ANICA SCENARIO

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14/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale 6 Bob Thornton killer di «Fargo»: cedo alla tv dei Coen

14/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale 7 La fuga di Reese, ribelle da Oscar: rifletto le ansie della mia generazione

14/09/2014 Corriere della Sera - Roma 9 Il Festival dei corti raddoppia

14/09/2014 Corriere della Sera - Roma 10 Il film «The Wind» e i suoni del pianoforte

14/09/2014 Corriere della Sera - Bergamo 11 Il mio film per Salvatores

14/09/2014 La Repubblica - Roma 12 Un film di Ridley su Jimi Hendrix inaugura la Sala Bio

14/09/2014 La Repubblica - Palermo 13 Scimone e Sframeli sono "Due amici" al cinema De Seta

14/09/2014 La Stampa - Torino 14 In via Garibaldi la battaglia tra vivi dei morti viventi

14/09/2014 La Stampa - Torino 15 L'addio di Miyazaki I fan non si rassegnano "Non può lasciarci così"

14/09/2014 La Stampa - Nazionale 16 La prima oggi al Festival di Roma Il figlio: rispettata la sua integrità

14/09/2014 Il Messaggero - Marche 18 Il giovane favoloso al festival di Toronto

14/09/2014 Il Messaggero - Nazionale 19 Travolta: io, falsario

14/09/2014 Il Messaggero - Nazionale 20 Cast stellare, set al Pigneto Ecco "Andròn" la fantascienza è tricolore

14/09/2014 Il Sole 24 Ore 21 Festival onnivoro e vitale 14/09/2014 Il Sole 24 Ore 23 Scottanti colpe di Stato

14/09/2014 Avvenire - Nazionale 24 GERMI a Nomadelfia

14/09/2014 Avvenire - Nazionale 26 Snobbato dalla critica, anticipò tutti i filoni "all'italiana"

14/09/2014 Avvenire - Nazionale 27 Allarme copie pirata per «Cristiada»

14/09/2014 Il Mattino - Napoli 28 L'omaggio del Napoli FilmFest a De Sica, Eduardo e Troisi

14/09/2014 Il Tempo - Nazionale 29 Oscar e spaghetti I segreti di Sophia la magnifica ragazza

14/09/2014 Messaggero Veneto - Nazionale 31 Cervignano Film Festival , il cinema del limite

14/09/2014 Brescia Oggi 33 L´Ape Maia vola in 3D ad un secolo dalla nascita

14/09/2014 QN - La Nazione - La Spezia 34 Cine-abbonamenti per il Don Bosco

14/09/2014 Corriere del Mezzogiorno - Napoli 35 Pompei Festival con inediti di Troisi

14/09/2014 Libero - Nazionale 36 LA CARICA DI POZZETTO

14/09/2014 Il Giornale di Vicenza 37 L´Ape Maia vola in 3D ad un secolo dalla nascita

14/09/2014 La Prealpina - Nazionale 38 Roma rilancia i film dei Castiglioni

13/09/2014 Corriere della Sera - Roma 39 I segreti del giovane Holden

13/09/2014 Corriere della Sera - Milano 40 Slava Fetisov, un eroe sovietico

13/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale 41 Fincher, thriller sui cuori molesti: ogni coppia può avere un segreto

13/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale 42 Un regista italiano per «Escobar»: così ho trasformato Del Toro nel boss 13/09/2014 Corriere della Sera - Brescia 44 «Si alza il vento» sulla storia di Jiro, tra sogni e successo

13/09/2014 La Repubblica - Nazionale 45 Exodus Il Mosè di Ridley Scott "Più uomo che profeta ma rispetto chi ha fede"

13/09/2014 La Repubblica - Nazionale 47 A Milano i corti della moda

13/09/2014 La Repubblica - Nazionale 48 E il cinema racconta un brand

13/09/2014 La Repubblica - Nazionale 49 Kevin Bacon "Io e mio fratello seguiamo insieme i nostri sogni"

13/09/2014 La Stampa - Cuneo 51 Un "arrivederci" a Hollywood per amore dei campi di calcio

13/09/2014 La Stampa - Nazionale 52 "Ogni matrimonio ha una zona oscura: vi svelo la peggiore"

13/09/2014 Il Messaggero - Nazionale 53 «Amore bugiardo ma vero»

13/09/2014 Avvenire - Nazionale 54 Rosamund Pike: «Famiglie manipolate dai media»

13/09/2014 Il Manifesto - Nazionale 55 Sui binari DELLA MEMORIA

13/09/2014 Il Manifesto - Nazionale 57 Ben Hur, nel remake

13/09/2014 Il Piccolo di Trieste - Nazionale 58 Ecco Antonioni regista di spot per il quotidiano "Il Giorno"

13/09/2014 Il Tempo - Nazionale 60 Soldi agli artisti per l'audiovisivo con NuovoImaie

13/09/2014 Il Tirreno - Nazionale 61 Annalena tra le donne travolte dalle passioni della commedia noir

13/09/2014 La Gazzetta Del Mezzogiorno - Lecce 62 L'«Offf» svela il legame magico fra il cinema e la campagna

13/09/2014 La Sicilia - Agrigento 63 Primo posto ex aequo per i cortometraggi «Mathieu» e «Un uccello molto serio»

13/09/2014 La Sicilia - Nazionale 64 Enrico Ghezzi: «In ogni film c'è molto più che un Louvre» 13/09/2014 QN - Il Giorno - Nazionale 65 Nuovo cinema Samp: sulle maglie i film della Lucky Red

13/09/2014 Corriere del Mezzogiorno - Napoli 66 «Song 'e Napule» matrimonio a ?

13/09/2014 Il Giornale - Nazionale 67 Bond girl o psicopatica Rosamund Pike bella e trasformista

13/09/2014 Il Giornale - Milano 69 Pardi e leoni da lunedì sfilano sul grande schermo

13/09/2014 Il Trentino - Nazionale 70 Cinema digitale, prima proiezione in via Rosmini

13/09/2014 La Gazzetta dello Sport - Nazionale 71 Fincher in regia : «Faccio thriller realisti non cinici»

13/09/2014 La Prealpina - Nazionale 73 Il Cineforum fa 59, pronta la nuova stagione

13/09/2014 Alias 74 Quando il realismo coglie impreparata la nuova realtà

13/09/2014 Alias 77 Trieste crocevia del cinema estremo

13/09/2014 Stop 78 "WILLEM DAFOE PORTA AL CINEMA L'UOMO MA NON LA GRANDEZZA DI PIER PAOLO"

13/09/2014 Pagina99 - N.59 - settembre 2014 79 al festival di Milano

13/09/2014 Pagina99 - N.59 - settembre 2014 80 quando è il regista ad animare l'abito

13/09/2014 Pagina99 - N.59 - settembre 2014 82 la cineasta androgina che inventava le dive

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61 articoli 14/09/2014 Corriere della Sera - Ed. Nazionale Pag. 41 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

FictionFest Oggi l'anteprima a Roma della serie ispirata al successo cinematografico dei fratelli registi . Dieci episodi in arrivo su Sky Atlantic Bob Thornton killer di «Fargo»: cedo alla tv dei Coen Emilia Costantini

ROMA - «Se mi fossi trovato nella tua situazione, io l'avrei ammazzato: quello è uno che non merita di stare al mondo». Il killer professionista Lorne Malvo, interpretato da un inquietante Billy Bob Thornton, attacca così discorso con il povero frustrato Lester Nygaard (Martin Freeman) mentre, al pronto soccorso, aspetta di farsi medicare un brutta ferita sul naso che gli ha inferto il suo ex compagno di liceo Sam Hess (Kevin O'Grady), arrogante, volgare e corpulento, di cui è vittima sin da ragazzo. Da questo casuale incontro, prende il via una catena di omicidi. Ed è con questa scena che prende il via anche la serie tv «Fargo», che sarà presentata in anteprima oggi al Roma Fiction Fest e, da dicembre, in prima visione su Sky Atlantic HD. Ispirata all'omonimo pluripremiato film dei fratelli Coen (1996), qui produttori esecutivi, e vincitrice di 3 Emmy, la miniserie in 10 episodi, una black comedy che mescola sapientemente dramma e grottesco, ricca di colpi di scena e di sangue a fiotti, racconta in maniera antologica una tranquilla - si fa per dire - ed educata vita di provincia ambientata nel Minnesota. Lester è un impiegatuccio, lavora senza soddisfazione presso un'agenzia assicurativa nella piccola e gelida (nevica in continuazione) cittadina di Bernidji: un uomo mite, un fallito, rassegnato alle vessazioni della moglie, che lo considera un inetto incapace, e tormentato dall'imbarazzante confronto con il proprio fratello minore, Chaz, che è invece un carrierista di successo, uno che sfodera sempre incarichi di prestigio. L'incontro con Lorne, misterioso straniero che sembra provenire da un mondo remoto, cambierà la sua vita. Un killer speciale, quello impersonato da Thornton, spietato e lucido quanto basta, che incarna il fascino del male: a volte parla come un filosofo («È una marea di sangue la nostra vita»), altre volte appare come una strana sorta di angelo vendicatore che, assistendo a certe evidenti ingiustizie, ristabilisce la giustizia a modo suo, tra oppressi e oppressori, con efferati assassini. A cominciare dall'atroce esecuzione del perfido Sam (colto nell'amplesso con una prostituta), per la quale Lester si ritroverà catapultato al centro del ciclone («Tu pensi che ci siano delle regole - sussurra a Lester - ma non ci sono regole. Una volta eravamo tutti animali»). «Mi piace la tv, ma non volevo impegnarmi in una lunga serie, perché temevo di essere coinvolto in qualcosa che poteva durare potenzialmente troppo tempo, e invece io voglio fare anche altri film che mi interessano - dice Thornton, al suo debutto sul piccolo schermo -. Mi ha convinto il copione: è molto vicino ai fratelli Coen, senza imitarli... e poi sono solo 10 episodi». Riguardo al suo personaggio aggiunge: «Lorne non ha una coscienza, è un personaggio terrificante, sadico e al tempo stesso divertente, un predatore la cui unica motivazione è mangiare ciò che si trova davanti. È un provocatore e annusa la debolezza nelle persone». Autore al vetriolo della serie è Noah Hawley: «Fargo , il film, è più comico, è un ridicolo ritratto della provincia americana. Io però non avevo una storia di sole due ore, ma di dieci e quindi dovevo essere più realistico e drammatico. L'obiettivo della mia satira è la società educata di questo immaginario Minnesota, che "preferisce uccidere qualcuno piuttosto che offenderlo", come si suol dire negli States». © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Spietato Billy Bob Thornton (59 anni) è Lorne Malvo, lo spietato killer di «Fargo», miniserie in 10 episodi ispirata all'omonimo film del 1996 dei fratelli Coen (che figurano tra i produttori esecutivi). «Fargo» sarà in onda da dicembre su Sky Atlantic HD

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 6 14/09/2014 Corriere della Sera - Ed. Nazionale Pag. 41 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Toronto Prova di bravura di Witherspoon in «Wild» scritto da Hornby. Protagonista anche di «The good lie» La fuga di Reese, ribelle da Oscar: rifletto le ansie della mia generazione «Noi trentenni immaturi, ancora in cerca di un'identità» Giovanna Grassi

TORONTO - Ha 38 anni Reese Witherspoon, ma il suo aspetto resta sempre quello della bionda fidanzatina d'America. Eppure sono lontani i tempi di La rivincita delle bionde , commedia del 2001 a cui deve molta della sua popolarità. L'attrice - che ha già vinto un premio Oscar, nel 2006 - ha ottenuto adesso al Festival dell'Ontario un personale successo con due titoli, Wild e The good lie . Due film molto diversi tra loro, ma che in comune - oltre al fatto di aver riempito le sale con un pubblico di diverse generazioni - hanno la caratteristica di essere diretti entrambi da autori canadesi: Jean-Marc Vallée che firma Wild dopo il suo Dallas Buyers Club e Philippe Falardeau, autore di The good lie . E proprio Wild sembra aver assicurato all'attrice una possibile nomination ai prossimi Oscar per un ruolo che la vede impegnata a ritrovare se stessa dopo la fine di un matrimonio. Come? Attraverso un viaggio fatto in scarponcini e sacco a pelo sulla Pacific Crest Trail, tra vallate, montagne, fattorie e incontri con altri viaggiatori «on the road», anche loro accomunati dal desiderio di ridare un senso alle loro esistenze o, semplicemente, in fuga da qualcosa. «Ho sentito molto mia questa donna ancora giovane ma che ha vissuto tanto e in fretta. Credo che questo sia accaduto alla mia generazione, in generale - dice Witherspoon -. Rapporti instabili, ribellioni, la costante ricerca del lavoro, insoddisfazione cronica, inquietudine. Il suo viaggio, le persone che incontra, i pensieri e gli interrogativi che l'assillano hanno allargato anche le mie prospettive. E poi sono convinta che accada a tutti di pensare, a volte: lascio ogni cosa, parto per andare chissà dove». L'attrice presto sarà sugli schermi del Festival di New York, di nuovo al fianco di Joaquin Phoenix nella pellicola di Paul Thomas Anderson, Inherent Vice. Ma il ruolo della viaggiatrice le è rimasto nel cuore : «Cheryl Strayed cerca il suo "altrove". Durante questi viaggi, se si trova il coraggio di farli, si torna con la mente a relazioni che erano state importanti e si ritrovano anche i ricordi dell'infanzia. Accade al mio personaggio che ritorna ragazzina nei flash back: figlia di Laura Dern, con un padre assente e violento. Avevo amato il bel libro di memorie da cui è tratto il film e ringrazio Nick Hornby per averlo reso vivo nei dialoghi, nei pensieri, nel cammino della protagonista». Non bisogna pensare a nostalgie di tempi passati, assicura: «La mia non è una hippie fuori tempo massimo. Sono una donna in cerca della sua maturità. Sono fiera di aver prodotto il film con la mia compagnia, la Pacific Standard». E proprio la produzione è un'altra grande passione dell'attrice: «Ho tanti progetti da produttrice: commedie degne della verve di Lucille Ball e un film diretto da Todd Haynes al quale lavoravo da anni con Nora Ephron, un biopic su Peggy Lee». Tutt'altri temi rispetto a The good lie : «Interpreto una donna in carriera che conosce un sudanese immigrato negli Stati Uniti, scampato alla guerra civile nel suo Paese. La storia che viene raccontata denuncia forme di razzismo che, purtroppo, riguardano tutti». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il personaggio Gli esordi Reese Witherspoon (il cui vero nome è Laura Jeanne Reese) è nata a New Orleans, il 22 marzo del 1976. La prima pubblicità arriva quando ha solo 7 anni, poi il debutto al cinema, nel 1991, in «L'uomo della luna». Nello stesso anno recita nel suo primo film per la tv assieme a Patricia Arquette, «Fiore selvaggio», diretto da Diane Keaton Il successo La fama arriva nel 2001 con la commedia «La rivincita delle bionde», consacrazione con l'Oscar nel 2006 (nella foto sopra durante la cerimonia, a fianco di Philip Seymour Hoffman che lo stesso anno ha vinto come miglior attore per «Truman Capote - A sangue freddo») per «Quando l'amore brucia l'anima»

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 7 14/09/2014 Corriere della Sera - Ed. Nazionale Pag. 41 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Foto: Con lo zaino Reese Witherspoon (38 anni) in una scena di «Wild» di Vallée

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 8 14/09/2014 Corriere della Sera - Roma Pag. 19 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Roma Creative Contest Al Teatro Vittoria e a La Pelanda proiezioni , laboratori e nuove tendenze Il Festival dei corti raddoppia La rassegna aggiunge al concorso anche attività formative Natalia Distefano

Alla sua quarta edizione il Roma Creative Contest, festival internazionale di cortometraggio prodotto da Images Hunters, crede ancora fermamente nel valore del corto - come dichiara apertamente nel titolo «In short we trust», «Crediamo nel corto» - ma è diventato molto più dell'originario format di proiezioni e arriva, da oggi al 28 settembre, in versione arricchita. Tra le novità workshop, conferenze, incontri dedicati alle diverse fasi di produzione e post produzione nell'industria del cinema digitale, mostre fotografiche, installazioni ed esibizioni legate alla settima arte. «Abbiamo dovuto duplicare gli spazi che ospitano la rassegna - spiega Brando Bartoleschi, direttore artistico di Roma Creative Contest insieme a Lorenzo Di Nola e Raffaele Inno -. Un'operazione possibile grazie alle sinergie attivate in questi quattro anni di lavoro e alla nuova collaborazione con Roma Capitale». Il Teatro Vittoria continua ad accogliere le proiezioni dei corti, trentadue in tutto di cui ventidue in concorso, mentre alla Factory Pelanda nel vicino Ex-mattatoio di Testaccio sono pronte le aree per le attività formative, un set cinematografico in miniatura per le esercitazioni, una sala cinema e un esposizione che raccoglie le più avanzate tecnologie applicate al cinema. «La Pelanda come un'agorà dove presentare idee, aggiornarsi sulle nuove tendenze e sviluppare possibili collaborazioni - commenta Bartoleschi -. Ma il primo obiettivo resta scovare e lanciare il talento di giovani autori e registi che fanno del cortometraggio un laboratorio di incubazione per il proprio linguaggio cinematografico». Così è stato per Gabriele Mainetti, Alessio Lauria, Sydney Sibilia, Enrico Maria Artale, Piero Messina, Giuseppe Marco Albano, tutti premiati nelle passate edizioni e subito traghettati sul grande schermo con un lungometraggio. Oggi formano la giuria della nuova sezione «European Awards» dedicata alle produzioni europee, organizzata in collaborazione con il Raindance Film Festival di Londra. A giudicare i lavori selezionati nelle categorie «Cacciatori d'immagine» e «Animazione», invece, una giuria di grandi nomi presieduta dal Premio Oscar Giuseppe Tornatore. Una squadra di professionisti in ogni campo del cinema affianca il regista siciliano nell'assegnazione degli Stanley, le statuette a forma di uomo-telecamera realizzate da Annalisa Lorenzini: sono Alessandra Mastronardi, Gian Filippo Corticelli, i Mokadelic, Luca della Grotta, Volfango Di Biasi e Luigi De Laurentis. «Crediamo sempre di più - conclude Bartoleschi - che il corto, soprattutto alla luce dell'evoluzione tecnologica dei mezzi di produzione che ha democratizzato l'approccio alla telecamera, rappresenti il luogo dove rintracciare il talento». © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Giuria Giuseppe Tornatore ( dx) sul set del suo film «La migliore offerta»

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 9 14/09/2014 Corriere della Sera - Roma Pag. 17 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Cinema Trevi Il film «The Wind» e i suoni del pianoforte

Nell'ambito della rassegna «Cinema muto con accompagnamento musicale dal vivo», per la serie «L'infanzia dei generi» Antonio Coppola accompagnerà dal vivo al pianoforte il film «The Wind» di Victor Sjöström (1928), con Il film fu adattato da Frances Marion dal romanzo omonimo di Dorothy Scarborough. Nel cast vi sono Lillian Gish (foto ), Lars Hanson, Montagu Love, Dorothy Cumming. È la storia di una ragazza che scontra non solo con la perdita dei genitori, ma anche con l'ostilità della nuova famiglia che la ospita, e con la malvagità degli abitanti e l'avversità della natura. Cineteca Nazionale - Cinema Trevi, vicolo del Puttarello 25, alle 21. Infoline: 06.6781206.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 10 14/09/2014 Corriere della Sera - Bergamo Pag. 14 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Dietro la cinepresa La pellicola nelle sale il 23 settembre Il mio film per Salvatores Elena Correnti firma « in a day» Le immagini Il 26 ottobre 2013 era in gita a Stromboli, dove ha girato tre filmati: l'alba sull'isola, l'ascesa al vulcano e l'eruzione Alessandro Armuzzi

Una gita sull'isola di Stromboli degna del Festival del cinema di Venezia. È quella a cui ha partecipato Elena Correnti, 17 anni, studentessa di quarta del liceo scientifico Lussana, una delle 630 persone selezionate dal regista Gabriele Salvatores per il suo film Italy in a day . Il documentario, della durata di 75 minuti, è stato presentato all'ultima edizione della mostra al Lido: il regista premio Oscar per Mediterraneo ha selezionato più di 44 mila filmati inviati dagli italiani. Tutti sono stati realizzati il 26 ottobre 2013: di questi, 630 sono confluiti nel film-documentario. «Non l'ho ancora visto - dice Elena -. Volevo andare a Venezia per vederlo in anteprima, ma per poter accedere alle proiezioni avrei dovuto essere maggiorenne. Aspetterò l'uscita nelle sale». Il debutto è previsto per il 23 settembre, mentre il 27 sarà proiettato in prima serata su Rai Tre. «Non sto nella pelle, non posso più aspettare, sono troppo emozionata. Leggere il mio nome nei titoli di coda sarà emozionante», dice Elena, che è una grande appassionata di cinema ed ha saputo dell'iniziativa di Salvatores proprio perché, prima di lui, l'aveva realizzata anche Ridley Scott in America. «Quel giorno eravamo in gita allo Stromboli - dice la ragazza - e io avevo con me la mia fotocamera Nikon, che oltre a scattare foto, fa anche riprese ad alta risoluzione. Ancora non so quale dei filmati che ho inviato è stato scelto da Salvatores. Io ne ho realizzati tre: l'alba sull'isola, l'ascesa al vulcano e gli attimi dell'eruzione dello Stromboli. Sarà una doppia emozione quando andrò a vedere il film insieme ai miei genitori». Elena spiega di aver girato i video «pensando a come meglio realizzare la ripresa, ma senza tanti artifici, perché - dice - volevo che fossero riprese naturali, amatoriali. Quando mi è arrivata la mail della produzione, non ci credevo. Ci speravo a dir la verità, ma pensavo che non sarebbe mai successo». La studentessa ha ancora davanti a sé due anni di liceo, ma pensa già all'università e sogna il mondo del cinema. Dietro la cinepresa. «Mi piacerebbe fare la regista - spiega -, ma non ho ancora le idee chiare. Mi piace anche dipingere e fare sport, pratico l'atletica. Da grande vorrei dedicarmi a una professione che dia spazio alla creatività». Sul genere di film non ha dubbi: «Mi piacciono le pellicole drammatiche - spiega -, ma non ho un film preferito. Quando me lo chiedono, mi sento sempre in imbarazzo perché non so mai quale titolo dire. L'altra sera ho visto Colpa delle stelle (il film campione di incassi in America che narra la storia d'amore di due teenager malati di cancro, ndr ) e mi è piaciuto molto, direi che un bel 7 se lo merita...». © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Autoritratto allo specchio A fianco, Elena Correnti, 17 anni, studentessa di quarta del liceo scientifico Lussana, mentre si fa un selfie davanti allo specchio. Sopra, il regista Gabriele Salvatores

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 11 14/09/2014 La Repubblica - Roma Pag. 17 (diffusione:556325, tiratura:710716) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato CINEMA ADRIANO Un film di Ridley su Jimi Hendrix inaugura la Sala Bio FRANCO MONTINI

IL CINEMA del reale è in grande crescita e anche a Roma nasce una Sala Bio, ovvero un cinema, l'Adriano 1, che per tutta la stagione, con appuntamenti ogni lunedì, proietterà i migliori biopic e i grandi racconti di vita. Si inaugura domani alle 21 con "Jimi: All in by My Side", scritto e diretto da John Ridley, premio Oscar per la sceneggiatura di "12 anni schiavo". Il film racconta la vita del mitico Jimi Hendrix. La sala nasce, dopo quelle di e Milano, come estensione del Biografilm Festival, il primo festival italiano interamente dedicato al racconto di vite leggendarie che spaziano dal cinema, alla letteratura, alla fotografia, all'arte, alla politica, alla musica. Il prezzo del biglietto è di 8,50 euro. I lettori di Repubblica potranno collegarsi al sito http://www.biografilm.it/jimi e, digitando il codice JM16RP, potranno usufruire di una riduzione del biglietto a 5 euro. Cinema Adriano, piazza Cavour 22b, domani sera, tel. 0636004988

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 12 14/09/2014 La Repubblica - Palermo Pag. 19 (diffusione:556325, tiratura:710716) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato IL FILM Scimone e Sframeli sono "Due amici" al cinema De Seta

ULTIMO giorno di appuntamenti per Zyz - Annuario fotografico contemporaneo la rassegna che si tiene ai Cantieri alla Zisa, organizzata da Navarra editore per i Cantieri del Contemporaneo . Oggi si tiene il workshop "Il paesaggio siciliano tra natura e letteratura" diretto da Giuseppe Leone (partecipazione a pagamento, 100 euro). Di sera alle 21 al cinema De Seta la rassegna si chiude con la proiezione del film "Due amici" di e con Spiro Scimone e Francesco Sframeli, gli autori-attori messinesi. Il film è liberamente ispirato al primo spettacolo della coppia, "Nunzio", e racconta la storia dell'amicizia tra due persone assai diverse tra loro, un sicario e un uomo fragile, siciliani emigrati al Nord. Introducono Franco Blandi direttore artistico di Zyze l'architetto Flavia Schiavo; l'ingresso è libero. p. n. L'attore. Francesco Sframeli in una scena del film "Due amici"

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 13 14/09/2014 La Stampa - Torino Pag. 55 (diffusione:309253, tiratura:418328) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato La sfilata noir In via Garibaldi la battaglia tra vivi dei morti viventi

I morti viventi vanno alla conquista di Torino. Oggi e domenica prossima le strade del centro si trasformeranno nel set cinematografico di «Resident Evil» per ospitare i due raduni torinesi ispirati alla marcia di Sacramento, svoltasi per la prima volta nel 2001 per promuovere il Festival di cinema horror. Il tam tam è partito dalla rete e si tradurrà in una doppia sfilata noir popolata da zombie di ogni genere ed età, umani o alieni, del passato oppure del futuro, interpretati da centinaia di giovani appassionati di cosplay. Trucchi cinematografici Raddoppiano quest'anno le «Zombie Walk» di Torino. Oltre alla settima edizione della marcia più putrida della città che si svolgerà domenica prossima, oggi si aggiunge la prima «Movie Edition» dedicata ai film e agli effetti cinematografici, organizzata da Mondospettacolo. Così i morti viventi saranno valutati e premiati da una giuria di esperti presieduta da Sergio Stivaletti, il mago degli effetti speciali dei film diretti da Dario Argento, composta dallo sceneggiatore di Dylan Dog Giancarlo Marzano, dalla scrittrice Cristiana Astori, dal critico cinematografico Corrado Artale, dalla truccatrice Selene Greco e dall'illustratrice Samanta Leone. Gli aspiranti zombie potranno incontrare i truccatori professionisti alle 14 in corso Marconi 3. Alle 16,30, al termine delle fotografie e dell'assegnazione dei numeri, la parata si dirigerà alla volta del Cap 10100, con tappa «Flash mob» in piazza Vittorio intorno alle 18. Alle 19 in corso Moncalieri 18 si terranno poi una tavola rotonda su «Gli zombie nel cinema e nella letteratura», alle 19,30 l'apericena a tema e, alle 21, la proiezione di cortometraggi horror. Si prosegue con le premiazioni e il dj-set sino a tardi sulla terrazza sul Po. Guerriglia zombie La parata di domenica prossima metterà invece in scena un vero e proprio attacco zombie. A ostacolare l'avanzamento dei morti viventi alla disperata ricerca di caldo sangue umano saranno altrettanti figuranti in veste di militari e civili, che cercheranno di allearsi per creare una resistenza. Il contagio avverrà in particolare in via Garibaldi, che farà da cornice alla messa in scena di un attacco zombie con ribellione dei vivi. La sfilata partirà alle 15 da piazza Statuto e proseguirà poi in piazza Castello, via Po e piazza Vittorio. Ci si sposterà quindi al Caffè del Progresso di corso San Maurizio 69 per l'apericena e, alle 21, per il concerto di Hardecibel vs Milizia Postatomica. [n. pen.]

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 14 14/09/2014 La Stampa - Torino Pag. 55 (diffusione:309253, tiratura:418328) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Al cinema L'addio di Miyazaki I fan non si rassegnano "Non può lasciarci così" noemi penna

Il futuro riserverà delle belle sorprese per i fan di Hayao Miyazaki. Ne sono conviti gli appassionati torinesi che ieri hanno assistito alla prima di «Si alza il vento», l'ultimo capolavoro del maestro dell'animazione prodotto da Studio Ghibli e distribuito da Lucky Red in Italia solo per quattro giorni, con cui il regista giapponese ha dichiarato di aver concluso la sua carriera. Ultimo film In trentasei ieri all'Uci Cinemas Lingotto hanno assistito - in religioso silenzio sino alla fine dei titoli di coda, tutti in giapponese, ben oltre il termine della canzone - alla prima torinese di «Si alza il vento», l'ultimo film d'animazione di Hayao Miyazaki proposto in cinque sale di Torino sino a martedì. Un numero raddoppiato nella seconda proiezione: un debutto di tutto rispetto per un film cult. Il lungometraggio fonde le storie del progettista di aerei Jiro Horikoshi e dello scrittore Tatsuo Hori e rappresenta un manifesto della gioventù giapponese degli Anni Trenta che ben si sposa con lo stile poetico e delicato di Miyazaki, premio Oscar nel 2003 per «La città incantata». Nella trama si mescolano i temi cari al maestro, dagli aerei all'amore, ma anche tanti messaggi che fanno ben sperare gli appassionati: «Continuerà a farci sognare». Sostegno dei fan «La morale del film è che, nonostante tutto, la vita va avanti. Bisogna sempre continuare a sognare. Sono sicuro che Miyazaki continuerà a lavorare, infatti ha già dichiarato di aver iniziato la riscrittura di un manga», afferma Andrea De Venuto, 19 anni di Borgaro, grande appassionato della cultura pop giapponese. «E' sicuramente un omaggio alla sua carriera ma non lo definirei un testamento», sostiene Samuel Pojer, 18 anni di Volpiano. «Ho visto tutti i suoi film e questo è stato il più emozionante», dice Donatella Basola, 37 anni di Vercelli. «Se fosse il suo ultimo lavoro sarebbe una grave perdita» conclude Gianfranco Buccoliero, 47 anni di Torino. Orari «Si alza il vento» è stato presentato un anno fa alla Mostra del Cinema di Venezia, dove Miyazaki, oggi settantatreenne, ha annunciato al mondo il suo ritiro. A Torino il film è all'Uci Lingotto (ore 14,05, 16,50, 19,45 e 22,35), a Moncalieri (ore 16,30, 19,30 e 22,30), al The Space di Parco Dora (ore 16,05, 19,10 e 22,15), a Beinasco (ore 15,20, 18,10, 21 e 23,45) e al Massaua Cityplex (ore 15,10, 17,40, 20,10 e 22,30).

