Editoriale Di Roy Menarini Speciale • Il Cinema Della Crisi
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Indice Editoriale di Roy Menarini Speciale • Il cinema della crisi economica speciale a cura di Marco Grosoli e Federico Pagello • Ejzenštein occupa Wall Street Note sul capitalismo e la sua immagine di Pietro Bianchi • La crisi degli altri: il cinema e le depressioni economiche di Federico Ferrone • Due risposte in negativo alla non raffigurabilità della crisi Smiley Face (Gregg Araki, 2007) e Too Big to Fail (Curtis Hanson, 2011) di Marco Grosoli • La crisi del capitalismo secondo Michael Moore di Massimiliano Gaudiosi • L’anno del contagio. La crisi economica e il filone fantascientifico-catastrofico di Federico Pagello Caméra Stylo • Tecnologia delle passioni a Wuthering Heights: l’immagine audiovisiva contemporanea di Anna Masecchia • La letteratura sulla pornografia, appunti di viaggio di Federico Zecca Art&Media Files • Film, fan e teschi Bloody-Disgusting e A Serbian Film di Nicolò Gallio • Sei gradi “di collegamento”, o forse più Per iniziare a scandagliare il fenomeno del documentario animato di Francesca Esposito Orienti/Occidenti • Dalla Cina con furore (e ritorno) – Il cinema di arti marziali di Hong Kong a cura di Laura Sangalli e Federico Zecca • Muscolosi spadaccini e cavalieri erranti Il wuxiapian hongkonghese degli anni Sessanta di Giampiero Raganelli • Realismo e violenza: la rinascita del gongfupian e il successo del cinema di Hong Kong La golden age del kung fu al cinema tra gli anni Settanta e Ottanta di Laura Sangalli • Dal rilancio internazionale alla globalizzazione Il wuxia cinematografico dalla fine degli anni Ottanta all’alba del Terzo millennio di Sergio Di Lino • Guerra è pace Appunti per uno studio sul wuxiapian cinese degli anni Duemila di Marco Dalla Gassa Sotto Analisi • Il buco nero del reale Twin Peaks/Il castello di Massimo Padoin • La métalepse au cinéma Aux frontières de la transgression di Jean-Marc Limoges Editoriale Quello che leggete è il primo editoriale di Cinergie – Il cinema e le altre arti nella sua nuova versione digitale. Fino a qualche tempo fa, si pensava ancora che la forma cartacea della riviste accademiche presupponesse un giudizio di qualità, una sanzione di serietà, una promessa di autorevolezza. Poi, stante l’alto costo che l’editoria tradizionale richiede per periodici di tipo scientifico, sempre più testate hanno cominciato a optare per la soluzione online. È ormai superato, per fortuna, il periodo nel quale web significava comunicazione rapida e superficiale. Dapprima le Università angloamericane, quindi quelle nordeuropee e continentali, ora anche quelle italiane, stanno attrezzandosi per offrire versioni digitali e open access delle riviste scientifiche. I vantaggi sono ovvii: visibilità, reperibilità, nessun limite di attingibilità della pubblicazione e dunque maggiori chance di incidere nel dibattito scientifico, gratuità dei contenuti, e dunque difesa del carattere pubblico e aperto della ricerca. Una volta compiuta la scelta, tuttavia, sarebbe stato ingenuo riproporre Cinergie nella medesima fisionomia che aveva su carta – e ne approfitto per ringraziare gli editori, prima Forum e in seguito Le Mani, che hanno garantito la vita della rivista fino a oggi, quando le novità tecnologiche e la crisi dei finanziamenti alla ricerca ci hanno convinto al grande passo. Non solo Cinergie si digitalizza, infatti, ma triplica la sua proposta. Come si può leggere più chiaramente nell’about us, Cinergie diviene a tutti gli effetti un progetto scientifico strutturato e plurale. Ci sarà la rivista semestrale, peer reviewed, leggibile gratis online e scaricabile in pdf, in uscita ogni anno a primavera e inverno; ci sarà uno spazio più continuativo, di stampo critico e d’intervento rapido, sempre fruibile sul sito; e ci sarà una collana di libri di Cinergie edita da Mimesis, distribuita in libreria, cartacea (almeno per ora), che mantiene il rapporto con la pubblicistica scientifica tradizionale. Pur mantenendo la stessa direzione, e il medesimo comitato scientifico, le tre sezione del progetto Cinergie – Il cinema e le altre arti non si sovrappongono, bensì si integrano; non si ripetono, ma si moltiplicano; non si replicano, piuttosto si arricchiscono a vicenda. In buona sostanza, quelli che offriremo ai lettori saranno sempre e comunque contenuti originali. In questo modo, pensiamo di interpretare al meglio le innovazioni che la ricerca umanistica presente e futura ci richiede. Cinergie si considera ben dentro l’ambito dei film studies nazionali e internazionali, dialoga con tutte le sedi e le istituzioni universitarie del settore scientifico-disciplinare cui fa riferimento (L-Art/06) e getta un ponte verso i settori affini; guarda al contemporaneo con spirito curioso e sguardo metodologicamente aggiornato perché, in epoca di post-cinema e di ibridazioni tecnico-culturali, è necessario mettere a prova gli strumenti canonici e ampliarli attraverso nuove prospettive. 