MISTICI E MAGHI DEL TIBET (Alexandra David-Neel

MISTICI E MAGHI DEL TIBET (Alexandra David-Neel

Alexandra David-Neel MISTICI E MAGHI DEL TIBET PREFAZIONE DELL’AUTRICE ALLA PRESENTE EDIZIONE ITALIANA Quando mi accinsi a visitare il Tibet, non fu, come molti possono credere, allo scopo di vedervi fenomeni bizzarri. Mi proponevo di stu­ diare sul luogo una deformazione particolare della dottrina buddista nella sua commistione con lo sciamanismo dei Peuns·. il lamaismo. Fu ’per caso’ che mi accadde nel corso delle mie peregrinazioni attra­ verso il Tibet, di assistere al prodursi di fatti straordinari. Ma più che sui fatti stessi, la mia attenzione si fermava sulla personalità di coloro che ne erano gli attori, e sulle idee che essi nutrivano a loro riguardo. La mia prima constatazione, abbastanza stupefacente, fu che i tibeta­ ni non credevano al ’soprannaturale’. Ogni fenomeno, essi pensavano, è il prodotto di un incontro di cause naturali, ma pochi sono i capaci di discernere quelle cause e meno ancora quelli capaci di manipolarle per produrre effetti speciali. Questa teoria mi fu esposta in seguito quando entrai in relazione con alcuni rappresentanti della 'intellighenzia’ tibetana, ma avevo già notato la attitudine di semplice gente del popolo verso fatti del genere che noi definiremmo ‘miracoloso. « E’ molto abile colui che sa fare cose si­ mili », essi dicevano. Il loro commento era tutto qui. Tuttavia durante i numerosi anni da me passati fra i tibetani dopo i miei primi contatti con loro riferiti nelle pagine che seguono, ho potuto veder ripetersi, seppur raramente, alcuni fatti del genere ’miracoloso’, come la telepatia a lunga distanza, la presenza di individui in luoghi do­ ve erano visti, mentre essi si trovavano, essendo pure visti, e si com­ portavano normalmente, in altri luoghi. Le condizioni particolari del clima del Tibet, la grande altitudine del territorio, le singolarità psicologiche proprie ai tibetani, sono forse al­ l’origine di tali manifestazioni? Sarebbe questo, per studiosi speciali­ sti di simili materie, un argomento degno delle loro investigazioni. E’ possibile, ed anche probabile, che i cambiamenti sopraggiunti nel Tibet; le miniere perforanti le montagne, l’agricoltura che trasforma 8 Prefazione le regioni incolte, la circolazione di veicoli su nuove strade costruite at­ traverso le foreste e i pascoli, e, più ancora, le modificazioni sopraggiun­ te nell’attitudine mentale dei tibetani verso i ’fenomeni’, influenzeranno grandemente la produzione di questi. Tuttavia, che uomini sprovvisti di ogni nozione scientifica d’origine occidentale, abbiano scartato ogni idea di 'soprannaturale’ e attribuito a cause puramente naturali i fatti anormali di cui essi erano i testimoni, non è questo un vero fenomeno? Digne, Alpi di Provenza, ottobre 1965. Mystiques et magiciens du Tibet, fu pubblicato la prima volta in Fran­ cia, a Parigi, ottenendo subito un grandissimo successo. Seguirono due edizioni inglesi, a Londra, una normale ed una popolare, per opera di due editori, John Lane e Penguin Books. Un’altra edizione inglese è ap­ parsa negli Stati Uniti. Edizioni in differenti lingue sono apparse in Germania, Olanda, Nor­ vegia, Svezia, Danimarca, Polonia, Cecoslovacchia, ed anche in Islanda. E’ uscita anche una precedente edizione italiana un poco diversa dalla presente. Infine in questo mese di ottobre 1965, nuove edizioni e riedizioni stanno per essere pubblicate negli Stati Uniti, nel Canada e in altri Paesi del Commowealth. INTRODUZIONE Per molti occidentali il Tibet è avvolto nel mistero. Il 'Paese delle Nevi’ è per loro il paese del Misterioso, del Fantastico, dell’Impos- sibile. Quali sovrumane potenze non sono state attribuite ai diversi tipi di lama, di maghi, di stregoni, di negromanti, di conoscitori del­ l’occulto i quali vivono in quelle altissime pianure che la natura e il deliberato proposito degli uomini hanno posto in uno splendido isola­ mento dal resto del mondo? Così si accettano come verità inconfutabili le più strane leggende. Sembra che in quel paese piante, uomini e bestie possano sottrarsi a loro piacimento alle leggi della fisica, della chimica, della fisiologia ed anche del più semplice buon senso. E’ perciò perfettamente naturale che studiosi abituati alla rigida disciplina del metodo sperimentale ascoltino queste storie con la con­ discendenza e la divertita attenzione che si presterebbero a racconti di fate. Questo era il mio atteggiamento mentale sino al giorno in cui ebbi la ventura di conoscere la signora Alexandra David-Neel. La famosa e coraggiosa esploratrice del Tibet, assomma in sé tutte le qualità fisiche, morali ed intellettuali che deve appunto possedere chi voglia trattare un simile argomento, e tengo a dirlo anche se do­ vesse soffrirne la sua modestia. La signora David-Neel comprende, scrive e parla tutti i dialetti ti­ betani. Essa ha trascorso quattordici anni consecutivi in quel paese e nelle regioni limitrofe; è buddista professante, perciò è stata capace di conquistare la fiducia di molti importanti lama. Suo figlio adottivo è un autentico lama; lei stessa ha fatto le esperienze