MISTICI E MAGHI DEL TIBET (Alexandra David-Neel

Total Page:16

File Type:pdf, Size:1020Kb

MISTICI E MAGHI DEL TIBET (Alexandra David-Neel Alexandra David-Neel MISTICI E MAGHI DEL TIBET PREFAZIONE DELL’AUTRICE ALLA PRESENTE EDIZIONE ITALIANA Quando mi accinsi a visitare il Tibet, non fu, come molti possono credere, allo scopo di vedervi fenomeni bizzarri. Mi proponevo di stu­ diare sul luogo una deformazione particolare della dottrina buddista nella sua commistione con lo sciamanismo dei Peuns·. il lamaismo. Fu ’per caso’ che mi accadde nel corso delle mie peregrinazioni attra­ verso il Tibet, di assistere al prodursi di fatti straordinari. Ma più che sui fatti stessi, la mia attenzione si fermava sulla personalità di coloro che ne erano gli attori, e sulle idee che essi nutrivano a loro riguardo. La mia prima constatazione, abbastanza stupefacente, fu che i tibeta­ ni non credevano al ’soprannaturale’. Ogni fenomeno, essi pensavano, è il prodotto di un incontro di cause naturali, ma pochi sono i capaci di discernere quelle cause e meno ancora quelli capaci di manipolarle per produrre effetti speciali. Questa teoria mi fu esposta in seguito quando entrai in relazione con alcuni rappresentanti della 'intellighenzia’ tibetana, ma avevo già notato la attitudine di semplice gente del popolo verso fatti del genere che noi definiremmo ‘miracoloso. « E’ molto abile colui che sa fare cose si­ mili », essi dicevano. Il loro commento era tutto qui. Tuttavia durante i numerosi anni da me passati fra i tibetani dopo i miei primi contatti con loro riferiti nelle pagine che seguono, ho potuto veder ripetersi, seppur raramente, alcuni fatti del genere ’miracoloso’, come la telepatia a lunga distanza, la presenza di individui in luoghi do­ ve erano visti, mentre essi si trovavano, essendo pure visti, e si com­ portavano normalmente, in altri luoghi. Le condizioni particolari del clima del Tibet, la grande altitudine del territorio, le singolarità psicologiche proprie ai tibetani, sono forse al­ l’origine di tali manifestazioni? Sarebbe questo, per studiosi speciali­ sti di simili materie, un argomento degno delle loro investigazioni. E’ possibile, ed anche probabile, che i cambiamenti sopraggiunti nel Tibet; le miniere perforanti le montagne, l’agricoltura che trasforma 8 Prefazione le regioni incolte, la circolazione di veicoli su nuove strade costruite at­ traverso le foreste e i pascoli, e, più ancora, le modificazioni sopraggiun­ te nell’attitudine mentale dei tibetani verso i ’fenomeni’, influenzeranno grandemente la produzione di questi. Tuttavia, che uomini sprovvisti di ogni nozione scientifica d’origine occidentale, abbiano scartato ogni idea di 'soprannaturale’ e attribuito a cause puramente naturali i fatti anormali di cui essi erano i testimoni, non è questo un vero fenomeno? Digne, Alpi di Provenza, ottobre 1965. Mystiques et magiciens du Tibet, fu pubblicato la prima volta in Fran­ cia, a Parigi, ottenendo subito un grandissimo successo. Seguirono due edizioni inglesi, a Londra, una normale ed una popolare, per opera di due editori, John Lane e Penguin Books. Un’altra edizione inglese è ap­ parsa negli Stati Uniti. Edizioni in differenti lingue sono apparse in Germania, Olanda, Nor­ vegia, Svezia, Danimarca, Polonia, Cecoslovacchia, ed anche in Islanda. E’ uscita anche una precedente edizione italiana un poco diversa dalla presente. Infine in questo mese di ottobre 1965, nuove edizioni e riedizioni stanno per essere pubblicate negli Stati Uniti, nel Canada e in altri Paesi del Commowealth. INTRODUZIONE Per molti occidentali il Tibet è avvolto nel mistero. Il 'Paese delle Nevi’ è per loro il paese del Misterioso, del Fantastico, dell’Impos- sibile. Quali sovrumane potenze non sono state attribuite ai diversi tipi di lama, di maghi, di stregoni, di negromanti, di conoscitori del­ l’occulto i quali vivono in quelle altissime pianure che la natura e il deliberato proposito degli uomini hanno posto in uno splendido isola­ mento dal resto del mondo? Così si accettano come verità inconfutabili le più strane leggende. Sembra che in quel