POLITECNICO DI MILANO Facoltà di Architettura Dottorato di Conservazione dei Beni Architettonici XII Ciclo
Tesi di dottorato
IL PROGETTO DI CONSERVAZIONE COME STRUMENTO DI RIQUALIFICAZIONE ECONOMICA E SVILUPPO SOSTENIBILE. IL PARCO ARCHEOLOGICO DI DOUGGA (TUNISIA)
Relatore: Chiar.mo Prof. Maurizio Boriani
Tutor: Chiar.ma Prof.ssa Tiziana Kirova Dottorando: Redha Attoui
A. A. 2000/2001
Indice
PARTE I APPROCCIO CONCETTUALE 7
Premessa 7
1.1. Dal museo al parco 8 1.1.1. Considerazioni epistemologiche 8 1.1.2. Definizione di parco 9 1.1.3. Origini e sviluppo della concezione ideale del parco archeologico 10 1.1.4. Conclusione 19
1.2. Il parco archeologico tra utopia e realtà 20 1.2.1. Estetica della rovina ed estetica del paesaggio 20 1.2.2. Il paesaggio agrario 22 1.2.3. Il parco come critica del paesaggio 23
1.3. Il conflitto tra parco archeologico e strumenti di pianificazione territoriale 25
1.4. Il nuovo orientamento e la definizione del parco archeologico: 25 1.4.1. Livello disciplinare: 25 1.4.2. Livello istituzionale 29 1.4.3. Livello legislativo 30
1.5. Conclusione parte prima 33 1.5.1. Per un rovesciamento delle prassi 33 1.5.2. Verso un nuovo rapporto tra parco e territorio 34 1.5.3. Innovatività 34
PARTE II BENI CULTURALI E SVILUPPO 37
Premessa 37
2.1. Beni culturali come risorsa per lo sviluppo 38 2.1.1. La forma distrettuale e la sua applicazione ai beni culturali 39 2.1.2. Innovazioni strategiche: la metodologia Delphi 41
2.2. Teoria dello sviluppo sostenibile 43
2.3. Conseguenze istituzionali 43
2.4. Verso un dinamismo culturale 44
2.5. Il parco archeologico tra profitto e sostenibilità 44 2.5.1. Attualità 45 2.7 Conclusione 54
PARTE III IL PROGETTO DI VALORIZZAZIONE INTEGRATA: IL CASO DOUGGA (TUNISIA) 57
3.1. Il quadro di riferimento 57 3.1.1. Cenni sulle principali caratteristiche demografiche ed economiche del comprensorio 58 3.1.2. Uso reale del suolo 59 3.1.3. Aspetto istituzionale e politico-culturale 62 3.1.4. Il parco progetti 68
3.2. Ricerca scientifica e archeologica 71 3.2.1. La carta archeologica 71 3.2.1.3. I risultati della ricognizione 77
3.3. Dalla carta del rischio alla carta delle potenzialità 86 3.3.1. La carta del rischio 86 3.3.2. La carta delle potenzialità 94
3.3.3. Strumenti di valutazione 95
3.4. Il caso studio 101 3.4.1. presentazione dei siti 102 3.4.2. Applicazione al sito 66: 128
3.5. Il progetto 133 3.5.1. Considerazioni generali 133 3.5.2. Il progetto culturale 134 3.5.3. Il progetto operativo 137 3.5.4. Il progetto gestionale 157
CONCLUSIONI 175
Appendice 1 177
Appendice 2 181
Appendice 3 353
Appendice 4 381
2
Figure
FIGURA 1 STRUTTURA DELLA CONSULTAZIONE DELPHI ...... 42 FIGURA 2. LA RETE P.I.S.A...... 50 FIGURA 3. STRUTTURA DEL PROGETTO P.I.S.A...... 50 FIGURA 4. CARTA DELLA TUNISIA, DA MICHAEL MACKENSEN. ZONA DELLA RICERCA EVIDENZIATA IN VERDE...... 57 FIGURA 5 LA PROPOSTA DI PARCO ...... 70 FIGURA 6 CARTA ARCHEOLOGICA, DA LOUIS CARTON 1895 ...... 73 FIGURA 7 AFRICA PROCONSULARIS...... 75 FIGURA 9 CARTA DELL'ACQUEDOTTO, DA LOUIS CARTON 1897...... 78 FIGURA 11 SCHEDA DEL SITO 205...... 84 FIGURA 12 SITO AIN GHARSSALAH...... 88 FIGURA 14 SITO 214 NEL 1999...... 89 FIGURA 15 SITO 214 NEL 2000...... 89 FIGURA 16 SITO 156...... 90 FIGURA 17 SITO 543 AIN FAWAR ...... 91 FIGURA 18 SITO 210 HENCHIR AIN BOUIA ...... 91 FIGURA 19 SITO 177 KSAR ET TIR...... 92 FIGURA 20 SITO 282...... 92 FIGURA 21 RISCHIO FRANE ZONA GORAA ...... 94 FIGURA 12 CAPITOLIUM DI DOUGGA ...... 102 FIGURA 23 SITO 066...... 111 FIGURA 22 SITO 169...... 119 FIGURA 24 SITO 002...... 119 FIGURA 25 SITO 107 MARABOUT SIDI CHEIDI ...... 120 FIGURA 26 SITO 25 DOPO LA PRIMA CAMPAGNA DI SCAVO ...... 124 FIGURA 27 SITO 369 VEDUTA FATTORIA AIN HAMMAM...... 126 FIGURA 28 CITO 231 CORTILE CON BLOCCHI ANTICHI...... 127 FIGURA 29 GRIGLIA DI ANALISI DEL SITO 66 ...... 128 FIGURA 31 VALUTAZIONE GENERALE DEL POTENZIALE DEI SITI PER UNA AZIONE DI VALORIZZAZIONE...... 132 FIGURA 32 GRIGLIA DI VALUTAZIONE DEL POTENZIALE DEI SITI (LIVELLO A)...... 132 FIGURA 31 SITO107, MARABOUT SIDI CHEIDI: FESTA DEL SANTO...... 142 FIGURA 32 MINIERA DI DJEBBA ...... 143 FIGURA 33 VEDUTA DEL GORRA ...... 144 FIGURA 34 PANORMICA DELLA VALLE D'ARKOU...... 144 FIGURA 35 PANORAMICA SULLA VALLE KHALLED...... 145 FIGURA 33 POTENZIAMENTO AGRICOLO ...... 148 FIGURA 38 ATTIVITA AUTUNNALE NEL COMPRENSORIO (VALLE GUETOUSSIA)...... 160 FIGURA 39 LA FRUIZIONE DEL PARCO IN AUTUNNO...... 160 FIGURA 40 LA FRUIZIONE DEL PARCO IN INVERNO...... 161 FIGURA 41 DOUGGA D'INVERNO...... 161 FIGURA 42 LA FRUIZIONE DEL PARCO IN PRIMAVERA ...... 162 FIGURA 43 PAESAGGI DI PRIMAVERA...... 162 FIGURA 44 LA FRUIZIONE DEL PARCO IN ESTATE...... 163 FIGURA 45 ATTIVITA DI RICERCA SUL CAMPO...... 163 FIGURA 46 SVILUPPO DELLA FRUIZIONE IN RICERCA SCIENTIFICA NEL TEMPO...... 164 FIGURA 46 SVILUPPO DELLA FRUIZIONE DIDATTICA NEL TEMPO...... 164 FIGURA 47 SVILUPPO DELLA FRUIZIONE SPORTIVA NEL TEMPO ...... 164 FIGURA 48 SVILUPPO DELLA FRUIZIONE DI TIPO LUDICO NEL TEMPO165 FIGURA 49 SVILUPPO DELLA FRUIZIONE AMBIENTALISTICA NEL TEMPO ...... 165 FIGURA 50 SVILUPPO DEL TURISMO RELIGIOSO NEL TEMPO...... 165 FIGURA 41 SVILUPPO DELLA FRUIZIONE NEL TEMPO...... 166 FIGURA 52 VARIAZIONE DI UTILIZZO DEI CIRCUITI ARCHEO- AGRITURISTICI ...... 168 FIGURA 53 VARIAZIONE DI UTILIZZO DEI POLI DI RICERCA SCIENTIFICA ...... 168 FIGURA 54 VARIAZIONE DI UTILIZZO DELLE STAZIONI DIDATTICHE..168 FIGURA 55 VARIAZIONE DI UTILIZZO DEGLI IMPIANTI SPORTIVI ALL'ESTERO...... 169 FIGURA 56 VARIAZIONE DI UTILIZZO DELLE NUOVE STRUTTURE DI ACCOGLIENZA...... 169 FIGURA 57 FREQUENZA DEI LAVORI DI MANUTENZIONE E DI RIPOTENZIAMENTO AGRICOLO...... 169 FIGURA 58 VARIAZIONE DI UTILIZZO DEI SERVIZI ...... 170
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Allegati
ALLEGATO 1 CARTA DELL'USO DEL SUOLO ...... 59 ALLEGATO 2 DTM CON INDICAZIONE DELL'USO DEL SUOLO...... 59 ALLEGATO 3 CARTA DELLA VIABILITA E DEGLI ACCESSI ...... 61 ALLEGATO 4 DTM DELLA VIABILITA E DEGLI ACCESSI...... 61 ALLEGATO 5 TIPI DI PAESAGGI AGRARI ...... 61 ALLEGATO 6 CARTA DELL'USO OTTIMALE DEL SUOLO ...... 61 ALLEGATO 7 CARTA ARCHEOLOGICA...... 77 ALLEGATO 9 CARTA DELLA DISTRIBUZIONE DEI FATTORI DEL RISCHIO ...... 86 ALLEGATO 10 DISTRIBUZIONE DEI SITI SCOMPARSI IN FUNZIONE DELLE ATTIVITA ANTROPICHE...... 88 ALLEGATO 11 DTM DELLA DISPOSIZIONE DEI SITI IN PROSSIMITA DI TORRENTI...... 92 ALLEGATO 12 AREA DI SCAVO ...... 123 ALLEGATO 13 AREE DEL PARCO...... 134 ALLEGATO 14 DELIMITAZIONE DEL PARCO...... 139 ALLEGATO 15 CARTA DELLE ATTRAZIONI CULTUALI...... 141 ALLEGATO 16 DTM GORAA...... 144 ALLEGATO 17 DTM GETTOUSSIA...... 144 ALLEGATO 18 MASTER PLAN ...... 147 ALLEGATO 19 DTM MASTER PLAN...... 147 ALLEGATO 20 PERCORSI DI VISITA...... 148 ALLEGATO 22 PROGETTO DOUGGA...... 152 ALLEGATO 23 PROGETTO AGBIA...... 153 ALLEGATO 24 PROPOSTA SITO 169...... 155 ALLEGATO 25 CARTA DEL.PERCORSO I...... 156 ALLEGATO 26 DTM PERCORSO I ...... 156 ALLEGATO 27 CARTA DEL PERCORSO II ...... 156 ALLEGATO 28 DTM PERCORSO II...... 156 ALLEGATO 29 CARTA DEL PERCORSO III ...... 156 ALLEGATO 30 DTM PERCORSO III...... 156 ALLEGATO 31 CARTA DEL PERCORSO IV...... 156 ALLEGATO 32 DTM PERCORSO IV ...... 156 ALLEGATO 33 CARTA DEL PERCORSO V ...... 156 ALLEGATO 34 DTM PERCORSO V...... 156 ALLEGATO 35 CARTA DEL PERCORSO VI...... 157 ALLEGATO 36 DTM PERCORSO VI ...... 157 ALLEGATO 37 CARTA DEL PERCORSO VII...... 157 ALLEGATO 38 DTM PERCORSO VII...... 157 ALLEGATO 39 CARTA DEL PERCORSO DELL’ACQUA ...... 157
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PARTE I APPROCCIO CONCETTUALE
Premessa
La toile de fond di questo lavoro è il dibattito sulla fruizione del bene archeologico. La proposta di un parco archeologico, mediante un’analisi critica delle problematiche emergenti dalle scelte progettuali finora espresse sul campo, mira ad identificare i presupposti che guidano la decisione di valorizzare un’area archeologica, gli obiettivi che tale intervento si propone di realizzare e le modalità di attuazione. L’intento è molteplice: innanzitutto si tratta di presentare i componenti definitori di un parco archeologico per scongiurare qualsiasi controversia di confine tra parco archeologico e non parco archeologico. Il secondo intento è di definire una struttura operativa di tale parco in una realtà agricola in crisi, ricca di risorse ambientali ed archeologiche, nella quale la società non ha sensibilità per il valore storico ed economico del proprio patrimonio. La situazione è aggravata da un'incertezza istituzionale sull’argomento dei beni archeologici e da un diffuso approccio consumistico e speculativo della fruizione dei beni. 1.1. Dal museo al parco
1.1.1. Considerazioni epistemologiche
Il sito
Nella sua accezione archeologica è inteso come traccia archeologica di un’attività antropica che costituisce l’unità territoriale minima di un paesaggio archeologico.1 L’allargamento dell’idea di sito intesa in tale definizione porta a definirlo come: sconosciuto per l’impossibilità di vederlo dato che giace sotto la crosta, nella fattispecie del bene archeologico; conosciuto ma con l’impossibilità di vederlo: reperti, opere d’arte, catalogate e non, depositate nei magazzini dei musei o in collezioni di proprietà privata; possono essere considerati tali anche libri non consultabili; conosciuto, raggiungibile, ma non fruibile sia per mancato interesse dei fruitori, sia per ragioni burocratiche ed economiche, sia per condizioni espositive non adatte; non visibile a causa della scomparsa, rappresentato da beni che non esistono più (l’abbazia di Port Royal in Francia) ma che sono attrezzati per visite guidate con documentazione e istituzione di musei; conosciuto, fruibile ma atto a scomparire. Sono soprattutto beni con alto grado di vulnerabilità (libri di carta tratta da legno), esposti al degrado biologico. immateriale (fenomeni folclorici, riti, usanze, canti, tecniche culinarie, testimonianza di una civiltà); naturali come il paesaggio in quanto testimonianza di una cultura che l’ha prodotto:
Museologia
La museificazione dei beni culturali è nata come raccolta selezionata di opere d’arte e di testimonianze storiche, promossa dal collezionismo privato sviluppatosi fin dal XVIII secolo. Questo periodo è caratterizzato da un processo di analisi stilistica delle opere d’arte che ha visto il suo apice con gli studi di Winckelmann e con l’avvento del neoclassicismo. Un ulteriore passo, merito dell’archeologia moderna, sta nell’apertura alla fruizione pubblica del patrimonio archeologico attraverso la
1 Andrea Zifferero, in Dizionario di archeologia. Temi, concetti e metodi, a cura di Riccardo Francovich e Daniele Manacorda, Laterza, Roma–Bari 2000, pp. 276-278.
