concetto racchiuso nella massima di Rivarol: “Non si possono tirar fucilate alle idee”, rivendicava ancora una volta il diritto del libero pensiero. E la tragica scomparsa dell’On. Giacomo Matteotti non ha solamente impressionato e commosso tutti gli Italiani; ma ne ha ancora turbato, scosso profondamente le coscienze accendendole di sacro sdegno perché il barbaro delitto non ha colpito solamente l’Uomo, ma ha offeso tutto il popolo di Italia, oltraggiandone il sacro diritto della Libertà. Ma se la parola dell’Uomo venne, col sacrificio del corpo, soppressa, la figura morale della vittima, resa sublime dal Martirio, vive oggi più di prima; la sua Idea rifulge oggi di una luce più viva, più bella, più grande. Giacomo Matteotti, di origine trentina, fin dalla sua giovanissima età, fu attratto dalla vita politica e dagli studii sociali.

I Consiglieri ed il pubblico si alzano

Da giovinetto fu detto “Il Signorino” perché, malgrado i suoi vistosi natali e gli agi di cui era circondato nella casa paterna, correva nei comizi dei conta- dini, schierandosi a difesa dei poveri lavoratori della terra. Laureatosi in giurisprudenza, si approfondì nelle scienze sociali e contava appena venti anni quando, con fede di apostolo, cominciò a prendere viva par- te a tutte le lotte sociali della sua Provincia e fu più tardi Consigliere Provin- ciale, Sindaco, Deputato. Studioso, scrittore, pensatore, uomo di virtù impareggiabili, coscienza altamente democratica, amministratore integerrimo, economista e finanziere acuto, seppe dedicare agli studii ed alla vita pubblica la parte migliore e più bella della sua anima. E solo per seguire le nobili inclinazioni della sua indole, 100 Vincenzo Raja i suoi puri ideali, prese volontariamente il suo posto di battaglia, resistendo con forza morale veramente superiore ed ammirabile, a tutti gli urti, a tutte le sopraffazioni. Il suo posto alla tribuna parlamentare fu quello dell’accusatore implacabi- le, né valsero le minacce ad indebolirne l’azione tenace, né le intimidazioni ebbero la menoma influenza sulla inflessibilità della sua coscienza. Ed anche dopo il sacrifizio del corpo, l’Uomo sopravvive. Sia ciò di conforto al dolore supremo dei suoi cari, cui da questo posto invio oggi l’espressione più viva di sentito cordoglio, ed ancora di conforto sia l’unanime raccapriccio che ha destato l’infame misfatto e che solo potrà placarsi quando Giustizia avrà rivendicato, assieme al sacrifizio del martire, il diritto del Popolo: la libertà del pensiero. Ed in quest’ora così grave, in cui il Popolo più che mai reclama la Giustizia, facciamo tutti fervidi voti affinché la tanto auspicata normalizza- zione sia ristabilita vera, completa, col rispetto delle idee, con l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla Legge, con la scrupolosa osservanza delle sacre istituzioni, frutto del sacrifizio dei martiri del nostro immortale risorgimento, sì che la nostra magnifica e grande Italia possa rifulgere ancora e sempre, cul- la del Diritto, della Giustizia, della Civiltà.

Il discorso del Presidente è vivamente applaudito. Appendice documentaria 101

DOC. 4

Lettera del Questore di Palermo al Prefetto, Palermo 21 maggio 1931, prot. n. 9457. (Archivio di Stato di Palermo, Prefettura Gabinetto, serie 1926-1945, busta 511, cartella intestata “Raia dott. Vincenzo”, serie A, categoria 7/2, fascicolo R/12)

OGGETTO: Grand. Uff. Raia Vincenzo - proposta di revoca di onori- ficenza.

Tra i sovversivi biografati di questa giurisdizione è il Grande Ufficiale RAIA VINCENZO di ORAZIO e di Russo Antonina, nato a Mazara del Vallo il 27 Gennaio 1881, e qui dimorante da molti anni. Egli ha professato idee socialiste; si mantenne in rapporti con compagni di fede, fu collaboratore di giornali sovversivi e prese anche la parola in un pub- blico comizio socialista a favore dell’On. Ferri, il quale era stato condannato dal Tribunale di Roma, per campagna svolta su “L’Avanti” contro l’Ammiraglio Bettolo. Nel 1914, fu eletto Consigliere Provinciale del Mandamento di Petralia Sottana, quale candidato socialista e, successivamente, fu nominato Presidente del Consiglio Provinciale di Palermo. In tale qualità egli, nel 1924, secondan- do le premure dei suoi compagni di fede, commemorò l’On. Giacomo Matteotti. In seguito, però, ai commenti sfavorevoli suscitati dal suo comportamento, egli, nelle elezioni amministrative di Palermo dell’Agosto 1925, svoltesi, pur- troppo, col concorso della mafia, mostrò di aiutare le Autorità pel trionfo della lista fascista, ed in conseguenza di ciò, per interessamento di S.E. Scalea, fu nominato Grande Ufficiale della Corona d’Italia. Si sforzò, quindi, di far dimenticare il suo passato politico, così che nel 1929, fu radiato dallo schedario dei sovversivi. L’anno successivo, però, vi fu nuovamente iscritto essendo (mancano circa 15 battute in prossimità del margine destro del foglio che risulta strappato) che egli manifestava – sebbe- ne cautamente – idee antifasciste. Consta, ora, che egli in questi ultimi tempi ha continuato ad esprimere giudizi avversi al Regime ed ha frequentato la compagnia di elementi sovver- 102 Vincenzo Raja sivi. Consta, altresì, che egli – già denunziato nel 1926, nella sua qualità di Presidente della Società Anonima “La federale di Palermo” per truffa in danno di un gruppo di agricoltori di Palazzo Adriano, imputazione questa dalla quale fu poi assolto per inesistenza del reato – nell’esplicazione della sua attività di commercio di vini non si comporta correttamente. Il Raia, dunque, per la condotta politica e per quella morale non appare degno delle onorificenze cavalleresche delle quali è insignito e, pertanto, pro- pongo che gli siano revocate. Unisco copia del cennato discorso da lui pronunziato per la morte di Mat- teotti il 12 Agosto 1924.

IL QUESTORE

Appendice documentaria 103

DOC. 5

V. RAJA, I vini siciliani alla 1ª Esposizione Agricola Siciliana. Sezione enologica di Marsala, Tip. Spedaliere, Portici 1904.

AL LETTORE __

Non avrei affatto pensato a ripubblicare questa mia relazione sui vini sici- liani presentati all’Esposizione di Marsala; se gli errori e i farfalloni presi dal proto nella stampa e la mancata correzione delle bozze non avessero fatto passare per miei certi errori madornali di tecnica enologica. Il mio breve e modesto lavoro non si propone altro scopo che quello di far conoscere l’incremento dell’industria del vino Marsala ed il sorgere continuo di nuovi stabilimenti di vini da pasto e di liquori sono un sintomo buono per l’avvenire della nostra isola. I vini esposti sono un documento veramente significante di quello che potrebbe fare la nostra industria. Il vino Marsala è ricchezza di tutta l’isola e specialmente della provincia di Trapani, ora oggi per la grande concorrenza commerciale e per la crisi fillosserica, che ha distrutto, si può dire, comple- tamente i nostri vigneti assistiamo ad un decadimento della grande industria del Marsala; sia per la mancanza della materia prima – il vino grezzo di buo- na qualità, sano e di ottima gradazione – sia per l’uso sfrenato di materie che mistificano il tipo del vero vino Marsala. La nostra provincia, dalle campagne sterminate di viti verdi, baciata dal raggio caldo del sole, oggi per incuria del governo e per imperizia degli agri- coltori ridotta ad una landa senza coltivazione brulla e nera, ha nel suo seno una ricchezza abbandonata. Ma dando un’occhiata anche fuggitiva alle continue esposizioni agricole ed enologiche non ci può venire meno la speranza in un avvenire splendido per la nostra agricoltura e per la nostra industria. Ed io mando alla luce questo breve lavoro con un fervido voto ed un augurio: che presto cessato l’attuale intenso malessere economico-agrario le nostre campagne ritornino a lussureggiare dell’antica vegetazione e ad essere fonte inesauribile di ricchezza e di commercio.

104 Vincenzo Raja

INTRODUZIONE

Fra tutte le Esposizioni d’Agricoltura, a cominciare da quella di Roma sino all’ultima di Conegliano, quella di Palermo-Marsala fu la sola in cui furono messi in mostra i Vini di tutte le parti della nostra isola, nella quantità di parecchie centinaia di campioni. In questa Sezione Enologica emerse più di tutti il tipo Marsala, vino di lusso, bevuto nelle migliaia di tavole di tutto il mondo. Giudiziose ed accurate norme preliminari che qui non è il caso di enume- rare, furono adottate dal giurì nell'esame dei campioni, e sopratutto mi par degno di nota l’assaggio ed il riassaggio dei vini fatto senza che si avesse la conoscenza della ditta fabbricante. Una generale regola fu osservata nell’assegnazione dei premii, si tenne conto delle intrinseche qualità dei varii vini e furono anche prese in considerazione i distretti viniferi di fabbricazione e ciò specialmente per i vini da pasto, nonché l’importanza commerciale della ditta fra due tipi di vini che avevano gli stessi pregi e caratteri. Non si poté istituire paragone fra i vini esposti dalle varie provincie con- correnti, sol perché sarebbe stato impossibile per la diversità dei tipi e le diverse difficoltà di fabbricazione nei singoli paesi. Appendice documentaria 105