paese piante, uomini e bestie possano sottrarsi a loro piacimento alle leggi della fisica, della chimica, della fisiologia ed anche del più semplice buon senso. E’ perciò perfettamente naturale che studiosi abituati alla rigida disciplina del metodo sperimentale ascoltino queste storie con la con­ discendenza e la divertita attenzione che si presterebbero a racconti di fate. Questo era il mio atteggiamento mentale sino al giorno in cui ebbi la ventura di conoscere la signora Alexandra David-Neel. La famosa e coraggiosa esploratrice del Tibet, assomma in sé tutte le qualità fisiche, morali ed intellettuali che deve appunto possedere chi voglia trattare un simile argomento, e tengo a dirlo anche se do­ vesse soffrirne la sua modestia. La signora David-Neel comprende, scrive e parla tutti i dialetti ti­ betani. Essa ha trascorso quattordici anni consecutivi in quel paese e nelle regioni limitrofe; è buddista professante, perciò è stata capace di conquistare la fiducia di molti importanti lama. Suo figlio adottivo è un autentico lama; lei stessa ha fatto le esperienze delle quali parla, ed è divenuta, come lei stessa dice, una perfetta asiatica e — ciò è an­ cora più importante per un esploratore di un paese inaccessibile ai viaggiatori stranieri — tale è riconosciuta da coloro in mezzo ai quali ha vissuto. Questa asiatica, questa tibetana perfetta è tuttavia rimasta occiden­ tale, ma un’occidentale seguace di Cartesio e di Claude Bernard, 10 Introduzione praticante il dubbio filosofico del primo, che deve essere, a detta del secondo, il guanciale del saggio. Libera da ogni preconcetto, senza nes­ suna prevenzione dottrinaria e dogmatica, la signora David-Neel ha osservato le cose del Tibet con spirito indipendente ed imparziale. Le conferenze che, come professore del Collège de France e succes­ sore del mio maestro Claude Bernard, le chiesi di tenere, furono con­ cluse dalla signora David-Neel con queste parole: « Tutte le cose che hanno attinenza, sia vicina che lontana, con fe­ nomeni psichici e con l’azione di forze psichiche in generale, devono essere studiate proprio come una qualunque altra scienza. Non vi è nulla di miracoloso o di sovrannaturale in esse, niente che possa gene­ rare e nutrire alcuna superstizione. L’addestramento psichico razionale e scientificamente condotto può portare a utili risultati. Ecco perché le informazioni raccolte a proposito di questo addestramento — anche se condotto empiricamente e basato su teorie alle quali non sempre pos­ siamo dare la nostra approvazione — costituiscono una chiara, utile documentazione degna della nostra attenzione ». Qui, evidentemente, siamo di fronte ad un vero e proprio determi­ nismo scientifico, tanto lontano dallo scetticismo quanto dalla cieca credulità. Gli studi della signora David-Neel interesseranno gli orientalisti, gli psicologi ed anche i fisiologi. A. D’Arsonval Membro dell’Acadèmie des Sciences e dell’Acadèmie de Médecine. Professore del Collège de France. Presidente del- l’Institut Général Psychologique. INTRODUZIONE DELL’AUTRICE ALLA PRIMA EDIZIONE Immediatamente dopo la pubblicazione del resoconto del mio viag­ gio a Lhasa, molti, sia negli articoli dedicati al mio libro, sia privata- mente, hanno espresso il desiderio di conoscere come mi è capitato di andare a vivere tra i lama, e di essere meglio informati sulle dottrine e sulle pratiche dei mistici e degli occultisti del Tibet. In questo libro tento di soddisfare la loro benevola curiosità. Questo compito, tuttavia comporta alcune difficoltà per via del poco spazio a mia disposizione. Per rispondere alle domande di diverso ordine che mi sono state ri­ volte, ho cominciato col descrivere le circostanze che mi misero in con­ tatto con il mondo religioso lamaista e con quello delle varie specie di maghi o stregoni che vi gravitano intorno. Poi ho cercato di mettere insieme un certo numero di fatti salienti che concernono le teorie, occulte o mistiche, e le pratiche d’addestra­ mento psichico dei tibetani. Ogni volta che nel ricco materiale dei miei ricordi è affiorato qualche fatto che vi si riferisse