8 costruzione di musei con immense collezioni di reperti archeologici, provenienti dagli scavi avviati nell’area del Mediterraneo e nel Vicino Oriente. Con questa nuova tendenza divulgativa, si accende dal secondo dopoguerra un dibattito sulla funzione e sul contenuto del museo, e nondimeno sugli aspetti progettuali e sulla sua integrazione nel tessuto urbano. Tale discussione si è focalizzata sulla distinzione tra museologia e museografia, come termini inerenti all’arte di musealizzazione del patrimonio culturale. La museografia2 tratta i temi correlati alla materia museale nei modi, nelle forme e nelle tecniche dell’allestimento, con particolare attenzione alle tecnologie degli impianti. La museografia è una competenza assimilata alle discipline architettoniche. La museologia è intesa come «l’approccio complessivo ai temi del museo, dalla presentazione degli oggetti alla trasmissione del loro contenuto, del rapporto con il contesto di origine alla percezione del loro valore culturale».3 valorizzazione
Il termine valorizzazione è inteso come creazione di valore aggiunto sia nell'ambito culturale, dando al fruitore la possibilità di acquisire conoscenza, sia in quello economico, creando un movimento di denaro in seguito alla fruizione, impiegato in parte nella stessa operazione di messa in valore con un'incidenza sul contesto contiguo. “Ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni culturali e ambientali e ad incrementarne la fruizione4 “
1.1.2. Definizione di parco
Il parco è inteso come strumento di diffusione culturale, di tutela della storia, superando l’idea che lo riduce ad un giardino di rovine; luogo di ricreazione fisica e
2 Termine utilizzato nel 1727 da C.F. Nickel con l’accezione che comprende gli argomenti relativi alla selezione degli oggetti e alla composizione delle raccolte, dalla compilazione dei cataloghi agli aspetti espositivi: Andrea Zifferero, Introduzione al corso, in Musei e parchi archeologici, IX Ciclo di lezioni sulla ricerca applicata in campo archeologico, Pontignano (Siena), 15-21 dicembre 1997, a cura di Andrea Zifferero e Riccardo Francovich, All’insegna del Giglio, Firenze 1999, pp. 17-18. 3Andrea Zifferero, in Dizionario di archeologia. Temi, concetti e metodi, a cura di Riccardo Francovich e Daniele Manacorda, Laterza, Roma–Bari 2000, pp. 196-199. 4 D.L. 112/1998, art. 148.
9 mentale che marca il distacco e, nello stesso tempo, la continuità tra il passato e il presente.
“…è la possibilità di identificare l’area parco con quello che possiamo definire un “bacino integrato di offerta turistica”, in cui, partendo da un tema o da una risorsa più o meno caratterizzante, si costruisce un sistema integrato di prodotti e di servizi turistici in grado di soddisfare una domanda sempre più qualificata e segmentata”
1.1.3. Origini e sviluppo della concezione ideale del parco archeologico
1.1.3.1 Dall’area archeologica al parco archeologico:
Le presenti note non intendono fare riferimento alle vicende delle singole fasi storiche che hanno portato alla nascita del parco archeologico, analizzando l’iter culturale, tecnico e amministrativo, ma vogliono dare una recensione che permetta una chiara identificazione storica dell’input del parco archeologico portando alla luce:
A). gli aspetti dell’evoluzione dell’area archeologica
Le vicende che hanno contribuito all’apparizione del parco archeologico come strumento di conservazione risalgono al periodo nel quale il sito archeologico era una fonte di reperti da asportare in base sia a un giudizio estetico sia a esigenze utilitarie (nella fattispecie materiale da recupero per la costruzione). La fase successiva registra da un lato un maggiore interesse scientifico per le tecniche costruttive e per la formulazione dei modelli attraverso l’assunzione di valori estetici ed architettonici, dall’altro lato una continua spoliazione dei siti e la prevalenza del giudizio estetico su quello storico. Un ulteriore sviluppo nel modello culturale permette di collegare il valore del sito ad una lettura complessiva delle presenze archeologiche nell'area, con tutte le alterazioni lesive a causa del deturpamento dell’area, scavando a tappeto e concentrandosi su una singola fase storica.
10
B). le problematiche connesse alla conservazione e alla delimitazione di tale area, alle modalità di fruizione.
L’affermazione del concetto della conservazione integrata verrà a seguito di un riconoscimento graduale nel tempo e nella società del valore culturale delle testimonianze. Tale affermazione ha posto la questione della delimitazione dell’area come esigenza di garantire la conservazione integrata di un'area ritenuta di valore culturale da tutelare. Da segnalare che tale delimitazione fu concepita come difesa dall’espansione edilizia più che come protezione dalle minacce dei furti.
C). loro conseguenze sull'organizzazione e sulla gestione dell’area e infine
Contemporaneamente al processo di maturazione del concetto di area archeologica, si sono sviluppati strumenti legislativi, influenzati dall'impostazione culturale dell’epoca, che hanno visto nascere un regolamento d’uso dei siti archeologici. Questo regolamento ha contribuito all'identificazione dell’area archeologica senza definire una specifica normativa inerente ad essa. Una constatazione preliminare riguarda la mancata istituzione di uno strumento legislativo per il parco archeologico, che trova una sua prima spiegazione nel rapporto storico dell’area archeologica e gli strumenti legislativi.
D). il rapporto tra beni archeologici e territorio.
“Un parco culturale non consisterà in un'area recintata e vincolata, ma in un insieme di risorse ambientali, testimonianze e manufatti storici, beni culturali mobili e immobili, tradizioni artigianali, ecc.; il tutto correlato spesso ad un tema, che rappresenta l’aspetto più tipico o il momento storico culminante o il fattore paesistico predominante.”5 Il superamento della tradizionale concezione della museografia indotta dalla specializzazione dei campi di ricerca scientifica è frutto del nuovo approccio interdisciplinare. Tale approccio presenta il bene archeologico al fruitore come oggetto di conoscenza globale e integrata riproponendo ai non addetti ai lavori una collocazione dei manufatti e delle emergenze archeologiche in un contesto più ampio che non può essere altro che il territorio di appartenenza. Un salto concettuale,
5 Nicolò Saverese (a cura di), Misure territoriali per uno sviluppo sostenibile, in Storia al futuro. Beni culturali, specializzazione del territorio e nuova occupazione, Giunti, Firenze, 1999, p. 299.
11 affermato dal nuovo orientamento della disciplina archeologica che contribuisce all’introduzione di una percezione globale del processo evolutivo del territorio. Un mutamento disciplinare e concettuale che ha avuto le sue conseguenza sui modi di fruizione, ponendo temi di attualità come il tema del paesaggio con tutte le sue complessità, tramite varie iniziative condizionate dalle situazioni del territorio: nei casi più favorevoli6 una fruizione in ambiti territoriali molto estesi, in altri casi meno adatti, il ricorso a ricostruzioni virtuali, grafiche o computerizzate.
1.1.3.2. Verso una definizione del parco
L’intento è di tracciare una linea di demarcazione tra il parco archeologico e il non parco archeologico. Consapevoli delle controversie intrinseche in tale operazione, si cercherà di definire il confine nel suo aspetto fisico e le entità che compongono i due sistemi. Una formulazione teorica, basata sul riconoscimento delle componenti necessarie a un’effettiva operatività del parco, è possibile per una definizione che fa assumere al parco un significato lontano da ogni equivoco. Per affrontare la problematica dei parchi archeologici, bisogna tenere in considerazione da un lato, il fronte operativo, dove si registrano proposte e realizzazioni che si riconoscono nella formula del “parco archeologico” e che presentano diversità negli aspetti concettuali, morfologici, tecnico-operativi, legislativi e gestionali, e dall'altro lato, il fronte istituzionale, dove si manifesta una maggiore attenzione rivolta dal settore amministrativo al parco archeologico.
Un punto di partenza per l’analisi sarebbe una distinzione tra le aree urbane ed extraurbane, legata all’aspetto territoriale dell'area archeologica che si conferma sempre includendo, nelle proposte dei parchi archeologici, aree sempre più estese da tutelare. Sotto tale aspetto un'identità di parco comincia ad apparire come insieme di testimonianze archeologiche localizzate in un ambiente dove la componente naturale, sebbene antropizzata, prevale sulla componente antropica.
6 Grandi musei all’aperto nord-europei.
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1.1.3.3. Proposte progettuali: presupposti concettuali, componenti strutturali
Si cercherà di selezionare una serie di proposte e di realizzazioni che si distinguano sia nella definizione del parco archeologico, sia nelle componenti strutturali. Tali proposte saranno esaminate sotto gli aspetti seguenti: a)- Il concetto di parco archeologico b)- Presupposti e finalità c)- Struttura del progetto d)- Modalità di attuazione e)- Modi di fruizione f)- Aspetti legislativi, gestionali, istituzionali Per questo scopo saranno presentati progetti realizzati e proposti tra gli anni ’60-'70 e gli anni '90 in diverse realtà europee ed extraeuropee.
L’esperienza Italiana:7
Il parco archeologico di Camarina (1970) a) Il concetto di parco archeologico “È stato iniziato da parte della Soprintendenza un interessante discorso di approfondimento e verifica degli attuali strumenti di tutela. Questi strumenti, pur essendosi dimostrati efficaci e, almeno per il momento, insostituibili, hanno però quasi sempre avuto un carattere spiccatamente difensivo e, quando basati su valutazioni esclusivamente specialistiche, hanno avuto per conseguenza l’isolamento del bene sottoposto a tutela dal suo contesto e la limitazione del suo uso sociale. Si è venuto così sempre più precisando l'esigenza di partecipare e sollecitare la messa a punto di tutti quegli strumenti atti a garantire in modo rigoroso e definitivo la tutela della zona archeologica collegandola strettamente con il territorio ed inserendola in un assetto economicamente e socialmente produttivo.”8 Il progetto consiste in una delimitazione con recinzione dell’area archeologica, uno speciale interesse per una viabilità incentrata sui percorsi pedonali che ricalcano gli antichi assi. In certi casi tramite una ricostruzione con rilevati o con passaggi aerei
7 M.C. Pierdominico, M.Tiballi, "Il parco archeologico: analisi di un problema," in Bollettino d’Arte 71, 1986, pp. 35-36. 8 P. Pelagatti, F. Ceschi, E. Tonca, “Sul parco archeologico di Camerina,” in Bollettino d’Arte, serie V, 1976, 1-2, pp. 122-141.
13 per proteggere i tratti di pavimentazione originale. Un ricorso alle basse piantumazioni per sottolineare gli allineamenti principali delle case. Restauro delle presenze archeologiche con una ricostruzione parziale a scopo didattico. Riuso dei locali della masseria per un piccolo antiquarium con un progetto di allestimento museale, un magazzino nella cantina della stessa masseria. Il progetto prevede l’uso dell’esproprio.