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 15 14/09/2014 La Stampa - Ed. Nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato La fiction su Ambrosoli La prima oggi al Festival di Roma Il figlio: rispettata la sua integrità ALESSANDRA COMAZZI ROMA

Comazzi A PAGINA 26 La prima oggi al Festival di Roma Il figlio: rispettata la sua integrità ROMA. Il FictionFest si apre ufficialmente stasera, all'Auditorium della Musica, alla presenza del presidente della Repubblica Napolitano, del presidente del Senato Grasso, del governatore della Banca d'Italia Visco: sarà proiettata la miniserie di Raiuno Qualunque cosa succeda . Tratto dal libro omonimo di Umberto Ambrosoli, lo sceneggiato, regista Alberto Negrin, protagonista Pierfrancesco Favino, racconta la vita e l'assassinio del padre Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana travolta dal crack finanziario di Michele Sindona. Il Roma FictionFest, diretto da Carlo Freccero, si chiuderà il 19. Umberto Ambrosoli ha 43 anni, è avvocato, si candidò nel 2013 alla presidenza della Regione Lombardia. È il figlio di Giorgio Ambrosoli, il commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, ucciso l'11 luglio 1979 dall'italoamericano William Joseph Aricò, sicario mafioso assoldato da Michele Sindona. Nel 2009 ha pubblicato la biografia del padre, Qualunque cosa succeda , Sironi Editore. La frase del titolo è tratta da una lettera scritta alla moglie, all'inizio dell'incarico: sapeva benissimo a che cosa andava incontro. Ma non cambiò mai, non rinunciò alla sua integrità morale. E ci rimise, in effetti, la vita. Il regista Alberto Negrin, che ha curato anche la sceneggiatura con Andrea Porporati, ha girato per Raiuno la miniserie che si vedrà stasera al FictionFest. Protagonista è Pierfrancesco Favino, Sindona è Massimo Popolizio, Roberto Herlitzka è Enrico Cuccia, Anita Caprioli la moglie Annalori, Giovanni Esposito Giulio Andreotti. Ha già visto la miniserie, avvocato Ambrosoli? «L'ho vista in giugno alla Rai. Ma ne ho anche seguito tratti della realizzazione». Ha collaborato alla sceneggiatura? «No, perché ero in campagna elettorale». Sempre difficile raccontare in poche ore vicende complesse: che cosa dice di questo sceneggiato? «Dico che per essere la sintesi di una vicenda intricatissima, durata anni, è riuscito a fornirne una rappresentazione efficace. La figura di mio padre è resa con rispetto e coerenza: un uomo che sempre si è posto al servizio della collettività, che è sempre rimasto libero da ogni tentativo di condizionamento, il condizionamento dei favori e quello della minaccia. Tutto questo c'è. D'altronde, io ero scettico da prima». Da quando hanno deciso di girare la fiction? «No, da quando ho scritto il libro io. C'era già Un eroe borghese di Corrado Stajano, e c'era il film di Michele Placido, che è stupendo. Ma la differenza tra me e Stajano è la rappresentazione della dimensione familiare. Quindi, che oggi ci fosse un nuovo lavoro di rielaborazione sceneggiata che offrisse proprio questa chiave di lettura, la normalità di una vita familiare con le sue dinamiche, poi l'eccezionalità, mi sembrava importante. Essendo la trama difficilissima da capire per un ventenne di oggi, che non conosce nemmeno i nomi. La storia è semplificata per essere compresa da chi non ha voce». Ma la semplificazione non stravolge la verità? «Ci sono ricostruzioni fantasiose che, al contrario, la rimettono in primo piano, la verità. Fondamentale è stato il contributo di Maurizio De Luca, il giornalista che seguì tutta la vicenda. Sono contento che il lavoro sia stato completato prima che lui morisse». Com'è Favino nel ruolo di suo padre? «All'inizio ero perplesso. Perché è fisicamente diversissimo da lui. Però, sia per le sue eccezionali doti trasformistiche, sia per la sua professionalità, ho capito che la somiglianza fisica non contava più. Però sono stati scelti bene tutti gli attori, non soltanto lui, Andreotti per esempio è rappresentato con grande proprietà». E sua mamma in tv, Anita Caprioli? «Chiedere a un figlio come potrebbe essere una qualunque rappresentazione materna è terreno alquanto scivoloso». I tempi sono maturi per proporre al grande pubblico di Raiuno questa vicenda? «Ci saranno delle critiche, immagino. Una è tipica, nei casi di biografia: il rischio dell'agiografia, qualcuno lo dirà. L'altro rischio è quello che la resa spettacolare indisponga chi all'epoca c'era, e ha vissuto i fatti in prima linea. Perché non mancheranno inesattezze, discrepanze con la realtà storica: ma il punto è che il lavoro si rivolge proprio a chi non conosce la vicenda. Gliela fa capire. E fa capire mio padre e la sua, la nostra, famiglia».

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 16 14/09/2014 La Stampa - Ed. Nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Per essere la sintesi di una vicenda intricatissima, la miniserie ne dà una rappresentazione efficace. Magari non mancheranno inesattezze storiche ma ha il pregio di far capire lui, la nostra famiglia e quel momento tragico Foto: Pierfrancesco Favino in Qualunque cosa succeda Giorgio Ambrosoli una storia vera : la miniserie verrà trasmessa in autunno su Raiuno ANSA La copertina del libro scritto da Umberto Ambrosoli da cui è tratta la fiction di Raiuno Umberto Ambrosoli, avvocato, figlio del commissario liquidatore della Banca Privata Italiana ucciso nel 1979

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 17 14/09/2014 Il Messaggero - Marche Pag. 47 (diffusione:210842, tiratura:295190) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Il giovane favoloso al festival di Toronto

IL FILM Dopo la standing ovation e il consenso unanime della critica al Festival di Venezia, continua il viaggio promozionale de Il giovane favoloso. In attesa dell'anteprima nazionale che avverrà a Recanati, la pellicola firmata da Mario Martone con Elio Germano nei panni di Giacomo Leopardi in questi giorni è in Canada per partecipare al Festival Internazionale del film di Toronto che da molti è considerato come il secondo dopo Cannes in termini di presenza di stars e d'attività economica. Una kermesse non competitiva che assegna comunque un premio deciso dagli spettatori, i quali nelle edizioni passate hanno eletto The Millionaire di Danny Boyle, American Beauty di Sam Mendes, La vita è bella di Roberto Benigni, Roger & Me di Michael Moore e Donne sull'orlo di una crisi di nervi di Pedro Almodóvar per citarne alcuni. Il Giovane favoloso, inserito nella categoria Contemporary World Cinema, è al centro della piu' importante rassegna dell'america settentrionale ed è proiettato nelle piu' importanti sale cinematografiche nelle zone centrali di Bay e Bloor, ricche entrambe di numerosi cinema multisala e hotel di lusso. Una promozione importante per il film che racconta la vita di Giacomo Leopardi, anche alla luce delle tante iniziative collaterali come quella che ha visto protagonista Mario Martone, ospite dell'Istituto Italiano di Cultura a Toronto, in una serata promossa in collaborazione con l'Istituto Luce di Cinecittà. A moderare la conferenza è stato il professore Donato Santeramo della Queen's University. Il regista napoletano ha condiviso con il pubblico dell'Istituto Italiano di Cultura il suo approccio all'epistolario. La presenza in Canada de Il Giovane Favoloso rappresenta una bella vetrina per l'Italia, le Marche ma soprattutto Recanati dove sono state girate gran parte delle scene. © RIPRODUZIONE RISERVATA

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 18 14/09/2014 Il Messaggero - Ed. Nazionale Pag. 21 (diffusione:210842, tiratura:295190) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

L' attore a Toronto presenta "The Forger" (in Italia a fine anno) in cui diventa un ladro che sostituisce "La donna col parasole" di Monet con una copia Travolta: io, falsario «IL MIO PERSONAGGIO È COMICO E TRAGICO È UN UOMO CHE HA SBAGLIATO MA HA UNA POSSIBILITÀ DI RISCATTO» Marco Lombardi

L'INTERVISTA T O R O N T O si è presentato al festival di Toronto in splendida forma: dimagrito e rilassato, con indosso un elegante completo blu, è sembrato persino ringiovanito rispetto ai 60 anni da poco compiuti. L'occasione era quella del suo ultimo film, The Forger (in uscita in Italia a fine anno), dove interpreta il ruolo di un abilissimo ladro che riesce a uscire di prigione prima del tempo per raggiungere suo figlio adolescente, gravemente ammalato di cancro. Fuori, tuttavia, si trova costretto a partecipare a un ulteriore colpo, fatto apposta per lui: sostituire La donna col parasole , il celebre quadro di Monet, con una copia perfetta. Era appassionato di pittura prima del film? «Si, ma prima di girarlo ho parlato con molti galleristi, visitato musei e persino studiato: era importante affinché capissi bene il gesto che in The forger mi chiedono di compiere. In effetti la cosa che più mi è rimasta impressa è stata una: con un po' di allenamento si può distinguere un falso dall'opera vera. Questo del resto vale non solo per la pittura». Nel suo film quanto c'è di "vero" e quanto c'è di "falso"? «La storia è completamente inventata, ma in diverse scene la realtà è calata sulle singole situazioni e sui personaggi: non sul versante della crime story, bensì a livello di dramma familiare. Se mio figlio (Tye Sheridan, L'albero della vita ) ha passato del tempo con dei ragazzi ammalati di cancro, sentendosi pure in colpa per essersi introdotto con l'occhio del cinema - nei loro dolori personali, io non ne ho avuto bisogno: ci ha già pensato la vita a farmi vivere dei drammi veri. Ecco perché nel film si sente la "verità", soprattutto in una scena intensissima che recito insieme a Tye all'interno di un parco. Il regista è stato molto bravo nell'asciugare gli eccessi di realismo che ognuno di noi ha proiettato sul rispettivo personaggio». Crede che le abbiano offerto questo ruolo anche a causa dei drammi personali cui sta facendo cenno? Avendo lei ha perso un figlio. «Quello che posso dire per certo è che ho scelto di fare questo film perché il personaggio di Ray è uno dei più sfaccettati che mi sia mai stato offerto: da un lato è comico e tragico, dall'altro pieno di luci e di ombre. È un uomo che ha sbagliato e ha sofferto, ma ha ancora una possibilità di riscatto. In più non cade nella tentazione di una facile storia d'amore con la poliziotta che è alle sue calcagna». Dopo circa 50 film che cosa credi di poter dare ancora al cinema? «Tutto, credo, forse anche più di una volta: mi sento ancora un ragazzino con dentro l'esperienza di un uomo maturo. Credo che in The forger tutto questo si possa notare con chiarezza: spero di aver fatto vivere, attraverso lo schermo, le tante anime del personaggio. È questo il bello del cinema». Oggi lei celebra il suo tredicesimo anniversario di nozze: crede di poter dare al suo rapporto di coppia ancora molto, esattamente come col cinema? «Assolutamente sì, oggi più di prima. Sono orgoglioso di aver raggiunto un simile traguardo: moltissime coppie, soprattutto nel mio ambiente, si lasciano alla prima difficoltà, senza neanche provare a lottare contro gli eventi. Io non la penso così, il valore e la bellezza delle cose si misura anche attraverso il tempo e la fatica». TORNA AL CINEMA DAL 18 SETTEMBRE L'APE MAIA Foto: DIVO John Travolta al red carpet del festival di Toronto

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 19 14/09/2014 Il Messaggero - Ed. Nazionale Pag. 21 (diffusione:210842, tiratura:295190) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Cast stellare, set al Pigneto Ecco "Andròn" la fantascienza è tricolore CON IL REGISTA CINQUEMANI ATTORI COME E SKIN AL DEBUTTO SUL GRANDE SCHERMO Gloria Satta

IL FILM Un cast internazionale (Danny Glover, Alec Baldwin, la cantante Skin al suo debutto sullo schermo, Michelle Ryan, Leo Howard, Jon Kortajarena, Leo Howard, Antonia Campbell), una storia di fantascienza, effetti speciali realizzati da Michael Kowalski, il "mago" di Spiderman, Twilight, L'incredibile Hulk . E un regista italiano quasi sconosciuto, Francesco Cinquemani: si tratta di Andròn, The Black Labyrinth , un film di fantascienza in lavorazione attualmente tra Roma (in alcuni palazzi abandonati del Pigneto), Malta e il Canada. Prodotto dalla Ambi Pictures di Andrea Iervolino e Monika Bacardi (che a Venezia avevano presentato The Humbling con Al Pacino), Andròn ha per protagonisti dieci personaggi che si risvegliano in un labirinto immenso e separato dal mondo, domandandosi in un crescendo di suspence e colpi di scena chi sono e perché si trovano lì: per scoprirlo dovranno decodificare segnali, interpretare codici segreti e affrontare ogni genere di rischio. «Sono almeno trent'anni che in Italia non si fanno film di fantascienza, un genere di cui sono sempre stato appassionato», spiega Cinquemani, 46 anni, un passato di giornalista, dal 2000 regista di cortometraggi e serie tv (come Virus , 59 puntate trasmesse da RaiMovie) e di lungometraggi come Buio e Offstage . «Andròn mescola i generi: fantascienza, horror, azione e vuole essere un omaggio ai maestri che amo di più, cioè Leone, Lynch, Cronenberg». STAR Ma com'è finito sul set a dirigere un plotone di star internazionali? «All'inizio avevo pensato di realizzare una serie per la Rai», racconta il regista, «ma quando l'azienda pubblica ha tagliato le risorse ho mandato il soggetto a Iervolino, che se n'è innamorato e in quattro e quattr'otto ha deciso di produrre il film». Avere a che fare con attori colaudati come Glover e Baldwin, aggiunge, si è rivelata un'impresa molto più facile del previsto: «Tutti hanno sposato il progetto anima e corpo e si sono messi a disposizione con la massima professionalità. Abbiamo girato in luoghi inospitali, quasi sempre sotterranei e senza finestre, eppure nessuno ha fatto mai un capriccio...». IN LAVORAZIONE La troupe sta affrontando le ultime due settimane di lavorazione al Pigneto, poi Cinquemani partirà per il Canada per cominciare il montaggio che si avvale di 300 effetti speciali, «realizzati con le stesse tecniche utilizzate in Gravity ». E perché il pubblico dovrebbe preferire Andròn ai blockbuster di fantascienza hollywoodiani? «Perché una storia così non è stata mai raccontata al cinema, nemmeno in America», risponde sicuro il regista. «Senza contare che il film è interpretato da attori magnifici. Skin, la cantante degli Skunk Anansie, sarà una vera sorpresa». © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Il regista Francesco Cinquemani

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 20 14/09/2014 Il Sole 24 Ore - Domenica Pag. 40 (diffusione:334076, tiratura:405061) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato toronto Festival onnivoro e vitale Emanuela Martini

L'ambizioso conduttore di un popolare blog audio si mette in viaggio per il Canada per intervistare l'adolescente che nel video Kill Bill Kid si è involontariamente tagliato una gamba con la katana. Una volta là, decide di salire verso Winnipeg, in cerca di qualche buona storia strampalata. Non ci crede molto nemmeno lui, e infatti dice al telefono a un amico: «Non c'è niente di stravagante in Canada. È solo tutto mortalmente noioso!». Naturalmente sarà costretto a cambiare idea, dopo l'incontro con un vecchio marinaio affabulatore e minaccioso, che lo trasformerà radicalmente (e orribilmente). È solo una delle tante battute sui canadesi di Tusk, bizzarro mix di horror e commedia firmato dall'americano Kevin Smith (famoso soprattutto per la sua opera prima, Clerks), presentato in una delle sezioni più divertenti del Festival di Toronto (che si chiude oggi), Midnight Madness che, come spiega il catalogo, propone «the wild side», il meglio di «action, horror, shock and fantasy cinema», e scova ogni anno eccentricità da tutto il mondo. La stessa presenza di Tusk smentisce la frase sulla noia canadese: in realtà, la città che ospita il festival è, oltre che civilissima, culturalmente molto viva, il suo pubblico (per lo più pagante) ha tanto entusiasmo e passione da prendersi le ferie per partecipare alla maratona cinematografica e, in più, la pazienza di affrontare code che paiono infinite (ma che invece scorrono velocissime), i suoi volontari (2.800) sono impeccabili ed educati, l'atmosfera del suo festival molto meno nevrotica e sovreccitata che non quella di altre competizioni internazionali di pari grandezza. Arrivato alla 39ª edizione e ormai ampiamente accreditato come uno dei quattro o cinque festival più importanti del mondo, il Toronto International Film Festival sembra ancora fatto da persone che, nonostante la fatica di selezionare quasi trecentocinquanta film e di far marciare per dieci giorni più di trenta sale (più di 10mila i posti), ancora si divertono a farlo e che hanno un grande rispetto per il pubblico (enorme) al quale si rivolgono. Sarà forse perché è un festival non competitivo (quattro premi, al miglior film, migliore opera prima e miglior cortometraggio canadesi e al miglior cortometraggio internazionale, che testimoniano il forte sostegno alla produzione nazionale e agli esordienti), ma qui anche le star e gli addetti ai lavori sembrano più rilassati che altrove e si mescolano con il pubblico (un aficionado del Tiff è per esempio Brian De Palma, che ogni anno si accredita e segue le proiezioni Press&Industry). Ma la carta vincente del festival è certamente quella vocazione «onnivora» che consente a ogni spettatore di tracciare i propri percorsi, passando da un Gala Screeening pieno di star, come The Judge di David Dobkin, irrisolto mélo familiar-giudiziario, con Robert Downey jr e Robert Duvall, o Ruth & Alex di Richard Loncraine, bella commedia matrimoniale con Diane Keaton e Morgan Freeman, a qualche disturbante scoperta di Vanguard, come il thriller spagnolo Musaranas di Juanfer Andrés e Estebann Roel, il durissimo noir britannico Hyena di Gerard Johnson o l'intrigante rielaborazione del mélo erotico al femminile del musicista e regista Peter Strickland (The Duke of Burgundy, dal nome di una rara farfalla). Oppure godersi la grande annata del cinema francese, con le raffinate commedie di François Ozon (Une nouvelle amie, da Ruth Rendell) e Anne Fontaine (Gemma Bovery, ispirato a Flaubert), con il bellissimo Eden, immersione totale negli anni Novanta della garage music, di Mia Hansen Love, e lo scatenato polar La French di Cédric Jimenez (quasi uno spin-off di Il braccio violento della legge di Friedkin); e poi immergersi nella ragnatela tessuta dal tedesco Christian Petzold con il nero melodramma Phoenix, o nell'ostinato vitalismo del geniale Stephen Hawking, del quale l'inglese James Marsh racconta la storia in The Theory of Everything, tagliente come il suo protagonista. Naturalmente, la parte del leone la fa come sempre il cinema statunitense, presente con un'ampia selezione dei più interessanti indipendenti di media grandezza dell'anno: noir inquietanti come Nightcrawler di Dan Gilroy, biopic musicali come Love & Mercy di Bill Pohland, che traccia una parte della storia di Brian Wilson, il solista dei Beach Boys, e soprattutto commedie acide,

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 21 14/09/2014 Il Sole 24 Ore - Domenica Pag. 40 (diffusione:334076, tiratura:405061) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

malinconiche e irresistibili come While We're Young di Noah Baumbach, con Ben Stiller e Naomi Watts, Welcome to Me di Shira Piven, cucita addosso alla disarmante Kristen Wiig, o Infinitely Polar Bear di Maya Forbes, storia di un padre pazzo e molto affettuoso interpretato da Mark Ruffalo. Un'immersione totale, insomma, che fa pensare che il cinema (anche in sala) sia tutt'altro che morto. © RIPRODUZIONE RISERVATA

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 22 14/09/2014 Il Sole 24 Ore - Domenica Pag. 40 (diffusione:334076, tiratura:405061) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato mff Scottanti colpe di Stato In primo piano le pellicole sulla crisi israelo-palestinese Cruciale la storia di Nimer, ebreo per parte di madre, con padre arabo e attentatore Emiliano Morreale

Il piatto forte di "Colpe di Stato", la sezione del «Milano Film Festival» dedicata al documentario politico, era quest'anno l'omaggio a Eugene Jarecki, l'autore di The Trials of Henry Kissinger (2002), Why We Fight (2005), sull'industria bellica degli Stati Uniti, e Freakonomics (2010). All'interno della sezione curata da Paola Piacenza, come sempre, si toccano vari temi: centri di detezione per richiedenti asilo in Svizzera (Life in Paradise), migranti che attraversano il Sahara verso l'Europa (Les messagers), viaggi nella storia del Sud Sudan che ha da poco conquistato l'indipensenza (We Come as Friends), premiato al «Sundance» e a Berlino), ma anche gli echi della crisi nel Sulcis (Fino in fondo di Tommaso Mannoni e Alberto Badas). E in un momento particolarmente drammatico dei rapporti tra Israele e Palestina, "Colpe di Stato" presenta tra l'altro un paio di film assai indicativi al riguardo. Tutt'e due firmati da autori di origine israeliana: del resto da anni il cinema documentario e di finzione di questo Paese ha mostrato, in varie forme, una grande capacità di riflettere sul senso della propria storia e sulle proprie enormi contraddizioni, al proprio interno e nei confronti dei palestinesi. Il primo film, Life sentences di Nurit Kedar e Yaron Shani, parte da un soggetto forte, ingombrante, esemplare. La storia di Nimer Ahmed, ebreo per parte di madre, arabo per parte di padre, il quale scopre che appunto suo padre è un terrorista autore di 22 attentati e viene condannato all'ergastolo. Il film intervista lui e la moglie seguendo lo sgretolarsi e l'irrigidirsi di varie identità: la madre e le sorelle scelgono di vivere in una comunità di ebrei ultra-ortodossi; Nimer si sposa a una cugina musulmana e rimane drammaticamente sospeso, cercando di fare i conti con il passato. Il regista lo segue attraverso filmati e documenti d'epoca, foto e filmini di famiglia, fino all'incontro col padre, a Gaza. La scabrosità del tema è sottolineata dalle "pecette" che nascondono i volti dei familiari di Nimer, e dai "biip" che nascondono i loro nomi quando vengono pronunciati. Deux fois le même fleuve di Amir Borenstein ed Effi Weiss segue invece le orme dell'esploratore scozzese John McGregor, che nel 1869 aveva disceso il fiume Giordano dalle sorgenti al lago di Tiberiade, creando un modello di itinerario poi divenuto comune per i turisti israeliani. I due registi (israeliani residenti da anni in Belgio) giocano sullo spiazzamento, sui tempi morti in cui attraversano queste mete di pellegrinaggio turistico che lambiscono le zone di guerra. Il percorso è opposto rispetto a Life sentences: non il racconto di una storia forte, il resoconto di un percorso, ma la sua costruzione e la sua predisposizione da parte del documentarista. Comitive, escursioni, bagni, foto di gruppo, confrontati con gli schizzi dei viaggiatori dell'Ottocento, e con un fuori campo volutamente ingombrante. L'idea è di sovrapporre, alla apparente naturalità dei luoghi, lo sguardo ritornante degli autori, quello coloniale degli esploratori e quelli confliggenti dei visitatori ebrei e arabi (che non si vedono mai). © RIPRODUZIONE RISERVATA

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 23 14/09/2014 Avvenire - Ed. Nazionale - Agora' Pag. 22 (diffusione:105812, tiratura:151233) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

AGORÀ / L'anniversario. Cento anni fa nasceva il cineasta genovese che fu in rapporti d'amicizia con don Zeno GERMI a Nomadelfia Il regista amava dichiararsi «miscredente», ma secondo il sacerdote i suoi film sapevano andare «all'osso del cristianesimo» FILIPPO RIZZI

Germi non sa di essere profondamente cristiano, e dire che qui va all'osso del cristianesimo». È il giudizio inaspettato e molto lusinghiero con cui don Zeno Saltini (1900-1981) il leggendario prete di Carpi e fondatore di Nomadelfia salutò la proiezione in anteprima (presente tra gli altri Vittorio De Sica), il 19 ottobre 1950, nel bel mezzo del giubileo pacelliano, del film Il cammino della speranza di (19141974). La pellicola , tratta dal romanzo Cuore negli abissi di Nino Di Maria, narra le disavventure di un gruppo di minatori siciliani nel tragico esodo con i familiari verso la Francia. Un giudizio e una stima che porterà il fondatore di Nomadelfia a intrecciare, da quella data, una lunga amicizia fatta anche di lettere e di biglietti d'auguri con il maestro del neorealismo italiano tra il 1950 e il 1969. Un giudizio, quello di don Zeno, che ci fa tornare con la mente oggi - a cento anni dalla nascita del grande cineasta genovese, avvenuta il 14 settembre del 1914 - alle tante pellicole in cui è presente, a volte sottotraccia, il suo retroterra cattolico da L'uomo di paglia e Il Ferroviere a L'immorale . Pellicole in cui i protagonisti sono quasi sempre dei poveri cristi , dei falliti caduti in un baratro di contraddizioni. A testimonianza di tutto questo è ancora oggi il ricordo di Carlo Rustichelli, il musicista e compositore italiano autore delle più indovinate colonne sonore dei film di Germi e vero tramite dell'amicizia tra l'artista genovese e il prete "ribelle" di Carpi (per il quale scrisse il famoso Inno di Nomadelfia ): «Lui era convinto di essere miscredente ma, verso la fine della sua vita, ho capito che non era vero. Anche nel suo modo di narrare e lavorare alle sceneggiature, ho scoperto solo alla fine che seguiva un binario spirituale, umano in senso religioso, decisamente monoteista. Avvertiva l'esistenza di qualcosa di superiore e ne L'immorale con Tognazzi, ad esempio, ciò si percepì: fu per me una sorpresa». E forse non è un caso che lo stesso Germi ammise che proprio in un film come Il cammino della speranza di aver avuto come riferimento ideale «i temi fondamentali della morale cristiana». E sarà lo stesso regista a spiegare in un'intervista del 1949 alla "Rivista del Cinematografo" i suoi punti di incontro con il cristianesimo: «Il cinema italiano, in quanto meno viziato degli altri da conformismo ipocrita, in quanto più degli altri fermentante di problemi morali, in quanto più degli altri capace di una spoglia ed umile attenzione verso gli umili e i sofferenti è senza dubbio tra i più adatti ad esprimere non convenzionalmente i valori del cristianesimo». E rilevante sarà in occasione del referendum del 1946, il suo giudizio su come considera veramente la religione, lontana dai fariseismi di un certo cattolicesimo forgiato sul «Dio dei preti e di certi democristi...». Probabilmente tutto questo aiuta a spiegare il cemento su cui si plasmò l'amicizia molto intima con un prete "fuori dai canoni tradizionali" come don Zeno Saltini. Tra i due subentreranno, nel corso degli anni, non solo stima ma un costante rapporto epistolare dove affiorerà il consenso del sacerdote emiliano per l'attenzione di Germi al cristianesimo delle Beatitudini, agli umili, ai dimenticati presenti in molte sue pellicole o la sua ammirazione - come racconterà in una lettera - per Francesco d'Assisi. Ma non solo. Germi confiderà all'amico di aver realizzato nel 1944 una sceneggiatura mai utilizzata dal titolo Vita di Gesù . La scoperta fu fatta, quasi per caso nel 2004, consultando l'archivio di Nomadelfia e sfogliando questo carteggio dallo storico del cinema Marco Vanelli. «Quello che colpisce di questo soggetto - racconta il critico e direttore della rivista "Cabiria" - è la prospettiva con cui viene raccontata la vita di Gesù con gli occhi di Giuda. Il personaggio per come viene qui presentato è un discepolo desideroso di amare il Nazareno, ma incapace di riconoscerlo come Messia». L'epistolario fa inoltre emergere anche aspetti particolari come l'invito di Germi ai nomadelfi per un impegno concreto al rinnovamento della società italiana o la richiesta di don Zeno, quasi un "tormento" per il regista di realizzare un documentario dedicato a Nomadelfia, sulla falsariga de Il cammino della speranza . Il rapporto fra il sacerdote e l'artista genovese continuerà per anni. Ne sono testimonianza anche il sostegno economico

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 24 14/09/2014 Avvenire - Ed. Nazionale - Agora' Pag. 22 (diffusione:105812, tiratura:151233) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

elargito da Germi a Nomadelfia ma anche i tanti biglietti o piccoli scritti. Come quello del 22 gennaio 1962 in cui il sempre schivo Germi scriverà all'amico per giustificare la sua assenza in occasione del ritorno di don Zeno a celebrare Messa dopo 8 anni: «Ti sono comunque vicino con tutto il mio cuore di miscredente». Ma l'anima sotterraneamente religiosa di Germi, di un uomo sulla soglia del sacro affiorerà ancora in un'intervista rilasciata a Gideon Bachmann nel 1966 in cui il cineasta genovese affermerà di credere in un modo del tutto personale a una sua «idea di Spirito Santo» e metterà in guardia dai rischi di «indifferenza verso il fatto religioso»; rilevante in quel colloquio saranno le parole spese da Germi per il clero italiano da lui considerato «cemento sociale» per molte regioni italiane e la sua ammirazione per «papa Giovanni XXIII». Tutto questo forse ci aiuta a capire la scelta dell'artista genovese a partecipare al film di Ermanno Olmi su Angelo Giuseppe Roncalli E venne un uomo (1965) in cui vestirà i panni del padre del Papa Buono, Giovanni Battista Roncalli. «In Germi vive sottotraccia una contrastata spiritualità - riflette il critico cinematografico Vanelli - attestata, ad esempio, dal personaggio da lui interpretato nel film L'uomo di paglia dove di fronte all'edicola di una Madonna non riesce a farsi il segno della croce ma porta la mano destra all'altezza della fronte e poi si aggiusta il cappello. Anche qui non vuole conformarsi alla prassi ufficiale ecclesiale: c'è sempre un uomo che si dichiarava miscredente ma che insegnava le preghiere ai figli. E di tutto questo ho trovato conferma e riscontro nei ricordi della figlia Marialinda». E aggiunge un particolare inedito ai più: «Certamente singolare è stata anche la sua amicizia con un altro sacerdote e parroco a Roma della chiesa di San Lorenzo in Lucina come don Piero Pintus con il quale spesso si è confrontato sui temi della fede e della morale». A cento anni dalla nascita e a quasi quaranta dalla morte del cineasta, avvenuta il 5 dicembre del 1974, considerato da una certa critica militante di sinistra come un "regista all'antica" e figlio di una "morale conservatrice" rimane certamente illuminante e coerente forse con la sua idea di un cristianesimo incentrato sugli ultimi la sua decisione di essere seppellito accanto alla sua prima moglie Anna Bancio nel cimitero di Castel di Guido, alle porte di Roma, e di volere che fossero incise sulla sua tomba le parole, prese dalla liturgia di Pentecoste: «Vieni, Spirito Creatore. Vieni, Santo Spirito. Vieni, Padre dei poveri. Vieni, luce dei cuori». Foto: INSIEME Foto: Un'affettuosa istantanea di don Zeno Saltini con il regista Pietro Germi. Sotto, un fotogramma da «Il cammino della speranza» (1950), che fu all'origine dell'incontro fra i due

