PROGETTODEFINITIVO

DIPARTIMENTOPERLEINFRASTRUTTURE,GLIAFFARIGENERALIEDILPERSONALE STRUTTURADIVIGILANZASULLECONCESSIONARIEAUTOSTRADALI Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 1/125

AUTOSTRADA (A14): – BARI – TARANTO TRATTO: BOLOGNA BORGO PANIGALE – BOLOGNA SAN LAZZARO

POTENZIAMENTO DEL SISTEMA TANGENZIALE DI BOLOGNA TRA BORGO PANIGALE E SAN LAZZARO INTERVENTI DI COMPLETAMENTO DELLA RETE VIARIA DI ADDUZIONE

INTERMEDIA DI PIANURA

PROGETTO DEFINITIVO

RELAZIONE TECNICO ILLUSTRATIVA Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 2/125

INDICE

1. PREMESSE 6 1.1 Accordo 2016 6 1.2 Il progetto di potenziamento proposto 7 1.3 Inquadramento generale dell’intervento 7 1.4 L’intermedia di Pianura 8 1.5 Studio delle alternative progettuali 10 1.6 Vincoli territoriali 14 1.6.1 Tratta A 14 1.6.2 Tratta B 15 1.6.3 Tratta C 15 1.6.4 Tratta D 15 1.6.5 Tratta E 16 1.6.6 Sintesi 16 1.7 Studio di traffico 16

2. NORMATIVA DI RIFERIMENTO 21 2.1 Progetto stradale 21 2.2 Barriere di sicurezza 22 2.3 Geotecnica 22 2.4 Idrologia e idraulica 23 2.4.1 Normativa Nazionale 23 2.4.2 Normativa regionale 27 2.4.3 Autorità di bacino 28 2.5 Strutture 29 2.6 Mitigazioni acustiche 29 2.7 Rifiuti (terre e rocce da scavo) 30 2.8 Opere a verde 30 2.9 Impianti 30 2.10 Espropri 31

3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO-STRUTTURALE 32 3.1 Stratigrafia 33 3.2 Depositi alluvionali in evoluzione (B1) 34 3.3 Sistema emiliano-romagnolo superiore (AES) 34 3.3.1 Subsistema di Ravenna (AES8) 35 3.3.2 Subsistema di Villaverucchio (AES7) 35 3.3.3 SUBSINTEMA DI BAZZANO (AES6) 35

4. INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO GENERALE 37 4.1 Reticolo idrografico 37 Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 3/125

5. INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO GENERALE 38

6. Subsidenza 40

7. Liquefazione 42

8. Classificazione sismica dell'area di studio 43

9. PRINCIPALI ELEMENTI GEOLOGICI DI INTERESSE INGEGNERISTICO 43

10. SISMICA 45 10.1 Inquadramento sismo-tettonico 45 10.2 Sismicità dell’area 46 10.3 Azioni sismiche di progetto 46 10.3.1 Vita nominale, classe d’uso e periodo di riferimento 46 10.3.2 Pericolosità sismica 47 10.3.3 Categorie di sottosuolo e condizioni topografiche 49 10.3.4 Azioni di Progetto 50

11. GEOTECNICA 51 11.1 Unità stratigrafiche: caratteristiche geotecniche 51 11.2 Rilevati stradali 53 11.3 Caratteristiche dei piani di posa e bonifiche 54

12. ARCHEOLOGIA 56 12.1 Premessa 56 12.2 Sintesi Storico-Archeologica delle Aree Oggetto dei Lavori 56 12.3 Valutazione del Rischio Archeologico 57 12.4 Conclusioni 59

13. IDROLOGIA E IDRAULICA 60 13.1 Interferenze idrografiche ed interventi di sistemazione idraulica 60 13.2 Interferenze idrografiche principali 60 13.2.1 Fiume Reno 60 13.2.2 Torrente Savena “abbandonato” 63 13.3 Interferenze idrografiche secondarie 63 13.3.1 Canale Zenetta di Quarto 63 13.3.2 Interferenze idrografiche minori 64 13.4 Sistema di drenaggio idraulica di piattaforma 64 13.4.1 Requisiti prestazionali 64 13.4.2 Schema di drenaggio 65 13.5 Struttura del sistema e tipologia delle opere in progetto 66 13.6 Sistema di drenaggio idraulica di piattaforma 67 13.6.1 Sezioni in rilevato 67 13.6.2 Sezioni in presenza di rilevati realizzati alleggeriti su terre armate: 68 13.6.3 Sezioni in viadotto 69 Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 4/125

13.7 Dimensionamento dei fossi di laminazione 70 13.7.1 L’allontanamento delle acque dalla sede stradale 72

14. PROGETTO STRADALE 74 14.1 Tratta A 75 14.2 Tratta B 76 14.3 Tratta C 77 14.4 Tratta D 78 14.5 Tratta E 79

15. OPERE D’ARTE MAGGIORI 81 15.1 Ponti e viadotti 81 15.1.1 Cavalcavia 81 15.1.2 Viadotto fiume Reno 82 15.1.3 Ponte sul torrente Savena abbandonato 83 15.1.4 Ponticello Zenetta di Quarto 84

16. OPERE D’ARTE MINORI 86 16.1 Opere di sostegno 86 16.2 Manufatti idraulici 86 16.2.1 Dimensionamento dei manufatti di attraversamento 86 16.2.2 Scolo Stelloni 87 16.2.3 Scolo Carsè 87 16.2.4 Canale Cadriano 88

17. IMPIANTI 89 17.1 Impianto di illuminazione 89 17.1.1 Criteri di progettazione 89 17.1.2 Intersezioni 91 17.1.3 Alimentazione e gestione degli impianti 93

18. OPERE COMPLEMENTARI 98 18.1 Barriere di sicurezza 98 18.2 Pavimentazioni 99 18.3 Opere a verde 99 18.4 Opere di mitigazione acustica 100

19. GESTIONE DEI MATERIALI E DELLE TERRE DA SCAVO 103 19.1 Caratterizzazione ambientale delle terre da scavo 103 19.1.1 Piano di indagine di caratterizzazione 104 19.1.2 Metodica di campionamento 106 19.1.3 Analisi chimiche di laboratorio 107 19.2 Caratteristiche chimiche per la qualificazione del materiale di scavo 107 19.2.1 Sintesi dei risultati delle caratterizzazioni 107 Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 5/125

19.2.2 Conclusioni 109 19.2.3 Compatibilità ambientali dei materiali da scavo nei siti di utilizzo 110 19.3 Bilancio dei Materiali 111 19.4 Disposizioni per la Gestione dei Materiali da smaltire a Discarica o da Impianti di Recupero 115

20. CANTIERIZZAZIONE E DURATA DEI LAVORI 117 20.1 Aree di cantiere 117 20.2 Durata dei lavori 121

21. SOMME A DISPOSIZIONE 122 21.1 Espropri 122 21.1.1 Esproprio delle Aree Agricole o Non Edificabili 123 21.1.2 Esproprio delle Aree Edificabili, Edificate e Delle Corti 123 21.1.3 Altri Indennizzi 124 21.1.4 Indennità per le Occupazioni Temporanee 124 21.2 Interferenze 125

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1. PREMESSE

L’area di Bologna rappresenta la cerniera del sistema dei trasporti nazionali per i collegamenti nord-sud, sia per quanto riguarda la rete ferroviaria che quella autostradale. Il semianello tangenziale-autostradale di Bologna interconnette le principali direttrici di traffico nazionale e regionale ed ha la funzione di raccogliere e smistare i flussi provenienti dall'asse centrale del Paese (attraverso le autostrade A1 e A13), dal confine con l'Austria (attraverso l' del Brennero) e dalla costa adriatica (mediante l'), nonché di servire il traffico locale proveniente dalle zone limitrofe all'area metropolitana bolognese. Tale sistema viario è formato dalla sede dell'autostrada A14 e dalle due carreggiate della "tangenziale" che si sviluppano in complanare su ambo i lati della stessa autostrada nel tratto compreso fra Bologna Casalecchio e Bologna S. Lazzaro. Nel corso degli anni il sistema è stato potenziato ed attualmente la sezione trasversale dell’Autostrada presenta 3 corsie per senso di marcia più emergenza fra l’allacciamento A1/A14 Nord - Bologna Borgo Panigale ed l’allacciamento A14/raccordo di Casalecchio, 2 corsie per senso di marcia con terza corsia dinamica (aperta nel 2008) fra l’allacciamento A14/raccordo di Casalecchio e Bologna San Lazzaro, 2 corsie per senso di marcia più emergenza sul Raccordo Autostradale di Casalecchio. La sezione trasversale delle complanari presenta 2 corsie per senso di marcia più emergenza. I livelli di servizio, valutati nelle ore di punta di un giorno feriale medio, mostrano l’adeguatezza del sistema autostradale nella sua configurazione attuale, mentre evidenziano lo stato di criticità in cui si trovano le complanari. Al fine di risolvere queste criticità e stante la sua importanza e strategicità di carattere internazionale, nazionale e metropolitano, è stato sottoscritto in data 15 Aprile 2016 l’Accordo tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la Regione Emilia Romagna, la Città Metropolitana di Bologna, il di Bologna e Autostrade per l’Italia per il potenziamento in sede del sistema autostradale/tangenziale nodo di Bologna, che prevede la realizzazione del cosiddetto “Passante di mezzo”. Il progetto di potenziamento consiste nel portare a tre corsie più emergenza il tratto delle complanari che va dallo svincolo 3 allo svincolo 6 e dallo svincolo 8 allo svincolo 13 e a quattro corsie più emergenza il tratto che collega lo svincolo 6 allo svincolo 8, nel potenziare le rampe degli svincoli della complanare che mostrano problematiche trasportistiche. Per l’A14 il progetto porta a tre corsie di marcia più emergenza il tratto su cui oggi è funzionante la terza corsia dinamica così da permetterne l’eliminazione. Inoltre, in tale accordo, al fine di migliorare l’accessibilità al sistema tangenziale ed autostradale, si sono individuati alcuni importanti interventi di completamento della rete viaria a scala urbana – metropolitana che vanno a fluidificare il sistema infrastrutturale stradale nel suo complesso, portando benefici in termine trasportistici e conseguentemente di sicurezza e di tipo ambientale.

1.1 Accordo 2016

In data 15 Aprile 2016 è stato quindi sottoscritto un accordo (“Accordo 2016”) che si pone come obiettivo la definizione di un progetto che, a partire dall’analisi del contesto insediativo esistente, sviluppi il tema del potenziamento in sede con un approccio che veda nell’infrastruttura anche l’opportunità di riorganizzare, con Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 7/125 particolare attenzione alla mitigazione ed all’inserimento ambientale, lo spazio ed il territorio adiacente già fortemente urbanizzato in un’ottica di minor occupazione del territorio, anche con un coerente sviluppo delle infrastrutture di adduzione al sistema autostradale/tangenziale. L’accordo si pone quindi l’obiettivo di risolvere una criticità trasportistica di livello nazionale e di migliorare l'accessibilità viaria di livello metropolitano stabilendole condizioni e gli impegni delle Parti.

1.2 Il progetto di potenziamento proposto

Il progetto di potenziamento del sistema autostradale e tangenziale di Bologna prevede la realizzazione delle seguenti opere:

A. Ampliamento in sede del sistema autostradale e tangenziale di Bologna a partire dallo svincolo 3 del “ramo verde” della complanare fino allo svincolo 13 di Bologna S. Lazzaro con le seguenti specifiche: • realizzazione di tre corsie con emergenza per senso di marcia sull’A14, fatta eccezione per i punti singolari di cui si dirà nel seguito; • realizzazione di tre corsie più emergenza per senso di marcia sul tratto delle complanari che va dallo svincolo 3 allo svincolo 6 e dallo svincolo 8 allo svincolo 13 e a quattro corsie più emergenza sul tratto che collega lo svincolo 6 allo svincolo 8, fatta eccezione per i punti singolari di cui si dirà nel seguito;

B. Interventi di completamento della rete viaria di adduzione a scala urbana - metropolitana:

• Intermedia di Pianura: completamento dei tratti mancanti per circa 8,6 km, adeguamento in sede per circa 5,3 km • Lungo Savena: realizzazione del lotto 3 per circa 2,5 km • Collegamento via Triumvirato e via Chiu • Nodo di Funo - accessibilità a Interporto e Centergross.

In particolare nel presente progetto viene trattato lo studio del completamento dell’intermedia di Pianura nei tratti mancanti.

1.3 Inquadramento generale dell’intervento

L'ipotesi di un'infrastruttura viaria ad andamento est-ovest compresa fra la Trasversale di Pianura ed il sistema Tangenziale di Bologna, in corrispondenza della porzione centrale semi-conurbata dell'area metropolitana, era già presente nei programmi e nelle proposte degli Enti locali da molti anni. La previsione dell'infrastruttura denominata 'Intermedia di Pianura è stata quindi formalizzata dal PTCP nella Tavola 4 " Assetto strategico delle infrastrutture e dei servizi per la mobilità ", che prevede una viabilità extraurbana dalla Lungosavena alla Sp 18 con funzione di raffittimento della "grande rete" in direzione est-ovest (Tangenziale di Bologna, Trasversale di Pianura) e di connessione degli assi nord-sud. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 8/125

Partendo dalle previsioni contenute nel PTCP, il PMP ha proceduto alla definizione di una metodologia per la definizione di un elenco di priorità delle infrastrutture dalla cui applicazione è emersa come opera prioritaria e strategica appunto l'Intermedia di Pianura. In particolare, tutte le valutazioni effettuate in sede di redazione del PMP, hanno evidenziato una netta preferenza per quegli interventi. siano essi adeguamenti o nuovi tracciati, che oltre a migliorare l'accessibilità ai poli funzionali e produttivi siano in grado di rafforzare i collegamenti trasversali del territorio provinciale con la viabilità primaria e le stazioni del SFM. Si tratta collegamenti le cui caratteristiche geometrico-funzionali tendono a coniugarsi con le esigenze dei contesti attraversati privilegiando la capacità dell'infrastruttura e l'inserimento ambientale piuttosto che la. funzione di scorrimento veloce. Le valutazioni effettuate in ambito di PMP hanno confermato le potenzialità dell'asse dell'Intermedia per i collegamenti che includono principalmente le relazioni di scambio tra la pianura e l'area metropolitana bolognese, per le relazioni tra il sistema autostradale e i grandi poli attrattori dell'area, e per la connessione delle importanti aree industriali da essa attraversate. Lo sviluppo urbanistico-territoriale della pianura bolognese incentrato sul comune di Bologna ha da sempre privilegiato le direttrici di traffico costituite dagli assi di penetrazione Nord-Sud, a scapito dei collegamenti trasversali in direzione Est-Ovest. In particolare, se si analizzano i possibili itinerari che attualmente collegano il Comune di Calderara e quello di Granarolo, si evidenzia come essi siano incentrati o sulla Tangenziale di Bologna o sulla Trasversale S.P. 3, con evidenti allungamenti di percorrenza e tempi spesi sulla rete viaria. I collegamenti trasversali esistenti sono inoltre ostacolati, oltre che dall'assenza di una infrastruttura viaria di caratteristiche adeguate, anche dalla presenza discontinuità degli itinerari di attraversamento Est-Ovest rispetto a quelli storici in direzione Nord-Sud e da vincoli di carattere naturale come ad esempio il corso del fiume Reno, il quale non presenta attraversamenti nel lungo tratto compreso tra la tangenziale di Bologna e la S.P. 3 trasversale di Pianura.

1.4 L’intermedia di Pianura

Il progetto Intermedia di Pianura collega i Comuni di Calderara e creando una rete viaria con funzione intercomunale di connessione fra la direttrice Persicetana e la direttrice Lungo savena, anche in considerazione di quanto previsto nello Studio di fattibilità redatto da Città Metropolitana di Bologna a gennaio 2008. In particolare, l'infrastruttura in esame congiunge i distretti industriali di , Calderara, , Bologna, Granarolo e Castenaso, fornendo una viabilità per l'appunto "intermedia" tra la S.P.3 Trasversale di Pianura e la Tangenziale di Bologna. Oltre a ciò, essa costituisce un raccordo con le principali viabilità radiali del Comune di Bologna quali la Padullese, la , la Saliceto, l'autostrada A13, la Porrettana e la Lungosavena. L'Intermedia di Pianura è una strada di connessione/distribuzione costituita dalla successione di strade comunali esistenti cui, tuttavia, mancano dei tratti per realizzare una viabilità continua in grado di collegare alcune delle zone industriali principali della Provincia. A tal fine, il progetto individuato prevede la ricucitura della rete viaria esistente razionalizzando e raccordando tra loro i vari tratti di strade comunali. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 9/125

SUDDIVISIONE IN TRATTE

L’asse dell’Intermedia ha uno sviluppo complessivo di circa 20 km, di cui il 43% rappresenta un adeguamento in sede (8,6 Km), il 30% è stato già realizzato a carico degli attuatori di nuovi comparti di edificazione (5,8 Km), ed il 27% è di nuova realizzazione (5,3 Km). Il tracciato è stato suddiviso in 5 tratte funzionali che risultano essere tra di loro indipendenti in quanto tratti di completamento di viabilità già realizzate, come di seguito illustrato.

• Tratta A: dall’intersezione tra la SP568 (Persicetana) e via Valtiera fino a via Stelloni di Levante nel comune di . • Tratta B: dalla via Stelloni di Levante all’altezza di via Guardatello (Calderara di Reno) fino alla rotatoria esistente di via Lame in Comune di Castel Maggiore a valle dell’attraversamento del fiume Reno. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 10/125

• Tratta C: dalla rotatoria esistente tra via Guevara e via Corticella sino all’innesto con via del Rosario a Castel Maggiore. • Tratta D: dall’intersezione tra la via di Vittorio e la via Salice in comune di Castel Maggiore per proseguire in Comune di Bologna dopo l’attraversamento della A13 e del Savena abbandonato sino alla via Cadriano in Comune di Granarolo dell’Emilia. • Tratta E: dall’intersezione tra via Cadriano sopracitata sino alla SP 5 (Lungosavena) in corrispondenza della via Prati in Comune di Granarolo dell’Emilia. Nell’ambito del sopra citato accordo, considerando che il tracciato dell’intermedia di pianura attraversa l’autostrada A13 alla prog. Km 3+462, Autostrade per l’Italia, di concerto con il Ministero, si è impegnata alla realizzazione del nuovo svincolo di Castel Maggiore che connette l’autostrada A13 all’intermedia di Pianura nell’ambito del progetto di ampliamento alla terza corsia della A13. Visto inoltre che le tratte D ed E rappresentano una viabilità diretta di adduzione al sistema autostradale attraverso il citato Svincolo di Castel Maggiore è in corso di definizione anche l’inserimento di dette tratte nell’ambito del Progetto di Ampliamento alla 3° corsia della autostrada A13 Bologna – Padova tratta Bologna – Ferrara.

1.5 Studio delle alternative progettuali

• Tratta A Il tracciato della tratta A dell’intermedia di Pianura è stato concordato e condiviso con le amministrazioni interessate dell’ambito in oggetto, in particolare è stata modificata l’intersezione tra la via Valtiera e la via stelloni di Ponente. Il progetto di Città Metropolitana prevedeva una ampia curva in destra della via Valtiera, in variante di tracciato, prima connettersi, mediante rotatoria, con la via Stellone. Dconcerto con gli Enti Locali si è convenuto di proseguire con la riqualifica in sede della attuale via Valtiera fino in Comune di Sala Bolognese e risolvere l’intersezione con la via Stelloni di Ponente sempre mediante l’inserimento di una rotatoria. Questa nuova soluzione consente, sfruttando il tracciato delle strade esistenti di ridurre l’impatto sul territorio circostante. Soluzione di Città Metropolitana Progetto Definitivo

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• Tratta D Il tracciato plano-altimetrico sviluppato nel presente progetto definitivo rappresenta la soluzione che meglio concilia le esigenze plano-altimetriche, compresi i vincoli stradali e idraulici presenti nel tratto in oggetto, e la necessità di non interessare l’area soggetta a vincolo monumentale (Villa Ceneri) in modo da registrare l’approvazione del tracciato anche della Soprintendenza Paesaggistica. La soluzione rappresentata nello studio di fattibilità redatto dalla Città Metropolitana di Bologna nel 2008 (vedi immagine) prevedeva, infatti, il sottopasso di via Sammarina attraverso un manufatto scatolare e l’attraversamento in trincea dell’area vincolata fino ad una rotatoria di nuova realizzazione. Per ridurre l’occupazione di suolo e l’impatto sul territorio, ASPI ha successivamente studiato una soluzione a raso che, eliminando il sottopasso, risolveva l’intersezione con la via Sammarina mediante l’inserimento di sole svolte in destra grazie alla presenza di due rotatorie ad est e ovest dell’intersezione. Tale soluzione era ulteriormente supportata dal fatto che l’area interessata della nuova infrastruttura corrispondeva all’area agricola di pertinenza della villa e non il parco della stessa

Studio di fattibilità Progetto Definitivo Prima Ipotesi. Nonostante gli accorgimenti previsti e le valutazioni di cui sopra, la Soprintendenza, in occasione degli incontri intercorsi, ha rappresentato che, vista la natura del vincolo, l’interessamento dell’area vincolata sarebbe risultata estremamente critica tanto con una soluzione a raso che in trincea. Ha fatto presente inoltre che l’area agricola costituisce un comparto omogeneo di interesse storico-ambientale che non può pertanto essere disgiunto; anche in ragione di ciò, deve essere garantita la visibilità e percezione del paesaggio e pertanto gli eventuali interventi di mitigazione avrebbero potuto comportare addirittura un’ulteriore cesura dell’area. Sulla scorta di tali considerazioni è stato ritenuto opportuno abbandonare il tracciato definito nello studio di fattibilità della Città Metropolitana di Bologna a favore di una variante di tracciato che bypassasse l’area vincolata. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 12/125

La tratta D dell’intermedia di pianura (vedere immagine riportata nel seguito) parte, dunque, in corrispondenza dell’intersezione tra via di Vittorio e via Saliceto, mediante una nuova rotatoria (R7), da lì inizia la viabilità in progetto (Asse D1) che si sviluppa in direzione sud-est scavalcando la A13 mediante un nuovo cavalcavia, per poi proseguire con una curva verso sud al centro della quale, una nuova rotatoria (R8) garantirà la connessione al nuovo casello di Castel Maggiore previsto nell’ambito del progetto di ampliamento alla terza corsia dell’autostrada A13.

L’altimetria è dettata dallo scavalco dell’A13 ottenuto mediante un cavalcavia a via di corsa inferiore a sezione mista acciaio-calcestruzzo di luce pari a 45m. Con un ampio flesso il tracciato prosegue verso est intersecando la SS n.64 Porrettana. Il tracciato costeggia una vasta zona vincolata evitandone in questo modo l’interferenza. Dall’intersezione con la SS n.64 Porrettana, risolta mediante rotatoria (R9), il tracciato prosegue parallelamente alla statale esistente, risalendo verso nord fino a lambire l’abitato di Cadriano nel comune di Granarolo d’Emilia, attraversando una zona agricola ed intersecando la via Cadriano cui si connette per mezzo di una rotatoria (R10 - appartenente alla tratta D).

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• Tratta E Il tracciato plano-altimetrico sviluppato nel presente progetto definitivo rappresenta il risultato di un attento confronto con il Comune di Granarolo dell’Emilia, Comune principalmente interessato del tratto in argomento. La soluzione rappresentata nello studio di fattibilità redatto dalla Città Metropolitana di Bologna nel 2008 (tracciato rosso nella seguente immagine) prevedeva, il passaggio da via Turati, strada di larghezza ridotta (circa 10 m) con diversi accesi presenti lungo strada. Gli spazi disponibili lungo tale strada non risultano compatibili con la strada in progetto (tipo F1) a meno di impattanti espropriazioni e la chiusura degli accessi di almeno 5 attività produttive esistenti, con ricadute sulla logistica delle stesse. In considerazione delle difficoltà riscontrate è stata sviluppata una soluzione alternativa (tracciato verde) che prevedeva nel tratto inziale la riqualifica di via del Passo, per poi proseguire con una tratto di nuova realizzazione in affiancamento a via Calabria Vecchia per preservare alberi secolari e fabbricati di pregio, fino al potenziamento in sede della via Prati.

Il Comune di Granarolo, prendendo atto delle criticità riscontrate lungo la via Turati, non condivide la soluzione sviluppata da ASPI, dal momento che le aree lungo via del Passo e via Calabria vecchia sono già destinate a futura edificazione, oltre ad essere zone di maggior pregio dal punto di vista paesaggistico, chiede di studiare un tracciato alternativo più a nord di quello previsto nello Studio di fattibilità (tracciato rosso), ma più a sud di quello lungo la via del Passo e la via Calabria Vecchia (tracciato verde). Per quanto sopra la tratta E dell’intermedia (vedere immagine riportata nel seguito) partendo da via Cadriano con la rotatoria 10, prosegue verso sud-est (asse E1) con un ampio flesso per poi riportarsi con una giacitura parallela all’attuale via Passo e risalire infine verso nord, per non interessare la via Turati, in corrispondenza dell’intersezione con la via Viadagola cui si connette per mezzo di una rotatoria (R11) lo sviluppo della tratta è di circa 1608.10m.

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TRATTA E1

Analogo andamento planimetrico caratterizza la tratta E2 il cui sviluppo è pari a 1412.51m e termina in corrispondenza dell’intersezione con la via San Donato (R12). Dall’incrocio con via San Donato, il tracciato prosegue sul sedime di via Prati analogamente alle altre soluzioni esaminate.

TRATTE E2-E3

1.6 Vincoli territoriali

Nel seguito si evidenzia quanto emerso delle valutazioni effettuate in merito all’analisi paesaggistica, al fine di agevolare la valutazione degli interi ambienti attraversati e le loro connessioni con le aree tutelate. L’intervento in oggetto interferisce su numerosi ambiti che possiedono diversi livelli di tutela; il tracciato nel suo complesso utilizza nella sua parte centrale un ampio tratto di viabilità esistente senza modificazioni. In particolare.

1.6.1 Tratta A

Nella tratta gli interventi consistono principalmente in inserimento di rotatorie in due intersezioni, in ampliamenti locali di tracciato e nella predisposizione di manufatti idraulici ora carenti. Non sono stati rilevati beni architettonici e storico culturali potenzialmente interferibili, tranne il Fabbricato viaggiatori della stazione FS di Tavernelle che però si trova ad oltre 300 m dal tracciato. Il tracciato non interferisce con altri beni immobili tutelati o aree tutelate dal Codice dei Beni culturali. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 15/125

Per quanto riguarda le tutele della pianificazione, si sono rilevate interferenze con la viabilità storica sia in via Valtiera che invia Stradoni ponente. Le interferenze appaiono limitate, non modificano il tracciato se non localmente in prossimità delle interconnessioni. Lo svincolo tra Via Roma (strada di ingresso a Calderara di Reno e la SP 18 è quello che comporta spostamenti degli assi maggiori.

1.6.2 Tratta B

La tratta va da Calderara di Reno al Ponte sul F. Reno e la rotatoria di Trebbo. Lungo il percorso non sono presenti Beni architettonici, storici o culturali tutelati. Il tracciato nell’attraversare con un viadotto il F. Reno interferisce con i vincoli delle lettera c) dell’Art. 142 del Dlgs 42/04, e con quelli dell’Art. 4.3 delle NTA del PTCP, ma correttamente effettua un attraversamento ortogonale al corso d’acqua e riduce al minimo l’interferenza. Per quanto riguarda le tutele della pianificazione, si sono rilevate interferenze con la viabilità storica di via Stelloni levante, di via s. Vitalino e di via Aldina. Nel caso delle prime due viabilità le interferenze appaiono limitate e non modificano il tracciato neppure nei pressi delle intersezioni trasformate in rotatorie; nel caso di via Aldina non vi è modifica di tracciato, ma interruzione della stessa.

1.6.3 Tratta C

La tratta va da Trebbo alla rotatoria della nuova Galliera; gli interventi sono limitati a una regolarizzazione della piattaforma con leggeri e locali ampliamenti di sezione. A fianco del tracciato è presente Villa Isabella, immobile e parco tutelato ai sensi del Codice dei beni culturali. Non si ritiene vi possano essere interferenze. Non sono presenti altri vincoli relativi ad aree tutelate dal DLgs 42/04 o dalla pianificazione.

1.6.4 Tratta D

La Tratta D va dall’incrocio Via Di Vittorio - via Saliceto nel’area industriale di Castel Maggiore alla Via Cadriano in uscita dall’area industriale omonima. La tratta ospita, tra le opere significative, il cavalcavia sulla A13, il ponte sul Savena abbandonato e alcune rotatorie. Si registra una interferenza con il parco di villa Rossi-Zambonelli (Decreto Ministeriale di tutela del 03/11/1997) a cui il tracciato porta via un piccolo tratto del margine sud, Il tratto comprende un tabernacolo votivo che andrebbe traslato in altra sede. Va evidenziato che la soluzione proposta è sensibilmente migliorativa rispetto al quella presente nella pianificazione comunale che prevede la divisione in due parti del parco. L’attraversamento del Savena Abbandonato interferisce anche con il perimetro di tutela di cui alla lettera c) dell’Art 142; ma l’attraversamento perpendicolare al corso d’acqua e lo spostamento di svincoli e tratti stradali al di fuori di questo limite appare compatibile con la natura del vincolo. Per quanto riguarda le tutele della pianificazione, si sono rilevate interferenze con la viabilità storica di via Ferrarese e di Via Cadriano Nel caso di Via Ferrarese si giunge alla interruzione della stessa. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 16/125

L’intervento ad Osteria ricade per un lungo tratto entro il perimetro della aree di tutela Fluviale del Savena Abbandonato (Art. 4.3 del PTCP). Il tratto che congiunge Osteria con Cadriano che si sviluppa in destra Savena abbandonato in senso parallelo al fiume e all’interno dell’area di Tutela fluviale, il che appare in contrasto con gli indirizzi del PTCP (la norma non appare cogente automaticamente).

1.6.5 Tratta E

Non sono presenti Beni architettonici, storici o culturali interferiti. Si evidenzia l’area di tutela dei corsi d’acqua dello Scolo Zenetta di Quarto (Comuni di Bologna e Granarolo dell’Emilia). Anche in questo caso l’attraversamento avviene in maniera quasi perpendicolare al corso d’acqua provocando il minor disturbo possibile. Tra i vincoli della pianificazione si evidenzia l’are di tutela Scolo Zenetta di Quarto che coincidente con il limite dei 150 m del DLgs 42/04. Qualche moderata interferenza si registra nella viabilità storica con la parziale interruzione di via Calabria Vecchia a Granarolo dell’Emilia. Le altre interferenze con la viabilità storica appiano coerenti con le indicazioni della pianificazione.

1.6.6 Sintesi

L’intervento consiste nel completamento di una viabilità esistente. Per ciò non appare suscettibile se non in modo limitato, di miglioramenti alle tecniche adottate ordinariamente (ad es. l’inserimento della barriere antifoniche accompagnate sul lato esterno da siepi, oppure l’introduzione di barriere in terre rinforzate vegetate). Già il progetto prevede tratti in terre armate per non costruire rilevati di grande dimensione e impatto. Gli elementi di maggiore impatto paesaggistico sono individuabili nel nuovo Viadotto Reno, nel cavalcavia dell’A13 e nel passaggio di Osteria con Nuova rotatoria, Ponte su Savena abbandonato e deviazione della Ferrarese. Nell’attraversamento dei corsi d’acqua tutelati non sono previste la realizzazione di nuove strutture nel corpo d’acqua, per cui non si prevedono danni ne ambientali ne paesaggistici. L’intervento, pertanto, appare autorizzabile rispetto allo stato dei vincoli presenti sul percorso e alla natura delle opere.

1.7 Studio di traffico

Nell’ambito dello studio trasportistico del Potenziamento del sistema autostradale e tangenziale di Bologna prevede, oltre allo specifico potenziamento della A14 tra l’Interconnessione con il Raccordo di Casalecchio e lo svincolo di Bologna San Lazzaro ed il potenziamento della Tangenziale tra lo svincolo 3 e lo svincolo A14 di BO S. Lazzaro, sono state ricomprese anche gli interventi di completamento della rete viaria a scala urbana – metropolitana al fine di migliorare l’accessibilità al sistema tangenziale ed autostradale: le cosiddette opere di adduzione. Nel caso specifico lo studio ha riproposto i fondamenti modellistico-trasportistici su cui si è basato lo Studio di traffico del suddetto Progetto di Potenziamento (di cui le quattro opere sono parte integrante), tralascia le Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 17/125 risultanze strettamente legate agli interventi di potenziamento e di fluidificazione puntuale ed effettua un focus su tre delle quattro opere di adduzione: • Intermedia di Pianura

• Asse Lungo Savena 3° Lotto

• Nodo di Funo.

