FILMOGRAFIA DI

La filmografia fino a Belfast, Maine, curata e commentata da Alba Bariffi, è tratta da “Paesaggi umani. Il cinema di Frederick Wiseman”, a cura di Giorgia Brianzoli , Carlo Chatrian e Luca Mosso, volume pubblicato in occasione della rassegna dedicata a Frederick Wiseman all’interno del festival Filmmaker/doc 5, Milano 25 novembre - 5 dicembre 2000 (www.filmmakerfest.org).

Le sinossi degli ultimi tre film sono tratte dal sito della casa di produzione e distribuzione ufficiale dei film di Frederick Wiseman, Zipporah Films (www.zipporah.com).

TITICUT FOLLIES 1967 84’ Il crudo documentario di Wiseman sul manicomio criminale di Bridgewater è il suo primo film e il più noto, anche perché clamorosamente, è stato per anni l’unico film americano sottoposto a restrizioni giudiziarie per motivi diversi dall’oscenità o dalla sicurezza nazionale – non poteva essere proiettato in pubblico senza il permesso del Commonwealth of Massachussets – nonostante nessuno dei pazienti ripresi nel film o delle loro famiglie abbia mai fatto causa al suo autore. Il divieto è stato revocato soltanto nel 1991. Titicut follies è il titolo del musical messo in scena dagli ospiti dell’istituto, le cui scene aprono e chiudono il documentario, a indicare non solo una forte consapevolezza linguistica del film ma anche la paradossale natura di performance attribuita alla malattia mentale all’interno dell’istituzione psichiatrica, che continuamente obbliga i pazienti ad “andare in scena” per osservarli e giudicarli.

HIGH SCHOOL 1968 75’ Nel ’68 la scuola superiore americana è ancora un’istituzione perbenista, ossessionata dalle regole, portatrice di una relazione pedagogica fondata sul conformismo e l’obbedienza: questo il grottesco ritratto delineato dal film di Wiseman, che va oltre l’aspetto nozionistico dell’insegnamento per metterne in luce il preciso intento di condizionare moralmente gli allievi. Anche i meglio intenzionati degli insegnanti sembrano avere come scopo non di entrare davvero in contatto con gli studenti o di stimolarne lo spirito critico ma di trasformarli in “corpi che fanno un lavoro”, come afferma la sconcertante lettera della recluta diretta in Vietnam, che prima di partire scrive alla scuola per ringraziare tutti “per quello che hanno fatto per me”.

LAW & ORDER 1969 81’ Il terzo film di Wiseman dedicato alle istituzioni americane – definito dai Cahiers du Cinema “il migliore adattamento cinematografico di Ed McBain” – ha per oggetto la natura ambigua delle forze dell’ordine: da un lato servizio pubblico, soggetto alla sovranità popolare tanto cara alla democrazia americana, dall’altro strumento di repressione. Anche questa volta, lungi dal fare un discorso a tesi, Wiseman tiene lo sguardo addosso agli individui, attento sia alle ragioni dei cittadini sia a quelle dei poliziotti, visti non solo nell’esercizio delle loro funzioni ma anche come salariati con preoccupazioni simili a quelle degli altri lavoratori – in ultimo fanno anch’essi parte della miseria umana che, presente in vari modi in tutto il film, viene strumentalizzata politicamente da Nixon, ripreso durante una visita ufficiale a Kansas City.

HOSPITAL 1969 84’ Wiseman va a confrontarsi con il melting pot americano in un ospedale pubblico dell’East Side newyorkese, nel cui pronto soccorso confluiscono infiniti casi che è facile leggere come sintomo del degrado sociale dei quartieri circostanti nonché del viziato sistema sanitario americano, notoriamente fondato sulla sperequazione tra chi può pagare per l’assistenza e chi non può. Come in Law and order, la piccola troupe si trova ad adattarsi a eventi imprevedibili ed emergenze che nel loro susseguirsi impietoso e affrettato svelano la meccanicità, la fredda oggettività della “manutenzione del corpo” sulla quale nulla può l’umanità dei medici. Un’altra istituzione vista dall’interno, nel suo inevitabile isolamento dal resto del mondo, con i suoi risvolti di nera assurdità.