I Vini Marsala

Il giurì cominciò i suoi lavori coi vini Marsala, la fabbricazione dei quali è stata la ricchezza della provincia di Trapani, per avere essi per la finezza e l’aroma, imperato nel mondo e rivaleggiato con i Sherries, Madera, Xeres, ecc. I tipi di Marsala nel principio che Giovanni Woodhouse ne fece la fabbri- cazione (a. 1773) si riducevano a pochi e principalmente a due: la Marsala Inghilterra molto asciutta ed alcoolica e la Marsala Vergine amabile e meno alcoolica. All’accrescersi dell’industria, all’aprirsi di nuovi Stabilimenti in una misu- ra ascendente s’accrebbero pure i tipi e le denominazioni a questo vino di lus- so. Ed in questa esposizione si notò molto la mania dei nuovi nomi, con ciò recando danno al commercio ed all’accettabilità di un tipo non accreditato. Difatti abbiamo riscontrato i seguenti tipi: Marsala Inghilterra, Garibaldi Dolce, Italia Vergine, Vecchio Superiore, Dolce Superiore, Elena, Marsala al Cognac, Marsala Pour touriste, Monopole, Old Fellow, Extra, Marsala vec- chio, Marsala Zibibbo, Arancio, Caffè, Sherries, Torre dorata. Credo che col tempo i nomi strani entreranno sempre più a battezzare il generoso vino il cui nome dovrebbe essere uno: vino marsala. Pur troppo si è notato che dal vero tipo di Marsala buona parte degli espo- sitori si sono allontanati. I sistemi moderni di fabbricazione, basati su un invecchiamento artificiale di enotermi ed altro hanno portato sì, che pochi erano i vini di perfetta maturità, morbidi, raffinati, e di gusto. In alcune bottiglie s’incontrarono depositi di cremore e d’impurità e ciò ci dimostra che i vini erano troppo giovani; mentre la vera tecnica c’insegna esser necessarii da dieci a venti anni perché un vino abbia i caratteri di una buona, di una vera Marsala. Altri campioni difettavano per contenere idrogeno solforato; spesso in eccessiva quantità e questo difetto poté dipendere o da una lenta fer- mentazione della parte dolce in presenza di zolfo o dalla materia prima o secondo Nestler dai sali di ferro ossidati a spese dei solfati e ridotti a solfuri. Se ne presentarono con odori sgradevoli di sostanze aggiunte artificial- mente, di bruciaticcio e qualche volta s’incontrò il caso di avere un Marsala ottimo, ma coll’odore di spunto. Spesso si notò l’odore delle flemme, di quei prodotti di coda e di testa della distillazione, il che ci porta a concludere che molti con grande danno del vero tipo marsala alcoolizzano con spiriti di catti- va distillazione, (o distillati da vini guasti con lo spunto). Questo errore nel 106 Vincenzo Raja campo enologico non dovrebbe essere commesso perché si sa che gli eteri del- lo spunto passano attraverso il distillatore. Con molto danno all’intangibilità del tipo Marsala fu notato la sostituzione del Forzato al Samus di Grecia. Questi moscati dolci di Grecia, che s’introdussero nel nostro paese per la convenienza economica sostituirono il vino forzato che era l’emblema del vino Marsala, dandogli morbidezza, aroma e profumo gradevole di un vino delicato. Qualche Marsala ricordava l’odore di frutta secche e ciò era dovuto a dei Samus cattivi che corrono in commercio. I Marsala Garibaldi esposti furono sfortunati. Alcuni campioni avevano sviluppato una seconda fermentazione divenendo torbidi, ed in altri non era stata precisata la quantità voluta del dolce. Il Marsala così battezzato nel 1860, per lo sbarco del Grande Generale, non riuscì del tutto alla gloria del suo nome. Non avevano un gusto franco, né armonico, con il dolce completamen- te distaccato dagli altri costituenti del vino. I Marsala Inghilterra. Tipi fini di Marsala, con profumi tenui delicati, tipici, con sapori armonici, rotondi e con aromi e molto alcoolici pochi se ne trovarono. Specialmente si notava ch’erano poco alcoolici relativamente al tipo Inghilterra, ch’è il più alcoolico fra i vini Marsala. I Marsala Italia. Questo tipo di vino che in commercio ha pigliato tanti altri nomi come: Mercantile, Sicilia, ecc. si presentò ben superiore a quello che il giurì si aspettava. Essendo la Marsala più commerciabile pel suo prez- zo, ci aspettavamo un tipo meno fino, giovane, come in commercio veramente si vende per la strepitosa concorrenza. Tutt’altro successe! V’erano degli Italia superiori alla Inghilterra; ma non mi astengo dal dire che qualche ditta presentò tutti e due i tipi con gli stessi ca- ratteri; il che ci fece comprendere che il tipo era unico e la etichetta differente. I Marsala vecchio. La maggior parte dei campioni erano ottimi, perché era vino tipo Marsala Italia o Inghilterra invecchiato, che aveva quindi acquistato con gli anni la morbidezza e l’aroma voluta. Degli altri tipi non è il caso di parlare. Fra i nuovi nomi meritano d’essere menzionati i soli: Marsala pour touri- ste, Marsala Elena, Marsala al Cognac, Marsala Torre dorata. Queste spe- cialità non si allontanano di molto dal tipo Inghilterra o Italia amabile. Si notava solo qualche costituente che non è in uso trovarsi nel Marsala come il profumo di Cognac nel tipo Marsala al Cognac. Così pure nel Marsala pour touriste, Elena, v’era di specialità una dolcezza vellutata, gradevolissima. Si tenne conto della forma delle bottiglie e del modo di presentarsi. Ciò certo costituisce un’arte nel saper ben presentare un vino di lusso. Delle ditte mostrarono di sconoscere questi tecnici concetti usando bottiglie bordolesi, o di forme strane. Le ditte dovrebbero curare di bandire tutte le forme ed adope- rare la bottiglia tipica a forma Marsala, così denominata, pel solo uso Appendice documentaria 107 dell’imbottigliamento di questo vino. Ciò è importante sol perché nel guardare una bottiglia o da lontano o in un caffè, già riconosciamo il tipo dalla torma di essa. Perché le bordolesi adoperati per vino Marsala danno l’impressione che il contenuto sia vino da pasto. Anche nell’etichetta fu ammirata quella eleganza semplice, non certo con superficie dorata come in quelle della ditta Spanò & C. che andrebbero splen- didamente per i liquori e non per i vini Marsala. Fra i Marsala che più si distinsero furono quelli della Ditta William Hopps & Sons di Mazzara, Curatolo &. C. di Marsala, ecc.

Marsala chinato

Questa vecchia specialità ben intromessa nel campo commerciale tanto da esserne esportati delle centinaia di ettolitri si presentò in buon numero di campioni. Molte ditte oramai, sono produttrici di questo tipo di vino terapeu- tico che non dà il disgusto di pigliare una medicina. La specialità è semplice: un buon Marsala, con della china aggiunta e ben amalgamata. I chinati presentati furono in parte ottimi perché nel sapore aromatico della Marsala, fra i profumi gradevoli di un buon vino da lusso, noi incontravamo quel leggiero profumo e quel sapore amarognolo della china. Era così ben amalgamata la china da non essere il vino spiacevole tanto da potermi permettere di dire che persona profana l’avrebbe bevuto non certo come un prodotto medicamentoso. Bisogna pure osservare che qualche ditta presentò del chinato con enormi depositi di tannato e di tartrato di china il che ci porta a credere che oltre ad essere quel prodotto molto giovane s’era incorso anche nell’errore di aggiun- gere la china al vino prima di spogliarlo completamente dei composti tannici e tartrici. Infatti è utile pratica chiarificare per diverse volte il Marsala che deve subire l’aggiunta della china.

Vino Vermouth

Fino a pochi anni addietro il vino Vermouth era il monopolio del Piemonte e particolarmente delle provincie di Alessandria, Cuneo, Torino. Con vero piacere bisogna notare che qui, in Sicilia, si fabbricano i Ver- mouth, tanto da presentarne buona quantità di campioni in questa esposizione. Questo è il primo passo che muove la nostra ricca isola nella trasformazione delle sue materie prime. E ricordo a questi industriali che il Piemonte, in quest’ultimi anni ha esportato per circa 40 mila ettolitri di questo vino. La ricchezza è piemontese, volendo si può fare anche siciliana. 108 Vincenzo Raja

Ed infatti in questa esposizione si trovarono dei Vermouth discretamente buoni ed uno ottimo tanto da meritare un diploma di medaglia d’oro. Questo campione fu esposto dai fratelli Giarratana di Menfi assieme ad una specialità chiamata Amaro Menfi. Per ora occupiamoci del Vermouth. Aveva tutti i caratteri del buon Vermouth, limpidissimo, con profumo tenue e delicato tipico con un sapore tendente all’amaro, armonico, morbido, ben amalgamato e con un grado alcoolico attorno al 15%. V’era qualche altro campione discretamente buono, ma spesso con profu- mo eccessivo, in molti si notava la disarmonicità delle sostanze aggiunte tanto da sembrare non più una bevanda predisponente al pasto, ma un medicinale. Oltre alla formula delle sostanze aggiunte bisogna scegliere bene il vino che si destina al Vermouth, perché la materia prima è la base di un buon prodotto e quindi il vino dev’essere ottimo, limpidissimo, zuccherino, e possibilmente vellutato. Vi fu qualche campione di Vermouth chinato che riuscì disgrazia- tamente cattivo presentandosi financo torbido.

Malvasia

Di questo tipo di vino se ne presentarono parecchi campioni, sia Malvasia asciutta, sia Malvasia dolce. La Malvasia è un prodotto dell’isola di Lipari, dovuto essenzialmente al vitigno malvasia, il quale vitigno tiene caratteri ben differenti dalle altre malvasia, che si coltivano altrove. In Sicilia si è introdotto quel vitigno dalla vicina isola e se ne coltiva specialmente nella provincia di Catania. Delle malvasie presentate ve ne furono delle buone: il tipo asciutto della R.a Scuola di Viticoltura ed Enologia di Catania, limpidissimo, con colore paglierino scarico, profumo caratteristico di malvasia (dovuto agli olii essenziali che trovansi nella buccia dell’uva), alcoolico, netto di sapori estranei, rotondo, armonico. A questo tipo di vino fu assegnata la medaglia d’oro. Del tipo Malvasia dolce qualche campione si presentò buono e con ottimi caratteri gradevoli. Non escludo che in certi cam- pioni si notò un odore feccioso e di conseguenza anche nel sapore, con molto polveroso sulla lingua, dovuto alla mancata precipitazione delle sostanze fec- ciose.

Moscati

Dopo i Vini Marsala, il primo posto nella categoria dei vini liquorosi tocca ai Moscati. Fra tutti i moscati della nostra isola quello che primeggia è il Mo- scato di Siracusa che in questa esposizione non venne presentato. Appendice documentaria 109

V’erano dei moscati della provincia di Catania, Caltanissetta, Trapani. Questo antichissimo vino tanto ben lodato da Julien, d’Amico, ecc., con- corse in buona quantità nella Mostra Enologica. Parte dei campioni furono sfortunati perché non si conservarono nei lunghi mesi del calore estivo e quasi tutti avevano formato un precipitato nel fondo della bottiglia non dovuto ad altro che ad una fermentazione. Difatti alcuni campioni fermentavano ancora. Due moscati sopratutto non vennero meno al tipo dì questo vino chiamato Re da Ottavio Ottavi e furono presentati dalla R. S. Enologica di Catania e da Errera Rallo e C. di Pantelleria. Descriverò i caratteri di questi due campioni di ottimi moscati. Il primo, cioè quello della R. S., era limpidissimo senza alcun fondo nella bottiglia, colore miele che è il tipico colore di questo vino, con profumo deli- catissimo tipico, sapore amabile, dolce, rotondo, morbido e vellutato. Questo campione aveva tutti i pregi di un moscato di Siracusa con un aroma squisitissimo. Non presentava a differenza del secondo di Pantelleria quel sapore come chiama l’Ottavi di Meridionale per l’aggiunta di mosto cotto. Ed infatti buona parte dei campioni furono elaborati con aggiunta di mosto cotto e si sentiva un non so che d’empireumatico. Il Moscato di Pantelleria era limpido, con un leggiero deposito nel fondo della bottiglia, colore non tipico, ma ambra carico, con sapore spiccato di sostanze estrattose che ci fece confermare nell’idea che vi sia stato aggiunto mosto cotto, che dovrebbe usarsi invece con molta parsimonia. Questo mosca- to era armonico, dolce, ma non vellutato. Era un buon moscato che aveva bi- sogno di essere ancora depurato. Della nostra provincia v’era qualche cam- pione ma non del tutto riuscito, per l’uso eccessivo di cotto adoperato come se fosse stato un Vino Allerchino. Difatti si notava in esso un sapore eccessivo di bruciaticcio e riusciva, molto ruvido al palato. Il nostro vitigno muscateddu ci darebbe una buona materia prima, se ben coltivato, per farci vinificare un ottimo moscato da rivaleggiare con quella di Siracusa.(1)

Liquori

In questa categoria vi furono pochi concorrenti, ma molti campioni. Basta dire che la sola ditta Adragna di Trapani presentò venti campioni di liquori differenti ed ottimi.