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 25 14/09/2014 Avvenire - Ed. Nazionale - Agora' Pag. 22 (diffusione:105812, tiratura:151233) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato AGORÀ Snobbato dalla critica, anticipò tutti i filoni "all'italiana" Il ritratto Dal poliziesco di «Un maledetto imbroglio» alla commedia graffiante di «Signore & signori» FULVIO FULVI

Lo sceneggiatore Luciano Vincenzoni, che aveva lavorato con Pietro Germi per una decina d'anni, a partire dallo script de Il ferroviere , nel 1956, ricordava così l'amico: «Era pignolo, diligente, preciso, uno dei pochi registi che partecipava realmente alla scrittura di un film». Germi non lasciava spazi all'improvvisazione e «sapeva far recitare anche i sassi». Era capace di entrare nel cervello di un attore perché ne conosceva i meccanismi, essendo egli stesso attore. Veniva dai corsi di recitazione del Centro Sperimentale di Cinematografia e debuttò a 25 anni come comparsa in Retroscena (1939) di Alessandro Blasetti, del quale fu anche co-sceneggiatore. La sua era una faccia alla Spencer Tracy, mobile e severa, dallo sguardo tagliente. Recitò, nella parte di un operaio antifascista, nel capolavoro neorealista di Mario Soldati, Fuga in Francia , del 1948, e in seguito fu protagonista e regista de Il ferroviere e L'uomo di paglia (1958), intensissimi drammi familiari dei quali diede un'interpretazione istintiva e passionale. "Si diresse" anche in Un maledetto imbroglio (1959), ispirato al romanzo di Gadda Quer pasticciaccio brutto de via Merulana , dove impersonò un sornione e introspettivo commissario Ingravallo anticipando, in modo non superficiale, il filone del poliziesco all'italiana. Un ruolo, quello dello sbirro dal volto umano, ripetuto l'anno successivo, con altrettanta efficacia, nel noir Il rossetto , opera prima di Damiano Damiani. E forse sta proprio qui la grandezza di Germi: è stato il precursore, come attore, sceneggiatore e regista, di quasi tutti i generi che hanno distinto il cinema italiano dopo il neorealismo. Un modellatore di personaggi e un inventore di stili narrativi sempre attento alla realtà del Paese (basti pensare a Il cammino della speranza , sul dramma dell'emigrazione, girato nel 1950). Il suo Il brigante di Tacca del Lupo (1952), da una novella di Bacchelli, sulle rivolte postunitarie nell'Italia del Sud, e In nome della legge , del 1948, sulla mafia in Sicilia, furono girati come fossero western. Una lezione che influenzò Sergio Leone nella sua "trilogia del dollaro". E poi, dal '61 al '66, con Divorzio all'italiana (Oscar per la migliore sceneggiatura e nomination per la miglior regia), Sedotta e abbandonata e il grottesco Signore & signori (Palma d'oro al Festival di Cannes) sui vizi della borghesia di provincia, ecco l'abbrivio sfolgorante della commedia all'italiana. Chi l'ha conosciuto dice che era un uomo pieno di incertezze e paure. Ma amava raccontare, e sapeva raccontare magnificamente con la macchina da presa e nell'azione sul set. Figlio di un portiere d'albergo e di una sarta, prima di entrare a Cinecittà Germi fece il garzone di un bar, il commesso e lo studente all'istituto nautico di Genova, città dove nacque il 14 settembre 1914. La critica non esaltò quasi mai le sue doti d'autore, forse perché a lui non piacevano gli "ismi" ed era insofferente alle lobbies della sinistra di allora. Ma basta l'opinione di , padre della commedia e del noir made in Usa , per rendersi conto del suo valore: «Quando vedo Ladri di biciclette mi alzo in piedi e faccio tanto di cappello, perché non si può andare oltre. Ma il regista che sento più vicino, e mi interessa di più nella continuità della sua opera, è Pietro Germi». Foto: Pietro Germi

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 26 14/09/2014 Avvenire - Ed. Nazionale Pag. 23 (diffusione:105812, tiratura:151233) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato AGORÀ / Cinema . Allarme copie pirata per «Cristiada» Il debutto ufficiale del film è fissato per il 15 ottobre. Illegali (e dannose) le proiezioni non autorizzate

Meno di un mese e Cristiada - il kolossal hollywoodiano ispirato alla saga dei cristeros - arriverà nelle sale italiane. Ma attenzione, perché quelle che vengono proposte in queste settimane a molte sale della comunità sono copie pirata, di bassissima qualità e malamente sottotitolate. Proiettate spesso in buona fede, ma comunque dannose per la sorte del film. A lanciare l'allarme è Dominus Production, la casa di distribuzione che ha di recente acquisito i diritti della pellicola diretta nel 2012 da Damian Lee e finora snobbata dal mercato italiano per questioni almeno in parte ideologiche. Quello di Cristiada (nel cui cast figurano, tra gli altri, Andy Garcia, Eva Longoria e Peter O'Toole) è un caso al quale «Avvenire» ha dato molto spazio: la trama ripercorre le vicende del triennio 1926-1929, quando i contadini messicani difesero con le armi la Chiesa cattolica, perseguitata dal regime rivoluzionario. Il debutto italiano è fissato per il 15 ottobre, nella versione ufficiale che Dominus Production ha provveduto a doppiare. Oltre che illegali, le copie attualmente in circolazione finiscono per penalizzare il destino di Cristiada . Come spiega la casa di distribuzione in una sua nota ufficiale, infatti, a determinare il successo di un film e i suoi eventuali passaggi televisivi sono gli incassi conteggiati dalla Siae, nei quali non possono rientrare i proventi delle copie legali. Dalla prossima settimana, avverte la nota, Dominus Production ha intenzione di inviare ispettori Siae nelle sale che terranno in cartellone le copie non autorizzate. Per informazioni e prenotazioni www.cristiada.it.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 27 14/09/2014 Il Mattino - Napoli Pag. 57 (diffusione:79573, tiratura:108314) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Il programma L'omaggio del Napoli FilmFest a De Sica, Eduardo e Troisi

Diego Del Pozzo Gli omaggi a tre grandi nomi del cinema e della cultura partenopei come Vittorio De Sica, Eduardo De Filippo e Massimo Troisi costituiscono il cuore del Napoli Film Festival 2014, che si svolgerà dal 29 settembre all'8 ottobre nei cinema Metropolitan e Vittoria e presso l'Istituto Francese (ex Grenoble), l'Instituto Cervantes e il Pan. Sarà anche un'occasione per confrontare tre modi differenti di vedere e sentire Napoli, approfittando della tripla ricorrenza delle rispettive dipartite, cadute a dieci anni l'una dall'altra: De Sica nel 1974, Eduardo nel 1984 e Troisi nel 1994. L'omaggio a De Sica nel quarantennale della scomparsa proporrà le proiezioni di alcuni suoi capolavori, tra i quali il manifesto del neorealismo «Ladri di biciclette», «La ciociara» (per il quale Sophia Loren vinse l'Oscar come miglior attrice protagonista) e i più leggeri «Ieri oggi e domani», «L'oro di Napoli» e «Matrimonio all'italiana». A trent'anni dalla morte, invece, De Filippo sarà ricordato attraverso il recupero su grande schermo del dittico composto da «Napoletani a Milano» (1953) e dalla riduzione cinematografica di «Questi fantasmi» (1954), con Renato Rascel e Franca Valeri. La terza ricorrenza, quella dedicata a Massimo Troisi, sarà celebrata con le proiezioni dei suoi cinque film firmati in veste di regista, oltre che interpretati: l'esordio- miracolo «Ricomincio da tre», «Scusate il ritardo», «Non ci resta che piangere» (diretto a quattro mani con l'amico Roberto Benigni), «Le vie del Signore sono finite» e «Pensavo fosse amore... invece era un calesse». In attesa dell'annuncio degli ospiti, poi, sono previsti omaggi ad autori classici, come quello dell'Istituto Francese ad Alain Resnais, scomparso nello scorso marzo, ricordato con «Hiroshima mon amour», «L'anno scorso a Marienbad», «Mio zio d'America» e «Mélo». E ancora, il giovane Roman Polanski sarà riesplorato attraverso i suoi primi tre lungometraggi «Il coltello nell'acqua», «Repulsione» e «Cul-de-sac»; ma anche con una selezione dei suoi cortometraggi girati tra il 1956 e il 1962, tra i quali «Due uomini e un armadio» di chiara ascendenza surrealista. Poi, nella sezione 41mo parallelo (sul legame ideale tra Napoli a New York), si vedranno due classici senza tempo del cinema comico con i fratelli Marx (Groucho, Gummo, Zeppo, Chico e Harpo): «La guerra lampo dei fratelli Marx» e «Una notte a Casablanca». Un'ampia retrospettiva, celebrerà la grandezza di uno tra gli autori italiani più importanti della storia del cinema, Michelangelo Antonioni, al centro anche della sezione fotografica competitiva "Fotogrammi", imperniata quest'anno proprio su immagini ispirate a capolavori come «Cronaca di un amore», «I vinti», «La notte», «Deserto rosso», «Blow-Up» o «Zabriskie Point», tutti in programmazione durante il festival. Tanto spazio, infine, sarà dedicato anche a film e autori del presente, nei tradizionali concorsi "Europa Mediterraneo" (quello internazionale, in cartellone all'ex Grenoble) e "Schermo Napoli" per cortometraggi e documentari (al Vittoria e al Pan), ma anche grazie alle finestre sull'odierno cinema spagnolo - al Cervantes, con proiezione di opere dei registi baschi Julio Medem e Pablo Berger (del quale si vedrà anche il premiatissimo «Blancanieves») - e francese, ancora nell'istituto di via Crispi, con i lavori degli emergenti Arthur Harari («Peine perdue») e Justine Triet («La bataille de Solferino»). © RIPRODUZIONE RISERVATA

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 28 14/09/2014 Il Tempo - Ed. Nazionale Pag. 14 (diffusione:50651, tiratura:76264) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Mito Sabato la Loren festeggerà 80 anni. Esce l'autobiografia Oscar e spaghetti I segreti di Sophia la magnifica ragazza 20 settembre Su Sky il documentario trasmesso in esclusiva per lei su Diva Universal Dina D'Isa

Qual è il segreto di un'icona del cinema che riesce ancora, a 80 anni, ad attirare l'attenzione dei media mondiali? Una straordinaria normalità. Lo racconta Sophia Loren nel libro «Ieri, oggi, domani. La mia vita» (Rizzoli, pp. 336 + 64 pagine di inserto fotografico a colori, euro 19), alla vigilia del suo ottantesimo compleanno che festeggerà sabato prossimo. Tutta la sua esistenza di ragazza semplice è scandita da incontri e appuntamenti eccezionali che hanno segnato la sua carriera. Fin da quando fu notata dal produttore Carlo Ponti (poi suo marito) a un concorso di bellezza, dove lei era ospite, e il giorno dopo la ricevette nel suo studio per un colloquio. Carlo Ponti rimase subito colpito dalle sue potenzialità e le offrì un contratto di sette anni, trampolino di lancio per il successo. Iniziò da allora a usare nomi d'arte: per un po' si fece chiamare Sofia Lazzaro; poi, Sophia Loren, così da presentarsi in modo più "internazionale", nome d'arte che le ha portato fortuna finora e che il produttore Goffredo Lombardo inventò per lei. Non ha mai nascosto il suo carattere schietto che le ha trasmesso la sua famiglia quando da Roma si trasferì a Pozzuoli, per necessità economiche. Un esempio per tutti: la notte in cui vinse l'Oscar, era il 1962, lei era in lizza per il suo ruolo di madre ne «La Ciociara» di Vittorio De Sica. Ma non andò a Los Angeles, perchè sarebbe svenuta se perdeva ma sarebbe svenuta anche se vinceva per l'emozione. Allora, scelse di stare a casa e, nell'attesa, si mise a fare il sugo. La diva mediterranea, a 80 anni, ancora incuriosice, anche quando si racconta "senza veli" in un'autobiografia. E ricorda quando era troppo magra perchè affamata dalla guerra («mi chiamavano Stuzzicadenti», rivela); e poi, l'abbandono da parte del padre, che riconobbe la sorella Maria solo quando lei lo pagò con i suoi primi guadagni (un milione). E quella intraprendenza leggendaria la portò persino a lanciarsi nell'acqua ghiacciata dell'oceano, sebbene non sapesse nuotare, pur di guadagnarsi la sua prima parte da protagonista in «Africa sotto i mari», nel 1952. A Carlo Ponti deve il lancio internazionale, la obbligò a imparare l'inglese, le sceglieva i vestiti («devi vestire solo di shantung bianco», diceva) e le insegnò persino ad usare le posate nel modo migliore. Ed ecco, l'appuntamento con il cinema americano e con Cary Grant: per lui è amore; mentre lei, riservatissima, non scopre mai fino in fondo i suoi sentimenti. Ma alla fine quell'amore fu la leva per far ingelosire al punto giusto Ponti (sposato e legato da leggi all'epoca repressive), che non la lascerà più sola. Tante curiosità saranno presenti anche nel documentario di Marco Spagnoli, «Sophia racconta la Loren», con preziosi filmati del Centro Sperimentale di Cinematografia, che ritraggono la Loren nel suo primo provino. Oltre ai tanti film nei quali è stata diretta da Vittorio De Sica, di cui nel 2014 ricorrono i 40 anni dalla scomparsa, c'è la vittoria dell'Oscar per l'interpretazione de «La Ciociara», la nascita dei due figli, i ricordi del lavoro con Marcello Mastroianni e il secondo Oscar alla carriera. Il documentario sarà trasmesso in esclusiva su Diva Universal sabato 20 settembre alle 20.50, giorno dell'ottantesimo compleanno della diva. È un mito la Loren, ma non per lei: «Non mi sono mai considerata tale, per questo vivo bene. Se ho eredi? Non lo so, bisogna vedere i film, e a me è piaciuto quello di Sorrentino (La grande bellezza). In Italia abbiamo tante cose da dire, quel che mancano sono i soldi», aveva detto a Cannes presentando «Voce umana», cortometraggio del figlio Edoardo Ponti, tratto da Jean Cocteau, di cui è protagonista. Del figlio mamma Sophia dice che è «un regista meraviglioso, attento, che sceglie storie difficili come questa: era un ruolo che volevo fare sin da giovane. Tra le altre, lo hanno interpretato Ingrid Bergman e l'ha fatto pure Anna Magnani che era un'attrice straordinaria, di temperamento, sensibilità e coraggio fuori dal comune: ora l'ho fatto anch'io». Il suo libro ruota attorno alla famiglia, più che attorno alla sua carriera straordinaria, racconta momenti di intimità casalinga con i nipoti, i figli, tra ricette di cucina e di vita. E per l'occasione ha detto che la più grande qualità che si riconosce è «l'atteggiamento positivo nei confronti della vita. La mia, facimm' i corna , è stata ed è ancora bellissima». Una leggenda vera la sua e tanto diversa da quella di un'altra icona, Brigitte Bardot, che proprio 8 giorni dopo (il 28 settembre) compirà anche lei 80 anni, ma con tanto di artrite, lontana

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 29 14/09/2014 Il Tempo - Ed. Nazionale Pag. 14 (diffusione:50651, tiratura:76264) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

dal glamour e presa dalle sue crociate per la difesa degli animali. Foto: Icona italiana Da sinistra Loren bacia Vittorio De Sica dopo la vittoria dell'Oscar; con il figlio Edoardo Ponti al festival di Cannes; Sophia ne «La riffa» e con Mastroianni ne «La moglie del prete» Foto: Attrice Sophia Loren (nome d'arte di Sofia Villani Scicolone) è nata a Roma il 20 settembre 1934: ha vinto 2 Oscar, un Golden Globe, un Leone d'oro, la Coppa Volpi, una Palma d'oro, sei David e due Nastri d'argento Foto: Diva Loren nella foto storica che l'ha resa celebre nel mondo per il film «La ciociara» di De Sica

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 30 14/09/2014 Messaggero Veneto - Ed. Nazionale Pag. 55 (diffusione:51393, tiratura:61353) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Cervignano Film Festival , il cinema del limite Ritorna la rassegna diretta da Piero Tomaselli. In gara 25 opere (su 400 selezionati) e videclip musicali. Dal 23 al 28 Cervignano Film Festival , il cinema del limite

Cervignano Film Festival, il cinema del limite Ritorna la rassegna diretta da Piero Tomaselli. In gara 25 opere (su 400 selezionati) e videclip musicali. Dal 23 al 28 Continuano le sorprese e le rivelazioni al festival "I Mille Occhi" di Trieste: oggi è in programma l'anteprima italiana del film-saggio di Alexander Kluge sulla Grande Guerra e l'ultimo, rarissimo, mélo di Raffaello Matarazzo, "Amore mio"; domani si potrà invece riscoprire il film sulla popolazione mondiale commissionato a Rossellini dall'Onu, "A Question of People", insieme a due film-emblema del videoattivismo femminista italiano, "L'aggettivo donna" e "I fantasmi del fallo". Già dalla mattina di domenica, alle ore 9.15, si potranno recuperare altri due film segreti del percorso "Ti ritroverò. Trieste cuore di tenebra", entrambi ambientati durante il primo conflitto mondiale. Nel pomeriggio, le proiezioni riprenderanno dalle 14.30 con un evento speciale, organizzato con il Goethe Institut di Trieste e pensato come parte del percorso monografico sul cinema della Prima Guerra: si tratta, come si diceva, dell'anteprima italiana del film "Nachrichten vom Grossen Krieg" (2014) di Alexander Kluge, saggio di found-footage sull'incubo bellico.CERVIGNANO Ritorna sul grande schermo, dal 23 al 28 settembre, il cinema del confine e del limite: il Cervignano Film Festival. L'idea del Centro Giovanile di Cultura e Ricreazione Ricreatorio San Michele nasce dalla volontà di supportare la creatività dei giovani con l'intento di valorizzare, promuovere e divulgare le forme minori della narrazione audiovisiva e cinematografica come forme espressive particolarmente efficaci e attuali a livello mediatico, sociale e culturale. La rassegna, organizzata in stretta collaborazione con il Comune di Cervignano, si sviluppa attraverso una riflessione sui (nuovi) limiti e confini linguistici, tecnici e poetici delle forme "minori" del cinema contemporaneo - cortometraggi, documentari e videoclip - e assegnerà il Premio Cervo d'Oro all'opera che attraverso vari codici stilistici, tra finzione e documentario, affronta meglio la problematicità nello stabilire limiti e confini precisi di genere e di format. Le venticinque opere in concorso - scelte tra le oltre quattricento che hanno partecipato alla selezione - provengono dal Belgio, dall'Italia, dall'Iran, dalla Spagna e dagli Stati Uniti. Saranno valutate da una giuria presieduta dal critico cinematografico Beatrice Fiorentino e composta dai registi Alberto Fasulo, autore di scuola documentaristica, e Lorenzo Bianchini, importante esponente della scena cinematografica horror indipendente. Fuori concorso, una speciale finestra sarà dedicata alle opere prodotte in Friuli Venezia Giulia. Il cinema del confine e del limite presenta inoltre una rarità assoluta nel panorama dei festival cinematografici in Italia: il concorso nazionale riservato ai videoclip musicali. Più di cento le opere arrivate da tutta Italia per aggiudicarsi il premio. La sezione vuole promuovere la cultura del videoclip, del tipo non convenzionale, genere trascurato in Italia e di fatto espressione cinematografica a tutti gli effetti. La giuria che decreterà il vincitore è composta dal direttore artistico della sezione, il dj Michele Poletto, da Alessandro Seravalle e Mario Mariani. Il concorso si svolgerà in due serate, la prima riservata alle opere provenienti da tutta Italia, la seconda ai videoclip prodotti in Fvg. Per sottolineare ulteriormente il rapporto tra cinema e musica, due i concerti: il primo di Mario Mariani, compositore di colonne sonore per pubblicità e film, pianista eclettico e ironico; il secondo nome sarà una sorpresa che verrà svelata nei prossimi giorni. E ancora, tra gli eventi speciali, la proiezione della copia in 35mm restaurata de Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, presentato da Giuseppe Zigaina in occasione del 50° anniversario dalla realizzazione del capolavoro del poeta di Casarsa. «Il film, com'è noto - spiega il direttore artistico Piero Tomaselli - è una riproposizione molto fedele del Vangelo secondo Matteo in cui vengono ripercorse le tappe della vita di Gesù Cristo: la nascita, Erode, il battesimo di Giovanni Battista fino ad arrivare alla morte e alla resurrezione. Il film indaga e riflette sui confini e i limiti linguistici del cinemapresentandosi come un testo audiovisivo in bilico tra documentario e finzione, ed è perfettamente in sintonia con il tema del festival, il cinema del confine e del limite». Infine, un'ulteriore sezione dedicata alle

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 31 14/09/2014 Messaggero Veneto - Ed. Nazionale Pag. 55 (diffusione:51393, tiratura:61353) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

scuole, con la proiezione di sei opere tra le 40 pervenute da istituti in tutta Italia. Durante il festival, anche tre matinée rivolte alle scolaresche che proporranno altrettanti capolavori della storia del cinema incentrati sulla Prima Guerra Mondiale e workshop che prevedono la realizzazione di uno spot in stop motion per Udinese Channel. Info: www.cervignanofilmfestival.it

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 32 14/09/2014 Brescia Oggi Pag. 46 (diffusione:16000) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato CINEMA . Mercoledì esce nelle sale il film d´animazione digitale L´Ape Maia vola in 3D ad un secolo dalla nascita

Una scena del film d´animazione Ape Maia Più di cento primavere e non sentirle. Dopo essere tornata tre anni fa sulle tv di oltre 150 Paesi (in Italia va in onda su Rai Yoyo), tradotta in 30 lingue, con una nuova serie animata in 3D, l´Ape Maia, nata nel primo decennio del Novecento dalla penna del tedesco Waldemar Bonsels, vola al cinema in versione CGI con il film di Alexs Stadermann, coproduzione tedesco-australiana, in sala dal 18 settembre. Il successo planetario arrivò a metà degli anni ´70, con la serie animata firmata dal giapponese Nisan Takahashi, ma già il libro di Bonsels (Le avventure dell´ape Maya vennero pubblicate per la prima volta in Germania nel 1912) aveva incantato i bambini di allora, tanto da ispirare nel 1924 un film muto, Die Biene Maja girato dal biologo e documentarista Wolfgang Junghans in un terrarium allo zoo di Berlino con veri insetti. Negli anni la storia di Maia ha anche ispirato, fra gli altri, un´opera per bambini del compositore croato Bruno Bjelinski, oltre a videogame, libri e fumetti. Nel nuovo film in 3D, che ha sullo sfondo una lotta secolare tra api e vespe, la piccola e anticonformista Maia nasce in un alveare dove non è facile essere diversi. I suoi buffi sforzi per diventare una brava ape la mettono in conflitto con la malvagia consigliera dell´Ape Regina che sta organizzando un grosso furto di pappa reale. Quando Maia scoprirà il suo piano minaccioso, chiamerà a raccolta tutti gli insetti, comprese le vespe, che si riveleranno ottimi alleati. Ad anticipare la pellicola di Staderman, c´è un divertente trailer nel quale Maia su uno sfondo bianco si chiede quando inizi la storia visto che «hanno fatto tutti un film tranne me».

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 33 14/09/2014 QN - La Nazione - La Spezia Pag. 30 (diffusione:136993, tiratura:176177) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato LA SPEZIA Cine-abbonamenti per il Don Bosco

TRE grandi capolavori di Sergio Leone, che hanno fatto la storia del cinema western tornano restaurati sul grande schermo: "Per un pugno di dollari" del , "Per qualche dollaro in più" e "Il buono, il brutto, il cattivo" saranno al cinema Il Nuovo di via Colombo 99 alla Spezia, con primo appuntamento martedì nell'ambito del progetto 'Il Cinema Ritrovato' promosso dalla Cineteca di Bologna per la distribuzione dei classici restaurati in sala, con il sostegno di Unipol Gruppo. La Trilogia del dollaro è stata presentata nella nuova veste restaurata al 67° Festival di Cannes, per celebrare il 50° compleanno del suo primo capitolo ed è stata proposta nel luglio scorso anche dal cinema teatro Astoria di Lerici. La prima pellicola, nel 1964 lanciò l'icona western di Clint Eastwood, seguito nel 1965 e nel 1966 dagli altri due bellissimi film. Questa rassegna, fortemente voluta dal Cinema il Nuovo, farà rivivere a tutti gli appassionati la magia del western e il fascino dell'uomo senza nome: il personaggio interpretato da Eastwood e che ricorre nei film di Leone. Dopo primo evento in calendari, secondo appuntamento martedì 23 settembre e terzo il 30 settembre. Gli spettacoli, in ogni occasione, sono due: alle 17.30 e alle 21.15. L'uomo senza nome, una maschera imperturbabile, che pronuncia poche frasi in tutto il film (tra cui la celebre al becchino "Prepara tre casse... volevo dire quattro") con un'ironia che non ammette sorrisi, è il cowboy di Clint Eastwood in "Per un pugno di dollari". Un personaggio che conquistò il pubblico. Il film costato 120 milioni, incassò quasi 2 miliardi e fu venduto in mezzo mondo. Nel 1964 Eastwood godeva di una certa notorietà negli Stati Uniti grazie ad una serie tv "Rawhide", ma era ben lontano da essere un divo. Leone aveva in mente James Coburn e Charles Bronson, che aveva molto apprezzato nel film "I magnifici sette" che era ispirato, come il suo progetto, ad un film di Kurosawa. Ma erano attori troppo costosi e la produzione non poteva permetterseli così venne fuori il nome di Eastwood, che sarebbe stato pagato decisamente di meno, 15.000 euro. Per il secondo episodio della trilogia, Eastwood ottenne un trattamento completamente diverso del primo film: 50.000 dollari, un biglietto di prima classe e una piccola percentuale sugli incassi. Nel terzo titolo Leone per non replicarsi, aumentò i protagonisti: Sentenza (Lee Van Cleef), assassino a pagamento, il Biondo (Eastwood), bounty-killer, e Tuco (Eli Wallach), fuorilegge messicano. Grazie al restauro sono stati ritrovati i tagli, gli errori, le risate che ormai tanto cinema americano ci ha abituato a vedere nei titoli di coda, negli extra dei dvd, ma che sono quanto mai curiosi per un film degli anni Sessanta entrato nella storia del cinema. E così vediamo Eastwood che non riesce a sfilare la pistola dalla fondina, il vento che gli scompiglia il poncho, Eastwood e Volontè occhi negli occhi che scoppiano in un'inopportuna risata, i ciak di El magnifico (in italiano "Il magnifico straniero") che era il titolo originale di "Per un pugno di dollari". Ma soprattutto lui, Clint Eastwood che al di là della maschera cinematografica, è un uomo, un attore ancora lontano da essere la star che, proprio grazie al successo di questa trilogia, diventerà. Marco Magi

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 34 14/09/2014 Corriere del Mezzogiorno - Napoli Pag. 18 (diffusione:27910) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Pompei Festival con inediti di Troisi

Da domani a Pompei va in scena la quarta edizione del «Pompei Cinema Festival», presieduto, che quest'anno sarà dedicato a Massimo Troisi. Gli appuntamenti inizieranno nel pomeriggio all'hotel Amleto con una masterclass sul doppiaggio cinematografico. Dopo la proiezione di film e corti (il festival, sviluppato dal suo presidente Raffaele De Luca e coordinato da Luca Cirillo, su suggerimento di Ezio Greggio è dedicato alla «commedia»), il 17 e il 18 si terranno due workshop di regia e sceneggiatura curati dalla Scuola di Cinema di Napoli - Centro di formazione per le arti e i mestieri del cinema e della televisione, con i docenti Claudio B. Lauri e Nedo Novi. Il 19, invece, masterclass di sceneggiatura. Sabato 20, alle 19,30, al teatro Di Costanzo-Mattiello di Pompei, si terrà il galà finale, con Alessandro Cecchi Paone (che presenterà un suo video), e dove saranno premiati opere e personaggi legati al mondo del cinema. Fra i premiati il produttore Andrea Iervolino, «Fauno danzante» per la miglior produzione straniera col film «The Humbling», di cui è protagonista Al Pacino; Giuseppe Racioppi «Miglior regista di Spot dell'anno»; Flavio Pagano che vince il Fauno «Un Libro per il Cinema» per la valorizzazione del rapporto tra cinema e letteratura, con il romanzo «Perdutamente» (Giunti). Fra i premiati, Nello Mascia per il cortometraggio «Incontro con Eduardo», e, per la categoria «Miglior attore esordiente», Pio Luigi Piscicelli, protagonista della ficJtion di Rai 1 «Braccialetti Rossi». Ospiti d'onore del galà Liliana De Curtis e Carlo Croccolo e con loro Fioretta Mari, Massimo Bonetti, Renato Scarpa, GeraJrdo Ferrara, Anna Pavignano, Nino Daniele, Enzo Gragnaniello e Federico Salvatore. In scena al Di Costanzo Mattiello anche alcuni inediti tratti dalla mostra dedicata al Troisi a Giorgio a Cremano, curata da Alfredo Cozzolino (amico fraterno del grande attore napoletano scomparso) e custoditi dall'Associazione Ricomincio da te presieduta da Antonella Esposito, fra cui il backstage di«Splendor», di Scola con Mastroianni, con un'intervista inedita in cui Troisi racconta la propria visione del cinema».