BASIC TRAINING 1971 89’ Un gruppo di reclute dell’esercito americano – lo stesso all’epoca ancora impegnato in Vietnam – viene seguito durante i primi due mesi di addestramento alla vita militare. Una volta di più il cinema di Wiseman si sdoppia facendosi da una parte reportage, ovvero registrazione di eventi contingenti, unici nella vita dei protagonisti, e dall’altra documento su un’istituzione dai meccanismi per definizione sempre identici e ripetibili. Qui è l’individualità dei soldati a confrontarsi con un’istituzione che, come e peggio che in High School, mira a sospendere ogni senso critico dei suoi componenti per farne dei “veri uomini” capaci di adeguarsi alle regole. Il controllo e l’incanalamento dell’aggressività passa per i ragazzi attraverso il “giocare alla guerra” e l’adesione a una comunità celebrata dalla cerimonia finale, che ricollega l’esercito alla patria e – vi presenziano i parenti – alla famiglia.

ESSENE 1972 86’ Il monastero è la più chiusa fra le comunità esplorate da Wiseman, quella in cui sono programmatici la ritualità, l’isolamento, la subordinazione dell’individuo al gruppo e alla legge (qui, la legge di Dio). Allora, in un ambiente così rarefatto, saranno da cogliere come significative le minime devianze rispetto ad abitudini e cerimoniali, gli scontri e le crisi personali di cui la vita del monastero è causa e rimedio (questo circolo vizioso, dice Wiseman, gli ha imposto l’uso del primissimo piano e del pianosequenza, allo scopo di renderne la tensione drammatica). Il mondo esterno è qui una contraddizione, un’assenza imprescindibile: è la memoria di ciò da cui si viene, l’oggetto dell’intercessione nella preghiera, il luogo a cui sarebbe impossibile tornare (ciò che, secondo Wiseman, apparenta strettamente il monastero all’istituzione psichiatrica di Titicut Follies). Il titolo si riferisce agli Esseni, setta ascetica ebraica fondata nel II secolo a.C.

JUVENILE COURT 1973 144’ Nell’affrontare un tema così importante per la democrazia americana come quello della giustizia, Wiseman svela anche – più chiaramente del solito – un altro filo conduttore dei suoi film: oltre al discorso sull’America, quello sul cinema americano. Il racconto dei casi che compaiono davanti al giudice del tribunale minorile porta lo spettatore a una fruizione simile a quella di una fiction giudiziaria, senonché la dominante del film è l’incertezza, non la spiegazione di un mistero. Gli unici elementi a disposizione per tentare di comprendere sono quelli in possesso del giudice stesso: non ci sarà mai un flashback che illustri com’è andata veramente, non si saprà più nulla del futuro dei personaggi. Drammaticamente efficacissimo, il film di Wiseman non può però essere consolatorio, nonostante il profilo del personale giudiziario sia sostanzialmente positivo (nel decidere del destino dei ragazzi, giudici e avvocati possono fare solo congetture, per quanto ben intenzionate).

PRIMATE 1974 105’ Per le crude immagini di vivisezione e i pressanti interrogativi etici sulla ricerca scientifica e i suoi scopi, Primate rimane uno dei film più duri e contestati di Wiseman. Mai come in questo caso gli è stata rinfacciata come tendenziosa la scelta di non inserire nel film un commento alle immagini, come se questo potesse riscattare dal ridicolo la parte che descrive la minuziosa attività sessuale delle scimmie, o magari spiegare serenamente i cruenti esperimenti di laboratorio che seguono. In realtà, gli scienziati appaiono anche gentili e affettuosi con gli animali, ma il loro mestiere impedisce loro di chiedersi se le bestie hanno dei diritti, fino a che punto i diritti dell’uomo possono avere il sopravvento, e quale uso verrà fatto, in ultima istanza, delle scoperte scientifiche. Come al solito, Wiseman vede nell’impersonalità, nella neutralità delle istituzioni un pericolo, e punta il dito su ciò che troppo spesso passa inosservato. Lungi dal fare del sentimentalismo sugli animali, dunque, osserva gli scienziati da vicino come loro fanno con i primati.

