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[Errata corrige : il nome corretto della Dott.ssa Bonicelli è Bianca Mirella , e come tale è sempre correttamente indicato all'interno del volume. Uno sgradevole misprint rimase purtroppo inavvertito nella copertina.] Umberto Bartocci ALBERT EINSTEIN E OLINTO DE PRETTO LA VERA STORIA DELLA FORMULA PIÙ FAMOSA DEL MONDO Con una nota biografica a cura di Bianca Mirella Bonicelli e il testo integrale dell'opera di Olinto De Pretto "Ipotesi dell'etere nella vita dell'universo" * La storia impossibile * A Francesca gentile, che con la sua discreta presenza e il suo amore senza pretese mi ha donato un po' di forza per rialzarmi e riprendere un difficile cammino... 5 Ho rivelato queste cose agli umili e ai semplici, e le ho tenute nascoste ai ricchi e ai potenti" L'autore dedica questo lavoro, con profonda stima per le loro qualità di uomini e di scienziati, agli indimenticabili amici Ing. Arch. Piero Zorzi (scomparso prematuramente nel gennaio del 1991, proprio quando questo scritto, il cui contenuto era già stato succintamente presentato al LXXVI Congresso della Società Italiana di Fisica, tenutosi a Trento nel mese di Ottobre del 1990, stava per essere completato nella sua prima versione), ed al suo inseparabile compagno di studi e ricerche Prof. Omero Speri (scomparso anch'egli nel 1995). E' ad essi che si deve se la memoria originale del De Pretto è stata riportata alla luce, attraverso una corretta valutazione non soltanto del suo valore in sé, ma anche della sua importanza in relazione ai primi lavori di Albert Einstein sulla teoria della relatività ristretta. Senza l'apporto di questi due studiosi, pensatori originali ed acuti indagatori dei fenomeni naturali - tanto da essere stati tra i primi ad ipotizzare la possibilità dell'esistenza di processi di "fusione a bassa energia" in alcuni eventi spontanei biologici e geologici, e ad aver tentato di ripeterli artificialmente in laboratorio - il presente contributo alle origini storiche della teoria della relatività non avrebbe mai visto la luce. 6 Ringraziamenti L'autore desidera esplicitamente sottolineare che non gli sarebbe stato possibile portare a compimento questo lavoro nella presente forma senza la preziosa fattiva collaborazione della Dott.ssa Bianca Mirella Bonicelli, diretta discendente di Silvio De Pretto, fratello di Olinto, la quale gli ha cortesemente fornito tante indispensabili informazioni, oltre ad aver curato la nota biografica apposta in appendice, nella quale si ricostruiscono in modo brillante l'ambiente ed i tempi dello scienziato di Schio. Si menzionano anche il Sig. Silvano Besso, che ha aiutato a chiarire qualche punto oscuro relativo alla storia della sua famiglia, e i Proff. Silvio Bergia, Giorgio Dragoni, e la Sig.ra Paola Fortuzzi, del Dipartimento di Fisica dell'Università di Bologna, per la loro cortese disponibilità in ordine alla consultazione di materiale bibliografico presso la Biblioteca di quel Dipartimento. L'autore ringrazia infine gli amici Roberto Monti e Rocco Vittorio Macrì, compagni isolati nella condivisione delle critiche alla teoria della relatività, che lo hanno fatto sempre sentire meno solo (il primo dei due va ricordato in modo speciale non solo per diverse interessanti informazioni utilizzate nel seguito del libro, ma anche per avere aiutato l'autore a 'crescere' quale egli attualmente è). 7 Capitolo I La terrificante energia dell'atomo e la teoria della relatività Se chiedete ad un qualsiasi uomo di scienza quando la più famosa formula della fisica sia stata concepita vi risponderà senza dubbio che fu nel 1905 che Albert Einstein, considerato ai nostri giorni il più grande scienziato di tutti i tempi, pubblicò la sua congettura secondo la quale la massa di un qualsiasi corpo, come dire il suo contenuto di materia, non è altro che una misura dell'energia che esso è in grado di produrre, nella famosa proporzione: E (energia) = m (massa) per la velocità della luce, che viene indicata solitamente con la lettera c, al quadrato, ovvero, più sinteticamente, come tutti sanno: E = mc 2. Al primo membro di questa equazione troviamo l'energia totale E racchiusa in un qualsiasi corpo fisico, ed al secondo la sua massa m, moltiplicata per il quadrato della "costante universale" c (costante almeno secondo la teoria della relatività einsteiniana), vale a dire la velocità della luce nel "vuoto", pari a circa 300.000 Km al secondo. L'equazione si dice esprimere l'equivalenza tra massa ed energia, perché va intesa non soltanto nel senso che una massa è capace di produrre energia, esperienza che tutti abbiamo fatto bruciando un pezzo di legno in un camino per ricavarne calore, ma anche viceversa che l'energia è capace sotto certe condizioni di trasformarsi in massa, in materia. La formula precedente va interpretata in altre parole nel senso di una totale convertibilità, quasi identità tra i due termini, anche se ciò che interessa naturalmente per le applicazioni pratiche è piuttosto il passaggio da m ad E che non quello inverso! Per quanto riguarda quest'ultimo, deve comprendersi bene che un siffatto grande valore come il quadrato della velocità