Lo studio ha analizzato ed aggiornato rispetto alla progettazione preliminare il quadro pianificatorio e programmatico facendo riferimento al Piano Regionale Trasporti PRTI98 ed al documento preliminare del suo aggiornamento PRIT2025, al Piano della Mobilità Provinciale di Bologna del 2009 (oggi Città Metropolitana) ed alla documentazione reperibile dai siti internet di Enti e Concessionari. Ogni singolo intervento è stato descritto nelle sue caratteristiche trasportistiche ed è stato definito l’orizzonte temporale dello studio (2025 o 2035) nel quale considerarlo già in esercizio. Sono stati individuati ed analizzati anche i principali poli di attrazione/generazione definiti dalla Città Metropolitana: Aeroporto Marconi, Interporto di Bologna, Centro Agro Alimentare di Bologna (con la prevista Fabbrica Italiana Contadina) e Centergross. Sulla base di specifiche indagini effettuate lungo la loro viabilità di accesso e delle informazioni fornite da dai gestori delle suddette polarità, è stata definita la domanda attualmente attratta e stimata la domanda futura. Lo studio si è basato su una robusta banca dati aggiornata al 2016: i dati autostradali sono stati tutti aggiornati al 2015/16 attingendo a tutte le banche dati in possesso di ASPI; i dati del sistema di monitoraggio regionale MTS sono stati tutti aggiornati; Spea ha effettuato una vastissima campagna di indagine per rilevare in contemporanea i flussi su tutte le circa 90 rampe della Tangenziale e ricostruire la matrice OD della stessa tramite l’innovativo utilizzo della tecnologia Bluetooth nel maggio 2016; Spea ha infine effettuato una campagna di rilievo dei flussi veicolari su tutte le principali radiali di accesso a Bologna e lungo le cesure territoriali che il progetto va a sanare (fiume Reno e linea ferroviaria Bologna – . Le analisi trasportistiche effettuate hanno riguardato l’ora di punta 08:00 – 09:00 di un giorno feriale medio del periodo neutro (cioè escluso agosto) ed il giorno medio annuo. Il giorno rappresentativo del giorno feriale medio neutro è stato identificato nel 13 maggio 2016; l’ora di punta 08:00 – 09:00 di tale giorno è rappresentativa anche della 30a ora di punta. L'anno base dello studio è stato il 2016 (l’intero anno 2016 è stato stimato in base ai dati dei primi 6 mesi dell'anno e in relazione agli andamenti storici). Le analisi sono state effettuate a livello strategico tramite l’ausilio di un MACRO modello di simulazione del traffico veicolare realizzato partendo da quello implementato nella progettazione preliminare ma aumentando la disaggregazione delle zone della città di Bologna, infittendo la rete stradale della conurbazione bolognese e ricalibrando tutte le caratteristiche della rete viaria (capacità e curve di deflusso) in base all’irrobustita e ampliata banca dati. Il quadro programmatico che è stato identificato come riferimento per lo studio è sintetizzato, nei suoi interventi più importanti, nella seguente tabella rispetto ai due orizzonti temporali considerati.

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Quadro programmatico del progetto

Progetti e interventi del quadro programmatico 2025 2035

Infrastrutture autostradali di ambito sovra-regionale e interregionale

A14 4° corsia tratto BO San Lazzaro - Diramazione Ravenna da nuovo svincolo di Ponte Rizzoli a x x Diramazione. Ravenna

A13 3° corsia da Bologna Arcoveggio a Ferrara Sud e nuovo svincolo sulla A13 x x

Nuova Autostrada Cispadana: A13 Ferrara Sud - A22 Reggiolo Rolo x

TIBRE - Tirreno – Brennero - Raccordo autostradale A22 – A15. 1° stralcio: Interconnessione A15/A1 – x x casello Terre Verdiane

TIBRE - Tirreno – Brennero - Raccordo autostradale A22 – A15. 2° stralcio: casello Terre Verdiane – x Nogarole Rocca (A22) (Regione Emilia Romagna, Regione Lombardia e Regione Veneto)

Autostrada regionale Nogara – Mare Adriatico (Regione Veneto) x

Opere di progetto e complementari all’ampliamento alla IV corsia dellaA14 – tratta BO San Lazzaro – Diramazione Ravenna

Realizzazione COMPLANARE alla A14 in carreggiata NORD da Bologna S.Lazzaro a Ponte Rizzoli come da x x Accordo MIT – ASPI per il potenziamento del nodo di BO del 15/04/16.

A14 Nuovo casello autostradale di Ponte Rizzoli tra viabilità ordinaria a Complanari Nord e Sud come da x x Accordo MIT – ASPI per il potenziamento del nodo di BO del 15/04/16.

Infrastrutture di ambito REGIONALE

Ferrara-Porto Garibaldi: riqualificazione superstrada con caratteristiche autostradali x

Sistema pedemontano: Asse Nuova Bazzanese (da Bologna loc. via Lunga a Bazzano) x x

Sistema cispadano rete ordinaria: da casello Reggiolo Rolo (interconnessione A22) a casello Terre Verdiane x (interconnessione 1° stralcio TIBRE) tratte nelle province di Reggio Emilia e Parma

Sistema cispadano rete ordinaria: riqualificazione / realizzazione da casello Terre Verdiane x (interconnessione 1° stralcio TIBRE) a A21. Tratte province Parma e Piacenza

Infrastrutture stradali di ambito PROVINCIALE BOLOGNESE di rilevanza per il progetto

A1 Nuovo Casello Autostradale di Valsamoggia e variante di Calcara alla SP27 dalla A1 alla SS9 via Emilia, x x comprensivo del raccordo tra il nuovo casello ed il tracciato attuale della SP27.

Variante alla SP 27 dal nuovo casello di Valsamoggia sulla A1all’interconnessione con l’Asse Nuova x x Bazzanese

Asse Nuova Galliera da via Corticella alla SP3: SP4var di Castel Maggiore x x

Asse S. Giovanni–via Emilia SP 2 “Variante Le Budrie” da Castelletto a S.Giovanni in Persiceto x

Asse Intermedia di Pianura: macrotratta via Di Vittorio – via Prati (Tratte D e d E) x x (Realizzazione prevista nel progetto di terza corsia della A13 Bologna Arcoveggio – Ferrara Sud)

Nodo di Rastignano: Lotto 2 (realizzazione prevista nel Patto per Bologna) x x Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 19/125

Le previsioni di crescita della domanda di mobilità stradale sono state approfondite rispetto alla progettazione preliminare. Nello specifico la domanda per la classe veicolare leggeri è stata disaggregata secondo tre macro gruppi: domanda interna, domanda di scambio e domanda di attraversamento rispetto ad una identificata macro- area bolognese. Per la classe pesante si è mantenuta una previsione unica. Previsioni di crescita della domanda Leggeri

INTERNI SCAMBIO TRANSITO ED ESTERNI ANN Indice Crescita Indice Crescita Indice Crescita media O (2016=100) media annua (2016=100) media annua (2016=100) annua

2025 102 0.27% 105 0.54% 107 0.76%

2035 103 0.05% 109 0.34% 113 0.54%

Previsioni di crescita della domanda Commerciali e Pesanti

Indice Crescita Anno (2016=100) media annua

2025 111 1.2%

2035 115 0.3%

L’intermedia di Pianura, consente di aggiungere un importante tassello al progetto di creazione di un sistema viabilistico ordinario tangenziale alla conurbazione di Bologna che, intersecando gli assi della A14, della A13 e della Tangenziale, aumenti l’accessibilità alla viabilità di rango primario. Tale opera consente inoltre di creare un collegamento ordinario extraurbano tra le due sponte del fiume Reno, oggi collegate solo dallo scavalco della Trasversale di Pianura SP3. L’itinerario Intermedia di Pianura, nella sua interezza dalla Persicetana a via Prati, vede un VTGMA di circa 13.400 veicoli totali negli scenari progettuali 2025 e 2035. La tratta più carica nell’ora di punta è via Bentini con circa 26.200 veicoli totali/giorno sia nello scenario progettuale 2025 che 2035. Il nuovo ponte sul fiume Reno si attesta sui 19.200 veicoli totali/giorno nello scenario progettuale 2025 e sui 19.700 nel 2035. Le verifiche funzionali sono risultate tutte soddisfatte. Considerando tutte le opere di adduzione si può inoltre concludere che gli interventi di progetto (interventi di potenziamento lungo la A14 e la tangenziale ed opere di adduzione) consentono una rifunzionalizzazione trasportistica del sistema autostradale e tangenziale di Bologna migliorando le performance trasportistiche sia nel medio che nel lungo termine. Le OOAA permettono di realizzare il sistema viabilistico ordinario tangenziale alla conurbazione di Bologna che, intersecando gli assi della A14, della A13 e della Tangenziale, aumenti l’accessibilità alla viabilità di rango primario. Le OOAA consentono di ricucire molteplici cesure territoriali sia naturali (fiume Reno) che infrastrutturali (assi autostradali e ferroviari) razionalizzando la maglia viaria. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 20/125

Gli interventi di progetto consentono un alleggerimento del carico veicolare sulla rete ordinaria urbana bolognese ed una riduzione dei tempi di percorrenza.

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2. NORMATIVA DI RIFERIMENTO

La normativa di carattere generale seguita nella definizione degli interventi di progetto è la seguente:

2.1 Progetto stradale

I principali riferimenti normativi relativamente agli aspetti stradali di tutte le infrastrutture in progetto sono:

• D.Lgs. 30/04/92, n. 285 e s.m.i.: “Nuovo Codice della Strada”; • D.P.R. 16/12/1992 n. 495 e s.m.i.: “Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della Strada”; • D.M. 05/11/01, n. 6792 e s.m.i.: “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade” (di solo riferimento nel caso di adeguamento di strade esistenti secondo il D.M. 22-04-04). • D.M. 19/04/2006: “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni stradali” (di solo riferimento nel caso di adeguamento di intersezioni esistenti). • D.M. 18/02/92, n. 223: “Regolamento recante istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza”, così come recentemente aggiornato dal D.M. 21/06/04: “Aggiornamento delle istruzione tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza”;

Nel seguito sono descritte le caratteristiche stradali del progetto e illustrate le verifiche condotte per valutare la congruenza dei tracciati con le indicazioni contenute nelle "Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade" (Decreto Ministero del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 05/11/2001, prot. 6792) e nelle “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni stradali” (Decreto Ministero del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 19/04/2006) per quanto riguarda le intersezioni stradali. Tali normative sono cogenti per tutte le opere di nuova realizzazione.

Con l’emanazione del DM n. 67/S del 22.04.2004 di modifica delle "Norme geometriche e funzionali per la costruzione delle strade" (DM del 05.11.2001, prot. 6792), in attesa dell’emanazione di uno specifico decreto, i progetti di adeguamento delle strade esistenti assumono come riferimento normativo non cogente il DM 05.11.2001. Relativamente DM 19-04-2006, “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni stradali” risulta anch’esso di solo riferimento nel caso di adeguamento di intersezioni esistenti.

Gli assi stradali che compongono l’itinerario dell’Intermedia di Pianura relativi agli interventi in oggetto, sono stati così inquadrati secondo la classificazione prevista dal codice della strada, come “strade locali in ambito extraurbano – categoria F”, ad eccezione di quei tratti stradali per, funzionalmente, si è ritenuto più opportuno procedere ad un potenziamento a “strada extraurbana secondaria - categoria C”.

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2.2 Barriere di sicurezza

• Direttiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 3065 del 25.08.2004. “Direttiva sui criteri di progettazione,installazione,verifica e manutenzione dei dispositivi di ritenuta nelle costruzioni stradali”. • D.M. 21 giugno 2004 (G.U. n. 182 del 05.08.04). “Aggiornamento alle istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza e le prescrizioni tecniche per le prove delle barriere di sicurezza stradale”. • D.M. 18 febbraio 1992, n. 223. (G:U: n. 63 del 16.03.92). Regolamento recante istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza. • D. Lg.vo n. 285/92 e s.m.i.. Nuovo codice della Strada. • D.P.R. n. 495/92 e s.m.i.. Regolamento di esecuzione e di attuazione del Nuovo Codice della Strada.

• D.M. 5 novembre 2001, n. 6792. Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade.

• Autostrade per l’Italia - Spea “Monografia di progetto n. 2 BARRIERE DI SICUREZZA”, Rev. gennaio 2005. • Circolare Ministero dei Trasporti del 15.11.2007 “Scadenza della validità delle omologazioni delle barriere di sicurezza rilasciate ai sensi delle norme antecedenti il D.M. 21.06.2004”.

• Circolare Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 21.07.2010 “Uniforme applicazione delle norme in materia di progettazione, omologazione e impiego dei dispositivi di ritenuta nelle costruzioni stradali”. • Norme UNI EN 1317 “Barriere di sicurezza stradali”: o -UNI EN 1317-1:2010 “Parte 1: Terminologia e criteri generali per i metodi di prova”; o -UNI EN 1317-2:2010 “Parte 2: Classi di prestazione, criteri di accettazione delle prove d’urto e metodi di prova per le barriere di sicurezza inclusi i parapetti veicolari”; o -UNI EN 1317-3:2010 “Parte 3: Classi di prestazione, criteri di accettabilità basati sulla prova di impatto e metodi di prova per attenuatori d’urto”; o -UNI ENV 1317-4:2003 “Classi di prestazione, criteri di accettazione per la prova d'urto e metodi di prova per terminali e transizioni delle barriere di sicurezza”. o -UNI EN 1317-5:2008 “Parte 5: Requisiti di prodotto e valutazione di conformità per sistemi di trattenimento veicoli”.

2.3 Geotecnica

• D.M. 14.01.2008, “Norme tecniche per le costruzioni”;

• Circ. Min. II.TT. 02.02.2009, n. 617, “Istruzioni per l'applicazione delle Nuove norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale 14.01.2008”;

• EN 1997 Eurocodice 7 “Geotechnical Design” o Part 1: General rules o Part 2: Standards for laboratory testing o Part 3: Standards for field testing. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 23/125

• ASTM D4253 “Standard test methods for maximum index density and unit weight of soils using a vibratory table”.

• ASTM D4254 “Standard test method for minimum index density and unit weight of soils and calculation of relative density”.

• ASTM D1557 “Test method for laboratory compaction characteristics of soil using modified effort”.

• CNR UNI 10006 “Costruzione e manutenzione delle strade – Tecnica di impiego delle terre”.

• CNR B.U., anno XXVI, n° 146 “Determinazione dei moduli di deformabilità Md e Md’ mediante prova di carico a doppio ciclo con piastra circolare.

• Decreto Ministeriale n. 47 (11/3/1988). “Norme Tecniche riguardanti le indagini su terreni e sulle rocce; i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l’esecuzione ed il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione”.

• Istruzioni relative alle “Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l’esecuzione ed il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione” - Cir. Dir. Cen. Tecn. n° 97/81.

• CNR UNI 10009 “Costruzione e manutenzione delle strade – Tecnica di impiego delle terre”.

• A.I.C.A.P. – “Ancoraggi nei terreni e nelle rocce – Raccomandazioni “, maggio 1993.

2.4 Idrologia e idraulica

2.4.1 Normativa Nazionale

Di seguito vengono riportate le principali leggi nazionali in materia ambientale e di difesa del suolo, accompagnate da un breve stralcio descrittivo.

• RD 25/07/1904 n° 523 Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie. • Regio Decreto Legislativo 30/12/1923, n° 3267 Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani. La legge introduce il vincolo idrogeologico.

• DPR 15/01/1972 n° 8 Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di urbanistica e di viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici.

• L. 64/74 Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche. • L. 319/76 (Legge Merli) Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 24/125

La legge sancisce l’obbligo per le Regioni di elaborare il Piano di risanamento delle acque.

• DPR 24/7/1977 n° 616 Trasferimento delle funzioni statali alle Regioni • L. 431/85 (Legge Galasso) Conversione in legge con modificazioni del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312 concernente disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale. • L. 183/89 Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo. Scopo della legge è la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi (art. 1 comma 1).

Vengono inoltre individuate le attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione (art. 3); vengono istituiti il Comitato Nazionale per la difesa del suolo (art. 6) e l’Autorità di Bacino (art. 12). Vengono individuati i bacini idrografici di rilievo nazionale, interregionale e regionale (artt. 13, 14, 15, 16) e date le prime indicazioni per la redazione dei Piani di Bacino (artt. 17, 18, 19).

• L. 142/90 Ordinamento delle autonomie locali. • DL 04-12-1993 n° 496 Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente. (Convertito con modificazioni dalla L. 61/94). • L. 36/94 (Legge Galli) Disposizioni in materia di risorse idriche. • DPR 14/4/94 Atto di indirizzo e coordinamento in ordine alle procedure ed ai criteri per la delimitazione dei bacini idrografici di rilievo nazionale ed interregionale, di cui alla legge 18 maggio 1989, N. 183. • DPR 18/7/95 Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento concernente i criteri per la redazione dei Piani di Bacino. • DPCM 4/3/96 Disposizioni in materia di risorse idriche (direttive di attuazione della Legge Galli). • Decreto Legislativo 31/3/1998, n° 112 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59

• DPCM 29/9/98 Atto di indirizzo e coordinamento per l’individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all’art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 giugno 1989, N. 180. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 25/125

Il decreto indica i criteri di individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico (punto 2) e gli indirizzi per la definizione delle norme di salvaguardia (punto 3). • L. 267/98 (Legge Sarno) Conversione in legge del DL 180/98 recante misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella Regione Campania. La legge impone alle Autorità di Bacino nazionali e interregionali la redazione dei Piani Stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio (art. 1).

• DL 152/99 Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.

• DL 258/00 Disposizioni correttive e integrative del DL 152/99. • L. 365/00 (Legge Soverato) Conversione in legge del DL 279/00 recante interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato ed in materia di protezione civile, nonché a favore delle zone della Regione Calabria danneggiate dalle calamità di settembre e ottobre 2000. La legge individua gli interventi per le aree a rischio idrogeologico e in materia di protezione civile (art. 1); individua la procedura per l’adozione dei progetti di Piano Stralcio (art. 1-bis); prevede un’attività straordinaria di polizia idraulica e di controllo sul territorio (art. 2).

• DLgs 152/2006 Ha riorganizzato le Autorità di bacino introducendo i distretti idrografici. Tale Decreto legislativo disciplina, in attuazione della legge 15 dicembre 2004, n. 308, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione delle risorse idriche. Istituisce i distretti idrografici nei quali sarà istituita l’Autorità di bacino distrettuale, che va a sostituire la o le Autorità di Bacino previste dalla legge n. 183/1989. In forza del recente d.lgs 8 novembre 2006, n. 284, nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del d.lgs. 152/2006 e della revisione della relativa disciplina legislativa con un decreto legislativo correttivo, le Autorità di Bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate fino alla data di entrata in vigore del decreto correttivo che, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004, definisca la relativa disciplina. Fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo correttivo di cui al comma 2-bis dell'articolo 170 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come inserito dal comma 3, sono fatti salvi gli atti posti in essere dalle Autorità di Bacino dal 30 aprile 2006. Inoltre l’articolo 113 del medesimo Decreto legislativo, stabilisce, in materia di controllo dell’inquinamento prodotto dal dilavamento delle acque meteoriche, che “..le regioni disciplinano:..b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque di dilavamento ...siano sottoposte a particolari prescrizioni..”, art. 113 comma 1, e che “… i casi in cui può essere richiesto.. siano convogliate e opportunamente trattate.. in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose..”, art. 113 comma 3. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 26/125

• DM 14/01/2008 "Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni" Il decreto si compone di due articoli e precisamente dell’articolo 1 con cui viene approvato il testo aggiornato delle norme tecniche per le costruzioni ad eccezione delle tabelle 4.4.III e 4.4.IV e del Capitolo 11.7. Le nuove norme sostituiscono quelle approvate con il decreto ministeriale 14 settembre 2005. Nel paragrafo 5.1.7.4, denominato “Smaltimento dei liquidi provenienti dall’impalcato”, si prescrive che: “… il progetto del ponte deve essere corredato dallo schema delle opere di convogliamento e di scarico. Per opere di particolare importanza, o per la natura dell’opera stessa o per la natura dell’ambiente circostante, si deve prevedere la realizzazione di un apposito impianto di depurazione e/o decantazione.” Successivamente con il DM 06/05/2008 "Integrazioni al decreto 14 gennaio 2008" sono stati approvati il capitolo 11.7 e le tabelle 4.4.III e 4.4.IV del testo aggiornato delle norme tecniche per le costruzioni allegate al decreto ministeriale 14 gennaio 2008. • Decreto n. 131 del 16/06/2008 Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Regolamento recante i criteri tecnici per la caratterizzazione dei corpi idrici (tipizzazione, individuazione dei corpi idrici, analisi delle pressioni) per la modifica delle norme tecniche del Decreto Legislativo n. 152 del 3/04/2006 recante: "Norme in materia ambientale", predisposto ai sensi dell'articolo 75, comma 4, dello stesso decreto. (GU n. 187 del 11/08/2008 - Suppl. Ordinario n. 189) • Decreto n. 56 del 14/04/2009 Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Regolamento recante “Criteri tecnici per il monitoraggio dei corpi idrici e l'identificazione delle condizioni di riferimento per la modifica delle norme tecniche del Decreto Legislativo n. 152 del 3/04/2006 recante Norme in materia ambientale, predisposto ai sensi dell'articolo 75, comma 3, del decreto legislativo medesimo” (GU n.124 del 30/05/2009 - Suppl. Ordinario n. 83)

Si riportano inoltre gli estremi di alcune leggi riguardanti la progettazione e la verifica dei ponti stradali:

• L. 532/1904 Testo unico sulle opere idrauliche. Criteri generali e prescrizioni tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo dei ponti stradali

• D. Min. LL.PP 4 maggio 1990 Aggiornamento delle norme tecniche per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo dei ponti stradali. “Quando il ponte interessa un corso d’acqua naturale o artificiale, il progetto dovrà essere corredato da una relazione riguardante i problemi idrologici, idrografici ed idraulici relativi alle scelte progettuali, alla costruzione e all’esercizio del ponte. L’ampiezza e l’approfondimento della relazione e delle indagini che ne costituiscono la base saranno commisurati all’importanza del problema e al grado di elaborazione del progetto. Una cura particolare è da dedicare, in ogni caso, al problema delle escavazioni dell’alveo ed alla protezione delle fondazioni delle pile e delle spalle. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 27/125

La trattazione dei citati problemi dovrà avvenire nel rispetto del testo unico 25 luglio 1904, n. 523 e successivi aggiornamenti.” (Criteri generali e prescrizioni tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo dei ponti stradali – par. 2.4) • Circ. LL.PP. n° 34233 del 25/02/1991 Istruzioni relative alla normativa tecnica dei ponti stradali ….Gli elementi del ponte, quali le opere di sostegno, di difesa ed accessorie, quando interessino l’alveo di un corso d’acqua, specie se di qualche importanza, dovranno far parte di un progetto unitario….. Nel caso in cui l’opera di attraversamento sia costituita, oltre che dal ponte vero e proprio, anche da uno o due rilevati collocati in alveo, dovranno essere valutate quali modifiche possono prodursi a monte dell’opera in conseguenza della riduzione della luce libera rispetto a quella primitiva…… La quota idrometrica e il franco dovranno essere posti in correlazione con la piena di progetto anche in considerazione della tipologia dell’opera e delle situazioni ambientali…..

2.4.2 Normativa regionale

• Delibera della giunta regionale 14 febbraio 2005 n. 286 Attuazione al D.lgs 152/1999, ha per oggetto la tutela delle acque, tra cui, art.1, comma 1 c), le acque meteoriche e di lavaggio delle aree esterne di cui all’art. 39 del decreto legislativo citato. L’art.2 comma III definisce: “Altre condotte separate”: sistema di raccolta ed allontanamento dalle superfici impermeabili delle acque meteoriche di dilavamento costituito da canalizzazioni a tenuta o condotte dedicate non collegate alla rete fognaria delle acque reflue urbane e disgiunte fisicamente e funzionalmente dagli insediamenti e dalle installazioni dove si svolgono attività commerciali o di produzione di beni. Rientrano in questo ambito, ad esempio, i sistemi a tale scopo adibiti delle reti stradali ed autostradali e delle relative opere connesse (ponti, gallerie, viadotti, svincoli, ecc.)… L’art.7.2 – La gestione delle acque di prima pioggia e delle acque meteoriche di dilavamento: I – Per le nuove opere ed i nuovi progetti di intervento di cui al precedente punto 7.1 – lettera a) (opere soggette e VIA), le prescrizioni per il contenimento dell’inquinamento prodotte dalle acque di prima pioggia derivanti dalle “altre condotte separate” possono trovare applicazione nei casi in cui tali acque siano immesse direttamente o in prossimità di corpi idrici superficiali “significativi” e d i“interesse” inseriti nel PTA. II – Per i corpi idrici diversi da quelli richiamati al precedente punto I l’adozione di specifiche prescrizioni per la gestione delle acque di prima pioggia legate alle immissioni delle condotte di cui trattasi è determinata sulla base delle esigenze di tutela e protezione dei corpi idrici ricettori stabilite dagli strumenti di pianificazione provinciale (Piano territoriale di Coordinamento provinciale - PTCP), secondo i criteri di valutazione richiamati al precedente punto I. III – Le prescrizioni da adottarsi ai sensi dei precedenti punti I e II avranno a riferimento, di norma, soluzioni progettuali di tipo strutturato che garantiscano la raccolta ed il convogliamento delle acque di prima pioggia in idonei bacini di raccolta e trattamento in grado di sedimentare le acque raccolte prima Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 28/125

dell’immissione nel corpo ricettore. Trattamenti aggiuntivi (quali ad esempio la disoleatura) saranno prescritti in ragione della destinazione d’uso e di attività delle aree sottese dall“altre condotte separate” che danno origine alle predette immissioni. Dette soluzioni possono essere finalizzate anche al trattamento dell’acqua di prima pioggia mediante la realizzazione di sistemi di tipo naturale i quali la “fito-depurazione” o le “fasce filtro/fasce tampone”. IV – Riguardo al diffuso sistema di raccolta allontanamento delle acque meteoriche di dilavamento dalle reti stradali ed autostradali e delle relative opere connesse, l’eventuale applicazione delle prescrizioni per la gestione delle acque di prima pioggia, di cui ai precedenti punti I e II, s’intende riferita esclusivamente alle canalizzazioni/condotte a tenuta responsabili delle immissioni diretta nei corpi recettori, con esclusione delle “cunette bordo strada” in terra adibite all’allontanamento delle acque meteoriche dalla sede stradale. Al riguardo, sono fatte salve le disposizioni regionali emanate ai sensi dell’art. 21 del decreto in materia di aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano.

• Delibera giunta regionale 18 dicembre 2006 n. 1860 Tale delibera concerne “Linee guida d’indirizzo per la gestione delle acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia in attuazione alla deliberazione G.R. del 14 febbraio 2005 n° 286”. Contiene specifiche Linee guida attuative in merito, tra gli altri aspetti, agli orientamenti tecnici di riferimento “per la scelta e la progettazione dei sistemi di gestione delle acque di prima pioggia da altre condotte separate con particolare riferimento a quelle asservite alla rete viaria”. • Piano di Tutela delle Acque (PTA) Approvato dall'Assemblea Legislativa con Deliberazione n. 40 del 21 dicembre 2005, sul BUR - Parte Seconda n. 14 del 1 febbraio 2006 si dà avviso della sua approvazione, mentre sul BUR n. 20 del 13 febbraio 2006 si pubblicano la Delibera di approvazione e le norme.

2.4.3 Autorità di bacino

I corsi d’acqua interferiti appartengono all’Autorità di Bacino del Fiume Reno e sono il fiume Reno stesso ed il torrente Savena abbandonato. Il Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico (PAI) ad oggi vigente è stato adottato dal Comitato Istituzionale dell’Autorità di bacino con delibera C.I. AdB Reno n. 1/1 del 06.12.2002. Con delibera della Giunta Regionale n. 567 del 07.04.2003, la Regione Emilia-Romagna ha approvato il piano per il territorio di competenza (così come previsto dal comma 2 dell'art. 19 della L. 18 maggio 1989 n. 183 e s.m.i.). Il piano è entrato in vigore con la pubblicazione sul B.U. Regione Emilia-Romagna il 14.05.2003. Le prescrizioni dell’AdB sono riportate nella Direttiva contenente i criteri per la valutazione della compatibilità idraulica delle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico all’interno delle fasce “A” e “B” adottato con deliberazione del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino del fiume Reno n.1/1 del 5 marzo 2014, approvato con deliberazione della Giunta della Regione Emilia Romagna n. 857 del 17/06/2014 ed entrato in vigore con la pubblicazione nel BUR del 2 luglio 2014. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 29/125

In particolare, per quanto riguarda la portata di progetto per le verifiche idrauliche dei ponti si deve normalmente rispettare i seguenti valori: per i corsi d’acqua interessati dalla delimitazione delle fasce fluviali, non inferiore a quello assunto per la delimitazione della Fascia B (200 anni); per i corsi d’acqua non interessati dalla delimitazione delle fasce fluviali non inferiore a 100 anni.

2.5 Strutture

Le analisi strutturali e le relative verifiche fanno riferimento alle disposizioni normative previste dalla vigente Normativa italiana e da quella europea (Eurocodici). In particolare alle seguenti norme: • Legge 5 novembre 1971 n. 1086 - Norme per la disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica; • Circ. Min. LL.PP.14 Febbraio 1974, n. 11951 – Applicazione della L. 5 novembre 1971, n. 1086”; • Legge 2 febbraio 1974 n. 64, recante provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche; • D.M. 14 gennaio 2008: Nuove norme tecniche per le costruzioni • Circolare n. 617 del 2/2/2009 Istruzioni per l’Applicazione Nuove Norme Tecniche Costruzioni di cui al Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008 • UNI EN 1990: Basi della progettazione strutturale • UNI EN 1991 Eurocodice 1 - Azioni sulle strutture § Parte 2: Azioni sulle strutture – Carichi da traffico sui ponti § Parte 4: Azioni sulle strutture – Azione del vento § Parte 5: Azioni sulle strutture – Azioni termiche • UNI EN 1992 Eurocodice 2 - Progettazione delle strutture di calcestruzzo § Parte 2: Ponti di calcestruzzo • UNI EN 1993 Eurocodice 3 - Progettazione delle strutture in acciaio § Parte 2: Ponti di acciaio • UNI EN 1994 Eurocodice 4 - Progettazione delle strutture composte acciaio-calcestruzzo § Parte 2: Regole generali e regole per i ponti • UNI EN 1998 Eurocodice 8 - Progettazione delle strutture per la resistenza sismica § Parte 2: Ponti

2.6 Mitigazioni acustiche

• D.P.C.M. 1 marzo 1991 - Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno. • L. 26 ottobre 1995, n. 447 - Legge quadro sull’inquinamento acustico. • D.P.C.M. 14 novembre 1997 - Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 30/125

• D.P.C.M. 5 dicembre 1997 - Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici. • D.M. Ambiente 16 marzo 1998 - Tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico. • D.M. 29 novembre 2000 - Criteri per la predisposizione, da parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore. • D.P.R. 30 marzo 2004, n. 142 - Disposizioni per il contenimento e la prevenzione dell’inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare, a norma dell’articolo 11 della Legge 26 ottobre 1995, n. 447. • L.R. n. 15 del 09/05/2001 “Disposizioni in materia di inquinamento acustico”; • D.G.R. n. 673 del 14/04/2004 "Criteri tecnici per la redazione della documentazione di previsione di impatto acustico e della valutazione del clima acustico ai sensi della L.R. 9 maggio 2001, n. 15 recante "Disposizioni in materia di inquinamento acustico".