WELFARE 1975 167’ Welfare, il più lungo e complesso film di Wiseman nei primi dieci anni della sua carriera, rimane una pietra miliare nel suo impietoso lavoro di osservazione della realtà sociale e istituzionale americana. La stessa umanità diseredata ritratta in Hospital (i poveri di Welfare sembrano tutti sull’orlo della follia, personaggi tragici o tragicomici di un teatro dell’assurdo) torna alla ribalta nelle interminabili code di un ufficio deputato a stabilire i requisiti dei candidati ai vari sussudi per indigenti, invalidi, ecc. Impiegati e utenti appaiono accomunati dalla frustrazione che li schiaccia a causa dell’elefantiaco sistema burocratico, fino a far loro

perdere la speranza che possa avere una qualche utilità. Alla fine è un uomo esasperato a riepilogare i principi di democraticità ed uguaglianza della costituzione americana, ma in negativo, con il massimo dello scetticismo, come se anche per Wiseman essi fossero solo un’illusione e la società fosse invece determinata a mantenere l’isolamento dei suoi ghetti.

MEAT 1976 113’ La limpida struttura del film (dopo Welfare Wiseman ritorna a un formato più consueto) è funzionale alla descrizione del percorso della carne bovina e ovina dagli allevamenti fino all’hamburger simbolo della cucina nazionale statunitense, attraverso tutte le sue tappe culminanti in un mattatoio altamente automatizzato – uno degli impianti maggiori del paese – nelle cui riprese è dato grande risalto anche all’estrema meccanizzazione e parcellizzazione del lavoro umano (il lavoratore non vi appare molto più libero delle bestie che manda al macello). Nonostante l’argomento disturbante dalle forti implicazioni etiche, Meat non ha destato lo scalpore di Primate, forse per lo stile piano e distaccato, quasi sottotono.

CANAL ZONE 1977 174’ In una piccola zona attorno al canale di Panama sussiste un’enclave statunitense composta dal personale civile, militare, commerciale, coinvolto nel funzionamento del canale stesso, un microcosmo ideale per l’osservazione di Wiseman (che con questo film inaugura un breve filone dedicato agli americani residenti fuori dal territorio nazionale). Lontani da casa, coloni ormai minacciati dall’estinzione, gli americani della Canal Zone si rifugiano in una vita sociale fatta di banchetti, ricevimenti e cerimonie patriottiche da cui emerge un conservatorismo paradossalmente provinciale che finisce per risultare patetico, come un commento elegiaco – non privo di risvolti comici – ai valori tradizionali e all’imperialismo americano.

SINAI FIELD MISSION 1978 127’ La missione del titolo è quella destinata a presidiare una zona-cuscinetto sul Sinai, durante la fase di riavvicinamento tra Egitto e Israele nel periodo immediatamente precedente agli accordi di Camp David. Anche qui, come in Canal Zone, l’America lontana è evocata nel “recinto” degli americani all’estero da gesti e rituali tesi a ricreare le abitudini domestiche, passatempi compresi, senza il minimo interesse – o molto superficiale – per la cultura locale e le stesse attrattive turistiche del luogo (non a caso le riprese del film si svolgono tutte all’interno del complesso della SFM, tranne per l’escursione a un vicino cimitero beduino).

MANOUVRE 1979 115’ Wiseman ha seguito per intero una delle esercitazioni annuali tenute dall’esercito americano nell’Europa occidentale, con lo scopo di sperimentare la risposta americana all’eventuale esigenza di giungere in soccorso delle forze NATO presenti nell’area. Qui inevitabilmente Wiseman finisce per citare e sovvertire il film di guerra americano, applicando il suo graffiante senso dell’umorismo a una serie di manovre che ben vi si prestano, visto il loro statuto di guerra-gioco. In modo piuttosto agghiacciante, però, la terminologia del gioco viene usata dai militari anche in relazione a una possibile guerra vera… qual è il confine tra le due? (Ma ci sono alcuni riferimenti all’ultimo conflitto mondiale, emersi da una conversazione con una famiglia tedesca, a suggerirlo).

