Viva La Black Louis Moholo ‐ Moholo Keithtippett & Julie Tippetts Pino Minafra & Minafric Orchestra
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Viva la Black Louis Moholo ‐ Moholo KeithTippett & Julie Tippetts Pino Minafra & Minafric Orchestra Une musique qui n’a jamais cessè de rèsonner dans nos oreilles et dans nos coeurs et que la couple Tippett maintient et règènere sans cesse avec le merveilleux batteur Louis Moholo. Jazz Magazine Keith Tippett – pianoforte, direzione Julie Tippetts – voce Louis Moholo Moholo – batteria Pino Minafra, Luca Calabrese, Vito Francesco Mitoli – trombe Roberto Ottaviano, Sandro Satta, Carlo Actis Dato, Rossano Emili – sassofoni Lauro Rossi, Beppe Caruso, Gianpiero Malfatto – tromboni Giovanni Maier – contrabbasso Livio Minafra – tastiere Vincenzo Mazzone ‐ batteria Valentina Casula, Sandrine Seubille, Sylvie Ah‐Moye – voci VIVA LA BLACK nasce nell’estate del 2004 al Talos Festival di Ruvo di Puglia, sotto la direzione artistica di Pino Minafra, il quale commissiona un incontro di grande rilievo artistico ed umano: produrrà un concerto memorabile ed una registrazione pubblicata dalla storica etichetta inglese Ogun Records, con un disco che raccoglie entusiastiche accoglienze dalle maggiori testate jazzistiche internazionali. Questo incontro non resta però un episodio isolato: da quel momento in poi i suoi protagonisti, cioè Louis Moholo‐Moholo, Keith e Julie Tippett, insieme ai musicisti italiani della Minafric Orchestra, avranno modo di esibirsi in alcuni fra i maggiori festival europei, tra i quali Banlieues Blues a Parigi, il Grenoble Jazz Festival, l’Europa Jazz Festival di Le Mans, il festival di Sant’Anna Arresi ed il festival Jazz di Lubjiana, raccogliendo numerosi consensi da critica e pubblico. Booking & Management: Eleonora Biscardi cel +39 334 2169260 [email protected] artupart © by Eleda srl - via Val di Sole 11, 20141 Milano - Tel./Fax +39 02 39449114 L’intento è quello di rinnovare quello spirito di fratellanza già avviato a metà degli anni ’60 in Inghilterra e valorizzare ulteriormente gli stimoli e la freschezza musicale contenuta nelle pagine e nella vita artistica di alcuni musicisti africani insieme alla poetica di alcune figure di spicco del jazz inglese che per prime crearono un ponte tra vari stili e culture nello spirito comune del Jazz A metà degli anni '60 un piccolo drappello di musicisti africani denominato “Blue Notes”, lasciò definitivamente il suo paese cominciando un vero e proprio pellegrinaggio che li portò dalla Francia alla Svizzera, e dalla Scandinavia all'Inghilterra attraverso non minori difficoltà di quelle incontrate nella loro terra. In seguito, attraverso la condivisione e la collaborazione tra questi ed alcuni tra i più sensibili musicisti della scena jazzistica inglese, si svilupperà un capitolo ulteriore di questa straordinaria avventura con un nome carico di significato: “Brotherhood of Breath” ovvero "fratellanza del respiro". Le musiche scritte per questo ensemble resteranno emblematiche dell'opera di congiunzione fra tradizioni ritmico melodiche proprie delle culture tribali "Xhosa" "Bantu" "Kwela" "Mbaqanga" ed il Jazz americano dando vita ad una musica originale, forte e vitale come poche che ancora oggi resta una delle pagine orchestrali più belle della storia del jazz prodotto in Europa. Gli artefici africani di questa meravigliosa stagione si chiamavano Chris McGregor, Mongezi Feza, Dudu Pukwana, Johnny Dyani, Harry Miller, Nick Moyake. Un po’ alla volta sono scomparsi tragicamente tutti e resta con noi unico sopravvissuto di quella fiera stirpe, il batterista Louis 'Moholo' Moholo, da poco rientrato, dopo oltre 40 anni vissuti in Europa, a vivere nuovamente a Cape Town. Moholo ha suonato con i più importanti musicisti della scena jazz contemporanea da Cecil Taylor a Misha Mengelberg, da Roswell Rudd a David Murray ed ha registrato a Buenos Aires insieme a Enrico Rava e Steve Lacy nel 1966 lo storico album “The forest and the zoo”. Keith Tippett musicista inglese alfiere di uno fra i più intensi viaggi musicali a cavallo tra gli anni ’60 ed i decenni successivi, ha accolto nel proprio percorso artistico alcuni fra questi stimoli sonori forgiandoli insieme ad una personale visione ed una fede umana ed artistica incrollabile che lo ha portato a sostenere progetti utopistici come la orchestra di 50 elementi “Centipede” fondata a 22 anni nel 1970 e che raccoglieva musicisti provenienti dal rock, jazz, musica classica etc. con il quale incise lo storico album “Septober Energy. Nei decenni a seguire inventò altre stimolanti esperienze orchestrali comei “Ark” e “Tapestry” oltre che un quartetto di grande impatto denominato “Mujician” con cui ha suonato e registrato negli ultimi 20 anni. All’ inizio degli anni ‘90 poi contribuisce in modo determinante alla bellissima avventura della Dedication Orchestra, un’orchestra