Il parco archeologico di Selinunte9 (1977)
“Un parco archeologico altro non è che un immenso museo archeologico, anzi un museo che, a differenza di quelli tradizionali, i cui contenuti sono stati sistematicamente asportati dal loro contesto ambientale originario, conserva i suoi contenuti in questo stesso contesto.”10 “:.. come luogo sottratto all’uso privatistico, quale luogo per il quale diventa irrilevante lo sfruttamento agricolo, prevalente la fruizione pubblica e qualificante il porsi come ambiente spaziale rigenerante: nel quale la natura, il reperto archeologico e la stessa indagine specialistica e scientifica vengono proposti in un organica contestuale”11. L’idea del parco nasce dietro una seria di motivazioni. La prima è impedire la diffusa pratica degli scavi clandestini nelle necropoli, la seconda sta nel contrastare l’invasione edilizia da Est e Ovest che minaccia di invadere l’area archeologica. L’ultima sta nella condizione patrimoniale favorevole dell’area con il successo del processo di acquisizione dei terreni intorno all’area archeologica. Per contenere la spesa, l’intervento è stato suddiviso in due fasi sulla base di priorità di intervento: la prima comprende: -I servizi di ingresso (recinzione, hall per la biglietteria, l’esposizione di materiale didattico, vendite di guide e pubblicazioni e servizi bar e ristoro).
9 Vicenzo Tusa, Il Parco archeologico di Selinunte e la “politica” di conservazione dell’ambiente delle zone archeologiche da parte della Soprintendenza archeologica della Sicilia occidentale in BCASic 1980, pp. 155-164. 10 F. Minissi, Parco archeologico di Selinunte, in BCASic, II, 1-2, 1981, p. 203. 11 Vincenzo Tusa il parco archeologico di selinute e la politica di conservazione dell’ambiente delle zone archeologihe da parte della soprintendenza archeologica della sicilia occidentale in BCA Sic, 1980, pp. 155-164
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-Viabilità interna (punti di sosta temporanea, parcheggi defilati alla vista, transitabilità pedonale integrale del parco, ponte per l’attraversamento dell'area del Modione) -Progetto di trasformazione della fattoria Floria (ristrutturazione e integrazione del complesso edilizio con opera murarie e opere di adattamento ed allestimento museografico con attenzione alla dislocazione dei servizi e degli accessori). -Delimitazione del parco (recinzioni differenziate secondo le caratteristiche del paesaggio). -Impianti per l’illuminazione dei principali complessi archeologici per l’agibilità serale, e un sistema di irrigazione per il verde. -acquisizione al demanio regionale delle aree che circondano le emergenze di Selinunte, compreso un complesso edilizio costituito da un’antica fattoria agricola, estesa per 3030 mq. -finanziamento della Cassa per il Mezzogiorno per le opere del parco, Assessorato regionale al Turismo per il progetto di trasformazione della fattoria in un Antiquarium. -fruizione didattica con la costruzione di un filtro culturale dove sono fornite le informazioni necessarie per la visita riguardanti gli aspetti marginali all’area urbana antica . Ancora più didattico l’Antiquarium ubicato nel restaurato complesso edilizio Fattoria Florio, dove è possibile una lettura del sito archeologico e un sussidio didattico per la visita tramite modelli di templi, ricostruzioni grafiche, fotografie, testi. Interessante il sistema di viabilità dove si è proceduto all'istituzione di percorsi pedonali integrali per una visione concentrata sui monumenti rilevanti.
Il parco archeologico di Sibari (1974-1982)
“Momento di sintesi tra l’esigenza della riscoperta di luoghi, usi e costumi antichi e la rivitalizzazione economica delle risorse del patrimonio culturale del passato”.12 creazione di una struttura che attui un progetto integrato tra il settore turistico e le altre attività della zona capace di realizzare una unità territoriale e culturale di tutto il comprensorio Il progetto prevedeva
12 Relazione alla proposta di parco archeologico a Sibari, presentata dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria (progetto dell’arch. P.L. Carci, 1974-1982).
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- Una delimitazione netta dell’area archeologica tramite una recinzione. - Un'attenzione del sistema degli accessi, la viabilità interna di collegamento tra area di scavo e museo. Integrazione del sistema di verde con aree di rimboschimento. - Un altro aspetto si presenta nella bonifica geoidrologica dell’area del parco. - La costruzione di un museo della Sibaritide. - Il proseguimento degli scavi - Acquisizione effettuata dell’area archeologica. Una fruizione dominata dalla ricerca scientifica creando delle condizioni ottimali di studio e di servizio inerenti all’attività di ricerca, un riguardo alle attività ludiche escursionistiche che richiedono viabilità pedonale appoggiata da semplici attrezzature di servizio e percorsi sportivi attrezzati in modo più accentuato; lo stesso discorso è valido per le attività sociali e culturali che richiedono strutture adeguate.
Il parco archeologico di Crotone (1983)13
“Un complesso di evidenze storiche-ambientali che, esito di progettazioni specifiche, armonicamente si fondano nell’urbanesimo recente, conservando in forma più che equilibrata le linee morfologiche originali di un certo territorio, linee che sono a loro volta l’esito di trasformazioni diacroniche operate dalla natura o dall’uomo. Come tale perciò il parco è una creazione che coesiste e diremo meglio che è generata nell’habitat moderno e che quindi diventa un fatto culturale e politico nello stesso tempo, appartenendo esso all’organizzazione che il cittadino dà al territorio.”14 Il parco viene configurato come luogo di sosta e di riposo, di svolgimento di attività di tempo libero - delimitazione tramite recinzione differenziata a seconda del confine - creazione di viabilità sopraelevata e liberamente spostabile - potenziamento della strada statale 106 - il riuso dei casali rustici per risolvere il problema di spazio del museo. - completamento dell’acquisizione dell’area
13 Relazione alla proposta di parco archeologico a Crotone località Vigna Galluccio, presentata dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria (progetto degli arch.tti F. Missini, C. Suri, M. Governale, 1983). 14 R. Spadea, I parchi archeologici di Borgia e Crotone: realtà e prospettive di sviluppo, in L’itinerario di Magna Grecia in Calabria, Atti del convegno Reggio Calabria, Aprile 1982, Reggio Calabria 1982, pp. 209-218
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- acquisizione di 5000 mq coperti di vari casali rustici della prima metà e della fine del secolo scorso.
Il parco archeominerario di Rocca San Silvestro 1989 a)- Il concetto di parco archeologico “Strumento di tutela e di valorizzazione sostanzialmente nuovo, almeno per l’ordinamento italiano, di “un giacimento culturale “ integrato, la cui molteplice rilevanza è allo stesso tempo, la caratteristica più originale, ma anche un fattore di difficoltà per integrare le normative di conservazione, di gestione urbanistica e di salvaguardia degli aspetti economici.15” Il progetto punta a : - la conservazione dei manufatti e dell’ambiente con la costruzione di una dimensione culturale della sua gestione per evitare un consumo distruttivo tramite: - un uso del territorio compatibile con l’attività originaria creando una fonte alternativa all’attività estrattiva; - incrementare la consapevolezza del pubblico sul valore storico di Rocca San Silvestro; - creazione di un turismo culturale ricco di esperienze piacevoli ed istruttive; - realizzazione di un piano di gestione comprendente la parte finanziaria, organizzativa dei flussi turistici e dei servizi. Il parco dovrebbe definirsi per gradi successivi: definire le aree di pertinenza del parco integrando i risultati acquisiti con le indagini archeologiche di epoca medievale, condotte tra il 1970 - 1990 con quelle condotte negli anni compresi fra le due guerre; realizzazione di un primo lotto del parco nel comprensorio Valli dei Manienti, dei Lanzi e del Temperino, vista la concentrazione dei resti di escavazioni e miniere di epoca preromana con uno stato di conservazione che consente di usufruire di percorsi in galleria sviluppati per 30 km, dove si potrebbero conoscere tutte le fasi di sfruttamento;
15 Riccardo Francovich, “Il progetto del parco archeomininerario di Rocca San Silvestro (Campiglia Marittima)," in I siti archeologici. Un problema di musealizzazione all’aperto, Secondo seminario di studi, Roma, gennaio 1994, a cura di Bruna Amendolea, Gruppo Editoriale Internazionale, Roma 1995, p. 185.
17 la prospettiva di integrare il progetto del parco con il sistema di parchi naturali e attrezzati nella bassa Valle della Cornia; il progetto di valorizzazione delle strutture di trasformazione metallurgica dall’epoca preromana a quella contemporanea, fino ai forni di fosso Capattoli e le strutture di XVI-XX secolo della Madonna di Fucinaia; la prospettiva di esaurimento della risorsa mineraria nell’area e le previsioni degli enti locali riguardo l’attività di cava destinate a concludersi negli anni futuri. La fruizione all’interno del parco è articolata a vari gradi di approfondimento. - La ricerca scientifica . - Centri di servizi per archeologi e geologi, ecologisti e studenti ricercatori (ostello e centro operativo all’interno del palazzo Govett). - Ripotenziamento agricolo e sistemazione idrogeologica, ricreando i tipici terrazzi misti di ulivi, vigne e cereali. - Aree didattiche sperimentali finalizzate alla comprensione della lavorazione del ferro, del piombo e del rame (zona adiacente alla Rocca San Silvestro). - Le cave come aree di addestramento per la scalata delle montagne con tracciati prestabiliti e vie ferrate ( la cava del Monte Calvi), oppure come spazio espositivo all’aperto (la cava della Valle Lanzi), come laboratorio per artigiani e scultori, sfruttamento del materiale per le opere di costruzione necessarie all’interno del parco. Riduzione dell’impatto sul paesaggio delle macchine dei visitatori con la proposta della grande Cava come parcheggio. A livello gestionale e amministrativo è rilevante l’occasione data dalla costituzione della società Parchi Val di Cornia avvenuta nel 1993 che si occupa degli appalti relativi ai primi interventi senza dare grande spazio ai problemi di gestione che potrebbero generarsi nel futuro.
L’esperienza statunitense16
L’uso pubblico dell’area: presentare il luogo storico come area vivente che non ha subito interruzione cosicché le vicende storiche rilette nelle emergenze archeologiche sembrano un prodotto recente che entra in conflitto con la fruizione pubblica dell’area.
16 Luca Mariani, Il “parco archeologico” negli Stati Uniti d’America, in Bollettino d’Arte 71, 1986, pp. 171-178.
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Il pre-parco: il vantaggio di avere enormi estensioni di terre consente una delimitazione geografica del parco molto vasta e evidenzia la natura del territorio non contaminato dai manufatti umani che altrove giungono a ridosso dell’area archeologica. Un modo che permette di avere un graduale accesso al parco, di legare in modo indissolubile la conservazione dell’aspetto naturale con quello di matrice archeologica (p.e. Parco nazionale di Mesa verde, parte sud-ovest del Colorado: 21.000 ettari) Archeologia sperimentale e didattica: arricchire i musei con riproduzioni in miniatura dei monumenti che ricostruiscono il paesaggio sociale e il modello di frequentazione del sito, corredato di illustrazioni e guide, e rafforzato dal commercio di prodotti dell’artigianato locale. Questo per confermare la trasmissione dell’eredità culturale puntando sul concetto della “cultura delle meraviglie” che suscita impressione nei fruitori esaltando l’aspetto grandioso legato al sito (p.e. Parco di Pipestone nel Minnesota).
1.1.4. Conclusione
Dall’analisi delle varie proposte si delinea una serie di considerazioni che investono sia l’aspetto tecnico operativo sia quello concettuale. La prima constatazione è che fino agli anni ’80 si è sviluppato un grande interesse per gli elaborati grafici esplicativi dove si è cercato di definire in modo accurato tutte le componenti del parco (delimitazione, area di estensione, viabilità esterna e interna, aree scavate, una segnalazione precisa delle aree di potenziale archeologico e storico, l’individuazione delle strutture in grado di ospitare i servizi del parco). Oltre alla definizione grafica si è maturato un interesse per la previsione dei costi di attuazione di ogni singolo intervento con tanto di relazione esplicativa degli obiettivi e delle modalità tecniche di attuazione. Tale impostazione è dovuta al bisogno di definire le soluzioni tecniche e operative per il concetto nascente di parco e assume la funzione di stimolo nei confronti della collettività (cittadini, forze politiche). Gli ultimi decenni hanno registrato una tendenza ad affidarsi ai contenuti e agli intendimenti progettuali delle esperienze passate, in modo da avere un quadro generale della spesa ai fini di richiesta di finanziamenti necessari. La tendenza di far leva su un bagaglio di esperienze limitato e la sottovalutazione dell’aspetto
19 progettuale nella fattispecie delle proposte particolareggiate impediscono un miglioramento delle soluzioni attraverso l’interscambio di esperienze. Questo calo d’interesse per il progetto operativo è accompagnato da una carenza concettuale dove manca il progetto culturale portatore di valore aggiunto e che contraddistingue una proposta basata sull’identità culturale ed una proposta basata su un criterio funzionale.