(1) Nella provincia di Trapani, è coltivato estesissimamente il muscateddu, vitigno identico a quello di Siracusa 110 Vincenzo Raja

Questa industria dei liquori poco esiste nella nostra isola e il consumo attuale è generalmente di merce venutaci da tutte le distillerie del Settentrione. Nei liquori una cosa importante vi è da osservare: la scelta della bottiglia e l’etichetta. Queste due cose contribuiscono forse, non solo alla riuscita ma anche allo smercio di un liquore. Lo Strega, il Centerbe, non debbono il loro accreditamento in parte anche alla bella conformazione della bottiglia? Ciò è stato trascurato da noi e qualcuno espose in bottiglie bordolesi. I liquori furo- no tutti ottimi; specialmente i campioni di Kummel così perfetti nella imita- zione. I tipi nuovi ad esempio: II liquore Monte S. Giuliano che per il suo bel colore e per la sua armoni- cità potrebbe non temere dei liquori accreditati italiani. Il Curaçao di Carlo Pellegrino e C. di Marsala era così ben fatto nel suo assieme, con quel sapore tipico di arancio, dolce, armonico, denso, gradevo- lissimo da costituire un ottimo e pregiato liquore.

Cognac

Dei Cognac ve n’era una buona quantità. La maggioranza dei campioni si presentarono buoni. Però fu notato un ottimo Cognac, preparato con la materia prima della campagna di Marsala e che fu presentato dalla Ditta Grignani Tumbarello e C. Questo tipo di Cognac per il suo bel colore indovinato, col suo profumo gradevole ricordante la vaniglia, ed il suo sapore armonico e de- licato, ci fece comprendere che un nostro Cognac può gareggiare ai Cognac tanto decantati della Francia. Vi furono degli altri campioni anche discreti, ma spesso col difetto di essere troppo giovani.

Vino da pasto

Di questi vini di più alta importanza di quelli descritti, la giuria fece sino all’ultimo momento in cui doveva assegnare il premio 1’assaggio del campio- ne. Fu tenuto molto conto del luogo di origine, perché molti fattori oltre del vitigno, come il terreno ed il clima principalmente, concorrono alla formazio- ne di un buon tipo. Da noi è ben difficile preparare dei vini da pasto ottimi per la qualità della materia prima, nonché per tutte le condizioni avverse alla vinificazione. Ed infatti quasi tutti i campioni presentavano il sapore tipico meridionale e non la freschezza dei vini da pasto settentrionali. Bisogna però notare che con amore Appendice documentaria 111 si son fabbricati dei vini da pasto dappoiché, ne fu presentata buona quantità e di discreta qualità. Un giudizio vero, secondo me, non si è potuto dare sol perché i campioni che per sei mesi furono esposti ai forti calori ed alle svariate influenze della temperatura subirono certo delle modificazioni. In questa categoria vale la pena descrivere singolarmente i tipi ottimi che si onorarono di un buon premio. Alcuni degli espositori si limitarono di dare al loro vino il nome generico di vino da pasto, altri lo battezzarono con nomi del luogo della produzione o della imitazione di un vino da pasto rinomato ed altri dal nome del vitigno che lo produsse. Degli espositori presentarono dei vini ottimi nelle loro qualità di vini da taglio ed ebbero il torto di porvi un’etichetta di vini da pasto. Ottavi chiamava vini da pasto quelli che si possono usare pasteggiando. Orbene, vi furono dei produttori che presentando un vino a 16-17% d’alcool, con molto estratto nonché di corpo, vi mettevano l’etichetta di vino da pasto, e ciò a danno del vino stesso che non potevasi classificare. Vi furono dei vini da pasto fini ed eccone i nomi: Vino Camastra, Tipo Reno, Minicucco, Vino Corvo, Qualità Calabrese, Vino Etna, Iccara, Lilibeo. Cennerò in questa relazione i caratteri organolettici che risultarono giudicati dal giurì. Vino Camastra. – Il fabbricante è G. Tasca di Palermo. Colore paglierino scarico, profumo mascherato dall’odore di zolfo, che si sentiva anche nel sapore, fresco, pungente sulla retrobocca, armonico, non morbido. Nell’assieme è un ottimo vino da pesce, perché oltre a tutti i buoni caratteri che presentava non era alcoolico. Meritò il diploma di medaglia d’oro. Vino Tipo Reno. – Il fabbricante è la Ditta F.lli Favara e figli di Mazzara. La bottiglia aveva un leggiero fondo, il vino si era un pochino trasformato, non seppe resistere ai calori estivi, ma si presentava ancora con buoni caratte- ri. Aveva colore paglierino, un profumo gradevole che ricordava il Meridiona- le, con un leggiero sviluppo di anidride carbonica, fresco, armonico, giusto di alcool. Meritò la medaglia d’argento. Minicucco. – Il produttore è l’Onor. Eduardo Pantano di Risposto. In que- sto sito si possono benissimo fare dei vini da pasto fini, com’era ottimo il campione. Era invecchiato da molti anni, con sapore fresco, armonico e mor- bido. Meritò il diploma di medaglia d’oro. Vino Corvo. – Il fabbricante Alliata Duca di Salaparuta presentò due cam- pioni: il bianco ed il nero. Erano brillantissimi con profumo speciale del viti- gno e delicatissimo, con sapore armonico e morbido. Erano degli ottimi cam- pioni, il giurì assegnò il diploma di medaglia d’oro. 112 Vincenzo Raja

Qualità Calabrese.– Un tipo di vino rosso, colore rubino scarico, di limpi- dezza velata, con un profumo vinoso di meridionale, astringente, tannico, nell’assieme non un vino fino, ma un vero vino da pasto comune. Vino Etna. – Furono presentati due campioni: il bianco ed il rosso. Questi due campioni risultarono buoni per il profumo tipico, come per il sapore netto e rotondo. Non erano dei vini morbidi né vellutati. Il fabbricante è Enrico Carini da Palermo che presentò pure un vino da pasto chiamato Iccara, per le sue qualità non era inferiore ai precedenti. Era brillantissimo, con profumo vinoso e speciale, con sapore fino e nell’assieme armonico, Questi vini furono premiati con diploma di medaglia d’argento. Lilibeo. – Un vino da pasto fino bianco brillantissimo con colore paglieri- no e con profumo che ricordava il vino Marsala, con sapore acidulo, morbido, frizzante, armonico. Un ottimo vino da pasto considerato il suo luogo d’origine. Il fabbricante, Grignani Tumbarello e C. di Marsala, ebbe assegnata la medaglia d’argento. Dopo i vini da pasto superiori si giudicarono i vini da pasto comune. Fra questi campioni due scuole si fecero onore: la Regia Scuola Enologica di Catania e la R. Scuola di Agricoltura di Marsala. La prima presentò un vino da pasto nero che dal profumo sembrava fatto col Sangiovese, frizzante, acidulo, ma tanto gradito. La Scuola di Marsala presentò due campioni: il Bianco ed il nero. Consi- derando l’origine e le condizioni avverse in cui ci troviamo bisogna dire che quella scuola ha saputo vincere ogni ostacolo ed è arrivata a presentare del buon vino con profumo vinoso, con sapore fresco, armonico, rotondo, da bersi uno sull’arrosto e l’altro sul pesce. Tutte e due le scuole ebbero il diploma di medaglia d’oro. Anche la Regia Scuola d’Agricoltura di Caltagirone presentò un buon vino da pasto da meritare una medaglia d’argento. Una lode non debbo risparmiare alla R. Cantina sperimentale di Noto per un vinello presentato. Noi, che sappiamo quante difficoltà s’incontrano nella fabbricazione dei vinelli, bisogniamo affermare che quella cantina presentò un campione di vinello che si conservò ottimo e con carattere di buon vino. Assegnammo il diploma di medaglia d’argento.

Vernaccia ed Albanello

Due soli campioni furono presentati di questi due tipi di vini da lusso. La vernaccia fatta in Sicilia risultò ottima, con i veri caratteri della vernaccia di Sardegna. La splendida limpidezza col suo colore dorato, col profumo tipico e gradevolissimo e col suo sapore alcoolico, perfettamente asciutto, rotondo, formarono il campione di un ottimo vino da lusso. Così anche l’Albanello riu- Appendice documentaria 113 scì per la sua limpidezza e per il suo gusto armonico, un ottimo vino da lusso. Questi vini furono presentati dalla R. Cantina Sperimentale di Noto.

Alcune specialità

Vi furono dei campioni speciali, ma in pochissima quantità, che qui passo in rassegna: – Amaro Menfi – Ferrenosio. Queste specialità farmaceutiche non si dovrebbero considerare come dei veri prodotti enologici perché hanno tutti i caratteri per stare in farmacia, anziché in cantina. L’Amaro Menfi un buon prodotto perché gradevole e bene amalgamato al vino. Per la sua finezza gli fu assegnato dal giurì il diploma di medaglia d’oro. Il Ferrenosio, specialità della Ditta F.lli Favara e Figli di Mazzara, è un mosto concentrato gradevole, in cui si sente bene il ferro, amabile per la sua dolcezza e di facile presa. Il giurì non giudicò le sue qualità terapeutiche, per- ché incompetente, e assegnò il diploma di medaglia d’argento.

Marsala Champagne

La Giurìa finì i suoi assaggi nell’allegria di un buon bicchiere di Marsala Champagne. Questa specialità era ottima perché non presentò una spuma folle, ed ebbe nel bicchiere una fontanella duratura. Era brillantissimo, caratte- re necessario a tutti i vini e specialmente alla Champagne, con un profumo di Marsala, con l’aroma dello stesso vino; il difetto che gli si attribuiva era il sapore vinoso e ciò era dovuto al tipo di vino che era stato destinato a cham- pagne. Gli fu assegnato il diploma di medaglia d’argento. Il produttore è la Ditta Grignani di Marsala. Intrusi in una Esposizione enologica erano dei prodotti di profumeria della Ditta Adragna di Trapani. Credo inopportuno descriverli.

Attrezzi Enologici

Gessometro Barbera. – Per la praticità di potersi adoperare e per l’esattez- za delle analisi gli fu assegnato il diploma di medaglia d’oro.

114 Vincenzo Raja

Botti

Una discreta quantità di botti furono esposte; botti per cantina e fusti da spedizione. Le Ditte concorrenti furono dodici e le migliori risultarono: per le botti Cerami Francesco di Marsala per i fusti Marchetti, Ingoglia. Le botti erano costruite a stile francese con timpagni concavi e con il pet- tine tagliato rettangolarmente. La pulitezza e l’accurata arte di fabbricazione erano a tal punto curate da sembrare fatte da un sol pezzo. Così per i fusti da spedizione.