2.7 Rifiuti (terre e rocce da scavo)

• D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” e s.m.i. • D.M. 10 agosto 2012, n. 161 “Regolamento recante la disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo”

2.8 Opere a verde

• Decreto Legislativo 30/04/1992 e s.m.i. “Nuovo Codice della Strada”; • DPR 495/1992 e s.m.i. “Regolamento di attuazione del Nuovo Codice della Strada”; • Codice Civile, art. 892 “Distanze per gli alberi” e art. 893 “Alberi presso strade, canali e sul confine dei boschi”; • DM 449/1988 “Approvazione nelle norme tecniche per la progettazione, l’esecuzione e l’esercizio delle linee elettriche aeree esterne”;

2.9 Impianti

La normativa di carattere generale seguita nella definizione degli interventi di progetto è la seguente: • UNI 11248 ottobre 2007 – Requisiti illuminotecnica delle strade con traffico motorizzato. • Legge Regionale Marche n.10 del 01 agosto 2002 in materia di Riduzione dell’inquinamento luminoso. • UNI EN 13201 – Illuminazione Stradale • Legge 1 agosto 2002 n. 166 “Disposizione in materia di infrastrutture e trasporti” • ASPI DIREZIONE CENTRALE RISORSE SISTEMI E SERVIZI PER RETI VIARIE IMPIANTI – VIABILITA’: Prescrizioni tecniche per la realizzazione dei pannelli messaggio variabile EVO 2010 per informazione all’utenza posti in prossimità delle intersezioni di ingresso/uscita dell’autostrada conformi alla Norma Europea EN 12966 ed alla norma CEI 214-13 – MARZO 2010 -

Nel progetto sono state considerate le ultime edizioni delle Norme: Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 31/125

• CEI – Comitato elettrotecnico italiano • CEI EN – Norme armonizzate europee • Unel – Unificazione nell’industria elettrotecnica • UNI – Unificazione nell’industria

2.10 Espropri

• Dpr 327/2001 e s.m.i. - Testo Unico delle Espropriazioni.

• Sentenza della Corte Costituzionale n. 348 del 24 ottobre 2007 (abrogazione art. 37 dpr 327/2001 – Legge Finanziaria 2008). Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 32/125

3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO-STRUTTURALE

La zona oggetto di studio è situata all’interno dell’ampio bacino sedimentario padano, al bordo settentrionale del Sistema Appenninico. L’area di pianura è una geosinclinale subsidente (bacino Perisuturale Padano) colmata da materiali alluvionali che hanno ricoperto le argille marine di ambiente costiero - che fungono da substrato - fino a raggiungere spessori complessivi anche di 300-400 m. In particolare, i depositi di colmamento più recenti sono stati prodotti principalmente dall’attività deposizionale del sistema fluvio - deltizio padano con alimentazione assiale vergente verso est, e dai sistemi fluviali appenninici ad alimentazione trasversale da sud; difatti questi sedimenti pleistocenico – olocenici presentano caratteristiche deposizionali e geometriche notevolmente complesse, correlabili a deposizione e successiva erosione di depositi fluviali, attualmente terrazzati, la cui formazione è legata alla continua variazione dei livelli fluviali. Il riempimento dei bacino marino ed il passaggio alla sedimentazione continentale non avvengono in maniera continua e progressiva, ma sono il risultato di eventi tettonico - sedimentari "parossistici", separati nel tempo da periodi di forte subsidenza bacinale e movimenti ridotti delle strutture compressive. Questo fatto è testimoniato dalle numerose superfici di discontinuità stratigrafica riconosciute e cartografate sul Margine Appenninico Padano

Dal punto di vista deposizionale il sollevamento della catena appenninica ha portato ad una importante regressione marina con la conseguente migrazione della transizione scarpata sottomarina - piana bacinale (TSB), dall’asse dell’orogene in evoluzione verso la costa adriatica. La regressione è stata interrotta da periodi più o meno lunghi di quiescenza tettonica e conseguente riapprofondimento bacinale (trasgressione marina). A questo particolare contesto geodinamico corrisponde un’evoluzione dell’ambiente deposizionale da marino a marino-costiero a continentale. I depositi hanno complessivamente un carattere regressivo. Essi sono formati da sabbie e peliti torbiditiche seguite da un prisma sedimentario fluvio-deltizio progradante alla base, e da depositi continentali al tetto.

Dal punto di vista gerarchico si distinguono 3 Sequenze Principali (Supersintemi) denominate come segue:

1. Supersintema del Pliocene medio - superiore; 2. Supersintema del Quaternario Marino (che in realtà comincia nel Pliocene superiore); 3. Supersintema del Quaternario Continentale (emiliano - romagnolo).

Questa successione coincide con il gruppo Acquifero denominato A nell’ambito delle riserve idriche sotterranee della regione Emilia Romagna. Sulla base delle superfici di discontinuità affioranti sul margine appenninico e sulla base dell’estensione di tali discontinuità nel sottosuolo della pianura (dati sismici e di pozzo), è stato possibile definire il quadro stratigrafico riportato in figura seguente. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 33/125

Inquadramento geologico - stratigrafico dell'area di studio

3.1 Stratigrafia

Il progetto di cartografia geologica d’Italia in scala 1:50.000 (Progetto CARG) stabilisce che la classificazione stratigrafica dei depositi quaternari di pianura debba basarsi sulla litologia relativa a ciascun ambiente deposizionale e sulla presenza di discontinuità o interruzioni della sedimentazione (limiti inconformi) che separano i corpi geologici di età diverse. Tutto ciò consente di caratterizzare i sedimenti di pianura sia sulla base della loro composizione granulometrica (ghiaie, sabbie, alternanza di sabbie e limi, ecc.), sia in funzione dell’ambiente in cui si sono deposte (alluvionale di canale, deltizio di area interdistributrice, ecc). Si possono così distinguere fra loro litologie in prima approssimazione simili, ma con geometrie e relazioni laterali e verticali dei corpi geologici molto diverse, in base al contesto sedimentario in cui si sono originate. I medesimi depositi sono anche oggetto della classificazione fondata sui limiti stratigrafici inconformi, che prevede la distinzione di unità stratigrafiche definite sintemi e subsintemi. Queste unità sono particolarmente efficaci per descrivere il territorio in base alla sua storia geologica, all’età dei suoi sedimenti e alla peculiare ciclicità degli eventi che l’hanno trasformato, tipici dell’epoca quaternaria (si veda lo schema di figura seguente).

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Schema cronostratigrafico del Sintema Emiliano-Romagnolo Superiore (AES) La Commissione Italiana di Stratigrafia della Società Geologica Italiana ha convenuto di suddividere ulteriormente questo sintema in otto sub sintemi, tra i quali il - subsistema di Villa Verucchio (sigla AES7) ed il subsistema di Ravenna (sigla AES8). Per la stesura della planimetria geologica e del profilo geologico longitudinale è stata effettuata una analisi critica dei dati di rilevamento del CARG, comprese le sezioni geologiche-idrogeologiche interpretative, integrandoli e verificandoli con le risultanze delle indagini geognostiche disponibili. In particolare, è stata riportata in cartografia la seguente successione stratigrafica (descritta dall’unità più giovane alla più vecchia):

3.2 Depositi alluvionali in evoluzione (B1)

Questi depositi quaternari sono costituiti da ghiaie, talora embriciate, sabbie e limi argillosi di origine fluviale, attualmente soggetti a variazioni dovute alla dinamica fluviale; nella frazione grossolana i clasti risultano eterometrici ed eterogenei, da arrotondati a sub-arrotondati.

3.3 Sistema emiliano-romagnolo superiore (AES)

Questo sintema è costituito da una alternanza ciclica, su spessori dell'ordine di 20-40m, di depositi fini (limi, argille e subordinate sabbie) e depositi prevalentemente granulari (ghiaie e sabbie). Il suo spessore massimo in pianura risulta di circa 300 m e l’età è compresa tra Pleistocene medio ed Olocene. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 35/125

3.3.1 Subsistema di Ravenna (AES8)

E' l'elemento sommitale del Sintema Emiliano Romagnolo Superiore. Nei settori intravallivi è rappresentato da ghiaie passanti a sabbie e limi organizzate in numerosi ordini di terrazzi alluvionali. Negli sbocchi vallivi e nella piana alluvionale comprende ghiaie, sabbie, limi ed argille. Limite superiore dato da suoli variabili da non calcarei a calcarei. I suoli non calcarei e scarsamente calcarei hanno colore bruno scuro e bruno scuro giallastro, spessore dell’alterazione da 0,5 ad 1,5 m, contengono frequenti reperti archeologici di età del Bronzo, del Ferro e Romana. Limite inferiore erosivo sui alluvionali sottostanti. I suoli calcarei appartengono all’unita’ di rango inferiore AES8a (Unità di ) che, dove presente, ne costituisce il tetto stratigrafico. Spessore massimo in pianura di 20-25 metri circa. Età: Pleistocene sup. - Olocene (14 ka - attuale; datazione C14).

3.3.1.1 Unità di Modena (AES8a)

Nei settori intravallivi comprende ghiaie prevalenti organizzate in 2 ordini di terrazzi alluvionali. Negli sbocchi vallivi e nella piana alluvionale è rappresentato da ghiaie, sabbie, limi ed argille (ghiaie subordinate). Limite superiore sempre affiorante dato da un suolo calcareo di colore bruno olivastro e bruno grigiastro privo di reperti archeologici romani, o più antichi, non rimaneggiati. Limite inferiore dato da una superficie di erosione fluviale nelle aree intravallive e dal contatto netto sul suolo non calcareo (o scarsamente calcareo) di epoca romana (o più antica) nelle aree di pianura. Spessore massimo di 7-10 metri. Età: post-romana (IV-VI sec. d.C. -Attuale; datazione archeologica)

3.3.2 Subsistema di Villaverucchio (AES7)

Depositi terrazzati di piana intravalliva affioranti lungo le valli e agli sbocchi vallivi dei Torrenti Savena, Idice e Zena (non affioranti nell'ambito dell'area di studio). Si tratta di prevalenti ghiaie e sabbie di terrazzo alluvionale e conoide alluvionale sormontate da limi ed argille di piana inondabile e/o eluvio-colluviali. Nei settori intravallivi sono costituiti da ghiaie passanti a sabbie e limi organizzati in alcuni ordini di terrazzi alluvionali. Limite superiore dato da un suolo non calcareo di colore bruno scuro. Negli sbocchi vallivi prevalenti ghiaie caratterizzate da un suolo non calcareo di colore bruno scuro rossastro spesso sino a 2 m circa. Limite inferiore erosivo. Spessore massimo nel sottosuolo della pianura 100m. Età: Pleistocene sup. Nell'ambito del profilo geologico è stato ipotizzato in profondità il limite tra AES7 ed il sovrastante AES8.

3.3.3 SUBSINTEMA DI BAZZANO (AES6)

E' costituito da depositi di conoide alluvionale terrazzati che affiorano agli sbocchi vallivi dei Torrenti Savena, Idice e Zena (non affioranti nell'ambito dell'area di studio). Si tratta di prevalenti ghiaie e sabbie di canale fluviale nelle zone prossimali, caratterizzate da un aumento verso l'alto della matrice sabbiosa, e da argille e limi prevalenti alternati a sabbie nelle zone distali. Spessore massimo nel sottosuolo della pianura di c.a. 80m. Età: Pleistocene medio. Nell'ambito del profilo geologico è stato ipotizzato in profondità il limite tra AES6 ed il sovrastante AES7.

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PROFILO GEOLOGICO LONGITUDINALE: Al fine di evidenziare le caratteristiche litologiche dei terreni afferenti all’area oggetto di studio, è stato redatto un profilo geologico longitudinale in scala 1:5000/500, derivato dall'interpretazione delle carte e delle sezioni tematiche CARG nonché e soprattutto delle risultanze della geognostica. Ciò ha consentito l’individuazione di tre classi principali di terreni, suddivise in funzione della composizione granulometrica prevalente:

Ø argille e/o limi prevalenti (terreni prettamente coesivi)

Ø sabbie, sabbie limose, sabbie limoso-argillose (terreni sabbiosi con contenuto di matrice fine variabile)

Ø ghiaie, ghiaie sabbiose, sabbie ghiaiose (terreni prettamente granulari)

Un elemento tipico di questo ambiente di sedimentazione alluvionale è rappresentato dalla diffusa variabilità sia in senso verticale, dovuto al continuo succedersi degli eventi alluvionali. Pertanto, a causa della natura fortemente eteropica dei contatti, la forma e l’estensione di corpi/lenti riportate in profilo longitudinale deve essere assunta come verisimile ma indicativa. Dal punto di vista progettuale è importante sottolineare la presenza di livelli e/o concrezioni torbose: per ottenere informazioni dettagliate circa i livelli ad alto contenuto di materiale organico è possibile fare riferimento a quanto riportato nelle singole stratigrafie. Nel profilo geologico è contenuta interpretazione dei limiti tra i subsintemi AES8, AES7 ed AES6 (si rammenta che i subsintemi sono unità stratigrafiche delimitate da superfici di discontinuità - U.B.S.U.); il limite tra subsintemi è presunto ed è stato costruito tenendo in considerazione anche le sezioni CARG, oltre che le risultanze dei carotaggi di progetto, con particolare riferimento ai livelli torbosi/carboniosi che la letteratura considera un buon marker basale per queste unità. Le assunzioni CARG si sono basate a loro volta sull'analisi di carotaggi profondi specificatamente concepiti, su datazioni al carbonio 14 e sul contenuto/tipo di pollini imprigionati nel sedimento. Tutto ciò si è reso necessario, perché esistono orizzonti simili al marker disposti anche a livelli stratigrafici differenti. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 37/125

4. INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO GENERALE

Il tracciato in progetto ricade in una fascia di territorio definita “di cerniera” tra il “margine appenninico-padano”, unità morfologica corrispondente alla zona a cavallo tra il limite morfologico Appennino-Pianura Padana e costituita dalle colline del basso Appennino e dalla fascia pedemontana della Pianura Padana, e la Pianura Padana in senso stretto. Questa fascia di territorio, ad assetto subpianeggiante, comprende le conoidi dei principali corsi d’acqua che provengono dall’Appennino. Si tratta di superfici a pendenza decrescente verso Nord/Nordest, derivate dall’erosione delle litologie competenti (flysch calcareo-marnosi e ofioliti) affioranti nel settore appenninico Emiliano. La pianura alluvionale bolognese si è difatti originata dalla sovrapposizione di eventi alluvionali in direzione prevalente circa nord-sud; il territorio bolognese è caratterizzato da valori di altitudine (quote in m s.l.m.) che tendenzialmente diminuiscono verso nord e aumentano invece da ovest verso est. Più in dettaglio l'area di intervento è caratterizzata da un andamento plano - altimetrico compreso tra i 32 e i 40 m s.l.m.

4.1 Reticolo idrografico

In generale l'idrografia dell'area bolognese, sia per cause naturali sia per l'evolversi delle esigenze socio- economiche, ha subito nel tempo profonde modifiche; in particolare per quel che riguarda alcuni percorsi fluviali, la loro portata e l'inserimento nella rete idrografica di numerosi canali artificiali. La rete idrografica dell’area di progetto è caratterizzata principalmente dal percorso interregionale del Fiume Reno e del Torrente Savena; entrambi nascono in Toscana e hanno un deflusso generale in direzione nord con un cambio repentino in direzione est; inoltre appena fuori dall' area d'intervento è presente l'area di pertinenza del Torrente Idice. A completamento dell'idrografia superficiale concorrono alcuni canali artificiali realizzati in epoca storica per scopi irrigui e per il trasporto di merci. I più importanti sono il Canale Navile e il Canale Battiferro, che hanno il deflusso in direzione nord; si annovera inoltre la presenza di una fitta rete di canali minori e di fossi di scolo ad esempio Canale Reno '75, Rio Calamosco e il Fosso Riolo. Un’altra azione molto incisiva sul territorio in esame è risultata l’apertura di numerose attività estrattive sia per la qualità dell’inerte (litologia) costituente il sottosuolo bolognese che per la sua vocazione morfologica (area pianeggiante). Allo stesso modo è risultato nel tempo impattante per i fenomeni di subsidenza indotti, lo sfruttamento dei numerosi acquiferi presenti.

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5. INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO GENERALE

Nel sottosuolo della pianura e sul margine appenninico padano sono stati riconosciuti tre Gruppi Acquiferi separati da barriere di permeabilità di estensione regionale, informalmente denominati A, B, C che costituiscono le Unità Idrostratigrafiche fondamentali; all’interno di ogni Gruppo Acquifero sono riconoscibili diverse unità idrostratigrafiche secondarie denominate Complessi acquiferi. La principale partizione verticale delle unità sepolte ha portato all’identificazione di tre gruppi acquiferi (A,B,C); in particolare il gruppo acquifero A è rappresentato dal Sintema emiliano - romagnolo Superiore (AES), costituito da complessi idrogeologici in cui si concentrano i prelievi idrici nella pianura emiliano - romagnola e riconducibili a: Ø conoidi alluvionali appenniniche; Ø pianura alluvionale appenninica; Ø pianura alluvionale padana. In riferimento alle unità Idrostratigrafiche dell’Emilia–Romagna, di cui al modello concettuale adottato a scala regionale (Regione Emilia-Romagna & ENI-AGIP, 1998), il Gruppo Acquifero A, nel quale la circolazione idrica è legata alla disposizione dei corpi permeabili ghiaioso–sabbiosi, è ulteriormente suddivisibile in cinque Complessi Acquiferi, riferibili ad altrettante sequenze deposizionali elementari, identificati dall’alto con le sigle da A0 ad A4 e corrispondenti ai subsintemi della stratigrafia delle unità quaternarie rispettivamente da AES8 ad AES4.

Corrispondenza tra Gruppo Acquifero e unita stratigrafiche. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 39/125

Il gruppo acquifero A è il più superficiale ed è anche quello più esteso (sia in affioramento che nel sottosuolo) e più sfruttato, nonché quello interessato dallo studio oggetto della presente relazione. Il Subsintema di Ravenna (AES8) corrisponde al complesso acquifero più superficiale A0, interferente con l’opera in oggetto. Il modello idrogeologico dell'area in studio è rappresentato da una serie di acquiferi sovrapposti e più o meno separati da setti impermeabili o poco permeabili. Gli acquiferi delle due conoidi Reno e Savena appartengono alla falda superficiale di Bologna che assieme a quella profonda costituisce il sistema idrogeologico dell'area di margine appenninico. Tali conoidi sono costituiti da depositi ghiaiosi e suoli mediamente permeabili a seconda della granulometria. Le suddette zone di conoide costituiscono dunque aree di ricarica temporanea o stagionale, per infiltrazione di acque superficiali nei depositi profondi. Le falde sono captate tramite i pozzi delle principali centrali acquedottistiche (Centro di San Vitalino per il Reno, più a sud dell'area di intervento); le zone di ricarica degli acquiferi coincidono con i settori di apice delle conoidi e con le dispersioni in alveo da parte dei corsi d'acqua Per i dettagli relativi ai tematismi idrogeologici si rimanda agli specifici elaborati allegati al presente progetto.

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6. Subsidenza

L’ARPA, in collaborazione con l’Università di Bologna, ha centralizzato dal 1997 le informazioni riguardanti la subsidenza. Il monitoraggio della subsidenza fino ad allora era avvenuto, a partire dagli anni ’60, ad opera di vari Enti che hanno istituito e misurato, in epoche diverse, reti di livellazione in ambiti locali più o meno limitati. Tali iniziative, se efficaci a livello locale, mostravano i loro limiti se osservate in un contesto regionale evidenziando lacune e disomogeneità tali da rendere, in gran parte dei casi, difficoltosa la definizione organica e univoca del fenomeno. Nel 1997-1998, a partire dal vasto patrimonio di capisaldi esistenti e sulla scorta delle esperienze precedenti è stata progettata e realizzata una rete regionale di monitoraggio della subsidenza costituita, in particolare, da una rete di livellazione geometrica di alta precisione con oltre 2300 capisaldi e una rete di circa 60 punti GPS.

La rete, nel suo complesso, è stata misurata per la prima volta nel 1999. Il rilievo della rete di livellazione ha permesso di attribuire ad ogni caposaldo, compresi quelli storici, una quota assoluta sul livello medio del mare riferita, in particolare, al caposaldo 5/162" sito nei pressi di (Appennino bolognese) e appartenente alla rete di livellazione di alta precisione dell´Istituto Geografico Militare Italiano (I.G.M.I.). Per tale caposaldo è stata adottata la quota determinata nel 1949 dall´Istituto stesso pari a 225.9222 m s.l.m. E´ stato così possibile realizzare la prima carta a isolinee di velocità di abbassamento del suolo relativa al periodo 1970/93-1999, che costituisce il primo tentativo di restituire un quadro complessivo dei movimenti verticali del suolo sull´intera area di pianura della regione, già nella fase di rilievo "zero" della Rete. Tale rappresentazione, tuttavia, risulta inevitabilmente lacunosa, relativamente o parzialmente aggiornata e, comunque, fortemente disomogenea data la diversa copertura spaziale e temporale dei dati storici. In virtù di questa disomogeneità, le velocità di movimento indicate sulla carta sono riferite a periodi diversi, a seconda delle linee di livellazione, compresi tra il periodo più lungo 1970-1999 e il periodo più breve 1993-1999. Le misure sono state ripetute nel 2002 ma solo sulla rete GPS aggiornando così le conoscenze sui movimenti del suolo nel periodo 1999-2002 relativamente ai punti della rete stessa. Nel 2005-07 ARPA ha realizzato l´aggiornamento delle conoscenze geometriche relative al fenomeno della subsidenza, tramite l´interazione di due tecniche: § la livellazione geometrica di alta precisione di un sottoinsieme della rete regionale (circa il 50% delle linee di livellazione); § l´analisi interferometrica di dati radar satellitari con tecnica PSInSARTM estesa all´intero territorio di pianura della regione, circa 11.000 km2. I risultati ottenuti, per la prima volta, forniscono un quadro sinottico di dettaglio del fenomeno della subsidenza a scala regionale. L´utilizzo del metodo satellitare ha permesso di acquisire un´informazione molto più diffusa e capillare rispetto al rilievo terrestre: un numero di punti di ben due ordini di grandezza superiore al numero dei capisaldi di livellazione sui quali poteva contare la precedente cartografia.

Accedendo al sito online dell’ARPA è possibile visionare ad una scala di maggior dettaglio alcuni stralci (con relativa legenda) della cartografia più recente, con particolare riferimento all’areale del tracciato in esame:

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Isocinetiche relative al periodo 2006-2011.

Legenda delle Isocinetiche relative al periodo 2006-2011.

In sintesi si può osservare che la subsidenza presenta una maggiore criticità (intorno ai -20mm/anno)nella tratta A dell'Intermedia di Pianura (la parte di intervento più a Nord Ovest).

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7. Liquefazione

Con il termine "liquefazione" si indicano vari fenomeni fisici (liquefazione ciclica, mobilità ciclica, fluidificazione), osservati nei depositi e nei pendii sabbiosi saturi durante i terremoti forti (M> 5.5), che hanno come elemento comune il fatto che, per effetto dell’instaurarsi di condizioni non drenate, si ha un incremento ed un accumulo delle pressioni interstiziali che può provocare una drastica caduta della resistenza al taglio e quindi una perdita di capacità portante del terreno. Gli eventi sismici di maggio 2012 (magnitudo 5.9) hanno causato vistosi effetti di liquefazione in alcune località del settore occidentale della provincia di Ferrara, localizzate in corrispondenza del paleo-alveo del Reno, e, in minor misura, in alcune aree della provincia di Modena, localizzate lungo rami abbandonati del Panaro; la Regione Emilia Romagna ha introdotto aggiornamenti normativi e tecnici ed istituito, insieme al Dipartimento della Protezione Civile, un gruppo di lavoro interdisciplinare ("Gruppo di lavoro Liquefazione") per programmare ed avviare indagini geotecniche e geofisiche di approfondimento, al fine di individuare le aree suscettibili di amplificazione e quelle in cui si ritiene necessario verificare la presenza di condizioni predisponenti alla liquefazione.

Le condizioni predisponenti del terreno sono: Ø profondità dello strato potenzialmente liquefabile < 15-20 m dal p.c. Ø profondità della falda < 5 m Ø densità relativa Dr < 60% Ø diametro medio 0.02 mm < D50< 2 mm Ø frazione di fini (diametro < 0.005 mm) < 15%

Le condizioni scatenanti che riguardano le caratteristiche dell’azione sismica sono: Ø magnitudo > 5.5 Ø PGA > 0.15 g Ø durata > 15-20 sec Tra i fattori geologici e geotecnici risultano fondamentali, oltre alla profondità della falda (<5 m), la presenza e lo spessore degli strati non liquefabili superficiali, l'assenza di cementazione fra i grani, l'origine e l'età del deposito, la presenza di strati drenanti grossolani intercalati alla sabbia fine liquefabile, la morfologia; per quanto riguarda la natura geologica dei siti le zone a più alto rischio sono: letti di fiume antichi e recenti, paludi, terreni di bonifica, argini, pianure di esondazione, spiagge, zone dunari e interdunari.

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8. Classificazione sismica dell'area di studio

La normativa nazionale è stata recepita dalla Regione Emilia con Delibera della Giunta Regionale n. 1677/2005.

Riclassificazione sismica dell´Emilia-Romagna - Ordinanza del PCM n. 3274 / 2003 (Allegato 1, punto 3 “prima applicazione”) In conformità alle normative, i comuni interessati dal progetto ricadono nella seguente zona sismica:

Provinci Codice Regione Comune Classificazione_2015 a Istat

Emilia Romagna Bologna 8037006 Bologna 3

Emilia Romagna Bologna 8037050 Sala Bolognese 3

Emilia Romagna Bologna 8037009 Calderara di Reno 3

Emilia Romagna Bologna 8037019 Castel Maggiore 3

Emilia Romagna Bologna 8037030 Granarolo dell'Emilia 3

Emilia Romagna Bologna 8037021 Castenaso 3

9. PRINCIPALI ELEMENTI GEOLOGICI DI INTERESSE INGEGNERISTICO

Di seguito si ribadiscono alcuni aspetti che, a giudizio del geologo, possono essere rilevanti nella progettazione delle opere, ed in particolare:

Ø diffusa variabilità granulometrica sia in senso verticale sia in senso orizzontale; pertanto, la caratteristica peculiare dei terreni interessati dal nuovo progetto è rappresentata dalla diffusa eteropia tra granulometrie fini e grossolane;

Ø presenza lungo tutto il tracciato di depositi/livelli compressibili, il che rende necessaria un’attenta verifica dei cedimenti delle nuove opere e delle preesistenze, perché una variazione inopportuna dello Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 44/125

stato tensionale dei terreni dovuta alla realizzazione di scavi, emungimenti, riporti, ecc. può generare lesioni alle strutture;

Ø presenza di livelli torbosi;

Ø fenomeno di subsidenza naturale a cui è soggetta la pianura emiliano – romagnola ed alla quale si sovrappone la subsidenza di origine antropica determinata dai prelievi di fluidi dal sottosuolo;

Ø possibile presenza di sacche di gas in livelli localizzati;

Ø le litologie a prevalente componente sabbiosa sono compatibili con fenomeni di liquefazione che potrebbero verificarsi in occasione di eventi sismici di particolare intensità, pertanto si raccomanda l’esecuzione delle opportune verifiche ingegneristiche;

Ø presenza di una falda freatica contraddistinta da oscillazioni stagionali sufficienti a farla interferire con le opere. Si segnala che un’eventuale variazione del regime di sfruttamento degli acquiferi (diminuzione dei pompaggi) potrebbe ridurre ulteriormente le soggiacenze;

Ø secondo gli elementi riportati nel P.A.I. dell’Autorità di Bacino del Reno si sottolinea che la Tratta "D" del tracciato in progetto interferisce, in destra idrografica del Savena Abbandonato, con un'area ad alta probabilità di inondazione correlabile a piene con tempo di ritorno 50 anni;

Ø relativamente alla pericolosità idraulica, con particolare riferimento alla cartografia redatta nell'ambito del P.G.R.A "Reticolo naturale principale" dall’Autorità di Bacino del Reno, si evidenzia che:

- la tratta "A" dell’Intermedia di Pianura ricade totalmente nell'ambito di una pericolosità idraulica elevata (P3);

- la tratta "B", in corrispondenza dell’alveo attivo del Fiume Reno interferisce in sinistra idrografica con areali ad alluvioni frequenti (P3), in destra idrografica con areali ad alluvioni poco frequenti (P2);

- la tratta "D", in corrispondenza dell’alveo del Savena Abbandonato interferisce con areali ad alluvioni frequenti (P3);

- le tratta "C" ed "E" ricadono totalmente nell'ambito di una pericolosità idraulica media (P2);

Ø secondo I'INGV sono presenti due strutture tettoniche interferenti con il tracciato di progetto identificate come "faglie capaci", ossia faglie “sismiche” con indizi di attività negli ultimi 40.000 anni, potenzialmente in grado di produrre deformazioni in superficie; una di queste faglie capaci segue quasi in sovrapposizione la tratta "A", "B" e "C" dell''Intermedia di Pianura;

Ø presenza, appena più a nord dell'area di intervento (nel territorio comunale di Sala Bolognese), di fenomeni di Sinkhole.

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10. SISMICA

10.1 Inquadramento sismo-tettonico

Il territorio dell’Emilia-Romagna è costituito dal versante padano dell’Appennino settentrionale e dalla Pianura Padana a sud del Po; il limite regionale infatti coincide per lunghi tratti con lo spartiacque appenninico verso sud e con il corso del Po verso nord. Il fronte della catena appenninica non coincide però con il limite morfologico catena-pianura ma è individuabile negli archi esterni delle Pieghe Emiliane e Ferraresi sepolte dai sedimenti quaternari padani.

Schema tettonico della Pianura Padana (Boccaletti et al., 2004)

Per quanto attiene agli aspetti sismo-tettonici, le evidenze geologiche, le sezioni sismiche e gli studi morfo- tettonici indicano come la tettonica sia generalmente caratterizzata dalla presenza di strutture compressive attive, come sovrascorrimenti e piegamenti, come segnalato anche dalle soluzioni dei meccanismi focali di terremoti. L’analisi della sismo-tettonica dell’Emilia-Romagna ha messo in evidenza come parte delle strutture individuate da profili sismici che interessano il riempimento sedimentario Plio-Pleistocenico siano caratterizzate da attività molto recente ad attuale. In particolare, risultano attivi i sovrascorrimenti sepolti che danno luogo agli archi di Piacenza - Parma, Reggio Emilia e di Ferrara (Boccaletti et alii, 2004). A tali strutture (in particolare alla dorsale Ferrarese) possono essere associati i fenomeni di fagliazione superficiale osservati in alcune aree di Pianura Padana, nelle province di Reggio Emilia e Modena (Pellegrini & Mezzani, 1978). Lungo il margine, risulta attivo il thrust pede-appenninico tra Bologna e Parma, mentre blind thrusts attivi caratterizzano il settore a Sud Est di Bologna. L’attività del thrust pede-appenninico è in accordo Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 46/125 con quanto osservato da Amorosi et alii (1996) sulla base dell’analisi delle correlazioni tra terrazzi fluviali del margine e conoidi alluvionali nella pianura nelle vicinanze della città di Bologna. Con riferimento ai recenti studi condotti sull’intero territorio nazionale per la realizzazione di un modello delle sorgenti sismo-genetiche, l’area in esame è compresa interamente nella zona sismo-genetica 912 (Meletti et al., 2004 - cfr. figura seguente), corrispondente alla Dorsale Ferrarese, caratterizzata da una magnitudo massima

Mwmax pari a 6.14.

Particolare della Zonazione sismogenetica ZS9 (Meletti et al., 2004)

10.2 Sismicità dell’area

Secondo le elaborazioni del Gruppo di Lavoro MPS (2004), in corrispondenza del tracciato autostradale, il valore medio della accelerazione massima al suolo in condizione di sito roccioso risulta compreso:

• tra 0.150 g e 0.175 g, con probabilità di eccedenza pari al 10% in 50 anni (periodo di ritorno TR=475 anni);

• tra 0.200 g e 0.225 g, con probabilità di eccedenza pari al 5% in 50 anni (periodo di ritorno TR=975 anni);

• tra 0.275 g e 0.350 g, con probabilità di eccedenza pari al 2% in 50 anni (periodo di ritorno TR=2475 anni).

10.3 Azioni sismiche di progetto

10.3.1 Vita nominale, classe d’uso e periodo di riferimento

Per la definizione delle azioni sismiche di progetto si sono adottati i seguenti parametri:

− Vita nominale VN = 50 anni − Classe d’uso: IV

− Coefficiente d’uso CU = 2.0

− Vita di riferimento per l’azione sismica VR = VN x CU = 100 anni. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 47/125

La strategia di progettazione per i differenti stati limite di cui al punto 3.2.1 delle NTC-2008 è quindi ricavata dalla seguente formula dell’allegato A delle NTC-2008, in funzione delle probabilità di superamento PVR indicate in tabella 3.2.I nel periodo di riferimento VR (si veda anche la Tabella 1):

VR TR = − ln(1− PVR )

Tabella 1 - Probabilità di superamento nel periodo di riferimento VR per differenti stati limite NTC-2008).

I valori del tempo di ritorno TR in anni per l’opera in esame risultano pertanto:

TR(SLO) 60 anni;

TR(SLD) 100 anni;

TR(SLV) 950 anni;

TR(SLC) 1950 anni.