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 35 14/09/2014 Libero - Ed. Nazionale Pag. 27 (diffusione:125215, tiratura:224026) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Nel nuovo film di Genovesi LA CARICA DI POZZETTO «Al cinema sposo la Vanoni. Poi recito per mio figlio in tv » ANNAMARIA PIACENTINI

Ma che bella sorpresa , al cinema torna Renato Pozzetto nei panni del padre di Claudio Bisio. Prendiamo in prestito il titolo del nuovo film di Alessandro Genovesi per raccontarvi l'attore milanese che gira all'ombra del Vesuvio. Ad interpretare sua moglie è Ornella Vanoni. Sono i genitori di un professore di liceo in crisi che da anni insegna a Napoli. Tra i protagonisti anche Valentina Lodovini e Frank Matano. I ciak continuano, e sicuramente alla storia si aggiungeranno scene sempre più interessanti, visto che il regista de La peggior settimana della mia vita, e Soap opera , non ha mai sbagliato un colpo. Come non lo ha mai sbagliato Pozzetto. Seguirlo è facile, mastica cinema, teatro e cabaretsin da quando aveva poco più di vent'anni. Un veterano sempre amato dal pubblico che sa unire passato e presente con lo stesso entusiasmo. Sarà anche protagonista di una fiction televisiva targata Rai. Pozzetto, ci intriga l'idea che nel film sia sposato con Ornella Vanoni. Come si è trovato? «Bene, è anche simpatica. Delresto doveva anche considerare che non eravamo pezze da piedi. Insomma il film prometteva bene. Insieme ci siamo divertiti a portare in scena una storia che piacerà al pubblico. L'attenzione era tutta lì. Siamo stati a cena insieme, abbiamo parlato. L'atmosfera del set era perfetta. Se il regista è abile l'attore è sempre ben disposto. Se non è all'altezza, diventa un problema». Ha incontrato registi «non all'altezza»? «Mi è capitato qualcuno che non era attento al set. Così vai al cinema a vedere il tuo film e scopri che non c'è quella atmosfera scritta sul copione, quella che uno si immagina». Cosa l'ha convinta ad accettare il ruolo offerto da Genovesi? «Ho letto la sceneggiatura, mi piaceva. Surreale, moderna, si avvicinava un po' al mio film Un amore su misura , in cui avevo creduto. È un film molto curioso, non batte la strada della commedia all'italiana, né del film di Natale. Bisio, oramai famosissimo, saprà difendermi, non ne vedrei altri al posto suo. Mi piace lavorare con lui, lo stimo da sempre. Abbiamo respirato la stessa aria». Milanesi a Napoli... «Bisio e Matano sono stati i più notati dalla gioventù, hanno milioni di contatti tra il pubblico. Però me la sono cavata anch'io. Conosco un po' Napoli, quella dei vicoli, ci avevo girato anni fa il film Giallo napoletano . Tornarci è stato piacevole», In genere come considera gli attori? «Figli dei tempi che vivono. Quando mi sono affermato c'era una certa Milano, ora c'è l'Expo. Dalla mia finestra vedo che tutto cambia, resta il parco delle Basiliche, il grattacielo che sta facendo la Fiera campionaria. Non si torna indietro, ma Milano rimane nel cuore. Come rimangono le gioie, i dolori, i sentimenti, senza questo tipo di esperienze non si costruisce il futuro». Pozzetto, cosa la fa ridere? «Mio figlio Giacomo, la persona più simpatica che conosco. Fa il produttore, ha due figli. Insieme alla sorella si interessano di pubblicità e fiction. Sono sempre stato per loro un buon amico a cui raccontare tutto, senza timore. Mi hanno dato grandi soddisfazioni e sono rimasti i miei, bravi ragazzi. Mi hanno regalato anche cinque nipoti che amo molto. Stiamo sempre insieme e abitiamo tutti nello stesso palazzo. Farò una fiction prodotta da loro». Titolo e ruolo? « Il papà della figlia del sindaco , girata per la Rai, con me e Nino Frassica protagonisti. È la storia di un signore che si mette alla ricerca della figlia data in affidamento. Una storia di rapporti e sentimenti, molto bella». Quando non lavora, che hobby ha? «Da poco tempo ho restaurato una vecchia cascina sul lago Maggiore. Si chiama Locanda Montecristo. Ho un ottimo cuoco. Se il tempo è bello, domani viene Billy Costacurta con la moglie Martina Colombari». Se si volta indietro, ha qualche rimpianto? «Ho sempre fatto film che le produzioni hanno apprezzato. Anche quelli che non mi volevano far girare. Ho lavorato, ho creduto in ciò che facevo. E che continuo a fare. Ma portare il mio cabaret dal teatro al cinema sarebbe stato entusiasmante. Purtroppo non ho trovato una distribuzione. Vedremo, tutto può accadere». Foto: AFFIATATI Foto: Renato Pozzetto torna al cinema in «Che bella sorpresa», nuovo film di Alessandro Genovesi. Ad interpretare sua moglie è Ornella Vanoni. Sono i genitori di un professore di liceo in crisi che da anni insegna a Napoli, interpretato da Claudio Bisio. [Splash, Olycom]

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 36 14/09/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 65 (diffusione:41821, tiratura:51628) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato CINEMA . Mercoledì esce nelle sale il film d´animazione digitale L´Ape Maia vola in 3D ad un secolo dalla nascita

Una scena del film d´animazione Ape Maia Più di cento primavere e non sentirle. Dopo essere tornata tre anni fa sulle tv di oltre 150 Paesi (in Italia va in onda su Rai Yoyo), tradotta in 30 lingue, con una nuova serie animata in 3D, l´Ape Maia, nata nel primo decennio del Novecento dalla penna del tedesco Waldemar Bonsels, vola al cinema in versione CGI con il film di Alexs Stadermann, coproduzione tedesco-australiana, in sala dal 18 settembre. Il successo planetario arrivò a metà degli anni ´70, con la serie animata firmata dal giapponese Nisan Takahashi, ma già il libro di Bonsels (Le avventure dell´ape Maya vennero pubblicate per la prima volta in Germania nel 1912) aveva incantato i bambini di allora, tanto da ispirare nel 1924 un film muto, Die Biene Maja girato dal biologo e documentarista Wolfgang Junghans in un terrarium allo zoo di Berlino con veri insetti. Negli anni la storia di Maia ha anche ispirato, fra gli altri, un´opera per bambini del compositore croato Bruno Bjelinski, oltre a videogame, libri e fumetti. Nel nuovo film in 3D, che ha sullo sfondo una lotta secolare tra api e vespe, la piccola e anticonformista Maia nasce in un alveare dove non è facile essere diversi. I suoi buffi sforzi per diventare una brava ape la mettono in conflitto con la malvagia consigliera dell´Ape Regina che sta organizzando un grosso furto di pappa reale. Quando Maia scoprirà il suo piano minaccioso, chiamerà a raccolta tutti gli insetti, comprese le vespe, che si riveleranno ottimi alleati. Ad anticipare la pellicola di Staderman, c´è un divertente trailer nel quale Maia su uno sfondo bianco si chiede quando inizi la storia visto che «hanno fatto tutti un film tranne me».

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 37 14/09/2014 La Prealpina - Ed. Nazionale Pag. 48 (diffusione:38000) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Roma rilancia i film dei Castiglioni

VARESE - "Africa Ama", "Magia Nuda" e "Addio Ultimo Uomo" sono tre dei cinque film girati da Alfredo e Angelo Castiglioni tra il 1969 e il 1982. Martedì sarà possibile rivederli. Non nella loro Varese - che si spera riapra presto al pubblico la collezione etnografica e archeologica "Omaggio ai fratelli Castiglioni" il titolo dell'iniziativa organizzata dalla Cineteca Nazionale e dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma che oltre alle proiezioni prevede - alle 21 - un incontro del pubblico con i due registi che parleranno anche «delle notevoli difficoltà e dei rischi» che hanno accompagnato le riprese delle pellicole prodotte da Alberto Grimaldi della Pea. L'appuntamento fa parte della lunga rassegna "Fratelli nel cinema" curata da Amedeo Fago. «L'invenzione del cinematografo - spiega il regista, sceneggiatore e scenografo romano - è legata al nome di due fratelli, Auguste e Louis Lumière. Da allora sono stati tanti i fratelli che, in collaborazione o in competizione, si sono dedicati a questo mestiere. Il cinema, si sa, è una malattia contagiosa che si diffonde spesso all'interno delle famiglie. I mestieri del cinema sono tanti e, in certi settori, si sono formate nel tempo vere e proprie dinastie di artigiani e professionisti. Questo aspetto, che caratterizza in maniera particolare il cinema italiano rimasto, sostanzialmente, un cinema artigianale, è al centro di questa rassegna con cui ci si propone di mettere a confronto opere legate ai nomi di fratelli o sorelle, per comprendere meglio il peso che i rapporti, personali e famigliari, hanno avuto nello sviluppo e nella qualità del nostro cinema». Due gli appuntamenti mensili con in cartellone tra gli altri, . «Cineasti straordinari, autentici Maestri. Il fatto che in questa rassegna il nostro nome sia accostato ai loro rende ancora più sorprendente questo omaggio», spiega Alfredo Castiglioni. Valore aggiunto di "Magia nuda" il commento di Alberto Moravia; di Vittorio Buttafava quello di "Addio ultimo uomo". «I nostri film - ricorda Angelo Castiglioni - sono usciti nelle sale di tutto il mondo, dall'Europa agli Stati Uniti, dal Giappone al Sud America, sempre con notevole successo». Alla "prima" del loro film d'esordio, "Africa Segreta", il cinema di via Durini a Milano fu "preso d'assalto" dagli spettatori tanto da costringere a chiudere al traffico la via. Una marcia trionfale durata a lungo visto che la pellicola restò in cartellone per ben quattro mesi. E se Varese rispondesse a Roma programmandola? Diego Pisati

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 38 13/09/2014 Corriere della Sera - Roma Pag. 17 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Cinema Stasera e domani al Detour la proiezione di «Salinger» diretto da Shane Salerno I segreti del giovane Holden Sei anni di riprese , mille interviste e immagini inedite Pietro Lanzara

«Se c'è una cosa che odio sono i film. Non me li nominate nemmeno», assicura il giovane Holden Caulfield. Eppure Jerome David Salinger aveva la passione dei film anni Trenta e Quaranta e li collezionava in 16 millimetri. Uno dei preferiti era «Orizzonte perduto» di Frank Capra sulla Shangri-la himalayana dove non s'invecchia mai. Amava il musical «Gigi», Laurel & Hardy e i fratelli Marx. E i classici di Hitchcock, in particolare «Il club dei trentanove» prediletto dalla sorellina Phoebe nel «Giovane Holden». Con Hollywood, Salinger ruppe dopo il fallimento del film «Questo mio folle cuore» ('49) con Susan Hayward e Dana Andrews, prodotto da Samuel Goldwyn e tratto da un suo racconto. Invano i registi Billy Wilder, Elia Kazan e Steven Spielberg e gli attori Jack Nicholson e Tobey Maguire cercarono di portare sullo schermo «Il giovane Holden». Salinger ha rivelato che anche Jerry Lewis «tentò per anni di metterci le mani sopra». «Salinger. Il mistero del giovane Holden» (2013) di Shane Salerno sarà proiettato al cineclub Detour (via Urbana 107, stasera ore 21, domani ore 18 e 20,30): sei anni di riprese e oltre mille interviste per raccontare lo scrittore nato nel '19 a New York che nel '53, al culmine del successo, si isolò in una villetta di Cornish nel New Hampshire fino alla morte a 91 anni. L'ultimo racconto nel '65 sul «New Yorker», l'ultima intervista nel '74 al telefono al «New York Times». Nel documentario parlano gli scrittori Gore Vidal, Tom Wolfe ed Elizabeth Frank, gli attori Edward Norton, Martin Sheen e John Cusack. Per la prima volta Jean Miller, che conobbe a quattordici anni Salinger, rievoca la sua storia con lui. Si ascoltano i figli Margaret e Matt, nati dalla seconda moglie Claire Douglas. La prima fu Sylvia, una ragazza tedesca sposata clandestinamente subito dopo la guerra; la terza Colleen O'Neill di quarant'anni più giovane. Fra i primi amori figura anche un'altra O'Neill, la bellissima Oona poi moglie di Charlie Chaplin. Salinger era figlio di un commerciante di carni ebreo originario della Lituania. La madre Maria si convertì all'ebraismo e fu Miriam. Il ragazzo lavorò nella filiale del padre a Vienna fino al '38, un mese prima dell'Anschluss. Un filmato inedito dell'agosto '44 riporta agli anni di guerra: Salinger sbarcò in Normandia, partecipò alla battaglia delle Ardenne e al lavoro di controspionaggio. Entrò fra i primi nel lager di Dachau e fu ricoverato per un crollo nervoso, quello che ispira il racconto capolavoro «Per Esmé con amore e squallore». Il regista Shane Salerno sostiene che dal prossimo anno saranno pubblicati alcuni inediti: memorie di guerra, un testo di letteratura e religione Vedica, un romanzo sul primo matrimonio ma anche un ritorno del giovane Holden. Nel film l'attore Philip Seymour Hoffman, recentemente scomparso, cita le parole di Salinger all'amante Joyce Maynard: «Il tuo problema è che ami troppo il mondo». E le commenta con un sorriso commosso: «Io la capisco, capisco lei». © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Sul prato Salinger ritratto mentre gioca con il suo cane Benny

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 39 13/09/2014 Corriere della Sera - Milano Pag. 19 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Cinema Domani in chiusura del Milano Film Festival il documentario di Gabe Polsky sul campione di hockey Slava Fetisov, un eroe sovietico La riflessione sui valori dello sport si intreccia alla storia del Paese Paolo Mereghetti

È uno degli ultimi appuntamenti del Milano Film Festival ma è di quelli da non perdere: domani sera alle 20.30 all'Auditorium San Fedele viene programmato per l'ultima volta «Red Army», il documentario che Gabe Polsky ha dedicato al giocatore di hockey sul ghiaccio Vjaceslav «Slava» Fetisov. Capitano negli anni Settanta e Ottanta del Cska di Mosca, la squadra dell'Esercito conosciuta come «Armata Rossa», dodici volte campione sovietico, otto volte campione mondiale, medaglia d'oro in due Olimpiadi (1984 e 1988) e poi, dopo il passaggio negli anni Novanta nella lega professionistica americana, vincitore di due Stanley Cup con i Detroit Red Wings, considerato uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi, chiamato da Putin nel 2002 a fare per sei anni il ministro dello Sport in Russia. Il fascino del film, però, non è tanto in una carriera eccezionale, ma nella capacità di intrecciare il percorso agonistico con la Storia del Paese, prima Unione Sovietica poi Russia. A suo agio davanti alla macchina da presa, abile nell'evitare i trabocchetti dell'intervistatore («sono un politico, adesso» mette avanti alle domande indiscrete), non si tira indietro quando spiega il rimpianto per una società che sapeva costruire lo «spirito di squadra» e sapeva fondere la passione per l'hockey con l'orgoglio di essere parte di un gruppo. Polsky ha ritrovato materiali sorprendenti (come quelli in cui il suo primissimo allenatore Tarasov, poi allontanato da Breznev, usava le tecniche dei ballerini del Bol'soj o le tattiche dello scacchista Kasparov per allenarli), intervista un ex agente del Kgb per farsi raccontare il controllo dello Stato sulle loro vite (la moglie Lana si lamentava di non vederlo per undici mesi all'anno), non nasconde il ruolo propagandistico di quei successi ma sa anche far uscire tutta la passione per un'idea di sport inteso come ragione di vita e la nostalgia per un periodo della vita forse più complicato ma sicuramente più entusiasmante. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Spirito di squadra Due fotogrammi dal film documentario «Red Army» di Gabe Polsky

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 40 13/09/2014 Corriere della Sera - Ed. Nazionale Pag. 63 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato L'incontro «L'amore bugiardo» con Ben Affleck e Rosamund Pike Fincher, thriller sui cuori molesti: ogni coppia può avere un segreto Stefania Ulivi

ROMA - «Un mistero inquietante, un thriller paradossale ma anche satira sociale sul nostro presente. E una riflessione profonda su quanto le relazioni e i matrimoni tendano a trasformarsi in estensioni narcisistiche. Uomini e donne impegnati ad aggiustare la propria immagine riflessa negli occhi del partner per mostrare quella che si pensa essere la migliore». Non è difficile capire perché David Fincher si sia appassionato a L'amore bugiardo , il best seller di Gillian Flynn (pubblicato da noi da Rizzoli) che ha portato sullo schermo con Ben Affleck e Rosamund Pike. Nel libro come nel film nulla è come sembra. In compenso c'è tutto quello che non avreste voluto sapere sul matrimonio. «Faccio film sempre diversi, ciò che li accomuna è che non ho paura che il pubblico si senta a disagio. C'è chi fa cinema per dire che tutto va bene. Io non ci credo» dice il regista di Seven , Fight Club , The Social Network , Uomini che odiano le donne . «Qui la sfida è stata trovare il tono giusto». Scene da un matrimonio in salsa horror, L'amore bugiardo (Gone girl titolo originale). Una coppia perfetta, belli e in carriera, Nick e Amy; li vediamo felici a New York, lui giornalista, lei scrittrice, li ritroviamo dopo che entrambi hanno perso il lavoro in una cittadina del Missouri, North Carthage, il giorno del loro quinto anniversario di nozze. La favola sembra incrinata. Proprio quel giorno lei scompare. Tracce di sangue, vetri rotti, buste misteriose e un diario raccontano un'altra storia. Di quelle che richiamano l'attenzione delle tv che rilanciano gli appelli dei genitori e del marito. Fino a quando il peso dei sospetti ricade su di lui. Film attesissimo su cui si favoleggia da mesi: Alberto Barbera lo avrebbe sognato a Venezia, lo si dava certo a Toronto, sarà presentato al New York Film Festival il 26 settembre, ufficialmente perché così potrà esserci anche Ben Affleck (ora sul set di Batman v Superman: Dawn of Justice ). In Usa uscirà i primi di ottobre, da noi il 18 dicembre distribuito dalla Twentieth Century Fox. Fincher lo ha presentato a Roma, è arrivato con Rosamund Pike anche lei grande fan della scrittrice, fin dai romanzi precedenti (Sulla pelle e Nei luoghi oscuri ). «Gillian regala sempre donne dalle psicologie complesse, ama ragionare sul tema della rabbia femminile. Ha una grande capacità di andare al di là delle apparenze. Qui racconta la tremenda ascesa del narcisismo nella coppia» spiega l'attrice. «I media ci presentano coppie ideali, così l'amore diventa una gara con aspettative insostenibili. Le persone si guardano solo dall'esterno. Come dice Amy: "Siamo i più felici del mondo, che senso ha stare insieme se non siamo la coppia più bella?"». Affleck e Pike, osserva Fincher, non avrebbero potuto essere più adatti. «Tutti gli attori si portano dietro il loro bagaglio, se li metti nel ruolo giusto lavora per te». Nel caso di Affleck il bagaglio è l'essere stato per anni al centro dell'interesse dei media. Nel film Nick si trova assediato dal «circo mediatico». «Non parlo del New York Times o Cnn, ma dei canali tv che vampirizzano le tragedie, come un reality show». A proposito di tv, Fincher conferma le voci su un progetto per l'Hbo con James Ellroy. «Mi ha portato un'idea e ci stiamo lavorando. La sua è la voce più importante di un'intera generazione di autori» . © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Sul set Ben Affleck (42) in una scena del film «L'amore bugiardo», di cui è protagonista con Rosamund Pike, ritratta nel poster alle spalle dell'attore Foto: Autore Il regista americano David Fincher (44), candidato all'Oscar nel 2009 e nel 2011

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 41 13/09/2014 Corriere della Sera - Ed. Nazionale Pag. 63 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Il personaggio Dal «Principe di Homburg» di Bellocchio al debutto dietro la cinepresa. Applausi al film sul narcotrafficante colombiano Un regista italiano per «Escobar»: così ho trasformato Del Toro nel boss Di Stefano, rivelazione a Toronto: vivo un sogno americano Giovanna Grassi

TORONTO - «Era il 1997 e io ero molto giovane quando ho recitato in uno dei miei primi film, Il principe di Homburg , diretto da Marco Bellocchio». Poi però, la strada per Andrea Di Stefano ha seguito un percorso diverso: «Mi ero trasferito a New York per studiare all'Actors Studio: volevo recitare in film americani indipendenti e fare esperienze teatrali, ma già da allora il mio sogno era diventare regista». A volte «i sogni possono diventare realtà. Superati i 40 anni (ne ha quasi 42, ndr ) mi sono trasferito a Parigi e ho deciso di dare concretezza al mio desidero». Di Stefano ha presentato il primo film da lui diretto - Escobar: Paradise Lost - al Festival di Toronto. Protagonista: Benicio del Toro, che ha regalato al regista anche una immedesimazione fisica straordinaria con il famoso criminale colombiano, che gli ha fatto guadagnare venti chili. Nel cast anche il giovane Josh Hutcherson di Hunger Games , Carlos Bardem (fratello di Javier) e la spagnola Claudia Traisac. Racconta Di Stefano: «Di lei si innamora il ragazzo americano impersonato da Josh, surfista in vacanza con amici in Colombia. Ignora però che lei è la nipote di Escobar. La sua vita sarà stravolta. Anzi, travolta da una catena di avvenimenti spesso violenti da parte di quell'uomo che era sì un efferato criminale, ma anche un padre molto legato alla propria famiglia». Un copione, questo, scritto dopo approfondite «ricerche e scambi con i superstiti della famiglia del criminale colombiano. Ho anche fatto cantare a Del Toro una canzone di Modugno, Dio come ti amo , per descrivere un uomo dai molteplici aspetti». Il film è costato 13 milioni di dollari e lo ha prodotto il lungimirante francese Dimitri Rassam (figlio di Carole Bouquet). Sarà lanciato in autunno in Francia, uscirà presto in Colombia ed è stato acquistato per tutto il Nord e Sud America da Harvey Weinstein. L'Italia è in trattative: il successo a Toronto aiuterà il film in un momento in cui comunque le biografie sono in auge sul grande come sul piccolo schermo, come è stato dimostrato proprio al Festival canadese, proponendo tra altri titoli, anche l'applaudito The imitation gam e con Benedict Cumberbatch nel ruolo del matematico inglese e omosessuale Alan Turing. Riprende il regista: «Abbiamo girato a Panama e Benicio, al quale subito avevo pensato, si è preparato per mesi al complesso ruolo. Per giorni abbiamo analizzato insieme la personalità di Escobar e dopo tante letture, confronti e studi posso dire che nessun criminale è stato come lui: al tempo stesso tanto amato e odiato». Perché? «Era uno psicotico assassino, un uomo ricchissimo e ancora oggi le polizie del mondo stanno cercando il suo introvabile tesoro di diamanti, oro e altri gioielli. Nessuno ha dimenticato in Colombia i crimini di Escobar e nemmeno che il suo impero è nato grazie allo spaccio di droga, favorito da corrotte relazioni con giudici, politici e capi della polizia». L'idea di tracciare un ritratto di questo personaggio, per il regista «è cresciuta nel tempo, dopo un incontro casuale con uno dei gregari di Escobar: un uomo che aveva subito soprusi di ogni tipo perché il suo capo contravveniva anche all'unica regola della criminalità, quella che ti impone di non tradire mai la fiducia dei tuoi uomini». Un primo passo per Di Stefano, che ormai nel suo futuro vede solo la regia: «Ciò che mi interessa oggi è scrivere e dirigere. Non più recitare». © RIPRODUZIONE RISERVATA La carriera 41 anni Andrea Di Stefano 41 anni (nella foto, a Toronto) ha studiato all'Actors Studio. Il primo ruolo importante è per Bellocchio nel film «Il principe di Homburg» (1997; più in alto la locandina ). Con «Escobar: Paradise Lost» il

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 42 13/09/2014 Corriere della Sera - Ed. Nazionale Pag. 63 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

debutto alla regia Foto: Il signore della coca In «Escobar: Lost Paradise» Benicio Del Toro (48 anni) interpreta il «signore della droga» colombiano che dominò il mercato della cocaina tra gli anni Settanta e Ottanta

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 43 13/09/2014 Corriere della Sera - Brescia Pag. 13 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Il capolavoro di Miyazaki alla multisala Oz «Si alza il vento» sulla storia di Jiro, tra sogni e successo

La guerra, gli aerei, la natura, il vento, l'amore: sono i grandi temi del cinema di animazione di Hayao Miyazaki, grande fumettista, sceneggiatore, regista e produttore giapponese di fama internazionale. Qualcuno lo ha definito il Disney nipponico, ma l'etichetta è riduttiva. Nel 2003 ha vinto l'Oscar per il film «La città incantata» e due anni dopo, nel 2005, il Leone d'Oro alla carriera alla Mostra di Venezia. Prima di ritirarsi, di appendere penna e china al chiodo - po' per l'età, un po' per stanchezza - il maestro (classe 1941) ha realizzato «Si alza il vento», il suo film-testamento, la sua summa poetica. Vi si racconta la storia, ispirata alla realtà, di Jiro Horikoshi, un bambino che sogna di volare e progettare aeroplani ispirandosi al famoso ingegnere aeronautico italiano Gianni Caproni. Miope fin dalla giovane età e pertanto impossibilitato a diventare pilota, nel 1927 entra a lavorare in una delle principali società giapponesi di ingegneria aeronautica. Il suo talento cresce fino al punto di farlo diventare uno dei progettatori aeronautici più affermati al mondo. Un film per piccoli e grandi che parla di aerei di combattimento , ma soprattutto di utopia, di forza dell'immaginazione, di voglia di vivere in pace, con uno stile raffinato, da vertigine emotiva. Per soli quattro giorni, a partire da oggi e fino al 16 settembre, l'evento imperdibile sarà visibile alla multisala Oz. (n.d.) © RIPRODUZIONE RISERVATA

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 44 13/09/2014 La Repubblica - Ed. Nazionale Pag. 60 (diffusione:556325, tiratura:710716) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

R2 Spettacoli Il regista inglese sta montando il super-kolossal biblico che in Italia uscirà a gennaio. Con Christian Bale protagonista e un cast stellare Exodus Il Mosè di Ridley Scott "Più uomo che profeta ma rispetto chi ha fede" AGNOSTICO Io sono agnostico ma il film parla dei principi sui quali viviamo. Il pubblico ne discuterà ARIANNA FINOS

LONDRA SI oltrepassa il gruppo di turisti da selfie in posa sulle strisce pedonali, si attraversa il piccolo cortile con la targa e si è avvolti in un silenzio d'altri tempi. Ecco i londinesi Abbey Road Studios, quelli della copertina dell'album dei Beatles, 1969. Si scendono le scale, i corridoi che portano allo Studio1 sono costellati dai poster di grandi film le cui colonne sonore sono nate qui. John Williams ha musicato Guerre stellari-L'impero colp i s c e a n c o r a , Howard Shore le sinfonie di Il signore degli anelli . Dietro la porta doppia ora ci sono il compositore Alberto Iglesia e il regista Ridley Scott, dall'altra parte del vetro il direttore d'orchestra e cento musicisti impegnati a registrare la colonna sonora di ExodusDeie re . Una scena in cui il faraone Ramses (Joel Edgerton) insegue, tra rabbia e disperazione, il popolo ebraico quasi giunto al mare, guidato da un Christian Bale ascetico e barbuto. E un'altra in cui il Mosè giovane e arrogante visita per la prima volta il quartiere degli schiavi: «Bene, bello - approva il compositore spagnolo, collaboratore storico di Pedro Almodovar - ma chiedo ai violini di evitare il crescendo: c'è abbastanza emozione sullo schermo». Ridley Scott annuisce. Al centro di Exodus-Deie re , forse il peplum più costoso nella storia del cinema (in Usa a Natale, da noi il 15 gennaio) «c'è il percorso di un uomo alla ricerca di se stesso. Un uomo che perde tutto, deve riconsiderare chi è, per potersi ritrovare. È un film epico, certo, è la storia di Mosè e dell'Esodo, ed è forse il più grande mai fatto ma il mio approccio è sempre il punto di vista dei personaggi. Anche Il Gladiatore non era stato concepito come un kolossal: per me era una storia personale, di vendetta, attorno alla quale abbiamo costruito il film». Il cast di divi, Christian Bale, Sigourney Weaver, Joel Edgerton, John Turturro nel ruolo di egiziani ha suscitato qualche critica. «Eppure ho composto il cast con estrema attenzione, dopo molte discussioni con i miei collaboratori. L'Egitto di migliaia di anni fa, come oggi, è una confluenza di culture, figlia dell'essere un incrocio geografico tra Europa, Medio Oriente, Africa. Nel film ci sono attori indiani, iraniani, arabi, spagnoli. Indira Varma, Golshifteh Farahani, Hiam Abbass, Maria Valverde. E anche se sul set convivevano credo religiosi diversi, cattolici, protestanti, musulmani, induisti, tutti abbiamo lavorato affiatati perché avevamo un obiettivo comune. Mentre montavo il film è ripreso il conflitto in Medio Oriente, ho pensato: significa che non impariamo niente dalla storia. Qualcuno capisce davvero quel che succede? Tutte e due le parti hanno ottime ragioni, ma alla fine che senso ha andare avanti?». È preoccupato dalle reazioni delle comunità religiose al film? «Bisogna essere rispettosi verso una storia a cui milioni di persone credono fermamente. La mia prospettiva è quella dell'es sere umano che racconto. Il tratto più affascinante della figura di Mosè è il dubbio, che lo accompagna sempre: ho dovuto convincere Christian Bale a fare il film e la sua interpretazione è la mia ricompensa. Quanto alla fede, io mi definisco un agnostico, ma anche questa è l'ammissione di credere in qualcosa. Si tratta dei principi sui quali viviamo. Sono domande fondamentali che riguardano ciascuno di noi. Credo che il pubblico vedrà il film, e poi ne discuterà». Da regista lei non sembra conoscere dubbi. «No. Exodus-Deie reè venuto esattamente come l'avevo progettato. Gli effetti speciali sono al servizio della storia umana, del conflitto trai due fratelli, Ramses e Mosè. Nel film si sente la polvere del deserto di Almeria e il vento dell'isola di Fuerteventura. Ma non cerchiamo il realismo documentario: ci siamo affidati

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 45 13/09/2014 La Repubblica - Ed. Nazionale Pag. 60 (diffusione:556325, tiratura:710716) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

all'immaginario biblico, cinematografico, e alle opere di certi pittori orientalisti dell'Ottocento. Due mesi fa ho finito il montaggio, i produttori sono entusiasti. Ora il missaggio, le musiche di Alberto Iglesia. Ma io sono già in partenza per i sopralluoghi in Namibia per il fantascientifico The Martian , con Matt Damon e Jessica Chastain». Qualè il segreto del suo lavoro? «Sono veloce. Preparo tutto prima, al dettaglio e poi procedo con scelte ad esclusione. Fin da ragazzino schizzavo in piedi alle sei e mi mettevo a disegnare. A scuola ero un disastro, ne ho cambiate dieci, seguivo la carriera militare di mio padre. Ho imparato tutto sul campo, alla Bbc. Facevo lo scenografo. Lo storyboard è sempre stato la mia certezza». Il primo film che l'ha folgorata? «Gilda che cantava Put the blame on mamee si sfilava il guanto nero. Avrò avuto cinque anni. Ho capito due cose: che amavo il cinema e mi piacevano le donne». Foto: IL SET Il regista Ridley Scott con Sigourney Weaver sul set di "Exodus" con Christian Bale (nelle altre immagini)

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 46 13/09/2014 La Repubblica - Ed. Nazionale Pag. 43 (diffusione:556325, tiratura:710716) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato RCLUB FASHION FILM FESTIVAL A Milano i corti della moda (s.l.)