l’ho raccontato. Non è questo dunque un gior­ nale di viaggio né l’argomento si presterebbe. Nel corso delle mie indagini le informazioni ottenute in un certo giorno, non sono state completate se non parecchi mesi o addirittura pa­ recchi anni dopo. Soltanto offrendo i risultati conclusivi delle informa­ zioni raccolte in diversi luoghi e tempi si può sperare di dare un’idea adeguata sull’argomento che mi sono proposta di trattare. E’ nelle mie intenzioni, del resto, parlare del misticismo e della filo­ sofia dei tibetani in una mia successiva opera che sarà di carattere tecnico. Come nel mio precedente libro Voyage d’une Parisienne à Lhassa, i nomi tibetani sono di solito trascritti foneticamente. I pochi casi in cui è stata usata l’ortografia tibetana darà dimostrazione come questa diffe­ risca dalla corretta pronunzia.1 A. D. N. 1 Anche nell’edizione italiana abbiamo usato la trascrizione fonetica, che del resto differisce inevitabilmente dalla corretta pronuncia tibetana. Per il suono sc si è usata la grafia inglese sh, come in scena; ch si legge sempre come c in cena o ciocca. 1 Il Tibet e i lama L’Himalaya, anticamera del Tibet. — Primo contatto con il lamaismo e con i suoi adepti. — Conversazioni con il Dalai-lama. — La morte e Val di là secondo i tibetani. — Le peregrinazioni dei defunti e le loro disavventure. Stre­ goni all’opera. — Storia di un lama ignorante che ri­ nacque come un asino malgrado la devozione di un san­ t’uomo che si sforzò di offrirgli l’occasione di una nascita umana. — Colpo d’occhio sulla terra tibetana. — Visita a un lama contemplativo. — Lascio l’Himalaya. « Bene, allora siamo intesi. Vi lascio Dawasandup quale interprete. Lui vi accompagnerà a Gangtok ». E’ un uomo, colui che parla? Questo piccolo essere dalla pelle gialla, impaludato in un broccato arancione, una stella di diamanti sul copri­ capo, non è piuttosto un genio venuto giù dalle montagne che ci cir­ condano? Dicono sia un 'lama incarnato' e principe ereditario di un trono hima­ layano; ma per il momento dubito della sua realtà.
Recommended publications
  • Studies in Central & East Asian Religions Volume 9 1996
    Studies in Central & East Asian Religions Volume 9 1996 CONTENTS Articles Xu WENKAN: The Tokharians and Buddhism……………………………………………... 1 Peter SCHWEIGER: Schwarze Magie im tibetischen Buddhismus…………………….… 18 Franz-Karl EHRHARD: Political and Ritual Aspects of the Search for Himalayan Sacred Lands………………………………………………………………………………. 37 Gabrielle GOLDFUβ: Binding Sūtras and Modernity: The Life and Times of the Chinese Layman Yang Wenhui (1837–1911)………………………………………………. 54 Review Article Hubert DECLEER: Tibetan “Musical Offerings” (Mchod-rol): The Indispensable Guide... 75 Forum Lucia DOLCE: Esoteric Patterns in Nichiren’s Thought…………………………………. 89 Boudewijn WALRAVEN: The Rediscovery of Uisang’s Ch’udonggi…………………… 95 Per K. SØRENSEN: The Classification and Depositing of Books and Scriptures Kept in the National Library of Bhutan……………………………………………………….. 98 Henrik H. SØRENSEN: Seminar on the Zhiyi’s Mohe zhiguan in Leiden……………… 104 Reviews Schuyler Jones: Tibetan Nomads: Environment, Pastoral Economy and Material Culture (Per K. Sørensen)…………………………………………………………………. 106 [Ngag-dbang skal-ldan rgya-mtsho:] Shel dkar chos ’byung. History of the “White Crystal”. Religion and Politics of Southern La-stod. Translated by Pasang Wangdu and Hildegard Diemberger (Per K. Sørensen)………………………………………… 108 Blondeau, Anne-Marie and Steinkellner, Ernst (eds.): Reflections of the Mountains. Essays on the History and Social Meaning of the Cult in Tibet and the Himalayas (Per K. Sørensen)…………………………………………………………………………. 110 Wisdom of Buddha: The Saṃdhinirmocana Mahāyāna Sūtra (Essential Questions and Direct Answers for Realizing Enlightenment). Transl. by John Powers (Henrik H. Sørensen)………………………………………………. 112 Japanese Popular Deities in Prints and Paintings: A Catalogue of the Exhibition (Henrik H. Sørensen)…………………………………………………………………………. 113 Stephen F. Teiser, The Scripture on the Ten Kings and the Making of Purgatory in Medieval Chinese Buddhism (Henrik H.