10.3.2 Pericolosità sismica

Nelle norme tecniche NTC-2008 (Allegato B) sono forniti, secondo un reticolo di riferimento e per differenti intervalli di riferimento, i parametri sismici ag, FO e T*C per un sito rigido orizzontale (come definiti al paragrafo 3.2 delle NTC-2008) necessari per la determinazione delle azioni sismiche. Qualora l’area in esame non ricada in corrispondenza dei nodi del reticolo di riferimento, i valori dei parametri di interesse possono essere calcolati come media pesata dei valori assunti nei quattro vertici della maglia elementare del reticolo di riferimento, mediante la seguente espressione:

4 pi ∑ d p = i=1 i 4 1 ∑ i=1 di in cui:

p è il valore del parametro di interesse nel punto in esame;

pi è il valore del parametro di interesse nell’i-esimo punto della maglia elementare contenente il punto in esame;

di è la distanza del punto in esame dall’i-esimo punto della maglia suddetta. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 48/125

Inoltre, qualora le tabelle di pericolosità sismica su reticolo di riferimento non contemplino il periodo di ritorno TR corrispondente alla VR e PVR prefissati, il valore del generico parametro p (ag, FO, T*c) ad esso corrispondente potrà essere ricavato per interpolazione a partire dai dati relativi di TR previsti nella pericolosità sismica, utilizzando la seguente espressione, in allegato A alle NTC-2008:

−1  p   T    T   2   R   R2  log(p) = log(p1) + log  ×log  × log   p1   TR1    TR1  in cui:

p è il valore del parametro di interesse al TR desiderato;

TR1 TR2 sono i periodi di ritorno più prossimi a TR per i quali si dispone dei valori di p1 e p2 del generico parametro p.

Di seguito si riportano i valori dei parametri sismici ag, FO, T*c ricavati mediante il programma “Spettri NTC ver.1.0.3.xls”, disponibile sul sito http://www.cslp.it/cslp/, inserendo le coordinate geografiche delle principali opere previste nell’ambito del progetto in esame e i nomi dei diversi comuni presenti nell’area.

Ponte sul Reno (Castelmaggiore, Calderara di Reno)

Spalla A (11.313362-44.553690) 2 TR (anni) ag (m/s ) F0 T*C (s) SLO 60 0.068 2.493 0.275 SLD 101 0.085 2.496 0.284 SLV 949 0.214 2.429 0.298 SLC 1950 0.273 2.417 0.305

Spalla B (11.316953-44.552249) 2 TR (anni) ag (m/s ) F0 T*C (s) SLO 60 0.069 2.490 0.275 SLD 101 0.085 2.489 0.284 SLV 949 0.215 2.433 0.298 SLC 1950 0.274 2.418 0.304

Intermedio (11.315516-44.552804) 2 TR (anni) ag (m/s ) F0 T*C (s) SLO 60 0.068 2.493 0.275 SLD 101 0.085 2.496 0.284 SLV 949 0.214 2.429 0.299 SLC 1950 0.273 2.418 0.305

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 49/125

Cavalcavia su A13 (Castelmaggiore)

Spalla A (11.375131-44.554341) 2 TR (anni) ag (m/s ) F0 T*C (s) SLO 60 0.069 2.487 0.276 SLD 101 0.086 2.471 0.285 SLV 949 0.216 2.438 0.298 SLC 1950 0.276 2.418 0.304

Spalla B (11.376174-44.553864) 2 TR (anni) ag (m/s ) F0 T*C (s) SLO 60 0.069 2.487 0.276 SLD 101 0.086 2.471 0.285 SLV 949 0.216 2.438 0.298 SLC 1950 0.276 2.418 0.304

Comune di Bologna

2 TR (anni) ag (m/s ) F0 T*C (s) SLO 60 0.072 2.480 0.275 SLD 101 0.089 2.472 0.285 SLV 949 0.210 2.429 0.315 SLC 1950 0.262 2.451 0.322

Comune di Calderara di Reno

2 TR (anni) ag (m/s ) F0 T*C (s) SLO 60 0.067 2.496 0.275 SLD 101 0.083 2.488 0.283 SLV 949 0.215 2.451 0.290 SLC 1950 0.276 2.414 0.300

10.3.3 Categorie di sottosuolo e condizioni topografiche

Le categorie di sottosuolo sono definite al punto 3.2.2 delle NTC-2008 sulla base del parametro di velocità equivalente delle onde di taglio VS,30 relativo ai primi 30 metri di profondità.

È altresì specificato che “Per le fondazioni superficiali, tale profondità è riferita al piano di imposta delle stesse, mentre per le fondazioni su pali è riferita alla testa dei pali. Nel caso di opere di sostegno di terreni naturali, la profondità è riferita alla testa dell’opera. Per muri di sostegno di terrapieni, la profondità è riferita al piano di imposta della fondazione”. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 50/125

La misura diretta della velocità di propagazione delle onde di taglio è fortemente raccomandata; è peraltro previsto che, nel caso in cui la misura diretta della VS non sia disponibile, è possibile eseguire la classificazione del sottosuolo sulla base del valore dei numeri di colpi equivalente della prova penetrometrica dinamica NSPT,30 per i terreni a grana grossa e/o sulla base della coesione non drenata equivalente cu,30 per quelli a grana fine.

Sulla base dei risultati delle indagini eseguite si evince che la categoria prevalente è la classe D.

Per quanto attiene infine al coefficiente di amplificazione topografica, ai sensi del punto 3.2.2 delle NTC-2008 si assume che le aree in esame siano sempre riferibili alla categoria T1, ovvero quali “superfici pianeggianti, pendii e rilievi isolati con inclinazione media i ≤ 15°”.

10.3.4 Azioni di Progetto

Le azioni sismiche di progetto sono definite sulla base dei dati derivanti dalla pericolosità sismica (ag, FO, T*c), della categoria di sottosuolo e delle condizioni topografiche del sito come definite al paragrafo 3.2.2 delle NTC- 2008.

Da questi valori possono essere calcolati gli spettri di risposta elastici in accelerazione (paragrafo 3.2.3.2 delle NTC-2008) e gli spettri di progetto (paragrafi 3.2.3.4 e 3.2.3.5 delle NTC-2008).

Le azioni di progetto sono state ricavate sempre mediante il programma “Spettri NTC ver.1.0.3.xls”.

In particolare sono state calcolate le accelerazioni massime di progetto amax lungo tutto il tracciato autostradale in corrispondenza di ogni comune attraversato per i quattro stati limite di tipo sismico previsti dalle NTC-2008, per i periodi di ritorno corrispondenti.

Questi valori di accelerazione possono essere direttamente utilizzati per eseguire analisi sismiche semplificate di tipo pseudostatico.

Nel caso di opere di rilevante importanza, per le quali le analisi di tipo pseudostatico siano ritenute insufficienti, è possibile definire spettri di risposta elastici per i diversi stati limite di interesse utilizzando lo stesso programma citato. Tale analisi sono eventualmente riportate negli elaborati specifici delle singole opere. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 51/125

11. GEOTECNICA

Il presente capitolo riporta la caratterizzazione geotecnica delle principali unità litostratigrafiche individuate lungo il tratto autostradale. La caratterizzazione geotecnica si è basata principalmente su:

• descrizione stratigrafica dei sondaggi e dei pozzetti esplorativi;

• interpretazione dei risultati delle prove penetrometriche dinamiche SPT;

• prove di laboratorio sui campioni rimaneggiati ed indisturbati;

• interpretazione delle prove penetrometriche statiche CPTU.

11.1 Unità stratigrafiche: caratteristiche geotecniche

Le unità litostratigrafiche, cosi come presentate nel precedente capitolo, sono state suddivise nelle seguenti unità geotecniche: • Unità 1: Limo – limo sabbioso - argilla limosa – argilla di color nocciola/ocra. Tale unità viene considerata a comportamento prevalentemente coesivo;

• Unità 1a: Intercalazioni di sabbia limosa o sabbia di color nocciola/ocra. Tale unità viene considerata a comportamento prevalentemente granulare;

• Unità 2: Argilla limosa o debolmente limosa/ Limo argilloso o debolmente argilloso –sabbioso – color grigio. Tale unità viene considerata a comportamento prevalentemente coesivo;

• Unità 2a: Intercalazioni di sabbia limosa o sabbia di colore grigio. Tale unità viene considerata a comportamento prevalentemente granulare;

• Unità 2b: Ghiaia o sabbia ghiaiosa di colore grigio.

La definizione delle unità geotecniche è stata introdotta al fine di sintetizzare le proprietà dei materiali, per ottenere una stratigrafia generale da associare alle tratte in progetto. Come illustrato nel profilo geotecnico, il sottosuolo presente nel tratto di strada esaminato, risulta molto stratificato con intercalazioni granulari, che frequentemente interrompono la continuità del materiale coesivo. Nel seguito vengono elencate le principali peculiarità di tale tratta:

• grado di sovraconsolidazione dei materiali: si riscontra sistematicamente il passaggio da materiale sovraconsolidato più superficiale di colore ocra o nocciola (Unità 1) a materiale normalconsolidato più profondo di colore grigio (Unita 2), ad una profondità generalmente compresa tra 10 e 15 m dal p.c. attuale. E’ possibile ipotizzare che i materiali appartenenti alle unità 2 non siano mai stati soggetti a pressioni litostatiche maggiori di quelle attualmente presenti; tali depositi verranno pertanto considerati come normalconsolidati.

• individuazione non sistematica ma diffusa di lenti di sabbia. Le profondità di rinvenimento di lenti di sabbia sono piuttosto variabili. Per lo più le lenti di sabbia risultano superficiali (da circa 0.5 m dal p.c.) ed in altri casi si approfondiscono molto fino anche oltre i 20 m dal piano campagna. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 52/125

• presenza di una crosta superficiale fino ad una profondità di 1.5 - 2m dal piano campagna dovuta ad una leggera sovraconsolidazione (crosta) a seguito delle variazioni stagionali di umidità e, di conseguenza, ai fenomeni di essicamento (suzione) nei materiali a granulometria più fine.

Nel seguito si riportano i parametri di resistenza e deformabilità di ciascuna unità litostratigrafica individuata, desunti, in mancanza dei dati definitivi relativi alla campagna di indagini geognostiche ancora in corso, dai risultati delle indagini relative al progetto di ampliamento della A13 Bologna-Ferrara, contiguo all’area in esame. Per le ghiaie dell’Unità 2b, rinvenute in corrispondenza dell’opera sul Fiume Reno, sono stati riportati i parametri ricavati dall’interpretazione delle prove SPT eseguite nel corso della campagna in corso, già disponibili per quest’opera.

Tabella 2 - Caratterizzazione geotecnica (parametri di resistenza e deformabilità) per Unità 1a

Tabella 3 - Caratterizzazione geotecnica (parametri di resistenza e deformabilità) per Unità 2a

Angolo di resistenza a Modulo di Young (25% Numero di colpi SPT Densità relativa Coesione efficace taglio della deformazione)

Unità Profondità Nspt Dr ϕ ' c' E'25 valore intervallo intervallo valore medio (m) medio (%) (°) (kPa) valori (colpi) valori (MPa) (MPa) (colpi)

17-30 40-60 50 60-90 38-40 0 30-50 40 2b 30-40 50-90 70 60-90 38-40 0 40-60 50

Tabella 4 - Caratterizzazione geotecnica (parametri di resistenza e deformabilità) per Unità 2b Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 53/125

Tabella 5 - Caratterizzazione geotecnica (parametri di resistenza e deformabilità) per Unità 1

Tabella 6 - Caratterizzazione geotecnica (parametri di resistenza e deformabilità) per Unità 2

11.2 Rilevati stradali

I nuovi rilevati stradali saranno realizzati con pendenza delle scarpate 4/7=V/H (V=Verticale, H=Orizzontale). Le verifiche di stabilità dei rilevati, in accordo alle NTC-2008, sono state condotte agli Stati Limite Ultimi utilizzando la Combinazione 2 dell’Approccio 1, caratteristica dello stato limite di resistenza del terreno, che prevede l’utilizzo dei coefficienti parziali A2 per le azioni, M2 per i materiali ed R2 per le resistenze. Nello specifico: • il set di coefficienti parziali A2 indica i seguenti fattori parziali da applicare alle azioni:

− γG1 = 1.0 per i carichi Permanenti Favorevoli e Sfavorevoli;

− γG2 = 0.0 per i carichi Permanenti non strutturali Favorevoli o Variabili Favorevoli;

− γQι = 1.3 per i carichi Permanenti non strutturali Sfavorevoli o Variabili Sfavorevoli.

• il set di coefficienti M2 indica i seguenti fattori parziali da applicare ai materiali:

− γφ’ = 1.25 per la tan φ’;

− γc’ = 1.25 per la coesione efficace c’;

− γcu = 1.40 per la coesione non drenata cu;

− γg = 1.00 per il peso specifico γ.

• il set di coefficienti R2 indica un coefficiente parziale pari a 1.1. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 54/125

L’adozione di questo approccio comporta nelle analisi di stabilità l’utilizzo di carichi e parametri geotecnici fattorizzati con i coefficienti parziali A2 ed M2 di cui sopra e la verifica che il Fattore di Sicurezza risulti almeno pari a 1.1 (R2=1.1). L’azione sismica nelle verifiche di stabilità con approccio pseudo-statico viene rappresentata da un’azione statica equivalente, costante nello spazio e nel tempo, proporzionale al peso del volume di terreno potenzialmente instabile. Nelle verifiche agli SLU, in mancanza di studi specifici, le componenti orizzontale e verticale di tale forza possono esprimersi come:

Fh = kh* W

Fv = kv* W dove kh e kv sono i coefficienti sismici orizzontale e verticale rispettivamente pari a: kh = βs x amax /g kv = ±0.5 kh in cui bs = coefficiente di riduzione dell’accelerazione massima attesa al sito; amax= accelerazione orizzontale massima attesa al sito. Per il sito in esame risulta:

• βs = pari a 0.28, valido per categorie di suolo B, C, D ed E con ag(g) compresa tra 0.2 e 0.4.

• amax = SS * ST * ag (g) = 1.612 * 1.0 * 0.216 g = 0.348 g

Pertanto i coefficienti sismici orizzontale e verticale risultano rispettivamente pari a: kh = 0.097 kv = ± 0.049

Oltre alle citate analisi di stabilità, data la natura sostanzialmente coesiva e compressibile dei terreni di fondazione, è stata svolta un’approfondita analisi dei cedimenti attesi. In ragione dell’ordine di grandezza dei cedimenti stimati, si è deciso di adottare per i rilevati superiori ai 2÷3 m di altezza, presenti in corrispondenza delle rampe di approccio ai cavalcavia in progetto, realizzate con muri in terra armata, un alleggerimento del corpo dei rilevati con argilla espansa, al fine di diminuire i carichi gravanti in fondazione: con questi accorgimenti infatti i cedimenti indotti diminuiscono del 50% circa.

11.3 Caratteristiche dei piani di posa e bonifiche

Gli spessori della bonifica superficiale del piano d’imposta dei rilevati sono stati definiti, in mancanza dei dati definitivi relativi alla campagna di indagini geognostiche ancora in corso, sulla base dei risultati delle indagini relative al progetto di ampliamento della A13 Bologna-Ferrara, contiguo all’area in esame, per il quale si hanno a disposizione le stratigrafie di numerosi pozzetti esplorativi eseguiti lungo il tracciato, spinti mediamente sino a 4 m circa di profondità dal piano campagna. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 55/125

Le stratigrafie disponibili hanno evidenziato la presenza di uno strato di copertura vegetale dello spessore medio di 0.3-0.5 m e più in profondità terreni quasi sempre coesivi di media consistenza. Le prove di carico su piastra, eseguite sui terreni di sottofondo dei rilevati hanno fornito valori del modulo di compressibilità al 1° ciclo di carico (Md) mediamente inferiori ai 15 MPa, requisito minimo richiesto dalle Norme Tecniche del Capitolato Speciale d’Appalto Autostrade. Alla luce delle caratteristiche dei terreni di sottofondo sopra esposte, data la netta prevalenza di terreni di natura argillosa e limosa, appartenenti ai gruppi A-6 e A-7-6 della classifica CNR-UNI, è stato previsto, oltre allo spessore di scotico di 20 cm, uno spessore di bonifica variabile da un minimo di 30 cm ad un massimo di circa 130 cm. Si ritiene infine che, data la natura argilloso-limosa dei terreni naturali di sottofondo, i 30 cm inferiori dello spessore di bonifica possano essere realizzati a messo di miglioramento del terreno naturale di sottofondo mediante stabilizzazione a calce in situ. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 56/125

12. ARCHEOLOGIA

12.1 Premessa

Il presente paragrafo ha come scopo l'analisi e definizione dell'impatto archeologico nelle aree interessate dalla realizzazione del Progetto Definitivo "A14 Bologna-Bari-Taranto. Potenziamento del sistema tangenziale di Bologna fra Borgo Panigale e San Lazzaro. Interventi di completamento della rete di adduzione. Intermedia di Pianura". Tale studio archeologico rientra nelle attività di “Verifica preventiva dell’interesse archeologico” (come previsto dall'art. 25 del D.Lgs. n. 50/2016), ed è finalizzato ad una definizione quanto più precisa possibile delle conoscenze archeologiche del territorio, in modo da poter prevedere, per quanto sia possibile, l’impatto dell’opera sulla relativa componente archeologica. La metodologia applicata per lo svolgimento del lavoro, concordata con gli ispettori della Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna territorialmente competenti e finalizzata a quanto esposto precedentemente, ha previsto le seguenti fasi: • Raccolta dei dati: - ricerca bibliografica; - consultazione dei dati archivistici conservati presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici territorialmente competente, di concerto con i funzionari di zona interessati; - consultazione dei relativi piani urbanistici, in modo da verificare l’esistenza di vincoli archeologici disposti dall’ente di tutela; • analisi geomorfologica del territorio, quale indicatore della presenza di possibili insediamenti antichi; • analisi dell’ambiente antropico antico: valutazione delle modalità di popolamento specificatamente all’area interessata dai lavori; • analisi dei dati concernenti l'attività di sorveglianza archeologica alle indagini geognostiche; • analisi e sintesi dei dati, valutazione del potenziale archeologico. Data la presenza di ingenti riporti alluvionali sono state invece considerate inutili le ricognizioni.

Tale ricerca, come di consueto, non ha riguardato solo l'area di progetto ma è stata estesa anche alle zone immediatamente limitrofe calcolando, d'accordo con i funzionari della Soprintendenza, un buffer territoriale di almeno 500 m, in modo tale da avere un quadro più esaustivo possibile della conoscenza del territorio.

12.2 Sintesi Storico-Archeologica delle Aree Oggetto dei Lavori

Il comparto territoriale su cui insisterà l’Intermedia di Pianura abbraccia un’area piuttosto vasta, ricca di numerosissime testimonianze di tipo storico-archeologico pertinenti ad epoche diverse. In nessuna delle aree interessate dal progetto si segnalano testimonianze di epoca preistorica. L’età del Bronzo è testimoniata invece da un unico rinvenimento (strutture pertinenti ad un insediamento databile fra il 1.330 ed il 1.170 a.C.) effettuato in località Fondo Boschi, presso Calderara di Reno. L’età del Ferro è mediamente testimoniata in tutti i comuni interessati dall’opera: presso Granarolo si segnala il rinvenimento di un insediamento produttivo (presso il nuovo Centro Tecnico di via Prati), di un focolare, Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 57/125 genericamente attribuibile all’età protostorica, ad una profondità di m 1,80 e di più generici livelli antropizzati. Approssimativamente alla stessa quota (m 1,30 di profondità) sono stati individuati livelli antropizzati protostorici presso Calderara di Reno. Livelli antropizzati riconducibili all’età del Ferro ed individuati presso Castel Maggiore presentano invece quote notevolmente inferiori (m 2,80/3,10 di profondità). Sempre pertinente alla stessa fase è un abitato (IX-VII sec. a.C.) rinvenuto presso Sala Bolognese; si segnalano infine le aree di frammenti fittili superficiali individuate a Calderara e Granarolo. In età romana il comprensorio in questione entrò a far parte dell'area agricola centuriata posta a nord della colonia di Bononia. Proprio a questo periodo, ed in particolare ad una deduzione coloniaria di età triumvirale - augustea (I sec. a.C.), risale la strutturazione agraria del territorio, secondo porzioni quadrate (centuriae) di circa 710 m di lato, definite da assi viari e canalizzazioni di scolo. In merito alla ricostruzione proposta in questa sede, essa è frutto delle rare sopravvivenze del sistema centuriale nell’attuale paesaggio agrario (principalmente rinvenute nei PSC comunali), completate con la proiezione dei sicuri assi centuriali individuati nei vicini comuni. Si è stabilito quindi di utilizzare per la cartografia un’apposita legenda, in modo da distinguere i tratti certi da quelli puramente ipotetici e, ad oggi, privi di qualsiasi riscontro. In merito alle attestazioni materiali di epoca romana, tutta la zona è interessata dalla presenza di numerosissime aree di frammenti fittili (per le quali risulta difficile avanzare una certa interpretazione cronologica), alcune delle quali potrebbero essere interpretate come insediamenti a carattere abitativo, edifici rustici o ville, coerenti con la suddetta organizzazione, in alcuni casi connessi con attestazioni a carattere produttivo-artigianale. In merito a rinvenimento di edifici rustici veri e propri, questi si individuano nei comuni di Granarolo e Calderara: in quest’ultimo si segnala la villa rustica a San Vitalino, con resti strutturali emersi ad una profondità di m 3,00; il complesso rustico di età repubblicana rinvenuto in via della Mimosa a m 1,10 di profondità; l’insediamento rurale di S. Girolamo (I sec. a.C.-IV sec. d.C.) con tracciato viario interno alla centuria ed orientato con esso. Sempre presso Calderara sono state individuate, presso Fondo Peloso, strutture murarie ad una profondità di m 1,80. Rare le attestazioni di sepolture. Considerando l’estensione dell’area centuriale, colpisce la scarsità del dato presso Castel Maggiore e Sala Bolognese, che può tuttavia essere spiegata con la profondità della stratigrafia antica, in questa zona colmata spesso da ingenti riporti alluvionali. Infine, sempre in età romana, venne a consolidarsi l'importanza dell'asse viario da identificarsi con la direttrice Bologna-Padova, rinvenuta ad una profondità media di m 2,20, il cui percorso è segnato da alcuni rinvenimenti noti: essa dovrebbe essere precedente alla centuriazione con cui effettivamente non è in asse. L’orizzonte medioevale è attestato da alcuni complessi religiosi tutti nell’area di Calderara: monastero di S. Vitale fondato nell’VIII secolo, il complesso “Tomba Magna” del XIII secolo, la Chiesa di S. Michele del XIII secolo. Aree di frammenti fittili riconducibili a frequentazione di epoca medioevale sono state localizzate a Castel Maggiore e Granarolo.

12.3 Valutazione del Rischio Archeologico

Al fine di avanzare una valutazione del potenziale archeologico, si evidenziano i seguenti aspetti: Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 58/125

• gli interventi si inseriscono in un comparto ricchissimo di testimonianze archeologiche di grande interesse, che permettono di evidenziare come tutta la zona sia stata sede preferenziale di occupazione dall’epoca protostorica in poi, senza soluzione di continuità; • in particolare l’area è caratterizzata da una maglia centuriale solo in parte nota, all’interno della quale il rischio archeologico è legato soprattutto alla possibilità di individuazione degli edifici ad essa riferibili; • le evidenze archeologiche note si riferiscono sia a rinvenimenti superficiali sia all’esito di indagini profonde; • i dati di scavo a disposizione permettono di ricostruire una stratigrafia costituita da ingenti riporti alluvionali, soprattutto in corrispondenza di Calderara e Castel Maggiore: qui i livelli romani sono solitamente presenti fra m 1,80 e 3,00, mentre il villanoviano è stato rinvenuto ad una profondità di m 2,80 a Castel Maggiore. La stratigrafia sembra risalire in corrispondenza di Granarolo che, essendo localizzata su un dosso, conserva tutto a quote più alte: qui, ad esempio, il villanoviano si trova ad una profondità di m 1,80. Tale stratigrafia appare quindi essere tendenzialmente inferiore rispetto alle quote di progetto; • gli interventi in progettazione prevedono sia semplici adeguamenti (ampliamento di circa m 6,00 con scavi profondi sino a m 1,00) che nuove tratte (occupazione di suolo verginee non depauperato in termini di eventuale conservazione del bene archeologico).

Segue la definizione del potenziale archeologico per singola tratta.

1. TRATTA A L’intervento, che risulta essere un adeguamento della viabilità esistente con l’inserzione di nuove rotatorie, risulta limitrofo a numerose attestazioni archeologiche ed insiste in una zona agricola e poco urbanizzata; l’unica interferenza è segnalata con il cantiere posizionato in corrispondenza del sito n. 63; durante l’assistenza archeologica alle indagini geognostiche, è stato rinvenuto, ad una quota di m 1,10 circa, un possibile paleosuolo dell’età del Ferro. In base a quanto detto, il potenziale può essere definito come indiziato da elementi documentari oggettivi, non riconducibili oltre ogni dubbio all'esatta collocazione in questione (ad es. dubbi sulla erraticità degli stessi), che lasciano intendere un potenziale di tipo archeologico (geomorfologia, topografia, toponomastica, notizie) senza la possibilità di intrecciare più fonti in modo definitivo (Potenziale n. 5, Rischio medio). Il cantiere in interferenza possiede invece un rischio certo (Potenziale n. 9).

2. TRATTA B La prima parte dell’intervento è in riqualifica, mentre la seconda, che si sviluppa per 1.340 m, su nuova sede ed include l’attraversamento del Reno; l’intervento attraversa la parte di griglia centuriale puramente ipotetica e non risulta interferente con nessun elemento archeologico noto; in base a quanto detto, il potenziale può essere definito come indiziato da elementi documentari oggettivi, non riconducibili oltre ogni dubbio all'esatta collocazione in questione (ad es. dubbi sulla erraticità degli stessi), che lasciano intendere un potenziale di tipo archeologico (geomorfologia, topografia, toponomastica, notizie) senza la possibilità di intrecciare più fonti in modo definitivo (Potenziale n. 5, Rischio medio). Tale potenziale può essere esteso anche alle aree di cantiere.

3. TRATTA C Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 59/125

L’intervento prevede la riqualifica di via Corticella (parte di questo intervento prevede uno scostamento dell’asse stradale esistente verso nord per evitare un’area vincolata); l’intervento attraversa la parte di griglia centuriale puramente ipotetica e non risulta interferente con nessun elemento archeologico noto; le indagini archeologiche preventive effettuate per adeguamento servizi Hera (n. 76) hanno dato esito negativo; in base a quanto detto, il potenziale può essere definito come indiziato da elementi documentari oggettivi, non riconducibili oltre ogni dubbio all'esatta collocazione in questione (ad es. dubbi sulla erraticità degli stessi), che lasciano intendere un potenziale di tipo archeologico (geomorfologia, topografia, toponomastica, notizie) senza la possibilità di intrecciare più fonti in modo definitivo (Potenziale n. 5, Rischio medio). Tale potenziale può essere esteso anche alle aree di cantiere.

4. TRATTA D A differenza delle tratte precedenti, questa si sviluppa completamente su nuova sede, non essendo previsti tratti in riqualifica se non quelli in cui la tratta interseca la viabilità esistente: questo, in termini archeologici, si traduce in forte consumo di terreno vergine e buona possibilità di conservazione dell’eventuale elemento archeologico; l’intervento attraversa un’area centuriale nota, interferendo con assi centuriali ipotetici; considerando anche l’insistere in una zona agricola e poco urbanizzata, il potenziale può essere definito come indiziato da dati topografici o da osservazioni remote, ricorrenti nel tempo e interpretabili oggettivamente come degni di nota (es. soilmark, cropmark, micromorfologia, tracce centuriali). Può essere presente o anche assente il rinvenimento materiale (Potenziale n. 6, Rischio medio).

5. TRATTA E Tracciato completamente su nuova sede, il che, in termini archeologici, si traduce in forte consumo di terreno vergine e buona possibilità di conservazione dell’eventuale elemento archeologico; l’intervento attraversa un’area centuriale; il progetto lambisce numerose attestazioni archeologiche e risulta direttamente interferente con i siti nn. 41 e 93; uno dei cantieri previsti interferisce con il sito n. 93. In base a quanto detto il potenziale può essere considerato indiziato da ritrovamenti diffusi. Diversi ambiti di ricerca danno esito positivo. Numerosi rinvenimenti materiali dalla provenienza assolutamente certa. L'estensione e la pluralità delle tracce coprono una vasta area, tale da indicare la presenza nel sottosuolo di contesti archeologici (Potenziale 8, Rischio alto).

12.4 Conclusioni

Gli interventi in progettazione ricadano in un’area caratterizzata da interessanti elementi di interesse archeologico, di natura e tipologia diversa, con alcune interferenze dirette; da segnalare tuttavia come i ritrovamenti noti indichino una profondità dei giacimenti generalmente maggiore rispetto alle quote di progetto. L’elaborazione dei dati in possesso ha permesso di indicare per ciascuna tratta un grado di rischio diverso che va dal medio (Tratte A-D) all’alto (Tratta E), indicazione che probabilmente renderà necessaria l’esecuzione di una campagna di indagini archeologiche preventive.

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 60/125

13. IDROLOGIA E IDRAULICA

Per la determinazione del regime pluviometrico della zona si è fatto riferimento ai risultati ricavati nell’ambito dello studio “La valutazione delle piogge intense su base regionale” (A. Brath, M. Franchini, 1998). Lo studio citato ha come oggetto la definizione del Metodo VAPI-piogge al territorio appartenente alle regioni amministrative Emilia-Romagna e Marche. Per l’area di intervento sono stati stimati valori dei parametri delle curve di possibilità climatica utilizzate per il dimensionamento delle opere idrauliche del sistema di drenaggio e qui di seguito viene riportata la linea segnalatrice di possibilità pluviometrica utilizzata per il tempo di ritorno pari a 25 anni. Valori dei parametri delle LSPP per diversi TR e durate inferiori all’ora

13.1 Interferenze idrografiche ed interventi di sistemazione idraulica

Le opere in progetto interferiscono con il reticolo principale per quanto riguarda il fiume Reno e il Torrente Savena abbandonato; per tali corsi d’acqua si sono effettuate modellazioni idrauliche in moto permanente in modo da ottemperare alle richieste dell’ente sovrintendente alla tutela e regimentazione degli stessi, ovvero l’Autorità di bacino del fiume Reno. Per quanto riguarda il reticolo secondario le interferenze riguardano la rete di canali e scoli del Consorzio della bonifica Renana; la soluzione di tali interferenze è stata effettuata con lo studio e la progettazione di opere di attraversamento compatibili con i vincoli imposti dall’ente gestore. Di più, per la rete dei fossi e scoli irrigui interferita dalla viabilità si è prevista la realizzazione di nuovi fossi e attraversamenti in grado di ripristinare le condizioni di deflusso preesistenti, in modo da non alterare le dinamiche irrigue ante operam.

13.2 Interferenze idrografiche principali

13.2.1 Fiume Reno

Allo scopo di valutare l’entità delle profondità di scavo in corrispondenza delle pile del viadotto in progetto, sono state condotte delle simulazioni mediante modello matematico monodimensionale in moto permanente del comportamento idraulico del fiume Reno utilizzando il software di calcolo Hec-Ras (Hydrologic Engineering Center's River Analysis System) versione 4.1.0. Il modello è stato realizzato a partire dalle sezioni batimetriche rese disponibili dall’Autorità di Bacino. In corrispondenza dell’ubicazione dell’opera in progetto, le sezioni di monte e di valle sono state ricostruite come di seguito illustrato.  Il fondo dell’alveo è stato ricavato a partire da un’interpolazione tra i fondi delle sezioni AdB disponibili a monte e a valle dell’opera in progetto. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 61/125

 Gli argini sono stati ricavati dal rilievo fotogrammetrico a disposizione. I valori dei principali parametri utilizzati nel modello sono di seguito elencati.  Portata in progetto = 2280 mc/s per tempo di ritorno pari a 200 anni; 1980 mc/s per tempo di ritorno di 100 anni.  Scabrezza di Manning (s/m1/3): alveo inciso = 0.044; golene = 0.055.

Come condizione al contorno di valle, è stato calcolato per tentativi il valore della pendenza di fondo alveo che fornisse un’altezza di moto uniforme congruente con la quota idrometrica T100 fornita dall’AdB: tale valore è pari allo 0.17%. Nella simulazione T200 si è assunta quale condizione al contorno di valle l’altezza di moto uniforme correlata alla pendenza dello 0.17%. Si è così ottenuta una quota idrometrica nell’ultima sezione di valle pari a 33.09 m s.l.m. Rispetto alla prima simulazione, quindi, si ottengono tiranti più bassi e, di conseguenza, velocità più elevate. Nella figura seguente si riporta lo schema della modellazione idraulica adottata in corrispondenza del ponte in progetto. La quota idrometrica per tempo di ritorno di 200 anni in corrispondenza del ponte risulta pari a 35.70 m s.l.m. (35.35 m s.l.m. in corrispondenza della sezione di monte), mentre la quota del thalweg risulta pari a 22.49 m s.l.m.

