Il Castello Di Montefiore (Diocesi Di Città Di Castello)
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STEFANO LANCIONI Il castello di Montefiore (diocesi di Città di Castello) Storia di un feudo degli Ubaldini, nello Stato di Urbino FANO - 2005 2 A Maria-Chiara e a Matteo 3 4 Premessa Mentre consultavo un censimento delle comunità della Legazione di Urbino fel sec. XVIII, mi sono imbattuto in una enigmatica “Contea del Fumo” che, per una serie di considerazioni, si poteva collocare nel territorio cisappenninico della diocesi di Città di Castello (nell’attuale comune di Apecchio). Questo lavoro è partito dal nome di quella contea, sulla quale non riuscivo a trovar altre informazioni. Ci sono infatti un paio di pregevoli opere su Apecchio, ma gli accenni al castello di Montefiore (del cui territorio, dico per inciso, la fantomatica “Contea del Fumo” faceva parte) o ai signori di quel territorio sono generalmente confusi ed inadeguati a ricostruire la storia di questo remoto angolo della nostra Provincia. Ho così progressivamente delineato, grazie quasi esclusivamente a materiale d’archivio inedito (in buona parte conservato nell’Archivio di Stato di Pesaro), un quadro sufficientemente articolato di un interessante castello dell’Apecchiese, quasi ignoto alla storiografia locale. Naturalmente non tutti i dubbi sono stati sciolti né tutti gli avvenimenti sono stati esaurientemente approfonditi e spiegati: rimangono ampie zone d’ombra che forse col tempo saranno colmate da ricercatori con maggiori competenze ed abilità del sottoscritto. Ringrazio tutti coloro, specialmente il personale degli Archivi e delle Biblioteche, che mi hanno aiutato nella ricerca. Stefano Lancioni P.S. Nel riportare i passi in lingua latina o in italiano dei documenti utilizzati, ho sciolto tutte le abbreviazioni e normalizzato, secondo gli usi moderni, la grafia (punteggiatura, maiuscole, accenti, ecc.). 5 6 Capitolo I. Le aree feudali nel Ducato e nella Legazione di Urbino Il Ducato di Urbino, creato il 23 agosto 1474 da papa Sisto IV, che investì della dignità ducale Federico da Montefeltro (1474-1482) ed i suoi discendenti, in pratica coincideva con la somma delle città, delle terre e dei castelli che i Montefeltro avevano in momenti diversi occupato dal XIII secolo, ed il cui possesso era già stato a più riprese legalizzato dai pontefici stessi, con il vicariato apostolico concesso ad Antonio, Guidantonio ed Oddantonio (quest'ultimo ebbe anche l'investitura ducale nel 1443). Nel 1508 subentrò a Guidubaldo I da Montefeltro (1482-1508) il nipote Francesco Maria della Rovere (1508-1538), già signore di Senigallia e del Vicariato di Mondavio. Nel 1512 costui ottenne da papa Giulio II la città di Pesaro: in questo modo, con Senigallia e Gubbio, ma senza Fano (che non ne farà mai parte e si troverà circondata dai territori del Ducato) e senza alcuni territori minori (feudi situati lungo i confini o in prossimità di essi), il Ducato raggiunse l'estensione di circa 3500 kmq e i confini, grosso modo, dell’attuale provincia di Pesaro e Urbino. Dopo i governi di Guidubaldo II (1538-1574) e Francesco Maria II (1574-1631), entrambi appartenenti alla famiglia Della Rovere, il Ducato fu incorporato nello Stato della Chiesa, assumento la denominazione di “Legazione Apostolica di Urbino e Pesaro”. I distretti amministrativi I distretti amministrativi nel Ducato erano costituiti da città, terre, castelli, ville, e province. Le città erano sede di diocesi ed erano circondate da un territorio (contado), più o meno esteso, in cui diversi distretti amministrativi minori (terre, castelli e ville) non dipendevano dal Duca ma dalla città stessa. Nel Ducato di Urbino erano sette: Urbino, Pesaro, Gubbio, Cagli, Fossombrone, Senigallia, S. Leo (quest'ultima era sede di diocesi ma con un territorio esiguo, all'interno della provincia di Montefeltro). Le terre sono entità amministrative demograficamente inferiori alle città e religiosamente subordinate a queste ultime, ma anch'esse con statuti propri e un territorio meno esteso di quello cittadino, su cui esercitavano la loro supremazia1. Nel Ducato erano diciannove2, alcune dipendenti da città o inserite nelle province, altre autonome e dipendenti solo dal potere centrale. 1G. CHITTOLINI, Su alcuni aspetti dello stato di Federico, in G. Cerboni Baiardi, G. Chittolini, P. Floriani (a cura di), "Federico da Montefeltro. Lo Stato, le arti, la cultura", vol. I (Lo Stato), Roma 1986, pp. 61-102, alle pagg. 62-63. 2S. Angelo in Vado, Casteldurante, Pergola, Gradara, Mombaroccio, Mondavio, Orciano, Mondolfo, S. Costanzo, Fermignano, Cantiano, Valfabrica, Mercatello, Macerata, S. Agata, Sassocorvaro, Penna, Barchi e Tomba di Senigallia. 