La Collection De Léopold De Bourbon, Prince De Salerne (1790-1851): Sa
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La collection de Léopold de Bourbon, prince de Salerne (1790-1851) : sa formation et sa dispersion Antonella Miranda To cite this version: Antonella Miranda. La collection de Léopold de Bourbon, prince de Salerne (1790-1851) : sa formation et sa dispersion. Art et histoire de l’art. Université Charles de Gaulle - Lille III, 2015. Français. NNT : 2015LIL30055. tel-03081182 HAL Id: tel-03081182 https://tel.archives-ouvertes.fr/tel-03081182 Submitted on 18 Dec 2020 HAL is a multi-disciplinary open access L’archive ouverte pluridisciplinaire HAL, est archive for the deposit and dissemination of sci- destinée au dépôt et à la diffusion de documents entific research documents, whether they are pub- scientifiques de niveau recherche, publiés ou non, lished or not. 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ÉCOLE DOCTORALE SCIENCE DE L’ HOMME ET DE LA SOCIÉTÉ - ED 473 UNIVERSITÉ LILLE NORD DE FRANCE POLE DE RECHERCHE ET D’ENSEIGNEMENT SUPERIEUR La galleria di Leopoldo di Borbone principe di Salerno (1790-1851) la formazione e la dispersione e i collezionisti della sua epoca. 4 dicembre 2015 Direttore della tesi: Prof. Patrick Michel Membri del Jurì: Prof. Gilles Bertrand Prof.ssa Maria Teresa Caracciolo- Arizzoli Prof. ssa Simonetta Prosperi Valenti Rodinò Candidato: Antonella D’Autilia Introduzione Qualche tempo dopo aver conseguito la laurea in Storia dell’Arte, ebbi la possibilità di effettuare al museo di Capodimonte a Napoli, un lungo periodo di stage, in un gruppo di studio il cui lavoro doveva condurre , negli anni Novanta, alla riorganizzazione della Pinacoteca, secondo nuovi criteri museografici che tenevano conto della storia del collezionismo, e alla sua trasformazione in una Galleria « moderna » come oggi la conosciamo. Il mio contributo consistette nello svolgere una ricerca documentaria presso l’Archivio di Stato di Napoli finalizzato alla trascrizione integrale degli inventari antichi della collezione Farnese che costituiva il nucleo originale del Museo e ancora oggi ne è la sua parte fondamentale. L’interesse per tali argomenti e per l’approccio documentale ad essi dato mi ha condotto in seguito a studiare le figure di alcuni importanti collezionisti della Napoli del XIX secolo nonché ad approfondire i principali problemi relativi alla formazione e alla dispersione delle loro raccolte. A partire dalla fine degli anni 1970 la storia delle collezioni formatesi a Napoli e nel regno aveva iniziato a trovare una sua collocazione nell’ambito dell’insegnamento universitario e presso la comunità scientifica locale. Queste linee di ricerca confluirono nelle grandi esposizioni organizzate in quegli anni, come Civiltà del Settecento a Napoli 1734- 1799 (Napoli, 1979), che inaugurò un interessante cambiamento di prospettiva storiografica, ancora meglio ampliata in Civiltà del Seicento a Napoli, (Napoli, 1985). Da allora la strada della ricerca seguì le indicazioni appena tracciate producendo significativi studi sulle opere d’arte e i loro committenti per approdare, nel 1997, alla mostra Civiltà dell’Ottocento. Le arti dai Borbone ai Savoia (Napoli, 1997), che concludeva il ciclo delle grandi esposizioni iniziate un po’ meno di venti anni prima. * Durante l’avanzamento delle mie ricerche presso gli archivi napoletani, tese ad incrementare le mie conoscenze della storia napoletana del XIX secolo, emergeva a più riprese la figura di Leopoldo di Borbone, principe di Salerno che a cagione del le sue scelte artistiche si rivelava un trait d’union interessante tra due periodi storici complessi per la storia partenopea: il decennio francese (1806- 1815), e il susseguente ritorno della famiglia Borbone sul trono di Napoli (1815- 1860). Leopoldo di Borbone, principe di Salerno, figlio di Ferdinando IV re di Napoli e delle Due Sicilie e di Maria-Carolina d’Austria, nacque a Napoli nel 1790. Genero dell’Imperatore d’Austria per averne sposato una figlia, l’Arciduchessa Maria- Clementina, al di là del suo ruolo istituzionale che lo vide coinvolto in diversi incarichi diplomatici e militari, fu un personaggio dai molti risvolti. Vicino agli ambienti culturali, artistici e musicali napoletani, egli fu anche un collezionista appassionato di pittura e di oggetti d’arte. Attraverso le cronache del tempo si viene a conoscenza come, verso il 1840, si potesse ammirare nella quarta e quinta sala del secondo piano del Real Museo Borbonico, la magnifica quadreria appartenente a Don Leopoldo, ma posta sotto sequestro per ordine reale. Il Principe, infatti, era stato obbligato a cederla a suo nipote, re Ferdinando II, a garanzia degli ingenti debiti contratti con le casse dello stato, debiti che non erano mai stati onorati. Alla sua morte, nel 1851, il marito di sua figlia Maria Carolina Augusta, Henri Louis d’Orléans Duc d’Aumale – quarto figlio del Re dei francesi, Luigi Filippo e della principessa napoletana Maria Amelia di Borbone, sorella di Leopoldo – acquistava tutta la collezione in una vendita