    [Show full text]
  • Kelet-Ázsiai Duplanádas Hangszerek És a Hichiriki Használata a 20
    Liszt Ferenc Zeneművészeti Egyetem 28. számú művészet- és művelődéstörténeti tudományok besorolású doktori iskola KELET-ÁZSIAI DUPLANÁDAS HANGSZEREK ÉS A HICHIRIKI HASZNÁLATA A 20. SZÁZADI ÉS A KORTÁRS ZENÉBEN SALVI NÓRA TÉMAVEZETŐ: JENEY ZOLTÁN DLA DOKTORI ÉRTEKEZÉS 2011 SALVI NÓRA KELET-ÁZSIAI DUPLANÁDAS HANGSZEREK ÉS A HICHIRIKI HASZNÁLATA A 20. SZÁZADI ÉS A KORTÁRS ZENÉBEN DLA DOKTORI ÉRTEKEZÉS 2011 Absztrakt A disszertáció megírásában a fő motiváció a hiánypótlás volt, hiszen a kelet-ázsiai régió duplanádas hangszereiről nincs átfogó, ismeretterjesztő tudományos munka sem magyarul, sem más nyelveken. A hozzáférhető irodalom a teljes témának csak egyes részeit öleli fel és többnyire valamelyik kelet-ázsiai nyelven íródott. A disszertáció második felében a hichiriki (japán duplanádas hangszer) és a kortárs zene viszonya kerül bemutatásra, mely szintén aktuális és eleddig fel nem dolgozott téma. A hichiriki olyan hangszer, mely nagyjából eredeti formájában maradt fenn a 7. századtól napjainkig. A hagyomány előírja, hogy a viszonylag szűk repertoárt pontosan milyen módon kell előadni, és ez az előadásmód több száz éve gyakorlatilag változatlannak tekinthető. Felmerül a kérdés, hogy egy ilyen hangszer képes-e a megújulásra, integrálható-e a 20. századi és a kortárs zenébe. A dolgozat első részében a hozzáférhető szakirodalom segítségével a szerző áttekintést nyújt a duplanádas hangszerekről, bemutatja a két alapvető duplanádas hangszertípust, a hengeres és kúpos furatú duplanádas hangszereket, majd részletesen ismerteti a kelet-ázsiai régió duplanádas hangszereit és kitér a hangszerek akusztikus tulajdonságaira is. A dolgozat második részéhez a szerző összegyűjtötte a fellelhető, hichiriki-re íródott 20. századi és kortárs darabok kottáit és hangfelvételeit, és ezek elemzésével mutat rá a hangszerjáték új vonásaira. A művek elemzése rávilágít arra, hogy a hangszer, melynek több, mint ezer éven át változatlan tradíciója volt, melyen egyféle játékmóddal játszottak egyféle zenét, ma él és virágzik, új irodalma van és játékmódja számos játéktechnikával bővült.
    [Show full text]
  • Download (12MB)
    10.18132/LFZE.2012.21 Liszt Ferenc Zeneművészeti Egyetem 28. számú művészet- és művelődéstörténeti tudományok besorolású doktori iskola KELET-ÁZSIAI DUPLANÁDAS HANGSZEREK ÉS A HICHIRIKI HASZNÁLATA A 20. SZÁZADI ÉS A KORTÁRS ZENÉBEN SALVI NÓRA TÉMAVEZETŐ: JENEY ZOLTÁN DLA DOKTORI ÉRTEKEZÉS 2011 10.18132/LFZE.2012.21 SALVI NÓRA KELET-ÁZSIAI DUPLANÁDAS HANGSZEREK ÉS A HICHIRIKI HASZNÁLATA A 20. SZÁZADI ÉS A KORTÁRS ZENÉBEN DLA DOKTORI ÉRTEKEZÉS 2011 Absztrakt A disszertáció megírásában a fő motiváció a hiánypótlás volt, hiszen a kelet-ázsiai régió duplanádas hangszereiről nincs átfogó, ismeretterjesztő tudományos munka sem magyarul, sem más nyelveken. A hozzáférhető irodalom a teljes témának csak egyes részeit öleli fel és többnyire valamelyik kelet-ázsiai nyelven íródott. A disszertáció második felében a hichiriki (japán duplanádas hangszer) és a kortárs zene viszonya kerül bemutatásra, mely szintén aktuális és eleddig fel nem dolgozott téma. A hichiriki olyan hangszer, mely nagyjából eredeti formájában maradt fenn a 7. századtól napjainkig. A hagyomány előírja, hogy a viszonylag szűk repertoárt pontosan milyen módon kell előadni, és ez az előadásmód több száz éve gyakorlatilag változatlannak tekinthető. Felmerül a kérdés, hogy egy ilyen hangszer képes-e a megújulásra, integrálható-e a 20. századi és a kortárs zenébe. A dolgozat első részében a hozzáférhető szakirodalom segítségével a szerző áttekintést nyújt a duplanádas hangszerekről, bemutatja a két alapvető duplanádas hangszertípust, a hengeres és kúpos furatú duplanádas hangszereket, majd részletesen ismerteti a kelet-ázsiai régió duplanádas hangszereit és kitér a hangszerek akusztikus tulajdonságaira is. A dolgozat második részéhez a szerző összegyűjtötte a fellelhető, hichiriki-re íródott 20. századi és kortárs darabok kottáit és hangfelvételeit, és ezek elemzésével mutat rá a hangszerjáték új vonásaira.