7 Anche i castelli (alcune centinaia nell’intera provincia: la struttura amministrativa di base dal Medioevo a tutta l’età moderna) avevano un loro territorio, generalmente di poche decine di kmq: alcuni dipendevano direttamente dal potere centrale; altri ricadevano sotto il governo di una città o di una terra. E’ da sottolineare che con tale denominazione non si intendeva quello che comunemente viene a noi ora in mente, cioè l’edificio castellano con ponte levatoio, torri, mura, ecc., ma il distretto amministrativo, comprendente una porzione di territorio di alcuni chilometri quadrati. Alcuni distretti avevano effettivamente al proprio interno un “castello”, cioè un luogo circondato da mura, all’interno del quale erano situate abitazioni, chiese, palazzi del potere, ma altri distretti non l’avevano più (perché distrutto anche secoli prima) o non l’avevano mai avuto (l’insediamento della popolazione era sparso). Le ville, nate nel Medioevo soprattutto in punti strategici (in pianura, vicino a ponti, presso incroci stradali) o derivate da castelli “declassati” (distrutti e/o degradati), erano entità territoriali coincidenti generalmente con una parrocchia. Non erano circondate da mura (come città, terre e castelli) e non avevano autonomia territoriale ed amministrativa: dipendevano in questi campi dal centro urbano gerarchicamente superiore (castello, terra o città) del cui territorio facevano a tutti gli effetti parte. La mancanza di centri cittadini in due ampie circoscrizioni montane, caratterizzate da una grande frammentazione dei distretti amministrativi, indipendenti da centri maggiori, e dalla difficoltà di collegamento sia tra i centri stessi sia tra questa zona ed il resto dello Stato, spinse i Duchi di Urbino a creare due province, affidate a “commissari” nominati dal Duca stesso, con compiti sia amministrativi sia giudiziari (erano giudici in seconda istanza nel territorio di loro pertinenza): il commissario della Provincia Feretrana ebbe sede dapprima a Montecerignone (“capoluogo” dei domini feltreschi nel Montefeltro già al tempo del conte Antonio), poi a S. Leo (unica città, sede vescovile, della zona); quello della Massa Trabaria a Casteldurante (Urbania) 3. Quest’ultimo in particolare aveva una zona di competenza piuttosto ampia4; in tale zona vicari, podestà e capitani (che si trovavano nelle principali comunità sottoposte al Commissario) erano giudici di prima istanza e rappresentavano il potere sovrano nei luoghi di rispettiva giurisdizione; il 3G. ALLEGRETTI, Istituzioni, società, economia in età moderna, in AAVV, “Il Montefeltro - Ambiente, storia, arte nelle alte valli del Foglia e del Conca”, Villa Verucchio 1995, pp.175-226, a pag. 176: "Più difficile, anche per la mancanza di studi specifici, resta definire l'istituzione in positivo: le competenze del parlamento feretrano (abolito definitivamente solo con la riforma del 1816), in periodo ducale estese anche all'annona, dopo la devoluzione tendono a limitarsi alla ripartizione dei pesi camerali e alla gestione funzionale dell'apparato di giustizia; e, quanto alla Massa, mancando di un organismo paragonabile al parlamento feretrano, si definisce solo come circoscrizione giudiziaria politicamente raccordata nella persona del commissario e pattugliata dalla squadra di birri agli ordini del bargello di campagna". Chittolini, Su alcuni aspetti, p. 94. 4Le comunità soggette alla provincia di Massa sono, nel 1736, le seguenti (riunite in vicariati o podesterie):Frontino (con Belforte, Torriola e Viano); Lamoli (con Borgo Pace, Castel de' Fabbri, Guinza, Montedale, Parchiule, Compiano, Mercatello, Castel della Pieve, Dese, Figiano, Palazzo de' Mucci, S. Martino, Valbona); Peglio (con Lunano); S. Angelo in Vado (con Baciuccaro, Metola, Monte MaJo e Sorbitolo); Sassocorvaro (con Valditeva); Urbania (F. CORRIDORE, La popolazione dello Stato Romano, 1656-1901, Roma 1906, passim). 8 Commissario, alle cui dipendenze stava, per l'esecuzione delle sentenze e la vigilanza sull'ordine pubblico, un certo numero di birri, comandati da un bargello di campagna, era anche, come detto, giudice di seconda istanza5. L’amministrazione Lo Stato di Urbino, costituitosi nell'arco di circa centocinquant'anni attraverso l'aggregazione progressiva di città, terre e castelli, in una zona amministrativamente divisa e in parte dipendente da centri esterni, si presentava al suo interno, almeno in un primo tempo, fortemente differenziato: i rapporti tra il signore e i vari "distretti amministrativi" che componevano il suo Stato erano infatti "regolati in perpetuo dai patti di dedizione e dai privilegi che confermano senza modificare le istituzioni amministrative e fiscali sviluppatesi nel periodo comunale"6. In pratica i vari nuclei territoriali (città con il loro territorio, terre, castelli) che lo componevano "erano approdati ad esso con le loro strutture di autogoverno, e con radicate tradizioni di autonomia, maturate e consolidate in una storia ormai antica,