della luce al secondo membro della precedente formula fornisce un valore molto alto per l'energia situata al primo membro, anche soltanto a partire da una sola unità di massa, ed in effetti è oggi opinione comune che l'equazione in parola ricevette la più terribile delle conferme dalle 8 esplosioni nucleari che devastarono alla fine del secondo conflitto mondiale le sventurate città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Fu allora che tutto il mondo, attonito, dovette prendere ufficialmente atto della reale esistenza dell'energia contenuta nell'atomo: un'energia enorme, nascosta in ogni grammo di materia, capace di produrre una trasformazione senza precedenti nella storia dell'umanità, fornendo alle nazioni capaci di controllarla un predominio assoluto su tutte le altre. Tale possibilità, si dice, era stata prevista sin dal 1905 da Albert Einstein, e come vedremo quasi un corollario alla sua teoria della relatività, la quale sembrò ricevere quindi da quelle immani catastrofi una delle conferme più spettacolari di tutta la storia della scienza. Ed in verità, il ruolo di Einstein in tale occasione non si limitò a quello del lontano precursore teorico: fu proprio lui ad intervenire, con tutto il peso della propria autorevolezza scientifica, a favore del celebre "Progetto Manhattan" 1 con due lettere (1939-1940) indirizzate all'allora Presidente degli Stati Uniti d'America Franklin Delano Roosevelt, quando si facevano più insistenti le voci relative alle ricerche da parte degli scienziati del III Reich aventi per obiettivo la costruzione di una superbomba capace di capovolgere le sorti di un prevedibile futuro conflitto. Citiamo dalla prima di queste: "Signor Presidente, alcune ricerche svolte recentemente da Enrico Fermi e Leo Szilard, di cui mi è stata data comunicazione in manoscritto, mi inducono a ritenere che un elemento, l'uranio, possa essere trasformato nell'immediato futuro in una nuova ed importante fonte d'energia..." (corsivo aggiunto). Il fatto che la fisica di questo secolo sia stata così profondamente coinvolta in avvenimenti di questa portata rende naturalmente ogni discussione su di essa assai delicata, ed ogni critica sospetta quasi di 'alto tradimento', per non dire di peggio. I 'fisici', o gli scienziati in generale, sono divenuti oggetto della venerazione popolare, la loro opinione è ricercata dai mezzi di informazione ed accolta come un tempo venivano accolti i pareri dei nobili o dei principi della Chiesa, i loro 'drammi' psicologici, i loro dubbi, fatti oggetto dell'attenzione di scrittori e registi: ricordiamo come caso esemplare il dramma "I fisici", di Friedrich Dürrenmatt (Einaudi, 1972). 1 E' questo il nome del progetto al quale lavorarono negli Stati Uniti d'America gli scienziati che costruirono le prime bombe atomiche, ed al quale verrà dedicata qualche attenzione in un prossimo libro di questa stessa collana, dedicato all'improvvisa ed ancora oggi misteriosa scomparsa di un altro dei protagonisti della storia della fisica degli anni '30, Ettore Majorana. 9 Qualsiasi possa essere il giudizio etico di ciascuno di noi su quei non troppo lontani avvenimenti, e sul comportamento degli scienziati che vi furono coinvolti, non si possono non ricordare le lucidissime parole di uno dei pochi, per non dire l'unico, tra i protagonisti che ebbero il coraggio di effettuare una scelta radicalmente antitetica. Si tratta di Franco Rasetti, uno dei famosi "ragazzi di via Panisperna", che lavorarono alla fissione dell'atomo sotto la guida di Enrico Fermi, e che espresse nel 1945, in una lettera ad Enrico Persico, un altro compagno di studi di Fermi, il seguente pensiero: "Sono riuscito talmente disgustato delle ultime applicazioni della fisica (con cui, se Dio vuole, sono riuscito a non avere nulla a che fare) che penso seriamente di non occuparmi più che di geologia e di biologia" (e Rasetti mantenne la promessa!). Persico rispose ammettendo che era "un vero peccato che la fisica si sia così contaminata con interessi politici e militari, ma credo che al punto in cui erano le cose ciò era praticamente inevitabile e non se ne possa far colpa a nessuno". Il lettore interessato potrà trovare eco di questa polemica in Edoardo Amaldi, Da via Panisperna all'America, a cura di Giovanni Battimelli e Michelangelo De Maria (Editori Riuniti, Roma, 1997), nel quale i curatori commentano al riguardo dicendo che: "Se si può restare affascinati di fronte alla coerenza morale degli argomenti di Rasetti, non si può tuttavia evitare di rilevare che la sua condanna della bomba nucleare e dei fisici che l'avevano realizzata prescinde totalmente, con un distacco aristocratico e 'apolitico' dalla storia, da qualsiasi giudizio sulle circostanze di quegli anni - la guerra mondiale scatenata dai nazisti e la paura che Hitler arrivasse primo alla bomba atomica - che avevano motivato l'impegno nel Progetto Manhattan di molti scienziati, e in particolare dei suoi antichi amici Fermi, Rossi e Segrè", dimenticando però che, quando le bombe, per qualsiasi 'buona ragione' costruite, furono fatte esplodere, la Germania nazista era già capitolata, ed il Giappone era ormai alla resa..