«SONO latina, mi piace l'apertura, la condivisione e la leggerezza. Ecco perché mi sono inventata un evento che coinvolgesse l'intera città durante la settimana della moda milanese». Con un caloroso accento argentino, e una bella dose di entusiasmo, Constanza Cavalli Etro presenta la prima edizione del Milano Fashion Film Festival (sostenuto dalla Camera Nazionale della Moda) che si terrà domani e lunedì, al Piccolo Teatro Grassi. «Sarà finalmente una manifestazione gratuita, mancava un'iniziativa del genere». L'intento del festival è quello di raccontare la moda attraverso il cinema e di incoraggiare i nuovi talenti e i giovani già affermati con un concorso che premierà nove categorie, dal miglior regista al miglior fashion film. In programma 30 corti, selezionati fra i più di 300 arrivati da tutto il mondo, tra cui un omaggio allo scrittore Italo Calvino, Invisible cities , opere prodotte per raccontare l'estetica delle maison d'alta moda e corti ambientati a Parigi, in Thailandia o su un'isola norvegese. «L'idea è che i grandi aiutino i piccoli» spiega Constanza Cavalli che è moglie dello stilista Kean Etro, così nomi o griffe noti in tutto il mondo come Wes Anderson & Roman Coppola per Prada o Remi Paringaux per Gucci non saranno in concorso ma faranno da traino per aiutare i registi meno conosciuti e i marchi emergenti. Della giuria internazionale fanno parte Franca Sozzani (Editor in Chief Vogue Italia), Jane Reeve (AD Camera Nazionale della Moda Italiana), Claudia Donaldson (Editor in Chief Nowness ), Tim Blanks (Editor Style.com ) e il regista Luca Guadagnino. Chi vuole partecipare dovrà semplicemente registrarsi sul sito fffmilano.com. Foto: IL CORTO Lea Seydoux in un frame dello short movie di Wes Anderson e Roman Coppola per Prada Candy in programma al FFF di Milano Foto: IL RITRATTO Constanza Cavalli Etro e la locandina del Festival

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 47 13/09/2014 La Repubblica - Ed. Nazionale Pag. 41 (diffusione:556325, tiratura:710716) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

RCLUB ARMANI-LUXOTTICA Il nuovo capitolo di "Frames of Life", progetto che celebra gli occhiali dello stilista e dell'azienda E il cinema racconta un brand SERENA TIBALDI

AVEDERLI sul palco, seri ed emozionati, fanno tenerezza. C'è da capirli: i sette ragazzi sono gli studenti selezionati in sei scuole di cinema (due lavorano in coppia) per realizzare ciascuno un cortometraggio di Films of City Frames , nuovo capitolo di Frames of Life , progetto di Giorgio Armani che dal 2010 racconta "cinematograficamente" i suoi occhiali. Quello che sorprende davvero è che stavolta il designer si sia affidato a loro, giovani di belle speranze ma dal curriculum ancora intonso: una gran prova di fiducia. E c'è voluto un anno di lavoro, tra le selezioni (gli istituti sono a Roma, Londra, Parigi, Los Angeles, New York e Hong Kong), e la realizzazione dei film, ora tutti online su framesoflife.armani.com : a guidarli c'era RaiCinema, partner di Giorgio Armani e Luxottica (produttore degli occhiali del marchio) nell'operazione, che ha fatto da tutor ai ragazzi in ogni fase. Il risultato ha debuttato il 6 settembre in Canada, al Toronto International Film Festival, la rassegna che ha trasformato la placida città canadese nella nuova capitale del cinema; la presentazione, con i neo-autori a raccontare i loro lavori, ha portato a una riflessione sul rapporto tra modae cinema. «Inserire un brand in una storia è difficile», riflette il regista Edward Zwick, ospite al dibattito in qualità di eminenza grigia. «Trattarlo senza cadere nella "feticizzazione" pubblicitaria è duro anche per chi ha esperienza, immagino quanto lo sia stato per loro». Lui, produttore e regista di Vento di Passioni , L'ultimo samurai e del prossimo Pawn Sacrifice (sugli scacchisti Fischere Spassky), parla a ragion veduta: nell'80 era un assistente sul set di American Gigolòe lì, con Richard Gere vestito Armani, aveva visto come stile e grande schermo, se usati correttamente, possono creare il mito. «Il cinema in passato ha fatto tanto per la moda, ora è il momento di contraccambiare», gli fa eco Claudio Brancaleoni di RaiCinema: Giorgio Armani ha accolto l'invito permettendo ai ragazzi di provarci e questo, prosegue Zwick, è impagabile. I risultati sono, ovviamente, molto diversi fra loro: c'è Boming Jiang, cinese di base a Roma, che ha studiato tutti i video di Armani prima di girare, e si vede; c'è l'inglese Rose Glass con la storia di un incontro, l'americano John Berardo che ha filmato Los Angeles dall'alto usando dei droni, e così via. Gli occhiali sono sempre ben visibili, ma mai fuori posto: segno che tutti avevano le idee chiare. «Un buon cineasta deve avere una storia da raccontare», riflette Zwick, «e non perderla di vista». L'entusiasmo contagioso per l'operazione di Roberta Armani, ambasciatrice del marchio, fa capire quanto lo stilista tenesse al progetto (ci sarà una nuova edizione, con altre scuole coinvolte). L'ultimo pensiero del registaè proprio un omaggio al designer italiano. «Un film che incarni l'Armani style? Un classico che rivedi senza stancartene mai». Questo sì che è un complimento. Foto: FRAME Dall'alto, un fermo immagine di "Juliet" diretto da Rose Glass, uno di "Ella" diretto da Jose Avila Del Pino e Kirsten Tan Foto: LA SERATA A fianco, Roberta Armani con l'attrice Jessica Chastain al party di Toronto. Sopra, un paio di occhiali da vista di Armani

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 48 13/09/2014 La Repubblica - Ed. Nazionale Pag. 34 (diffusione:556325, tiratura:710716) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato RCLUB La copertina Kevin Bacon "Io e mio fratello seguiamo insieme i nostri sogni" GUIDO ANDRUETTO

«IL mio rapporto con Michael ad esempioè stato sempre molto prolifico e di grande armonia, anche creativa, con scambi e stimoli reciproci. Mi ricorderò per il resto della vita di quando mi diede in mano la mia prima chitarra acustica. Voleva insegnarmi a suonare Hey Jude dei Beatles e mi fece vedere come mettere le dita per formare gli accordi, le posizioni giuste, ma dovetti impegnarmi parecchio per riuscirci. Non so se sono poi diventato veramente un buon musicista». Tra Kevine Michael ci sono quasi dieci anni di differenza, ma la musica ha saputo colmare anche questa distanza che in fin dei conti è davvero solo apparente. «Siamo diventati grandi velocemente dopo aver lasciato presto la famiglia - racconta con orgoglio l'interprete di Footloose , il film "musicale" che gli diede la notorietà internazionale ormai trent'anni fa - ma in casa si ascoltava sempre tantissima musica, a qualunque ora del giorno. A nostro padre e a nostra madre non importava nulla del nostro rendimento scolastico, delle attività sportive che praticavamo, hanno sempre solo insistito perché sviluppassimo al massimo la nostra creatività. Ci spronavano a seguire i nostri sogni, ad essere persone creative, a fare ciò che ci piaceva di più, come ballare, cantare o suonare. E noi lo abbiamo fatto. Sia io che Michael gliene saremo grati per sempre. Ci hanno dato il coraggio di buttarci e di rischiare». Volersi bene a volte però non basta, con un fratello o una sorella, per costruire anche un'intesa artistica e un sodalizio professionale. Come ci sono riusciti i fratelli Bacon? «Per gradi e in modo del tutto spontaneo. Michael è un polistrumentista e compositore che scrive da sempre musiche per il cinema e la tv, mentre io mi sono avvicinato alla musica grazie a lui. Ho iniziato a comporre canzoni da ragazzo, prima ancora di iscrivermi a un corso di recitazione. Tutti i miei piccoli eroi, a quei tempi, erano i ragazzi di Philadelphia che suonavano la chitarra. Erano i miei modelli. Poi ho cominciato a comprare i primi dischi, Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles è stato il primo in assoluto, poi Blue di Joni Mitchell, Greetings from Asbury Park, N. J. di Bruce Springsteen, Beggars banquet dei Rolling Stones. Si è aperto un mondo e al mio fianco c'era sempre il mio fratellone. Da allora nella mia testa ci sono sempre la musica e il ritmo, una presenza impalpabile che mi accompagna anche quando recito sul set». L'unione nella diversità è però uno degli ingredienti principali di questa perfetta alchimia familiare. «Sì, è così - sorride Bacon - io e Michael siamo diversi e anche le canzoni che scriviamo rispecchiano le nostre personalità. Michael è più acustico e folk, io sono molto più rock'n'roll. Ma il vero collante tra di noi quando siamo in studio o sul palco è la famiglia. Per me sta lì il senso della vita. Non a caso chiamo mia moglie Kyra e i miei due figli Travis e Sosie, The Three Reasons . Sono le mie ragioni di vita, sono le ragioni di tutto quello che faccio. Ogni azione, ogni pensieroè sempre focalizzato su di loro. Con Michael condivido un sentimento altrettanto profondo. Sul palco con lui mi espongo molto, sono più vulnerabile che sul set, ma quando mi ritrovo a cantare e a suonare un brano che abbiamo scritto insieme è sempre un momento magico, carico di energia e intimità. È un loop creativo. Scrivi canzoni, le suoni dal vivo, poi vuoi registrarle. Andiamo avanti così dal 1994». Con sette album all'attivo e uno nuovo in uscita fra pochi giorni, i Bacon Brothers sono una band che dà il meglio di sé nella dimensione live e il 27 settembre si esibiranno con gli Alabama al "Greenwich Wine and Food Festival" nel Connecticut. Per la copertina del loro disco di debutto, Forosco , avevano scelto una foto che ritraeva insieme Michael a ventitré anni e Kevin a quattordici sul palco di un locale di Philadelphia. «Fu un concertino che facemmo nel 1972, io suonavo la conga e Michael la chitarra acustica. Nella foto si vede che ci stiamo guardando negli occhi ed è una cosa che facciamo ancora oggi e che crea subito empatia in scena. Quando lui è al violoncello e io lo seguo con l'armonica, per dire, è un continuo gioco di sguardi che poi coinvolge anche gli altri musicisti della band. Comunque quella foto diceva già molto sulla nostra futura collaborazione artistica. Abbiamo fatto tanto strada insieme e non so dire precisamente quale sia il nostro segreto, anche se credo che molto dipenda da come siamo stati educati. L'esempio dei genitori è la cosa più importante per i figli.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 49 13/09/2014 La Repubblica - Ed. Nazionale Pag. 34 (diffusione:556325, tiratura:710716) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Non contano tanto le cose che dici loro, le regole che stabilisci, ma l'esempio che dai nella quotidianità. E i miei sono stati un modello. Il loro matrimonio è durato a lungo come il mio e quello di Michael». La famiglia prima di tutto, dunque, senza la paura che il lavoro irrompa nell'ambiente familiare, nella vita privata, contaminandola. «I miei figli devono aver recepito gli stimoli che con mia moglie (l'attrice Kyra Sedgwick, ndr .) inevitabilmente gli abbiamo trasmesso. Il più grande oggi fa il musicista e la più piccola ha scelto la recitazione. Certamente il fatto di vivere a New York, che è una città super creativa, deve averli influenzati, ma mai quanto il nostro esempio». FOTO ©JAKE CHESSUM/TRUNK/CONTRASTO I numeri I Bacon sono fortunati ad andare d'accordo. Il tasso di conflittualità fra fratelli può esser elevato. Senza scomodare Caino e Abele (o, se preferite, i Muccino), pare che il 45 per cento dei fratelli adulti, sostiene il Wall Street Journal, abbia rapporti conflittuali. Gelosie, ripicche, scontri aperti e a volte vere e proprie risse. Ma la maggior parte pare si faccia una guerra silenziosa e molti ignorano del tutto la causa scatenante 45% A volte fra fratelli si continua a litigare anche da adulti. E molti non sanno nemmeno il perché È la percentuale di fratelli che hanno un rapporto conflittuale anche da adulti LA CAR RIE RA L'INIZIO Ha 17 anni quando si trasferisce da Philadelphia a New York. Ottiene alcune parti fra le quali una in "Animal House" di John Landis IL FILM Footloose, del 1984, è il suo film più noto. Racconta di un ragazzo di Chicago, trasferitosi in un paese di provincia che ha bandito la musica rock GLI ANNI 90 Negli anni 90 passa da "Jfk" a "Codice d'onore", da "Apollo 13", fino a "Sex crimes". E nel '95 arriva il Golden Globe per "Il fiume della paura". Ne avrà un altro nel 2005 GLI ANNI 2000 Segnano la sua consacrazione. Arrivano "24 ore" e "Mystic River" di Eastwood (foto). Poi "In the cut" di Jane Campion e "Frost/Nixon" di Ron Howard LA TV Bacon oggi è noto soprattutto per "The Following" (foto), la serie tv per FoxCrime di cui è protagonista da due stagioni. La terza si aprirà all'inizio del 2015 LA MUSICA Nel 1994 forma la sua band, The Bacon Brothers, insieme al fratello Michael. L'album di debutto, "Forosoco", è del 1997. Da allora ha inciso sei dischi Foto: IL FILM Footloose, del 1984, è il film che gli ha dato la fama. Racconta di un ragazzo di città, trasferitosi in un paese di provincia che ha bandito il rock Foto: IL DISCO L'ultimo album dei Bacon Brothers si intitola "36cents". L'uscita è prevista il 16 settembre per l'etichetta tedesca Hypertension Music Foto: Ai nostri genitori non importava nulla di come andavamo a scuola, hanno sempre solo insistito perché sviluppassimo al massimo la creatività

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 50 13/09/2014 La Stampa - Cuneo Pag. 56 (diffusione:309253, tiratura:418328) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Un "arrivederci" a Hollywood per amore dei campi di calcio Alessandro Mano

Quella di Christian Filippella è una storia di passione e di passioni. L'amore viscerale per il cinema gli ha fatto abbandonare la sua Benevento e una possibile carriera da avvocato, dopo una laurea in Giurisprudenza. È sbarcato prima a Cinecittà, Roma. Poi a Hollywood, Los Angeles. Nelle due «capitali del grande schermo» si è specializzato con due Master tra i più importanti al mondo per un regista. Ha vissuto in Spagna e in Irlanda e negli Stati Uniti, dove ha girato lungometraggi e pellicole che sono sbarcati nella selezione ufficiale dei principali festival cinematografici al mondo, da Cannes a Roma, da San Diego a Los Angeles. A Roma ha lavorato come aiuto regista nella serie tv «Distretto di polizia», in onda su Canale 5. A Hollywood ha girato film come regista e produttore, tra i quali «Silver case», con Eric Roberts e Seymour Cassel, attori molto noti negli Usa, poi distribuito nelle sale di tutto il mondo. La passione del calcio lo ha riportato in provincia, nella piccola Saint-Christophe, alle porte di Aosta, per cercare gloria con il Vallée d'Aoste che giocava due stagioni fa in Lega Pro, l'attuale serie C, e dopo mille peripezie ha appena iniziato il secondo campionato consecutivo in D. «Il cinema è la passione che ho dentro e non mi passerà mai - spiega Filippella - ma per via dell'altra mia grande passione, quella per il calcio, ho dovuto mettere da parte per il momento due progetti avviati, due lungometraggi a cui stavo lavorando negli Stati Uniti». Filippella, 38 anni, è stato il primo italiano a completare un master in regia al prestigioso American film institute di Los Angeles nel 2008; il trampolino per arrivare oltreoceano è stata la Scuola nazionale di cinema di Roma, nella quale si è diplomato nel 2005. «Ogni anno ci sono sei posti e riuscire a entrare è già stato un traguardo. Dalla Scuola di Roma escono registi importanti che poi fanno carriera in Europa. Diversi miei compagni di corso hanno già fatto film importanti» sostiene il regista. All'inizio della stagione 2012-2013, il fratello Filippo Filippella, presidente del Vallée d'Aoste calcio appena sbarcato tra i professionisti della Lega Pro dopo una cavalcata trionfale in D l'anno precedente, con il cognato Corrado Musso principale azionista della società, chiamano Christian da Hollywood per tornare nella piccola Saint-Christophe. «Vivevo a Los Angeles con un visto di lavoro, che è scaduto e che non ho rinnovato - dice Filippella -. La famiglia mi ha chiesto una mano per avviare la società e darle basi solide per affrontare un campionato impegnativo come la C, e ho preferito mettere da parte per un momento il cinema. Ho esperienza legale grazie ai miei studi e organizzativa dopo video, corti e lungometraggi come produttore cinematografico . Per questo hanno pensato a me». Così, Filippella si è buttato nell'esperienza del calcio, frequentando a Coverciano, con i campioni del mondo Fabio Cannavaro e Massimo Oddo, il corso per diventare direttore sportivo. La stagione sportiva è stata sfortunata, con la retrocessione in serie D. La squadra è stata rifondata quasi per intero, e oggi Filippella ne è direttore sportivo e direttore generale. «Spero di arrivare a un'organizzazione più stabile - dice Filippella - per poter lasciare la società, almeno nei periodi dell'anno lontani dal calciomercato, e tornare negli Stati Uniti per concludere i miei progetti». Dopo aver sgomitato per anni per farsi spazio nel cinema indipendente americano, il progetto pronto ad arrivare al botteghino si chiama «White widow», un film con Tommy Flanagan, Mark Boone Junior e Claire Falconer, il cui girato è a buon punto. «Quando mio fratello e mio cognato mi hanno chiesto di tornare in Valle d'Aosta, ero a Toronto per programmarne la distribuzione. Poi l'esperienza del calcio ha interrotto tutto. Ma il cinema è il mio vero amore, di certo tornerò a fare film». Poi, l'ammissione: «Anche perché finora con il calcio ci ho solo rimesso».

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 51 13/09/2014 La Stampa - Ed. Nazionale Pag. 30 (diffusione:309253, tiratura:418328) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Colloquio "Ogni matrimonio ha una zona oscura: vi svelo la peggiore" CON ROSAMUND PIKE E BEN AFFLECK «Una moglie sparita, un marito accusato della sua scomparsa e su tutto la fatica delle relazioni» David Fincher, regista di "L'amore bugiardo" "Un thriller su quanto accade nelle coppie" FULVIA CAPRARA ROMA

I mille misteri della vita coniugale, l'amore, il sesso, le bugie, i tradimenti, l'odio, la felicità, quella miscela di cose normali e straordinarie che permette a due persone di diventare una sola, di restare insieme tutta una vita, di trasformarsi nel peggior nemico l'uno dell'altra e viceversa. Ogni matrimonio ha la sua zona oscura, Gilliam Flynn l'ha esplorata nel best-seller L'amore bugiardo (Rizzoli), e David Fincher, il regista di Seven , Social Network , Uomini che odiano le donne , l'ha messa in scena nel suo ultimo thriller affidando alla bionda hitchcockiana Rosamund Pike il ruolo di Amy, la moglie scomparsa, e al muscoloso, disorientato, Ben Affleck quello di Nick, il marito accusato della sua sparizione: «Ho letto il libro - dice il regista a Roma per il lancio della pellicola che uscirà a il 18 dicembre con 20th Century Fox - e mi ha colpito il fatto che trattasse un argomento raramente affrontato, ovvero, quello che accade nelle coppie. Il modo in cui sono realmente, quello in cui vogliono apparire, la distanza tra queste due cose, le reciproche aspettative, e quanto tutto ciò renda faticoso il vivere insieme». Come scrive l'autrice, nella prima pagina del romanzo, ci sono domande che incombono «come nuvole nere su ogni matrimonio». «A cosa pensi»? «Come ti senti»? «Chi sei veramente?» «Che cosa ci siamo fatti»? «Cosa faremo?». Una catena di interrogativi che può trasformare la routine in tragedia, soprattutto se, nel legame, c'è chi riversa il proprio perenne senso di frustrazione. Amy, in questo caso, è l'artefice della trappola letale, ma ciò non vuol dire che il film di Fincher sia misogino: «Lascio questa semplificazione alle persone pigre. Nella storia, oltre ai protagonisti, ci sono due figure femminili con un ruolo importante, la sorella di Nick e la poliziotta che indaga sul caso. Ignorarle sarebbe un errore grossolano». Sullo schermo, parallela alla vicenda, scorre la rappresentazione che ne offrono i media. Una tv del dolore spudorata e superficiale, pronta a emettere sentenze senza prove: «Parlo - spiega Fincher - dell'informazione 24 ore su 24, di quella mania diffusa di vampirizzare le tragedie, di quel senso distorto di giustizia per cui la gente si convince di poter giudicare a occhio, guardando una faccia di sfuggita, e decidendo se appartiene a un colpevole o meno». Autore veneratissimo, impegnato sia sul piccolo che sul grande schermo ( House of cards è fra le sue creature), Fincher ha tenuto, ieri alla Casa del Cinema, una lezione molto seguita. Tra gli spettatori, oltre a studenti e fan, registi come Marco Risi e Enzo Monteleone, produttori come Luigi De Laurentiis: «Scelgo i progetti in base a criteri semplici. Cerco di capire se da una sceneggiatura può venir fuori un buon film, se la storia è valida, e se non somiglia a niente di quello che ho fatto prima». La cifra di molti dei film di Fincher è l'ambiguità, un senso di disagio più o meno marcato che qualche volta sfocia nell'orrore e qualche altra resta nei binari di uno spiacevole quotidiano: «Non saprei dire quali sono le mie paure. Ultimamente mi ha molto impressionato la notizia secondo in cui, in Germania, qualcuno aveva pubblicato un annuncio per trovare persone disposte a farsi uccidere e poi mangiare e qualchedun'altro aveva risposto dicendosi disponibile. Significa che gli equilibri sono saltati, che non esiste più nemmeno l'autopreservazione degli esseri umani, che può succedere, come è accaduto, che un giornalista venga decapitato sotto gli occhi del mondo». Foto: Ben Affleck in L'amore bugiardo di David Fincher (a destra)

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 52 13/09/2014 Il Messaggero - Ed. Nazionale Pag. 26 (diffusione:210842, tiratura:295190) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Il regista David Fincher presenta l'atteso thriller "Gone girl", la storia di una coppia in crisi «Il cinema ? Che tristezza pensare che abbia raggiunto il punto più alto con i supereroi» «Amore bugiardo ma vero» L'INCONTRO CON GLI STUDENTI ALLA CASA DEL CINEMA : «RISCHIATE, GIRATE CON LE VOSTRE IDEE NON SEGUITE LE MODE» Gloria Satta

L'INTERVISTA Agli studenti del Centro Sperimentale, che ieri pomeriggio alla Casa del Cinema pendevano dalle sue labbra, David Fincher ha detto: «Non preoccupatevi di compiacere l'industria facendo un cinema già visto. Dovete osare, rischiare, girare film personali. Sarebbe triste pensare che il risultato più alto di cent'anni di cinema siano i supereroi». Lui, 52 anni e la fama (meritatissima) di regista di culto, questo insegnamento l'ha applicato in film memorabili come Seven , Fight Club , Zodiac , Uomini che odiano le donne , The Social Network e perfino nella serie tv House of Cards . L'ultima impresa, ancora un thriller, s'intitola Gone girl - l'amore bugiardo , sarà nelle sale americane il 3 ottobre e in Italia il 18 dicembre con Fox. Ispirato al best seller di Gilliam Flynn (da noi già alla seconda ristampa con Rizzoli), interpretato da Ben Affleck e Rosamund Pike, il film è tra i più attesi dell'anno. L'avrebbe voluto la Mostra di Venezia, ma i produttori hanno preferito mandarlo al festival di New York. Gone girl - l'amore bugiardo racconta una storia ad altissima tensione che parte quando la protagonista, un'angelica e famosissima scrittrice, scompare il giorno del quinto anniversario di matrimonio. Tutti gli indizi congiurano contro il marito. Polizia polizia e opinione pubblica sospettano che abbia assassinato la moglie, ma la vicenda riserva molte sorprese...Fincher, di passaggio a Roma, ha risposto alle nostre domande. Di cosa si è innamorato leggendo il romanzo di Flynn? «Quando decido di girare un film non per forza devo innamorarmi di qualcosa. Dovendo dedicare un paio d'anni al progetto, parto da una domanda: riuscirò a fare un buon film e soprattutto a interessare gli spettatori? Gone girl mi è sembrato una storia molto originale, mai letta in un libro né vista al cinema». Cos'ha di inedito? «Racconta in maniera moderna un rapporto di coppia che dietro la facciata, perfetta e un po' narcisistica, nasconde il risentimento. Uno dei due ha perso interesse, non ha più l'energia per continuare a sostenere la farsa». Cosa può dirci dei personaggi, soprattutto della enigmatica moglie? «Senza voler svelare nei dettagli la trama del film, posso dire che ho la sensazione di averli incontrati veramente. Sebbene abbiano dei comportamenti esagerati, sono persone che potrebbero esistere davvero e hanno un rapporto realistico. In pubblico recitano la coppia innamorata, in privato vivono la tragedia di un rapporto finito». Anche lei ha preso gusto a realizzare serie tv. Cos'ha la televisione che manca al cinema? «Il tempo, innanzitutto: per rivelarsi al pubblico, i personaggi hanno a disposizione più episodi. E la fantasia. Il cinema è ormai diventato la poesia della distruzione: alieni, robot e mostri assortiti oggi si divertono a far esplodere il mondo. La televisione, che ha meno soldi, non può permettersi di far saltare in aria una città, così gli sceneggiatori devono far lavorare il cervello». E' vero che sta scrivendo una serie con James Ellroy? «E' un progetto che spero di realizzare presto. Intanto sto adattando per la tv americana Utopia , una serie britannica dalla trama molto elaborata». La politica americana è spietata come in House of cards? «Penso proprio di sì. Abbiamo organizzato un'anteprima a Washington e persone che gravitano intorno al potere ci hanno detto: non avete inventato niente». Visto dall'interno, come sta il cinema americano? «E' un'industria che, secondo l'ottica capitalistica, pensa solo a far soldi e ci riesce. Ma se qualuno cerca poi i riflessi della cultura contemporanea negli ultimi film, la situazione appare deprimente». Foto: I PROTAGONISTI A sinistra l'attore Ben Affleck in "Gone Girl l'amore bugiardo" e sotto il regista David Fincher Foto: LA SCRITTRICE Rosamund Pike nei panni di una famosissima autrice, che scompare il giorno del quinto anniversario di matrimonio

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 53 13/09/2014 Avvenire - Ed. Nazionale Pag. 23 (diffusione:105812, tiratura:151233) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato AGORA Cinema . Rosamund Pike: «Famiglie manipolate dai media» A Roma la protagonista de"L'amore bugiardo" di David Fincher, thriller psicologico con Ben Affleck marito sotto accusa per la scomparsa della moglie Nelle sale il 18 settembre EMANUELA GENOVESE

Passione bugiarda. Mondo bugi ardo. Il gioco di finzione continua a trovare strade fertili nei film di David Fincher, L'amore bugiardo . Tratto da Gone Girl, l'omonimo bestseller americano della giornalista Gilliam Flynn, la pellicola di Fincher aprirà a fine settembre il 52°New York Film Festival mentre in Italia arriverà, distribuito dalla 20th Century Fox, il 18 settembre. Per questo film "fincheriano" il regista sceglie volutamente due protagonisti dal volto ingenuo e angelico, Amy (Rosamund Pike) e Nick (Ben Affleck). Giovani innamorati con il classico colpo di fulmine, sposati in lotta tra successi professionali e perdite di lavoro, si ritrovano ad affrontare il trasferimento da New York e la monotonia della vita in Missouri. Cinque anni dopo Amy, nel giorno del loro anniversario, scompare. E i media iniziano a fare le loro ipotesi, a costruire il punto di vista della pubblica opinione sulle dinamiche di coppia, sul tradimento, sulla paura. L'inganno delle apparenze, la violenza irrazionale che cerca vie di sopravvivenza, non risparmia lo spettatore. «Fincher continua a fare film provocatori: per questo andiamo a vederli», esordisce Rosamund Pike, la giovane attrice inglese, laureata ad Oxford e lanciata dal film Orgoglio e pregiudizio , venuta a Roma a presentare il suo ultimo lavoro. « L'amore bugiardo è ambientato in America - prosegue la Pike - e lo spettatore può pensare che certe cose non accadano in Europa, ma Fincher e la scrittrice Flynn mettono a fuoco un problema universale, il narcisismo. I media infatti dipingono la realtà dell'amore mostrando personaggi famosi, come attori e atleti, che sono sempre coppie felici. E la gente comune incomincia a guardare le proprie relazioni dall'esterno, non dall'interno. Si rischia di cadere nella trappola: "siamo la coppia più felice del mondo". E quei modelli, creati dai media, inventano ricette di vita che alimentano aspettative dalle conseguenze inimmaginabili». Subdola e camaleontica Amy è un personaggio respingente «che seduce, inganna. Non è il solito personaggio femminile. Spesso al cinema le donne sono rappresentate attraverso l'isteria, mentre la rabbia viene considerata un attributo maschile. La scrittrice Flynn è stata capace di esplorare la psicologia femminile nei suoi libri ( Sulla pelle e Nei luoghi oscuri , n.d.r.) creando un personaggio di difficile definizione - aggiunge l' attrice -. È stata accusata di misoginia, ma è una femminista convinta. Come il regista Fincher ama esplorare l'essere umano senza circoscrivere il mondo entro determinati limiti. Siamo tutti consapevoli che le donne sono spesso vittime di violenza, ma esiste una violenza che non fa rumore, più difficile da raccontare e da conoscere». E come un ragno tesse le sue ragnatele con pazienza e meto do così anche il personaggio della Pike non teme le conseguenze della sua rabbia: «La psicologia del film è vera. L'amore bugiardo è estremo e folle, ma non è possibile classificarlo come thriller. È più satira sociale piena di umorismo nero. Fincher gioca con lo spettatore creando situazioni narrative (dove i media sono colpevoli di manipolazione della realtà, n.d.r) in cui riesce a regalare allo spettatore il permesso di ridere anche di fronte alla tragedia». Foto: ATTRICE. Rosamund Pike

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 54 13/09/2014 Il Manifesto - Ed. Nazionale Pag. 16 (diffusione:24728, tiratura:83923) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato storie Sui binari DELLA MEMORIA Vinicio Capossela con il suo «Sponz Fest» ha fatto tappa lungo la dismessa strada ferrata Avellino-Rocchetta Sant'Antonio, simbolo di un'Italia che ha distrutto il trasporto locale abbandonando il territorio, soprattutto a Sud Michele Fumagallo