1.2. Il parco archeologico tra utopia e realtà
1.2.1. Estetica della rovina ed estetica del paesaggio
Le riflessioni estetiche sul paesaggio si traducono all’interno delle interrogazioni sulla diversa qualificazione estetica della natura e dell’arte e sui diversi modi di percezione indotti da entrambe le fonti. Per non inoltrarsi nel lungo e intricato argomento filosofico si cercherà di riportare concetti relativi alla fruizione in quanto tema fondamentale per l’allargamento del tema del parco archeologico al territorio. Da un lato, nel campo dell’arte il godimento assume una funzione contemplativa di una bellezza astratta indotta dall’attrazione materiale della natura. Da un altro lato la natura si presenta come oggetto di autocontemplazione, un piacere nella contemplazione, “piacere del piacevole, piacere vissuto, un godimento della vita in quanto vive”. Per il caso dei beni culturali diffusi su un territorio si tratta di chiarire la duplicità del piacere che natura, emergenze archeologiche e azione degli uomini procurano insieme, in forme di godimento complementari e non sovrapponibili. La campagna romana come caso emblematico della critica del paesaggio, grazie a due guide dello stampo di Chateaubriand e Bachofen, permetterà di fare qualche accenno all’esteticità del paesaggio con la sua duplice valenza naturale e antropica. Infatti nelle descrizione di Bachofen e nella lettera di Chateaubriand sulla campagna romana, come verrà riportato più avanti, si nota una analogia di giudizio che confermando l’idea romantica del sublime, confluisce verso una dissonanza tra storia e natura. Per quanto questi due modelli di critica abbiano formulazione in stile letterario e chiave di lettura diversi considerando la diversità degli autori come
20 mentalità, cultura, e campo di interessi, essi presentano il paesaggio e lo giudicano come una espressione estetica della storia civile e economica.
Infatti Bachofen nella sua severa descrizione della campagna romana in una veste di storico moralista, e nello stesso tempo di studioso degli aspetti economici e sociali costruisce un modello critico, giudicando esteticamente il paesaggio in termini di “spiacevole piacere o dispiacere piacevole.17 La spiacevolezza come manifestazione morale di fronte alla storia che ha inflitto alla natura un degrado e la retrocessione del territorio ad una condizione pastorale. Il piacere nella sua ingenuità di vedovanza e sterilità, espressione di un torto subito dalla storia che ha provocato turbamenti e inquietudine. « Nell’ampio silenzioso camposanto della Campagna ogni età ha lasciato le proprie testimonianze: la più remota antichità, le sue mura di cinta nascoste dietro cespugli in fiore, i tracciati e gli avanzi delle strade, l’antichità più tarda, gli imponenti sepolcri, e quelle grandiose meraviglie della romana potenza, gli acquedotti, le cui arcate, che si susseguono a perdita d’occhio, così bellamente si combinano con i profili del paesaggio. Risalgono all’età di Mezzo le fosche torri e i castelli in rovina, alcuni dei quali conservano tuttora i nomi dei loro fondatori: i Colonna, i Savelli, e quei Frangipane che tradirono Corradino di Svezia. Ma persino le costruzioni di epoca più recente sprofondano in una stessa decadenza, insieme con l’età cui vanno debitrici del loro nascimento. Di quei palazzi in cui credé di eternarsi il fasto e l’elevato gusto della gerarchia, residenze campestri dei borghesi, dei Barbarici, dei falconieri, e Doria Pamphili e Corsini, solo alcuni la miseria dei giorni presenti consente di mantenerli per quanto è strettamente necessario. Le loro finestre sgangherate, le loro colonne mezzo distrutte, gli affreschi che sbiadiscono e i vuoti saloni fanno pensare al destino di quelle innumerevoli ville della Roma imperiale, di cui, a sentir Plinio, le sole rive del Tevere ne annoverano più che tutte le riviere dell’impero messe assieme…”18
17 La qualifica della natura dove l’essenza del sublime è stata individuata dai teorici del settecento da Berkeley fino a Kant: Rosario Assunto, Il paesaggio e l’estetica, Ed. Novecento, Palermo, 1994. 18 Giovanni Giacomo Bachofen, Die Landschaften Mittelitaliens, a cura di Walter Muschi, Verlag Benno Schwabe & Co., Klosterberg, Basel, 1945, p. 100.
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Da un altro lato Chateaubriand19 nella sua lettera sulla campagna romana trasmette un'attenzione al paesaggio come immagine della campagna sterile e vedova-«dont la culture moderne n’a pas rajeuni le sol, et qui est demeurée antique comme les ruines qui la couvrent…»- che porta in sè la contraddizione: da un lato un fascino ineguagliabile se la guardiamo con occhio di poeta, fascino oramai perduto a causa dell’azione antropica, dall’altro lato uno spettacolo di desolazione se la guardiamo come economisti. “…Si vous les contemplez en artiste, en poète, et même en philosophe, vous ne voudriez peut-être pas qu’elles fussent autrement…”
1.2.2. Il paesaggio agrario20
Lo studio dei paesaggi agrari riguarda le testimonianze interpretativo-valutative delle modificazioni estetiche inflitte al paesaggio naturale per effetto delle tecniche agricole e dei sistemi giuridici, che disciplinano l’agricoltura e le attività ad essa collegate. “Quella stessa attività creatrice…quello stesso genio individuale, che nel paesaggio agrario dell’età comunale, induce la meraviglia dei campi squadrati, dei filari bene allineati, delle sapienti sistemazioni di pianura e di collina, si esprime in un rinnovamento rivoluzionario del paesaggio pittorico, di cui il Buon Governo del Lorenzetti-[…] –può considerarsi un documento insigne…21” Il Sereni con la sua analitica ricostruzione dei paesaggi pittorici proponendoli come conseguenze estetiche dell'economia agraria, va oltre lo scopo della documentazione iconografica, manifestando negli artisti un partecipe giudizio intorno al paesaggio riferito ad una propria idea estetica.“…Un geniale studio Leonardesco di paesaggio […] ci rivela, col reticolo lontano ma preciso che si allarga sulla pianura, un ideale paesaggistico che non è solo quello immaginoso, e quasi romantico, del primo piano, ma si concreta in opere razionali di campi regolarmente sistemati e ordinati per la cultura…22” Il paesaggio agrario è un luogo di incontro della valutazione estetica e di quella economica dove appare possibile una rispondenza, anche sul piano estetico, tra le
19 François-René de Chateaubriand, Lettere à M. de Fontanes sur la campagne romaine, nel Mercure de France del 3 marzo 1804, Texte critique Etabli par J. M Gautier, Genève, Droz 1961, pp. 3-4 nel Mercure de France del 3 marzo 1804 20 E. Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano, Laterza, Bari, 1961. 21 Sereni, op. cit., p. 97. 22 Sereni, op. cit., p. 136.
22 forme del paesaggio agrario e le forme dei rapporti sociali. Eliminando qualsiasi opposizione tra il giudizio estetico dell’artista filosofo e quello realistico dell'economista. “..la dove, con le sue attività agricole […] l’uomo comincia ad imprimere al paesaggio agrario forme più coscientemente elaborate, la via è aperta ad una valutazione di queste forme che non è più solo tecnica ed economica, ma estetica. Dopo i paesaggi pastorali ed agricoli informi dell’alto medioevo e dell’età feudale, non v’è dubbio, anche nell’età comunale e poi nel rinascimento, il gusto per il “bel paesaggio” rinasce e si afferma in uno stretto nesso con quello storico- tecnico, economico, sociale, culturale- che rende agli uomini associati la loro capacità di indurre nel paesaggio forme nuove e precise, organicamente adeguate al nuovo grado di sviluppo che le forze produttive sociali hanno raggiunto nell’agricoltura […] La villa italiana del rinascimento è dapprima, sia pure in …privilegiato esclusivismo delle classi dominanti, quello stesso bel paesaggio agrario, del quale abbiamo seguito l’elaborazione a partire dell’età dei Comuni…”23
1.2.3. Il parco come critica del paesaggio24
“Critica in azione, dunque, come apprezzamento che si realizzi mediante un'attività pratica, come una modificazione della realtà data.” Benedetto Croce Essendo la critica del paesaggio ricca e variata nelle sue proposte e nei suoi modi il parco archeologico si colloca in quella cosiddetta critica in azione, dal momento che interviene nel paesaggio, lo interpreta e lo giudica esteticamente: in questa relazione l’opera umana è intenzionalmente inserita e alla ricerca di un'unità formale. Il paesaggio è un valore estetico come le opere architettoniche con le quali si trova in rapporto di condizionamento reciproco. Dal momento che il degrado morfologico del paesaggio può creare alterazioni formali nell’unità del bene architettonico e nel suo ambiente, si rende indispensabile un intervento di recupero e di restauro del paesaggio per dare senso ed ottimizzare qualsiasi opera di conservazione dei fabbricati.
23 Sereni, op. cit., p. 144. 24 Rosario Assunto, Il paesaggio e l’estetica, Ed. Novecento, Palermo, 1994.
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Il parco come forma vivente25:
Il “giuoco”26, come concetto che include la memoria e la meditazione, la scoperta di mille effetti frizzanti e vari27 questo invito alla pensosa e raccolta solitudine troverebbe riscontro nel parco28 che soddisfa quella esigenza di contemplazione attiva e fattiva: una contemplazione che vede il soggetto fruitore partecipe e messo in gioco per intero anche fisicamente nell’identificazione con il contemplato Il paesaggio come spazio del giuoco29 dove la ludicità è solidale alla sacralità. Il parco archeologico è un tentativo di levare la contraddizione30 intrinseca al paesaggio dove al fascino ineguagliabile delle emergenze archeologiche, in maggiore parte perduto a causa dell’azione antropica, si aggiunge uno spettacolo di desolazione visto con l’occhio dell’ economista. Il parco come tentativo di recupero del paesaggio rappresenta quella tensione verso la sua fruibilità nel quale la vita e la contemplazione costituiscono un'unità.
Controversie
Non bisogna dimenticare la minaccia che pesa sul paesaggio, dovuta al regredire della fruizione che passa dal livello di contemplazione estetica - non solo conservativa ma anche sacrale31 - a quello di consumo di massa in una banalizzazione che suscita sazietà e insofferenze. Di fronte a questo rischio si schiera il parco come momento di critica intraprendendo una rimessa in pristino degli accorgimenti materiali che garantiscono l’integrità materiale, un recupero delle armonie e ritmi della natura. Trattandosi della collocazione di un'opera umana all’interno della cornice ambientale del paesaggio, il parco richiede gli stessi strumenti adoperati nel restauro di un complesso architettonico. Lo scopo finale è la sopravvivenza del
25 J. A. Jellicoe, L’architettura del paesaggio (Studies in Landscape editori, 1968, University press, 1960 e 1966), tr. Di Enrica Labò, Milano, Edizioni di “comunità”, 1969 26 J. A. Jellicoe, op. cit. p. 150 27 E. Silva, Dell’arte dé Giardini inglesi 1799, II volume i due capitoli De’ cammini e sentieri, dei viali e Siti di riposo . 28 Marulli, Il primo libro (De’viali ne’ grandi giardini) articolo IX apprezzando l’esistenza in un parco pubblico di Vienna del viale Solitario, luogo del pensoso divagarsi 29 J. A. Jellicoe, Rievocazione di Olimpia in op. cit. (sopra nota 25) 30 François-René de Chateaubriand, op. cit., p. 6. 31 J. Ruskin, Sesamo e gigli, 1968, prefazione alla seconda edizione.
24 paesaggio, contraddistinta da concetti che usurpano il nome di economia (alla cui radice si lega il sostantivo di organizzazione).
1.3. Il conflitto tra parco archeologico e strumenti di pianificazione territoriale
La formulazione dei piani regolatori comunali, dei piani di coordinamento intercomunali, e dei piani regionali e interregionali attraverso la legislazione che regola l’assetto del territorio, costituisce lo strumento teorico, dove si definiscono sia l’uso del territorio sia la rete delle infrastrutture, tenendo conto dei caratteri territoriali di valenza ambientale, naturale, architettonica storica ed archeologica rilevati singolarmente o in modo collettivo secondo la loro diffusione sul territorio. Tale individuazione dovrebbe garantire, almeno teoricamente, un utilizzo e un'integrazione di tali valori per incrementare la ricchezza culturale di una società. L’alternativa offerta dal parco archeologico come strumento con valori storico- naturali porta ad un uso equilibrato e attento alle risorse del territorio.