    [Show full text]
  • Tibet Chic: Myth, Marketing, Spirituality and Politics in Musical
    “TIBET CHIC”: MYTH, MARKETING, SPIRITUALITY AND POLITICS IN MUSICAL REPRESENTATIONS OF TIBET IN THE UNITED STATES by Darinda J. Congdon BM, Baylor, 1997 MA, University of Pittsburgh, 2002 Submitted to the Graduate Faculty of the School of Arts and Sciences in partial fulfillment of the requirements for the degree of Doctor of Philosophy University of Pittsburgh 2007 UNIVERSITY OF PITTSBURGH FACULTY OF ARTS AND SCIENCES This dissertation was presented by Darinda Congdon It was defended on April 18, 2007 and approved by Dr. Nicole Constable Dr. Evelyn S. Rawski Dr. Deane L. Root Dr. Andrew N. Weintraub Dr. Bell Yung Dissertation Director ii Copyright © by Darinda Congdon 2007 iii “TIBET CHIC”: MYTH, MARKETING, SPIRITUALITY AND POLITICS IN MUSICAL REPRESENTATIONS OF TIBET IN THE UNITED STATES Darinda Congdon, PhD University of Pittsburgh, 2007 This dissertation demonstrates that Tibetan music in the United States is directly related to multiple Western representations of Tibet in the United States, perpetuated from the 1800s to the present, and that these representations are actively utilized to market Tibetan music. These representations have also impacted the types of sounds most often used to musically represent Tibet in the United States in unexpected ways. This study begins with the question, “What is Tibetan music in the United States?” It then examines Tibetan music in the United States from a historical, political, spiritual and economic perspective to answer that question. As part of this investigation, historical sources, marketing sources, New Age religion, the New York Times, and over one hundred recordings are examined. This work also applies marketing theory to demonstrate that “Tibet” has become a term in American culture that acts as a brand and is used to sell music and other products.
    [Show full text]
  • The Oboe Works of Richard Dubugnon Katherine Elizabeth Woolsey
    Florida State University Libraries Electronic Theses, Treatises and Dissertations The Graduate School 2012 The Oboe Works of Richard Dubugnon Katherine Elizabeth Woolsey Follow this and additional works at the FSU Digital Library. For more information, please contact [email protected] THE FLORIDA STATE UNIVERSITY COLLEGE OF MUSIC THE OBOE WORKS OF RICHARD DUBUGNON By KATHERINE ELIZABETH WOOLSEY A Treatise submitted to the College of Music in partial fulfillment of the requirements for the degree of Doctor of Music Degree Awarded: Spring Semester, 2012 Katherine Elizabeth Woolsey defended this treatise on March 13, 2012. The members of the supervisory committee were: Eric Ohlsson Professor Directing Treatise Richard Clary University Representative Deborah Bish Committee Member Jeffrey Keesecker Committee Member The Graduate School has verified and approved the above-named committee members, and certifies that the treatise has been approved in accordance with university requirements. ii This treatise is dedicated in loving memory to Charlene Chamberlin and William Chandler. iii ACKNOWLEDGEMENTS I would like to thank composer Richard Dubugnon for allowing me to write about his wonderful contributions to the oboe repertoire, for his willingness to provide in-depth information on his works – including never before discussed theoretical elements – and his patience as we collaborated from two different continents. I would like to thank Monsieur Dubugnon, Héctor Colón of Edition Peters, and Robert Milanccio of MBG Hal Leonard for granting me permission to reproduce excerpts from copyrighted works (See Appendices A, B, and C). I would like to thank my advisor, Dr. Eric Ohlsson, for his support and wisdom not only in preparing this treatise, but throughout the years as an outstanding teacher and musical role model.