Dovremmo tutti concentrarci in Italia sui siti archeologici che cadono a pezzi, il taglio continuo dei finanziamenit. E sulla mancanza totale in molti territori. Ogni manifestazione culturale «di consumo» dovrebbe essere finalizzata a illustrare questa drammatica situazione. Invece accade troppo spesso il contrario con un distacco netto tra consumi culturali/spettacolari e strutture. Non va bene e stiamo pagando ormai da tempo un prezzo salatissimo per questa totale incuria. Qualcuno tuttavia non si arrende e prova a dare un senso non strettamente effimero al consumo culturale. Parliamo dello Sponz Fest di Vinicio Capossela che ha calamitato l'attenzione di migliaia di persone sulla direttrice della ferrovia Avellino- Rocchetta Sant'Antonio, storica tratta di penetrazione dell'Irpinia in Basilicata e Puglia, realizzata a fine Ottocento grazie alla lotta di personalità di rilievo tra cui Francesco De Sanctis, e sospesa poco meno di quattro anni fa unilateralmente dall'assessore ai trasporti della giunta di centro destra della regione Campania Sergio Vetrella con complicità varie. «Mi sono sognato il treno» è stato infatti il titolo dell'edizione di quest'anno (la seconda) dello Sponz Fest, manifestazione allestita lungo alcune stazioni della ferrovia in Alta Irpinia e in alcuni Comuni tra cui Calitri, paese d'origine del cantautore e centro organizzatore della manifestazione. Per undici giornate lo Sponz a fine agosto ha proposto decine e decine di eventi. Il festival dedicato allo sposalizio («sponz» sta per «sponzarsi», termine dialettale che allude al giorno del banchetto, ma qui viene usato nel senso metaforico del sudore, del «lasciarsi andare») diviso in tre sezioni: concerti, rassegna cinematografica, installazioni d'arte. Con l'aggiunta di dibattiti vari a cui hanno partecipato tanti giornalisti e studiosi tra cui Remo Ceserani (autore di Treni di carta , sul rapporto tra ferrovia e letteratura), protagonista insieme al cantautore di una bella discussione tra i binari della stazione di Lioni. E indubbiamente, nonostante il successo delle manifestazioni (ma per l'amor di dio via l'ennesimo e banale concorso dalla rassegna cinematografica...), svoltesi nel centro storico di Calitri col gran concerto finale di Vinicio Capossela, le installazioni d'arte rigorosamente sullo sposalizio di Adrian Paci, Claudia Losi, Mariangela Capossela, il festival cinematografico di corti dedicato alle storie «di coppia» interamente allestito sui binari, è stato il momento emotivamente più coinvolgente. La stazione di Conza/Andretta/Cairano, ripulita e resa scenario di una piccola epopea western, con la sala di ricovero delle carrozze trasformata in saloon in cui sono avvenute proiezioni di documentari, inediti e non, e film classici ( Come vinsi la guerra di Buster Keaton); la sala d'attesa adibita a mostre; i marciapiedi tra i binari trasformati in ristorante all'aperto; i binari usati come sedi di performance, letture, set di fotografi (Mario Dondero, tra gli altri), passeggiate. Il tutto intorno al grande palco che domina la scena e dove si sono esibiti tanti artisti: i Tinariwen del Mali, le Fanfare Ciocarlia della Romania, i suoni del deserto di Tucson nella chitarra di Howe Gelb, Otello Profazio, la Banda della Posta, i Makardia, un applauditissimo Robyn Hitchcock. E con Vinicio Capossela a fare da presentatore ma anche a regalare agli spettatore ogni sera i brani del suo ormai ricchissimo repertorio. Ascoltare Mario Dondero intonare nella stazione di Conza, e con che voce a 86 anni!, Fischia il vento per intero accanto a un Capossela senza parole, è stato di per sé un avvenimento. Dondero, venuto a esporre e ritirare l'importante premio fotografico Flauto d'argento ad Avellino, ha voluto visitare per due volte il festival alla stazione di Conza colpito dai paesaggi evocativi e da un'opera ferroviaria che è semplicemente criminale lasciar morire e non rilanciare invece adeguatamente. Il fotografo milanese ha tenuto un'appassionata arringa in difesa dell'antica strada ferrata: «Il treno è un luogo magico dove si fanno incontri d'amore formidabili». E dopo gli intensi (fino all'alba) quattro giorni della stazione di Conza, dove persino letture di classici russi fatte tra i binari (Vincenzo Cinaski) e reading di Dan Fante (figlio di John) sono state affollate di giovani, Calitri ha

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 55 13/09/2014 Il Manifesto - Ed. Nazionale Pag. 16 (diffusione:24728, tiratura:83923) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

offerto un bellissimo viaggio nel rebetiko di Dimitris Mistakidis, chiacchierate con Luigi Di Gianni su Ernesto De Martino e il meridione che fu, performances di donne del paese sulla loro vita e sui loro ricordi di coppia, la proiezione integrale di quasi cinque ore de Il tempo dei gitani di Emir Kusturica. Il finale del concerto di Vinicio Capossela con la Banda della Posta ha visto la partecipazione di migliaia di giovani e non provenienti da varie regioni, mentre gruppi musicali attraversavano il particolare centro storico di Calitri raccontato recentemente nei romanzi di Vito De Nicola. Poi c'è l'ultimo concerto, quello dell' «addio ai binari» (si fa per dire) di Giovanna Marini e Francesca Breschi al casello ferroviario di San Tommaso, oggi occupato in comodato da una famiglia. Un casello già attraversato nei giorni precedenti da un suggestivo concerto dei Guano Padano. Al tramonto, tra un mirabile ponte in ferro e il fiume Ofanto a scorrere vicino, centinaia di persone sedute sui binari hanno ascoltato con emozione i capolavori del canto sociale. E forse più emozionato di tutti è stato Capossela stesso che ha letto un pezzo del meridionalista Giustino Fortunato, attento studioso allora delle «strade ferrate ofantine». Un pezzo in cui parla di civiltà portata dalla ferrovia in questa valle dell'Ofanto. «Il treno non c'è ma ciò che è importante - ha concluso il cantautore - è che in questi undici giorni abbiamo percorso questi binari, ci siamo ricordati che esistono, che sono un bene di tutti, come molte canzoni ci hanno ricordato. Una ferrovia realizzata con sacrificio e investimento, che diede onore all'Italia come disse Fortunato, deve essere sentita come un bene comune che è doveroso reclamare. Un enorme patrimonio che c'è e che è un grande spreco dare alle ortiche e al degrado. Questi giorni passati insieme spero vi facciano ricordare che la ferrovia non è cosa morta, ma è viva a patto che noi la rendiamo viva. Trovarsi dentro a una bellissima struttura come la stazione di Conza-AndrettaCairano, o in prossimità di miracoli di ingegneria come i ponti che attraversano questa tratta, sono cose che rinnovano lo stupore. In un mondo di agglomerati urbani di alta cementificazione e densità abitativa, il vuoto è il polmone di questo nostro territorio, un vuoto che va coltivato affinché non si trasformi in abbandono, una realtà che ci permette di respirare, di immaginare». Il successo di una manifestazione come lo Sponz che ha avuto il merito di riportare al centro dell'attenzione il problema della dismissione di una ferrovia, deve ora spingere associazioni, gruppi politici e gente comune a prendere in mano la situazione e lottare per il recupero dell'antica strada ferrata. Sarebbe un segnale forte e chiaro lanciato al paese, un'Italia che abbandonato le ferrovie locali (fatiscenti dove ancora resistono...) preferendo gli inquinanti trasporti su gomma. Chissà, forse Pasolini l'aveva azzeccata quando parlò di «forza rivoluzionaria del passato»... Foto: SOPRA A SINISTRA, VINICIO CAPOSSELA E MARIO DONDERO. A DESTRA, LA SALA PROIEZIONE ALLA STAZIONE. SOTTO, ROBYN HITCHCOCK SUL PALCO DELLO SPONZ FEST. IN BASSO, IL CONCERTO DI GIOVANNA MARINI

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 56 13/09/2014 Il Manifesto - Ed. Nazionale Pag. 13 (diffusione:24728, tiratura:83923) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato HOLLYWOOD Ben Hur, nel remake Morgan Freeman

Lavori in corso per il remake di «Ben Hur». Come riportano i media americani, Morgan Freeman («Le ali della libertà», «A Spasso con Daisy») sarà nel cast della pellicola epica «Ben Hur», come riportano oggi i media statunitensi. Freeman interpreterà Ildarin nella nuova versione. Al momento pochi altri dettagli sulla futura pellicola, che sarà però basata sul libro di Lewis Wallace «Ben Hur: A Tale of the Christ». La regia sarà affidata a Timur Bekmambetov («Wanted») e l'adattamento del copione sarà opera di John Ridley («12 anni schiavo»). L'uscita del film nelle sale dovrebbe essere prevista per il febbraio 2016. La versione del film interpretata da Charlton Heston fu portata al cinema nel 1959, e si portò a casa ben undici statuette agli Oscar. La versione cui parteciparono Ramon Novarro e Francis X. Bushman, invece, ottenne invece un esito alquanto scarso al box office.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 57 13/09/2014 Il Piccolo di Trieste - Ed. Nazionale Pag. 37 (diffusione:44247, tiratura:212000) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Ecco Antonioni regista di spot per il quotidiano "Il Giorno" Stasera, ai Mille Occhi, l'eccezionale ritrovamento dei due filmati pubblicitari che saranno accompagnati a Trieste dal "padre" di Blob, Enrico Ghezzi Ecco Antonioni regista di spot per il quotidiano "Il Giorno"

Ecco Antonioni regista di spot per il quotidiano "Il Giorno" Stasera, ai Mille Occhi, l'eccezionale ritrovamento dei due filmati pubblicitari che saranno accompagnati a Trieste dal "padre" di Blob, Enrico Ghezzi Capelli biondi, occhi azzurri, sorriso enigmatico. La britannica Rosamund Pike è decisamente a suo agio nei panni di una femme fatale vicina alle icone di Alfred Hitchcock nel film "L'amore bugiardo-Gone girl" di David Fincher, il thriller con Ben Affleck tratto dal bestseller di Gillian Flynn, in prima mondiale al New York Film Festival e in uscita italiana il 18 dicembre distribuito da 20th Century Fox. «Interpreto un personaggio complesso, coinvolgente, seducente, sconcertante, il pubblico penso lo respingerà e allo stesso tempo ne sarà attratto» spiega l'attrice a Roma. Il libro di Gillian Flynn (Rizzoli), ex giornalista di 'Hollywood Reporter', uscito nel 2012, ha venduto oltre 2 milioni di copie e si è guadagnato critiche entusiastiche, ma anche l'accusa di misoginia. «Non penso lo sia affatto - sottolinea Pike, classe 1979, laureata a Oxford e incinta del secondo figlio -. Gillian è una femminista, lo siamo tutti, anche David Fincher, lo si vede nel suo rispetto per le donne e nel modo in cui sceglie le persone con cui lavora, non lo influenza nessun preconcetto». Interprete nel 2002 di Miranda Frost, la bondgirl schermitrice di "La morte può attendere" (con Pierce Brosnan), l'attrice, figlia di una violinista-cantante e di un tenore ora docente al Conservatorio di Birmingham, ha regalato altre performance di grande impatto, in Orgoglio e pregiudizio (2005) di Joe Wright, La Versione di Barney (2010) e in Jack Reacher (2012) a fianco di Tom Cruise.di Federica Gregori wTRIESTE Qualcosa di forte per sbaragliare l'egemonia del "Corriere della Sera" e lanciare un nuovo giornale per Milano ci voleva. Ma l'idea degli editori di affidare la promozione del nuovo quotidiano meneghino "Il Giorno" a uno dei più interessanti registi italiani in ascesa in quegli anni - siamo nel 1956 - non ha nulla di che invidiare alle trovate dei grandi guru pubblicitari di oggi. Una chiamata che fu indirizzata a un allora 44enne Michelangelo Antonioni, prima de "Il Grido" e ancora lontano dalla consacrazione de "L'Avventura" a Cannes, e da cui presero vita due fulminanti corti assenti sino ad oggi da tutte le storie di cinema: il loro ritrovamento, inaspettato e di estrema rilevanza, è l'asso che cala stasera il festival dei Mille Occhi. Un'anteprima mondiale a partire dalle 20.30 che, vista l'eccezionalità, "scomoderà" per questi caroselli ora acquisiti dalla Cineteca del Friuli, persino il creatore di Blob Enrico Ghezzi, che arriverà a Trieste a presentarli e li riproporrà prossimamente nel suo "Fuori Orario" su RaiTre. «"Il Giorno" sa tutto e non nasconde niente» è il claim del primo film-spot, "Notizie per tutti", un filmato di montaggio in bianco e nero dove si confondono la diva Loren in partenza per qualche set, scene di cronaca nera tra incendi, assassinii e polizia, una discesa di Zeno Colò, un bacio di Marlon Brando, ring con pugili che se le suonano di santa ragione, deputati alla Camera e, su tutto, macchine fotografiche che sparano flash a ripetizione. Una finestra sull'Italia e sul mondo, con avvenimenti importanti e insieme più lievi e, come sottolinea la voce fuori campo, «aperta ai lettori di ogni condizione», forse per renderlo maggiormente gustoso e leggero del più ingessato Corsera. Se quindi il primo spot è tutto di montaggio - di fatto realizzato dal regista Giulio Questi, ospite a una precedente edizione del festival - il secondo, dal titolo "Il giornale conteso", si pone come un tipo di oggetto molto diverso, ad iniziare dai colori e dalla definizione, in sottotitolo, di "pantomima". Perchè è di una vera e propria commedia, pur breve e fulminante, che si tratta, con tre attori su una panchina. Mentre scatta il corteggiamento di uno dei protagonisti verso una bella ragazza, il terzo individuo sulla panchina è praticamente barricato dietro il quotidiano, immerso totalmente nella lettura. Ma l'interesse iniziale del primo giovanotto verso la giovane verrà gradatamente meno quando il corteggiatore inizierà a scorgere le notizie, fino a che l'attenzione si sposterà, appunto, esclusivamente sul "Giorno", che verrà ridotto in brandelli tanta sarà la foga di accaparrarsene un pezzettino. «Il quotidiano che tutti vi contenderete» recita il messaggio, e l'inaspettata verve comica è perlomeno curiosa per Antonioni. La

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 58 13/09/2014 Il Piccolo di Trieste - Ed. Nazionale Pag. 37 (diffusione:44247, tiratura:212000) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

serata proseguirà con la proiezione del lungometraggio muto e non firmato "Gloria. Apoteosi del soldato ignoto" del 1921, documentario sulla cerimonia del Milite Ignoto presentato attraverso una particolare sonorizzazione della cantante Francesca Bergamasco e dei live electronics del compositore Alessandro Fogar che si propone di sottolineare momenti del film facendo emergere il suono dal silenzio. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 59 13/09/2014 Il Tempo - Ed. Nazionale Pag. 14 (diffusione:50651, tiratura:76264) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Sostegno Da lunedì 5 milioni di euro per attori e doppiatori Soldi agli artisti per l'audiovisivo con NuovoImaie Dina D'Isa

Arriva un fondo da 5 milioni di euro per il settore dell'audiovisivo. NuovoImaie, collecting per i diritti degli artisti, ha presentato alla Mostra di Venezia il bando per l'assegnazione di finanziamenti a favore della produzione e distribuzione cinematografica e teatrale e a sostegno di artisti in difficoltà e attrici madri. «Occorre dare fiducia al NuovoImaie ha detto Beppe Fiorello - Stiamo iniziando un percorso nuovo, vedo il cambiamento, la creatività. Non assecondiamo chi in questo momento vuole dare un colore politico ai diritti». Sono stati proprio gli artisti consultati con un questionario online a decidere come suddividere il fondo. I 5 milioni di euro, destinati agli attori e doppiatori iscritti e non al NuovoImaie, sono ripartiti tra la produzione cinematografica e audiovisiva (3 milioni di euro), la produzione teatrale (800mila euro), la distribuzione dei progetti audiovisivi e teatrali finanziati (700mila euro), gli artisti che versano in stato di indigenza (400mila euro) e il sostegno per le attrici in maternità (100mila euro). «NuovoImaie distribuirà agli artisti che ne faranno richiesta, a partire dal 15 settembre, finanziamenti per sostenere la produzione di un film o di un cortometraggio - ha spiegato il presidente Andrea Miccichè - Vogliamo finanziare tanti progetti, sostenere più artisti, per innescare un circolo virtuoso in un settore vitale come quello dell'arte audiovisiva e teatrale, che risente profondamente della crisi che stiamo attraversando». NuovoImaie distribuirà solo agli artisti che ne faranno domanda, e che avranno i requisiti, un assegno una tantum da 5mila euro, ovvero 400 euro in più al mese. Luisa Ranieri, a Venezia, come madrina del festival, aveva ricordato l'impegno di NuovoImaie per le attrici madri: «Da mamma ho capito che è importante sentirsi aiutate. Noi artisti siamo precari in tutto, ma è bello sapere che c'è un Istituto che si occupa di noi». I 5 milioni di euro arrivano dalla copia privata: NuovoImaie, ente privato che lavora sotto la vigilanza del Mibact, del Ministero del Lavoro e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, deve destinare per legge il 50% dell'introito da copia privata ad attività di studio, ricerca, promozione, formazione e sostegno degli artisti. «Quando acquistiamo un device tecnologico o un supporto vergine capace di copiare 1, 10, 100 volte un brano musicale o un film - hasottolineato Miccichè - paghiamo un piccolo riconoscimento all'artista che dalla copia di un'opera non riceve i diritti che gli spetterebbero se quella stessa opera fosse acquistata». Non si è placata, però, la polemica nel mondo degli interpreti, nata dopo lo scandalo che aveva coinvolto la vecchia gestione dell'Imaie e che aveva portato alla dichiarazione di estinzione dell'ente da parte del prefetto di Roma nel 2009. Da allora, grazie a una legge varata dal governo Monti, il mercato delle collecting è stato liberalizzato, e molti artisti si sono uniti in una nuova associazione che contende al NuovoImaie il mercato dell'attività di redistribuzione dei diritti degli interpreti: una di queste società competitive è "Artisti 7607", di cui fa parte Elio Germano. Foto: Attrice Luisa Ranieri madrina della Mostra di Venezia sostiene il fondo del NuovoImaie anche per le attrici che sono in maternità

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 60 13/09/2014 Il Tirreno - Ed. Nazionale Pag. 35 (diffusione:80832, tiratura:102004) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato "VINODENTRO": la livornese lombardi nel cast Annalena tra le donne travolte dalle passioni della commedia noir Il film è interpretato anche da Vincenzo Amato, Pietro Sermonti Daniela Virgilio, con la partecipazione di Giovanna Mezzogiorno Rosanna Harper

LIVORNO Al The Space arriva "Vinodentro", una commedia noir dal sapore originale, che unisce un mix di vari ingredienti: cinema, enologia, arte contemporanea (ci sono delle riprese al Mart e sono presenti le opere di alcuni artisti come Carla Accardi, Luigi Ontani, Pistoletto), e la musica, con la colonna sonora del jazzista . Del cast fa parte anche un'attrice liovornese, Annalena Lombardi. Il film, incentrato sul mondo del vino e liberamente ispirato al romanzo "Vino Dentro" di Fabio Marcotto, è stato diretto da Ferdinando Vicentini Orgnani, (con la produzione di Alba Produzioni e Moody Production, in collaborazione con Trentino marketing, Trentino Film Commission e con il contributo del Mibact - Direzione generale per il Cinema, distribuito da Nomad film distribution) e vanta un cast nutrito: Vincenzo Amato, Pietro Sermonti, Daniela Virgilio, con la partecipazione di Giovanna Mezzogiorno e Lambert Wilson (celebre per avere interpretato il cattivo nel secondo "Matrix"). La fotografia, invece, è di Dante Spinotti che per 2 volte ha ricevuto la candidatura all'Oscar. La storia è quella di Giovanni Cuttin, astemio e semplice impiegato di banca che diventerà il più amato e stimato wine-writer italiano e capo redattore di "Bibenda", il mensile più prestigioso del settore. La sua esistenza si alterna di successo in successo, tra degustazioni pubbliche, convegni e presentazioni del suo libro autobiografico, "Vinodentro", fino all'incontro con una bellissima tanto misteriosa donna che lo attirerà in un vortice senza via d'uscita. Tra un enigmatico passato che riaffiora, vini eccellenti e situazioni in bilico tra noir e commedia arriva prima o poi l'inevitabile conto da pagare. Tra gli attori che si muovono tra vino e passione c'è appunto la livornese Annalena Lombardi che, nella pellicola, interpreta una delle tre amanti del personaggio maschile del film, interpretato appunto da Vincenzo Amato, attore molto caro ad Emauele Crialese. «Il film - ha spiegato Annalena Lombardi, attrice e cantante - è un giallo, un noir, molto misterioso e particolare. Il protagonista principale subisce una grande trasformazione: da persona imbranata diventa un enologo stimato, comincerà ad avere delle amanti, ognuna diversa, con una carattere particolare. In questo cambiamento, avrà una frequentazione con una segretaria, già sposata e con figli, che come le altre amanti, finirà per accusarlo. Questo è il mio ruolo». Annalena ha una carriera molto solida alle spalle, che comincia proprio da Livorno, dalla scuola del Grattacielo con Enzina Conte. Tanta prosa e soprattutto moltissimi musical di cui è stata protagonista: da West Side Story a "A qualcuno piace caldo", passando per "La vedova allegra" dove ha recitato con Buzzanca. Quest'anno, nel mese di luglio, nella suggestiva cornice della Fortezza Vecchia, le è stato conferito un premio alla carriera: la serata è stata organizzata da Franco Bocci. "È stato molto bello ricevere un riconoscimento nella propria città - ha detto l'attrice". E parlando di "Vinodentro" conclude: «È stato un lavoro di gruppo molto sentito, una produzione indipendente che ha richiesto 3 anni di lavorazione certosina". Il film verrà distribuito nelle sale di tutta Italia. Foto: Annalena Lombardi Foto: Annalena Lombardi sul set con Vincenzo Amato, Pietro Sermonti e Paolo Giovannucci. Qui sopra Giovanna Meggiorno

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 61 13/09/2014 La Gazzetta Del Mezzogiorno - Lecce Pag. 63 (diffusione:48275, tiratura:63756) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

«OTRANTO FILM FUND FESTIVAL UN PERCORSO CICLO-TURISTICO ALLA SCOPERTA DEI SET. E POI MOMENTI DI RIFLESSIONI SULLA CREATIVITÀ PUGLIESE L'«Offf» svela il legame magico fra il cinema e la campagna Incontro con Winspeare, Nardoni, Stefàno. Omaggio a Celeste Casciaro

Un percorso ciclo-cine/turistico nelle location salentine di Terra d'Otranto, approfondimenti sul rapporto tra " Cinema e r uralità" alla presenza del regista Edoardo Winspeare e proiezioni d'autore nella suggestiva cornice di Largo Porta Alfonsina: prosegue stasera ad Otranto, in Largo Porta Alfonsina (nel caso di pioggia al castello aragonese) l'appuntamento con la sesta edizione dell'OFFF - Otranto Film Fund Festival, organizzato dall'amministrazione comunale in collaborazione con la Fondazione Apulia Film Commission e la direzione artistica di Chiara Eleonora Coppola. Nella mattinata di oggi, alle 9, partendo da Porta Terra, ci sarà l'"OFFF Movie tour", l'Itinerario ciclo/cine-turistico tra le location cinematografiche della Terra d'Otranto in collaborazione con l'Associazione Salento bici tour e l'AIAPP (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio) - Sezione Puglia: tra le tappe, Porta Alfonsina(set di "Una Donna per amica" di Giovanni Veronesi), Porta Terra ("Elisa di Rivombrosa" di Th Torrini), Porto Badisco("L'anima gemella" di Sergio Rubini), Masseria Cippano ("Mine vaganti" di Ferzan Ozpetek), "Casa Po s a d a " e Castello Aragonese di Otranto ("Nostra Signora dei Turchi" diCarmelo Bene). Alle 19.30, Offf accoglie nel suo programma il Premio Internazionale Giornalisti del Mediterraneo. A seguire, alle 21.30, il dialogo sul tema "Cinema e Ruralità" con Dario Stefano (Senato della Repubblica), Fabrizio Nardoni (Assessore regionale alle Risorse Agroalimentari) e il regista Edoardo Winspeare. Subito dopo, l'omaggio della «Città di Otranto» a Celeste Casciaro (protagonista del film «In grazia di Dio») conferito da Ugo Rufino (direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Cracovia) e presentazione dell'accordo internazionale tra "OFFF e l'Istituto Italiano di Cultura di Cracovia" per la circolazione internazionale delle opere audiovisive inserite in rassegna in Polonia. Sarà presentato il concorso nazionale per opere audiovisive sul tema «Cinema e Ruralità» e subito dopo verrà proiettato "In grazia di Dio" di Winspeare, realizzato con il sostegno di Apulia Film Commission, film presentato alla 64esima edizione del festival internazionale di Berlino. Ieri sera, intanto, grande successo di pubblico per la prima serata, dove è andato in scena, in collaborazione tra Apulia Film Commission e premio "Giornalisti del Mediterraneo", il workshop 'La cooperazione culturale per la costruzione della pace nell'area euro- mediterranea. Giornalisti e istituzioni a confronto': nell'occasione, alla presenza di Mai al Kaila (Ambasciatrice Palestina in Italia), di Mirela Kumbaro (Ministro della Cultura - Albania), di Silvia Godelli (Assessore al Mediterraneo e alla Cultura - Regione Puglia), Antonella Gaeta (Presidente Apulia Film Commission) e Ilitr Butka (Presidente Centro Nazionale di Cinematografia Albanese) è stato firmato il protocollo d'intesa per la cooperazione culturale nel settore dell'audiovisivo tra Apulia Film Commissione e il Centro Nazionale di Cinematografia Albanese. Ottimi riscontri per le proiezioni dei film "Ameluk" di Mimmo Mancini, "Lèune" di Giuseppe Pezzulla e "Smetto quando voglio" di Sydney Sibilia. Sorpresa della serata è stata la telefonata in diretta, prima dell'ultimo film, di Diego Fusaro, docente di filosofia e volto televisivo de "La Gabbia" (La7) che ha rivolto un pensiero ai giovani ricercatori italiani, interloquendo col collega dell'Università del Salento, Mario Carparelli, e lanciando uno slogan ispirato al film di Sibilia: "Più ricercatori e meno ricercati". [m.b.]

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 62 13/09/2014 La Sicilia - Agrigento Pag. 26 (diffusione:64550, tiratura:80914) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Primo posto ex aequo per i cortometraggi «Mathieu» e «Un uccello molto serio» Cala il sipario sullo «Sciacca Film Festival »

Sciacca. Una bella cornice di pubblico ha salutato, la settima edizione dello Sciacca Film Fest, che si è conclusa con la presenza delll'assessore regionale al Turismo Sport e Spettacolo, Michela Stancheris. Daniele Gaglione con il lungometraggio La Mia Classe, Cyop & Caf con il documentario Il Segreto, Massimiliano Camaiti e Lorenza Indovina, ex aequo, rispettivamente con i cortometraggi «Mathieu» e «Un Uccello molto Serio», sono i nomi dei vincitori. A ricevere la menzione speciale della giuria, invece, il documentario «Fuoristrada» di Elisa Amuruso, il lungometraggio «Più Buio di Mezzanotte» di Sebastiano Riso e, tra i documentari, Fratelli Minori di Carmen Gardina. La giuria ha, infine, segnalato il lungometraggio «E Fu Sera e Fu Mattina» di Emanuele Caruso. «La Mia Classe», oltre ad aggiudicarsi il primo posto come miglior lungometraggio, ha anche ricevuto anche il premio Fice. La Federazione Italiana del Cinema d'Essai ha assegnato, infine, la menzione speciale al documentario Il Dio delle Zecche di Leandro Picarella e Giovanni Rosa. Differente, rispetto alle decisioni della giuria, il parere del pubblico dello Sciacca Film Fest 2014. Il voto popolare ha, infatti, premiato il lungometraggio «Song 'e Napule» dei Manetti Bros, il documentario Fatti Corsari di Stefano Petti, e il «corto» «Tacco 12» di Valerio Vestoso. Una serata alla quale ha preso parte anche l'assessore regionale al Turismo Sport e Spettacolo, Michela Stancheris. Cala, dunque, il sipario sul festival, un evento che dal 5 all'11 settembre scorsi ha trasformato il complesso monumentale della Badia Grande in un vero e proprio laboratorio culturale dove si sono incontrati cinema, letteratura, teatro e musica. «Lo Sciacca Film Fest deve guardare sempre al domani - ha affermato durante la cerimonia di premiazione il direttore artistico Sino Caracappa - ecco perché la gioia per il successo della settima edizione durerà soltanto lo spazio di una notte». Giuseppe Recca 13/09/2014

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 63 13/09/2014 La Sicilia - Ed. Nazionale Pag. 19 (diffusione:64550, tiratura:80914) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Enrico Ghezzi: «In ogni film c'è molto più che un Louvre» Intervista al critico cinematografico a Ragusa, in chiusura del Donnafugata Filmfestival

Giuseppe Leone ed Enrico Ghezzi a Ragusa Ragusa. Cornice scenografica, la pietra antica del Castello di Donnafugata, declinata in versione argento da una luna pressoché piena, incontriamo Enrico Ghezzi in questo sito suggestivo, che emerge fiabesco dal cuore intatto della campagna iblea. Al critico cinematografico è spettata la chiusura del Donnafugata Filmfestival, ideato e diretto da Salvatore Schembari, in una operazione sinergica della Fondazione degli Archi e del Cinestudio Groucho Marx. Cominciamo dalle ragioni della sua presenza a Ragusa: una sua valutazione del Donnafugata Filmfestival. «L'unica cosa che ho sperimentato del festival è la serata finale: molte persone interessate, sono stato bene. Lo spazio è in sé molto bello, indipendentemente dall'autenticità e dall'età del castello». Sappiamo di una sua particolare predilezione per Piero Guccione. Ce la spiega? «Spiegarne le ragioni forse è troppo lungo e forse troppo corto. Ho conosciuto Guccione con Battiato diversi anni fa, a una loro mostra presso la Galleria degli Archi di Comiso. Mi piace molto Guccione - forse è banale e molto generico, ma è questo il motivo per cui mi piace quasi tutta la pittura che amo - per come l'artista agisce su quello che non si vede, su quello che è difficile da vedere, e che alla fine è l'unica cosa che davvero si vede». Pensando a Wenders o ad Antonioni, crede che il cinema sia debitore alla pittura? «Non credo. Nel senso che tutto il cinema è debitore di tutto, del teatro, della musica; parlando di spettacolo, il pubblico del cinema popolare è quello ampio della musica sinfonica, un pubblico perduto. Ma l'evidente vicinanza alla pittura consiste non tanto di cose viste, non tanto di citazioni (ce ne sono a bizzeffe; pensiamo solo a Pasolini): quello che è appassionante è il legame sotterraneo, subliminale. Mentre vediamo un film, non ci rendiamo conto di guardare ventiquattro quadri al secondo, ovvero i fotogrammi, messi accanto l'uno all'altro, in posizione vicina, che ci rimandano a un movimento, quello del cinema, che è in realtà falso. Il punto intenso di connessione tra cinema e pittura è questa serie di fotogrammi vicini. E anche se si tratta di una connessione nella sostanza falsa, diciamo che in ogni film, anche nel più banale, c'è molto più che un Louvre». Guardando al cursus del suo lavoro, vediamo come attraverso contenitori ideati per la tv, Fuori orario. Cose (mai) viste e Blob, lei ha condotto una visione trasversale del reale e della comunicazione. Come si coltiva l'indipendenza dello sguardo dalle convenzioni, dalla cultura dominante? «Innanzitutto essendolo, indipendenti. Cosa che è un rischio, ma che è molto meno rischiosa di quanto si pensi, o molto di più. Sicuramente l'indipendenza si paga, ma poi è ripagata da una sorta di status, che ti mette subito in contatto con le altre persone che cercano o che hanno realizzato questo. Sta nel fare della propria attenzione o della propria disattenzione, verso un'opera, il diventare parte di quell'opera. A me in televisione sembra di essere un "ri-autore". Da una parte vi è in ciò un'umiltà esasperata, dall'altra, alla fine, ciò diventa hýbris: l'ambizione esagerata di essere nell'opera». Kubrick, Fellini, Bertolucci, Tarantino. Tra i molti, c'è un regista a lei massimamente caro? «Nel cinema che puoi incontrare oggi scelgo Lav Diaz, Malick, Oliveira. Sprofondando ancora un po', per me, a fare il film, basterebbe la morte di Al, il computer di 2001 Odissea nello spazio di Kubrick. Amo L'uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov e in generale tutti i cineasti che riescono a non essere documentaristi né fiction, molto al di là di questa idiotissima separazione. Attualmente in Italia un personaggio come Franco Maresco per me è una connessione costante. Ancora, Godard e il cinema di Truffaut, apparentemente più semplice. Alla fine, mentre parlo, mi rendo conto che il cineasta che mi ha più mutato e sconvolto è Roberto Rossellini». Elisa Mandarà 13/09/2014

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 64 13/09/2014 QN - Il Giorno - Ed. Nazionale - Sport Pag. 3 (diffusione:69063, tiratura:107480) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

L'iniziativa Accordo tra Ferrero e la società cinematografica : domani "Sin City 3D, una donna per cui uccidere" Nuovo cinema Samp: sulle maglie i film della Lucky Red

Genova CHE L'ARRIVO di Massimo Ferrero alla presidenza della Sampdoria sarebbe stato un cinema (con tutte le accezioni positive del caso) si era capito sin da subito. Il produttore cinematografico ha dato la propria impronta alla società con una comunicazione più diretta, quasi spettacolare e spettacolarizzata. Sempre sorridente, Ferrero sta provando a tessere la trama perfetta per riportare in alto la Sampdoria di Sinisa Mihajlovic. Buoni acquisti durante il mercato, una buona dose di entusiasmo e positività, e qualche colpo a sorpresa degno del miglior finale di un film. ECCO, a proposito di film e sorprese, il vulcanico Ferrero è riuscito a risolvere anche l'ultimo dei problemi della Sampdoria: la mancanza di uno sponsor sulle maglie. E ovviamente, non in maniera banale. Il club blucerchiato ha firmato un accordo di partnership con la Lucky Red, società leader nella produzione e nella distribuzione cinematografica. Si tratta di un accordo temporaneo, perchè ogni domenica sulle maglie della Sampdoria comparirà il titolo di un film diverso commercializzato proprio dalla Lucky Red sul territorio italiano. Si parte domani con Sampdoria-Torino per le prossime tre giornate casalinghe (le altre sono Sampdoria-Chievo di mercoledì 24 e sopratutto il derby con il Genoa del 28 settembre) con la pellicola "Sin City 3D, una donna per cui uccidere", in uscita nelle sale italiane il 2 ottobre: un film di Franck Miller e Robert Rodriguez, con un cast di primissimo livello che comprende Mickey Rourke, Eva Green, Bruce Willis, Joseph Gordon-Levitt, Jessica Alba e Lady Gaga. E non finisce qui: la maglia "special edition" della Sampdoria sarà consegnata ai registi del film domani, quando saranno a Roma per l'anteprima nazionale. Poi, da ottobre, spazio ad altri titoli e altre pellicole in uscita nei nostri cinema. INSOMMA, dallo spettacolo sul campo di calcio a quello sui grandi schermi, Ferrero rivoluziona il modo di fare sponsorship nel mondo del calcio: già ci aveva provato, per un certo periodo, un altro produttore come Aurelio De Laurentiis a Napoli. Ora Ferrero rilancia: dopo Marassi, i tifosi blucerchiati sono tutti invitati al cinema. Lorenzo Baletti

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 65 13/09/2014 Corriere del Mezzogiorno - Napoli Pag. 20 (diffusione:27910) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

«Song 'e Napule» matrimonio a Los Angeles? Re. Spe.