1.4. Il nuovo orientamento e la definizione del parco archeologico:
1.4.1. Livello disciplinare:
1.4.1.1 Orientamento dell’archeologia
L’archeologia ambientale “..Lo studio di tutti gli aspetti fisici e biologici dell’ambiente e delle interazioni dell’uomo con esso nel tempo, attraverso metodologie e tecniche derivate dalle scienze naturali.”32 L’archeologia ambientale ingloba molti studi specializzati dalla Bioarcheologia (archeobotanica, archeozoologia, paleoantropologia) alla Geoarcheologia che si avvale delle ricerche che comprendono indagini generali sull'ambiente e sull’evoluzione morfologica del paesaggio in un dato territorio sottoposto all’azione antropica, ed indagini specifiche e limitate come quelle pedologiche e altri studi come quelli geomorfologici finalizzati alla ricostruzione del paesaggio nell’antichità
32 Laura Motta, in Dizionario di archeologia. Temi, concetti e metodi, a cura di Riccardo Francovich e Daniele Manacorda, Laterza, Roma–Bari, 2000, pp. 3-4.
25 e alla comprensione dei sistemi ecologici e del potenziale produttivo, che sono alla base delle scelte abitative e insediative delle antiche popolazioni. Il fatto di portare l’oggetto della ricerca nei dintorni del sito consente la ricostruzione delle relazioni tra comunità antiche e ambiente e la messa in luce della formazione, dell’evoluzione e della trasformazione del paesaggio ed esige una conservazione del territorio che sta intorno alle emergenze, comprese quelle minori, per permettere una fruizione efficace. L’archeologia della produzione riguarda “…quegli studi che indagano l’insieme delle operazioni necessarie a trasformare un bene in un altro differente. Operazioni delle quali non si interessano solo i meccanismi tecnici con cui furono svolte, ma le connessioni di tali attività e, più in generale, i modi di produzione hanno avuto nelle differenti situazioni con il processo storico.”33 Il tenere conto della contestualizzazione dei vari indicatori (testimonianze archeologiche), del sapere tecnico e del suo modo caratteristico di trasmissione da un lato evidenzia i limiti di molte fonti antiche e dall’altro grazie alla possibilità di lettura a ritroso del processo che vede coinvolti i singoli reperti e l’intero complesso degli indicatori, permette la ricostruzione di saperi e tecniche perduti o modificati dall’azione naturale e antropica. Per raggiungere gli obiettivi della ricerca di archeologia della produzione (il riconoscimento delle cause e delle conseguenze sociali e economiche, comprese quelle di impatto ambientale delle antiche civiltà) occorreva che l’indagine del patrimonio culturale interessasse oltre il reperto archeologico anche l’ambiente circostante e che considerasse il territorio come componente archeologica e come fonte di informazione. A tale impostazione di ricerca si associano: l’archeologia del commercio, l’archeologia del consumo e l’archeologia ambientale che contribuiscono all’affermazione del concetto della fruibilità “diffusa”. Questa è vincolata alla contestualizzazione delle testimonianze archeologiche e all’estensione dei limiti del parco al di fuori dell’area archeologica, così come comunemente è stata intesa.
33 Enrico Giannichedda, in Dizionario di archeologia. Temi, concetti e metodi, a cura di Riccardo Francovich e Daniele Manacorda, Laterza, Roma–Bari 2000, pp. 231-236.
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L’archeologia sperimentale riguarda “studi finalizzati alla verifica di ipotesi archeologiche mediante il ricorso a esperimenti replicativi.”34 La disciplina ha registrato dalla metà del XX secolo una grande diffusione presso gli istituti di ricerca e le università. Il caso più celebre in Europa, l’Historical-Archaeological Research Centre, è nato in Danimarca (Lejre), come stazione di archeologia. Esperienze simili sono state avviate in altri paesi nord-europei. Le attività in questi centri non si sono limitate solo alle sperimentazioni con materiali e tecniche preistoriche, ma hanno permesso di simulare dal vivo la vita degli artigiani e dei coltivatori del passato. Tale pratica tramite le ricadute didattiche e divulgative da essa derivanti, hanno fornito un buon esempio di integrazione tra il territorio, i centri di ricerca e la fruizione turistica. L’etnoarcheologia è un'altra disciplina che condivide con l’archeologia sperimentale lo stesso criterio della diretta osservazione della realtà dinamica, con il vantaggio di praticarlo all’interno di un sistema culturale vivente.
1.4.1.2. Cultura materiale e la nuova definizione di parco
“Affidandosi ad una assai relativa nozione di artisticità e di qualità ambientali, la cultura ufficiale ha lasciato che tutta una serie di valori legati al paesaggio agrario, a certe tipologie rurali e industriali, a certe infrastrutture, a certi luoghi usati dalla collettività e legati alle sue esperienze di lotta, di conquista, di sfruttamento, fossero dispersi dall’avanzata delle periferie speculative e dall’abbandono delle campagne”35 Nella logica della cultura ambientalista dell’era industriale la campagna o il territorio rurale è stato emarginato, è ritenuto residuale senza una capacità di attrazione per attività ludiche e di tempo libero. Il nuovo orientamento della disciplina impone il concetto di equilibrio ecologico globale, di organicità sistemica e di non rinnovabilità delle risorse. Tale impostazione del problema porta a tener conto oltre dei sistemi ambientali e ecosistemi naturali, di quelli antropizzati (agricoli, insediativi) e a non limitarsi allo
34 Massimo Vidale, in Dizionario di archeologi. Temi, concetti e metodi, a cura di Riccardo Francovich e Daniele Manacorda, Laterza, Roma–Bari 2000, pp. 280-282. 35 R. Pavia, Cultura materiale, territorio, patrimonio culturale, in “Quaderni Storici” n. 31, 1976, p. 341.
27 strumento del vincolo che oltre ad essere inutilmente coercitivo contribuisce all'emarginazione delle campagne.
1.4.1.3 L’economia politica e l’economia dei beni culturali
L’interesse del mondo dell’economia maturato a partire dagli anni Sessanta per la questione dell’allocazione delle risorse, insufficienti per l’incremento dell’utilità sociale, ha trovato nel campo culturale l’occasione per innescare un processo di verifica, da parti degli economisti, sulla possibilità dell’applicazione dei parametri e dei concetti chiave dell’analisi economica (domanda –offerta- prezzi di mercato- costo- beneficio). Tale processo è iniziato con l’affidare alle imprese operanti nel settore dell’industria culturale la caratteristica del no profit.36 Il passo successivo è stato la nascita del pensiero favorevole al finanziamento pubblico nel campo della cultura37 che risulta più giustificabile nel caso delle imprese no profit.38 Partendo dal presupposto che i beni culturali sono beni collettivi, distinti dai beni privati per il fatto che contengono i due principi della non rivalità e della non escludibilità nel consumo39, si registra la difficoltà di inserirli nel mercato come risorse da salvaguardare, per redistribuirli nel corso del tempo all’intera collettività. Infatti, la posizione dei beni culturali tra beni pubblici e beni di mercato non semplifica, da un lato il lavoro dell'economista che deve ricorrere al mercato per identificare il sistema di preferenze collettivo, da un altro lato la valutazione del potere decisionale che, con la sua macchina burocratica, non riesce ad individuare la politica culturale che possa rispondere agli aspettativi dei singoli cittadini. È nello stabilire un legame tra il livello di consumo attuale e quello futuro che sta la peculiarità del modo di consumo del bene culturale: il bene culturale è un bene a consumo incrementale. Un incremento indipendente dalle considerazioni relative al gusto e alle sue variazioni nel tempo. Fermo restando che il gusto abbia il suo posto nell'interpretazione del mercato in un lungo periodo.
36 W. J. Baumol, W. G. Bowen, Performing arts: The Economic Dilemma, Twentieth Century Fund, New York, 1966; cit. Pietro A. Valentino, Economia e cultura, in “L’Ippogrifo” I, 1, 1988, p. 28. 37 D. Fullerton, On justifications for public Support of the arts, in “Journal of Cultural Economics” 15, 2, 1991, pp. 67-82. 38 C. D. Throsby, G. A. Withers, The Economics of the Performing Arts, E. Arnold, London, 1979. 39 G. Brusio, Economia e finanza pubblica, Carocci, Roma, 1998.
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Un'altra caratteristica intrinseca ai beni culturali è la sua eterogeneità dal momento che le unità di output sono differenziate, vista l’impossibilità di standardizzazione del servizio, che è condizionato dall’atteggiamento e dalle preferenze dei fruitori. Considerando che l’output di un dato sistema è frutto di una combinazione di capitale e forza lavoro, il contributo dell’economia politica per la definizione di un bene o di un servizio culturale sta nel presentare il bene culturale come bene misto, risultato della produzione di attori pubblici e privati.40 L’altro settore che l’economia della cultura ha analizzato è la struttura dell’offerta, che cerca di fornire risposte alla questione del sistema tariffario riferendosi alla massimizzazione della somma dei redditi e all’incremento delle donazioni volontarie.41
1.4.2. Livello istituzionale
La questione legata all'istituzione di un ministero che riguarda il mondo culturale nella sua ampia accezione (beni culturali e cultura) è stata da sempre oggetto di controversie che possiamo riassumere come segue: la scelta di affidare ad un unico ministero le funzioni pubbliche statali riguardanti beni e attività culturali l'assegnazione di competenze tra lo stato, le regione e gli enti locali. L’accostamento tra cultura e beni culturali sia a livello formale42 sia a livello funzionale43 non è una ragione sufficiente, in termini giuridici, per accorpare in un unico ministero44 le due materie, tra l’altro con esigenze e modalità di protezione diverse.
40 C. D.Throsby, The Production and Consumption of the arts: a View of cultural economics, in “Journal of Economic Literature” 32, 1994, pp. 9 ss. 41 Tra gli autori che hanno trattato l’argomento troviamo; H. B. Hansmann, Non profit enterprise in the Performing Arts, in „Bell J. Econ.” 12, 2, 1981, pp. 341-361 e B. A. Weisbrod, Collective- consumption Services of individual consumption Goods, in “Quarterly Journal of Economics” 78, 1964, pp. 471-477. 42 A livello costituzionale la cultura e i beni culturali rappresentano le due facce della stessa medaglia. 43 La valorizzazione dei beni culturali concorre alla diffusione culturale, e egualmente la produzione di attività culturali potrebbe generare beni culturali (architettura, musica, libri, pittura,…). 44 Sandro Amorosino, Per un modello di Riparto di funzioni tra stato, regioni ed enti locali, in “Economia della cultura” a. VII, n. 2, 1997, p. 116.
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A questo punto la decisione e la natura della scelta di istituire uno o più ministeri spettano al mondo politico, con tutte le sue polemiche nominalistiche e di bandiera, che, tuttavia sono tenute ad avere una compatibile realtà amministrativa. Nel caso di una scelta di raggruppare in un unico ministero tutte le funzioni pubbliche relative ai due temi, si pone il problema della eccessiva eterogeneità che dovrebbe affrontare l’amministrazione centrale. L’alternativa è di scorporare uno o più argomenti dalla macrocategoria ed accorparla in un apposito ministero.45 Per una costruzione di un modello da adottare s'impone un ragionamento sulle funzioni attribuite ai beni culturali e alle attività culturali.
1.4.3. Livello legislativo46
Il mancato intervento legislativo per la definizione di un modello di tutela costituito dal parco è dovuto alla sua configurazione che contrasta l’ottica atomistica del bene storico-artistico e l’endemica idiosincrasia del mondo della conservazione per la fruizione. Per circoscrivere questo argomento, c’è sembrato opportuno prendere in considerazione il caso italiano come modello di percorso emblematico47 finalizzato alla definizione di una legge riguardante il tema dei parchi. A livello internazionale si registrano l’invito ad una conservazione integrale dei siti archeologici,48 l'istituzione di zone di riserva per la conservazione delle testimonianze materiali e la delimitazione e la protezione dei “siti e luoghi” di interesse archeologico,49 infine l’estensione del concetto di sito archeologico alle zone archeologiche.50 In Italia il quadro normativo definito dalla legge n.1089 del 1939 e dalle leggi successive, continua ad ignorare la categoria dei parchi archeologici anche se a
45 Riferimento al caso italiano secondo le linee proposte dalla “commissione De Vergottini”ne “ La riforma dei ministeri e la riorganizzazione delle funzioni pubbliche in materia di territorio, paesaggio e ambiente” a cura di Sandro Amorosino in “Rivista Giur. Ambiente” n. 5, 1994 ed ora in Sandro Amorosino, Beni ambientali, culturali e territoriali, Padova, 1995. 46 Stefano Benini, Suprema corte di cassazione “Tutela dei beni culturali e istituzione dei parchi archeologici”, in Archeologia e ambiente, Atti del convegno internazionale, Ferrara Fiera 3-4 aprile 1998. 47 Il paese infatti è per eccellenza ricco di beni culturali diffusi sul territorio … 48 Raccomandazione dell’U.N.E.S.CO. di Nuova Delhi del 5 dicembre 1956 art.9. 49 Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico di Londra del 6 maggio 1969. 50 convenzione per la tutela del patrimonio culturale mondiale di Parigi del 16 novembre 1972.
