Alle Origini Di Minerva Trionfante. Caserta E L'utopia Di S. Leucio. La
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DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI Servizio III - Studi e ricerca Direttore generale per gli archivi: Rossana Rummo Direttore del Servizio III: Mauro Tosti Croce Il volume, frutto di una convezione con la Direzione generale per gli archivi, ha usufruito del contributo della Facoltà di Studi Politici J. Monnet della Seconda Università degli Studi di Napoli, del Dipartimento di Studi Europei e Mediterranei, del Centro Studi di Storia e documentazione storica J. Monnet della Se- conda Università degli Studi di Napoli e del contributo della Regione Campania POR FESR 2007-2013 (progetto di ricerca: Valorizzazione del fondo archivistico su S. Leucio nell’archivio della Reale Ammini- strazione dello Stato di Caserta sito nella Reggia di Caserta, presentato dalla Facoltà di Studi Politici “J. Monnet” della Seconda Università degli Studi di Napoli) © 2012 Ministero per i beni e le attività culturali Direzione generale per gli archivi ISBN 978-88-7125-317-6 Stampato nel mese di giugno 2012 a cura della Tipografia Gutenberg S.r.l. - Fisciano (SA) PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO SAGGI 105 ALLE ORIGINI DI MINERVA TRIONFANTE Caserta e l’utopia di S. Leucio. La costruzione dei Siti Reali borbonici a cura di IMMA ASCIONE, GIUSEPPE CIRILLO E GIAN MARIA PICCINELLI MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI ROMA 2012 Responsabile scientifico del progetto: Giuseppe Cirillo Comitato scientifico: Giuseppe Galasso, Aurelio Musi, Francesco Barra, Salvatore Ciriacono, Luigi Mascilli Migliorini, Aurelio Cernigliaro, Rosanna Cioffi, Gian Maria Piccinelli, Gregorio Angelini, Antonio Dentoni-Litta, Mauro Tosti Croce, Imma Ascione, Maria Luisa Storchi, Cosimo Rummo Responsabile della redazione: Maria Anna Noto Redazione: Ugo della Monica, Angelo Di Falco, Claudio Meo, Giuseppe Rescigno La collana è provvista di referees anonimi italiani e stranieri Hanno collaborato al progetto: Seconda Università degli Studi di Napoli Giuseppe Cirillo, Lanfranco Cirillo, Fabio Converti, Angelo Di Falco, Elvira Falivene, Amalia Franciosi, Diego Lazzarich, Gian Maria Piccinelli, Elvira Romano, Carmen Saggiomo, Antonio Tisci, Rosanna Verde, Paola Viviani, Nadia Verdile Università degli Studi di Napoli, Federico II Gianfranco Borrelli, Aldo Di Biasio Università di Salerno Francesco Barra, Ugo Della Monica, Aurelio Musi, Maria Anna Noto, Giuseppe Rescigno, Claudio Meo Università di Chieti-Pescara Giovanni Brancaccio, Marco Trotta Biblioteca Centrale dell’Università di Salerno Marcello Andria (direttore), Angelina Pinto (capo ufficio acquisizioni), Patrizia De Martino (capo ufficio catalogazioni) Archivio di Stato di Avellino Gerardina Rita De Lucia (direttore) Archivio di Stato di Benevento Valeria Taddeo (direttore), Palma Stella Polcaro, Giuseppe Losanno, Ornella Colarusso, Albina Cerleglia Archivio di Stato di Caserta Aldo Santamaria (direttore) Archivio di Stato di Napoli Imma Ascione (direttore), Caterina Esposito, Daniela Ricci Archivio di Stato di Salerno Imma Ascione (direttore), Renato Dentoni Litta, Maria Teresa Schiavino, Biancamaria Trotta, Silvana Sciarrotta Archivio di Stato di Roma Maria Antonietta Quesada, Luisa Salvatori, Lucia D’Amico Consorzio-Osservatorio Appennino Meridionale (Università di Salerno) Raffaele Beato, Orsolina della Queva, Eduardo Martuscelli PREFAZIONE In una misura che era largamente lecito attendersi vuoi per l’oggettiva, persi- stente rilevanza del tema nell’ambito della storia italiana, vuoi per le ragioni evi- denti della situazione contingente, le discussioni che hanno accompagnato l’anno centocinquantenario dell’unità nazionale si sono fortemente polarizzate sul rappor- to Nord-Sud. In misura rilevante, poi, queste discussioni si sono impegnate a rie- pilogare i termini di quella che è entrata ormai nel vocabolario storiografico come questione del dualismo economico, del formarsi – come è noto – di due strutture produttive profondamente diverse e non del tutto complementari nel quadro del nuovo Stato unitario. Sarebbe difficile sostenere che nel dibattito legato alla ricorrenza centocinquan- tenaria si sia assistito a un effettivo avanzamento degli elementi conoscitivi e degli assunti interpretativi sulla questione, anche perché –è inevitabile notarlo – nella maggior parte degli interventi ci si è tenuti distanti dalla qualità ermeneutica e dalla puntualità documentaria (e, aggiungerei, anche dalla autentica passione civile) che aveva caratterizzato il serrato dibattito storiografico sul dualismo economico tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta del secolo appena trascorso. Merita, tuttavia, rilevare che pur con i suoi limiti il dibattito più recente ha assunto caratteristiche proprie che lo rendono assai