Pubblicazioni Enologiche

Poche furono le pubblicazioni enologiche esposte, in una più larga scala le pubblicazioni agricole. Le pubblicazioni enologiche furono la seguenti: La Gessatura dei vini, Correzione dei mosti zuccherini mediante l’aggiunta di acqua, due volumetti di Neli Maltese. Le due monografie scritte dal Maltese dietro i risultati di fatti pratici costi- tuiscono il pregio migliore di ogni singola cosa che si pone alle stampe. Il Maltese con vera competenza si fa propugnatore della gessatura dei vini. E non a torto condanna gli speculatori che da tanti anni cercano d’inciampare il commercio dei nostri pregiati vini con la scusa del purgativo, solfato potassi- co. – «Si può affermare e senza tema di sbagliare che surrogati del gesso non esistono e che la secolare pratica nessun danno igienicamente ha mai dato» cosi scrive il Maltese – e ciò io approvo pienamente. La correzione dei Mosti zuccherini mediante l’aggiunta di acqua la pratica è utile, là dove si tiene conto della quantità e non della qualità. Nella provincia di Trapani certo l’annacquamento non si può consigliare al viticultore pel serio danno che si porterebbe al tipo – cosi ben pagato – destinato alla fabbri- cazione del vino Marsala. Ciò lo sì afferma non solo per il tipo del vino, quan- to per la frode economica. I vini alcoolici ed occorrendo zuccherini, sono cosi ricercati da vendersi ad un tal prezzo da compensare la scarsa quantità, che il proprietario produce. Pel vittoriese forse andrà bene l’idea di inacquare. Nelle pubblicazioni di viticultura pregiato lavoro è Il presente e l’avvenire della viticultura Marsalese del Prof. Vallese, che con competenza maestra e con fatti pratici mette alla portata dei viticultori le nuove teorie difficili della ricostituzione. Pregevolissima la Relazione dell’Ing. Agr. Giuseppe Vaiarello intesa a incitare gli agricoltori della nostra Provincia alla ricostituzione del vigneto. La Giuria unanimamente la ritenne meritevole di un diploma di medaglia d’argento. Appendice documentaria 115

Gli Elementi di zoologia del Prof. De Martiis scritti con facile nomenclatu- ra per i giovani delle scuole pratiche d’Agricoltura costituiscono un volume pregiato nel campo delle scienze. Il giornale Il Vomere diretto dal Prof. V. Rubino, nei suoi lunghi anni di vita sì è occupato di Enologia, di Viticultura ed Agricoltura in generale. Gli articoli pratici così bene sminuzzati e da esser compresi dal più umile agricol- tore, costituiscono il merito del Giornale. È necessario, utile al proprietario, al commerciante ed allo studioso di scienze agrarie. Non mi esimo di esprimere al Prof. V. Rubino il mio plauso per l’impulso dato alla nostra agricoltura unica sorgente della ricchezza della nostra provincia. Al Vomere fu assegnato il primo premio, cioè medaglia d’argento donata da S. E. il Ministro della P. Istruzione.

CONCLUSIONE

L’assaggio per quasi un mese dei vini della nostra isola, accoppiato a molte informazioni speciali che potei ottenere dai miei colleghi, lasciò in me l’impressione che le sorgenti della nostra industria vinaria si vanno moltipli- cando sempre più, con grandi perfezionamenti nell’arte di fare il vino. La nostra ricca isola è nella via ascendente del miglioramento dei tipi di vino di lusso, da taglio, da pasto, da potere con uno studio esatto assumere il primato nel mondo intero come l’industria del vino Marsala. Ed a questa industria aiuti non dovrebbero mancare in questi momenti della morte dei nostri preziosi vigneti, che non ricostituiti, portano di conseguenza o la morte di tanta ricchezza o l’adulterazione del vero Marsala. E disapprovo i nuovi sistemi di fabbricare il Marsala con il Samus, o con alcool impuro, e ciò per la maledetta concorrenza non riflettendo che il Marsala è monopolio della nostra provincia. V’è bisogno che un accordo commerciale tenga alto il prestigio della industria, che finora s’è affermata con onore ed orgoglio della nostra isola. Maggiore impulso poi bisogna dare all’arte del vino da pasto. Bisogna condannare le imitazioni ed i prodotti che per le loro stranezze sembrano bevande medicamentose, bisogna fare delle bevande igieniche, co- stanti; un tipo di vino regionale che per le sue qualità e per i suoi pregi e per il suo prezzo s’imponga nel commercio vinicolo. Finisco esprimendo i miei ringraziamenti ai colleghi del giurì, per la loro cortesia e il loro aiuto.

Mazara del Vallo, Novembre 1902. 116 Vincenzo Raja

ELENCO GENERALE DEI PREMIATI

William Hopps e Sons, Mazzara, medaglia d’oro pei Vini Marsala. R. Scuola di Viticultura ed Enologia, Catania, medaglia d’oro per i Vini Moscati, Mal- vasia e Vini da pasto. Curatolo e C., Marsala, medaglia d’oro per i Vini Marsala. G. Adragna, Trapani, medaglia d’oro per Liquori. G. Adragna Angileri, Marsala, diploma di medaglia d’oro per i Vini Marsala. Errera Rallo e C., Pantelleria, diploma di medaglia d’oro per vino Moscato. N. Spanò e C., Marsala, diploma di medaglia d’oro per i Vini Marsala. Grignani Tumbarello e figli, Marsala, diploma di medaglia d’oro per i Vini Marsala. Ahrens e C., Palermo, diploma di medaglia d’oro per i Vini Marsala. Fratelli Burgio Nobili, Mazzara, diploma di medaglia d’oro per i Vini Marsala. Carlalberto Anselmi, Marsala, diploma di medaglia d’oro per Vino Marsala Sherry, Vecchio superiore. Curatolo Arini, Marsala, diploma di medaglia d’oro per i Vini Marsala. Enol. Orazio Barbera, Messina, diploma di medaglia d’oro per un Gessometro. Fratelli Giarratani, Menfi, diploma di medaglia d’oro per Amaro Menfi e Vino Ver- mouth. R. Cantina Sperimentale, Noto, diploma di medaglia d’oro per Vino Vernaccia ed Albanello. Alliata Duca di Salaparuta, Palermo, diploma di Medaglia d’oro per Vino Corvo, bianco e rosso. R. Scuola Pratica d’Agricoltura, Marsala, diploma di medaglia d’oro per i Vini da pasto comune. On. E. Pantano, Riposto, diploma di medaglia d’oro per Vino da pasto e da dessert. G. Tasca, Palermo, diploma di medaglia d’oro per Vino Camastra. Ingrassia Alberto, Marsala, medaglia d’argento per i Vini Marsala. Francesco De Bartoli, Marsala, medaglia d’argento per Vini Marsala. F.lli Favara e figli, Mazzara, medaglia d’argento per Vino Marsala Inghilterra-Pour touriste e vino da pasto Tipo Reno. C. e F.lli Martinez e C., Marsala, medaglia d’argento per i Vini Marsala e Vermouth. D. Rallo e figli, Marsala, medaglia d’argento per i Vini Marsala. Grignani Tumbarello e figli, Marsala, medaglia d’argento per Marsala chinato, Ver- mouth, Cognac e Vino Lilibeo. R. Scuola Pratica di Caltagirone, medaglia d’argento per i Vini da pasto comune. Enrico Carini, Palermo, medaglia d’argento per Vino Etna rosso e bianco. Dell’Orto Rag. Giuseppe, Marsala, diploma di medaglia d’argento per i Vini Marsala. Vito Di Bernardo, Marsala, diploma di medaglia d’argento per Marsala al Cognac. Appendice documentaria 117

Ignazio Licari e C., Marsala, diploma di medaglia d’argento per i vini Marsala. E Frazzitta e C., Marsala, diploma di medaglia d’argento per i Vini Marsala, Ver- mouth, Liquori e Marsala Chinato. Giacalone e Guarrera, Marsala, diploma di medaglia d’argento per i Vini Marsala. A. Volpetti, Trapani, diploma di medaglia d’argento per Vino Marsala Italia. Cav. O. Favara Maccagnone, Mazara, diploma di medaglia d’argento per Vino Marsa- la Vergine. Teodoro Grignani, Marsala, diploma di medaglia d’argento per Marsala Champagne. F.lli Favara e Figli, Mazara, diploma di medaglia d’argento per Ferrenosio. G. Adragna, Trapani, diploma di medaglia d’argento per generi in profumeria. R. Cantina Sperimentale, Noto, diploma di medaglia d’argento per Acquavite uso Cognac e vino da pasto. Carlo Pellegrino e C., Marsala, diploma di medaglia d’argento per liquori. Aula e Virgilio, Trapani, diploma di medaglia d’argento per Cognac. R. Scuola di Viticultura ed Enologia, Catania, diploma di medaglia d’argento per Cognac. Nicola Spanò e C., Marsala, diploma di medaglia d’argento per Cognac. Cerami Francesco e F.lli Marsala, diploma di medaglia d’argento per botti da cantina. Marchetti G., Marsala, diploma di medaglia d’argento per fusti di spedizioni. Angelo Ingoglia, Marsala, diploma di medaglia d’argento per fusti di spedizioni. Giuseppe Pellegrino, Marsala, medaglia d’argento per fusti di spedizioni. Grignani Teodoro, Marsala, medaglia di bronzo per Vino Marsala e da pasto. G. Costantino De Catalami, medaglia di bronzo per Vino Moscato. Simone Pipitone e C., Marsala, medaglia di bronzo per Vino Marsala, Chinato, Calabrese. John Hopps e Sons, Mazara, medaglia di bronzo per fusti di spedizioni. D. Rallo e Figli, Marsala, medaglia di bronzo per fusti. Curatolo Arini e C., Marsala, medaglia di bronzo per fusti. F.lli Burgio Nobili, Mazara, medaglia di bronzo per fusti. Carlalberto Anselmi, Marsala, medaglia di bronzo per fusti. Rag. Giuseppe Dell’Orto, Marsala, medaglia di bronzo per botti. Nicola Spanò e C., Marsala, medaglia di bronzo per Vermouth e Marsala Chinato. Carlalberto Anselmi, Marsala, medaglia di bronzo per Marsala Chinato. Matteo Sparta e Figli, Marsala, medaglia di bronzo per vini da pasto comune. Ruffo Calcagno, Messina, medaglia di bronzo per vino da pasto bianco e rosso. Pietro Lo Baido, Palermo, medaglia di bronzo per Malvasia e vino da pasto. Ignazio Licari e C., Marsala, medaglia di bronzo per vino da pasto. Eduardo Lipari e C., Marsala, medaglia di bronzo per vino da pasto bianco e rosso. Carlo Genova, medaglia di bronzo per vino Iccara. Comm. V. Favara Verderame, Mazzara, medaglia di bronzo per olio d’ulivo.

118 Vincenzo Raja

Prodotti tartarici

Di Pietra Leonardo, Marsala, diploma di medaglia d’argento per feccia e tartaro.

MENZIONE ONOREVOLE

March. N. Spanò Caracciolo, Marsala, per vino Dama. N. Gennaro Curatolo A. Angileri e figli, Marsala, per vino Vermouth e Cognac. Vito Zizzo fu Francesco, Marsala, per vino bianco passola. Cristofaro e Tommaso Grosso, Marsala, per Marsala vecchio, Marsala zibibbo e Mar- sala all’arancio.

Pubblicazioni Enologiche

Prof. Vito Rubino, Marsala, medaglia d’argento per il Giornale «Il Vomere». Ing. Agr. Giuseppe Vaiariello, Marsala, diploma di medaglia d’argento per una rela- zione di viticoltura. E. Scuola Pratica di Agricoltura, Marsala, medaglia di bronzo per pubblicazioni di Agricoltura. Neli Maltese, Vittoria, medaglia di bronzo per pubblicazioni Enologiche. Appendice documentaria 119

DOC. 6

V. RAJA, Contributo allo studio sulla ricostituzione dei vigneti. Note sperimentali eseguite in Mazzara del Vallo, Tip. L. Alicò, Messi- na 1908, estratto dal «Giornale di Agricoltura Meridionale»

La Vitis Vinifera in provincia di Trapani è stata completamente distrutta dalla fillossera, salvo in quelle contrade, in cui esistono terreni sabbiosi. I pro- prietarii con grandi sacrifizii e con slancio lodevole incominciano a ricostitui- re i loro vigneti superando le non lievi difficoltà tecniche ed economiche che loro si presentano. Per quanto la parte economica non è oggetto del nostro studio, pure non possiamo fare a meno di notare che i forti capitali che occorrono per la ricosti- tuzione, mancano alla massima parte dei proprietarii e che il Potere Centrale potrebbe riparare alla calamità dello stato attuale proponendo dei premi lauti che inducessero i viticultori a ricostituire quei terreni, che mentre sono prezio- si per la vigna, sono negativi per le altre culture. Noi nella nostra trattazione ci occuperemo delle difficoltà tecniche – che sono complesse, date le poche esperienze viticole, che nei nostri paesi si sono condotte – per venire a delle conclusioni pratiche, le sole seriamente utili nel momento attuale.