delle quali parla, ed è divenuta, come lei stessa dice, una perfetta asiatica e — ciò è an­ cora più importante per un esploratore di un paese inaccessibile ai viaggiatori stranieri — tale è riconosciuta da coloro in mezzo ai quali ha vissuto. Questa asiatica, questa tibetana perfetta è tuttavia rimasta occiden­ tale, ma un’occidentale seguace di Cartesio e di Claude Bernard, 10 Introduzione praticante il dubbio filosofico del primo, che deve essere, a detta del secondo, il guanciale del saggio. Libera da ogni preconcetto, senza nes­ suna prevenzione dottrinaria e dogmatica, la signora David-Neel ha osservato le cose del Tibet con spirito indipendente ed imparziale. Le conferenze che, come professore del Collège de France e succes­ sore del mio maestro Claude Bernard, le chiesi di tenere, furono con­ cluse dalla signora David-Neel con queste parole: « Tutte le cose che hanno attinenza, sia vicina che lontana, con fe­ nomeni psichici e con l’azione di forze psichiche in generale, devono essere studiate proprio come una qualunque altra scienza. Non vi è nulla di miracoloso o di sovrannaturale in esse, niente che possa gene­ rare e nutrire alcuna superstizione. L’addestramento psichico razionale e scientificamente condotto può portare a utili risultati. Ecco perché le informazioni raccolte a proposito di questo addestramento — anche se condotto empiricamente e basato su teorie alle quali non sempre pos­ siamo dare la nostra approvazione — costituiscono una chiara, utile documentazione degna della nostra attenzione ». Qui, evidentemente, siamo di fronte ad un vero e proprio determi­ nismo scientifico, tanto lontano dallo scetticismo quanto dalla cieca credulità. Gli studi della signora David-Neel interesseranno gli orientalisti, gli psicologi ed anche i fisiologi. A. D’Arsonval Membro dell’Acadèmie des Sciences e dell’Acadèmie de Médecine. Professore del Collège de France. Presidente del- l’Institut Général Psychologique. INTRODUZIONE DELL’AUTRICE ALLA PRIMA EDIZIONE Immediatamente dopo la pubblicazione del resoconto del mio viag­ gio a Lhasa, molti, sia negli articoli dedicati al mio libro, sia privata- mente, hanno espresso il desiderio di conoscere come mi è capitato di andare a vivere tra i lama, e di essere meglio informati sulle dottrine e sulle pratiche dei mistici e degli occultisti del Tibet. In questo libro tento di soddisfare la loro benevola curiosità. Questo compito, tuttavia comporta alcune difficoltà per via del poco spazio a mia disposizione. Per rispondere alle domande di diverso ordine che mi sono state ri­ volte, ho cominciato col descrivere le circostanze che mi misero in con­ tatto con il mondo religioso lamaista e con quello delle varie specie di maghi o stregoni che vi gravitano intorno. Poi ho cercato di mettere insieme un certo numero di fatti salienti che concernono le teorie, occulte o mistiche, e le pratiche d’addestra­ mento psichico dei tibetani. Ogni volta che nel ricco materiale dei miei ricordi è affiorato qualche fatto che vi si riferisse l’ho raccontato. Non è questo dunque un gior­ nale di viaggio né l’argomento si presterebbe. Nel corso delle mie indagini le informazioni ottenute in un certo giorno, non sono state completate se non parecchi mesi o addirittura pa­ recchi anni dopo. Soltanto offrendo i risultati conclusivi delle informa­ zioni raccolte in diversi luoghi e tempi si può sperare di dare un’idea adeguata sull’argomento che mi sono proposta di trattare. E’ nelle mie intenzioni, del resto, parlare del misticismo e della filo­ sofia dei tibetani in una mia successiva opera che sarà di carattere tecnico. Come nel mio precedente libro Voyage d’une Parisienne à Lhassa, i nomi tibetani sono di solito trascritti foneticamente. I pochi casi in cui è stata usata l’ortografia tibetana darà dimostrazione come questa diffe­ risca dalla corretta pronunzia.1 A. D. N. 1 Anche nell’edizione italiana abbiamo usato la trascrizione fonetica, che del resto differisce inevitabilmente dalla corretta pronuncia tibetana. Per il suono sc si è usata la grafia inglese sh, come in scena; ch si legge sempre come c in cena o ciocca. 1 Il Tibet e i lama L’Himalaya, anticamera del Tibet. — Primo contatto con il lamaismo e con i suoi adepti. — Conversazioni con il Dalai-lama. — La morte e Val di là secondo i tibetani. — Le peregrinazioni dei defunti e le loro disavventure. Stre­ goni all’opera. — Storia di un lama ignorante che ri­ nacque come un asino malgrado la devozione di un san­ t’uomo che si sforzò di offrirgli l’occasione di una nascita umana. — Colpo d’occhio sulla terra tibetana. — Visita a un lama contemplativo. — Lascio l’Himalaya. « Bene, allora siamo intesi. Vi lascio Dawasandup quale interprete. Lui vi accompagnerà a Gangtok ». E’ un uomo, colui che parla? Questo piccolo essere dalla pelle gialla, impaludato in un broccato arancione, una stella di diamanti sul copri­ capo, non è piuttosto un genio venuto giù dalle montagne che ci cir­ condano? Dicono sia un 'lama incarnato' e principe ereditario di un trono hima­ layano; ma per il momento dubito della sua realtà.

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