30 livello legislativo regionale si sono registrate delle iniziative per delineare un modello di parco che si trova contrastato per la mancanza di unitarietà nei tentativi regionali e per il conflitto che coinvolge le competenze in materia di tutela e valorizzazione. L’esigenza di una contestualizazzione del bene, per superare il limite della legge del 1939, trova un riscontro nella costituzione delle “zone archeologiche”51 sollecitate dalla commissione Franceschini 1964, che ridefinisce il bene culturale come“Tutto ciò che costituisce testimonianza materiale avente valore di civiltà”. Finalizzato alla fruizione pubblica, gli attribuisce un carattere autonomo di tutela in quanto “bene di fruizione più che di appartenenza” L’effetto del salto concettuale affermato più tardi da più voci autorevoli, oltre all’ampliamento della tipologia dei beni, sta nell'affermazione della dimensione storico - territoriale propria del bene che implica nuove metodologie di approccio alle problematiche legate al territorio come contenitore di varie testimonianze culturali. Un altro aspetto del limiti della legge del 1939 sta nella concessione meramente conservativa come la giustificazione dell'intervento pubblico52 che impone un sistema normativo basato su vincoli e limitazione al diritto di proprietà che solo una rilettura dei comm. dell’art. 9 Cost. ha permesso di passare dalla conservazione passiva a quella attiva promuovendo lo sviluppo della cultura. L’unico allargamento ambientale nella legge del 1939 si manifesta nel vincolo indiretto di cui all’art. 21 della legge 1089 che attua una tutela di tipo paesaggistico offrendo ”uno strumento per tutelare il monumento non in sé, ma per il suo modo di essere in relazione alle esigenze di integrità, prospettiva, luce, ambiente, decoro.” L’azione combinata del vincolo diretto e quello indiretto attua una tutela sempre più estesa nel territorio. Nel caso archeologico sfruttando le caratteristiche del vincolo indiretto, si possono vincolare zone con potenziale archeologico assai accertato. Visti i limiti del sistema vincolistico fino a qui esposto e il suo metodo di approccio “caso per caso”, un tentativo di programmazione e di identificazione preventiva e generale di categorie di tipologie di territorio viene sempre più confermato. Tale
51 Dichiarazioni XXII, XXIII, e XXIV. 52 L. 29 giugno 1939 n. 1497 settore relativo alle bellezze naturali.
31 metodo pianificatorio53 cerca di individuare ambiti territoriali da conservare tralasciando interventi conseguenti da emergenze di speciale pregio. L’affermazione del processo che considera il paesaggio non solo nella sua concezione passivamente conservativa, ma in quella dinamica valorizzata la troviamo nella legge Galasso L 431 del 1985 “Una riconsiderazione assidua dell’intero territorio nazionale alla luce e in attuazione del valore estetico-culturale”. Con il mutato sistema di valutazione dei beni di tutela la percezione del territorio non viene più in funzione emotiva, ma considera le forme del paese in funzione storico- conoscitiva54 e viene confermata in seguito all’individuazione all’interno delle zone soggetto all’art.1 L.431/85 secondo tipologie paesaggistiche ubicazionali o morfologiche di immobili aventi i requisiti della tutela storico-artistica. Con il piano nazionale per l’archeologia si registra il primo tentativo di definire il parco archeologico presentandolo come”Museo all’aperto” che risulta concepito nel D.M. 13 aprile 1993, anche se in modo assai statico. Un'interessante estensione delle esigenze di tutela alle attività che qualificano la memoria storica del territorio trova la sua attuazione nel provvedimento legislativo in materia di locazione (d.l. n. 832 del 1986, art. 4 bis). Pur essendo un passo verso una tutela integrale, il sistema integrato 1497/39 e 431/85 rimane carente come unità dinamica promozionale che verrà sviluppata nell’ambito della legge quadro sulle aree protette (L. 6 dicembre 1991 n. 394) che oltre a confermare e allargare l’aspetto conservativo alle specie animali e vegetali, alle caratteristiche geologiche e biologiche introduce il tema della gestione e del restauro ambientale,55 in modo generico senza precisare l’ambito e l’ampiezza dei poteri connessi alla gestione con tutte le conseguenze conflittuali legate ai livelli di competenza. Il primo riguarda la separazione tra azione di tutela e di valorizzazione che vede giustificata l’intromissione regionale in materia dei beni culturali. Il secondo riguarda la compenetrazione delle esigenze di tutela storico - artistica nella pianificazione territoriale che si vede condizionata dai piani paesaggistici
53 D.l 27 giugno 1985 n. 312, conv. In l. 8 agosto 1985 n. 431. 54 La corte costituzionale prima della legge 431/85 l’ha definita come funzione “estetico-culturale.” 55 Art. 1 ”anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali.”
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(legge Galasso56) e prima ancora dai vincoli imposte nell’interesse “storico, ambientale, paesistico”57, e deve assicurare “la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici.”58 La legge 394/91 sulle aree protette nel prevedere il piano di parco come sostituto ad ogni livello dei piani paesistici e dei piani territoriali o urbanistici 59 prosegue nell’ottica di fare prevalere gli interessi culturali e ambientali. Considerando i limiti del quadro normativo relativo ai beni culturali, il parco come modello di tutela trova una sua espressione nel campo del paesaggio e delle bellezze naturali. Infatti, le leggi sulle aree protette60 considerano i valori culturali di un territorio parte integrante dell’ambiente naturale e antropizzato. E affidando la gestione ad un'autorità di parco dotata di autonomia, rappresentano il modello per superare i potenziali conflitti di competenza tra i pubblici poteri e di conseguenza tra strumenti di pianificazione urbanistica e piano del parco.
1.5. Conclusione parte prima
1.5.1. Per un rovesciamento delle prassi61
Dall’esposizione e dall’analisi delle diverse proposte emerge un calo d’interesse progettuale e gestionale che spiega l’incompleta risposta del parco alla domanda di gran respiro posta e maturata ai vari livelli culturale, sociale, economico e politico. Per affrontare la problematica dei parchi archeologici occorre assicurare tre condizioni: 1-La carta archeologica come strumento di conoscenza62 della consistenza quantitativa e qualitativa, della tipologia e della distribuzione dei beni sul territorio
56 Ai sensi dell’art. 1 bis L. 431/85 l’esigenza della valutazione della compatibilità dell’uso del territorio con il valore del paesaggio che non può trovarsi in una situazione di subordinazione. 57 ll 17 agosto 1942, n. 1150 art. 7, 2º comma, n. 5. 58 Art. 10, 2º comma lett. C, per i piani generali; art.16, 6º comma, per i piani particolareggiati; art. 36, 3º comma, per i regolamenti edilizi. 59 Art. 121, 7ºcomma l. 394/91 sulle aree protette. 60 L. 6 dicembre 1991 n. 394 art. 1 “anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali.” 61 Michele Cordaro, Una proposta per la conservazione dei beni culturali, in Atti del convegno Università e tutela dei beni culturali: il contributo degli studi medievali e umanistici, Arezzo - Siena, 21 - 23 gennaio 1977, La nuova Italia, Firenze 1981, p. 531. 62 Carta archeologica e pianificazione territoriale: un problema politico e metodologico. Primo incontro di studi: Roma marzo 1997, a cura di Bruna Amendolea, Palombi, Roma, 1999, p. 272.
33 rappresenta la condizione preliminare per una conservazione programmata di tale bene archeologico; 2-L'esistenza di un'identità culturale e ambientale del territorio; 3-La prevalenza della finalità di valorizzazione della risorsa archeologica.
1.5.2. Verso un nuovo rapporto tra parco e territorio
L’estensione del parco archeologico al territorio risulta un atto dovuto in seguito al riconoscimento del ruolo socio-economico del parco come motore di sviluppo e alla registrazione di una maggiore sensibilità per le problematiche inerenti alla regione circostante al parco. Ne consegue che la struttura del parco si delinea come area mista, tra pubblico e privato, senza delimitazione fisica per non limitare l’influenza culturale e non impedire l'integrazione con l’intorno. Queste considerazioni esigono un perfezionamento dello strumento nascente quale il parco archeologico, integrando il valore culturale, ambientale ed economico di un dato territorio per un'equilibrata coesistenza.
1.5.3. Innovatività
Le esigenze della tutela e della conservazione pongono inevitabili vincoli alla proprietà privata ed all’uso del territorio sinonimo di sacrifici per le popolazioni locali (agricoltori, abitanti) che manifestano resistenza e incomprensioni, perché il processo di valorizzazione richiede tempi lunghi. La questione da affrontare per una corretta impostazione di una legislazione sui parchi riguarda il rapporto tra aree protette e territorio circostante, tra finalità specifiche del parco e interessi delle popolazioni residenti. Un dato dell’esperienza dimostra che non è possibile realizzare un intervento di conservazione del paesaggio archeologico e ambientale, nella fattispecie del parco, senza il consenso delle popolazioni locali, anche se è vero che l’interesse delle popolazioni locali possa essere deviato da interessi particolari e speculativi sia da loro in prima persona sia da estranei al territorio nella figura di operatori turistici e gruppi finanziari esterni. Perciò per una nuova concezione attiva dello strumento di tutela bisogna attuare un salto di qualità, affiancando la tutela con un'apertura dei beni al territorio, attivando
34 un processo di socializzazione della cultura, mettendo in campo strategie compensative che consentono di allargare il consenso e la partecipazione delle varie componenti sociali presenti sul territorio nelle varie sedi di decisione, di ricerca, di valorizzazione, e di gestione.
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PARTE II BENI CULTURALI E SVILUPPO
Premessa
Il problema di fondo che stanno affrontando le cosiddette ”aree depresse”, è quello della scelta dei modi efficaci per uscire dalla crisi economica che stanno attraversando. Esistono due vie percorribili attraverso le quali un rilancio economico possa essere fattibile. La prima prospettiva è di adottare lo schema anticongiunturale classico che favorisce gli strumenti di ricerca economica senza tenere conto delle cause strutturali che stanno a capo della crisi. Tale ragionamento implica, nel caso delle politiche culturali, un ulteriore rinvio della problematica attinente alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale che vede il suo programma operativo degli interventi rimandato a tempi migliori e addirittura un congelo delle iniziative in corso per il mancato finanziamento dovuto alla recessione nel campo economico. È evidente il ruolo marginale e soprattutto strumentale che il patrimonio culturale occupa nell’attuale modello di sviluppo adottato, in quanto una politica culturale per la valorizzazione di tale patrimonio è stata sempre vista come scelta che punta sugli obiettivi sociali e collettivi piuttosto che su quelli economici ed individuali, obiettivi prioritari dell’attuale modello di sviluppo63. La rinuncia a tale modello, che si prefigge equilibrato e statico, si annuncia come il primo passo necessario per uscire dalla crisi e diverrà imprescindibile la promozione di una politica nuova distaccata dalla logica che rende alienazione, urbanizzazione e massificazione come prezzi inevitabili dello sviluppo.Tale politica si prefigge di promuovere meccanismi capaci di produrre un assetto sociale ed economico più equilibrato, nel quale i beni culturali acquisteranno un significato strutturale nella pianificazione economica.
2.1. Beni culturali come risorsa per lo sviluppo
“Il mondo dell’arte non è qualcosa che vada separato dal mondo pratico, ma che va considerato immerso in esso in un reciproco scambio di impulsi.”64 L’idea diffusa e confermata che il patrimonio culturale sia una potenziale risorsa per lo sviluppo, soprattutto per le zone depresse è maturata nell'ambito di un modello teorico semplice articolato nelle equazioni seguenti: risorsa culturale in una data area = attrazione di fruitori (più grandi sono la qualità e la quantità della risorsa, più numerosa e caratterizzata è la fruizione); presenza di fruitori = generazione di spesa; la qualità e la quantità della domanda (condizione socio-economica e la dimensione del flusso dei fruitori) definiscono le diversi categorie di domanda di servizi che condizionano l’ammontare della spesa di fruizione; incremento della spesa = garanzia di reddito e la disposizione di un capitale per lo sviluppo locale: una logica che associa la risorsa culturale alla produzione e alla vendita di servizi per soddisfare la domanda interna dei residenti e esterna formata da escursionisti e turisti
63 Fabrizio Barca, La valorizzazione della cultura, risorsa per lo sviluppo del mezzogiorno, in “Economia della cultura”, rivista quadrimestrale dell’associazione per l’economia della cultura, a. X, n. 2, 2000, p. 195. 64 Ranuccio Bianchi Bandinelli citato da Giorgio Mangani, Valerio Paci, Introduzione, in La tutela difficile. Rapporto sui beni culturali delle Marche, Gilberto Bagaloni editore, Ancona 1977, p. 22.
