Ella Milch-Sheriff (N
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Ella Milch-Sheriff (n. 1954) Der ewige Fremde (L’eterno straniero) (nuova commissione del Teatro Massimo con la Gewandhaus Orchester di Lipsia e la BBC Philharmonic di Manchester) Monodramma per attore e orchestra (Edizioni Peters) Testo Joshua Sobol Voce recitante Eli Danker Ludwig van Beethoven (1770-1827) Messa in Do maggiore op. 86 per soli, coro e orchestra Kyrie Gloria Credo Sanctus Agnus Dei Soprano Laura Giordano Mezzosoprano Marianna Pizzolato Tenore Luis Gomes Basso Evan Hughes Disegno dello spazio scenico e regia Roberto Andò Scene e luci Gianni Carluccio Video Luca Scarzella Video-mapping Michele Innocente Musica ambient installazione Antonello Raggi Direttore Omer Meir Wellber Orchestra e Coro del Teatro Massimo Maestro del Coro Ciro Visco Assistente del direttore musicale Keren Kagarlitsky Ella Milch-Sheriff Ludwig van Beethoven Ella Milch-Sheriff Der ewige Fremde (L’eterno straniero) Quando il direttore israeliano Omer Meir Wellber, al quale è dedicato questo lavoro, mi ha contattato con l’idea di comporre qualcosa in occasione dei 250 anni di Beethoven, una composizione che fosse collegata in qualche modo alla sua vita, rimasi quasi paralizzata. Come si poteva fare? In che modo avrei mai potuto “toccare” la storia della vita di Beethoven. Il punto di partenza è stato un sogno di Beethoven sor- prendente e relativamente poco conosciuto, del quale scrisse al suo amico ed editore Tobias Haslinger il 10 settembre 1821 da Baden. Beethoven odiava i viaggi. Spesso accettava l’invito a recarsi in paesi stranieri ma poi cancellava all’ultimo minuto. E l’argomento del suo sogno è un lunghissimo viaggio che fa “addirittura fno in Siria, addirittura fno in India, addirittura fno in Arabia” per arrivare infne a Gerusalemme, dove fa una qualche esperienza religio- sa e appare il suo amico Tobias. Beethoven descrive il canone musicale che ha ascoltato in questo sogno e lo include nella lettera a Tobias, usando il nome dell’ami- co come testo per la musica. “Ieri mentre mi trovavo in carrozza sulla strada di Vi- enna, il sonno mi sopraffece, anche perché non riesco quasi mai a dormire abbastanza. Mentre sonnecchia- vo, ho sognato di viaggiare molto lontano, addirittura in Siria, addirittura in India, poi indietro, addirittura in Arabia, e alla fne giunsi a Gerusalemme. La città santa condusse il pensiero ai libri sacri…” Davvero strano… chi l’avrebbe immaginato? Beetho- ven in Siria e in Arabia? E a Gerusalemme? Ma questo strano e insolito sogno ha ispirato al drammaturgo e autore israeliano Joshua Sobol il testo che mi ha spinta 18 a comporre The Eternal Stranger. La lunga poesia di Sobol su questo tema si intitola: Die Wanderschaft des ewigen Flüchtlings und der Kampf gegen die Verzweifung (Il vagare dell’eterno rifugiato e la lotta contro la disperazione). Ho scelto quelle parti del testo che mi permettevano di presentare una situazione in cui una persona, non nec- essariamente un rifugiato, anche se potrebbe esserlo, si trova in un ambiente sconosciuto e ostile. Chi è lo “straniero” di questa composizione? È Beethoven, che era considerato dalla società della Vienna del suo tempo un genio ma lunatico, mezzo pazzo, sporco e disgustoso? Era respinto da molti tranne alcuni fedeli amici. Il fatto di essere sordo rafforzava il senso di “estraneità” e solitudine di Beethoven. È un rifugiato, un qualsiasi rifugiato, che aveva una vita intensa da qualche altra parte ma che è dovuto fuggire e si trova in una cultura totalmente differente, incapace di comunicare con la gente? Lascio aperta questa domanda. Lo straniero è chiunque si trovi in un ambiente ostile che lo respinge senza ra- gione alcuna se non perché lui o lei è diverso, sembra di- verso, si muove in modo diverso, parla una lingua diversa. Ma lo straniero è un essere umano che ha gli stessi de- sideri di ogni altro essere umano. È una composizione sulla solitudine e l’estraneità ma anche sul desiderio per la vita. Lo straordinario sogno di Beethoven mi ha permesso di usare molte connotazioni musicali dalla mia patria, Israele, Gerusalemme, e i suoni della mia infanzia: un misto di musica araba, musica ebraica di ogni tipo (ori- entale e occidentale), ma anche viennese, della vecchia Europa, e anche Mahler e Schönberg mi sono venuti in mente qui e la mentre componevo. (Mahler, che era rispettato ma al quale si rinfacciava sempre di essere un 19 Ella Milch-Sheriff Ludwig van Beethoven piccolo ebreo, e Schönberg che dovette lasciare la sua patria perché era ebreo). Il canone di Beethoven viene citato, specialmente nel- la prima parte, modifcato in vari modi. È mescolato a suoni medio-orientali in due mondi completamente di- versi che si incontrano ma che forse non riescono per nulla a collegarsi. Il testo di Sobol alterna prima, seconda e terza persona. Il suo “straniero” ha un’ombra e