ufficializzata nel 1854. Dopo aver rivenduto circa settanta dipinti all’asta presso Christie’s a Londra, il duca d’Aumale negli anni ’70 trasferì in Francia, al castello di Chantilly, la collezione del suocero, quella che poi sarà destinata a diventare il cuore della collezione di dipinti “italiani” del musée Condé. Nell’unica guida, un opuscolo redatto nel 1842 dal segretario del Real Museo borbonico Stanislao D’Aloe1, si stila per la prima volta la lista dei dipinti, accompagnati da una breve descrizione, facenti parte della galleria del Principe di 1 Cfr. D’ALOE, 1842 Salerno. Questo piccolo catalogo mostrava tutta la ricchezza e la varietà della collezione nella quale, accanto a diversi oggetti archeologici erano presenti numerosi dipinti italiani appartenenti ai secoli XVI e XVII, attribuiti, all’epoca, ai maggiori esponenti della “scuola emiliana” (come Annibale Carracci, Guido Reni, Francesco Albani e il Guercino) opere di Salvator Rosa ed altri dipinti appartenenti alle maggiori scuole europee, nonché qualche dipinto troubadour di cui due eseguiti da Ingres. Dal primo momento, risulta evidente che siamo in presenza di una collezione di grande valore artistico la cui importanza, spesso, non è stata sottolineata abbastanza se non nelle differenti fasi della sua dispersione. In effetti , notizie spesso frammentarie e sintetiche hanno reso la ricostruzione di questo segmento di storia del collezionismo non sempre agevole essendo note poche notizie sulla sua formazione, sul progressivo accorpamento dei dipinti, fino alla loro esposizione a Chantilly. Infatti nel campo di studi napoletano l’interesse per questo argomento si è limitato a pochi’interventi tra i quali ricordiamo quello di Benedetto Croce, con lo pseudonimo di Don Fastidio, dalle pagine di «Napoli Nobilissima»2 alla fine del secolo XIX, cui fecero seguito la raccolta di lettere del principe Leopoldo curata da Giovanni Bovi3 , un saggio di Franco Strazzullo4 sugli acquisti effettuati per conto di Ferdinando IV a Roma da Domenico Venuti e per concludere un contributo di Ciro Fiorillo ancora dalle pagine della rivista napoletana «Napoli Nobilissima»5 sul finire degli anni Settanta. In ambito francese, dopo la prima ondata di pubblicazioni dedicate alla collezione del Duca d’Aumale da poco rientrata in Francia -tra le quali spiccava l’opera di Felix-Anatole Gruyer6 - solo nel 1923 Henry Lemonnier, al tempo curatore delle collezioni di Chantilly, pubblicò un saggio che trattava delle origini del Musée Condé dedicando qualche pagina alla collezione del Principe di Salerno7 . Soltanto in anni recenti , in particolare negli anni Novanta ad opera di Nicole 2 Cfr. Don Fastidio 1894 3 Cfr. Bovi 1981 4 Strazzullo 5 Cfr. Fiorillo 19 6 Gruier 1896- 1898;lafenestre 1880; Macon 1925; 7 Cfr. Lemonnier 1923 Garnier-Pelle8 , direttrice del Museo di Chantilly, ha preso il via la pubblicazione di articoli9 e dei cataloghi10 relativi alle collezioni, che hanno riportato alla luce questo argomento. Pertanto tale soggetto appare vasto e ricco di suggestioni e, nel raccogliere il testimone della ricerca, l’obiettivo era quello di ampliare i fronti della ricerca anche per stabilire il gusto artistico dell’epoca in cui nasce questa collezione, la circolazione dei dipinti e il confronto con altre prestigiose collezioni private del regno. E’ stato necessario ripartire dallo studio dei documenti non solo degli inventari Farnese per quanto riguarda il nucleo dei dipinti emiliani, ma anche quelli delle residenze reali, redatti nel XIX secolo per chiarire la questione dei paesaggisti stranieri e di altri dipinti importanti. In effetti il “decennio francese”, ritenuto dalla storiografia napoletana – soprattutto gli anni del regno di Carolina e Gioacchino Murat (1808-1815) – come il periodo più moderno e innovatore del XIX secolo per l’Italia meridionale, fu caratterizzato da un vasto programma di ristrutturazione relativo anche alle istituzioni culturali come l’Accademia di Belle Arti e i musei. In particolare è ormai nota la propensione della regina per gli oggetti d’arte provenienti da Pompei e il ricco “Musée de la Reine” cui elle diede vita nei pochi anni di regno. Attraverso gli inventari del palazzo reale di Portici, sito reale nei pressi di Napoli, molto amato dalla sovrana, è possibile risalire alla pluralità degli interessi di Carolina tra cui un nuovo gusto per i dipinti di paesaggio e per la pittura troubadour. Durante la sua fuga precipitosa da Napoli nel 1815, la regina ne dové lasciare una gran parte sulle mura dei suoi appartamenti abbandonando le pitture “moderne” di Denis, Forbin, Rebell, Granet, Dunouy, Ingres ed altri ancora. Questo considerevole insieme passerà poco dopo nella collezione di dipinti di Leopoldo di Borbone, come apprendiamo attraverso la lettura dei documenti. Appare dunque evidente come la ricerca dovesse mirare a far emergere i momenti essenziali di questo complesso episodio storico ma anche a far luce, attraverso le tracce storiche, non solo sulla collezione ma anche sul collezionista, la sua 8 Cfr. Garnier-Pelle 1995, Garnier- Pelle 1997 99 Cfr.