38 sia in forma di spesa in loco sia in forma di esportazione corrispondente all'ammontare dei prodotti venduti.65 Il limite di questo modello sta nel considerare che la sola presenza di una risorsa culturale possa essere la condizione indispensabile e sufficiente a generare una rendita e una crescita economica dell’area dove è collocato il bene. Infatti, la dotazione di risorse culturali di un’area, senza assicurare la sua capacità d'esportazione, la mette a rischio di fronte ai fenomeni concorrenziali di altre aree in possesso di un patrimonio culturale. Simili fenomeni possono essere supporti, solo se si provvede a: • La creazione di un’identità forte del territorio (Donzelli); • Stimolare la concertazione e la collaborazione tra i vari attori; enti di tutela, enti territoriali, settore privato; • Sviluppare politiche culturali finalizzate ad una presa di coscienza da parte del pubblico.
2.1.1. La forma distrettuale e la sua applicazione ai beni culturali
“La complessità dei problemi legati alla conservazione del patrimonio culturale non è solo dovuta all'eterogeneità e alla varietà del patrimonio ma soprattutto provocata dall’incapacità a instaurare un nesso tra concetto di cultura e concetto di vita, di economia, di organizzazione del territorio”.66 Il filo rosso di questo ragionamento è la constatazione ed il riconoscimento che la forza motrice di un modello di sviluppo non si basa sulle grandi imprese, ma sulla vitalità dei sistemi locali nella fattispecie dei distretti agricoli, turistici e artigianali. Un riferimento, per quanto sia controverso, è fornito dal campo industriale dove l’assunzione di una forma di governo nell’ambito di una logica di distretto industriale è definita da un sistema di piccole e medie imprese, basato su: - Un’unità culturale e un patrimonio di conoscenza tecnica e sociale - L’iniziativa familiare in grado di passare dalla scala artigianale alla scala industriale - La continuità nel tempo e una performance nel settore imprenditoriale - Garanzia di risorse pubbliche di sostegno
65 Infatti lo sviluppo tecnologico, soprattutto nel campo della “riproducibilità” tecnica della risorsa culturale permette la fruizione remota nelle aree esterne all’area del bene. 66 Giorgio Mangani, Valerio Paci, Introduzione, in La tutela difficile. Rapporto sui beni culturali delle Marche, Gilberto Bagaloni editore, Ancona 1977.
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- Creare una sinergia tra i vari settori di produzione presenti nell’area. La contrarietà di tale struttura è quell’esigenza di un contesto socio-economico ideale con tempi di attuazione a lungo termine (dovuti alla necessaria fase d’incubazione storica carica di sacrifici e di momenti difficili). Un'altra formula proveniente dal campo istituzionale dove la scelta politica assume una valenza decisionale assegnando diritti sulla proprietà intellettuale e sui marchi (diritti di proprietà sulla produzione locale, diritti alla denominazione d’origine) creando un privilegio monopolistico con conseguenze sul prezzo del prodotto, il reddito, la crescita del capitale, assicurando una tutela giuridica) tale forma trova la sua espressione nel settore del patrimonio culturale nella valorizzazione di fiere e festival legati alle peculiarità dell’area, nell’istituzione di centri di ricerca e di università per la promozione della risorsa caratterizzante l’area. Un’applicazione diretta la troviamo nel distretto culturale e artistico costruito attorno ad una realtà artistica o a una rete museale spesso presente nei centri storici con una tendenza d’estensione al territorio.67 La loro istituzione aumenta la domanda dei servizi alberghieri con un incremento di consumo nei settori artigianali grazie alla logica dei percorsi integrati creando da un lato un contesto di attenzione diffuso per la produzione di cultura dall’altro lato la costruzione di un'immagine e di un marchio sui mercati esterni. La combinazione delle tre forme distrettuali - culturali sembra una risposta adeguata, dove un’interazione dei beni culturali con altri sistemi locali mira a produrre esternalità economica nel campo dell’organizzazione degli interventi, dell’innovazione nel settore di offerta (flessibilità, nuove prodotti) e infine delle modalità di diffusione. Queste esternalità si presentano sotto tre forme.68 Esternalità positiva di rete. La compresenza di più nodi di una rete, nel nostro caso di più aree archeologiche e di più siti di interesse naturalistico e paesaggistico sul territorio, consente ai potenziali utenti una possibilità maggiore di fruizione e di contatto con contesti e ambienti tra l’altro compatibili e connessi.
67 Sistemi museali in Italia. Analisi di alcune esperienze: Le prime tappe di un lungo cammino, dossier a cura del Centro Studi TCI, Torino, Ottobre 2000. 68 Walter Santagata, Sarà a distretti la cultura del duemila, in “Il giornale dell’arte,” N. 185, Febbraio 2000, p. 34.
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Le esternalità positive di consumo si definiscono come indicatore della crescita dell’utilità acquisita da un consumatore ad alto potenziale di connessione grazie all’aumento dei nodi e di utenti della stessa rete. Il bandwagon effect indica l’incremento della domanda di un bene come risultato del suo consumo da parte di altri utenti. Il distretto archeologico, attraverso il patto territoriale, ha il compito di riuscire a fare massa critica creando delle condizioni positive per incrementare il flusso dei fruitori. Esternalità di tempo. Alcuni nodi del distretto, si pensi a siti di alto interesse archeologico o naturale, o a manifestazioni culturali di successo come i Festival, sono grandi attrattori di pubblico che recandosi sul territorio per quei motivi ottimizza l’uso del tempo libero visitando gli altri siti. L’economia di scala Lo sviluppo dell’attività culturale, contemporaneamente allo sviluppo delle attività affini localizzate all’interno dell’area, è in grado di determinare economie di scala ed economie esterne.69
2.1.2. Innovazioni strategiche: la metodologia Delphi70
Un altro metodo di valutazione dell’impatto è costituito dal metodo Delphi che si presenta come rimedio alle lacune degli approcci valutativi di tipo quantitativo fornendo una sintesi di dati di tipo qualitativo e quantitativo. Il metodo Delphi consiste nella consultazione71 di un gruppo di addetti ai lavori ed esperti, provenienti da varie competenze e riguarda gli obiettivi individuati72 all’interno del progetto integrato. Un panel di tecnici dell'organismo di tutela, economisti, operatori del turismo, esperti manageriali, sociologi… (figura 1)
69 Il caso di New York con lo sviluppo del settore multimediale (120 mila gli addetti) fondato su un tessuto di piccole imprese con tendenza ad un concentramento in certe zone della città richiamando i due concetti della Silicon Valley e quello dell’«economia di vicolo alley» è stata battezzata Silicon Alley. 70 G. Marbach, C. Mazziotta, A. Rizzi, Le previsioni, fondamenti logici e basi statistiche, Etaslibri, Milano 1991. 71 “la consultazione è stata strutturata in quattro tornate. Ad ogni tornata è stata fornita ai partecipanti una sintesi dei risultati di quella precedente, indicando le tesi maggioritarie (indicatore di sintesi) e quelle divergenti. Gli esperti sono stati interrogati in modo indipendente e contattati via fax per la procedura della consultazione. 72 Si rimanda al rapporto Civita 1997/1998 in Storia al futuro dove sono menzionate le indicazione di massima e il rendiconto della consultazione Delphi.
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Presentazione del tema centrale Primo round Opinione: incidenza di una maggiore integrazione tra il sistema di fruizione e gli altri sistemi economici per uno sviluppo locale e un incremento di occupazione
Sintesi dei risultati del primo round Indicazione di forme possibili di integrazione
secondo round Individuazione delle forme e dei contenuti dell’integrazione Individuazione dei vantaggi competitivi apportati ai sistemi economici e locali Sintesi dei risultati del secondo round elenco dei vantaggi competitivi possibili
terzo round
Richiesta di una valutazione quantitativa ex ante del peso del settore dei beni culturali nella specializzazione produttiva dei sistemi economici locali. Sintesi dei risultati del terzo round giudizio positivo sul ruolo trainante del settore dei beni culturali Quarto round Individuazione di nuove politiche e strumenti attuativi.
FIGURA 1 STRUTTURA DELLA CONSULTAZIONE DELPHI
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2.2. Teoria dello sviluppo sostenibile73
Malgrado le controversie che circondano la nozione di sviluppo sostenibile,74 rimane fondamentale attuare una strategia che permetta di regolare degli interventi sul territorio basandosi su scelte programmate nel tempo e variate nello spazio pur rispettando i vincoli imposti, usando strumenti flessibili. Un'applicazione di questa strategia trova la sua massima espressione nel campo della valorizzazione del patrimonio culturale diffuso in un territorio, dal momento che l’obbiettivo principale di tale azione è la conservazione e la preservazione delle risorse comprese quelle culturali e ambientali per soddisfare i bisogni delle future generazioni.
2.3. Conseguenze istituzionali75
Il perseguimento di una politica di sviluppo sostenibile porta in primo luogo a definire la sede finale della procedura di concertazione interministeriale e a darle un peso maggiore, conferendo questo compito alla massima autorità esecutiva del paese. Questa politica di sviluppo sostenibile rappresenta un messaggio forte per esprimere la volontà dei decisori ad indurre l’intero sistema amministrativo dello stato ad interiorizzare il processo di valorizzazione culturale e ambientale nella formulazione degli obiettivi di medio e lungo termine, procedendo sotto forma di cooperazione e di massimo coinvolgimento degli altri attori. Sembra ovvio che, in una strategia di sviluppo sostenibile, non mancano i momenti d'interazione tra azione di sviluppo e azione di tutela culturale e ambientale. Finora per risolvere i conflitti, tra l’altro frequenti, nati tra ministeri di tutela e ministeri di spesa, si sono prospettate diverse formule, la prima si basa su un'intesa tra i due ministeri, la seconda invece affida al ministero di tutela la funzione di quello di
73 Gilberto Coreana, Corso di economia dell’ambiente, anno accademico 1993-94, Università di Genova. 74 Serge Latouche, Il paradosso dell’economia ecologica e lo sviluppo sostenibile come ossimoro, intervento del 30 sett. 1998 al Seminario internazionale di studio all’Università di Padova; id., Sviluppo sostenibile? Un inganno, intervista di Vincenzo R. Spagnolo in “Avvenire” 12 febbraio 2000. 75 Paolo Costa, Dal conflitto alla sostenibilità ambientale, in “Economia della cultura,” a. VII, n. 2, 1997, pp. 111-115.
43 spesa, la terza che sembra la più plausibile e applicabile su tutte le scale d'intervento conferma la logica di interiorizzazione dei valori di tutela da parte dei vari organismi amministrativi. Una quarta formula si manifesta nella creazione di un ente esterno indipendente.76 Un altro aspetto, per l’attuazione di una strategia di sviluppo sostenibile, sta nella ridefinizione delle forme di tutela, nella fattispecie del VIA77 e del VIPA,78 e il necessario confronto con le esigenze di sviluppo.79
2.4. Verso un dinamismo culturale80
“la cultura non è un servizio, è la condizione dell’esistenza di una città” Giulio Argan La capacità di esprimere servizi nuovi e innovativi, di creare fabbriche di cultura, di gestire il proprio patrimonio culturale è la condizione necessaria per una continua e stabile fruizione dei beni; rappresenta il salto di qualità nel campo della valorizzazione di un patrimonio culturale che non sarà semplicemente erogato, ma verrà elaborato e rigenerato in una logica dove le funzioni prevalgano sulle produzioni.81 Il parco come area strategica della ricerca, della formazione, della produzione e della gestione di un settore attuale ed infinito rappresentato dalla riabilitazione del bene ambientale e culturale.
2.5. Il parco archeologico tra profitto e sostenibilità
“Alla fine degli anni ottanta si è verificato un vero e proprio conflitto di fondo tra l’ipotesi dei beni culturali come risorse per lo sviluppo, piegate troppo rapidamente alle ragioni di specifiche imprese, e l’ipotesi dei beni culturali come valori,
76 Il caso degli Stati Uniti dove il ruolo di direzione della strategia dello sviluppo sostenibile è affidato ad una agenzia. 77 VIA: valutazione dell’impatto ambientale. 78 VIPA: valutazione dell’impatto sul patrimonio culturale. 79 Legge Bassanini sulla semplificazione dell’azione della pubblica amministrazione. 80 Raffaello De Ruggieri, La sfida di Matera: un’identità che diventa sviluppo, in “Economia della cultura,” rivista quadrimestrale dell’associazione per l’economia della cultura, a. X, 2000, n. 1, pp. 73- 81. 81 Un parco non dell’effimero o della cultura mummificata, ma del nuovo dinamismo culturale legato alle moderne metodologie e tecnologie del recupero e alla corretta interpretazione del rapporto con le risorse culturali territoriali.