quest’ombra è la ter- za persona della quale parla. La sua identità diviene confusa mentre il suo mondo si dissolve e il suo “Io” svanisce. La “terza persona” è una parte della sua iden- tità che non può essere defnita. A volte ha sperimenta- to l’incapacità di comunicare con chiunque, una terrib- ile solitudine. La vita diviene silenziosa. Non è in grado di capire il senso delle parole, tutto gli suona come un mescolarsi di rumori. Questo potrebbe essere associa- to anche alla sordità di Beethoven. Il linguaggio, il principale mezzo di comunicazione tra gli esseri umani, gli sfugge. Ma il linguaggio del corpo è più forte e gli dona vita e speranza. Sono profondamente grata al mio defunto marito, il compositore e direttore Noam Sheriff che, due setti- mane prima della sua morte improvvisa, mi fece conos- cere lo straordinario sogno di Beethoven che è poi diven- tato l’infrastruttura e l’ispirazione di questa composizione. Ella Milch-Sheriff Ottobre 2019 20 Messa in Do maggiore Ella Milch-Sheriff ha concepito Der ewige Fremde per- ché venga seguito senza soluzione di continuità da una composizione di Beethoven: è per questo che il fnale scritto per Palermo e che collega il monodramma alla Messa in Do maggiore di Beethoven è diverso rispetto a quello sentito alla Gewandhaus di Lipsia per la prima esecuzione assoluta, sempre sotto la direzione di Omer Meir Wellber ma con la Quarta Sinfonia di Beethoven. La Messa in Do maggiore, meno nota rispetto alla più tarda Missa solemnis, fu scritta su commissione del principe Esterházy, patrono anche del vecchio Haydn, ed ebbe un clamoroso insuccesso alla sua prima ese- cuzione, anche perché era stata provata poco e male: ne seguirono le recriminazioni del principe e lo sdegno di Beethoven, e un sostanziale oblio durante la vita del compositore: questa Messa, ancora oggi poco esegui- ta, può essere considerata quasi un’emarginata. Fin dal Kyrie iniziale vediamo come Beethoven non strutturi la Messa sull’alternanza di arie, duetti e bra- ni corali, ma in modo più libero, facendo intervenire i quattro solisti quando lo ritiene necessario. Il com- positore rispetta comunque alcune convenzioni della Messa: nel Gloria mantiene la secolare tradizione dello stacco netto tra la prima frase, Gloria in excelsis Deo, con solenni squilli di tromba, e la seconda, Et in terra pax hominibus bonae voluntatis, un sommesso piano con un drastico cambiamento di colore orchestrale, ri- dotto ai corni e agli archi. Anche nel Credo Beethoven porta la nostra attenzione sul contrasto tra la dimensio- ne intima e quella pubblica, con echi della tradizione delle Passioni nel drammatico Crucifxus. Dopo la sere- nità del Sanctus, l’Agnus Dei si conclude con un esplici- to richiamo al Kyrie iniziale. 21 Ella Milch-Sheriff Ludwig van Beethoven A Tobias Haslinger a Vienna Baden, 10 settembre 1821 Eccellentissimo! Ieri mentre mi trovavo in carrozza sulla strada di Vien- na, il sonno mi sopraffece, anche perché non riesco quasi mai (dato che qui mi alzo presto) a dormire ab- bastanza. Mentre sonnecchiavo, ho sognato di viag- giare molto lontano, addirittura in Siria, addirittura in India, poi indietro, addirittura in Arabia, e alla fne giunsi a Gerusalemme. La città santa condusse il pen- siero ai libri sacri; e non c’è da stupirsi che mi venne in mente l’uomo Tobias, e naturalmente poi il pensie- ro è andato al nostro piccolo Tobias e al pertobias; e poi durante il mio viaggio onirico ho concepito il seguente canone: Ma non appena mi sono destato il canone è svanito, e non voleva più tornarmi in mente. Pure quando io l’altro giorno sono tornato sulla stessa vettura (pove- ro musicista austriaco) il viaggio del sogno mi si è ripresentato da sveglio, pensate, secondo la legge dell’associazione di idee, lo stesso canone mi è venu- to in mente; e stavolta l’ho trattenuto con forza, come fece Menelao con Proteo, e non l’ho lasciato andare, 24 gli ho solo concesso di svilupparsi a tre voci: Arrivederci! Presto manderò anche qualcosa su Stei- ner, per dimostrare che non ha un cuore di pietra. Arrivederci, eccellentissimo, ci auguriamo sempre, che non rispondiate mai al nome di editore, e che non siate mai in imbarazzo, ma gli editori non sono mai imbarazzati, né nel prendere né nel distribuire.1 – Cantate ogni giorno l’Epistola di san Paolo, anda- te ogni giorno da Padre Werner, che vi mostrerà il libretto, grazie al quale giungerete subito in cielo; vedete la mia preoccupazione per la salvezza della vostra anima, e io rimango sempre con grande godi- mento nei secoli dei secoli Il vostro fedelissimo debitore Beethoven 1 Beethoven fa un gioco di parole tra Verleger, editore, e Verle- genheit, imbarazzo [NdR]. 25 Ella Milch-Sheriff Ludwig van Beethoven Der ewige Fremde Monodram für einen Schauspieler und Orchester Text von Joshua Sobol Deutsche Fassung von Barbara Linner Ein Mann beobachtet Menschen an einem fremden Ort.