Esperienze Viticole La ricostituzione con soggetto americano ha cambiato di un tratto tutta la nostra secolare esperienza e pratica e ci ha messo in un Ginepraio di difficoltà, tanto che i migliori studiosi sono rimasti imbarazzati nel discernere i soggetti americani per una sapiente e proficua ricostituzione e con opera prudente han- no detto: provate! Provare nella ricostituzione è opera savia ed intelligente; poiché sono in giuoco tutte le nostre sorti economiche, potendosi alla grave crisi, che trava- glia la nostra provincia, aggiungere la sventura di consumare forti capitali 120 Vincenzo Raja senza riuscire nella ricostituzione desiderata. E queste considerazioni ci con- sigliarono uno studio sperimentale, che qui esponiamo. Nel 1900 in contrada S. Maria (Mazzara) proprietà del Sig. Giuseppe Napoli, in un terreno calcareo, abbiamo fatto due campi di prova. Riportiamo l’analisi chimica del terreno(1). Il suolo di cm. 15 sciolto, sabbioso, di colore rosso ruggine scuro, non l’abbiamo analizzato, non essendo di portata tale da vivervi le radici delle viti.

SOTTOSUOLO: 1. Campo. ⎧Silicea 18,60 Sabbia ⎨ in 100 grammi di terra fina ⎩Calcarea 75,60 Materia argilliforme 0,80 Carbonato di calcio (col Calcimetro De Astis) 77,30 %. 2. Campo. ⎧Silicea 28,60 Sabbia ⎨ in 100 grammi di terra fina ⎩Calcarea 55,30 Materia argilliforme 6,40 Carbonato di calcio (col Calcimetro De Astis) 57,00 %. I sottosuoli avevano natura fisica identica e presentavano i seguenti carat- teri: Semi compatto, pietroso asciutto, piuttosto profondo, tufaceo. Coltivammo nei due campi i seguenti vitigni: 1. Mourvèdre X Rupestris N. 1202 2. Aramon X » Gazin » 1. 3. Rupestris Du Lot 4. Chasselas X Berlandieri N. 41 B. La piantagione fu fatta con talee che non furono innestate nel primo anno. Noi classificammo la loro vegetazione come segue: 1. Campo. 1. Mourvèdre X Rupestris N. 1202 punti 9½ 2. Aramon X » Gazin » 1 » 8½ 3. Rupestris Du Lot » 8 4. Chasselas X Berlandieri N. 41 B. » 8

(1) Analisi eseguite nel 1900 nella R. Scuola Pratica di Agricoltura di Marsala. Appendice documentaria 121

2. Campo. 1. Mourvèdre X Rupestris N. 1202 punti 9 2. Aramon X » Gazin » 1 » 10 3. Rupestris Du Lot » 9½ 4. Chasselas X Berlandieri N. 41 B. » 8

Dopo un anno dalla piantagione, nel mese di gennaio del 1902, fu eseguito 1’innesto legnoso all’inglese a doppio spacco su due campi con le seguenti varietà europee: Pignatello, Catarratto, Grillo e Catanese rosso. Così noi abbiamo studiato oltre all’adattamento del soggetto americano al terreno, la diversa affinità dei succennati vitigni europei con i vitigni america- ni. Ecco i risultati ottenuti in seguito all’innesto:

Affinità per % (media dei 2 campi) Mourvèdre X Ruprestis 1202 innestato con Pignatello 92 » » » Catarratto 40 » » » Grillo 85 » » » Catanese rosso 80 Aramon X » Gazin N. 1 » Pignatello 54 » » » Catarratto 86 » » » Grillo 82 » » » Catanese rosso 60 Rupestris Du Lot » Pignatello 67 » » Catarratto 75 » » Grillo 80 » » Catanese rosso 60 Chasselas X Berlandieri » Pignatello 75 » » » Catarratto 85 » » » Grillo 75 » » » Catanese rosso 70 Questi risultati d’attecchimento nello stesso anno d’innesto andarono un po’ assottigliandosi, e principalmente nei mesi caldi dell’estate. Abbiamo seguito per tre anni consecutivi le vicende della vita delle piante; alcune sono morte in seguito ad un rattristamento progressivo, accompagnato da una leggiera tinta giallognola nelle foglie; caratteri chiari della mancata affinità delle parti innestate; mentre altri morirono per clorosi tipica dovuta alla mancanza di adattamento del soggetto americano nel terreno. Presentiamo un quadro dei risultati verificati dopo 3 anni d’innesto.

122 Vincenzo Raja

1. Campo. Perite per Perite per mancanza mancanza di affinità di adatta- % mento %

Mourvèdre X Rupestris 1202 innestato con Pignatello – – » » » » Catarratto 15 – » » » » Grillo 10 – » » » » Catanese rosso 3 – Aramon X Rupestris Gazin N. l » Pignatello 10 12 » » » » Catarratto 2 12 » » » » Grillo 6 14 » » » » Catanese rosso 8 13 Rupestris du Lot » Pignatello 10 42 » » » Catarratto 4 40 » » » Grillo 6 45 » » » Catanese rosso 9 43 Chasselas X Berlandieri 41 B » Pignatello 4 – » » » » Catarratto 2 – » » » » Grillo 5 – » » » » Catanese rosso 15 – 2. Campo. Mourvèdre X Rupestris 1202 innestato con Pignatello – – » » » » Catarratto 18 2 » » » » Grillo 8 – » » » » Catanese rosso 2 – Aramon X Rupestris Gazin N. l » Pignatello 8 – » » » » Catarratto – – » » » » Grillo 2 – » » » » Catanese rosso 10 – Rupestris du Lot » Pignatello 7 – » » » Catarratto – – » » » Grillo 3 – » » » Catanese rosso 10 – Chasselas X Berlandieri 41 B » Pignatello 5 – » » » » Catarratto 1 – » » » » Grillo 2 – » » » » Catanese rosso 14 –

Appendice documentaria 123

I risultati esposti ci danno dei dati molto importanti, che noi rimandiamo alle conclusioni generali esposte in ultimo. Solo notiamo la necessità di rico- stituire con diverse specie di legno americano per rispondere alle leggi dell’adattamento del soggetto col terreno e di usare marze di vitigni diversi di Vitis vinifera per le regole dell’affinità. Nel capitolo seguente vedremo le altre necessità di indole economiche che dimostrano la verità di questo nostro asserto.

Sui criterii della Coltivazione

Il viticultore nei beati tempi della vigna europea eseguiva le piantagioni preparando il terreno con uno scasso parziale a fosse o a buche. Il sesto di piantagione era a quadrato, raramente a rettangolo, con una misura di sesto unico in tutto il territorio. Il sesto usato era di palmi sei ed ⅓ (Metri 1,65). Le fosse si preparavano nei mesi d’estate per essere pronte nella pianta- gione dell’inverno prossimo e con profondità da m. 0,60-0,70. Oggi può il viticultore praticare l’antico metodo di piantagione? Tutti gli americanisti da principio dissero che per ricostituire la vigna a soggetto ame- ricano bisognava fare lo scasso reale per avere una vigna sicura e produttiva. Qualche viticultore si lasciò guidare dal principio dello scasso reale, poco cu- randosi delle spese, ma le difficoltà incontrate furono tali da abbandonare i lavori in corso. Nella Provincia di Trapani lo scasso reale non si può applicare perché i terreni sono di natura compatta e ciottolosa e porterebbe quindi a una spesa rilevante. Il piccone difficilmente arriva a rompere le falde schistose del tufo silicio, che si trovano nei terreni destinati a vigne. L’impossibilità quindi manuale ed economica ci consiglia di abbandonare l’idea dello scasso reale nei nostri terreni. Stabilito che lo scasso si deve fare a buche colla profondità di m. 0,60-0,70 si deve, come nei tempi passati, praticare il sesto ad unica mi- sura? Noi crediamo che il viticultore deve osservare bene il terreno da ricosti- tuire; se è fresco o asciutto o arido, se è poco fertile o di fertilità buona, se è un terreno in una parola, dal lato fisico-chimico, mediocre, buono, ottimo. Fatto quest’esame il proprietario allora può stabilire una misura sul sesto diversa a secondo le condizioni del terreno. In un terreno ottimo è necessità tenere infatti un sesto con misura maggiore del terreno mediocre, poiché nel primo caso lo sviluppo della vite sarà superiore al secondo. E noi sappiamo che non è a capriccio il lasciare uno spazio di terreno fra pianta e pianta, ma l’impongono ragioni fisiologiche e necessità per regolare i lavori da fare al vigneto. Svolti così i concetti principali riguardanti la piantagione della vigna, ci intratteniamo brevemente sulla potatura. 124 Vincenzo Raja

Al sistema di potatura locale ad alberello poche osservazioni dobbiamo fare, poiché le pratiche secolari non si cambiano di un tratto, ma meritano prima uno studio lungo e diligente. Noi solo osserviamo che si dovrebbe tenere una forma ad alberello un po’ più alta della usata per impedire il contatto dei grappoli col terreno ed evitare il deterioramento delle uve. Ciò specialmente succede quando qualche quindicina di giorni prima della vendemmia avviene qualche pioggia. Consigliamo inoltre di aumentare di qualche gemma i cornetti dell’alberello per avere una maggiore produttività. Ed in ultimo diremo una parola sulla concimazione. Grave torto bisogna qui dare ai viticultori. Questa pratica è poco conosciu- ta o poco usata. Comunemente si concima con lo stallatico e ad ogni decennio. Certi viticultori non concimano addirittura. La necessità della concimazione non ha bisogno di dimostrazione, sola- mente vogliamo esporre qualche nozione per persuadere i viticultori che tutto quello che si dà al terreno non è perduto ma si riacquista in maggior valore nel prodotto. Il viticultore, arrecando grave danno ai suoi interessi, non concima perché crede che tale pratica costi molto. E una nostra piccola esperienza, conferma il grande concetto economico svolto dai migliori studiosi di economia rurale, che le concimazioni cioè oltre a reintegrare nel terreno i materiali fertilizzanti assorbiti dalle piante e quindi tener normale la costituzione della fertilità del terreno stesso, oltre a spostare certi materiali che senza concimazione sono inassimilabili, oltre a cambiare la natura fisico-chimica del terreno danno un aumento tale nel prodotto da paga- re la spesa della concimazione e da lasciare un maggiore reddito annuale ed un aumento nel valore del terreno. Esponiamo la nostra esperienza. Trovandoci in condizioni di clima caldo, di terreni asciutti, dove nell’estate la vite va soggetta alle peggiori crisi della siccità, non disponendo affatto d’acqua, noi abbiamo concimato con la seguente formula usata per ettaro. Perfosfato q.li 5 Solfato Potassico » 2.5 Questo concime fu somministrato d’inverno in mescolanza e fu messo a poca distanza dalle radici principali delle viti. Questa concimazione biennale l’abbiamo avvicendata con un buon sovescio di favetta concimata con stallati- co. La vigna si mantenne sempre rigogliosa e ricca di produzione e le viti vicine che non concimammo per controllo, ci davano la caratteristica delle loro sofferenze. Appendice documentaria 125

Le spese da noi incontrate furono tutte superate non solo, ma ci lasciarono un reddito superiore di circa L. 100 per ettaro, senza contare la miglioria lasciata nel terreno. Per concludere è indispensabile la concimazione seguita dal sovescio per rendere fresco il terreno arido nei forti calori dell’estate, migliorandone così le pessime condizioni fisiche. Se con vigna europea si poteva fare a meno della pratica da noi oggi consigliata, coi vigneti ricostituiti a soggetto americano sicuramente il dispensarsi sarebbe un delitto. La longevità della vite, la maggior produzione sarebbero sincere garenzie alla spesa, cui si va incontro concimando.