    [Show full text]
  • The Drum Patterns of the Nepal Tibetan Lhamo Association
    PERCUSSION PATTERNS IN LHAMO: THE DRUM PATTERNS OF THE NEPAL TIBETAN LHAMO ASSOCIATION Author: Bernard Kleikamp Master Thesis Asian Studies Leiden University, 10th December 2019 Student number: 1000241 Contents p. 2 1. Introduction p. 3 2. Rhythm in Tibetan Music p. 8 3. Organology of drum and cymbals p. 11 4. Lineage and Oral Tradition p. 17 5. Percussion patterns at NTLA p. 23 6. Fieldwork: inventarisation of the percussion patterns p. 27 7. Conclusions p. 40 Sources p. 42 Photo captions p. 45 Appendix 1: Names of Lhamo drum patterns used at NTLA, in Tibetan, Wylie transcriptions, and English. p. 46 Appendix 2: Selection of percussion pattern sound tracks for CD p. 47 2 Introduction Lhamo, in the West called Tibetan Opera, is a form of total theatre combining dance, song, recitation, colorful costumes, music, and few props, that traditionally is performed—at least since the mid-17th century—in the open air in Tibetan communities after harvest and at festive days. Within lhamo a number of conventions exist, one of which is the convention of percussion patterns. The musical accompaniment of lhamo is done by two musicians, one of whom plays a drum (rnga) and another who plays cymbals (rol mo). These instruments, incidentally, are identical in name and shape to the instruments played in Tibetan-Buddhist religious music (see photo 2). The drummer in lhamo performance is the "master of ceremonies". By means of drum pattern variations, he Photo 2: Monks playing rnga drums and rol mo cymbals at Palyul Ösel Gompa. indicates and controls which character(s) go on and off stage and when and how they move on stage.
    [Show full text]
  • Clearfield Article.Pmd
    Journey to the Top of the World ANDREA CLEARFIELD Composing music can transport one to far reaches of the given our horses and began the trek—starting out in the imagination. Commissions often inspire me to explore places, river bed of the Kali Gandaki, the deepest river gorge in the subjects, sounds, and spaces that I might never have imag- world, which runs between Mt. Dhaulagiri (8167m) and the ined, musical and otherwise. However, I had no way of know- Annapurna (8091m) ranges. In the river we found saligram, ing that my life would change as a result of a collaborative 150 million year-old black ammonite fossils, sacred to the commission with a visual artist that would lead me to the top Hindus as a manifestation of the god Vishnu. of the world. We spent long days on horseback traveling high into In 2008, Linda Reichert, artistic director of Network for the stark mountains. Although a passionate trekker, having New Music, one of Philadelphia’s premiere new music en- spent over two dozen summers at high altitudes in the Rocky sembles, had a vision to create a season devoted to pairing Mountains, I had not been on a horse since my early teens music and the visual arts entitled “MIX.” I was one of the in summer camp. It was not an easy trip. My belligerent composers commissioned and was paired with Philadelphia horse, whom I nicknamed “Wildfire,” had a mind of his own painter Maureen Drdak, whose fascinating and dynamic work and preferred precari- I had admired for years.
    [Show full text]
  • Medieval Instruments
    Medieval Instruments A Wikipedia Compilation by Michael A. Linton Contents 1 Adufe 1 1.1 History ................................................. 1 1.2 Features ................................................ 2 1.3 See also ................................................ 2 1.4 References ............................................... 2 2 Piffero 3 2.1 Other uses of the term piffero ..................................... 4 2.2 Notes ................................................. 4 2.3 External links ............................................. 4 3 Citole 6 3.1 British Museum citole ......................................... 6 3.2 External links ............................................. 6 3.3 References ............................................... 6 4 Crumhorn 8 4.1 Terminology .............................................. 8 4.2 Description .............................................. 9 4.3 Different sizes ............................................. 9 4.4 Literature for crumhorn ........................................ 9 4.5 References .............................................. 9 4.6 Sources ................................................ 9 4.7 Further reading ............................................ 10 4.8 External links ............................................. 10 4.8.1 Media ............................................. 10 4.8.2 Encyclopedias ......................................... 10 5 Cymbal 11 5.1 Etymology .............................................. 11 5.2 Anatomy ..............................................
    [Show full text]