Schema della modellazione idraulica adottata in corrispondenza delle pile del ponte in progetto sul fiume Reno.

Applicando la teoria di Breusers, è stato calcolato la profondità di scavo della corrente in corrispondenza delle sette pile del viadotto, assumendo il valore del diametro caratteristico del materiale d50 (il passante al 50%) pari a 0.01 m. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 62/125

Calcolata l’altezza di scavo della corrente, è stato infine possibile determinare la quota limite superiore per l’estradosso delle fondazioni delle pile del ponte. Alla luce dei notevoli fenomeni erosivi a cui il fiume è assoggettato, con possibili fenomeni di “divagazione” dell’alveo nel corso del tempo, si è optato per un approccio cautelativo della stima della quota adottata associare all’estradosso delle fondazioni pile 2, 3, 4, 5 e 6; la quota di estradosso è stata infatti calcolata sottraendo alla quota del thalweg (22.49 m s.l.m.) una quantità pari all’altezza di scavo calcolata con la formula di Breusers in corrispondenza ad ogni singola pila. I risultati del dimensionamento sopra descritto vengono brevemente riportati nelle figure seguenti.

Schema di calcolo della quota dell’estradosso delle fondazioni delle pile del ponte in progetto.

Risultati del dimensionamento idraulico del valore della quota dell’estradosso delle fondazioni delle pile del ponte in progetto. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 63/125

I risultati ottenuti hanno permesso di dimensionare in maniera corretta le pile, in modo da non essere influenzate dalla profondità di scavo generata dal deflusso delle correnti di piena.

13.2.2 Torrente Savena “abbandonato”

La seconda interferenza col reticolo principale è quella riguardante il torrente Savena. L’attraversamento stradale in progetto risulta ubicato tra i nodi di controllo dell’Autorità di bacino del fiume Reno 180 e 179 dedicati al torrente Savena Abbandonato. Secondo quanto riportato dall’Autorità di Bacino del Reno nella Relazione del Piano Stralcio per il sistema idraulico “Navile - Savena Abbandonato”, tra le suddette sezioni la quota idrometrica di riferimento (definita per la portata di 48.9 m3/s, generata da un evento di pioggia con tempo di ritorno di 50 anni) risulta pari a 32.10 m. Il franco disponibile (differenza tra la quota d’intradosso della struttura di attraversamento e la quota idrometrica di riferimento) risulta quindi pari a (32.30 – 32.10) 0.20 m.

13.3 Interferenze idrografiche secondarie

Le interferenze col reticolo secondario sono riferite alle intersezioni tra la viabilità in progetto e i corpi idrici principali del reticolo irriguo del Consorzio della bonifica Renana. Le intersezioni tra i corpi idrici del Consorzio e la viabilità in progetto sono state risolte, per i canali principali interferenti, mediante la realizzazione di opere di attraversamento dedicate. I canali e scoli principali intersecati dalle opere sono, da ovest verso est:

• Gli scoli Canocchietta, Calderara, Peloso, Stelloni, Botte, Carsè, Cadriano e Zenetta di Quarto

Per gli scoli Stelloni, Carsè, Cadriano e Zenetta di Quarto sono stati previsti dei nuovi manufatti di attraversamento, per gli altri scoli i manufatti esistenti sono risultati compatibili con la viabilità in progetto e sono quindi stati mantenuti invariati.

Nella progettazione sono stati rispettati tutti i vincoli imposti dal Consorzio sui corsi d’acqua di propria competenza in materia di fasce di rispetto, franchi, e piste per l’accesso e la manutenzione.

Qui di seguito viene riportata la descrizione ed i risultati della progettazione ottenuti per il canale Zenetta di Quarto. Le altre opere d’arte minori dal punto di vista idraulico sono descritte nel capitolo 12.2.

13.3.1 Canale Zenetta di Quarto

L’alveo del Canale Zenetta di Quarto interseca il tracciato della tratta E della viabilità in progetto all’altezza della sezione di progetto E2-20, alla progressiva + 538 m. In tale tratto la viabilità è prevista su rilevato. Tale canale è caratterizzato, immediatamente a monte del manufatto in progetto, da una sezione trapezia con base minore pari a circa 2.40 m, tirante massimo pari a circa 3.30 m e base superiore, corrispondente ai cigli dell’alveo inciso, di circa 11 m. Nell’immagine sotto riportata sono visibili la struttura dell’opera di attraversamento e la sezione dell’alveo esistente (in marrone tratteggiato) che viene mantenuta. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 64/125

Rappresentazione dell’opera di attraversamento e della sezione del canale Zenetta di Quarto.

Essendo la sezione esistente identica alla sezione di progetto, (la struttura di attraversamento è un ponticello che scavalca completamente l’alveo), ne deriva che la portata indice calcolata transita con un franco minimo pari a 63 cm, così come rappresentato nell’immagine dedicata all’opera.

13.3.2 Interferenze idrografiche minori

Le interferenze minori riguardano sostanzialmente i tombamenti e/o interruzioni dei canali di scolo delle acque di gronda dei campi in direzione sud-nord e le cosiddette “scoline”, ovvero la maglia di irrigazione esistente tra campi attigui ed all’interno degli appezzamenti stessi. Nel caso quindi di compromissione di tali opere si è intervenuti dimensionando i necessari fossi di collegamento e sostituzione, nonché la progettazione di appositi attraversamenti mediante collettori in cls per garantire la continuità idraulica e le direzioni preferenziali di scolo.

13.4 Sistema di drenaggio idraulica di piattaforma

Il sistema di drenaggio garantisce la raccolta delle acque meteoriche ricadenti sulla superficie pavimentata ed il trasferimento dei deflussi fino al recapito; quest’ultimo è costituito dalle aste di qualsivoglia ordine della rete idrografica naturale o artificiale, purché compatibili quantitativamente e qualitativamente.

13.4.1 Requisiti prestazionali

Le soluzioni per lo smaltimento delle acque meteoriche ricadenti sulla pavimentazione stradale dipendono dalle diverse situazioni ed esigenze che si incontrano nello studio della rete drenante, e dovranno soddisfare i seguenti requisiti fondamentali:

§ garantire, ai fini della sicurezza degli utenti in caso di forti precipitazioni, un immediato smaltimento delle acque evitando la formazione di ristagni sulla pavimentazione stradale; questo si ottiene assegnando alla pavimentazione un’idonea pendenza trasversale e predisponendo un adeguato sistema di raccolta integrato negli elementi marginali e centrali rispetto alle carreggiate; Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 65/125

§ convogliare, ove necessario, tutte le acque raccolte dalla piattaforma ai punti di recapito presidiati, separandole dalle acque esterne che possono essere portate a recapito senza nessun tipo di trattamento;

§ laminare le acque di piattaforma relative alle nuove superfici pavimentate in ottemperanza alle Norme tecniche del Piano Stralcio di Bacino per l'Assetto Idrogeologico che impongono il recupero di 500m3/(ha) di nuova superficie impermeabilizzata;

§ evitare che le acque di ruscellamento esterne alle trincee possano determinare l’allagamento della sede viabile.

13.4.2 Schema di drenaggio

Il sistema di drenaggio è suddiviso in tre parti fondamentali:

§ Elementi di raccolta: costituiscono il sistema primario, possono essere elementi continui marginali alla carreggiata o discontinui, ad interassi dimensionati in modo da limitare i tiranti idrici in piattaforma garantendo la sicurezza degli utenti. Rientrano negli elementi di raccolta gli embrici, le canalette grigliate continue o discontinue e le caditoie grigliate.

§ Elementi di convogliamento: rappresentano un sistema secondario, a valle degli elementi di raccolta. Gli elementi del sistema primario scaricano nel sistema secondario; si garantisce così la funzionalità del sistema primario e si evitano rigurgiti in piattaforma ottimizzando la sicurezza dell’infrastruttura. Gli elementi di convogliamento sono costituiti da canalizzazioni a cielo aperto (fossi rivestiti e non predisposti per laminazione) e da collettori in genere. Tali elementi provvedono al trasferimento delle acque verso i recapiti.

§ Elementi di recapito: sono individuati in funzione della vulnerabilità, a seguito delle indicazioni provenienti dagli enti competenti, possono essere aperti o chiusi. Sono posizionati al termine dei fossi di laminazione e scaricano nei corsi d’acqua naturali, nei canali irrigui e nei fossi di scolo della viabilità esistente.

Il tipo di elemento di raccolta da prevedere sull’infrastruttura dipende strettamente dal tipo di sezione che viene considerata. Le sezioni si possono suddividere in:

§ sezione in rilevato;

§ sezione in rilevato su muri in terra armata;

§ sezione in viadotto;

Il sistema di drenaggio, a seconda della pendenza trasversale della piattaforma stradale, si può schematizzare in:

§ drenaggio su entrambi i lati, tipologia presente nei tratti rettilinei (esterno della carreggiata);

§ drenaggio su di un solo lato, presente nei tratti in curva.

Gli elementi costitutivi del sistema di drenaggio sono stati quindi individuati in funzione del tipo di drenaggio e della sezione corrente dell’infrastruttura, secondo lo schema riportato nella seguente tabella; tale Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 66/125 schematizzazione resta, comunque, passibile di modifiche laddove esigenze locali del sistema di drenaggio, dell’infrastruttura o dei recapiti le dovessero richiedere.

Tipo di drenaggio Sezione stradale Elemento di drenaggio embrici con scarico ad intervalli regolari nel fosso al piede con recapito in fosso inerbito

rilevato canaletta grigliata discontinua a passo calcolato con scarico ad intervalli regolari nella tubazione sottostante e scarico con recapito in pozzetto e in fosso inerbito canaletta grigliata continua sul lato cordolo Marginale laterale, uno o rilevato in terra armata corto con recapito in pozzetto e poi in fosso – entrambi i lati alleggerito con pista lato ciclabile con canala in pead continua e ciclabile trasparenza cordolo con recapito in pozzetto e in fosso inerbito canaletta grigliata con scarico ad intervalli rilevato con muro di regolari nella tubazione sottostante e scarico sostegno con recapito in pozzetto e i in fosso inerbito caditoie grigliate a passo calcolato con viadotto scarico nella tubazione sottostante, successiva discesa e scarico in fosso inerbito

Il tracciato stradale può, infine, essere suddiviso in due categorie definite in base all’inserimento o meno di presidi idraulici prima del recapito nel ricettore finale. Il sistema di drenaggio che prevede il convogliamento dell’acqua di piattaforma ai presidi idraulici è denominato “sistema chiuso”, in quanto permette il trattamento dell’acqua dilavante la piattaforma e l’immagazzinamento degli sversamenti accidentali. Qualora l’acqua di piattaforma venga scaricata direttamente nella reticolo naturale, senza l’interposizione di presidi idraulici, il sistema drenante è denominato “aperto”.

Gli elementi primari e secondari di raccolta e convogliamento sono stati ottimizzati sulla base dello studio delle sezioni stradali, delle planimetrie e dei profili di progetto.

13.5 Struttura del sistema e tipologia delle opere in progetto

Prima di entrare nel dettaglio dell’argomento in oggetto è doveroso fare una breve descrizione del progetto di viabilità per il quale tale sistema è stato pensato. Come già esposto nella premessa, trattasi di viabilità di collegamento tra tratte esistenti al fine di migliorare la mobilità del tessuto urbano. Sono presenti due tipologie di realizzazione, una riguardante la nuova viabilità in senso stretto, una di rifacimento della viabilità esistente con miglioramento della stessa dal punto di vista delle caratteristiche viabilistiche. Il progetto si divide in tratte denominate mediante codice alfanumerico da ovest verso est; troviamo quindi le tratte dalla A alla E. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 67/125

13.6 Sistema di drenaggio idraulica di piattaforma

Al fine di assicurare lo smaltimento delle acque meteoriche interessanti la sede viaria, è stato progettato un sistema di drenaggio a gravità in grado di convogliare, con un margine di sicurezza adeguato, le precipitazioni intense verso i recapiti individuati.

Il sistema di raccolta delle acque meteoriche di piattaforma è stato dimensionato e verificato sulla base della precipitazione di progetto e con gli obbiettivi di:

- limitare i tiranti idrici sulle pavimentazioni a valori compatibili con la loro transitabilità; - garantire margini di capacità per evitare rigurgiti delle canalizzazioni che possano dare luogo ad allagamenti localizzati. - garantire una linea idraulica chiusa sino al punto di controllo prima dello scarico nella rete idrografica naturale.

Il tracciato stradale in esame si sviluppa principalmente in rilevato, con presenza di alcuni tratti caratterizzati da opere di attraversamento.

13.6.1 Sezioni in rilevato

Le sezioni in rilevato prevedono, come elemento marginale di captazione delle acque meteoriche, l’impiego di embrici a passo regolare e calcolato, scaricanti in fossi inerbiti al piede del rilevato. In corrispondenza dello scarico il fosso è protetto mediante rivestimento.

Pianta vista e sezione tipologia scarico con embrici

Le sezioni in rilevato che non permettono il posizionamento di un fosso di laminazione al piede vengono drenate mediante l’utilizzo di una canaletta grigliata discontinua in PEAD di altezza pari a 25 cm, larghezza 20 cm e lunghezza pari a 1 m. L’elemento è posto longitudinalmente, ai bordi esterni delle banchine. Le canalette assolvono la funzione di primo elemento ricettore, si prevede quindi il successivo scarico di queste ultime nella tubazione sottostante mediante collettori discendenti DN 160 mm, previsti a opportuni interassi. Lungo detta Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 68/125 tubazione sono stati previsti pozzetti d’ispezione sfalsati rispetto ai suddetti punti di scarico, con passo di 50 metri.

Pianta tipo pozzetto di ispezione e sezione tipo con scarico nella sezione longitudinale nel caso di rilevato

Le tubazioni di drenaggio, in PEAD con diametro nominale variabile tra i 400 e i 600 mm, sono protette da un calottamento in calcestruzzo, qualora necessario, e sono poste altimetricamente in modo da garantire un ricoprimento minimo, rispetto all’estradosso della tubazione, di circa 0.6 m; le pendenze delle tubazioni seguono generalmente quelle della piattaforma, ma non sono mai inferiori allo 0.2%.

13.6.2 Sezioni in presenza di rilevati realizzati alleggeriti su terre armate:

In presenza di rilevati realizzati alleggeriti su terre armate si procede al posizionamento di una canaletta continua in PEAD di altezza pari a 25 cm e larghezza 20 cm, posto in continuità all’estremità del cordolo delimitante la banchina stradale. Al passaggio tra rilevato su muri in terra armata e rilevato convenzionale la canaletta scarica in un pozzetto, dal quale le acque vengono recapitate mediante un collettore in PP SN 16 KN/m2 al fosso inerbito sottostante.

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 69/125

Sistema di drenaggio su muri in terra armata

In presenza di rilevati realizzati alleggeriti su terre armate con predisposizione per pista ciclabile, il drenaggio viene realizzato mediante posizionamento, davanti al cordolo con paratia integrata, una canaletta prefabbricata in pead continua. A passo regolare lungo il cordolo sono presenti le trasparenze necessarie a convogliare le acque dalla banchina alla canaletta.

Sistema di drenaggio su muri in terra armata in presenza di predisposizione per pista ciclabile

13.6.3 Sezioni in viadotto

Nonostante la presenza di diverse tipologie di viadotto, il sistema di drenaggio avviene in tutti i casi mediante caditoie con passo regolare calcolato. Le acque che precipitano sul manto stradale nei tratti in viadotto defluiscono longitudinalmente sul bordo della pavimentazione, in una canaletta ideale delimitata lateralmente dal cordolo dell’impalcato ed inferiormente dalla superficie pavimentata. I deflussi vengono scaricati, tramite caditoie poste al margine della carreggiata, in un collettore in PRFV, di diametro nominale variabile tra i 300 e gli 400 mm, longitudinale sospeso all’intradosso dell’impalcato oppure appoggiato e vincolato ad esso.

Elementi marginali di convogliamento delle acque meteoriche e sezione tipo di scarico nel collettore secondario in viadotto

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 70/125

Nei tratti di viadotto con predisposizione per la realizzazione di eventuale pista ciclabile, come accade sul viadotto di attraversamento del fiume Reno, i deflussi giungono alle caditoie poste oltre il cordolo della barriera di sicurezza mediante opportune trasparenze realizzate nel cordolo stesso. Le portate vengono poi scaricate in un collettore in PRFV, di diametro nominale di 400 mm, longitudinale sospeso all’intradosso dell’impalcato.

Elementi marginali di convogliamento delle acque meteoriche e sezione tipo di scarico nel collettore secondario in viadotto nel caso di presenza di predisposizione per pista ciclabile

13.7 Dimensionamento dei fossi di laminazione

Il dimensionamento dei fossi di laminazione prevede una procedura di calcolo piuttosto articolata. Tale procedura è comandata da alcuni parametri fondamentali:

• PTA regione Emila Romagna, che impone, per le nuove superfici afferenti impermeabili, un volume di invaso che sia almeno pari a 500 mc/ha di superficie impermeabile.

• Da tale imposizione deriva che per i rifacimenti di viabilità esistenti la laminazione dei volumi generati dall’evento meteorico di riferimento su di un determinato bacino si persegue solo per le nuove superfici impermeabili e quindi solo per gli allargamenti delle viabilità. Ne deriva che i rifacimenti senza allargamento di carreggiata non comportano volume di laminazione e quindi le strutture in progetto si limitano ad effettuare un trasferimento di massa.

• La massima portata scaricata dei sistemi di laminazione a bocca tarata e clapet è corrispondente alla portata generata dal bacino della viabilità esistente; in caso di nuova viabilità la portata defluente dalla bocca tarata sarà quella generata dal bacino naturale esistente sulla quale la viabilità di nuova realizzazione insiste.

• Le soglie di sfioro presenti in corrispondenza dei manufatti di laminazione devono essere in grado di caricare le massime portate afferite dal bacino contribuente. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 71/125

Con tali premesse si è quindi costruita una procedura di dimensionamento che viene qui di seguito riassunta:

1) Calcolo l’entità dell’allargamento della viabilità in progetto rispetto alla viabilità esistente; nel caso non vi siano allargamenti non vi saranno portate da laminare ma solo da trasferire al recettore

2) Definisco un bacino contribuente omogeneo per caratteristiche viabilistiche e/o morfologiche

3) Calcolo i parametri fondamentali del bacino, quali lunghezza asta principale, pendenze, superficie afferente,

4) Fisso il tempo di ingresso in rete pari a 3 minuti e calcolo il tempo di corrivazione del bacino

5) Calcolo portata esistente Le portate generate dagli eventi di pioggia con Tr=25 anni sono state calcolate a partire dai seguenti valori della l.s.p.p. a = 45.53 n = 0.515;

6) Impongo che la portata in uscita dalla bocca tarata del tratto in esame coincida con la portata esistente;

7) Calcolo il volume di laminazione con il metodo delle sole piogge imponendo che il t*>= tc;

8) Calcolo volume moto uniforme;

9) Ricavo volume effettivamente disponibile per la laminazione, imponendo una pendenza media del fosso pari a 0.2% e tratti omogenei di circa 100 m;

10) Confronto che il volume utile del fosso sia maggiore del volume idrico invasato;

11) Controllo che il volume invasato sia maggiore del volume minimo di normativa (500mc/ha);

12) Verifico che il franco minimo sia rispettato;

13) Se le verifiche non sono positive aumento la dimensione del fosso;

14) A verifiche positive calcolo, il valore del diametro della bocca tarata.

Dimensioni dei fossi

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13.7.1 L’allontanamento delle acque dalla sede stradale

Laddove possibile, la raccolta e l’allontanamento delle acque di piattaforma verrà effettuata tramite la realizzazione di fossi di laminazione ai piedi del rilevato stradale che colletteranno le acque nei ricettori individuati nelle planimetrie idrauliche allegate. Si considera in questa sede la larghezza corrispondente alla banchina stradale, pari a 1.05 m con sezione liquida triangolare b=105 cm e y= 3 cm per pendenza trasversale pari a 2.5% e 7.3 cm per pendenza trasversale pari a 7% (viabilità in curva) che scarica in caditoie a griglia delle dimensioni di 50x50cm, oppure a stramazzo mediante embrici. Laterali o canalette a passo costante.

Banchina a sezione triangolare

La portata massima smaltibile dalla banchina in funzione della pendenza longitudinale della strada è stata calcolata con la legge di Gauckler-Strickler: m 3 Q = K ⋅ A ⋅ R 2 3 i1 2 sec con: K = coefficiente di scabrezza pari a 70 m1/3s-1 i = pendenza longitudinale A = Area Bagnata in mq C = Contorno bagnato in m R = Raggio idraulico in m Con i valori sopra riportati risulta che la banchina è in grado di convogliare per la pendenza longitudinale dello 0.5% una portata pari a: • 20 l/s per pendenza trasversale pari a 7% • 5 l/s per pendenza trasversale pari a 2.5%

Quando l’apporto di acqua piovana di un determinato tratto di strada raggiunge la predetta portata massima, la banchina non sarà più in grado di smaltire le portate affluenti, per cui si dovrà prevedere un elemento marginale che consenta di convogliare le acque lontano dalla sede stradale. La verifica del passo degli elementi marginali è quindi stata effettuata sia mediante la massima capacità di smaltimento dell’elemento considerato per il tratto in esame sia confrontandolo alla capacità della banchina stradale così come sopra riportato. Il valore minore tra i due stabilisce il passo dell’elemento marginale in questione. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 73/125

In siffatta maniera si è certi che la carreggiata non sarà invasa da battenti idrici che potrebbero causare fenomeni di acquaplaning. Dai risultati ottenuti si è poi deciso, per una questione di semplificazione costruttiva e sicurezza, di ridurre ed uniformare i passi degli elementi marginali secondo la seguente metodologia cautelativa:

• Tratti rettilinei: elementi marginali ogni 15/20 metri • Tratti in curva: elementi marginali ogni 10 metri • Tratti in viadotto elementi marginali ogni 15 metri Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 74/125

14. PROGETTO STRADALE

Il progetto dell’Intermedia di Pianura congiunge i distretti industriali di Sala Bolognese, Calderara, Castel Maggiore, Bologna, Granarolo e Castenaso, fornendo una viabilità per l'appunto "intermedia" tra la S.P.3 Trasversale di Pianura e la Tangenziale di Bologna. Oltre a ciò, essa costituisce un raccordo con le principali viabilità radiali del Comune di Bologna quali la Padullese, la Galliera, la Saliceto, l'autostrada A13, la Porrettana e la Lungosavena. L’asse dell’Intermedia ha uno sviluppo complessivo di circa 20 km, di cui il 43% rappresenta un adeguamento in sede (8,6 Km), il 30% è stato già realizzato a carico degli attuatori di nuovi comparti di edificazione (5,8 Km), ed il 27% è di nuova realizzazione (5,3 Km). Il tracciato è stato suddiviso in 5 tratte funzionali che risultano essere tra di loro indipendenti in quanto tratti di completamento di viabilità già realizzate. In continuità a quanto già realizzato, la tipologia di strada prevista in progetto, è riconducibile alla categoria F1 del DM 5/11/2001 strada locale in ambito extraurbano. Tale tipologia è composta da due corsie di marcia di larghezza 3.50m con banchine di larghezza pari ad 1.00m mentre l’intervallo di velocità di progetto è compreso tra 40 e 100 km/h.

Le interconnessioni con la viabilità esistenti sono garantite per mezzo di rotatorie di raggio esterno pari a 26.00m e anello di larghezza pari a 6.00m o 9.00m in relazione alla presenza o meno di rampe di ingresso a due corsie.

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 75/125

14.1 Tratta A

Il tracciato ha la sua origine dall’intersezione tra la SP568 (Persicetana) e via Valtiera nel comune di Calderara di Reno, dove l’attuale innesto a “T” verrà riqualificato con una nuova rotatoria (R1). Il percorso dell’Intermedia prosegue in direzione nord sull’attuale sedime di via Valtiera fino ad incontrare via Stelloni di Ponente alla quale si connette per mezzo di una rotatoria (R2). Di questo tratto (asse A1), la prima parte presenta un calibro stradale già adeguato mentre la restante parte di circa 715.41m verrà potenziata con adeguamento della sezione stradale e della pavimentazione. Superata la rotatoria R2 il tracciato prosegue verso est lungo via Stelloni di Ponente, per circa 2216.0m (asse A2) fino alla connessione con la SP18 e con via Roma con le quali si relaziona sempre per mezzo di una rotatoria (R3).

TRATTA A1 – A2

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Il tracciato prosegue con la giacitura est-ovest lungo l’attuale sedime della SP18 fino all’intersezione con via Stelloni di Levante alla quale si connette per mezzo di una nuova rotatoria (R4) A differenza di tutto il resto dell’intervento per questo tratto è previsto l’adeguamento ad una strada di categoria C1.

TRATTA A2 – A3

Altimetricamente il tracciato presenta un andamento piuttosto pianeggiante legato essenzialmente al rispetto delle quote degli accessi esistenti al fine di garantirne la continuità.

14.2 Tratta B

Lungo la via Stelloni di levante, all’altezza di via Guardatello, è prevista una nuova rotatoria (R5), dalla quale ha inizio il tracciato di progetto (tratta B1) il cui sviluppo è pari a 1055.19m: in questa tratto la prima parte è in riqualifica, mentre la seconda su nuova sede. La tratta B1 termina in corrispondenza dell’intersezione con la via San Vitalino dove è prevista la realizzazione di una nuova rotatoria (R6).

TRATTA B1

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Il tracciato prosegue (tratta B2) verso sud-est per poi, con un ampio flesso, riportarsi con una giacitura est-ovest fino all’intersezione con via Lame in corrispondenza della rotatoria esistente (I2). Lo sviluppo è pari a 1340.06m. Anche in questa tratta l’altimetria è essenzialmente dettata dall’esigenza di rispettare le preesistenze e minimizzare l’impatto dell’opera: ne fa eccezione il tratto di scavalco del fiume RENO che avviene per mezzo di un ponte a sezione mista acciaio - calcestruzzo costituito da 7 campate per uno sviluppo complessivo di 340m. La livelletta raggiunge un valor massimo pari al 5% mentre la sequenza per i raccordi si prevede una sequenza di concavo-convesso-concavo i cui raggi sono rispettivamente 3000m, 3750m e 500m per l’approccio in rotatoria.

TRATTA B2

14.3 Tratta C

TRATTA C

Continuando verso est all’interno del comune di Castel Maggiore il tracciato dell’intermedia, ricalca via E.Guevara tratto già predisposto. Dall’attuale rotatoria alla fine di via E.Guevara, il percorso prevede la riqualifica di una parte di via Corticella per uno sviluppo pari a 1268.35m; parte di questo intervento prevede uno scostamento dell’asse stradale esistente verso nord per evitare un’area vincolata.

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14.4 Tratta D

La parte centrale dell’intermedia di pianura, compresa tra la tratta C e la tratta D è costituita da assi viari e rotatorie già realizzati (via Fabbri, via Bentini, via Ronco, via di Vittorio) e da tratti in corso di costruzione come il progetto della nuova Galliera.

TRATTA D1-D2

A differenza delle tratte precedenti ed in analogia alla successiva la viabilità in progetto si sviluppa ora completamente su nuova sede, non essendo previsti tratti in riqualifica se non quelli in cui la tratta D interseca la viabilità esistente. In corrispondenza dell’intersezione tra via di Vittorio e via Saliceto, mediante una nuova rotatoria (R7), inizia la viabilità in progetto (Asse D1) che si sviluppa in direzione sud-est scavalcando la A13 mediante un nuovo cavalcavia, per poi proseguire con una curva verso sud al centro della quale, una nuova rotatoria (R8) garantirà la connessione al nuovo casello di Castel Maggiore previsto nell’ambito del progetto di ampliamento alla terza corsia dell’autostrada A13. L’altimetria è dettata dallo scavalco dell’A13 è ottenuto mediante la sequenza di raccordo concavo concesso- concavo rispettivamente pari a 1000m, 3025m e 700m intervallate da due livellette di pendenza pari a 5.50% e 4,50%. L’opera di scavalco è rappresentata da un cavalcavia a via di corsa inferiore a sezione mista acciaio- calcestruzzo di luce pari a 45m. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 79/125

Con un ampio flesso il tracciato prosegue verso est intersecando la SS64 Porrettana. Il tracciato costeggia una vasta zona vincolata evitandone in questo modo l’interferenza. Dall’intersezione con la SS Porrettana, risolta mediante rotatoria (R9), il tracciato prosegue parallelamente alla statale esistente, risalendo verso nord fino a lambire l’abitato di Cadriano nel comune di Granarolo d’Emilia, attraversando una zona agricola ed intersecando la via Cadriano cui si connette per mezzo di una rotatoria (R10 - appartenente alla tratta D). Altimetricamente sia il tratto D2 che il tratto D3 si mantengono sopra al piano campagna, nella misura necessaria a garantire le continuità delle viabilità interferite e degli accessi, nonché l’inserimento di opere idrauliche idonee a garantire la continuità ai corsi d’acqua interferiti.

TRATTA D3

14.5 Tratta E

TRATTA E1

Il tracciato, staccatosi dalla rotatoria R10, con un ampio flesso prosegue verso sud-est (asse E1) per poi riportarsi con una giacitura parallela all’attuale via Passo e risalire infine verso nord in corrispondenza dell’intersezione con la via Viadagola cui si connette per mezzo di una rotatoria (R11) lo sviluppo della tratta è di circa 1608.10m. Analogo andamento planimetrico caratterizza la tratta E2 il cui sviluppo è pari a 1412.51m e termina in corrispondenza dell’intersezione con la via San Donato (R12).

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 80/125

TRATTE E2-E3

Dall’incrocio con via San donato, il tracciato prosegue sul sedime di via Prati che verrà riqualificata per circa 929.60m, al termine del quale, il completamento dello svincolo sulla SP5 Lungo Savena ne conclude l’intervento. L’intersezione in progetto è caratterizzata da uno svincolo a due livelli con 4 rampe monosenso organizzate secondo il tipico schema a “diamante” Altimetricamente tutte e tre le tratte E1-E2-E3 si mantengono sopra al piano campagna, nella misura necessaria a garantire le continuità delle viabilità interferite e degli accessi, nonché l’inserimento di opere idrauliche idonee a garantire la continuità ai corsi d’acqua interferiti.

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 81/125

15. OPERE D’ARTE MAGGIORI

15.1 Ponti e viadotti

Nel seguito l’elenco delle opere d’arte principali:

Opere d'arte maggiori Lunghezza Asse di riferimento Cavalcavia Autostrada A13 L = 45.00 m Tratta B Viadotto fiume Reno L = 340.00 m Tratta D Ponte sul torrente Savena Abbandonato L = 16.70 m Tratta D

15.1.1 Cavalcavia Autostrada A13

Il progetto prevede la realizzazione di nuovo cavalcavia a campata unica, destinato a sovrappassare la sede autostradale dell’Autostrada A13, di luce pari da 45 m. Per la realizzazione del cavalcavia, si adotta la soluzione strutturale del ponte a via di corsa inferiore, al fine di limitare l’ingombro strutturale garantendo il necessario franco altimetrico sul sedime autostradale e nel contempo limitando l’innalzamento della livelletta superiore. L’impalcato è sostanzialmente costituito da due travi d’acciaio a doppio T di altezza variabile da un minimo di 1.90 m ad un massimo di 2.80 m, poste ad un interasse traversale di 13.40 m, e collegate trasversalmente ogni 3 m da 16 traversi metallici, connessi alla soletta mediante piolatura Nelson. Le travi metalliche sono completate da irrigidimenti d’anima a 2 piatti e da un irrigidente longitudinale. L’assieme formato da travi e traversi è stabilizzato, prima della realizzazione della soletta, da un sistema di controventi di montaggio che collegano orizzontalmente le travi in corrispondenza ai traversi.