MODEL 1980 129’ Un altro ambiente chiuso, che finisce per costituirsi come mondo parallelo al quotidiano, è quello della moda e della pubblicità descritto in Model, il documentario più metaliguistico di Wiseman per l’insistenza nell’indagare i processi di produzione dell’immagine fotografica e filmica. Alle scene girate all’interno dell’agenzia di modelle fanno da contrappunto le immagini della città, in contrasto con l’iperrealtà costruita dalle immagini pubblicitarie. Tratto saliente del film è la ripresa delle infinite ripetizioni delle performance – per le riprese di uno spot o per una session fotografica – in cui gradualmente i modelli (altrove ripresi anche nella normalità dei momenti di attesa, di scherzo, al trucco…) finiscono per diventare davvero tali nella percezione dello spettatore (la pubblicità si propone come modello di vita), per appiattirsi totalmente nel personaggio, trasformandosi in manichini.

SERAPHITA’S DIARY 1982 90’ Più volte, nelle sue interviste, Wiseman ha dichiarato l’intenzione di girare un film di finzione utilizzando tecniche da documentario, citando come modello La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo. Dopo la produzione di The Cool World (1963) – film tratto dall’omonimo romanzo di Warren Mills sulle gang di Harlem, che Wiseman fa dirigere alla newyorkese Shirley Clarke – l’unica sua prova in questa direzione è Seraphita’s Diary, in cui finge di ispirarsi ai diari di una bellissima modella (la protagonista è una delle ragazze del film precedente, Model) che lotta per essere apprezzata per quello che è invece che per il suo aspetto fisico; alla fine scomparirà misteriosamente. L’effetto cercato dal film, in realtà, non è di farsi credere un documentario ma invece di denunciare continuamente il proprio artificio: la messa in scena è minimalista e Apollonia van Ravelstein è l’unica interprete di tutti i personaggi.

THE STORE 1983 118’ Wiseman affronta questa volta un soggetto apparentemente futile – lo shopping – in un film da molti criticato come blando o poco originale nel mostrare un aspetto tutto sommato risaputo dello stile di vita americano. Invece il ritratto dell’organizzazione, delle tecniche di vendita e dei clienti di questo negozio specializzato nella commercializzazione di beni di lusso, secondo Wiseman, è altrettanto rivelatore della società americana quanto i suoi film precedenti, se, come sostiene l’antropologo Clifford Geertz, è tipico di ogni individuo investire cose banali e quotidiane di significati profondi. The Store, per la sua analisi della merce come legame sociale, è inoltre un film imprescindibile per la corrente critica incline a dare una lettura (in largo senso) marxista del cinema di Wiseman.

RACETRACK 1985 114’ Belmont, uno degli ippodromi più importanti del mondo per le corse dei purosangue, permette a Wiseman di individuare un altro microcosmo da esplorare (allevatori, appassionati e lavoratori dell’ambiente delle corse), tornando allo stesso tempo sul rapporto tra uomo e animale. Se dai loro proprietari i cavalli sono descritti come beni o addirittura “strumenti”, e valutati secondo il loro equivalente in dollari, Wiseman – pur in un film meno provocatorio di Primate e Meat – non rinuncia a tessere paralleli tra i cavalli e i loro “padroni” come a suggerire un’uguaglianza di fondo, non solo in vari momenti della quotidianità ma anche in una vita spesso costretta da percorsi obbligati scanditi da steccati, corsie e, perché no, paraocchi.

BLIND 1986 132’ DEAF 1986 164’ ADJUSTMENT & WORK 1986 120’ MULTI-HANDICAPPED 1986 126’ Proiettati dal Public Broadcasting System come miniserie dal titolo Deaf and Blind nel 1988, i film girati da Wiseman presso le scuole dello storico Alabama Institute for the Deaf and Blind (Talladega, Alabama) fondato nell’Ottocento, possono essere visti come quattro film indipendenti o come un unico corpus di ben nove ore dull’handicap e sul tentativo di superarlo. Le scuole di occupano rispettivamente di bambini ciechi (Institute for the Blind), bambini sordi (Institute for the Deaf), persone con questi handicap in cerca di inserimento nel mondo del lavoro (E. H. Gentry Technical Facility) e bambini con handicap multipli (Helen Keller School). Sono questi tra i film più “buoni” di Wiseman, in cui gli aspetti positivi dell’istituzione in esame – gli aspetti positivi delle persone, l’interesse e il rispetto per quello che fanno – prevalgono sugli intenti di denuncia. Non manca però una graffiante sottolineatura della retorica del sogno americano e della sua tragica inadeguatezza ai soggetti a cui viene proposto.