interessante agli occhi di chi vo- glia intendere quali possano essere, nella loro traccia più profonda, gli indirizzi di ri- cerca fertilmente praticati in questi anni e resi, da un dibattito obbligato a misurarsi con le sollecitazioni di un appuntamento – i 150 anni, appunto, dell’unificazione – fattosi via via sempre più controverso, ancor più preziosi. L’attenzione si è, infatti, concentrata sui caratteri del sistema economico italiano in termini alquanto diversi dal passato, offrendo un intreccio, insidioso certo ma suggestivo, tra considerazioni che appartengono propriamente all’analisi economica e considerazioni che evocano contesti francamente identitari, assai più che politici e sociali. Ancor più che come premessa il dualismo nel quadro e del quadro nazionale è emerso, insomma, come esito di una vicenda storica che nel suo assumere di- mensioni di lunga, e talvolta lunghissima durata, finisce col presentarsi, appunto, quale carattere identitario delle diverse parti del paese. Ecco, così, che il terreno di discussione è venuto trasferendosi dai decenni e dai problemi della fase di decollo - 7 - dello Stato unitario a quello delle realtà antecedenti il compimento dell’unità. Gli stati preunitari, come era certo già avvenuto nella storiografia precedente, ma – mi sembra di poter osservare – con una intensità quantitativa e una intenzionalità qualitativa diverse dal passato, sono diventati il luogo nel quale verificare, con un singolare criterio di validazione retroattiva, l’opportunità e la tenuta del disegno ideale e politico che prende il nome di Risorgimento. Se, cioè, si fosse potuto ve- rificare che la distanza tra le parti del paese fosse stata già assai rilevante nei secoli che precedono le battaglie risorgimentali, si sarebbe potuto argomentare che l’unità era destinata a un sicuro fallimento, o meglio a un reciproco disconoscimento da un lato da parte di chi, trovandosi in una condizione di vantaggio, aveva dovuto assumere oneri e pesi impropri, e, dall’altro lato, da parte di chi, immaginato in una condizione di svantaggio, non avrebbe potuto che subire come conquista il risultato di quella vicenda storica. E se questi sono i termini – ridotti all’osso – della contesa politica oltre che storio- grafica dei nostri ultimi anni, si rivela ugualmente significativo il fatto che sia il tema dello sviluppo economico ad agire come carattere dirimente del nodo eguaglianza- diversità dei soggetti statali preunitari. Ad esso, cioè, allo sviluppo economico, viene affidato il ruolo di reagente rivelatore del rapporto che ciascuno di questi soggetti ha maturato nei confronti della modernità, o, se si preferisce, dei processi di moderniz- zazione, nel momento in cui tutti insieme sono investiti, sono chiamati a partecipare a quel più massiccio processo modernizzante che chiamiamo Risorgimento. E da qui, come prima si diceva, il nesso insidioso tra tratti della struttura materiale e inferen- ze identitarie, con trasferimenti continui, e dei quali è sempre difficile dire quanto siano avvertiti e quanto siano inconsapevoli, da ricostruzioni che appartengono alla dimensione propria dello svolgimento storico a quelle che appartengono, invece, alla fissazione, fino allo stereotipo, di elementi non storicizzati. Giunge, quindi, davvero opportuna la pubblicazione di questa nuova, impe- gnativa tappa del lungo lavoro che il suo principale protagonista ha voluto, con espressione felice, intitolare alla Minerva trionfante. Si tratta, infatti, come è noto ai lettori dei precedenti volumi, di una ricerca di amplissimo respiro, nella quale si è impegnata una serie non piccola di ricercatori di diversa formazione e di diversa “appartenenza” generazionale, il cui filo conduttore è l’individuazione e la discus- sione delle fonti documentarie sulle quali costruire una storia delle forme produt- tive del Mezzogiorno preunitario. Siamo, cioè, di fronte al tentativo ambizioso di fornire un quadro di conoscenze di fatto, e una considerevole messe di relative informazioni archivistiche, sulla fisionomia economica delle regioni meridionali nel loro attraversare la modernità: una interrogazione sulla modernizzazione produttiva del Mezzogiorno così esaustiva da poter rispondere alle domande generali cui si accennava prima senza cadere nelle trappole della ideologizzazione identitaria. - 8 - Siamo, insomma, con i volumi della Minerva trionfante al capo opposto di quel- la “storiografia dei primati” con la quale si vuole oggi al Sud, in una maniera che sarebbe facile liquidare come ingenua, se essa non si presentasse assai spesso con caratteri di arrogante autoreferenzialità e se questa arroganza non trovasse, purtrop- po, una attenzione eccessiva in una opinione pubblica disorientata, affrontare il confronto sui benefici e sulle prospettive dello Stato unitario. L’“utopia” di San Leucio si offre, dunque, come splendida