Profilo longitudinale

La soletta presenta larghezza complessiva pari a 13.40 m e larghezza utile, escluse le parti in ombra alle piattabande delle travi longitudinali, pari a 12.40 m; essa ospita la carreggiata bitumata da 9.0 m e due marciapiedi laterali di larghezza netta pari a 1.70 m, che garantiscono il corretto funzionamento delle barriere di sicurezza. Il getto della soletta, di spessore pari a 20 mm, avviene mediante l’ausilio di coppelle in c.a. dello spessore di 60 mm ordite longitudinalmente sui traversi trasversali; anche la soletta, nella sua configurazione finale, risulta dal punto di vista statico ordita in direzione longitudinale. La pendenza trasversale viene realizzata mediante apposita sagomatura del profilo di estradosso dei traversi, su cui poggia la soletta di spessore Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 82/125 costante. Al fine di ridurre gli effetti coattivi indotti dai fenomeni differiti, la soletta viene suddivisa longitudinalmente in quattro campi mediante l’inserimento di giunti trasversali posizionati in corrispondenza di traversi metallici speciali, realizzati in modo tale da consentire le deformazioni longitudinali e limitare al massimo gli effetti connessi alle dilatazioni termiche e al ritiro.

15.1.2 Viadotto fiume Reno

Il progetto prevede la realizzazione di un ponte sul Fiume Reno, continuo su 8 luci (35.0m + 3x50.0m + 3x40.0m + 35.0m), per un totale di 341.40m, inclusi i retro-trave da 0.70m. L’impalcato è realizzato in sezione mista acciaio/calcestruzzo, con due travi principali a doppio T di altezza pari a 2.50m e soletta in c.a. di spessore minimo pari a 26cm gettata in opera con l’ausilio di predalles metalliche. I traversi sono di tipo rigido, anch’essi con sezione a doppio T. Al fine di garantire sbalzi laterali di soletta significativi e contemporaneamente ridurre l’interasse delle travi riducendo l’ingombro dell’impalcato, i traversi proseguono trasversalmente oltre l’asse delle travi a supporto degli sbalzi stessi.

Profilo longitudinale

Sezione trasversale dell’impalcato

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 83/125

Le dimensioni trasversali della soletta corrispondono a 13.60 m, con cordoli pari a 70 cm, carreggiata bitumata pari a 9.00m e pista ciclabile di 2.50 m e relativo cordolo da 70 cm per l’alloggiamento delle barriera antirumore ove previste. La collaborazione tra la carpenteria metallica e la soletta è garantita dall’installazione di piolaura tipo Nelson sia sulle travi che sui traversi. Al fine di migliorare il comportamento dell’impalcato in fase sismica i vincoli in corrispondenza delle pile sono realizzati con ‘isolatori a scorrimento a superficie curva’; i vincoli in corrispondenza delle spalle sono invece realizzati con ‘isolatori a scorrimento unidirezionali trasversali a superficie curva e slitta unidirezionale longitudinale’, che evitano la generazione di azioni flettenti sull’asse debole delle sottofondazioni. E’ prevista sul lato nord dell’impalcato l’installazione di una barriera acustica. Le pile sono del tipo a lama e rastremate con profilo arrotondato, con sottofondazioni costituite da pali di grande diametro (1500 mm). Le spalle, realizzate in c.a. gettato in opera, sono costituite essenzialmente da un paramento verticale a spessore variabile, impostato su pali di grande diametro collegati alla testa da un cordolo di ripartizione. A tergo delle spalle, sia al fine di contenere il corpo del rilevato realizzato con materiale alleggerito per limitare i cedimenti, sia al fine di sgravare dalle spinte il corpo delle spalle, è prevista la realizzazione di muri in terra rinforzata.

15.1.3 Ponte sul torrente Savena abbandonato

Nell’ambito della tratta D, tra la rotatoria R9 e la rotatoria R10 si rende necessaria la realizzazione di un’opera di tombamento dell’alveo dismesso del Torrente Savena. La superficie del tombamento è in funzione della larghezza della strada nel tratto di attraversamento. L’impalcato è realizzato con l’ausilio di 33 travi prefabbricate in c.a.p. accostate (interasse minimo: 65 cm) e luce di calcolo pari a 15.00 m, solidarizzate dal getto in opera di una soletta di spessore 20 cm. Le travi in c.a.p. presentano un sezione trasversale a “I” costante lungo tutto lo sviluppo (la luce totale è pari a 15.80 m) con altezza pari a 60 cm e larghezza massima pari a 60 cm. La precompressione, a fili aderenti, è realizzata con trefoli da 0.5” in acciaio armonico stabilizzato.

Sezione dell’opera lungo l’asse della trave

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 84/125

L’impalcato viene progettato per resistere a carichi mobili di 1° categoria (come previsto dal D.M. 14/01/2008): a favore di sicurezza l’analisi verrà svolta su una trave centrale, con l’asse stradale parallelo all’asse dell’impalcato. Nei calcoli sono stati considerati due alternativi casi di ricoprimento medio per la parte carrabile: 50 cm e 100 cm. Vengono realizzate in corrispondenza degli argini destro e sinistro due cortine di pali a grande diametro collegati in testa da un cordolo in c.a. che costituisce il piano di appoggio delle travi. La soletta viene solidarizzata in unico getto con gli elementi paraghiaia che emergono da tale cordolo. Staticamente il comportamento dell’impalcato così realizzato, mantiene un funzionamento in semplice appoggio, avendo avuto cura di provvedere a disposizioni costruttive tali da garantire il previsto regime statico. Il nodo di continuità è protetto da un adeguato sistema di impermeabilizzazione che garantisce, oltre alla tenuta, la libertà di rotazione necessaria a non pregiudicare il funzionamento delle travi in semplice appoggio. Lo sviluppo longitudinale in asse della struttura è pari a circa 22.40 m.

Pianta Tombamento alveo del Torrente Savena dismesso

15.1.4 Ponticello Zenetta di Quarto

Nell’ambito della tratta E, all’altezza della progressiva pk 0+538 (asse E2), viene realizzato un ponticello idraulico sul canale Zenetta di Quarto. L’impalcato è realizzato con l’ausilio di 45 travi prefabbricate in c.a.p. accostate ad interasse 65 cm e luce di calcolo pari a 13.00 m, solidarizzate dal getto in opera di una soletta di spessore 20 cm. Le travi in c.a.p. presentano un sezione trasversale a “I” costante lungo tutto lo sviluppo (la luce totale è pari a 13.80 m) con altezza pari a 60 cm e larghezza massima pari a 60 cm. La precompressione, a fili aderenti, è realizzata con trefoli da 0.5” in acciaio armonico stabilizzato. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 85/125

Sezione dell’opera lungo l’asse della trave

L’impalcato viene progettato per resistere a carichi mobili di 1° categoria (come previsto dal D.M. 14/01/2008). Il ricoprimento medio per la parte carrabile è stato posto pari a 50 cm. Vengono realizzate in corrispondenza degli argini destro e sinistro due cortine di pali a grande diametro collegati in testa da un cordolo in c.a. che costituisce il piano di appoggio delle travi. La soletta viene solidarizzata in unico getto con gli elementi paraghiaia che emergono da tale cordolo. Staticamente il comportamento dell’impalcato così realizzato, mantiene un funzionamento in semplice appoggio, avendo avuto cura di provvedere a disposizioni costruttive tali da garantire il previsto regime statico. Il nodo di continuità è protetto da un adeguato sistema di impermeabilizzazione che garantisce, oltre alla tenuta, la libertà di rotazione necessaria a non pregiudicare il funzionamento delle travi in semplice appoggio. Lo sviluppo longitudinale in asse della struttura è pari a 29.80 m.

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 86/125

16. OPERE D’ARTE MINORI

16.1 Opere di sostegno

Nel progetto sono previste le seguenti opere di sostegno: • Ponte sul Reno – Muro di altezza 8.64 m; • Cavalcavia A13 – Muro di altezza 7.5 m.

16.2 Manufatti idraulici

La viabilità in progetto, che si sviluppa lungo la direzione predominante ovest – est, interseca il reticolo irriguo del “Consorzio della bonifica Renana”, i cui ambiti territoriali si estendono dal comune di Calcara sino al comune di San Pietro Terme nella direzione est - ovest., dal Reno al confine con la regione Toscana, nella direzione nord – sud. I manufatti idraulici di attraversamento in progetto riguardano i canali principali del reticolo irriguo. I canali e scoli principali intersecati dalle opere sono, da ovest verso est:

• Gli scoli Canocchietta, Calderara, Peloso, Stelloni, Botte, Carsè, Cadriano e Zenetta di Quarto

Per gli scoli Stelloni, Carsè, Cadriano e Zenetta di Quarto sono stati previsti dei nuovi manufatti di attraversamento, per gli altri scoli i manufatti esistenti sono risultati compatibili con la viabilità in progetto e sono quindi stati mantenuti invariati.

Nella progettazione sono stati rispettati tutti i vincoli imposti dal Consorzio sui corsi d’acqua di propria competenza in materia di fasce di rispetto, franchi, e piste per l’accesso e la manutenzione.

16.2.1 Dimensionamento dei manufatti di attraversamento

Come sopra esposto, alcuni dei corsi d’acqua del reticolo irriguo sono risultati interferenti con le opere in progetto; per tali scoli sono quindi stati realizzati dei manufatti di attraversamento dedicati. I corpi idrici interessati sono: • Scoli Stelloni, Carsè, Cadriano e Zenetta di Quarto

Il dimensionamento idraulico dei manufatti di attraversamento è stato fatto seguendo le direttive indicate dal Consorzio della bonifica Renana, direttive che vengono qui di seguito elencate.

• Per ogni canale si calcola la portata di riferimento in moto uniforme, valutando la pendenza media del fondo di un tratto lungo 200 m centrato nella sezione dell'attraversamento in progetto, ipotizzando la sezione esistente piena (franco nullo)

• Con tale portata si dimensionano i nuovi attraversamenti avendo l’accortezza di verificare che gli stessi abbiano la capacità di far defluire la portata di riferimento a pelo libero. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 87/125

Per gli scoli Stelloni, Carsè, Cadriano e Zenetta di Quarto sono state previste delle apposite rampe di accesso ai fondi coltivati interposti, della larghezza pari a 5 metri, così come da prescrizioni del Consorzio della Bonifica Renana.

Gli altri manufatti idraulici di attraversamento, ovvero quelli inerenti i passi carrai ed i collegamenti tra i fossi irrigui ripristinati ed esistenti, sono realizzati mediante posa di tubazioni n cls di vario diametronominale, ma comunque non inferiore ai 600 mm.

Dal punto di vista strutturale tali attraversamenti vengono realizzati con tombini circolari prefabbricati in c.a. a base piana: per regolarizzare il piano di posa viene gettata in opera una soletta in c.a. di spessore pari a 20 cm. Il ricoprimento dell’opera viene realizzato in due strati: il primo strato è costituito da sabbia (utilizzata come rinfianco ed estesa in altezza fino a 20÷25 cm oltre la testa del manufatto), mentre il secondo strato viene realizzato con materiale da rilevato.

16.2.2 Scolo Stelloni

L’alveo dello scolo Stelloni interferiva pesantemente con le opere viabilistiche in progetto lungo la tratta B e quindi se ne è concordato con il Consorzio il riposizionamento dell’alveo, in modo da non pregiudicare né le opere in progetto né le capacità di deflusso dello scolo stesso. Si è quindi ipotizzato il tracciato del nuovo alveo dello scolo in una posizione consona al collegamento con gli estremi di monte e valle. La sezione del manufatto di attraversamento è stata quindi imposta come rettangolare di dimensioni nette interne (lxh) pari a 3.00x1.50 m. I manufatti di attraversamento progettati per lo scolo Stelloni permettono il transito della portata indice con un franco idraulico di 30 cm. Dal punto di vista strutturale il manufatto si presenta come un tombino idraulico scatolare in c.a. interamente gettato in opera, con spessori pari a 30 cm per la soletta e le pareti laterali e con spessore pari a 40 cm per la fondazione.

16.2.3 Scolo Carsè

L’alveo dello scolo Carsè interseca il tracciato della tratta D della viabilità in progetto all’altezza della sezione di progetto D1-20, alla progressiva + 414 m. In tale tratto la viabilità è prevista su rilevato alleggerito realizzato mediante muri in terra armata. L’angolo, pari a 37°, tra i muri del rilevato e la direzione di deflusso dello scolo sul quale è previsto il manufatto di attraversamento non è compatibile con la stabilità del rilevato stesso. Per tale motivazione è stato necessario prevedere il rifacimento nel tratto immediatamente a monte ed a valle dell’attraversamento dell’alveo dello scolo, così come riportato nell’immagine seguente, per uno sviluppo pari a 36 m verso monte e 20 m verso valle. La sezione del manufatto di attraversamento presenta dimensioni interne nette (lxh) pari a 3.00x1.70 m per una lunghezza pari a 24.70 m. Dalle verifiche idrauliche svolte Il franco minimo esistente rispetto alla sezione piena dell’alveo risulta essere non inferiore a 70 cm. Dal punto di vista strutturale il manufatto si presenta come un tombino idraulico scatolare in c.a. interamente gettato in opera (con spessori pari a 30 cm per la soletta e le pareti laterali e con spessore pari a 40 cm per la fondazione) che interseca i muri in terra armata dell’Asse D1. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 88/125

16.2.4 Canale Cadriano

L’alveo del Canale Cadriano interseca il tracciato della tratta D della viabilità in progetto all’altezza della sezione di progetto D3-37, alla progressiva + 1163 m. In tale tratto la viabilità è prevista su rilevato. Tale canale è caratterizzato, immediatamente a monte del manufatto in progetto, dalla presenza di un tombino scatolare di dimensioni interne pari a circa 1.50x1.70 m (lxh) di lunghezza pari a circa 136 m. La sezione del manufatto di attraversamento è stata quindi imposta come rettangolare di dimensioni nette interne (lxh) pari a 3.50x2.20 m per una lunghezza pari a 17.30 m. Dai calcoli risulta che il manufatto di attraversamento progettato per il canale Cadriano permette il transito della portata indice con un franco idraulico di 30 cm. Dal punto di vista strutturale il manufatto si presenta come un tombino idraulico scatolare in c.a. interamente gettato in opera, con spessori pari a 40 cm per la soletta e le pareti laterali e con spessore pari a 50 cm per la fondazione. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 89/125

17. IMPIANTI

17.1 Impianto di illuminazione

Gli obiettivi che ci si è proposti di conseguire nella realizzazione delle opere in oggetto sono i seguenti: • sicurezza per il traffico stradale veicolare al fine di evitare incidenti, perdita di informazioni sul tragitto e sulla segnaletica in genere; • sicurezza fisica e psicologica delle persone; • integrazione formale diurna e notturna degli impianti; • illuminazione adeguata alle esigenze di praticità ed efficienza degli impianti di illuminazione e sicurezza della viabilità delle strade interessate all’intervento, aumentando l'interesse verso le stesse con scelta opportuna del colore, della direzione e dell'intensità della luce, in rapporto alle costruzioni circostanti; • ottimizzazione dei costi esercizio e di manutenzione in relazione alle tipologie di impianto; • risparmio energetico; miglioramento dell'efficienza globale di impianto mediante l'uso di sorgenti luminose e apparecchi di illuminazione, finalizzati a un migliore rendimento e semplice manutenzione; • contenimento dell'inquinamento luminoso atmosferico e stradale e dell'invasività della luce. L’approccio progettuale per risolvere dal punto di vista illuminotecnico gli interventi puntuali previsti dal progetto stradale sono stati i seguenti: • individuazione delle caratteristiche ambientali dei luoghi; • rilievo della situazione esistente del tratto interessato all’intervento; • formulazione di una soluzione integrata: con il piano locale delle tipologie illuminotecniche, della distribuzione dei punti luce, delle prestazioni richieste per le singole zone, delle tipologie di riferimento costruttive e impiantistiche e dell'inserimento ambientale.

17.1.1 Criteri di progettazione

17.1.1.1 Caratteristiche illuminotecniche

I criteri generali di progettazione illuminotecnica seguiti sono quelli indicati dalla normativa UNI vigente, con diversa applicazione secondo i percorsi del tratto di strada (superficie, sottopasso, galleria, tratto urbano). In particolare per i tratti di superficie, l’individuazione della zona di interesse, la selezione delle classi di illuminazione sono state eseguite secondo le norme EN 13201-1 e la UNI 11248:2012. A tale scopo si è proceduto secondo il criterio seguente: • classificazione dei tratti di strada in funzione del loro impiego, per condizioni omogenee dei parametri di influenza, per definire la categoria illuminotecnica di riferimento; • definizione della categoria illuminotecnica di progetto, secondo la valutazione dei parametri di influenza (analisi dei rischi); • definizione delle categorie illuminotecniche di esercizio: dall’analisi dei rischi e da considerazioni di carattere energetico, si sono valutate le reali categorie illuminotecniche di impiego; • assegnazione a ciascun tratto di strada una tipologia d’impianto in funzione dell’utilizzazione, alle caratteristiche geometriche , ecc; Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 90/125

17.1.1.2 Scelte progettuali

Sono state generalizzate le seguenti scelte, tutte determinate secondo i criteri delle leggi Vigenti e delle Normative tecniche: • uso delle lampade a LED, data la notevole efficienza, durata e controllo della emissione luminosa che tali sorgenti garantiscono; • uso dei sostegni conici diritti in acciaio, laminati e zincati a caldo senza sbraccio, ma con armature stradali tipo “testa-palo”;

17.1.1.3 Illuminazione delle intersezioni

Il principio fondamentale seguito nella progettazione è stato quello per cui l’illuminazione deve rivelare l’esistenza della intersezione, le direzioni delle strade che vi confluiscono e si dipartono da essa, la presenza dei pedoni e altri utenti, le ostruzioni, il movimento dei veicoli nella vicinanze dell’area di intersezione. Il criterio seguito è stato quello di considerare per le rotatorie o punti critici in generale (prossimità di sottopassi, gallerie, ecc.) un livello di luminanza di un grado più elevato di quello previsto per la strada più importante dell’intersezione (pubblicazione CIE 115/95) e indicazioni della norma UNI 11248. Per tutti gli interventi di intersezione si è valutato sia il passaggio da zona non illuminata, sia viceversa, prevedendo un adeguata illuminazione oltre il tratto di dell’intersezione principale, e contemporaneamente oltre il punto di immissione in modo da facilitare la visibilità e la manovra di immissione sulla strada principale. Come si evince dal progetto stradale non vi sono passaggi pedonali. Di seguito viene riassunta la classificazione dei tratti di strada e delle intersezioni secondo le indicazioni della norma UNI11248 e UNI EN 13201; si è sviluppata inoltre l’analisi del rischio ai sensi della norma UNI 11248.

17.1.1.4 Classificazione

Le scelte progettuali per tutto il tratto di intervento si sono basate innanzitutto sulla classificazione della strada, al fine di determinare i requisiti illuminotecnici specifici. Per tale esercizio ci si è affidati alle indicazioni normative della UNI11248:

CLASSE DELLA STRADA strada secondaria extraurbana di rilievi Provinciale tipo F. CATEGORIA ILLUMINOTECNICA DI RIFERIMENTO: ME2 Velocità di progetto: 70-90 km/h L ≥1,5 cd/m2

U0 ≥0.4

Ui ≥0.7 TI ≤10% Tali situazioni si sono valutate nelle condizioni dei parametri di influenza indicati nel prospetto 2 della UNI11248.

17.1.1.5 Analisi del rischio

L’analisi del rischio è stata sviluppata secondo le indicazioni di norma UNI 13201-1; i parametri di valutazione sono stati i seguenti: Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 91/125

Parametri di influenza UNI 13201-1 Tab.1 Categoria illuminotecnica di Velocità Volume Densità Veicoli PROGETTO (da analisi di Composizione Careggiate Luminosità Difficoltà di di delle in dei rischi) UNI 13201-1 progetto del traffico separate ambientale navigazione traffico intersezioni sosta Km/h

M3 Elevata Elevato Motorizzato No Moderata No Moderata Facile C2

1 1 0 1 0 0 0 0 M = 6-3 = M3

Dall’analisi di queste condizioni si è determinato che le condizioni di ingresso possono essere declassate fino al livello M3.

È importante sottolineare che tale classificazione vale per tratti di strada rettilinei e privi di intersezioni secondo le limitazioni di calcolo previsti dalle normative stesse relativamente alla posizione degli osservatori per il calcolo della luminanza. Nel nostro caso tale classificazione è importante per definire la classe illuminotecnica delle intersezioni in rotatoria che sono diretta conseguenza del tratto stradale in cui sono inserite. Nella scelta degli apparecchi e la loro applicazione all’illuminazione viaria si è comunque valutato come requisito essenziale la limitazione verso l’alto del flusso luminoso proveniente dalle sorgenti ai sensi delle normative vigenti, della legislazione nazionale e locale, oltre ai requisiti di buona tecnica derivati dalla letteratura corrente. In particolare si è escluso a priori ogni eccesso dei valori medi di luminanza mantenuta rispetto ai limiti prescritti dalla norma Uni EN 13201-2.

17.1.2 Intersezioni

Come di evince dalle tavole grafiche, il progetto prevede l’illuminazione dei soli tratti di intersezione, con esclusione di tutti i tratti intermedi tra esse. La norma UNI 11248 e la norma UNI EN 13201, prescrivono interventi particolari in caso di situazioni di contiguità tra tratti stradali diversi: il caso delle intersezioni è trattato in modo particolare individuando la categoria illuminotecnica che presenta un livello luminoso comparabile. Si sono distinte due situazioni, secondo l’appendice C della norma: • intersezioni a raso in rotatoria • intersezioni a livello sfalsato Per la definizione delle categorie illuminotecniche comparabili a quella del tratto di strada in cui le intersezioni sono inserite si è fatto riferimento al prospetto 5 della UNI 11248 e alle prescrizioni dell’appendice C della medesima. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 92/125

Tutte le intersezioni in rotatoria presentano dei tratti rettilinei di avvicinamento: per essi sono stati scelti apparecchi con ottica stradale con una disposizione unilaterale destra o sinistra. La disposizione degli apparecchi e la potenza delle sorgenti è riportata in tavola grafica. Vista la scelta progettuale di illuminare solo i tratti critici dell’intervento di variante, per la definizione della categoria progettuale si è considerato il caso seguente:

17.1.2.1 Strade di accesso alla rotatoria non illuminata (bracci di accesso e di uscita)

Dal prospetto 5 della UNI11248 la categoria illuminotecnica ME3 è abbinata alla CE3. Secondo l’art. 9.2 della UNI11248, quando zone adiacenti o contigue prevedono categorie illuminotecniche diverse che a loro volta impongono requisiti prestazionali basati sulla luminanza o sull’illuminamento è necessario individuare le categorie illuminotecniche che presentano un livello luminoso comparabile. Quando la zona contigua costituisce una zona di conflitto, come nel caso di una rotatoria che interrompe una strada, si raccomanda di adottare per detta zona un livello luminoso maggiore del 50% di quello delle strade di accesso. Pertanto si sceglie una categoria superiore alla CE3, ovvero la CE2 CATEGORIA ILLUMINOTECNICA DI RIFERIMENTO: CE2

E ≥ 20 lx

Uo ≥ 0.4

Per evitare il brusco passaggio da zone non illuminate a zone illuminate le strade di accesso sono caratterizzate da un’illuminazione con un livello luminoso caratterizzato da un rinforzo progressivo del livello medio di luminanza all’avvicinarsi alla rotonda. In tal modo l’automobilista percepisce sensibilmente l’avvicinarsi del punto critico che risulta altresì distinguibile da distanza superiore alla distanza di sicurezza In tale caso, vista la velocità di progetto elevata, il tratto di transizione deve essere al minimo di circa 140m, pari al tratto percorso in 5s alla velocità massima del tratto stradale.

Le rotatorie sono di due tipi : di nuova realizzazione definite R1, R2 ecc… e quelle esistenti che vengono aggiornate define con I9 ecc… ecc… . In totale le rotatorie sia esistenti sia di nuova realizzazione saranno diciotto. Alcune di esse presentano conformazioni molto simili tra loro, pertanto si è deciso di raggruppare le diciotto rotatorie in tipologie, dieci in totale. Negli allegati di calcolo pertanto verranno citate le tipologie di rotatoria e le relative rotatorie a cui la tipologia è associata. Per meglio comprendere la suddivisione fare riferimento alla tabella sotto.

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 93/125

Classificazione TIPO Rotatorie

NUMERO TIPO CARATTERISTICHE ROTATORIA Area rotatoria Raggio Esterno N. rami Tipologia Rami Esempio

a) 2 careggiate (3 corsie) b) 1 careggiata (2 corsie) Tipo 1 R14 2122 mq 26 m 4 rami b) 1 careggiata (2 corsie) b) 1 careggiata (2 corsie) c) 2 careggiate (3corsie) 3 rami b) 1 careggiata (2 corsie) Tipo 2 R13 615 mq 14 m b) 1 careggiata (2 corsie) 2 bracci esterni b) 1 careggiata (2 corsie) 3 rami b) 1 careggiata (2 corsie) Tipo 3 R16 2122 mq 26 m b) 1 careggiata (2 corsie) 3 bracci esterni b) 1 careggiata (2 corsie) Tipo 4 R1 - R2 - R5 - I2 2122 mq 26 m 3 rami b) 1 careggiata (2 corsie) b) 1 careggiata (2 corsie) b) 1 careggiata (2 corsie) b) 1 careggiata (2 corsie) Tipo 5 R3 2122 mq 26 m b) 1 careggiata (2 corsie) 4 rami b) 1 careggiata (2 corsie) 2 bracci esterni b) 1 careggiata (2 corsie) b) 1 careggiata (2 corsie) Tipo 6 R6 2122 mq 26 m 5 rami b) 1 careggiata (2 corsie) b) 1 careggiata (2 corsie) d) 1 careggiata (1 corsia) b) 1 careggiata (2 corsie) R7 - R4 - R9 - R10 - b) 1 careggiata (2 corsie) Tipo 7 2122 mq 26 m 4 rami R12 b) 1 careggiata (2 corsie) b) 1 careggiata (2 corsie) b) 1 careggiata (2 corsie) Tipo 8 R8 - R11 2122 mq 26 m 2 rami b) 1 careggiata (2 corsie)

a) 2 careggiate (3 corsie) Tipo 9 R15 2122 mq 26 m 3 rami a) 2 careggiate (3 corsie) a) 2 careggiate (3 corsie)

INTERSEZIONE I9 4 bracci 4 Intersezioni a raso

17.1.2.2 Alimentazione, manutenzione e gestione

• impiego di apparecchi di illuminazione stradale e proiettori di tipo carenato, con chiusura rapida, di facile installazione e manutenzione e ottica controllata nei confronti dell'abbagliamento; • impiego di sistemi di regolazione di flusso al fine di contenere i costi di manutenzione, di esercizio e limitare il flusso disperso in determinati orari per i tratti di superficie; • uso del doppio isolamento come protezione contro i contatti indiretti (apparecchi in classe II, cavi e accessori con tensione nominale Uo/U =0,6/1 kV). Le proposte progettuali, per la superficie si sono rivolte ad apparecchi di tipo cut-off, assicurando un elevato controllo dell’abbagliamento; per i tratti urbani si è scelto un apparecchio di arredo urbano con ottica stradale. Per tutto il tracciato della infrastruttura si sono seguiti i dettami della L.R. 19/2003 della Regione Emilia Romagna e le successive modifiche e integrazioni.

17.1.3 Alimentazione e gestione degli impianti

17.1.3.1 Caratteristiche generali

Per l’alimentazione degli impianti elettrici a servizio degli impianti di illuminazione pubblica delle rotatorie saranno previste forniture in bassa tensione una per rotatoria, come si evince dagli elaborati progettuali. Gli impianti saranno alimentati in Bassa Tensione, sistema monofase con una tensione disponibile pari a 230 V. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 94/125

Saranno realizzati con l'impiego di linee in cavo unipolare isolati in gomma di tipo G7, con guaina in PVC, di tipo FG7R, posa interrata entro cavidotti in PVC corrugato serie pesante a doppia parete diametro Ø160 mm, saranno protetti dai cortocircuiti, contatti diretti e indiretti, per tutta la sua lunghezza, mediante le protezioni di tipo magnetotermico differenziale installate sul quadro elettrico a monte e la classe II di isolamento. L’alimentazione dei singoli punti luce sarà effettuata in derivazione dalla dorsale principale. La derivazione sarà eseguita mediante l‘uso di appositi giunti di derivazione, del tipo omologato completi di connettori a vite a brugola del tipo a mantello, e dell’idoneo tegolo monitore di protezione. I giunti sono atossici, privi di scadenza e riaccessibili. Le linee di alimentazione avranno origine dal quadro elettrico installato a valle del contatore di energia, sul quale saranno installati i dispositivi di manovra, protezione e di comando dedicati, secondo le indicazioni dello schema unifilare allegato. La rete di terra dell’impianto di illuminazione risulterà composta di: • Utilizzo del doppio isolamento per la protezione contro i contatti diretti e indiretti dell’impianto, con l’impiego di apparecchiature in classe II; • collegamenti equipotenziali con la barra equipotenziale di terra del quadro elettrico di tutte le strutture metalliche del quadro elettrico in esso contenute; • collegamento al dispersore di terra posto adiacente al quadro elettrico, entro 50cm al massimo, degli scaricatori di sovratensione e sovracorrente di origine atmosferica, mediante cavo tipo N07V-K G/V 1x16mm². Per l’impianto di illuminazione la caduta di tensione sarà inferiore al 3%.

17.1.3.2 Quadri Elettrici

I quadri elettrici saranno costituiti da un gruppo integrato di regolazione e comando e saranno ancorati su di un basamento di fondazione vicino al punto di consegna e saranno costituiti da un armadio in vetroresina atto al contenimento delle apparecchiature di comando e protezione dell'impianto. Le apparecchiature installate all’interno dei quadri elettrici avranno una portata adeguata al carico, tenendo presente gli sviluppi futuri dell’impianto. La protezione delle persone contro i contatti indiretti sarà realizzata mediante componenti di classe II o con isolamento equivalente. Il quadro elettrico generale di alimentazione dell’impianto di illuminazione alimenterà i vari circuiti a valle. I circuiti di alimentazione degli apparecchi per l'illuminazione della carreggiata saranno collegati con i dispositivi di comando e installati in armadio in vetroresina posto a fianco del vano contatore (vedi schema unifilare). Per permettere la regolazione uniforme del flusso luminoso e la stabilizzazione della tensione nelle ore notturne secondo quanto richiesto dalla Legge Regionale, le armature saranno dotate di riduttore automatico di potenza in grado di riconoscere la mezzanotte astrale e quindi ridurre il flusso dell’apparecchio al 50% per 8 ore complessive ( di cui 2 ore prima e 6 ore dopo ).

17.1.3.3 Condutture

I conduttori dovranno essere sempre protetti e salvaguardati meccanicamente mediante la posa entro tubazioni. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 95/125

Le condutture per gli impianti di illuminazione verranno realizzate con tubazioni in PVC corrugato a doppia parete, di diametro tale da garantire un agevole movimentazione dei conduttori secondo le indicazioni di norma, interrate a non meno di 0.5 m di profondità. Il diametro della tubazione sarà comunque almeno pari a 1.4 volte il diametro del cerchio circoscritto al fascio dei conduttori in essa contenuti.

17.1.3.4 Cavi

I conduttori previsti sono del tipo: • unipolari o multipolari in rame, flessibili, isolati in HEPR non propagante l'incendio, sotto guaina in PVC, grado di isolamento non inferiore a 600/1000 V, tipo FG7R . I conduttori saranno contraddistinti dalle colorazioni previste dalle vigenti tabelle di unificazione CEI-UNEL. La sezione dei conduttori, specificata nello schema unifilare dei quadri elettrici corrispondenti, è stata calcolata in funzione della potenza impegnata e della lunghezza dei circuiti in modo da: • limitare la caduta di tensione da vuoto a pieno carico entro il 3% della tensione nominale, per non precludere futuri ampliamenti dell’impianto; • non superare i valori delle portate di corrente ammesse dalle tabelle CEI UNEL vigenti; • garantire la protezione della conduttura da parte delle protezioni installate immediatamente a monte. Ai fini della determinazione del carico reale massimo, viene preso in considerazione il carico effettivo massimo di ogni utilizzazione, compresi i consumi del sistema di cablaggio e alimentazione. Eventuali derivazioni dovranno essere realizzate con appositi morsetti e protette con appositi giunti in gel, con grado di protezione minimo IP68, a garantire la perfetta tenuta all'acqua e all'umidità.

17.1.3.5 Derivazioni Elettriche

Gli allacciamenti elettrici delle lampade montate su sostegno alle linee di alimentazione derivate dalla dorsale principale, dovranno essere realizzati utilizzando giunti di derivazione riempiti con gel del tipo omologato completi di accessori, connettori a vite a brugola del tipo a mantello, preisolati e, per le installazioni in pozzetto, dell’idoneo tegolo monitore di protezione. I giunti saranno atossici, privi di scadenza e riaccessibili.