MISSILE 1987 115’ Wiseman ritorna alle istituzioni militari, questa volta non scendendo sul campo di esercitazioni e missioni ma seguendo pazientemente la formazione del personale destinato ai centri di controllo del lancio dei missili balistici intercontinentali Minuteman. Il vero argomento, la guerra nucleare, rimane quindi sotteso al film, che si limita a seguire la quotidianità della vita di un gruppo di persone al lavoro, durante le lezioni come nei momenti di relax, lasciando implicita l’inquietante considerazione che non c’è poi una gran differenza tra noi e chi è in grado di premere il famoso bottone. Forse perché non punta esplicitamente il dito su questioni ideologiche, il film è piaciuto ai militari della base, e del resto Wiseman non ha avuto difficoltà a ottenere il

permesso di girare lì (lui stesso tiene a sottolineare che il governo americano pare credere veramente nella tutela della libertà d’espressione garantita dalla costituzione).

NEAR DEATH 1989 358’ “La gente normale non ha abbastanza informazioni per affrontare le scelte che la medicina ad alta tecnologia comporta… Tuttavia la metà di noi morirà in un ospedale. Si potrebbe considerare Near Death una specie di prova generale” (F. W.). Il film, il più lungo di Wiseman (sei ore, forse per condurre lo spettatore dal turbamento iniziale a una riflessione più serena sull’argomento), segue quattro casi di pazienti tenuti in vita artificialmente in un reparto di terapia intensiva specializzato in malati terminali. Le sequenze sul paziente e i familiari si alternano a sequenze in cui i medici discutono del caso fra loro, facendo emergere i problemi etici connessi con l’uso della tecnologia che, in pratica, mantiene in vita i pazienti perché i parenti abbiano il tempo di accettare l’eventualità della morte. Il confine tra vita e morte ne risulta confuso e uno dei compiti fondamentali del personale medico risulta essere quello di confortare pazienti e famiglie, tentando di spiegare loro una situazione incomprensibile, incoraggiandoli a prendere una decisione impossibile.

CENTRAL PARK 1989 176’ Con i suoi 840 acri di verde al centro di Manhattan, il Central Park può essere superficialmente letto come un corpo estraneo nella metropoli, un’oasi naturale contrapposta alla città. L’obiettivo di Wiseman, invece, lo descrive come un’altra delle istituzioni sociali che costituiscono l’oggetto prevalente dei suoi film, svelando il continuo lavoro di progettazione e manutenzione svolto dalle autorità cittadine per mantenere viva quest’illusione di natura in una delle zone più urbanizzate del mondo, ma soprattutto esplorando gli infiniti modi – dai più consueti ai più stravaganti – in cui i newyorkesi lo abitano, lo usano, lo vivono, come un Eden in cui trovare riscatto alle mille frustrazioni della vita urbana. Particolare attenzione è dedicata ai meccanismi di gestione e finanziamento del parco, che passano anche attraverso il lavoro di un’apposita fondazione e numerosi gruppi di volontari.

ASPEN 1991 146’ Celebre nell’Ottocento per le sue miniere d’argento, Aspen è oggi la località di sport invernali più esclusiva e ambita degli Stati Uniti. Wiseman indaga le contraddizioni che si celano dietro questa immagine frivola osservando sia i turisti sia la gente del posto – in cui le tracce di spirito del vecchio West sono presenti ancora oggi – con l’usuale, acutissima abilità nel selezionare dalla vita quotidiana episodi dal peculiare valore simbolico (una discussione di un gruppo di lettura sul racconto Un cuore semplice di Flaubert rivela insospettabili affinità tra la vita dell’anziana domestica e quella degli abitanti di Aspen).