inglese che raccoglie storici musicisti come Elton Dean, Evan Parker, Lol Coxhill, Harry Beckett, Phil Minton e numerosi altri in cui arrangia alcuni dei brani più belli scritti dai compianti musicisti dei Blue Notes. Julie Tippetts (che molti fans ricordano per il suo antico passato negli anni Sessanta come Julie Driscoll) , presta a questo progetto la sua voce insostituibile, con quel timbro così unico e pregnante, ai testi ed alle dolci e dinamiche melodie contenute nelle composizioni di tutti questi autori. La Minafric Orchestra di Pino Minafra raccoglie oggi alcuni fra i maggiori musicisti italiani che nel loro personale approccio, hanno condiviso con i loro colleghi africani ed inglesi, un linguaggio ed un atteggiamento aperto e disincantato nei confronti dell’improvvisazione e dell’interpretazione della storia musicale afroamericana. Booking & Management: Eleonora Biscardi cel +39 334 2169260 [email protected] artupart © by Eleda srl - via Val di Sole 11, 20141 Milano - Tel./Fax +39 02 39449114 Some press rewiew: Two gifted English pianist‐composers, Django Bates and Keith Tippett, had their music profoundly changed by exposure to the work of the UK‐based South African jazz exiles of the 1960s and 70s. That era's great Brotherhood of Breath big band has welcome reissues of its first two albums later in the month. On this 2004 live set, Keith Tippett directs Italy's Canto General Orchestra, his singer wife Julie, and the majestically thrilling South African drummer Louis Moholo‐Moholo in reworkings of scores for the Dedication Orchestra tribute band, and Tippett's giant 1970s mixed‐idiom ensemble Centipede. Dudu Pukwana's rousing Mra and Mongezi Feza's You Ain't Gonna Know Me 'Cos You Think You Know Me are highlights, and there's a raft of fine Tippett and Harry Miller pieces. The soloing is terrific (notably trumpeter Vito Mitoli's high‐note overture to the polyrhythmic Mra, Felice Mezzina's grainy tenor sax on Tippett's hymn‐like Song, and two vivid forays reminiscent of Elton Dean for Roberto Ottaviano's soprano), and You Ain't Gonna Know Me 'Cos You Think You Know Me always tingles the spine. The Guardian – John Fordham ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ The sound of South African jazz in full cry is one of the most glorious on the planet. Exiled to the UK in the 60s by apartheid, Dudu Pukwana, Mongezi Feza, Johnny Dyani, Harry Miller, Chris McGregor and Louis Moholo mixed hard bop and free jazz with kwela, hi life and township jive. Their lives were tragically ended by health problems often the direct results of South African and British racism. Tippett directed the Canto General Orchestra from South Italy, his singer wife Julie and a vocal ensemble in reworked scores from his giant 1970s ensemble Centipede, and the Dedication Orchestra founded in the 1990s to keep alive the expatriate legacy. The concert formed the closing night of Pino Minafra's magnificent Talos Festival, and I can vouch that it was a thrilling experience. For several days Tippett had been rehearsing the large ensemble – including such luminaries as Roberto Ottaviano, Vincenzo Mazzone and Livio Minafra The Wire ‐ Andy Hamilton ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ Their repertoire might suggests a 1970 date, but in reality this was only 2004, with a bold mission to recreate arrangements from the golden years of the Dedication Orchestra and Tippett’s biggest of big bands, the bloated Centipede. An opening salvo leaves the listener wounded, reeling on the floorboards. The South African alto saxophonist Dudu Pukwana’s “Mra” is followed by Keith’s own “Thoughts To Geoff,” both tunes involving the pure embodiment of the joyous rush, full of ultra‐dynamic jolts and propelled by a six‐strong vocal chorus (seven, counting Julie). Such power! Roberto Ottaviano’s marathon soprano saxophone solo is supported by swelling jabs from dthe enlarge horn sections, then Tippetts is leading her battalion in their own vocal escalation and Moholo is in a tumbling dialogue with second drummer Vincenzo Mazzone. But there are more apocalyptic blowouts to come, lengthy, intense and hurtling up a gradient to godliness. Tippett’s “Cider Dance” and “Septober Energy” arrive at crucial stages in the running order, perfectly illustrating his ability to meld sing‐along repetitions with erupting free‐form unpredictability. Aside from the latter’s exultant nostalgia value (if the listener is familiar with the original vinyl double album!), these are pieces that shimmer eternally, regardless of whether they wered penne in the 1970s or beyond. What a great opportunity, presented by the Ruvo Festival, surely unsuspecting of the full forces that were set to be unleashed on their stage. All About Jazz – Martin Longley ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ Forse qualcuno ricorda i delicati sgocciolamenti