«Song 'e Napule» in lizza per rappresentare l'Italia nella corsa all'Oscar per il miglior film straniero. Così cominciò l'avventura di Paolo Sorrentino e così (ri)prende il via quella dell'apprezzatissimo film dei Manetti Bros che vede protagonista una Napoli «insolita» ma vera, dopo una serie di riconoscimenti. «Song ' e Napule», film indipendente italiano di maggiore successo del 2014, che ha messo d'accordo pubblico e critica e si è aggiudicato, fra gli altri premi, il Nastro d'argento per la migliore commedia e il David di Donatello per la musica, è stato quindi inserito nell'elenco dei titoli che si contendono l'onore di rappresentare l'Italia nella corsa alla statuetta per il miglior film straniero. Entusiasti i due registi, Marco e Antonio Manetti, che hanno dichiarato: «Saremmo felici di poter rappresentare l'Italia. Siamo onorati di far parte di questo elenco di titoli prestigiosi e con dei registi di grande valore, da cui, comunque vada, uscirà un forte candidato italiano. In particolare, siamo contenti di poter offrire alla selezione una commedia come la nostra, che aumenta la varietà dei film in lizza e che conferma la grande vitalità del cinema italiano nell'ultimo anno». «"Song'e Napule" - dicono Lea e Dania Martino, produttrici del film per la Devon Cinematografica - parla di una Napoli attuale e autentica, mescolando generi e umori con ironia. E' una commedia con riferimenti autoironici a quel genere poliziesco italiano molto apprezzato anche all'estero negli anni '70. Sarebbe bello che, dopo tanti anni, a rappresentare l'Italia fosse nuovamente una commedia». Infine, il Protagonista, Giampaolo Morelli. «Sono contento che tra questi film in corsa per la candidatura ci sia anche la nostra commedia - dice - l'attore napoletano, fra i re della fiction nazionale -, incrocio le dita e sono molto fiducioso sulle possibilità di "Song 'e Napule" a Hollywood, anche perché la musica napoletana è conosciuta in tutto il mondo. Insomma, vi pare possibile che a Los Angeles non abbiano bisogno di Lollo Love per un matrimonio?».

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 66 13/09/2014 Il Giornale - Ed. Nazionale Pag. 33 (diffusione:192677, tiratura:292798) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato CINEMA La svolta dell' attrice inglese Bond girl o psicopatica Rosamund Pike bella e trasformista Per togliersi di dosso l'etichetta di preda da 007 interpreta un ruolo dark e ambiguo in «L'amore bugiardo» di David Fincher E confessa: «Che seccatura le scene di sesso...» Cinzia Romani

Una bambola fredda della Grande Mela, educata ad Harvard, al quinto anniversario del suo matrimonio con un bel tipo del Missouri, che la tradisce con un'adolescente, sparisce nel nulla. Non c'è corpo, non c'è sangue e il primo sospettato del probabile omicidio è il marito. Ma Amy, la sposa modello, è morta, o è soltanto andata via, perdipiù incinta? E pensare che Nick, l'uomo della sua vita, le aveva infilato l'anello di fidanzamento in un taccuino, per poi sdraiarla su un tavolo, in biblioteca, a far l'amore con furia. Benvenuti nell'ambiguo mondo de L'amore bugiardo (dal 18 dicembre in Italia, con Twentieth Century Fox), thriller con una punta di nero firmato David Fincher ( The Social Network , Fight Club ) e interpretato dal premio Oscar Ben Affleck, loffio quando il suo Nick assicura: «Sarò l'uomo che ti avevo promesso di essere». Ma soprattutto da Rosamund Pike, attrice inglese più nota nel suo Paese che nel nostro. Dalla sua, la bella trentacinquenne, exBond girl ne La morte può attendere (2002), ha una notevole presenza fisica e una certa bravura nel tratteggiare la psicopatica che morde al labbro, se bacia. «Il mio personaggio è molto complicato e c'è chi se ne sente disturbato e respinto. È il tipico personaggio femminile, camaleontico e pieno di rabbia, però non è isterica, né strilla. Mi piace camminare su questa linea sgradevole, con il film provocatorio di Fincher», dice Rosamund, vestita di nero da capo a piedi. Magari cerca di dissimulare, con un'immagine da dark lady, la sua seconda gravidanza, che porta a termine proprio mentre comincia il can-can della promozione. Tanto, il compagno Robie Uniacke, uomo d'affari ultracinquantenne, e il primogenito Solo seguono comunque i suoi ritmi. «Quando feci il provino per Miranda Frost, ai tempi di 007, ero appena tornata da una vacanza: zaino in spalla, capelli spettinati e un cardigan qualsiasi, non pensavo che ci avrei messo tanto, per staccarmi di dosso l'etichetta di Bond girl», sottolinea l'attrice, che in Orgoglio e pregiudizio (2005) interpretava Jane Bennet. Adesso, con questa storia tagliente come un coltello, tratta dall'omonimo best seller (edito da Rizzoli) di Gillian Flynn, qui anche sceneggiatrice, Rosamund Pike potrebbe non scollarsi più di dosso la nomea di mantide oscura, rotta a ogni simulazione. «Sono abbastanza forte da non farmi intrappolare nel personaggio: occorre assumere rischi in prima persona, quando si è attori. E se la mia Bond girl si poteva capire, stavolta Amy presenta caratteri che non si possono conoscere», risponde. Sottilmente minacciosa anche quando gira le frittelle in cucina, la protagonista di un film che, stando a Fincher, «causerà 15 milioni di divorzi» sembra animata da lucida follia. Siccome tutti le ripetono che essere sposati è una dura guerra, Amy metterà alla prova il proprio matrimonio, scatenando un gioco al massacro sulla pelle dell'ignaro marito. Con i media alle calcagna, additato al pubblico ludibrio dai talk-show, il povero Nick formula un pensiero: «Le donne sono fottutamente pazze». Ne è così convinto che, quando la moglie torna a casa, con un colpo di scena, lui preferisce dormire da solo, chiudendo la porta bene a chiave. «In effetti, l'autrice del romanzo è stata tacciata di misoginia, ma invece è femminista. Il fatto è che è così difficile fare qualcosa di nuovo... A volte il cinema è deludente, mentre l'esperienza cinematografica dovrebbe essere un evento. La regia di Fincher, considerata leggendaria, mi ha aiutato a rendere più forte il mio ruolo», afferma la Pike, insistendo sulla «satira sociale e lo humor nero che circolano nel film». Per scolpire la sua disturbata da manuale, bionda, frivola ed elegante, Rosamund si è ispirata a Carolyn BessetteKennedy, l'algida moglie di John Kennedy jr. morta con lui e con sua sorella in un incidente aereo del 1999: pilotava John-John. D'altronde, la Pike nasce bene: figlia di una violinista e di una cantante d'opera, suona il violino, parla tre lingue e scandisce soavi risposte in inglese oxoniense. Pare, tra l'altro, che non abbia amato le scene di sesso estremo con Neil Patrick Harris, nel film un suo ex maniaco-ossessivo. «Ci hanno lasciati soli per due ore, su un letto. Sembrava tutto così fuori posto...».

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 67 13/09/2014 Il Giornale - Ed. Nazionale Pag. 33 (diffusione:192677, tiratura:292798) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Le frasi SORPRESA Il mio personaggio è disturbante, ma a me piace essere provocatoria EQUIVOCO L'autrice del libro da cui è tratto il film passa per misogina ma è femminista Foto: ELEGANTE Rosamund Pike. L'attrice è nata a Londra il 28 gennaio 1979

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 68 13/09/2014 Il Giornale - Milano Pag. 12 (diffusione:192677, tiratura:292798) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato I film di Venezia e Locarno in anteprima all'uscita Pardi e leoni da lunedì sfilano sul grande schermo

Stagione di cinema che passa e chiude, ma sarebbe meglio dire replica. I film in passerella a Locarno e a Venezia arrivano ora sugli schermi milanesi in anteprima rispetto alle loro proiezioni in sala. E da lunedì si comincia. Fino al 24 settembre molte delle pellicole presentate al Festival svizzero e alla Mostra lagunare saranno in cartellone. Si parte con From what is before , pardo d'oro a Locarno, una maratona cinematografica perché il film filippino dura 5 ore e 45 minuti e comprende un intervallo di mezz'ora. Anche Listen up Philip , l'italiano Perfidia , il gastronomico Hundred foot journey in programma da Locarno mentre dalla Mostra arrivano tra gli altri Anime nere , Pasolini , The look of silence . Proiezioni all'Apollo. I biglietti costano 7,5 euro con abbonamenti a 6 ingressi (27 euro), 10 film (40 euro) o 16 spettacoli (56 euro).

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 69 13/09/2014 Il Trentino - Ed. Nazionale Pag. 42 (diffusione:38580, tiratura:292000) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Cinema digitale, prima proiezione in via Rosmini Cinema digitale, prima proiezione in via Rosmini

Cinema digitale, prima proiezione in via Rosmini ALTO GARDA. Si torna al cinema. Oggi riprendono le proiezioni, con la novità della tecnologia digitale, proposte nella sala della Comunità. Nel frattempo Comunità e municipalità hanno sottoscritto l'accorso per la ripartizione delle spese (25 mila euro annui) fra gli enti pubblici. Oggi alle 17 verrà proiettato il cartone animato "Dragon Trainer 2" e alle 21 il film "I mercenari 3". Per consultare il calendario delle proiezioni basta seguire la pagina facebook (cinema Riva). Oltre ai fine settimana (durante la rassegna "Ottobre a teatro" la proiezione del sabato verrà anticipata al venerdì) verranno organizzate delle proiezioni anche il mercoledì e il giovedì sera, con la rassegna "Il piacere del cinema". Mercoledì 17 e giovedì 18 toccherà al film "Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve". Il biglietto d'ingresso costerà 7 euro intero e 5 euro il ridotto.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 70 13/09/2014 La Gazzetta dello Sport - Ed. Nazionale Pag. 41 (diffusione:368484, tiratura:513197) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato ALTRI MONDI Fincher in regia : «Faccio thriller realisti non cinici» Da "House of Cards" al nuovo film con Affleck: «Stavolta racconto il narcisismo dei nostri tempi» Rimango dell'idea che con tre, quattro ciak non ottieni un accidente CLAUDIA CATALLI

ROMA «Perché ho scelto Ben Affleck e non Brad Pitt? Scherza, per lavorare con Brad ormai c'è una lista d'attesa lunga sette anni!». Fa sfoggio di humour David Fincher, regista di film culto come Seven e Fight Club , nel rispondere alla nostra domanda sul protagonista maschile di L'amore bugiardo - Gone Girl , nuovo thriller a firma sua dal 3 ottobre nelle sale statunitensi e dal 18 dicembre in quelle italiane. Affleck divide la scena con l' attrice londinese Rosamund Pike: è lei la ragazza che scompare del titolo, beniamina di una seguitissima saga letteraria per bambini. La sua misteriosa sparizione suscita un'attenzione mediatica senza precedenti e l'indagine sul suo caso si trasforma presto in una perlustrazione di luci e ombre dell'animo umano, fino ai meandri più insospettabili. Perché è così interessato a raccontare storie e personaggi il cui lato predominante è una cupa oscurità? «C'è chi mi accusa di essere cinico. Francamente non mi trovo molto in questa descrizione, mi sento piuttosto realista. E L'amore bugiardo è il mio film più realistico e lontano dal linguaggio cinematografico di tutti: ho scelto un tono da reality televisivo, per raccontare l'egocentrismo e il narcisismo dei nostri tempi insito nelle persone comuni, persino le più insospettabili». Per la sua abilità nel costruire i meccanismi di tensione è stato più volte paragonato a Hitchcock: onorato? «Hitchcockiano è un aggettivo che mi piace. Ma se guardo ai miei film, lo trovo più riferibile a Panic Room , che a quest'ultimo lavoro: nel primo, malgrado la suspense, il pubblico ne sa quasi più dei personaggi stessi, nel secondo invece chi guarda non sa assolutamente dove lo sto portando. Almeno spero». Ha diretto, oltre a Brad Pitt, gente come Jodie Foster, Edward Norton, Cate Blanchett, stavolta Ben Affleck e Rosamund Pike. È vero che sfinisce i suoi attori a forza di ciak? «Ho un grande rispetto per chi accetta di esporsi e mettersi in gioco con me. Ascolto molto gli attori, li coccolo quanto basta, a volte correggo il tiro insieme a loro, ma resto dell'idea che con 3-4 ciak non ottieni un accidente. Devi portare l'attore a non sapere più cosa diavolo sta facendo: lì sì che ottieni una performance memorabile». In cantiere ha diversi progetti per la Hbo, tra cui la serie «Utopia»: preferisce lavorare per il cinema o per una certa tv che va assumendo sempre più qualità? «Per un regista il lavoro è lo stesso, cambia il mezzo: il cinema non ha tempo per approfondire personaggi, la televisione ti consente di esplorare i chiaroscuri. In entrambi i casi c'è una persona che si trova a dover mettere d'accordo decine di teste, dagli sceneggiatori ai macchinisti, per tentare di ottenere un buon lavoro. Ecco, quella persona sono io». © RIPRODUZIONE RISERVATA Quanti successi Foto: Fight Club Basato sul romanzo di Chuck Palahniuk, è un film di David Fincher del 1999 con Edward Norton e Brad Pitt Foto: The Social Network Nel 2010 esce il film sulla nascita di Facebook con Jesse Eisen-berg nel ruolo di Zuckerberg Foto:

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 71 13/09/2014 La Gazzetta dello Sport - Ed. Nazionale Pag. 41 (diffusione:368484, tiratura:513197) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

House of Cards La serie tv con Kevin Spacey sugli intrighi del potere: prodotta da Fincher, è nata nel 2013.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 72 13/09/2014 La Prealpina - Ed. Nazionale Pag. 36 (diffusione:38000) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Il Cineforum fa 59, pronta la nuova stagione

LEGNANO - (l.naz.) Tutto pronto per la 59^ stagione cinematografica organizzata dal Cineforum Marco Pensotti Bruni, presente da altrettanti anni nel panorama culturale legnanese. La rassegna di quest'anno è intitolata "Percorsi della memoria e dell'anima nel Cinema". L'elemento che accomuna i film proposti sembra infatti essere proprio quello del viaggio: nella memoria, nell'anima e in mondi fisici e mentali inesplorati. E sempre per sottolineare l'importanza della conservazione della memoria ci sarà anche omaggio, a un anno dalla sua scomparsa, ad Alain Resnais, uno dei più grandi cineasti e teorici della storia del cinema, con la proiezione di "Hiroshima mon amour", il suo capolavoro. «Il Cineforum - spiega il presidente del Pensotti Bruni, Sergio Grega - guarda al passato per proiettarsi verso il futuro e da questa filosofia nasce la volontà di arricchire la nostra proposta con una novità, ovvero la scelta di aggiungere al programma consueto di 30 film, una proiezione finale a sorpresa, selezionata tra le uscite della nuova annata. Mai come ora, infatti, in campo cinematografico è importante la presenza di una proposta forte che dia agli spettatori stimoli intelligenti orientati a salvaguardare e diffondere il cinema d'autore, quello che fa pensare e discutere, per evitare che il cinema di consumo o di intrattenimento, ampiamente diffuso con le multisale, diventi l'unico modello di riferimento. Non si tratta di contrastare una tendenza, bensì di controbilanciarla integrandola con alternative di valenza più specificatamente culturale». È del resto da sempre questo il fine del Cineforum Marco Pensotti Bruni, uno dei più "anziani" d'Italia, che ogni volta definisce il programma dopo un'attenta scelta tra i film più significativi dal punto di vista artistico. Il programma della stagione 2014-2015, che sarà aperto il 15 ottobre con "Grand Budapest Hotel" di Wes Anderson, comprende come sempre film di recente uscita e di provenienza internazionale con un'attenzione anche al cinema italiano. Sono inoltre previsti eventi speciali che saranno comunicati volta per volta. Da ricordare che la rassegna che, come di consueto, si svolgerà nei giorni di mercoledì e giovedì con inizio alle 21 alla Sala Ratti di corso Magenta. Il costo della tessera è di 61 euro (comprensiva della quota associativa pari a 1 euro) e consente la visione dei 31 film in programma e la partecipazione a tutti gli eventi speciali. Le tessere saranno in vendita da mercoledì 17 alla Sala Ratti, alla Galleria del Libro di via Venegoni e alla Libreria Nuova Terra, via Giolitti.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 73 13/09/2014 Alias Pag. 5 (diffusione:30179, tiratura:94483) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato TEORIA MOSTRA DI VENEZIA UN INTERVENTO Quando il realismo coglie impreparata la nuova realtà Cavalcare la dialettica tra prevedibile e imprevedibile, tra dettaglio spiazzante e sensazione di interezza LUCA ILLETTERATI

Realismo, ha scritto Walter Siti in un piccolo e prezioso libretto uscito un anno fa e intitolato, significativamente, Il realismo è l'impossibile (nottetempo, 2013), «è quella postura verbale o iconica che coglie impreparata la realtà, o ci coglie impreparati di fronte alla realtà». Il realismo, insomma, secondo Siti, non è affatto uno specchio neutro della realtà, non è la registrazione di ciò che semplicemente abbiamo davanti agli occhi, quanto piuttosto è la capacità (narrativa) di catturare la realtà al di là dello stereotipo che essa propone di sé, ribaltando le convenzioni culturali nelle quali essa trova, perlopiù, la sua consolidata e rassicurante rappresentazione. La parola realismo è girata parecchio alla 71. Mostra del Cinema di Venezia. E la sensazione è che facesse talvolta persino paura. Anzi, secondo alcuni il fatto che non abbia vinto quel capolavoro che è in effetti The Look of Silence di Joshua Oppenheimer - il documentario sul fratello di una vittima dello sterminio di un milione di persone perpetrato dagli squadroni della morte sotto la protezione del governo militare e dei governi occidentali nell'Indonesia alla fine degli anni '60, il quale si confronta con i carnefici che hanno segnato in modo indelebile la sua esistenza - e abbia vinto invece un film per molti versi surreale come Il piccione di Roy Anderson, avrebbe almeno un po' a che fare con questo timore. O per meglio dire con la sensazione (che viene vissuta con una certa ansia in quello che veniva chiamato non a caso una volta, il mondo di celluloide) che la realtà, nell'epoca della rappresentazione, nell'epoca dell'immagine onnipervasiva, si divori di fatto qualsiasi narrazione; che il racconto di fiction si perda e disperda all'interno della finzione quotidiana nella quale si muovono le nostre esistenze; che le storie non riescano più in alcun modo a spiazzare, a stupire, che non siano più in grado di costringere lo spettatore assuefatto a qualsiasi forma di messa in scena, a vedere il mondo da una visuale inaspettata e irriverente, inattesa e sconvolgente. Premiare il film-documentario di Oppenheimer, dopo che l'anno scorso aveva vinto quel viaggio anch'esso documentaristico ai bordi della metropoli che è Il Sacro GRA di Gianfranco Rosi, poteva significare proprio questo: certificare l'incapacità del racconto di finzione di colpire al cuore la realtà, di svelarla, di sviscerarla, di illuminarla di una luce capace di portarne in superficie i lati perlopiù nascosti e messi sotto le coperte rassicuranti dell'ordinario televisivo. Premiare The Look of Silence, e dunque ancora una volta un documentario, poteva in qualche modo decretare, non senza pesanti conseguenze, che il cinema si sta sempre più spostando in direzione di una realtà concreta e documentata, pulsante e vitale, lasciando semmai alla televisione (dove anche il reality è giocoforza finzione) e in particolare alle serie televisive (splendide le 4 puntate di Olive Kitteridge, prodotto HBO tratto dal romanzo di Elizabeth Strout e non a caso presentato alla Mostra e accolto con grande entusiasmo) il compito di narrare le storie. Detta così la faccenda sembra eccessivamente semplificata, ma è per amore di chiarezza e nel tentativo di evidenziare alcuni tratti significativi emerse da questa indubbiamente interessante e ben riuscita edizione della Mostra del Cinema. Il problema ovviamente non riguarda solo la pellicola di Oppenheimer, che ha evidentemente spaccato la commissione giudicatrice se Tim Roth ha ritenuto di intervenire del tutto irritualmente a commentare il Gran Premio della Giuria assegnato appunto a The Look of Silence . L'elemento documentaristico e il tratto realistico ha attraversato davvero molti dei film presentati in Mostra. Penso ad esempio a Ghesseha (Tales) della regista iraniana Rakhshan Bani-Etemad a cui è stato attribuito il premio per la migliore sceneggiatura. Un film, questo, che ha dovuto fare i conti con la pressione censoria del governo di Ahmadinejad e che per aggirarla, volendo girare nella vera Teheran e non in una Teheran ricostruita o fittizia, ha messo insieme una serie di cortometraggi (per i quali la censura non è così rigida anche per il tipo di distribuzione a cui vanno solitamente incontro) utilizzando come filo in grado di cucire insieme queste storie che si rimbalzano una sull'altra, la figura, appunto, di un documentarista che cerca di filmare la vera Teheran, magari non sempre riuscendoci, ma cercando di entrare comunque nella vita vera di

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 74 13/09/2014 Alias Pag. 5 (diffusione:30179, tiratura:94483) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

quella città e dunque nelle case, negli ospedali, negli uffici pubblici, nella corriera che porta gli operai a un presidio di protesta. Nella scena iniziale, che prelude a un monologo straordinario di un tassista logorroico, il documentarista punta la camera sul finestrino verso le strade e registra il mondo che sta percorrendo in automobile. Alla domanda stupita del tassista che gli chiede cosa stia filmando, lui risponde, significativamente: «è il mio modo di guardare il mondo». Come a dire che il mondo, anche quello quotidiano e banale è di per sé un concentrato di storie e dilemmi. Il modello narrativo di Ghesseha , dal punto di vista formale, potrebbe essere Short Cuts di Robert Altman. Così come Altman in quel film intrecciava con formidabile maestria una serie di storie tratte dai racconti di Raymond Carver, offrendo un ritratto esistenziale e sociale dell'America, qui Rakhshan Bani-Etemad fa appunto collidere una sull'altra, come biglie in un gioco a catena, una serie di esistenze per molti aspetti piccole e marginali, restituendo una visione allo stesso tempo intima e politica, e forse tanto più politica quanto più intima, della società iraniana contemporanea. C'è la storia della donna costretta a convivere con un marito violento e alcolista e che trova poi rifugio, problematicamente, dentro una struttura protetta e gestita da volontarie; quella della anziana signora che cerca di ottenere la pensione dopo anni di lavoro in una fabbrica ora svenduta e che si scontra con il muro insensibile delle istituzioni; quella dell'impiegato, servitore dello stato, che deve avere un rimborso per un intervento chirurgico che ha dovuto pagare da sé e che si scontra con un sistema balordo e corrotto, indifferente alle esistenze e alla dignità degli individui; ci sono i lavoratori della fabbrica svenduta che raccontano la disperazione della loro condizione; c'è il marito, disoccupato e analfabeta, che si trova a fare i conti con una lettera spedita dal precedente marito, ricco e detestato, della moglie, che gli viene penosamente e ridicolmente letta dal figlio piccolo. Quello che colpisce, del film, è è appunto la capacità del racconto di trasformare l'analisi spietata della realtà in lirica, facendo anche ridere e sorridere, senza mai staccare l'attenzione da un mondo concreto e determinato dentro il quale, attraverso queste piccole storie, si ha persino la sensazione di abitare. Altrettanto accade, grazie all'uso ancora una volta quasi documentaristico della macchina da presa, in un film indipendente americano, presentato nella sezione 'Orizzonti': Heaven Knows What , dei fratelli Josh e Benny Safdie. Il film è tratto dalle memorie ( Mad Love in New York City ) di Arielle Holmes, la quale è anche la bravissima protagonista del film. È la storia di un amore in un certo modo assoluto e incondizionato, tra due tossicodipendenti: Harley, la protagonista, appunto, e Ilya. Entrambi barboni, entrambi di casa negli stessi parchi e negli stessi marciapiedi di New York, vivono il loro amore disperato anche quando sono lontani, anche quando si odiano, desiderando l'uno la morte dell'altro. I protagonisti, molti dei quali sono attori non professionisti e presi tra i tossicodipendenti con i quali Arielle aveva avuto a che fare, sono raccontati nella loro ripetitiva e sempre diversa quotidianità fatta di buchi, siringhe scambiate, furti, elemosine, litigi, violenza, dolore e amore. E i registi sembrano in qualche modo, con molta delicatezza e senza giudizio, seguire queste vite, filmare questa realtà, appunto, al di là delle convenzioni e dei luoghi comuni con cui essa viene perlopiù guardata, fuori dalle mitologie che pretendono di farne degli eroi o dalle pretese salvifiche di chi guarda con gli occhi di una morale preconfezionata. Di realismo in un senso forse più classico si può anche parlare in relazione a quello che, insieme al bellissimo Belluscone di Franco Maresco di cui si dirà, è stato forse il più interessante fra i film italiani presentati alla Mostra, e cioè Anime Nere di Francesco Munzi. Un film caratterizzato da una attenzione mai banale ai paesaggi concreti dentro cui si svolge la vicenda di questa famiglia segnata nel profondo e in modo indelebile dalle lotte ancestrali dell'ndrangheta calabrese. Anime nere è una storia di fratelli, di figli e di mogli. Ma soprattutto di fratelli. E in questo riprende la struttura classica delle grandi narrazioni e delle grandi tragedie. Ma lo fa, appunto, con una attenzione accurata e realistica alla lingua dei personaggi, ai loro corpi e ai luoghi delle loro vite, per molti versi inedita nel cinema italiano degli ultimi anni. I tre fratelli della storia incarnano, con le loro maniere, i loro abiti, i loro movimenti quotidiani, tre posture diverse di fronte alla medesima realtà. Tre modi e tre posture che si rivelano comunque tutte tragicamente fallimentari, quasi a dire che, appunto, dentro quel mondo e in quella terra non c'è un modo adeguato per starci. Che ogni modo è fallimentare. Che ogni esistenza è niente rispetto al potere di sopravvivenza dei legami che consentono al sistema dentro cui