17.1.3.6 Sostegni

Le armature stradali saranno installate su pali conici in acciaio zincato di altezza fuori terra pari a 8 mt. con attacco testa-palo. I pali troncoconici saranno ottenuti mediante formatura a freddo di lamiera in acciaio S235JR EN 10025 e successiva saldatura longitudinale esterna eseguita con procedimento automatico (arco sommerso) omologato. Tolleranze dimensionali UNI EN 40/2 - UNI EN 10051. La zincatura viene ottenuta mediante immersione in vasche di zinco fuso. Lo spessore dello strato di zinco sarà conforme alle normative UNI EN 40. Altezza fuori terra m. 8; parte interrata m 0,80. Diametro base 158 mm, diametro sommità 60 mm, spessore 4 mm. Dotazione accessori quali foro/asola entrata cavi e morsetto di m.a.t. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 96/125

I pali saranno montati su plinti di fondazione in cls. alloggiati in banchina in modo da garantire le distanze minime richieste per i pali alloggiato, dalla classe di contenimento delle barriere se esistenti. In corrispondenza di ogni plinto, o integrato nel medesimo, sarà predisposto un pozzetto di ispezione con chiusino apribile.

17.1.3.7 Apparecchi illuminanti

E’ previsto l'impiego di apparecchi con ottica stradale rispondenti alle sotto elencate caratteristiche e comunque accettate dalla D.L.:

• Corpo e telaio in pressofusione di alluminio verniciato con polveri poliestere colore da definire con la DL. • Attacco palo in pressofusione di alluminio verniciato dello stesso colore dell’armatura. Adatto per installazioni a testapalo diam. 60-76 mm • Clip di apertura; • Sorgente luminosa costituita dalla combinazione di più moduli LED. Ogni modulo equipaggiato con LED multichip ad elevate prestazioni. • Ottica realizzata con lenti specifiche in tecnopolimero trasparente ad alta trasmittanza • Guarnizione in silicone ad alto potere di compensazione • Pressacavo antistrappo M20 x 1,5mmq in poliammide, per cavo diam. 10-14mm • Viteria esterna in acciaio INOX • Alimentatore elettronico per tensioni nominali 220/240 V 50/60Hz • Morsetto di alimentazione con sezionatore automatico, per cavi 2,5 mmq che all’atto dell’apertura consente di scollegare automaticamente la rete. • Apparecchio a marchio CE; • Grado di protezione: IP66; • Classe II; • Tonalità cromatica : 4000 K

17.1.3.8 Risparmio Energetico

REGOLAZIONE DEL FLUSSO LUMINOSO Per sfruttare appieno le potenzialità di risparmio energetico offerte dai LED, gli apparecchi integrano un sistema elettronico basato su microprocessore per il controllo del flusso luminoso che consente una regolazione continua dallo zero al 100% con proporzionale risparmio energetico.Questo consente di fare funzionare l'apparecchio d'illuminazione a potenza ridotta per alcune installazioni, secondo periodi programmabili.Per semplificare l'applicazione della luce dinamica, l'apparato può essere programmato durante l'installazione secondo un certo numero di scenari stabiliti che possono essere attivati a tempo dal momento dell'accensione o ad un orario stabilito, oppure a tempo al raggiungimento di una soglia del sensore di luminosità. Nel caso specifico, il quadro elettrico sarà dotato sia di relé crepuscolare che da orologio astronomico, i quali lavoreranno in serie. Tali relé controlleranno l’accensione dei circuiti di illuminazione. Gli apparecchi, dotati di riduttore di flusso luminoso programmabile, all'accensione, funzioneranno al 100%, dopo 4 ore passeranno a al 75%, dopo Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 97/125

6 ore passeranno al 50% e dopo 10 ore torneranno al 100% di regolazione del flusso. Gli apparecchi saranno poi spenti quando il crepuscolare generale toglierà corrente alla linea.

Il dispositivo è integrato nell'apparecchio, la commutazione del relay avviene tra 2 contatti di scambio che permettono ai driver di essere in funzione o meno a seconda di come è stato realizzato il cablaggio.

La media tra il periodo di accensione (tramonto) e di spegnimento (alba) del sistema di illuminazione è il punto di riferimento per il dispositivo e viene indicato come "mezzanotte naturale". Un microprocessore calcola il tempo di commutazione desiderato partendo da questo punto di riferimento. Le impostazioni di fabbrica sono 3 ore prima (circa le 22) e 4 ore dopo (circa le 5) rispetto alla "mezzanotte naturale". La durata può essere facilmente modificata dall'utente finale in qualsiasi momento.

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18. OPERE COMPLEMENTARI

18.1 Barriere di sicurezza

La progettazione delle barriere di sicurezza verrà redatta in conformità alle normative vigenti e ai documenti di seguito elencati:

A1. Direttiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 3065 del 25.08.2004. “Direttiva sui criteri di progettazione,installazione,verifica e manutenzione dei dispositivi di ritenuta nelle costruzioni stradali”. A2. D.M. 21 giugno 2004 (G.U. n. 182 del 05.08.04). “Aggiornamento alle istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza e le prescrizioni tecniche per le prove delle barriere di sicurezza stradale”. A3. D.M. 18 febbraio 1992, n. 223. (G:U: n. 63 del 16.03.92). Regolamento recante istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza. A4. D. Lg.vo n. 285/92 e s.m.i.. Nuovo codice della Strada. A5. D.P.R. n. 495/92 e s.m.i.. Regolamento di esecuzione e di attuazione del Nuovo Codice della Strada. A6. D.M. 5 novembre 2001, n. 6792. Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade. A7. Autostrade per l’Italia - Spea “Monografia di progetto n. 2 BARRIERE DI SICUREZZA”, Rev. Maggio 2012. A8. Circolare Ministero dei Trasporti del 15.11.2007 “Scadenza della validità delle omologazioni delle barriere di sicurezza rilasciate ai sensi delle norme antecedenti il D.M. 21.06.2004”. A9. Circolare Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 21.07.2010 “Uniforme applicazione delle norme in materia di progettazione, omologazione e impiego dei dispositivi di ritenuta nelle costruzioni stradali”. A10. Norme UNI EN 1317 “Barriere di sicurezza stradali”: -UNI EN 1317-1:2010: "Sistemi di ritenuta stradali - Parte 1: Terminologia e criteri generali per i metodi di prova"; -UNI EN 1317-2:2010: "Sistemi di ritenuta stradali - Parte 2: Classi di prestazione, criteri di accettazione delle prove d'urto e metodi di prova per le barriere di sicurezza inclusi i parapetti veicolari"; -UNI EN 1317-3:2010: "Sistemi di ritenuta stradali - Parte 3: Classi di prestazione, criteri di accettabilità basati sulla prova di impatto e metodi di prova per attenuatori d'urto"; -UNI ENV 1317-4:2003 “Barriere di sicurezza stradali - Classi di prestazione, criteri di accettazione per la prova d’urto e metodi di prova per terminali e transizioni delle barriere di sicurezza”; Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 99/125

-UNI EN 1317-5:2012 “Sistemi di ritenuta stradali - Parte 5: Requisiti di prodotto e valutazione di conformità per sistemi di trattenimento veicoli”. A11. DM 28.06.2011 (Gun. 233 del 06.10.2011) "Disposizioni sull'uso e l'installazione dei dispositivi di ritenuta stradale".

18.2 Pavimentazioni

Il progetto della nuova pavimentazione ha previsto l’impiego di una sovrastruttura di spessore complessivo pari a 49 cm e così composta:

§ Usura in conglomerato bituminoso (CB) di tipo chiuso con bitumi normali di 4 cm; § Binder in CB con bitumi normali di 5 cm; § Base in CB con bitumi normali di 20 cm; § Fondazione non legata in misto granulare di 20 cm.

Per i tratti su impalcato è prevista la stesa dei soli strati di binder e usura con l'interposizione tra la soletta e la pavimentazione di uno strato di impermeabilizzazione di spessore pari a 1 cm.

18.3 Opere a verde

Le opere a verde hanno l’obiettivo di inserire l’infrastruttura stradale e le opere ad essa collegate (ad. es. le barriere acustiche) nell’ambiente attraversato, di fornire un elemento utile contro l’inquinamento atmosferico da essa prodotto, di riqualificare gli ambiti marginali interessati dai lavori, di valorizzare i corridoi ecologici rappresentati dai corsi d’acqua e di recuperare, dal punto di vista ambientale, le aree utilizzate nella fase di cantierizzazione. Tali opere consistono in interventi vegetazionali, quali inerbimenti ed impianti di specie vegetali autoctone, queste ultime scelte in base alle fitocenosi potenziali e alle caratteristiche microclimatiche del sito, adottati con tipologie diversificate a seconda della funzione che l’intervento puntualmente deve svolgere, anche combinando più tipologie. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 100/125

Per realizzare gli obiettivi ed i criteri progettuali si sono definite le seguenti tipologie di opere a verde, differenziate a seconda della funzione svolta da ciascuna di esse:

• Prato polifita (inerbimenti) • GArb1 – Arbusti misti in gruppo (n. 5) • GArb2 – Arbusti misti in gruppo (n. 7) • GCb – Alberi di Carpunus betulus (Carpino bianco) in gruppo

• FArb – Filare arbustivo misto • FPn – Filare di Populus nigra var. italica (Pioppo cipressino) • Fa – Fascia arboreo-arbustiva

• Mc1 –Macchia arboreo-arbustiva • Mc2 –Macchia arboreo-arbustiva igrofila

A livello generale, la composizione vegetazionale delle tipologie suddette si è basata sulla serie dinamica della vegetazione potenziale naturale, scegliendo specie tipiche e autoctone. Nello specifico, le caratteristiche dimensionali, strutturali e di impianto delle tipologie a verde su elencate sono rappresentate in dettaglio nell’elaborato “Abaco degli interventi vegetazionali”, la loro distribuzione è rappresentata nelle “Planimetrie di progetto” e, infine, le distanze di impianto sono definite nelle “Sezioni trasversali caratteristiche”. Le tipologie di opere a verde sopra elencate potranno essere ulteriormente ottimizzate a fronte di una puntale definizione degli interventi di mitigazione, che potrà emergere dal maggior dettaglio del progetto infrastrutturale e dalle relative interazioni con il territorio attraversato o da particolari situazioni morfologiche. Per quanto riguarda le aree di cantiere previste in progetto, queste hanno attualmente una destinazione agricola e, di conseguenza, al termine dei lavori si prevede in progetto il loro recupero ambientale mediante ripristino ad uso agricolo. Cessata la operatività dei cantieri saranno rimosse le pavimentazioni, i sottofondi, le opere fondali delle baracche di cantiere, le recinzioni e le reti tecnologiche realizzate. Effettuate le operazioni di demolizione e raggiunti gli strati naturali del terreno, è previsto un riporto di suolo vegetale fino al raggiungimento del piano di campagna precedente alla realizzazione delle opere e comunque dello spessore sufficiente al ripristino agricolo delle aree. Il terreno riportato sarà, quindi, lavorato, per renderlo idoneo alla formazione di un prato.

18.4 Opere di mitigazione acustica

La scelta sulle tipologie delle barriere antirumore per la riduzione dell’inquinamento acustico scaturisce da riflessioni inerenti innumerevoli aspetti, acustici innanzitutto, ma anche architettonico-strutturali e costruttivi, in funzione della tipologia di sezione stradale attraversata (rilevato, trincea, opera d’arte), da considerazioni di Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 101/125 natura economica, dalla necessità di soddisfare un’articolata serie di requisiti non solo acustici ma anche meccanici, strutturali e di sicurezza. L'obiettivo primario del contenimento acustico deve essere accompagnato da valutazioni sul piano architettonico e dell'impatto ambientale (effetti visivi e percettivi dell'utente dell'infrastruttura e di chi ne sta al di fuori), in funzione dei contesti attraversati (urbani, extraurbani, punti di particolare pregio storico o paesaggistico), in modo tale da conseguire risultati apprezzabili sulla qualità complessiva del sistema infrastrutturale e dell'ambiente. La tipologia di barriere antirumore, in conformità alla barriere acustiche previste nell’ambito dell’ampliamento alla terza corsia della A13 nel tratto Bologna Arcoveggio – Ferrara sud e attualmente in produzione e contemporaneamente capaci di soddisfare il complesso intreccio di requisiti che la normativa richiede, è la seguente:

Quanto sopra tuttavia non esclude che per determinate situazioni, o in ambiti di particolare pregio ambientale e paesaggistico, si potranno utilizzare altre soluzioni tipologiche rispetto a quella precedentemente rappresentata.

A seguire si riporta l’elenco delle barriere antirumore previste in progetto. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 102/125

Dimensioni Altezza di Sviluppo Lunghezza da progr. a prog. cordolo N° Pali calcolo Sviluppo Superficie Lato cordolo Pali [km] [km] LxH F600 barriera [m] [mq] [m] [m] [m] [m] Rotatoria R1 dx - - 87,00 0.80 x 1.00 27 8,00 5,00 86 430 sx 0+106.64 0+144.53 47,00 0.80 x 2.50 17 8,00 4,50 46 207 Asse A1 sx 0+332.41 0+362.41 31,00 0.80 x 2.50 13 8,00 4,50 30 135 dx 0+210.68 0+248.03 39,00 0.80 x 1.00 15 8,00 6,00 38 228 dx 0+258.89 0+288.11 31,00 0.80 x 1.00 13 8,00 6,00 30 180 Asse A2 sx 0+718.01 0+779.80 67,00 0.80 x 1.00 22 8,00 6,00 66 396 sx 0+842.16 0+931.54 91,00 0.80 x 1.00 28 8,00 6,00 90 540 - - - 103,00 0.80 x 1.00 31 8,00 6,00 102 612 Rotatoria R3 - - - 63,00 0.80 x 1.00 21 8,00 6,00 62 372 Asse A3 sx 0+574.58 0+628.58 55,00 0.80 x 1.00 15 8,00 3,00 54 162 Asse R4b - - - 27,00 0.80 x 1.00 8 8,00 3,00 26 78 (Rotatoria R4) - - - 91,00 0.80 x 1.00 24 8,00 3,00 90 270 Rotatoria R5 - - - 91,00 0.80 x 1.00 28 8,00 6,00 90 540 sx 0+103.45 0+149.57 47,00 0.80 x 1.00 13 8,00 3,00 46 138 Asse B1 dx 0+114.07 0+195.99 83,00 0.80 x 1.00 26 8,00 6,00 82 492 78 8.00 sx 0+395.19 0+811.95 411,00 0.80 x 1.00 18 10.00 4,00 410 1640 19 12.00 Asse B2 sx 1+014.30 1+203.30 - - - - 3,00 191 573 33 13.50 sx 1+205.01 1+310.04 104,00 0.80 x 1.00 4,00 103 412 14 10.00 dx 0+356.30 0+427.93 75,00 0.80 x 2.50 24 8,00 4,50 74 333 dx 0+432.64 0+492.07 63,00 0.80 x 2.50 21 8,00 4,50 62 279 sx 0+433.65 0+511.55 79,00 0.80 x 1.00 25 8,00 6,00 78 468 dx 0+823.43 0+897.89 75,00 0.80 x 1.00 24 8,00 6,00 74 444 Asse C sx 0+827.77 0+893.35 67,00 0.80 x 1.00 18 8,00 3,00 66 198 dx 0+908.57 0+950.57 43,00 0.80 x 1.00 16 8,00 6,00 42 252 sx 0+906.68 0+996.68 91,00 0.80 x 2.50 28 8,00 4,50 90 405 sx 1+005.30 1+055.30 51,00 0.80 x 1.00 18 8,00 6,00 50 300 Asse D2 sx 0+123.40 0+237.32 115,00 0.80 x 1.00 34 8,00 5,00 114 570 Asse D3 dx 0.616.26 0+724.51 107,00 0.80 x 1.00 32 8,00 5,00 106 530 - - - 263,50 0.80 x 1.00 70 8,00 6,00 263 1578 Rotatoria R9 - - - 87,50 0.80 x 1.00 18 8,00 4,00 87 348 - - - 151,00 0.80 x 1.00 35 8,00 4,00 150 600 Asse R9a - - - 99,00 0.80 x 1.00 30 8,00 6,00 98 588 (Rotatoria R9) - - - 95,00 0.80 x 1.00 29 8,00 6,00 94 564 - - - 107,00 0.80 x 1.00 32 8,00 6,00 106 636 Rotatoria R10 - - - 87,00 0.80 x 1.00 27 8,00 6,00 86 516 Rotatoria R11 - - - 167,00 0.80 x 1.00 43 8,00 4,00 166 664 sx 0+489.95 0+540.02 51,00 0.80 x 1.00 18 8,00 6,00 50 300 Asse E3 sx 0+551.27 0+621.51 71,00 0.80 x 1.00 23 8,00 6,00 70 420 Tot 3.568 17.398

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 103/125

19. GESTIONE DEI MATERIALI E DELLE TERRE DA SCAVO

La procedura di gestione dei materiali e delle terre da scavo è svolta ai sensi del D.M. 161/2012. Il Proponente tra gli elaborati progettuali ha presentato il Piano di Utilizzo dei materiali da scavo, in ottemperanza a quanto indicato dall’art. 5 del Regolamento per la gestione dei materiali da scavo, adottato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - ai sensi dell’art. 184-bis, comma 2 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i. e dell’art. 49 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 - con Decreto Ministeriale n.161 del 10 agosto 2012. Il Piano di Utilizzo, redatto secondo le indicazioni di cui all’Allegato 5 del Regolamento, costituisce parte integrante del Progetto Definitivo e descrive le modalità di gestione dei materiali da scavo derivanti dalla realizzazione dell’intervento stradale. Il documento indica le quantità e le modalità di gestione delle terre e dei materiali che si originano nell’ambito delle attività di realizzazione delle opere, nelle fasi di produzione, trasporto ed utilizzo, nonché il processo di tracciabilità dei materiali dai siti di produzione ai siti di deposito intermedio ed ai siti di destinazione. Il Piano di Utilizzo, pertanto, contiene le informazioni necessarie ad appurare che i materiali derivanti dalle operazioni di scavo eseguite per la realizzazione dell’opera in progetto rispondano ai criteri dettati dal Regolamento e stabiliti sulla base delle condizioni previste dall’art. 184bis, comma 1 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., in modo da poter essere escluse dal regime normativo dei rifiuti e quindi essere gestite come sottoprodotti ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. qq) del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i.. Le eventuali attività di smaltimento in discarica o di un loro recupero in impianto autorizzato, seguiranno la normativa di individuazione e classificazione dei rifiuti ed i criteri di gestione e trasporto in discarica. Per il dettaglio dei volumi complessivi dei materiali da movimentare nella fase costruttiva del progetto, si rimanda al paragrafo seguente sul Bilancio dei materiali e delle terre da scavo, ove sono riportati, in sintesi, i dati di produzione degli scavi, di fabbisogno per la realizzazione dei diversi interventi, di approvvigionamento da esterno o da cava e di esubero da inviare a smaltimento autorizzato. Di seguito sono sintetizzate le informazione sul piano di caratterizzazione ambientale eseguito nell’ambito del progetto.

19.1 Caratterizzazione ambientale delle terre da scavo

La caratterizzazione delle caratteristiche chimiche dei terreni interessati è stata definita in base all'estensione delle aree o tratti di progetto con lo scopo di ottenere, prima della fase di scavo, un esaustivo grado di conoscenza dei requisiti ambientali. Tale attività ha avuto anche la finalità di determinare eventuali situazioni di contaminazione o di individuare valori di concentrazione elementale riconducibili al fondo naturale. Nella predisposizione del piano di indagini, sono state considerate le pressioni antropiche presenti le conoscenze desunte dagli studi geognostici e la tipologia di interventi previsti in progetto. Nell’ubicazione delle indagini si sono tenuti in conto i seguenti aspetti: • omogeneità litologica, riferita specialmente alla presenza continua di depositi alluvionali, costituiti principalmente da argille e limi; • tipologia delle aree interferite; Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 104/125

• particolarità e tipologia delle opere previste nei diversi ambiti, caratterizzate da una certa continuità riferita soprattutto alla disposizione dei diversi rilevati stradali. Come da Allegato 2 del Regolamento, l’individuazione della densità dei punti di indagine nonché la loro ubicazione è stata basata su considerazioni di tipo ragionato lungo i diversi ambiti, in considerazione degli interventi e delle opere da realizzare. I punti d’indagine hanno seguito pertanto un modello statistico e sono stati localizzati in posizione opportuna. Nel seguente schema vengono definiti i punti di indagine per ciascuna tipologia progettuale. Le informazioni di ciascun punto d’indagine sono riportate negli elaborati allegati al presente. L’ubicazione dei punti è riportata in apposita planimetria, secondo quanto indicato nell’allegato 5 al DM 161/2012.

Tabella 19-1 Disposizioni per il campionamento da All. 2 del D.M. 161/2012

ESTENSIONI PRELIEVI NOTE

Area < 2.500 m2 minimo n.3 oltre la superficie, l’eventuale volume movimentato (con riferimento ai 3000 mc proposti per la formazione di un 2.500 < Area < 10.000 AREE DI 3 + 1 ogni 2.500 m2 cumulo) per eventuali operazioni di rimodellamento e/o 1 m2 CANTIERE predisposizione di bonifica e sistemazione del piano di posa 7 + 1 ogni 5.000 m2 (ad es. almeno 0,6 m da p.c.). > 10.000 m2 eccedenti

TRACCIATO 2 500 m lineari n.1 campione prelevare un campione per ogni litologia incontrata LINEARE

almeno n. 1 prelevare un campione per ogni orizzonte pedologico campione da 0 a 1m ritenuto significativo anche nel caso in cui vi siano evidenze

SCAVI < 2m dal p.c. organolettiche di potenziale contaminazione 3 si vedano punti 1 e 2 PROFONDITÀ almeno n. 1 prelevare un campione per ogni orizzonte stratigrafico campione fondo ritenuto significativo anche nel caso in cui vi siano evidenze scavo organolettiche di potenziale contaminazione

almeno n. 1 prelevare un campione per ogni orizzonte pedologico campione da 0 a 1m ritenuto significativo anche nel caso in cui vi siano evidenze dal p.c. organolettiche di potenziale contaminazione

SCAVI > 2m almeno n. 1 4 si vedano punti 1 e 2 PROFONDITÀ campione fondo prelevare un campione per ogni orizzonte stratigrafico scavo ritenuto significativo anche nel caso in cui vi siano evidenze

almeno n. 1 nella organolettiche di potenziale contaminazione zona intermedia

19.1.1 Piano di indagine di caratterizzazione

I punti di indagine lungo il tracciato di interesse effettivamente soggetti a campionamento ed analisi sono stati in totale 10 (si vedano le tabelle seguenti) a fronte dei 22 previsti nel piano di indagini di caratterizzazione. I 12 punti di indagine mancanti, riferiti ad alcune parti di rilevati ad opere di attraversamento dei corsi d’acqua o di interferenza della viabilità locale, uniti ai punti di indagine relativi alle aree di cantiere, il cui materiale di scavo, Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 105/125 costituito dal solo scotico, comunque riutilizzato all’interno delle medesime aree, saranno oggetto di una campagna di indagine ambientale in una successiva fase esecutiva. Le indicazioni, e le motivazioni della posticipazione sono da riferirsi principalmente ad interferenze con aree coltivate, mancata reperibilità dei proprietari e divieto d’accesso da parte delle proprietà.. Tuttavia, in relazione a quanto emerso dalle indagini geognostiche e dai rilievi di campo per la caratterizzazione ambientale, si sottolinea comunque l’omogeneità litologica del materiale interessato dalle lavorazioni, lungo l’intero tratto in progetto, riferito quasi esclusivamente a depositi costituiti da limi, argille e sabbie. Il campionamento ha riguardato il prelievo di 35 aliquote di terra da scavo, sottoposte poi ad analisi di laboratorio. I campioni, da sottoporre ad analisi, sono suddivisi principalmente in superficiali, relativi al top soil, ed in campioni “profondi” prelevati entro il primo metro di piano campagna. In alcuni casi il prelievo è stato spinto a profondità maggiori rispetto al primo metro dal p.c., con sondaggi a carotaggio continuo. Durante la fase di campionamento, si è tenuto conto delle effettive condizioni del sito, degli orizzonti stratigrafici interessati, delle profondità massime di scavo da p.c. in ciascun punto e della possibilità di accesso in contesti privati. Lo strato superficiale, top soil, per la presenza della componente organica relativa all’apparato vegetale e radicale, è stato campionato indicativamente nei primi 0,3 m dal p.c., su ogni pozzetto esplorativo di indagine considerato. Tabella 19-2 Punti di indagine oggetto di caratterizzazione ambientale

Y coord X coord Profondità Punti di (Gauss- N° di Litologia Ambito Tratta Codice (Gauss- Boaga) prelievo Opera indagine Boaga) prelievi dominante m (m da p.c.) m

0,0-0,3; 1 PZ-IP11 1693204,5 4930872,8 2 Asse A1 argille sabbie e limi 0,3-1,0

0,0-0,3; 2 PZ-IP12 1693204,5 4930872,8 2 Asse A1 argille sabbie e limi 0,3-1,0

0,0-0,3; 3 PZ-IP13 1693204,5 4930872,8 2 Asse A2 argille sabbie e limi 0,3-1,0 Tratta A 0,0-0,3; 4 PZ-IP14 1693204,5 4930872,8 2 Asse A2 argille sabbie e limi 0,3-1,0

0,0-0,3; 5 PZ-IP15 1693204,5 4930872,8 2 Asse A3 argille sabbie e limi 0,3-1,0

0,0-1,0; 6 IP1 1692041,0 4929521,9 3 15,0-16,0; Asse B1 argille sabbie e limi 29,0-30,0; Intermedia di Pianura

0,0-1,0; 7 IP2 1692270,5 4929785,7 3 15,0-16,0; Asse B2 argille sabbie e limi

Tratta B 29,0-30,0;

0,0-1,0; Viadotto sul 8 IP6 1692430,0 4930338,0 3 15,0-16,0; argille sabbie e limi Fiume Reno 29,0-30,0;

0,0-1,0; 9 IP7 1692544,5 4930430,0 3 15,0-16,0; Asse D1 argille sabbie e limi

Tratta D 29,0-30,0; Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 106/125

0,0-1,0; 10 IP10 1693204,5 4930872,8 3 15,0-16,0; Asse D1 argille sabbie e limi 29,0-30,0;

0,0-0,3; 11 PZ-IP4 1692270,5 4929785,7 2 Asse D2 argille sabbie e limi 0,3-1,0

0,0-0,3; 12 PZ-IP5 1692430,0 4930338,0 2 Asse D3 argille sabbie e limi 0,3-1,0

0,0-0,3; 13 PZ-IP7 1692544,5 4930430,0 2 Asse E1 argille sabbie e limi 0,3-1,0

0,0-0,3; 14 PZ-IP8 1693204,5 4930872,8 2 Asse E1 argille sabbie e limi 0,3-1,0 Tratta E 0,0-0,3; 15 PZ-IP10 1693204,5 4930872,8 2 Asse E2 argille sabbie e limi 0,3-1,0

19.1.2 Metodica di campionamento

La quantità di prelievi su ciascun punto di indagine individuato ha seguito le indicazioni dell’allegato 4 del DM 161/2012, ponendo attenzione alle effettive condizioni del sito, agli orizzonti stratigrafici interessati, alle profondità massime di scavo da p.c. previste da progetto in ciascun punto e della possibilità di accesso o di interferenza dei punti stessi. Lo scavo di un pozzetto esplorativo ha consentito la verifica: • degli orizzonti stratigrafici; • dello spessore della parte superficiale, con presenza dell’apparato radicale e vegetale. La caratterizzazione ambientale è stata eseguita mediante profilo con carotieri a mano o scavetti a mano, pozzetti esplorativi e sondaggi geognostici finalizzati anche al prelievo ambientale. Nel caso di sondaggi a carotaggio continuo per i prelievi profondi, le operazioni di selezione da sondaggio sono effettuate prelevando spezzoni di carota alla quota scavo di interesse appena estratti dal carotiere (almeno 3 aliquote) e formando un campione composito da sottoporre ad analisi. I campioni volti all’individuazione dei requisiti ambientali dei materiali da scavo sono stati prelevati come campioni formati da diversi incrementi prelevati lungo ciascun orizzonte stratigrafico individuato in ogni punto di indagine. Ciò avviene per ottenere una rappresentatività “media” di ciascun strato in relazione agli orizzonti individuati e/o alle variazioni laterali. Secondo le metodiche standard, indicate in allegato 4 al DM 161/2012, il campionamento è stato effettuato sul materiale tal quale, con le dovute operazioni di quartatura, in modo tale da ottenere un campione rappresentativo. La formazione del campione è avvenuta su un telo di plastica (polietilene), in condizioni umide con aggiunta di acqua pura ed in condizioni comunque adeguate a evitare la variazione delle caratteristiche e la contaminazione del materiale. La suddivisione del campione è stata effettuata in più parti omogenee, adottando i metodi della quartatura riportati nella normativa. La preparazione dei campioni delle matrici terrigene, ai fini della loro caratterizzazione chimico-fisica, è stata effettuata secondo i principi generali presenti in normativa e secondo le ulteriori indicazioni di cui al seguito. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 107/125

Ogni campione prelevato è stato opportunamente vagliato al fine di ottenere una frazione passante al vaglio 2 cm. Le determinazioni analitiche di laboratorio sono state condotte sull'aliquota di granulometria inferiore a 2 mm e successivamente mediata sulla massa del campione passante al vaglio 2 cm. Le modalità di conservazione e trasporto del materiale prelevato sono dettate dalla normativa di riferimento (UNI 10802). Il campione di laboratorio è stato raccolto in un idoneo contenitore bocca larga con tappo a chiusura ermetica con sottotappo teflonato, sigillato ed etichettato con la data di prelievo, con il riferimento al sito di prelievo e, quindi, all’area di lavoro di provenienza.

19.1.3 Analisi chimiche di laboratorio

Le analisi chimiche dei campioni di terreno sono state eseguite presso un laboratorio riconosciuto ed accreditato, secondo il sistema di certificazione ACCREDIA, ai sensi della normativa vigente in modo conforme a quanto richiesto dalla UNI CEN EN ISO 17025. Le analisi chimico-fisiche sono state condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l’ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai valori di concentrazione limite e comunque sono utilizzate le migliori metodologie analitiche ufficialmente riconosciute per tutto il territorio nazionale che presentino un limite di quantificazione il più prossimo ai valori di cui sopra. Si è eseguito, secondo le indicazioni di cui alla tabella 4.1 dell’allegato 4 del DM 161/2012 (sostanze indicatrici), il seguente set analitico di base: • Composti inorganici: Arsenico (As); Cadmio (Cd); Cobalto (Co); Cromo (Cr) totale; Cromo (Cr) VI; Mercurio (Hg); Nichel (Ni); Piombo (Pb); Rame (Cu); Vanadio (V); Zinco (Zn); • Idrocarburi pesanti (C>12); • Idrocarburi Policiclici Aromatici indicati in tabella 1, allegato 5 alla parte Quarta del D.Lgs. n. 152/06; • Composti aromatici: Benzene; Etilbenzene; Stirene; Toluene; Sommatoria organici aromatici; • Amianto. I risultati delle analisi sui campioni sono stati confrontati con le Concentrazioni Soglia di Contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1, allegato 5 al titolo V parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i., con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica dei siti di scavo.