Considerazioni generali per la ricostituzione dei vigneti

Nella ricostituzione dei vigneti non basta che il viticultore ricostituisca seguendo le sole norme viticole ma è anche necessario che egli tenga presente il commercio vinario dei nostri paesi e le future probabilità commerciali. Nella provincia di Trapani, l’industria fiorente del vino Marsala ha biso- gno ogni anno di circa 450,000 ettolitri di vino bianco per la manifatturazione. Ora nelle norme che debbono regolare la ricostituzione dei nostri vigneti questo dato importantissimo non si può, né si deve trascurare poiché esso, oltre a rappresentare un utile e sicuro impiego del nostro prodotto vinaio, ci detta quali vitigni bisogna scegliere come marze nell’innesto sul soggetto americano. Bisogna perciò coltivare solo vitigni ad uve bianche? Noi rispondiamo negativamente per varie ragioni agrarie ed economiche. La natura dei nostri terreni, massimamente idonea all’esclusiva coltura della vigna, presentando grandi differenze fìsico-chimiche, ci impone nella pianta- gione del soggetto americano l’impiego di diverse specie e varietà e di diversi vitigni di Vitis vinifera destinate a marze per il giusto adattamento del sogget- to americano al terreno e per 1’indispensabile affinità della marza col soggetto. Ricostituendo poi esclusivamente con i vitigni ad uve bianche, colla sovrabbondanza di produzione per l’unicità del tipo, si verificherebbe nel mercato un prezzo vilissimo di vendita da non compensare le gravi spese della ricostituzione. La diversità di tipi, ancora facilita sicuramente l’esportazione ed il regola- re collocamento del prodotto rispondendo alle diverse richieste del mercato. Nel settentrione inoltre nel consumo diretto, a differenza dei paesi siciliani, si preferisce e si beve vino rosso. I prodotti vinicoli settentrionali poi sono scarsi in ricchezza alcoolica e di tutti gli altri componenti e perciò hanno bisogno del taglio con i vini rossi e robusti dei nostri paesi. 126 Vincenzo Raja

Dimostrato quindi che è necessario, e per ragioni agrarie, economiche e commerciali, la piantagione di diversi tipi di vitigni, il viticoltore facilmente comprenderà che egli deve preparare vini bianchi e vini rossi se vuole evitare il pericolo della crisi ed avere una proficua ricompensa al suo lavoro ed all’impiego dei suoi capitali. Il viticultore deve ancora tenere presente di ricostituire per appezzamento; cioè deve dividere il podere in tante parti, in modo che ogni appezzamento presenti omogeneità fisico-chimica, e distribuire in ogni appezzamento quel legno americano che la esperienza viticola ci indica. Inoltre il viticultore deve innestare per appezzamento per avere in ognuno di esso unicità di marza, ri- spondendo così a un gran concetto teorico e pratico di non avere nella vigna un’accozzaglia di varietà che nella vendemmia darebbe uva matura in diverse epoche; inconveniente grave che ostacola la vendemmia regolare. Così la divisione degli appezzamenti per vitigni oltre ad essere necessaria riguardo alla osservanza della maturazione dell’uva risponde pure ai lavori della canti- na, permettendo di fare con regolarità i lavori della vinificazione, nonché i tagli nel caso che fossero necessari. Noi così possiamo dividere il nostro podere da ricostituire in due appez- zamenti principali: 1°. Vitigni ad uve nere, 2°. Vitigni ad uve bianche. Fatto ciò divideremo in altri appezzamenti e cioè secondo il numero delle varietà da coltivare, rispondendo così a tutte le esigenze viticole, enologiche ed economiche perché i lavori ben regolati portano conseguentemente minor impiego e maggiore efficacia del lavoro.

Conclusioni generali

1. Le necessità commerciali impongono al viticultore di ricostituire con diverse varietà di vitis vinifera ad uve bianche e col vitigno Pignatello ad uva nera. 2. La diversa struttura fisica e composizione chimica dei terreni fa le leggi dell’adattabilità dei vitigni americani e bisogna ricostituire con vitigni diversi per il soggetto. 3. Il vitigno Mourvèdre X Rupestris 1202 è prezioso per i terreni calca- rei, presenta la maggiore affinità col Pignatello e col Catanese Rosso. 4. Il vitigno Aramon X Rupestris Gazin n. 1 mentre resiste nei terreni medi di calcare tiene maggior affinità con i vitigni ad uve bianche Catarratto, Grillo. Così pure il Rupestris du Lot. 5. Lo Chasselas X Berlandieri 41 B. è ottimo vitigno pei terreni forte- mente calcarei, presentando buona affinità con i vitigni Catarratto e Grillo. Appendice documentaria 127

6. Nella ricostituzione il viticultore deve dividere il podere in due parti, in modo da tenere in una i vitigni ad uve bianche, e nell’altra parte i vitigni ad uve rosse o nere. 7. La ricostituzione bisogna farla in appezzamenti distinti ed in modo che in ciascuno di essi vi si trovi, possibilmente la stessa varietà di soggetto; ma necessariamente l’unicità della varietà per la marza. 8. Date le condizioni di terreno e clima è necessità innalzare la forma della potatura dell’alberello. 9. È necessità, nella vigna ricostituita, la concimazione con sovescio concimato chimicamente per assicurarci maggior produzione, nonché longevi- tà al vigneto. 128 Vincenzo Raja

DOC. 7

LA RASSEGNA VINICOLA ED AGRARIA Palermo, n. 1-2, 29 febbraio 1912

SOMMARIO: Renovatio, Dott. V. Raja - Avv. G. B. Raja. – La zona viticola dei paesi del Marsala, Dott. V. Raja. – Il deperimento delle viti in Sicilia - Intervista col Professore O. Co- mes. – La nostra gloria, Filippo Lo Vetere. – Note sulla coltivazione del frassino in Sicilia, Dott. R. Falci. – I vini nuovi, En. F. Galfano – La Clorosi nel vigneto, G. Baldi. – Note critiche, S. Froio. – Note pratiche di Enologia. – Notizie diverse. – Note prati- che d’Agricoltura. – Recensioni. – Notizie Commerciali. ------RENOVATIO

Incominciamo la pubblicazione di questa nostra rivista con una grande spe- ranza ed un forte proposito. La speranza che questo nostro sforzo, fatto di sacrificio e d’entusiasmo possa non rimanere sterile ed infecondo ma debba raccogliere il consentimen- to e la simpatia di tutti gli agricoltori; il proposito che l’opera nostra indipen- dente e consapevole possa contribuire a correggere vecchi errori, ad agitare nuove idee, a rilevare e discutere vecchi e nuovi problemi dell’agricoltura dell’industria e del commercio; perché in questo secolo di trasformazione sociale, anche i vari e complessi problemi dell’agricoltura, dell’industria e commercio – trinomio benefico, su cui si fonda la prosperità di ogni paese – possano essere coll’aiuto dello Stato e coll’iniziativa dei privati risoluti mano mano secondo i dettami della scienza e dell’esperienza per la maggiore utilità sociale. Per questo il nostro foglio non apparterrà ad alcuna scuola; né sarà organo di alcuna associazione di studiosi o di speculatori. Esso sarà invece palestra di ogni libera ed aperta discussione, si farà eco di tutte le idee e di tutte le teorie, e senza preoccupazioni di scuole, né simpatie professionali, né desiderio di salvare interessi o posizioni; senza idolatrie né irriverenze; ma liberamente e consapevolmente seguirà il movimento progres- sivo della scienza agraria, farà tesoro delle benefiche e riuscite esperienze e guardando il passato per trarre solo da esso e dai suoi errori acclarati i più saggi ammaestramenti per l’avvenire, cercherà di rendere alla classe agricola un più fecondo servizio illuminandola di tutte le incertezze e di tutti i dubbi Appendice documentaria 129 coll’illustrazione sincera di tutte le questioni palpitanti e di tutte le pratiche benefiche dell’agricoltura. Mentre dagli immensi campi del lavoro, che rendono alla nostra Italia la ricchezza dell’oggi e preparano la fortuna del domani sale l’eco di una vita faticosa e feconda, e dagli opifici sprizzano le faville più pure e più forti della energia umana; dalle aule della scuola, dai gabinetti degli scienziati, dalle esperienze del tecnico sprigionatisi le magnifiche spiegazioni del noto e dell’ignoto e si preparano silenziosamente i nuovi orizzonti della scienza ed i nuovi sistemi della pratica. È un lavoro concorde ed armonico; il lavoratore produce, lo studioso afferma e insegna i suoi sistemi. Un lavoro, che ogni giorno più si completa e più diventa incessante e tenace; perché dalla coltivazione della terra l’agricoltore ritragga le maggiori utilità con le minori spese. Ed è veramente magnifico e soddisfacente seguire gli sforzi della scienza e del lavoro attraverso la via di questo prosperoso cammino ed anche a chi non sia profondamente edotto delle discipline agricole, deve riuscire supremamen- te interessante il rendersi conto di ciò che siano le culture e le trasformazioni dei prodotti del suolo e in rapporto anche alla vita commerciale ed industriale. La materia è vasta, ma noi con fiducia ci accingiamo ad esaminare tutti i bisogni della nostra vita agricola con maggiore e speciale riguardo alla nostra isola, che fonda ogni suo benessere nel rinnovamento dell’agricoltura. Non pochi né lievi sono i problemi, che in questo momento si dibattono occupando le migliori energie degli studiosi e preoccupando i nostri gover- nanti. Dai campi ci arriva la voce di tutte le difficoltà che ci travagliano: dalla mancanza delle strade alla sistemazione delle acque; dal risanamento dei ter- reni paludosi, alle coltivazioni razionali delle piante; in conclusione la neces- sità di una colonizzazione interna, moderna e feconda; tutti problemi, gravi e non mai vecchi per mettersi nel dimenticatoio. L’ignavia degli uomini ha ridotto le nostre montagne in zone brulle e nere, in balia delle acque che rovinose fluiscono denudandole sempre più. Le condizioni agrarie dell’Italia sono molto diverse, e così gli accenni fatti ai problemi agricoli sono più ad interessare l’Italia meridionale che il Setten- trione, che per il fiorire delle sue industrie e per i suoi traffici ha dato nuovo impulso e vita rigogliosa anche all’agricoltura. Ma se si reclamano opportunamente leggi speciali per il risanamento delle paludi, che ammorbano le nostre campagne, se gli agricoltori chiedono mezzi di comunicazione per il traffico dei loro prodotti: se è tutto un coro di proteste e di desideri che viene dalle popolazioni agricole, dalle officine e dagli opifici sale anche un grido per ottenere leggi di protezione ed agevolazioni e conces- sioni speciali per l’industria. 130 Vincenzo Raja