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 75 13/09/2014 Alias Pag. 5 (diffusione:30179, tiratura:94483) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

sono nati di autoconservarsi e autoriprodursi. La lingua calabrese e i paesaggi sono decisivi rispetto al ritmo potente della narrazione e il film sembra porsi, in questo, sulla scia piuttosto che del Gomorra di Garrone, del Piccola Patria di Alessandro Rossetto, presentato alla Mostra l'anno scorso e con il quale condivide, non a caso, l'apporto alla sceneggiatura del bravissimo Maurizio Braucci (sceneggiatore, fra l'altro, anche del Pasolini di Abel Ferrara) e penna perfetta per questa sorta di nuovo realismo del cinema italiano. Il realismo, dicevamo, secondo la formula di Siti è la postura che è capace di cogliere impreparata la realtà. Non c'è forse definizione più appropriata per il modo, apparentemente stralunato di guardare il mondo, che restituisce Franco Maresco in Belluscone. Grazie anche alla delicatezza e alla forza narrativa di un Tatti Sanguinetti chandleriano, Maresco indaga con questo film i legami profondi di Berlusconi con la realtà siciliana. E invece di andare alla caccia di atti processuali, sprofonda (letteralmente, verrebbe da dire) dentro il mondo delle feste rionali, riprendendo e facendo parlare l'organizzatore di queste feste, Ciccio Mira (persona reale che nessuna fiction potrebbe credibilmente forgiare), parlando con i cantanti cosiddetti neomelodici, intervistando Marcello Dell'Utri seduto su un trono imperiale e registrando la rabbia contro il fonico quando il microfono smette di funzionare proprio nel momento in cui Dell'Utri sembra lasciarsi andare a confidenze scottanti, ma soprattutto inquadrando gli imbarazzi e le più comiche e inquietanti vie di fuga degli intervistati messi di fronte alla richiesta di dire una parola contro la mafia. Il testo realista, sono ancora parole di Walter Siti, deve sapersi mantenere in equilibrio fra esigenze contrapposte: in particolare deve giocare con la forma fino a farla apparire sottrazione o assenza di forma; deve cavalcare la dialettica tra prevedibile e imprevedibile, tra dettaglio spiazzante e sensazione di interezza, tra coerenza e anomalia. Sembra, in qualche modo, la descrizione del docu-film di Maresco. Ma è anche, indubbiamente, ciò che regge la narrazione di The Look of Silence e di molte delle cose buone viste a questa 71. Mostra Internazionale del Cinema. Ed è, forse, questo bisogno di realtà, il segno di una tendenza che appartiene a questo tempo, nel quale ciò che appare come il compito più arduo e difficile è proprio un esercizio critico che non si lasci intrappolare dagli stereotipi, dalle convenzioni e dalle ideologie. Foto: Scene da: Anime nere, Belluscone, Ghesseha, The look of silence

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 76 13/09/2014 Alias Pag. 2 (diffusione:30179, tiratura:94483) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato IN RASSEGNA Trieste crocevia del cinema estremo SILVANA SILVESTRI

Il sottotitolo «I misteri dell'organismo» che caratterizza il programma di quest'anno del festival I Milleocchi non è tanto misterioso. È proprio un marchio di fabbrica di Sergio M. Germani dai mille e più occhi, uno dei quali puntato su Makavejev e il suo film che si rifaceva alle teorie reichiane sul sesso e ejzenstejniane sul montaggio, al suo rocambolesco tono di racconto, gigante delle rassegna di cinema (nero e non) jugoslavo. A Trieste al teatro Miela dal 12 al 16 settembre il solito vaso di Pandora si solleva per scoperchiare alcuni aspetti oscuri del cinema, in modo sottile collegati tra di loro, in primo luogo caratterizzati dalla curiosità di spettatore globale di Germani. Dal magnifico programma sui film della Titanus presentato a Locarno e realizzato insieme a Roberto Turigliatto, altro inimitabile studioso, si presentano altri nove film tra cui quelli interpretati dalla triestina Laura Solari: il peplum-western Romolo e Remo (1961) di Sergio Corbucci (aiuto regista e seconda troupe sono Sergio Leone e Franco Giraldi), il melo Ridi pagliaccio! (1941) e due film diretti da Camillo Mastrocinque, il noir, oggi perduto, di cui il festival propone una ricostruzione fotografica La statua vivente (1943) interpretata dal comico triestino Angelo Cecchelin. In programma anche il kolossal comico Il giorno più corto, con 88 attori famosi che si prestarono a comparire gratuitamente per sollevare la Titanus dalla grave crisi finanziaria. Accompagnato da una selezione di film italiani sulla prima guerra mondiale segnaliamo in particolare (con un approfondimento) Nachtrichten vom grossen Krieg l'ultimo film di Alexander Kluge (l'autore di Artisti sotto la tenda del circo, perplessi , pietra miliare del nuovo cinema tedesco degli anni '70). E un altro approfondimento in queste pagine è per la nostra collaboratrice Alessandra Vanzi con il suo film e un inedito di Alberto Grifi. Il Premio Anno Uno sarà assegnato al regista algerino Tariq Teguia per il suo ultimo lungometraggio Thwara Zanj , autore di film che raccontano il suo paese in lotta contro l'integralismo islamico. Sarà idealmente presente Franco Maresco, acclamato autore di Belluscone , di cui sarà presentato Lucio da un suo spettacolo su Franco Scaldati, poeta scomparso di recente, un cortocircuito tra il cinema e le altre arti, qui in particolare tra cinema e teatro. In questa chiave è programmato anche Miroir de l'origine, video censurato su youtube di Deborah De Robertis, artista lussemburghese (in anteprima assoluta alla presenza dell'artista).

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 77 13/09/2014 Stop - N.37 - 19 Settembre 2014 Pag. 34 (diffusione:60124, tiratura:117151) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato PASOLINI "WILLEM DAFOE PORTA AL CINEMA L'UOMO MA NON LA GRANDEZZA DI PIER PAOLO" «Era impossibile raccontare tutto in una sola pellicola . Il regista Abei Ferrara, però, ha confezionato un buon prodotto perché ama la persona, Mi sono divertito a vedere Scamarcio che interpreta me» Intervista di Luigi Miliucci

Roma - Settembre Attore istrionico, poliedrico e dalla contagiosa simpatia, Ninetto Davoli è stato uno degli interpreti italiani più apprezzati e applauditi all'ultima edizione della Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia. Davoli, fedele alla sua proverbiale schiettezza, ci dice la sua sull'attesissimo film Pasolini, a cui lui stesso ha partecipato nei panni di Eduardo De Filippo e diretto da Abel Ferrara. Una pellicola, quello che vede Willem Dafoe nei panni di Pier Paolo Pasolini e che ricostruisce le ultime ventiquattr'ore di vita dello scrittore e regista di origini bolognesi, brutalmente ucciso all'idroscalo di Ostia la notte tra 1' 1 e il 2 novembre del 1975. Quali sono state le emozioni con cui hai affrontato questa esperienza professionale e umana così particolare? «Partecipare a questo film non ha provocato in me emozioni specifiche per il semplice fatto che io quel mondo e quelle persone li ho vissuti davvero. Viverli in prima persona e vederli ricostruiti sono due cose completamente diverse, ecco il motivo per cui non mi ha emozionato più di tanto». Hai condiviso, però, l'impostazione del film scelta dal regista Abel Ferrara? «Sì, ma alla fine, analizzando un po' tutto nel complesso, credo che occorresse raccontare qualcosa in più di Pier Paolo. E forse entrare anche maggiormente nel suo animo, anche se devo ammettere che non è per niente facile. Non basterebbero forse nemmeno dieci film per raccontare tutto quello che è stato Pier Paolo Pasolini. Abel Ferrara ha portato sul grande schermo l'uomo, senza entrare, però, nelle viscere di quel grande personaggio. Ma, ripeto, è impossibile farlo nel tempo che si ha a disposizione in un film». Quindi qual è il tuo giudizio complessivo su questa pellicola? «È un buon film, fatto con ottime intenzioni e da un regista che ama la persona». Che effetto ti ha fatto vedere Riccardo Scamarcio interpretare te stesso? «È un bravo attore, ci siamo divertiti molto insieme. Ovviamente lui non è Ninetto». «Non ho più sogni, ho fatto già tantissimo» Gli hai dato qualche consiglio? «Gli ho detto di essere sempre se stesso sul set: un ragazzo pugliese, vero, con il linguaggio napoletano. Nel film lo stesso ho fatto anche io nei panni di Eduardo De Filippo, che ho interpretato a modo mio». Il vostro film era uno tra i più attesi alla 71a Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia. Ti aspettavi l'accoglienza un po' tiepida che poi ha ricevuto? «La proiezione si è conclusa comunque con un applauso. C'è da dire poi che ci sono i critici e la gente comune. I primi, giustamente, fanno il loro mestiere, il pubblico, invece, vede i film con il cuore. Anche Uccellacci e uccellini, quando l'abbiamo fatto ormai la bellezza di 48 anni fa, fu massacrato dalla critica. In realtà anche il pubblico non lo capì. Poi, invece, con gli anni, si è rafforzato e sembra davvero un film fatto ieri per la sua profondità. E un po' quello che succede con i cinepanettoni. La critica li massacra, ma bisogna fare i conti sempre e comunque con il pubblico reale». «C'è un lusso che mi concedo...» C'è un progetto professionale che sogni di realizzare? «Non mi manca nulla e tutto quello che faccio per me è qualcosa in più. Voglio dedicarmi solo a progetti che mi piacciono davvero e che mi facciano pensare. Oggi ho voglia di concedermi questo lusso. In ogni esperienza in cui mi cimento penso sempre a Pier Paolo e mi chiedo in che modo l'avrebbe affrontata lui. Non ho sogni nel cassetto, ho già fatto tantissimo». 0 Pier Paolo Pasolòh! (quello véro) e Ninetto Davo» insieme in una fotografia dei 1967 alia Mostra del Cinema di Venezia, all'epoca alla 28esima edizione. Nato a San Pietro a Maida (Catanzaro), Davoli nel film Pasolini è interpretato da Riccardo Scamarcio. Lui invece fa Eduardo De Filippo. IL CAST Sopra, un'altra scena di Pasolini. A destra, invece, Ninetto Davoli alza le braccia al cielo con il regista della pelli- § cola Abel Ferrara (63). Ai loro lati, da sinistra, Willem Dafoe, J Adriana Asti (81) e Riccardo Scamarcio (34). |

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 13/09/2014 - 14/09/2014 78 13/09/2014 Pagina99 - N.59 - Settembre 2014 Pag. 43 La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato tento fashion film al festival di Milano Concorso | Anche WesAndersonfra gli autori presenti al Piccolo Teatro Grassi Documentari come quelli dedicati ad Azzeline Alaia e a Valentino per osservare un brand dietro le quinte ELISABETTA BAOU MADINGOU

• Un premio disegnato da Barnaba Fornasetti e un regista come Luca Guadagnino in giuria. Ma soprattutto tanti film degni del grande schermo. Il Fashion Film Festival che si terrà i prossimi 14 e 15 settembre a Milano, al Piccolo Teatro Grassi, è l'evento di apertura della Fashion Week che ospiterà le sfilate delle collezioni primavera/estate fino al 22 settembre. Questa prima edizione è stata ideata e prodotta da Costanza Cavalli Etro con il sostegno della Camera Nazionale della Moda: è necessario accreditarsi online e l'ingresso sarà gratuito per le proiezioni di un centinaio di diversi titoli. Nella sezione Fuori Concorso dedicata ai migliori fashion film realizzati da grandi marchi e importanti registi, spiccano titoli come II Castello Cavalcanti di Prada, già presentato allo scorso Festival del Cinema di Roma e l'inedito ThisMustBe The OnlyFantasy. Il primo, ironico e surreale, è diretto da Wes Anderson che ha firmato anche tutti gli spot della fragranza Prada Candy, ed è ambientato nell'Italia degli anni '50 con espliciti riferimenti a e Pietro Germi. Il secondo è il corto inquietante e magnetico delle sorelle Mulleavy, stiliste del marchio americano Rodarte: il regista e fotografo Todd Cole dirige l'attore Elijah Wood in una pellicola che si ispira ai giochi di ruolo e ai videogame. Film corti ma anche documentari brevi come quelli dedicati a Valentino e ad Azzeline Alaia, che permettono di entrare direttamente dietro le quinte di un brand, svelando ciò che in passato era zona offlimìts. E forse qui che il fashion film raggiunge il suo scopo principale: nell'awicinare il marchio al consumatore diretto, canalizza al meglio il proprio messaggio e soddisfa quell'esigenza propria dei social network nell'era del web di condividere momenti ed esperienze "personali". In concorso le opere di giovani registi e video maker come Senio Zapruder, classe 1987, nato a Siena ma milanese d'adozione, con all'attivo collaborazioni con marchi come Dolce&Gabbana, Zegna, H&M e Philipp Plein solo per citarne alcuni. «2 Delicious 2 Dump, il corto che ho realizzato per Dsquared2 un anno fa, parla di un'ossessione», racconta. «Un'ossessione maniacale e malata il cui oggetto del desiderio (una borsa ndr) verrà svelato solo alla fine. Io sono il regista ma ho curato anche montaggio e ripresa audio, oltre a mixare ed editate le musiche composte da Stefano Riva». La voce narrante, roca e profonda è quella di Diane Pernet, «l'ho voluta fortemente per la sensazione di angoscia e mistero che emana». La giornalista ed icona della moda statunitense è la creatrice di A Shaded View of Fashion film, la prima rassegna internazionale dedicata ai cortometraggi fashion che ha toccato Parigi, Miami e Roma fra l'ottobre 2013 e il gennaio 2014, antesignana di questo Festival che si propone come la sua versione made in Italy. Tra i cortometraggi in programma anche un lavoro di Virgilio Villoresi, artista della stop motion che ha realizzato anche un bel corto per pagina99 (186mila visualizzazioni su YouTube). Villoresi sarà in concorso al Festival con un film per Fendi Fendi BadBags. Ma tra i suoi committenti ci sono anche, Valentino, Smithson, pelletteraia a Londra, e Dsquared2. A dimostrazione che è la moda a porsi oggi come necessario talent scout.

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quando è il regista ad animare l'abito linguaggi Gli stilisti sono diventati ormai produttori . Commissionano sia corti che lungometraggi ai grandi del cinema , animatori digitali o nuovi talenti visionari. I risultati sono storie spesso surreali d'atmosfera pura A Therapy, per Prada, regia di Roman Polansky, con Helena Bonham Carter e Ben Kingsley, ha ricevuto applausi a Cannes ROSARIO MORABITO

• II 2014 è l'anno che segnalo sdoganamento definitivo dei cortometraggi nelle campagne di moda. O forse, più propriamente e con accento sul post-moderno mix che il digitale consacra, nelle arti visive contemporanee. Trussardi ha celebrato i 40 anni del levriero simbolo della casa con lo short film dell'illustratore giapponese Yuko Shimizu, un coniglio celestiale che corre per le strade di una Milano che si sveglia. Saint Laurent ha realizzato col cantante Curtis Harding un videoclip in bianco e nero. Il video First kiss, con gli sconosciuti che si baciano, è rimbalzato sulle bacheche social di mezzo mondo, registrando 25 milioni di visualizzazioni nei primi due giorni di pubblicazione su YouTube: poi si è capito che era una forma artistica e virale per promuovere il brand di moda californiano Wren. Sono esempi di cortometraggi dai contorni ibridi, in cui attori e abiti interagiscono in una sintesi che è la chiave del tutto, contribuendo a creare atmosfere che raccontano - colorano, profumano, dipingono - il brand. Di solito durano da 1 a 10 minuti, la musica è quasi sempre elemento fondamentale. Dior ha inaugurato nel 2008 la Cinematique Campaign, i corti dedicati alla borsa Lady Dior, con Marion Cotillard come protagonista, e ha segnato un ulteriore passaggio nella parabola del genere. A therapy, cortometraggio di Roman Polansky, con una Helena Bonham Carter sul lettino del terapista Ben Kingsley, è stato presentato al Festival di Cannes 2012 e accolto da minuti di applausi. «Quando uno stilista disegna un abito lo immagina sempre in movimento» spiega apagina99 Nick Knight, fotografo inglese considerato trai pionieri del genere con il suo sito sperimentale ShowStudio. Complice una Londra in pieno fermento creativo, la rivoluzione di ShowStudio coinvolse nel 2000 Alexander McQueen, Kate Moss, John Galliano, Naomi Campbell: a turno, Nick Knight riuscì a metterli alla prova nelle sue sperimentazioni. L'intero who's who della moda, in un sito che diventò velocemente un archivio del nuovo in cui l'interpretazione e la comunicazione, non solo del prodotto moda, ma della moda come soggetto, venivano continuamente reinventati. Il sito sperimentò anche sulla nuova frontiera dell'interattività, rivolgendosi a un pubblico tanto invisibile quanto vasto. I giovani fotografi e videomaker potevano partecipare a contest e vedersipubblicati. Se il secolo scorso ha visto la fotografia imporsi come mezzo principe per la rappresentazione visiva della moda, avendo nelle riviste patinate come Voglie una piattaforma d'eccezione, oggi l'avvento di internet ha cambiato sostanzialmente lo scenario. E anche Vogue ora realizza veri short film per la cover del mese. «Solo a partire dagli anni '60 abbiamo chiamato artisti fotografi di moda come Avedon, Penn, Bailey, Bourdin, Newton. Oggi allo stesso modo si tracciano i parametri dei fashion film». Che cominciano ad avere anche dei festival dedicati. Altro momento fondamentale per lo sviluppo del genere infatti - e per la sua divulgazione a livello globale - è la nascita di A Shaded View on Fashion Film (Asvoff), nel 2008. Il nome è un'estensione dell'omonimo blog varato nei primi anni 2000 da Diane Pernet: ex designer americana di base a Parigi, fra i primi a usare il mezzo 2.0 per raccontare la moda. Capendo subito la portata della rivoluzione in atto, Diane Pernet ha ideato un contest internazionale con cui dare visibilità anche ai giovani videomaker, incoraggiando il contributo che avrebbero presto dato aH'image making di moda. «Asvoff è il primo fashion film festival al mondo eia prima piattaforma globale in assoluto per questo genere» spiega Pernet, il cui festival nel tempo è cresciuto, diventando un evento itinerante mondiale: dal Centre Pompidou a Parigi - dove il 21,22, e 23 novembre si terrà la prossima edizione - a Mexico City e Tokyo. Quanto alle specifiche che questo genere va acquisendo, Pernet ha le idee precise. «È importante che catturi la mia attenzione nei primi 30 secondi continua - poi voglio vedere veri film : possono essere astratti e mancare di una narrativa convenzionale, ma voglio che attraverso l'immagine in movimento si racconti una storia. Altrimenti sono servizi fotografici animati. Più registi e meno fotografi

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camuffati da cineasti. Più attori e meno mo delle, a meno che non sappiano recitare davvero». Un tratto distintivo della moda, specialmente oggi che le fashion house più importanti hanno preso il posto dei mecenati rinascimentali, è quella di catalizzare il meglio della creatività in circolazione su produzioni dall'eccezionale densità artistica. Dalla regia allo styling, dalla fotografia alla colonna sonora, spesso questi fashion film diventano delle piccole gemme: un circolo virtuoso che si autoalimenta. Prada, oltre alla collaborazione con Polansky, lo ha fatto anche con i Miu Miu Women's Tales, serie di corti in cui un gruppo di registe - tutte donne esplora la fascinazione e l'amore che l'universo femminile nutre per la seconda linea del marchio milanese. Che si tratti di ex testimonial, celebrity fan o nomi noti solo nella scena underground, qui il cast è spesso ali star. L'ultimo contributo è stato dato dalla regista americana Miranda July, con il suo Somebody: dieci minuti di surrealismo e incomunicabilità filtrati da una app che rivoluziona le interazioni sociali (e che, per la cronaca, esiste davvero e si scarica gratuitamente dall'iTunes Store). Lo stile narrativo inconfondibile della July si mescola perfettamente ai capi retro-girly di Prada, senza invasioni di campo: uno degli esperimenti meglio riusciti di film di moda Anche il Brooklyn Museum di New York ha deciso di affidarsi ai fashion film per la promozione della sua nuova mostra, Killer Heels (fino al 15 febbraio), commissionando a sei cineasti e fotografi la realizzazione di altrettanti corti che usino il tacco 12 e i pezzi in mostra come trama. Un'ulteriore conferma, questa, di quanto i fashion film siano oggi un prodotto culturale a sé. Adesso un festival dedicato sbarca anche a Milano, ad aprire la settimana della moda. Al Piccolo teatro Grassi il 14 e 15 settembre. Foto: SPOT D'AUTORE Sopra Foto: l'attrice Marion Cotillard nella serie per Dior dal titolo Lady Grey London di JohnCameronMitchell.A fianco dall'alto, un'immagine di A Therapy realizzato da Roman Polansky per Prada con Helena Bonham Carter e Ben Kingsley. Sotto il corto Candydei registi Roman Coppola e Wes Anderson per Prada. La fashion blogger Diane Pernet (in nero a destra) a una sfilata a Parigi Foto: VITTORIO ZUN1NOCELOTTO/GETTYIMAGES

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la cineasta androgina che inventava le dive Fra le Star che ha lanciato, anche la più annata di Hollywood : Katharine Hepburn MARIUCCIA CIOTTA ROBERTO SILVESTRI

• II viso stagliato nella pietra, capelli alla maschietta e una cravatta appesa al collo, Dorothy Arzner non nascondeva il suo sguardo androgino, filtro oltraggioso tra le bellezze di Hollywood e gli Studios che le volevano appetitose e docili. Unica donna regista del periodo d'oro di Hollywood, ha diretto tra il 1927 e il 1943 attrici magiche come Clara Bow, Maureen O'Hara, Lucilie Bali, Katharine Hepburn, Sylvia Sidney, Nancy Carroll, Claudette Colbert, Ruth Chatterton, Rosalind Russell e Joan Crawford. Dive coniate da Arzner a sua immagine, gatte selvatiche e funamboliche, anti-vittoriane, allegre peccatrici, prima e anche dopo il Codice Hays ('34), e delle quali resterà traccia, nonostante il tentativo di domarle negli anni successivi. Alla cineasta a cui si deve lo scardinamento degli stereotipi femminili, il festival di San Sebastian renderà omaggio dal 19 al 27 settembre, proiettando 12 dei suoi 17 film sopravvissuti al tempo, in una retrospettiva curata insieme alla Cineteca spagnola. Il suo nome non dirà molto al grande pubblico, eppure è stata lei a inventare l'attrice più venerata di Hollywood, Katharine Hepburn, nata agli scherni sessualmente ambigua in La falena d'argento (Christopher Strong, '33), dove gioca il ruolo di un'aviatrice estrema, avvolta in una tuta argentata, attratta dalla luce della trasgressione erotica. Arzner la voleva così, corpo futuribile, irriducibile alla normalità - è l'amante di un uomo sposato che le chiede di rinunciare alla passione del volo - tanto da preferire il tuffo suicidanei cieli. Stile visualmente sofisticato, melodrammi atipici e spesso dark, il suo cinema è attraversato da un sottotono classificato lesbico, ma che in realtà funziona da disturbatore del gender, e anticipaleteoriefemministesul ruolo artificioso affibbiato ai due sessi, con le relative conseguenze ossessive, com'è il caso di Craig's Wife ('36), protagonista Rosalind Russell (sostituita da Joan Crawford nel remake di Vincent Sherman), una «donna che ha sposato i suoi mobili», vestale della casa, perfezionista maniacale, simbolo mostruoso della casalinga, che Arzner eleva a una statura eroica. Sola, disumana, folle. E ancora, nel suo film più piroette e arringa la folla dei maschi lubrichi. Preservata la sensualità delle ballerine, accarezzate dalla macchina da presa, il film mette a contrasto la maliziosa Lucilie Bali, ancheggiante su danza hawaiana, e Maureen O'Hara, ballerina modello, indignata dalla richiesta volgare di eccitare il pubblico . Le due avversarie si scambiano uno sguardo emozionante d'intesa quando prendono atto che entrambe inseguono la loro arte, e non la conquista degli uomini. Queste odissee tragiche, comiche e spumeggiami si avvalevano di uno stile forte, unico e originale, proprio come era stato quello di Alice Guy e Lois Weber, tra le decine di director americane del periodo muto che, tra il 1920 e il 1923, vennero fatte fuori dagli Studios dopo 1' entusiasmante e libera fase pionieristica. Solo lei infatti seppe adeguarsi al sonoro e tener testa all'autoritario controllo censorio che la grande finanzia esercitò sul cinema dopo la Depressione e l'istituzione del Codice Hays. Arzner inventò perfino tecnologie capaci di valorizzare la sua grinta sperimentale: 87 anni fa ha liberato il set dalle sue rigidità teatrali perfezionando l'asta con il microfono incorporato e direzionato da piazzare sopra la testa degli attori, finalmente scongelati. In / diavoli del Grand Prix - fonico Frances Ford Coppola - Roger Corman le rende un esplicito omaggio continuando a mostrare il microfono aereo nell'inquadratura. E oggi Arzner è considerata un punto di riferimento estetico assoluto per un cinema futuro. Non soloda Coppola, di cuilei fu l'insegnante all'Ucla di Los Angeles. Ma anche da Quentin Tarantino, che mette Dance, girl, dance in cima alle sue top ten, e da Kathryn Bigelow, la sua erede più consapevole. Todd Haynes, il regista di Lontano dal paradiso, le dedicherà presto un biopic, star Julianne Moore. La cineasta californiana, riscoperta dalle femministe CÌaire Johnston e Karyn Kay allafine degli anni '60, insieme al suo fedele gruppo di sceneggiatori, coreografi, montatori e costumisti (non solo donne), portò nel cinema un altro sguardo, differenti gerarchie spaziali ed eresie nel gioco simbolico ancora poco digerite. Non si trattava solo di affermare un punto di vista complementare, ma almeno doppio, triplo, cubista, capace di vivisezionare e umiliare il patriarcato e il voyeurismo maschile nei riguardi del corpo femminile, trattato come un'esperienza

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povera, parziale, frustrante per esplicitamente femminista, Dance, Girl, Dance (1940) Dorothy Arzner mette in scena le ragazze di Busby Berkeley in versione mutante, ballerine classiche capaci di trasformarsi in pop dancer senza perdere un grammo del loro insostenibile talento. E' la rivolta dell'oggetto del desiderio che interrompe le l'uomo stesso, immiserito dalla sua identità sessuale malata grazie al superpotere sul sesso debole: quei dieci milioni di ragazzi morti sul fronte di guerra avevano fascistizzato i superstiti. Insomma, allo sguardo univoco, Arzner contrappose uno sguardo stereo, dilatato, lo sguardo di Maureen O'Hara, che prima attiva il pubblico maschile, il quale occhieggiale sue performance artistiche e poi lo rimprovera per un godimento voyeuristico così banale e puerile. Ecco perché dive del vecchio tipo, ancora immerse nella cultura vittoriana (e della donna compiaciuta della sua aurea subalternità) come la bionda e giunonica Esther Ralston (sostituita dopo due film), non la sopportavano, mentre le nuove suffragette scatenate e proletarie, dal cuore di un bambino, come la rossa Clara Bow (Get Your Man, 1927 e The Wild Party, 1929) si esaltavano per il suo immaginario androgino. Funny girl del party selvaggio, Bow, nel suo primo film parlato, è una collegiale scatenata, innamorata del suo professore, ma coinvolta in scambi camerateschi dal sapore sexy nel dormitorio delle ragazze. Il film è pre-codice e si permette libertà in seguito negate. La critica femminista Molly Haskell scrisse che i film di Arzner si potevano considerare come l'espressione sconfortata di un'artista costretta a vivere in una terra aliena e che ciò nonostante cercava sempre di creare un ponte tra Hollywood e le sue aspirazioni artistiche, tra le convenzioni più romantiche e una sensibilità femminista. Il commento di Dorothy Arzner fuunsemplice: «Vero». Studiava inizialmente medicina Dorothy Arzner, nata a San Francisco nel 1897, figlia di un ristoratore che si trasferì a Hollywood dopo il terremoto e aprì un locale, The Hoffinan Café, frequentato dai pionieri del cinema. Come Walt Disney durante la prima guerra mondiale fece assistenza sanitaria da volontaria in Europa. Poi mollò tutto: «Voglio essere come Gesù Cristo: Non mi basta guarire i vivi, devo resuscitare i morti». Il cinema, in fondo, a cosa serve? Così entrò alla Paramount. Script girl Gè dattilografe che consegnavano i copioni definitivi al regista prima delle riprese giornaliere). Fu poi montatrice di 52 film, tra i quali il capolavoro di Rodolfo Valentino diretto da Fred Niblo, Sangue e arena. Sceneggiatile di gran classe, divenne la beniamina dei registi di serie A, anche quando si sfidavano i sette mari raccontando le avventure di pirati e filibustieri virili e sanguinali (è suo lo script di Oldlronsides). Così appena minacciò di andarsene dalla Paramount per raggiungere una più piccola ma coraggiosa società, la Columbia, che le avrebbe permesso il grande salto alla regia, un boss della compagnia, il regista James Cruze intervenne di persona e costrinse i boss B.P Schulberg e Walter Wanger afarle dirigere il suo primo lavoro, Fashionsfor Women (1927). «È troppo preziosa, non possiamo perderla». Tra la fine del cinema muto e il 1943, coprendo tutto il periodo classico dello studio System di Hollywood, è stata l'unica donna regolarmente dietro il megafono. Prima di Ida Lupino, un'altra regista diresse film tra gli anni '30 e '40, Wanda Tuchock, ma le fu permesso una sola, splendida, volta (FinishingSchool con Frances Dee è del 1934). Arzner invece fu una collezionista di successi, anche per Rko, Columbia e Mgm (dove si azzuffò con l'omofobo Mayer). Spesso al suo fianco Zoe Akins, piccola grassa eccentrica scrittrice Qesbica come lei) dall'accento british. Misterioso l'addio al set di Arzner, dopo aver diretto, nel 1943, la più elegante star hollywoodiana, Merle Oberon, in First Comes Courage. Forse comprese che l'apertura d'immaginario d'epoca rooseveltiana stava finendo e in atmosfera maccartìsta una persona sessualmente così pericolosa sarebbe finita male. O forse per gli esagerati rischi fisici che ha corso durante le riprese (brutta polmonite compresa). Prima di morire nel 1979, nella sua villa californiana di La Quinta, in pieno deserto, dove si era esiliata con l'amore della sua vita, la coreografa Marion Morgan, si interessò alla Christian Science ed ebbe una fitta corrispondenza con la sua fondatrice, Mary Baker Eddy, animò un programma radiofonico sui rapporti tra la vita di tutti i giorni e il cinema, girò una cinquantina di spot perla Pepsi Cola, diretta allora dalla sua vecchia amica Joan Crawford. Tenne corsi di cinema al Pasadena Playhouse, e per 4 anni all'Ucla. Insegnò soprattutto che è «inestimabile l'apporto dato dalle donne e dal loro senso del dramma all'industriacinematografica».

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Dorothy Arzner | Ha ribaltato gli stereotipi femminili sullo schermo. Unica donna regista del perìodo d'oro di Hollywood, ora viene celebrata in una rassegna a San Sebastiàn Foto: DIETRO LE QUINTE La regista Dorothy Arzner (con il cappello) e l'attrice Sylvia Sidney, sul set del film Merrily we go tohell, luglio 1932 Foto: COURTESYEVERETTCOLLECTION/CONTRASTO

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