ZOO 1993 130’ Dopo Primate, Meat, Racetrack, Wiseman torna sul tema degli animali visitando uno zoo, uno dei luoghi dove l’uomo appare più inadeguato al ruolo di custode del creato biblicamente attribuitogli: le bestie sono bellissime, il personale qualificato e sensibile, eppure la vita dello zoo appare costellata di episodi pieni di sofferenza inevitabile, di cui nessuno ha colpa, quando i guardiani si trovano costretti dall’istituzione in cui lavorano a uccidere un coniglietto per nutrire un boa o a eliminare un cane randagio che ha fatto strage tra le antilopi. Il senso di tutto questo non può che sfuggire all’attenta registrazione dei dati degli addetti ai lavori, così come agli obiettivi dei turisti e dello stesso cineasta. Al tempo della diffusione, una recensione del “New York Times” lamentò che il film fosse poco adatto ai bambini.

HIGH SCHOOL 2 1994 220’ La CPESS, situata a Spanish Harlem (il 45% degli studenti sono neri, il 45% ispanici, il 10% bianchi), è una scuola superiore considerata di grande successo: ha un basso tasso di abbandono e il 95% dei suoi diplomati prosegue gli studi al college. Il metodo didattico della scuola, organizzata in piccole classi con molta interazione insegnante-allievo, viene illustrato da Wiseman con particolare attenzione a momenti formativi come l’apprendimento delle cinque “abitudini mentali” (saper valutare i fatti, essere consapevoli della molteplicità dei punti di vista, individuare connessioni e relazioni, fare ipotesi alternative, affermare dei valori), i dibattiti sull’attualità (il periodo è quello delle rivolte di Los Angeles seguite al caso Rodney King), la soluzione di problemi disciplinari, gli incontri con i genitori. Inevitabile il paragone con l’ingessata scuola

ritratta nel film del ’68.

BALLET 1995 170’ Wiseman segue ballerini, coreografi, tecnici dell’American Ballet Theatre durante le prove nella sede di New York e poi in tournée, applicando il suo stile scarno a un soggetto che spesso è stato idealizzato o dipinto con eccesso di romanticismo. Questa volta i quadri wisemaniani della vita quotidiana di un gruppo di lavoro (durante le prove ma anche in momenti di svago durante i viaggi all’estero) hanno come contraltare l’esito artistico di quel lavoro, sotto le luci del palcoscenico.

LA COMEDIE-FRANCAISE 1996 223’ versione originale in francese con sottotitoli in inglese Per il suo secondo film sul mondo dello spettacolo, Wiseman punta l’obiettivo su una delle istituzioni teatrali più antiche e prestigiose del mondo (mai ritratta prima in un documentario), tornando così a Parigi dove è vissuto negli anni Cinquanta. Le immagini della vita della compagnia e delle prove e/o rappresentazioni degli spettacoli La double incostance di Marivaux (regia di Jean-Pierre Miquel), Occupe-toi d’Amélie di Feydeau (regia di Roger Planchon), Dom Juan di Molière (regia di Jaques Lassalle), La Thébaïde di Racine (regia di Yannis Kokkos) vanno a comporre una sintesi della cultura teatrale francese e dell’esprit suggerito dal sottotitolo L’amour joué (l’amore “recitato” ma anche “giocato”, ossia concepito secondo regole precise). Così facendo però il film delinea anche il ritratto di un gruppo di lavoro che finisce per riprodurre meccanismi ed equilibri esemplari della società francese.

PUBLIC HOUSING 1997 195’ Nella zona meridionale di Chicago c’è un distretto, lungo sette chilometri, di quartieri popolari abitati da neri. E’ separato dai sobborghi residenziali della piccola borghesia da un’autostrada a dieci corsie. Wiseman sceglie per il suo film sugli alloggi popolari il quartiere intitolato a Ida B. Wells (assistente sociale di colore nota per il suo attivismo) dove va a riprendere residenti e operatori dei servizi sociali, poliziotti, amministratori della Chicago Housing Authority. Si tratta di scene di vita di strada ma soprattutto – per evitare qualsiasi semplicismo – di lunghi dialoghi, incontri-scontri tra i neri abitanti della zona, con i loro problemi di indigenza, violenza, droga, e i neri della middle-class preposti ad aiutarli, a loro volta divisi tra operatori molto pragmatici e radicati nel territorio (Mrs Finner) e altri più legati a teorie moderne e al governo federale (Ron Carter).