Cosi l’industria vinicola dei vini tipici, dal vino Marsala al Chianti, al Ba- rolo, al Barbera, ecc. che da tanti anni attende una legge promessa e mai venu- ta per garantire i suoi prodotti dalle imitazioni e contraffazioni. Nell’industria dei diversi vini tipici d’Italia si sono impiegati centinaia di milioni e migliaia di lavoratori: per citarne una; l’industria del vino marsala ha più di sessanta stabilimenti vinicoli con un impiego di circa cento milioni, con un consumo di ben 200.000 ettolitri di vino all’anno del valore di venti milio- ni di lire, e dà vita a migliaia di lavoratori. La vita delle popolazioni della Sicilia occidentale per la sua vasta zona coltivata a vigne, si basa in massima parte sull’industria del vino marsala. Le industrie degli alcool, così rigogliose e fiorenti in tutta la Sicilia fino ad un anno fa, oggi sono tutte abbandonate ed inoperose e ciò per le stolte e volubili leggi e tasse di fabbricazione che i nostri uomini di governo ad ogni breve periodo trasformano e modificano contrastando così l’economia e la libertà della industria. Così il commercio vinario, che per la scarsa produzione del biennio 1910- 1911, ha prezzi favolosi e rimunerativi, ben presto lo vedremo nuovamente in crisi con susseguenti agitazioni delle popolazioni viticole. Una vera anarchia regna nel commercio vinicolo, nessuna disciplina, nessuna organizzazione ne regolano la produzione ed il consumo; i grandi colpi che gli vengono dalla produzione della birra, debbono per forza di cose aprire il baratro appena la prima produzione sarà un po’ più della normale. Oggi che il problema viticolo è così grave, completamente irrisoluto, enormemente dispendioso nella pian- tagione del legno americano, con colture ed esigenze costose, può il viticolto- re al suo prezzo di costo alto lusingarsi di avere sempre i lauti guadagni d’oggi? V’è bisogno quindi che la viticoltura abbia un nuovo e più sicuro orienta- mento, che la piantagione non sia lo sperpero lussuoso d’oggi; che la longevi- tà delle viti non sia più al disotto del decennio, richiedendo meno cure e meno spese. Sinteticamente abbiamo espresso quali sono i problemi che mag- giormente ci preoccupano in questo momento e che intendiamo discutere ed agitare; ma ben altri più complessi e anche urgenti ve ne sono che non man- cheremo di sviluppare ed illustrare. Non abbondanza di parole; ma vigoria benefica desideriamo che si infonda per opera nostra da queste colonne, aprendo tutte le vie perché il nostro agri- coltore con attività e tenacia renda il nostro bel paese, come nei tempi passati, il felice giardino d’Europa dai ridenti e verdi clivi, fecondo di frumenti, viti, ecc. e dalle città prospere di officine di lavoro, con l’attività dei suoi commer- ci e dei suoi traffici. Cosi il suolo della patria potrà raccogliere e mantenere per la sua prosperità tutto il suo popolo di forti. Dott. V. RAJA Avv. G. B. RAJA

INDICE DEI NOMI

Adragna G., fu Rosario, ditta eno- Ballini Pier Luigi, 47n logica, 70n, 109, 113 Barbagallo Francesco, 17, 18n Ahrens Albert (Alberto),7, 9, 9n, Barbato Mariano, 32, 43 10, 12, 27, 38, 69, 70, 70n, 71, Barone Giuseppe, 28, 28n, 34n, 72, 73, 81, 86, 88, 93 49n, 77n Ahrens Berta, 73, 73n Bava Beccaris Fiorenzo, 13 Ahrens, ditta enologica, 10, 38, Bazzi Umberto, 12 61, 72, 90 Bellaroto Ferdinando, 35 Ahrens & Benjamin, 71 Bencivenga, 23 Ahrens Margherita, 9, 12, 73, 87, Benjamin Johanna, 10, 12, 93 93, 94 Benjamin Walter, 71 Ahrens Nora (v. Ahrens Vera). Bettolo Giovanni, 101 Ahrens Vera, 71, 71n Biagini Antonello, 29n Alessi Francesco, 32, 40 Bilà Francesco, 14, 14n Alfonso Ferdinando, 34 Bilardello Antonino, 25 Alippi Cappelletti Maurizia, 81n Billardello Sebastiano, 24 Alliata (v. Salaparuta, duca di). Bissolati Leonida, 9, 16, 29, 30, Amendola Giovanni, 10, 58 31, 32, 33, 47 Ampola G., 83 Bonagiuso Giovanni, 22, 22n Anastasi Giuseppa, 11 Bonomi Ivanoe, 9, 29, 30, 31, 47 Arens (v. Ahrens Albert). Bordiga Amodeo, 47, 83 Arini Mario, 8n Borntraeger Arturo, 35 Armò Eduardo, 51 Borzì Antonino, 35 Arrigo Cesare, 12 Bosco Garibaldi Rosario, 32 Arrigo Daniele, 8n Burgio Amelia, 12 Augugliaro & Incagnone, ditta Burgio Antonino, conte, 72 enologica, 70n Burgio Giovanni, conte, 72, 73n Aula e Virgilio, ditta enologica, Burgio Giovanni e F.lli, ditta eno- 68, 70n logica, 72, 90 Baldi G., 128 Burgio Nicasio, conte, 72 Balenzano Nicola, 65 Burgio Nobili F.lli, ditta enologi- Ballesteros Pietro, 35 ca, 72, 82, 86

132 Indice dei nomi

Burgio Salvatore, conte, 8n, 73n Cusumano Antonino, 14n, 24, Burgio Vito, conte, 73, 73n 24n, 50, 50n, 66n, 72n Cabrini Angiolo, 31 D’Alì, 25 Calabrese Rita, 73n D’Alì e Bordonaro, ditta enolo- Camerlengo Raffaele, 38 gica, 62 Cammareri Scurti Sebastiano, 17, Dalmasso Giovanni, 83 20, 30, 30n D’Andrea Vito, 14 Cancila Orazio, 19n, 27, 27n, 32n, Danesi Leobaldo, 85 45, 45n, 48n, 49n, 57, 57n, 77n D’Amico, 109 Candeloro Giorgio, 33n, 41n D’Angora, 57 Caramanna, 58 D’Aumale, duca, ditta enologica, Carini Enrico, ditta enologica, 112 62 Carini Salvatore, 38 De Felice Giuffrida Giuseppe, 20, Carlucci Michele, 85 40, 41, 45 Carnazza Gabriello, 56, 90 De Gasperi Alcide, 8, 49 Carocci Giampiero, 33n De Martiis, 115 Castelli Ina, 12 De Rischy, 51 Castelli Santi Giulio, 24, 25, 25n Della Torre E., 64n Catalano Marco & C., ditta enolo- Dell’Orto Giacomo, 84, 86, 86n gica, 70n Di Figlia Matteo, 47n, 51, 51n Cavallo, 54n, 60n Di Giorgio Antonino, 90 Centineo Andrea, 55 Di Giorgio Whitaker Eleonora, 90 Cerami Francesco, 114 Di Salvo Vincenzo, 53 Certa Mario, 50 Di Stefano (o Di Stefani) Michele, Colajanni Napoleone, 23n, 33, 35, 32, 37, 38, 39, 40 35n Domingo Ettore, 14 Colnago Francesco, barone, 27 Drago Aurelio, 9, 20, 27, 28, 29, Comes Orazio, 81, 83, 86, 128 32, 35, 37, 41, 45, 47, 47n, 50, Contarini, 90 51, 52, 53, 55 Corradini Anna Maria, 7n Errera Rallo e C., ditta enologica, Costa Andrea, 18 109 Costanza Salvatore, 14n, 20, 20n, Erricone, 25 66n Falci R., 128 Cottafavi Vittorio, 51, 51n Favara F.lli e Figli, ditta enolo- Crispi Francesco, 13 gica, 64, 111, 113 Cuccia Francesco, 53 Favara Scurto Vito, 66 Cucco Alfredo, 56 Ferri, 101 Curatolo & C., ditta enologica, 63, Finocchiaro Aprile Andrea, 51 107 Fiume Marinella, 73n

Indice dei nomi 133

Florio, ditta enologica, 62, 70 IVS (Industria vinicola siciliana), Florio, famiglia, 33 90 Florio Ignazio, figlio del senatore, Julien, 109 34, 34n, 35 La Bella Rosario, 51 Florio Ignazio, senatore, 34 La Fauce (o La Fauci), 84 Foderà Alberto, 14, 14n La Loggia Enrico, 49 France Anatole, 99 Lanza di Scalea Valentina, 90 Frojo Silvio, 36, 36n, 128 Lanza Giuseppe, principe di Gaeta Franco, 13n, 16, 16n, 18n, Scalea, 49, 57, 90 28, 28n, 31n Lanza Pietro, principe di Scalea, Gagliardo Giuseppe fu Domenico, 34, 52, 59, 59n, 60, 90, 101 38, 40 Lauro Pietro, 56n, 57n Gaia Clemente, 64, 64n, 68, 69 Lentini Rosario, 14n, 24n, 34n, Gaja (v. Gaia Clemente). 65n, 66n, 72n, 75n, 86n Galfano F., 128 Leoni Francesco, 33, 33n Gentile Emilio, 33n Lo Bianco Giuseppe, 42 Germanà Ludovico, 51 Lo Medico Sebastiano, 24 Giacalone Carmela, 12 Lo Verde, 58 Giacalone Giuseppe, 24 Lo Vetere Filippo, 34, 35n, 81, Giarranata F.lli, ditta enologica, 81n, 128 108 Lombardo F.lli, ditta enologica, Giolitti Antonio, 17, 29 70n Giorgio, 58n Lupo Salvatore, 34n, 56, 56n Giuffrida Romualdo, 34n Luzzatti Luigi, 28, 29 Gori Bice, 15 Macaddino, 14 Gori Pietro, 14, 15 Macchi, 41 Greco Ferdinando, 35 Maggiore Di Chiara Giuseppe, 58 Grignani Tumbarello & Figli, ditta Maltese Neli, 114 enologica, 62, 64, 110, 112, 113 Mancuso Lima Gaetano, 35 Guida, 32 Manzo Silvio, 8n Hopps Francesca, 12 Manzotti Fernando, 32n Hopps & Sons, ditta enologica, 62 Marchetti, 114 Hopps William & Sons, ditta eno- Marescalchi Arturo, 83 logica, 63, 70n, 107 Marino Giuseppe Carlo, 17n, 36n, Kuliscioff Anna, 16 47n, 48 Ingham-Whitaker, ditta enologica, Martinez F.lli, ditta enologica, 70n 62, 70 Martinotti F., 83 Ingoglia, 114 Martoglio Giacomo, 61 Ingrassia Luigi, 32 Marucco Dora, 17n

134 Indice dei nomi

Matteotti Giacomo, 10, 57, 58, 59, Noto La Diega Guido (senior), 12 95, 99, 101, 102 Noto La Diega Sandro, 8n Mauro Anna, 11 Oddo Giuseppe, 77n Menzinger, 53 Olivieri Oliviero, 76n Misuraca Domenico, 12 Orcel Giovanni, 45 Mocata Antonina, 12 Orcel Giovanni (commissario re- Mocata Bartolomeo, 12 gio), 50 Mocata Giacomo, 12, 76n Orlando Andrea, 43 Mocata Giulio, 7, 8n Orlando Vittorio Emanuele, 34, Mocata Giulio (senior), 12 45, 51, 52, 55, 90 Mocata Maria, 12 Ottavi Ottavio, 109, 111 Mollica Gaetano, 12 Palidda Rita, 34n Mondolfo Rodolfo, 17n Palizzolo Raffaele, 19, 27 Montalto Giacomo, 20, 21, 48 Panepinto Lorenzo, 43 Montemagno Gabriello, 58n Pantano Eduardo, ditta enologica, Morello Gabriele, 71n 111 Morgari Oddino, 18 Papo Luigi, 69 Mormino G., 26, 97 Paris G., 83 Morsellino, 76n Pastena Bruno, 75n Morsellino, professore, 76n Paulsen Federico, 35, 84, 85, 86 Musarra Natale, 13n, 15, 15n, 36, Pecoraro Giorgio, 43 36n, 42n, 51, 52n Pellegrino Carlo e C., ditta enolo- Musco Angelo, 73 gica, 64, 110 Musotto Francesco, 51 Pelloux Luigi Girolamo, 13 Mussolini Benito, 10, 31, 56, 57, Pesenti Anna, 69 90 Petrotta Francesco, 53n Napoli Filippo, 14, 66, 66n Pipitone Vincenzo, 49 Napoli Filippo Vittorio, 11 Piretti Maria Serena, 39 Napoli Giuseppe, 11, 68, 76n, 120 Pirrone Giuseppe, 32 Napoli Orazio, 11 Pisciotta Vincenzo Giulio, 24 Napoli Pietro, 11 Podrecca Guido, 31 Napoli Vincenzo, 11 Polizzi Alberto, 8n Napoli Vito, 11 Polizzi Giuseppe, 12 Nasi Nunzio, 20 Porcari Gandolfo fu Mariano, 38, Nicoletti Luciano, 43 39 Nora (v. Ahrens Vera). Portalone Gabriella, 7n Norrito Giuseppe, 14 Prampolini Camillo, 16 Notarbartolo Emanuele, 19 Preti Luigi, 29n Noto La Diega Guido, 8n Raffiotta Giovanni, 49n, 77n