19.2 Caratteristiche chimiche per la qualificazione del materiale di scavo

19.2.1 Sintesi dei risultati delle caratterizzazioni

I risultati analitici, riportati in allegato, permettono di definire che: a) Il 100% dei 35 campioni analizzati in laboratorio, ai sensi del D.M. 161/2012, risulta conforme ai limiti di cui alle CSC (Concentrazioni Soglia di Contaminazione) della colonna B, della Tabella 1 dell’Allegato 5 alla Parte IV - Titolo V del D.Lgs. 152/06, indicata come riferimento per la destinazione d’uso dei siti di intervento; b) Il 91% dei campioni risulta avere tenori al di sotto dei limiti di CSC (Concentrazioni Soglia di Contaminazione) riferiti alla destinazione di uso residenziale o agricola, indicati in colonna A della tabella 1, allegato 5 al titolo V parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i.; Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 108/125

c) I superamenti rilevati nei terreni con valori al di sopra delle soglia di colonna A si riferiscono a 3 campioni (su 35) per tenori in idrocarburi pesanti interessanti; in generale tali elementi e le relative concentrazioni sono sintomatici in prossimità di una struttura viaria con traffico veicolare, perché riconducibili ad usura degli asfalti, particolati e benzine ed al degrado di alcune parti meccaniche e gomme dei mezzi di trasporto. d) in un solo caso si segnala una concentrazione anomala in composti “indicatori” di potenziali criticità ambientali, quali composti organici aromatici o policiclici aromatici (nel campione superficiale nel tratto IPZ11; gli altri 34 campioni analizzati in laboratorio e prelevati nelle aree di scavo risulta conforme, per tali parametri, ai limiti di CSC di colonna A della Tabella 1 dell’Allegato 5 alla Parte IV - Titolo V del D.Lgs. 152/06; e) per quanto riguarda la presenza di fibre amiantifere, in coerenza con la natura geologica dei terreni, il 100% dei campioni analizzati in laboratorio e prelevati nelle aree di scavo risulta conforme ai limiti della Tabella 1 dell’Allegato 5 alla Parte IV - Titolo V del D.Lgs. 152/06;

Tabella 19-3 Riepilogo sintetico degli esiti analitici di laboratorio e del numero di superamenti rilevati nell’indagine ambientale eseguita ai sensi del D.M. 161/2012

Campagna 2016 D.M.161/2012

Ambiti di SCAVO Punti di Prelievi e RIUTILIZZO indagine

Tratta A 5 10

Tratta B 3 9

Tratta D 4 10

Tratta E 3 6

CSC

Numero campioni A B Totale

Tratta A 8 2 10

Tratta B 9 0 9

Tratta D 9 1 10

Tratta E 6 0 6

Totali campioni 32 3 35

% su intero intervento

Intermedia Pianura 91,4 8,6 100,0

% per tratta su intero itnervento

Tratta A 22,9 5,7 28,6

Tratta B 25,7 0,0 25,7

Tratta D 25,7 2,9 28,6 Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 109/125

Tratta E 17,1 0,0 17,1

% per Tratta

Tratta A 80,0 20,0 100,0

Tratta B 100,0 0,0 100,0

Tratta D 90,0 10,0 100,0

Tratta E 100,0 0,0 100,0

19.2.2 Conclusioni

Complessivamente tali risultati consentono, quindi, di affermare che: 1) data l’assenza di superamenti dei limiti di Concentrazione Soglia di Contaminazione di cui alla colonna B della Tabella 1 dell’Allegato 5 alla Parte IV Titolo V del D.Lgs. 152/06, tutti i materiali e i terreni da scavo di interesse progettuale sono riutilizzabili; 2) tutti i materiali scavati possono essere reimpiegati per la realizzazione di rinterri, rilevati e terrapieni di rimodellamento nell'ambito delle opere in progetto, essendo queste assimilabile ai siti a destinazione d'uso industriale/commerciale cui fa riferimento la colonna B sopra citata; 3) la maggior parte dei materiali (sulla base del 67% delle analisi con concentrazioni al di sotto dei valori soglia della colonna A) può essere riutilizzato in siti a destinazione verde o residenziale o anche come reimpiego in porzioni sature; 4) per tutti i materiali sono soddisfatti i requisiti di compatibilità ambientale, avendo verificato la qualità ambientale in relazione anche alla coincidenza dei siti di scavo con le destinazioni di riutilizzo. Tabella 19-4 Sintesi delle evidenze chimiche di laboratorio

Sigla Profondità evidenza Numero Soglia campione (m da p.c.) chimica

1 0,00-0,30 B C>12, IPA PZ IP11 2 0,30-1,00 A

3 0,00-0,30 A PZ IP12 4 0,30-1,00 A

5 0,00-0,30 A A PZ IP13 6 0,30-1,00 A

7 0,00-0,30 B C>12 PZ IP14 8 0,30-1,00 A

9 0,00-0,30 A PZ IP15 10 0,30-1,00 A Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 110/125

11 0,00-1,00 A

12 IP01 15,00-16,00 A

13 29,00-30,00 A

14 0,00-1,00 A

15 B IP02 15,00-16,00 A

16 29,00-30,00 A

17 0,00-1,00 A

18 IP6/N1 15,00-16,00 A

19 39,00-40,00 A

20 0,00-1,00 A

21 IP7/N1 16,00-17,00 A

22 34,00-35,00 A

23 0,00-1,00 A

24 IP10 15,00-16,00 A D 25 29,00-30,00 A

26 0,00-0,30 B C>12 PZ IP4 27 0,30-1,00 A

28 0,00-0,30 A PZ IP5 29 0,30-1,00 A

30 0,00-0,30 A PZ IP8 31 0,30-1,00 A

32 0,00-0,30 A E PZ IP7 33 0,30-1,00 A

34 0,00-0,30 A PZ IP10 35 0,30-1,00 A

19.2.3 Compatibilità ambientali dei materiali da scavo nei siti di utilizzo

I siti di utilizzo negli ambiti individuati sono sostanzialmente coincidenti con i siti di produzione previsti nei medesimi (si veda l’elaborato grafico in allegato). Pertanto, al netto di ulteriori indagini di caratterizzazione rimandate ad una fase esecutiva o realizzativa, la caratterizzazione dei siti di utilizzo è pertanto costituita dalle stesse informazioni finalizzate alla caratterizzazione dei siti di scavo. Si ribadisce che il riutilizzo del materiale di scavo è previsto in sostanza lungo il tratto lineare di rilevato oggetto degli scavi di preparazione. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 111/125

19.3 Bilancio dei Materiali

Ai fini della quantificazione dei volumi, sono stati considerati: - il volume di scavo derivante dalla bonifica dei rilevati e di opere stradali suddiviso in scotico e scavo vero e proprio; - il fabbisogno di materiali per realizzazione dei rilevati e delle parti d’opera; - il volume riutilizzabile in considerazione dei requisiti ambientali e di idoneità geotecnica. - le quantità di materiale per soddisfare il fabbisogno con approvvigionamento esterno o cava. È stata quindi eseguita una valutazione delle volumetrie delle terre originate dagli scavi differenziando le seguenti categorie: a) materiali per rilevati; b) materiali per rinterri, riempimenti, rimodellamenti; c) terreno vegetale; Gli inerti necessari per la realizzazione delle opere sono, pertanto, reperiti direttamente dagli scavi in opera previsti all’interno del progetto di intervento e soprattutto da approvvigionamenti di materiale idoneo geotecnicamente ad essere utilizzato in rilevato. In tal senso va evidenziato che il materiale di scavo è costituito principalmente da argille e limi, utilizzato in parte per alcune sistemazioni, ma che sono tecnicamente non adatte alla fondazione stradale. Il riutilizzo della parte delle terre proveniente dagli scavi di progetto è previsto come sottoprodotti ai sensi dell’art. 184bis nell’ambito del D.M. 161/2012, come sopra riportato, mentre la fornitura è inquadrata come approvvigionamento da cava o da esterno. Inoltre tutto il materiale derivante da demolizione di strutture preesistenti è considerato non sottoprodotto e quindi soggetto a regime di rifiuto. I volumi complessivi delle terre e dei materiali da movimentare, valutati nella fase progettuale in oggetto sono calcolati come volumi in banco. Di seguito si riporta la movimentazione dei materiali:

Tabella 19-5 Sintesi dei volumi totali di materiali movimentati

di cui ai BILANCIO MATERIALI Volumi totali sensi del DM Intermedia di pianura 161/2012

SCAVO mc

SCAVO SCOTICO/VEGETALE 82.895,8 27.521,1

SCAVO DI SBANCAMENTO, PREPARAZIONE E A 150.353,6 40.093,7 FONDAZIONE

SCOTICO AREE DI CANTIERE 23.580,0 23.580,0

TOTALE 256.829,4 91.194,9

FABBISOGNO

PER RILEVATO CORPO STRADALE 256.247,8 B PER ANTICAPILLARE 57.034,1

RILEVATO PER RICOPRIMENTO SCARPATE 27.521,1 Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 112/125

SISTEMAZIONE AREE DI CANTIERE 23.580,0

TOTALE 364.383,1

RIUTILlZZI SCAVI

RICOPRIMENTO SCARPATE E CIGLI 27.521,1 27.521,1

C RILEVATO CORPO STRADALE 40.093,7 40.093,7

SCOTICO AREE DI CANTIERE 23.580,0 23.580,0

TOTALE 91.194,9 91.194,9

APPROVVIGIONAMENTO

FORNITURA DA ESTERNO DA RILEVATO 210.846,7

D=B-C FORNITURA ANTICAPILLARE 57.034,1

FORNITURA MATERIALE ALLEGGERITO 5.307,4

TOTALE 273.188,2

E=A-C SMALTIMENTO IN DISCARICA O IMPIANTO 165.634,5

Il bilancio delle terre riportato riassume i quantitativi dei materiali che saranno movimentati nei 5 ambiti di intervento e in quello dei cantieri, indicando i volumi in banco degli scavi e dei riutilizzi ricavati dagli elaborati progettuali. Rispetto al volume in banco, si dovrà tenere conto sia del fisiologico rigonfiamento che si verifica nelle terre e nei materiali da scavo al momento della loro estrazione dal banco naturale, sia dell'effetto, in termini di modifiche di volume, prodotto dalle tecniche utilizzate per il loro reimpiego. Le lavorazioni considerano un riutilizzo complessivo di circa 91.195 mc, ai sensi del D.M. 161/2012, provenienti dalle operazioni di scavo per la realizzazione degli interventi in oggetto. È previsto infatti il riutilizzo di circa 67.615 mc di terre da scavo, a cui si aggiungono circa 23.580 mc, relativi allo scotico superficiale delle aree di cantiere, che al termine delle lavorazioni saranno ricollocati nello stesso sito per la sistemazione definitiva. Il volume di riutilizzo degli scavi di intervento pari a 67.615 mc è costituito da: a) 27.521 mc di terreno vegetale destinati alla sistemazione finale dei cigli; b) 40.094 mc di scavi di sbancamento, bonifica destinati alla parti di rilevato. Gli scavi complessivi, per bonifica, scotico e sbancamento ammontano a circa 233.249 mc, di cui 150.354 mc di terreno vegetale. Una buona parte degli scavi di sbancamento, pur possedendo i requisiti di compatibilità ambientale, non hanno caratteristiche tecniche idonee alla formazione a rilevato. SI deve tenere conto infatti che le litologie sono costituite, soprattutto, da limi e argille. In considerazione poi dei riutilizzi vegetali disponibili per le diverse sistemazioni, si evidenzia un volume di circa 165.634 mc che dovrà essere smaltito in discarica od impianto di recupero autorizzato. Il fabbisogno complessivo per la realizzazione dell’intervento, escluse le aree di cantiere, è pari ad un totale di circa 340.803 mc, di cui 79.375 mc destinati al rilevato autostradale, mentre la sistemazione finale dei cigli e delle scarpate è completata dalla porzione di terreno vegetale escavato sopra indicato (27.521 mc). Quindi si evince che la quota parte, che eccede il riutilizzo dei materiali da scavo, è pertanto approvvigionata esternamente con materiale tecnicamente idoneo e conforme ai requisiti ambientali (273.188 mc circa). Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 113/125

L’approvvigionamento esterno potrà provenire da iniziative svolte dallo stesso Proponente, quali la riqualificazione del tratto dismesso dell’A1 nei comuni di e (circa 127.000 mc). Tale previsione è in linea con le buone pratiche in materia ambientale con la disposizione di un riutilizzo di materiali provenienti da interventi presenti nella stessa provincia. Di seguito si riportano i volumi totali parziali suddivisi nelle 5 tratte di intervento, seguendo anche lo schema di cantierizzazione e di disposizione territoriale, raggruppando tra loro le tratte A, B e C e le tratte D ed E. Come riportato nel Piano di Utilizzo, questa suddivisione delle 5 tratte di intervento in 2 raggruppamenti, risulta essere funzionale alla gestione ai sensi del D.M 161/2012 dei materiali di scavo e di riutilizzo.

Tabella 19-6 Volumi totali dei materiali movimentati relativi agli interventi delle tratte A, B e C

di cui ai BILANCIO MATERIALI Volumi sensi del Tratta A Tratta B Tratta C A+B+C DM Intermedia di pianura 161/2012

SCAVO mc

SCAVO SCOTICO/VEGETALE 18.985,6 15.262,0 5.575,3 39.823,0 11.907,5

SCAVO DI SBANCAMENTO, PREPARAZIONE E A 27.954,6 29.482,4 7.071,3 64.508,2 16.924,8 FONDAZIONE

SCOTICO AREE DI CANTIERE 14.700,0 14.700,0

TOTALE 46.940,2 44.744,4 12.646,6 119.031,2 43.532,3

FABBISOGNO

PER RILEVATO CORPO STRADALE 41.160,6 52.132,2 7.860,8 101.153,6

PER ANTICAPILLARE 6.917,4 10.764,4 1.709,0 19.390,8 B RILEVATO PER RICOPRIMENTO SCARPATE 6.408,4 4.818,9 680,3 11.907,5

SISTEMAZIONE AREE DI CANTIERE 14.700,0

TOTALE 54.486,4 67.715,4 10.250,1 147.151,9

RIUTILlZZI SCAVI

RICOPRIMENTO SCARPATE E CIGLI 6.408,4 4.818,9 680,3 11.907,5 11.907,5

C RILEVATO CORPO STRADALE 9.390,6 5.825,2 1.709,0 16.924,8 16.924,8

SCOTICO AREE DI CANTIERE 14.700,0 14.700,0

TOTALE 15.799,0 10.644,0 2.389,3 43.532,3 43.532,3

APPROVVIGIONAMENTO

FORNITURA DA ESTERNO DA RILEVATO 31.770,0 46.307,0 6.151,8 84.228,8

D=B-C FORNITURA ANTICAPILLARE 6.917,4 10.764,4 1.709,0 19.390,8

FORNITURA MATERIALE ALLEGGERITO 0,0 0,0 0,0 0,0

TOTALE 38.687,4 57.071,4 7.860,8 103.619,6

E=A-C SMALTIMENTO IN DISCARICA O IMPIANTO 75.498,9

Tabella 19-7 Volumi totali dei materiali movimentati relativi agli interventi delle tratte D ed E Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 114/125

di cui ai sensi BILANCIO MATERIALI Volumi Tratta D Tratta E del D+E Intermedia di pianura DM 161/2012

SCAVO mc

SCAVO SCOTICO/VEGETALE 16.607,5 26.465,4 43.072,9 15.613,6

SCAVO DI SBANCAMENTO, PREPARAZIONE E A 42.314,2 43.531,1 85.845,3 23.169,0 FONDAZIONE

SCOTICO AREE DI CANTIERE 8.880,0 8.880,0

TOTALE 58.921,7 69.996,5 137.798,2 47.662,6

FABBISOGNO

PER RILEVATO CORPO STRADALE 80.713,2 74.381,1 155.094,3

PER ANTICAPILLARE 16.925,8 20.717,5 37.643,3 B RILEVATO PER RICOPRIMENTO SCARPATE 7.514,4 8.099,2 15.613,6

SISTEMAZIONE AREE DI CANTIERE 8.880,0

TOTALE 105.153,4 103.197,8 217.231,2

RIUTILlZZI SCAVI

RICOPRIMENTO SCARPATE E CIGLI 7.514,4 8.099,2 15.613,6 15.613,6

C RILEVATO CORPO STRADALE 9.615,3 13.553,7 23.169,0 23.169,0

SCOTICO AREE DI CANTIERE 8.880,0 8.880,0

TOTALE 17.129,7 21.652,9 47.662,6 47.662,6

APPROVVIGIONAMENTO

FORNITURA DA ESTERNO DA RILEVATO 65.790,5 60.827,4 126.617,9

D=B-C FORNITURA ANTICAPILLARE 16.925,8 20.717,5 37.643,3

FORNITURA MATERIALE ALLEGGERITO 5.307,4 0,0 5.307,4

TOTALE 88.023,7 81.544,9 169.568,6

E=A-C SMALTIMENTO IN DISCARICA O IMPIANTO 90.135,7

Infine sono previsti circa 60.000 mc provenienti dalle attività di demolizione di manufatti, di pavimentazione e di fondazione stradale. Questi volumi dovranno essere gestiti a rifiuto, oltre a quelli già evidenziati e provenienti dagli scavi. A questi dovranno essere sommate le parti in acciaio (calcolate pari a circa 157 tonnellate).

Tabella 19-8 Volumi provenienti dalle demolizioni

A B C D E Totali

mc

TOTALE MATERIALI DA 349,88 117,80 171,51 246,49 188,50 1.074,18 DEMOLIZIONI DI CLS / C.A. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 115/125

TOTALE MATERIALI DA DEMOLIZIONI DI CONGLOMERATI 15.289,98 2.560,41 2.337,12 5.051,70 2.980,78 28.219,99 BITUMINOSI

TOTALE MATERIALI DA DEMOLIZIONI DI PAVIMENTAZIONI 11.123,04 2.015,72 1.788,71 3.817,66 2.498,30 21.243,43 BIANCHE

TOTALE MATERIALI DA 529,30 3.925,47 393,58 2.509,76 1.089,50 8.447,60 PERFORAZIONI

TOTALE MATERIALI DA - - 120,00 - 728,00 848,00 DEMOLIZIONI DI EDIFICI

TOTALE a DISCARICA o a 27.292,20 8.619,40 4.810,92 11.625,61 7.485,08 59.833,20 RECUPERO

Tabella 19-9 Volumi provenienti dalle opere in acciaio

A B C D E Totali

kg

TOTALE MATERIALI DA DEMOLIZIONI DI OPERE IN ACCIAIO 49.468,80 26.380,00 8.015,50 20.850,00 52.178,00 156.892,30

19.4 Disposizioni per la Gestione dei Materiali da smaltire a Discarica o da Impianti di Recupero

Oltre a quanto riportato nel paragrafo introduttivo del presente capitolo, l’articolo 184, al comma 3, lettera b), del D. Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii. come modificato dall'art. 11 del D. Lgs. 205/2010, classifica come “rifiuti speciali”, i materiali da operazioni di demolizione e costruzione, e quelli derivanti dalle attività di scavo in cantiere per cui il produttore abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi o per cui l’analisi di caratterizzazione ambientale non abbia soddisfatto i requisiti di idoneità al riutilizzo. Tali rifiuti, sono solitamente identificati al capitolo 17 del C.E.R. (Codice Europeo dei Rifiuti): rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione. I rifiuti speciali possono essere raggruppati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, nella forma del cosiddetto “deposito temporaneo” (art. 183, comma 1, lett. bb). In ragione di quanto previsto dal cosiddetto “principio di precauzione e di prevenzione”, tale deposito deve essere “controllato” dal suo produttore o detentore e, quindi, questi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo precise modalità. Dal deposito temporaneo interno al cantiere, i rifiuti da demolizione e costruzione devono obbligatoriamente essere conferiti a soggetti debitamente autorizzati allo svolgimento delle fasi di recupero o, in alternativa, a fasi residuali di smaltimento. I rifiuti pertanto possono essere avviati a: • Smaltimento: presso impianto di stoccaggio autorizzato per il successivo conferimento in discarica per rifiuti inerti. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 116/125

• Recupero: presso impianti, fissi o mobili, debitamente autorizzati. Ai fini della corretta gestione del rifiuto prodotto, il produttore è tenuto a: 1) attribuire il CER corretto e la relativa gestione; 2) organizzare correttamente il deposito temporaneo dei rifiuti prodotti; 3) stabilire le modalità di trasporto e verificare l’iscrizione all’Albo del trasportatore (Albo Nazionale Gestori Ambientali); 4) definire le modalità di Recupero/Smaltimento e individuare l’impianto di destinazione finale, verificando l’autorizzazione del gestore dell’impianto presso cui il rifiuto verrà conferito; 5) tenere, ove necessario, la tracciabilità della gestione del rifiuto (ad es. registro di Carico/Scarico, Formulario di Identificazione dei Rifiuti, ecc).

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 117/125

20. CANTIERIZZAZIONE E DURATA DEI LAVORI

20.1 Aree di cantiere

In funzione delle attività e del personale medio presente in cantiere sono state individuate, dopo un’attenta analisi del territorio, le seguenti aree di cantiere:

CB01 - L’aerea di superficie pari a 8.500 mq in Comune di Calderara di reno sarà destinata a Campo Base, Cantiere Operativo e Area di deposito temporaneo del materiale proveniente dagli scavi.

CB02 - L’aerea di superficie pari a 7.400 mq in Comune di Granarolo dell’Emilia sarà destinata a Campo Base, Cantiere Operativo e Area di deposito temporaneo del materiale proveniente dagli scavi.

CO01 - L’aerea di superficie pari a 4.600 mq in Comune di Calderara di Reno sarà destinata a Cantiere Operativo e Area di deposito temporaneo del materiale proveniente dagli scavi. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 118/125

CO02 - L’aerea di superficie pari a 4.200 mq in Comune di Castel Maggiore sarà destinata a Cantiere Operativo, Campo Travi e Area di deposito temporaneo del materiale proveniente dagli scavi.

CO03 - L’aerea di superficie pari a 3.500 mq in Comune di Granarolo dell’Emilia sarà destinata a Cantiere Operativo e Area di deposito temporaneo del materiale proveniente dagli scavi.

CT01 - L’aerea di superficie pari a 4.800 mq in Comune di Calderara di Reno sarà destinata a Campo Travi. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 119/125

ADS01 - L’aerea di superficie pari a 1.300 mq in Comune di Sala Bolognese sarà destinata a Area di Supporto.

ADS02 - L’aerea di superficie pari a 3.500 mq in comune di Castel Maggiore sarà destinata a Area di Supporto.

ADS03 - L’aerea di superficie pari a 2.000 mq in Comune di Castel Maggiore sarà destinata a Area di Supporto. Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 120/125

ADS04 - L’aerea di superficie pari a 1.600 mq in Comune di Castel Maggiore sarà destinata a Area di Supporto.

ADS05 - L’aerea di superficie pari a 1.500 mq in Comune di Bologna sarà destinata a Area di Supporto.

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 121/125

20.2 Durata dei lavori

Le tempistiche di realizzazione delle varie opere e le relazioni temporali tra di esse sono riportate nell’elaborato CAP0001 “Diagramma dei lavori”, i tempi totali della realizzazione dell’opera sono di 24 mesi.

Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 122/125

21. SOMME A DISPOSIZIONE

21.1 Espropri

Il presente progetto definitivo evidenzia anche, con una apposita sezione, le aree da doversi impegnare per la realizzazione delle opere in esame da doversi realizzare nei tenimenti dei Comuni di Granarolo dell’Emilia, Bologna, Castel Maggiore, Calderara di Reno e Sala Bolognese della provincia di Bologna. Tale sezione è composta di una parte grafica (piano particellare), di una descrittiva (elenco ditte da espropriare) e della stima dei costi delle espropriazioni.

La parte grafica riporta la proiezione del perimetro dell’esproprio sulla mappa catastale, sovrapponendo la stessa mappa al rilievo reale e alla planimetria di progetto con ancoraggio a punti significativi (punti trigonometrici georeferenziati, capisaldi in genere). Il piano particellare è redatto secondo i seguenti titoli di occupazione:

Ø aree da doversi espropriare per la nuova sede strada;

Ø aree da doversi espropriare per deviazioni fossi;

Ø aree da doversi asservire per la risoluzione delle interferenze;

Ø aree da doversi asservire per servitù di passo;

Ø aree da doversi occupare per la cantierizzazione delle opere.

La parte descrittiva contiene l’elenco delle ditte catastalmente intestatarie dei fondi da doversi espropriare. Per ciascuna ditta vengono riportati i mappali da acquisire in via ablativa od occupare in tutto o in parte, con l’indicazione delle relative superfici, intere, di quelle di esproprio e degli altri elementi di identificazione catastale (qualità, classe, reddito dominicale, reddito agrario).

Dopo la formazione del piano particellare vengono conteggiate le somme necessarie agli espropri con le seguenti modalità: determinate le superfici necessarie alla realizzazione dell’opera, vengono eseguiti dei sopralluoghi sui siti interessati, atti ad identificare l’attuale destinazione dei beni immobili, nonché le relative colture prevalenti in atto, provvedendo a distinguere, con successive indagini relative alle destinazioni urbanistiche, l’effettivo valore riferito alla specifica attribuzione di aree non edificabili, edificate e a potenzialità edificatoria legale. Le aree interessate dalle opere sono azzonate nel PSC del Comune di Bologna, Granarolo dell’Emilia, Castel Maggiore, Calderara di Reno e Sala Bolognese in agricole o non edificate ed edificabili, zone industriali e residenziali. Le principali Leggi in materia espropriativa a cui è stato fatto riferimento sono:

Ø D.P.R. 327/2001 e s.m.i. - Testo Unico delle Espropriazioni.

Ø Sentenza della Corte Costituzionale n. 348 del 24 ottobre 2007 (abrogazione art. 37 dpr 327/2001).

Ø Sentenza della Corte Costituzionale n. 181 del 10 Giugno 2011 ( Dichiarazione di Incostituzionalità dei Valori Agricoli Medi - G.U. I^ s.s. n. 26 del 15.06.2011) Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 123/125

Ø Sentenza della Corte Costituzionale n. 388 del 22.12.2012 (Dichiarazione di Incostituzionalità del art 37 comma 7 del D.P.R. 327/2001 e s.m.i.).

In particolare vengono stimate le indennità di espropriazione applicando le seguenti disposizioni legislative del testo unico sulle espropriazioni e sentenze della Corte Costituzionale: v per i terreni edificabili o edificati in base agli articoli 37, 38 ed in base alla sentenza della Corte Costituzionale n. 348/2007; v per i terreni non edificabili in base agli articoli 40 comma 1 e 42. v per i terreni espropriati parzialmente anche in base all’art. 33; v per i beni non espropriati che a causa della realizzazione dell’opera pubblica siano gravati da servitù o subiscano una diminuzione di valore in base all’art. 44; v per l’occupazione temporanea preordinata all’espropriazione e non in base agli art. 49 e 50.

21.1.1 Esproprio delle Aree Agricole o Non Edificabili

Con la sentenza n. 181 del giugno 2011 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il criterio indennitario basato sul valore agricolo medio in quanto esso prescinde dall’area oggetto del procedimento espropriativo, ignorando ogni dato valutativo inerente ai requisiti specifici del bene. Il dispositivo in particolare ha dichiarato incostituzionale i commi 2 e 3 dell’art 40 del D.P.R. 327/2001 e s.m.i.. E’ stato, invece fatto salvo il comma 1 del sempre art. 40 il quale con riguardo alle aree effettivamente coltivate, prevede che l’indennizzo debba essere determinato tenendo conto delle colture praticate effettivamente sul fondo e del valore dei manufatti legittimamente realizzati, anche in relazione all’esercizio dell’azienda agricola. Pertanto da tale sentenza si determinano le indennità secondo l’insegnamento giurisprudenziale in attesa che venga riempito il vuoto normativo dopo la sopra citata abrogazione. Vengono anche le indennità aggiuntive per il coltivatore diretto o imprenditore agricolo e per l’affittuario.

21.1.2 Esproprio delle Aree Edificabili, Edificate e Delle Corti

La sentenza n. 348 del 24 ottobre 2007 della Corte Costituzionale ha sancito che il valore delle aree edificabili ai fini espropriativi deve essere equiparato al valore venale. Per quanto attiene ai valori unitari di mercato degli immobili è stato ricercato il più probabile valore sul libero mercato e successivamente confrontato con i dati statistici indicati dai tradizionali istituiti di ricerca. Uno dei nuovi riferimenti in materia è senz’altro l’Osservatorio Immobiliare di recente istituzione (1993). Si tratta di una banca dati continuamente aggiornata dall’Agenzia del Territorio (ex catasto) attraverso indagini di mercato ed estimazioni puntuali. I dati inseriti negli archivi informatici si riferiscono ai valori medi degli immobili registrati sulla base di una preventiva suddivisione del territorio in zone omogenee nelle quali si riscontra una certa uniformità di gradimento del mercato. Tali dati garantiscono una buona attendibilità poiché le fonti dell’analisi di mercato sono costituite da una ricerca dei prezzi effettivi di compravendite, da indagini dirette, da informazioni reperite dai vari operatori Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 124/125

privati, tutti elementi successivamente esaminati ed ordinati a cura di un’apposita commissione istituita presso ciascun ufficio periferico. Si assume infine che tutte le aree edificabili siano anche di proprietà di coltivatori diretti che coltivano il fondo ovvero condotte da fittavoli, cui spetta un indennizzo corrispondente al valore agricolo medio della coltura in atto.

21.1.3 Altri Indennizzi

La valutazione delle indennità di esproprio è anche comprensiva dei pregiudizi arrecati sia ai beni espropriati parzialmente sia a quelli non espropriati ma che per effetto della costruzione dell’opera pubblica subiranno una diminuzione del valore (rispettivamente art. 33 e 44 Dpr 327/2001) ed in particolare: 1. per i terreni agricoli espropriati parzialmente è previsto un indennizzo per la riduzione della consistenza fisica dell’azienda o per la formazione di corpi aziendali separati derivanti da eventuale intersecazione con l’opera. Considerata la natura delle opere (ampliamento dell’autostrade e di strade preesistenti) si ritiene che l’incidenza di tali danni sarà piuttosto bassa poiché non risulteranno occupate vere e proprie aziende agricole bensì piccole particelle per di più di proprietà differenti. In questa fase del procedimento non risulta quindi possibile un’analisi puntuale, che richiederebbe la conoscenza delle effettive consistenze immobiliari delle eventuali aziende agricole presenti sul territorio. Invece per le aree edificabili si deve conteggiare il rischio di quantificare delle aree pertinenziali al fabbricato con valori venali di aree non edificabili e quindi irrilevanti rispetto al vero danno, per l’abbattimento di alberi pregiati, l’estirpazione di siepi ben sviluppate, diminuendo il valore caratteristico estetico di un edificio oltre che abbattere la barriera naturale e un peggioramento della fruibilità della proprietà residua. Quindi per la particolare attenzione che si deve porre ai negativi effetti economici prodotti sulle aziende o alle proprietà edificate ed edificabili, si deve considerare una incidenza in percentuale sull’ammontare dell’indennità di espropriazione, proprio per avere delle risorse necessarie per la stima delle indennità del citato articolo del T.U. “Nel caso di esproprio parziale di un bene unitario, il valore della parte espropriata è determinato tenendo conto della relativa diminuzione di valore.” 2. ai sensi dell'art. 44 del dpr 327/2001 per gli edifici esistenti e prossimi alla realizzazione dell’opera che a causa della stessa subiranno un deprezzamento oggettivamente riscontrabile sono stati conteggiati gli indennizzi per la riduzione del loro valore commerciale. Rientrano in questi danni anche le eventuali demolizioni dei piccoli manufatti che si trovano nei pressi della nuova opera quali recinzioni metalliche, cordoli, recinzioni in muratura ecc, di cui con la fase esecutiva delle espropriazioni sarà cura dell’Ente Espropriante verificare la legittimità.

21.1.4 Indennità per le Occupazioni Temporanee

L’esecuzione dei lavori chiede l’utilizzo di superfici di proprietà privata e pubblica per le viabilità e lo stoccaggio di materiali. Infatti il progetto contiene l’elenco delle superfici da occupare temporaneamente Relazione tecnica illustrativa Intermedia di pianura Pag. 125/125

strettamente funzionali e preventivabili con certezza al fine di consentire l’accantieramento dell’opera, senza però sostituirsi all’Appaltatore nel reperimento di aree strumentali all’organizzazione del lavoro. I proprietari di dette aree subiscono con la dichiarazione di pubblica utilità, seppur anche se non un esproprio, comunque una compressione temporanea della loro facoltà di godimento sul bene. Il Testo Unico sulle Espropriazioni ha disciplinato espressamente l’occupazione temporanea di aree da non espropriare, ma necessarie alla corretta esecuzione dei lavori. L’ indennità di occupazione temporanea di cantiere è pari, per ogni anno, ad un dodicesimo di quanto sarebbe dovuto nel caso di esproprio dell'area; per ogni mese o frazione di mese, è pari ad un dodicesimo dell'indennità annua di occupazione.

Vengono infine calcolati gli importi per le occupazioni temporanee di cantiere, per gli asservimenti, per il frazionamento della proprietà, per i costi tecnici della procedura espropriativa e per le imposte.

21.2 Interferenze

Nella previsione del piano finanziario sono stati esaminati anche i costi necessari per adeguare i servizi tecnologici che interferiscono con la realizzazione dell’opera. Una volta individuate le reti esistenti, si è provveduto a verificarne le caratteristiche principali delle linee presso i gli Enti gestori o proprietari e riportate nelle tavole di censimento. Gli oneri per la risoluzione delle interferenze vengono indicati, tenendo conto di tutto quanto necessario: rotture di sedi stradali, trasporto alla discarica dei materiali di risulta, riprese, pozzetti di derivazione, controtubi, sfiati ecc., deviazioni e collegamenti temporanei per la continuità del servizio. Si precisa che lo studio è mirato a tutte le interferenze, di qualsiasi natura e consistenza, senza una verifica della possibile regolamentazione con specifiche convenzioni, che, nelle fattispecie, potrebbero far carico agli Enti l’onere di eventuali spostamenti o adeguamenti richiesti.