BELFAST, MAINE 1999 248’ Wiseman esplora la vita quotidiana della cittadina portuale del Maine (6500 abitanti) in cui trascorre l’estate da venticinque anni. Passando in rassegna le attività di operai, commercianti, amministratori cittadini, medici, giudici, poliziotti, insegnanti, operatori sociali, attori, ministri del culto, il regista si trova così a ripercorrere molti dei temi a cui ha dedicato i suoi documentari precedenti, costruendo una fitta serie di rimandi interni alla sua filmografia che lui stesso ha definito “una specie di scherzo” . In questa “summa della vita americana di fine secolo”, come il film è stato definito, non manca un accenno ad alcune forti mitologie americane: la dovizia di risorse naturali del nuovo continente, per esempio, è qui rappresentata dagli splendidi paesaggi e dalla ricchissima fauna, con cui però l’uomo sembra entrare in relazione solo a scopo di sfruttamento (sono moltissime le scene di caccia, pesca e trasformazione dei prodotti alimentari); viene poi citato il capolavoro di Melville Moby Dick, che un insegnante delle superiori ribalta sul presente equiparando la titanica figura di Achab a un working class hero, come a dire un eroe dei pescatori salariati che popolano tuttora i porti del New England.

DOMESTIC VIOLENCE 2001 196’ Domestic Violence è stato girato a Tampa, in Florida. Mostra la polizia che risponde alle chiamate di violenza domestica e il lavoro di “The Spring”, il principale ricovero cittadino per donne e bambini. Le sequenze con la polizia riguardano le reazioni, l'intervento e il tentativo di risolvere i casi. Al ricovero vengono riprese invece le interviste, le sedute di consulenza individuali, le lezioni di controllo della rabbia, le terapie di gruppo e le riunioni del personale. Dato che due terzi dei residenti del ricovero sono bambini, il film è in gran parte incentrato sulle attività scolastiche, sulle sedute di terapia per minori in cui viene discussa la violenza

domestica, e sulla consulenza per genitori e figli su questioni ed esperienze infantili in relazione a casi di violenza all’interno della famiglia.

DOMESTIC VIOLENCE 2 2002 160’ Girato nel tribunale civile di Hillsborough County a Tampa in Florida, Domestic Violence 2 mostra i problemi ai quali le diverse corti di giustizia devono fare fronte nei casi di violenza coniugale: libertà provvisoria, rilascio sotto cauzione, regole concernenti le visite dei genitori e i contatti con i bambini, assegni alimentari... Le domande poste dai giudici e dagli avvocati fanno emergere le relazioni esistenti all’interno delle coppie e le forme specifiche di violenza che vi hanno avuto luogo.

THE LAST LETTER 2002 61’ versione originale in francese con sottotitoli in inglese Nel 1941, una dottoressa russa di origine ebrea vive in una piccola città dell’Ucraina appena occupata dai tedeschi. Scrive un'ultima lettera al figlio, un noto fisico russo che vive e lavora lontano dalla prima linea in un centro di ricerca scientifica sovietico. Scrive la lettera alcuni giorni prima di scoprire che lei e gli altri ebrei della città saranno uccisi. Parla della sua vita, del suo rapporto con il figlio e del suo amore per lui, degli anni di studio a Parigi, del suo matrimonio fallito. Ricorda il comportamento dei suoi vicini russi ed ucraini all'arrivo dei tedeschi, le varie reazioni della Comunità Ebraica, la crudeltà e gli orrori dell'occupazione, l'aiuto di alcuni vicini russi, l’avidità e l'indifferenza degli altri e il suo lento rendersi conto che la sua origine ebrea è più importante della sua nazionalità russa o della sua ideologia comunista. Il film è un lungo monologo interpretato da Catherine Samie, adattato a partire da uno spettacolo messo in scena da Wiseman alla Comédie-Francaise nel 2001 e basato su un capitolo del libro Vita e destino di Vassili Grossman.