Indice dei nomi 135

Ragionieri Ernesto, 13n, 18, 19n, 71n, 72, 72n, 73, 74, 74n, 75, 28n, 47n 75n, 77, 77n, 78, 79, 80, 80n, 81, Raia (v. Raja Vincenzo). 81n, 82n, 83, 83n, 84, 85, 85n, Raineri Giovanni, 73 86, 87, 88, 90, 93, 94, 95, 96, 97, Raineri Pini, 83 98, 99, 101, 102, 103, 119, 128, Raja Ahrens Margherita (v. Ar- 130 hens Margherita). Raja Vincenzo (senior), 9n, 11 Raja Anna (detta Annita), 11 Rampolla Caracciolo Gaetano, 38 Raja Antonia (detta Antonietta), Rampolla Luigi, 38, 39 11, 12 Rampolla Pietro, 39 Raja Ernestina, 12 Rao Carlo, 29 Raja Franca Renata, 10, 12, 88 Renda Francesco, 16n, 45n, 47n, Raja G. & C.i, ditta enologica, 61, 49, 49n, 56n 91, 92 Rivarol (v. Rivaroli). Raja Gaspare, 11, 12 Rivaroli Antoine, 99 Raja Giacalone Antonina, 12 Rossi Agostino, 75n Raja Giacalone Orazio, 12 Rossi Eugenio, 36, 37, 38, 39, 40, Raja Gigliola, 10, 12, 89, 94 41 Raja Giovan Battista (detto Titta), Rossi Ferdinando, 72n, 73, 75, 83 7, 8, 9, 11, 12, 17, 18, 20, 20n, Rubino Nicolò, 58 21, 21n, 22, 22n, 23, 24, 24n, 26, Rubino Vito, 115 30, 31, 31n, 38, 39, 40, 50, 52, Ruggeri Antonio, 84, 85, 86 52n, 60, 80, 81n, 83, 95, 128, Russo Antonina Maria, 9, 9n, 11, 130 72, 101 Raja Giuliana, 10, 12, 89, 93, 94 Russo Giovan Battista, 9n, 11 Raja Giuseppa Anna Maria, 11 Russo Raja & Figli, ditta enolo- Raja Giuseppe, 11, 12, 61 gica, 70n, 72 Raja Hopps Orazio, 12 Sabatini Enrico, barone, 35 Raja Nina, 12 Safina Giovanni, 24 Raja Orazio, 9, 9n, 11, 37, 61, 62, Safina Giuseppe fu Francesco, 65, 72, 101 50n Raja Vincenzo, 7, 8, 9, 10, 11, 12, Saibante, marchese, 25 14, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 22, 24, Saja Marcello, 34n 25, 26, 26n, 27, 28, 29, 30, 31n, Salandra Antonio, 44, 45 32, 35, 36, 36n, 37, 38, 39, 40, Salaparura, duca di, ditta enologi- 41, 42, 43, 44, 46, 47, 47n, 48, ca, 62, 64, 71, 111 49, 50, 50n, 51, 52, 52n, 53, 54, Salvemini Gaetano, 29 54n, 55, 55n, 56, 57, 58, 59, 59n, Salvioli Giuseppe, 34 60, 60n, 61, 62, 62n, 63, 64, 64n, Salvo Roberto, 15, 15n, 19n, 20, 65, 66, 67, 68, 68n, 69, 69n, 71, 20n, 22, 22n, 24n, 25, 25n

136 Indice dei nomi

Sammartano Maria, 76n Sturzo Luigi, 33, 47, 48, 49 Sannino F. A., 83 Tagliavia Salvatore, conte, 58 Sansone Emanuele, duca di Torre- Tasca Alessandro, principe di franca, 9, 15, 19, 19n, 20, 22, 23, Cutò, 9, 19, 20, 27, 28, 29, 32, 24, 25, 26, 50, 50n, 96, 97 37, 39, 41, 45, 47, 47n, 48, 51, Sansone Vito, 66 52 Santino Umberto, 43 Tasca Bordonaro Lucio, 49 Saporito Vincenzo, barone, 19, 20, Tasca G., conte, ditta enologica, 23, 23n, 25 64, 111 Saragat Giuseppe, 10, 60 Termini, 53 Savastano L., 83 Thaon di Revel Paolo, 90 Scaglione Maurizio, 29n, 44n, Tomasino Salvatore, 32 Scalea Pietro (v. Lanza Pietro, Tortorici Nicolò, 20, 22, 23, 42 principe di Scalea). Tranfaglia Nicola, 47n Scelsi, 90 Treves Claudio, 16 Scialabba Giuseppe, 51 Tricoli Giuseppe, 56, 56n Segapeli E., 83 Turati Filippo, 16, 17, 17n, 28, 29, Sgarlata Filippo, 44 47 Sciplino Pietro, 24 Turrisi Mauro, barone, 35 Signorino, barone, 55 Vajarello Giuseppe, 67n, 114 Signorino Leonardo, 38 Vallese Ferdinando, 67, 67n, 114 Simeti Antonio, 79, 79n Vento Sebastiano, 24 Siragusa Mario, 27, 27n, 33, 33n, Verro Bernardino, 43, 48 35, 36n Vincenti Lucia, 7n, 71n Spanò & C., ditta enologica, 107 Violante Luciano, 53n Sparta Matteo, 76n Volpetti Antonio, ditta enologica, Spedaliere, 62 70n Spitaleri, barone, ditta enologica, Woodhouse, ditta enologica, 62, 62 70, 105 Starabba Antonio, marchese di Woodhouse Giovanni, 105 Rudinì, 13 Zannoni Rosalino, 66

Nell’indice non sono stati riportati i nomi delle ditte e dei produttori presenti all’Esposizione enologica di Marsala del 1902, elencati nel testo riportato in Appendice (doc. 4).

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Volumi pubblicati:

1. – F. Gabrieli, Ibn Hamdìs, 2000 Ristampa del saggio dell’illustre arabista Francesco Gabrieli (1904-96) su Ibn Hamdìs (Siracusa 1053-1133), il più famoso poeta arabo siciliano. Prefa- zione di A. Borruso dell’Università di Palermo. 2. – M. Cipolla, Storia della Matematica, 2001 Ristampa del ciclo di conferenze tenute dall’insigne matematico Michele Cipolla (1880-1947) dell’Ateneo palermitano presso la Biblioteca filosofica di Palermo nel 1933. Prefazione di U. Bottazzini e P. Nastasi dell’Università di Palermo. 3. – F. Napoli, Diario 1943-44, 2002. Tratto da uno zibaldone manoscritto conservato presso la Biblioteca Comu- nale di Mazara, descrive gli avvenimenti e lo stato di vita a Mazara negli anni 1943-44, uno dei periodi più drammatici e dolorosi della storia recente della città. Introduzione di S. Costanza. 4. – F. Napoli, Folklore di Mazara, 2003. Ristampa del saggio pubblicato dallo studioso mazarese nel 1934. Vi sono illustrati usi, credenze, feste locali e tradizioni popolari. Introduzione di A. Cu- sumano. 5. – F. Bascone, Le Scuole Serali di Mazara, 2003. A cento anni esatti dalla sua pubblicazione (1903), ristampa di un saggio che, in forma di appassionato pamphlet e con accenti di desolante attualità, ci invita a riflettere sulla funzione eminentemente sociale della scuola. Nota intro- duttiva di G. Inzerillo. 6. – M. Ghachem, Nouba, poesie, 2004. Raccolta di poesie, per la prima volta tradotte in italiano, di uno tra i più noti autori contemporanei della letteratura arabo-francofona. Traduzione e cura di S. Mugno. Introduzione di G. Toso Rodinis. 138

7. – O. Napoli, Poesie scelte, 2005. Antologia del poeta mazarese che ha avuto un ruolo di primo piano nella storia letteraria del Novecento. Introduzione di L. Greco. Contributi di M. Bet- tini e S. Mugno. 8. – S. Nicastro, Episodi, tendenze e figure della storia del Risorgimento, 2006. Studio sulle origini del Risorgimento italiano. La vicenda risorgimentale appare come il naturale epilogo del lungo e contraddittorio processo di formazio- ne di quel sentimento nazionale senza il quale né l’indipendenza dallo straniero, né la creazione del nuovo Stato unitario avrebbero trovato concreta attuazione. A cura di S. Costanza e R. Lentini. 9. – A. M. Ripellino, Oltreslavia. Scritti italiani e ispanici (1941-1976), 2007. Antonio Pane, uno dei più attenti studiosi dell’universo letterario ripellinia- no, ha curato una preziosa antologia di scritti rari del grande intellettuale, sici- liano di nascita e mitteleuropeo per cultura. Nell’introduzione, Antonino Cu- sumano firma un ritratto inedito di Ripellino a Mazara. 10. – G. Inzerillo, Nino Sammartano. Un pezzo di diavolone olivastro, 2008. Attento profilo storico-critico di un insigne intellettuale del Novecento: let- terato e pedagogista, uomo politico e animatore culturale. In appendice una si- gnificativa antologia dei suoi scritti. Nota dell’ambasciatore Bruno Bottai. 11. – R. Castelli Dell’immaginario popolare. Scritti vari (1882-1906), 2010. Ampia rassegna di miti, preghiere, modi di dire, giochi, leggende e altri do- cumenti di cultura popolare, raccolti dal folklorista mazarese alla fine dell’Ottocento. Nota introduttiva di Antonino Cusumano. 12. – Antichi vuci, canti, nenie e memorie mazaresi di mare e di terra, a cura di Antonino Gancitano, 2011. Canti dedicati al mare, alla terra, all’amore; nati presso pescatori e contadi- ni, sono stati pazientemente raccolti, nel tempo, dal curatore. Nota introduttiva di Mario Cajazzo. 13. – Eva Carlestål, La famiglia. Un’indagine su una comunità di pesca in Sici- lia, 2012. Notevole ricerca d’antropologia sociale condotta dalla studiosa svedese nell’ambito della comunità di pescatori di Mazara. Nota introduttiva di Gabriel- la D’Agostino. 14. – L. Inzerillo, Una città di polvere e gelsomini. Le Mazarisate, 2013. Raccolta di storie, ritratti di personaggi, descrizioni di mestieri scomparsi e di scorci della città di Mazara del Vallo, modi di dire e bizzarre curiosità intor- no agli usi e costumi popolari locali. Nota introduttiva di Giuseppe Inzerillo. 15. – R. Lentini, Vincenzo Raja. Tra passione politica e impegno scientifico (Mazara del Vallo 1881 - Palermo 1949), 2014. La presente edizione si compone di mille esemplari numerati

Esemplare n …………….. Finito di stampare dicembre 2014