1 Infine, last but not least, Cinergie mantiene la caratteristica principale per cui era nata: dare voce ai giovani ricercatori, dedicare un proscenio scientifico adatto, sottoporli al giudizio della redazione e del comitato scientifico, e delle revisioni anonime nel caso del semestrale. Solo in questo modo essi potranno vedere qualificato il proprio lavoro, e al contempo sapere che c’è uno spazio apposito dove potranno indirizzare le loro proposte saggistiche. Cinergie deve dunque essere considerato un interlocutore privilegiato dai dottorandi e dottori di ricerca, assegnisti e borsisti, ricercatori indipendenti affiliati ai dipartimenti di competenza, e in qualche caso anche laureati magistrali di spicco che si stanno avvicinando al futuro della ricerca. Ricominciamo dunque da capo, da un nuovo numero 1. Le sezioni di Cinergie semestrale sono piuttosto riconoscibili ed esprimono ciascuna l’anima pluridisciplinare che contraddistingue il progetto. Lo “speciale” affronterà ogni volta un tema monografico. Partiamo da un approfondimento sul rapporto tra crisi economica e immaginario cinematografico, tanto per chiarire che Cinergie – Il cinema e le altre arti ha i piedi ben piantati nel presente e considera la ricerca come una pratica sociale e culturale in grado di affrontare tutti i nodi della contemporaneità. Roy Menarini 2 Speciale Il cinema della crisi economica Speciale a cura di Marco Grosoli e Federico Pagello Medium in crisi già da qualche decennio (così si dice), il cinema non sembra aver perso l’appuntamento con la crisi economica globale. Come già negli anni che seguirono l’11 settembre 2001, esso sembra confermare al contrario la sua solida presa sull’immaginario contemporaneo e sulle dinamiche sociali di cui, a vario titolo, si rivela capace di captare e trasfigurare i riflessi. Nel processo di messa in scena della crisi appaiono ancora una volta protagonisti i generi hollywoodiani. Si pensi ad esempio alla commedia, un genere oggi decisivo nel panorama cinematografico statunitense, con film che vanno dal metaforico e quasi “profetico” Smiley Face (Gregg Araki, 2007) all’ormai paradigmatico Tre le nuvole (Up in the Air, Jason Reitman, 2009). Oppure al genere catastrofico, i cui influssi arrivano fino alla trilogia Transformers e che più di ogni altro ha dimostrato nel corso dei decenni di saper dare una forma alle paure legate ai capricci e alle impennate del plusvalore. Non è quindi affatto sorprendente che Steven Soderbergh, dopo una trilogia dedicata al casinò come patente allegoria della borsa e delle sue dinamiche impazzite, abbia firmato una sorta di “trilogia della crisi” (The Girlfriend Experience, 2009, The Informant!, 2009, e Contagion, 2011) che trova la sua degna conclusione con un film catastrofico a suo modo “definitivo”, almeno per quanto riguarda il periodo che ci riguarda. Prima di affrontare di petto queste e altre pellicole, in ogni modo, è innanzitutto mettere in prospettiva gli eventi attuali, tanto dal punto di vista teorico quanto da quello storico. La domanda preliminare da porsi, infatti, è se le dinamiche del capitale globale siano effettivamente “rappresentabili” sullo schermo e, in caso affermativo, in che modo questo incontro si sia effettivamente realizzato nella teoria e nella prassi cinematografica. Il nostro speciale si apre così con un saggio di Pietro Bianchi, “Ejzenštein occupa Wall Street. Note sul capitalismo e la sua immagine”, che intende ripercorrere alcuni nodi essenziali del concetto di crisi e del problema della rappresentabilità del capitalismo nel pensiero di Marx e Lacan, per poi riprendere le riflessioni di Ejzenštejn per il suo film mai realizzato su Il capitale e il più recente lavoro compiuto sullo stesso tema da Alexander Kluge in Nachrichten aus der ideologischen Antike – Marx/Eisenstein/Das Kapital (2008). Un’altra strada da seguire, senz’altro complementare alla prima, prevede uno sguardo retrospettivo alla storia. Nel suo articolo intitolato “La crisi degli altri”, Federico Ferrone ritorna così su alcuni momenti cruciali dell’evoluzione del cinema e del capitalismo novecenteschi (la Grande Depressione e il cinema classico hollywoodiano, la ricostruzione italiana e il Neorealismo, la Reaganomics e il cinema degli anni Ottanta), con lo scopo di analizzare come in altri periodi le crisi economiche abbiano suggerito modi diversi, se non addirittura opposti, di tradurre 3 l’impalpabile dimensione economica in una forma cinematografica. Come annunciato all’inizio, i tre contributi successivi invece si concentrano sul cinema americano contemporaneo e sulle varie risposte che i suoi generi hanno dato allo stesso dilemma. Marco Grosoli si occupa di una