44 sostenuta dalla tradizione culturale (secolare) dei tecnici della tutela. L’iniziale fase di dialogo ha ceduto il passo a un irrigidimento da entrambe le parti”.82
2.5.1. Attualità
2.5.1.1. Politica euro-mediterranea per i beni culturali83
Il lancio della prima fase operativa dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali comunitari per il periodo 2000 – 2006 è stato favorito dal giudizio positivo espresso dalla commissione europea sulla strategia di sviluppo proposta dal Programma di Sviluppo del Mezzogiorno (PSM). Alla base di questa strategia si presentano scelte di carattere innovativo con la finalità di impedire la fuga delle risorse mobili (finanziamenti, attività specializzate e iniziative imprenditoriali) attraverso la valorizzazione permanente delle risorse immobili presenti sul territorio (capitale umano, il patrimonio naturale e culturale, la terra). La valorizzazione delle risorse culturali rappresenta il secondo punto nella gerarchia degli interventi prioritari all’interno del PSM84 e ha fornito l’occasione alle politiche culturali volte alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale, ad inserirsi nel processo di sviluppo delle aree depresse, a misurare l’efficace capacità dei diversi attori coinvolti. L’obiettivo principale del PSM è di “Stabilire condizioni per nuove opportunità imprenditoriali nel settore della cultura e delle attività culturali; accrescere la qualità della vita dei cittadini, la fiducia e il benessere sociale; valorizzare, tutelare e rendere maggiormente fruibili le risorse culturali del Mezzogiorno”. Più specificamente il PSM mira a consolidare, ampliare e qualificare le azioni di salvaguardia e di valorizzazione in corso del patrimonio culturale nella sua accezione più ampia, a offrire una qualità migliore dei servizi culturali, incrementando in qualità e in quantità le strutture per la fruizione puntando su quella didattica, a dotare il territorio di strutture e di sistemi opportuni per il compimento delle attività tecniche relative al patrimonio culturale con più decentramento della
82 Luigi Bobbio, La politica dei “beni culturali”: gli anni ottanta, in “Economia della cultura,” V, n. 2, 1995. 83 Giampiero Marchesi, Risorse culturali e sviluppo delle aree in ritardo: i fondi strutturali 2000 – 2006, in “Economia della cultura,” X, n. 1, 2000, p. 21. 84 Sono stati destinate investimenti agli interventi e alle attività da realizzare 2544 milioni di Euro.
45 specializzazione favorendo la nascita del settore privato ed infine incoraggiare le iniziative imprenditoriali legate al settore del patrimonio culturale comprese quelle di stampo terziario. Tale strategia esige una programmazione il cui successo sta nel rafforzamento del metodo partenariale che ha visto il Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica85 attribuire al Ministero per i Beni e le Attività Culturali il coordinamento86 del “tavolo interinale” sui beni culturali conclusosi con la stesura del “rapporto interinale” che comprende la definizione delle linee strategiche per i beni culturali nel mezzogiorno. Il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali interessa anche la fase attuazione del programma, manifestandosi in una funzione trasversale di orientamento e controllo sull’attuazione della strategia inerente alla risorsa culturale, operando all’interno di ognuno dei Programmi Operativi Regionali (POR) come titolare di singole misure.87 Per una concreta attuazione della strategia si è rivelato necessario da un lato un adeguamento, sia a livello centrale sia a livello territoriale, delle strutture tecniche cui competono gestione e amministrazione. Tale consapevolezza si colloca più a livello tecnico88 che politico-decisionale. Si è rivelata necessaria, dall’altro lato, l’applicazione dei criteri89 stabiliti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e comunicati agli enti territoriali per la redazione dei POR.
B) Il programma LEADER (Liaison Entre Actions de Développement de l’Economie Rurale)
Le caratteristiche del programma sono l’innovazione e la competitività introdotte nel settore terziario, che influenzano tutta la sfera dell’economia rurale, introducendo iniziative innovative come assistenza tecnica e formazione, turismo rurale, piccole e
85 Autorità di coordinamento per la programmazione dei fondi strutturali comunitari. 86 Delibera Cipe n. 140 del 22 dicembre 1998, “programmazione fondi strutturali 2000-2006”. 87 Delibera Cipe n.71 del 14 maggio 1999, “Orientamenti per la programmazione degli investimenti nel periodo 2000- 2006 per lo sviluppo del mezzogiorno” 88 Proposte operative sia di programmi di “assistenza tecnica“ sia quelli atti per una rapida attivazione dei Nuclei di valutazione e verifica previsti dalla legge 144 del 1999. 89 Criteri definiti all’interno delle “Linee Guida” per la programmazione elaborate dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali: livello di impatto sullo sviluppo regionale; effetti positivi sul capitale umano locale; livello di partecipazione dei soggetti locali e quota di cofinanziamento assicurato; definizione del piano di gestione; priorità conservativa e ambientale.
46 medie imprese, servizi al cittadino, produzione agro-alimentare, patrimonio culturale e ambientale. Le aree beneficiarie del programma emanato nel 1990 hanno la caratteristica di essere marginali e di avere un’economia depressa, come previsto dagli obiettivi 1 e 5b. Il programma si basa su quattro principi fondamentali: -gestione che fa capo ad un gestore unico la cui struttura deve essere composta da attori privati e pubblici; -piano d’azione integrato sia a livello territoriale sia a livello settoriale; -studio accurato degli interventi nei loro caratteri di innovatività, fattibilità; -cooperazione internazionale e lo scambio di idee e esperienze. La peculiarità del programma sta nella modalità di gestione e di autovalutazione dei gruppi partecipanti, nella capacità di questi ad attivare azioni economiche e sociali per gestire il piano e per un'efficace informazione dei potenziali beneficiari, nella tecnica di selezione dei progetti con le idee imprenditoriali e organizzative migliori e infine nella dimostrazione sul campo attuando un vero progetto integrato.
C). Il Consorzio Civita
La sua peculiarità sta nel suo impegno ad occuparsi del patrimonio culturale e ambientale “minore”,90 disperso su un territorio e nell'adottare politiche ad hoc, basate sulla costruzione di una rete di questi beni: realmente attraverso sistemi di mobilità e fruizione e virtualmente attraverso l’interconnessione telematica e la ricostruzione virtuale della loro unità. Operando all’interno del programma LEADER, il consorzio ha elaborato modelli di intervento in una realtà caratterizzata da un patrimonio diffuso che si basa sul concetto di sistema territoriale culturalmente ed ambientalmente integrato e che adotta il termine di “parco culturale”. È da notare che tra i progetti del consorzio Civita c’è il progetto hypermuseum che ha fatto le sue prove nei casi del Lago di Bolsena e dell’Alta Murgia.
90 Esperienze e proposte locali, a cura di Aldo Musacchio, in La storia al futuro. Beni culturali, specializzazione del territorio e nuova occupazione, a cura di Pietro A. Valentino, Aldo Musacchio, Francesco Perego, Giunti, Firenze, 1999, pp. 154-170.
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Altro successo l’ha registrato sempre nell'ambito di LEADER I, la formula dell'albergo diffuso come rete ricettiva in franchising con la proposta di casali ristrutturati nel comprensorio di Teverina. In campo formativo è da segnalare l’esperienza in corso nell'Agro Ericino in provincia di Trapani, che ha mirato alla formazione degli attori (operatori e collettività locali) per lo scopo di integrare l’offerta turistica locale. Infine è da segnalare l’esperimento in corso nel Montefeltro e nel Viterbese di una nuova forma di gestione del processo di valorizzazione economica delle risorse, basata sulla costituzione di una authority locale preposta al controllo della qualità integrale del territorio
D) Presentazione del progetto PISA “Programmazione integrata nei siti archeologici”
Operante nel quadro del programma Euromed heritage, la rete euromediterranea P.I.S.A coordinata dall’IMED, Istituto per il Mediterraneo è costituita da istituzioni competenti per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio archeologico relative a nove paesi di cui quattro in Europa (Francia, Grecia, Germania e Italia) e cinque a Sud ed Est del Mediterraneo (Algeria, Autorità Palestinese, Israele, Marocco, Tunisia) –figura 2- con finanziamento della comunità europea (“commissione europea regolamento MEDA”) di durata triennale 1998-2001. L’obiettivo è attuare strategie di intervento integrato comune ai paesi partner, puntando sulla nozione di programmazione integrata nei siti archeologici, nelle politiche culturali, negli interventi, nelle pratiche delle istituzioni pubbliche e degli attori economici e sociali. Struttura. -figura 3- L’impostazione del progetto P.I.S.A. nel suo insieme rappresenta una riproduzione a scala territoriale, anche in ambiti rurali delle esperienze dei distretti culturali urbani gia sperimentati dagli anni ’80. La strategia riguardante l’allargamento del concetto di risorsa archeologica prevede l’introduzione dei prodotti della cultura materiale e della cultura immateriale caratterizzanti il territorio, la presa in considerazione dell’assetto territoriale quali infrastrutture, accessibilità, ricettività e servizi e infine l’inclusione del sistema imprenditoriale nei dintorni della risorsa archeologica. Senza dimenticare che l’apporto del sistema socio-economico locale non si limita alla sua
48 dotazione di infrastrutture, ma dà un contributo in forma di risorse umane che condiziona con il suo livello di qualificazione la qualità dell’offerta. Questa integrazione del processo di valorizzazione delle risorse archeologiche con le altre dotazioni e con l’assetto socio-economico territoriale richiede: - Un approccio metodologico multidisciplinare - una qualità distinguibile (offerta integrata), che riduca il rischio della concorrenza di altre offerte a livello nazionale e internazionale. - un’ innovazione nella politica gestionale dei siti - un’ attenzione alla fruizione con l’accrescimento dei livelli di comunicazione tra gli attori interessati e con uno studio accurato per la presentazione del sito al pubblico.
Oltre all’intenzione di incoraggiare e promuovere le interconnessioni per garantire maggiori impatti economici di una data area archeologica, il progetto P.I.S.A. cerca di confrontare le analisi condotte contemporaneamente in diversi siti rispettando le stesse modalità come tentativo di delineare un profilo di programmazione integrata estendibile su tutta l’area Euro-mediterranea. La metodologia proposta dal progetto P.I.S.A nella sua fase ricerca-azione è articolata in tre ambiti in un sistema matriciale che analizza la situazione attuale, la dinamica storica, le potenzialità e strategie e infine i soggetti coinvolti in modo diretto e indiretto.
Il primo ambito riguarda il sito come entità analizzato nel suo stato attuale attraverso le sue funzioni e le attività specifiche svolte all’interno, le potenzialità del sito e la tendenza al suo sviluppo, formulando infine un giudizio critico sulla gestione del sito e sull’attuazione delle sue funzioni quali: la ricerca, la protezione e la conservazione, le politiche di sviluppo del sito e l’implementazione della risorsa archeologica, le politiche di promozione, le politiche di offerta di servizi per la fruizione, le politiche tariffarie, la gestione e l’organizzazione delle risorse umane infine le politiche di budget. Il secondo riguarda il rapporto tra sito e territorio, analizzando l’aspetto fisico e sociale (qualità dell’ambiente, servizi di accoglienza, infrastrutture di accessibilità, risorse umane, usi attuali del territorio, il quadro legislativo e decisionale).
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FIGURA 2. LA RETE P.I.S.A.
FIGURA 3. STRUTTURA DEL PROGETTO P.I.S.A
Il terzo punta sull'integrazione tra gestione del sito e gli elementi dell’assetto economico locale, quali
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• le attività produttive in quanto input e/o output del processo di messa in valore del sito nella fattispecie della ricerca, progettazione, restauro, settore multimediale, servizi terziari; • le manifestazioni culturali e le attività per il tempo libero; • la situazione del mercato del lavoro; • la natura delle politiche economiche attraverso l’identificazione dei vari attori e strumenti di pianificazione. Per l’attuazione di questa strategia è stato scelto un modello di una griglia di lettura generale, proponendo più percorsi di ricerca che possono rispondere alle realtà presenti all’interno dei casi studio. Lo scopo era di scongiurare da un lato il rischio di imporre schemi rigidi non in grado di tenere in considerazione le specificità geografiche, storiche, cronologiche, dimensionale) dei casi studio , da un altro lato il rischio di non garantire una convergenza delle ricerche –azione verso l’obiettivo quale la costruzione di un modello generale attraverso un’analisi particolare.
Una valutazione di impatti si rende necessaria per una lettura completa dei dati emergenti dell’analisi matriciale in quanto utile per la definizione di una gerarchia delle funzioni in rapporto ai tre ambiti.
L’identificazione dei punti di forza, di debolezza e di potenzialità delle funzione esistenti relativamente ad un sito(lettura orizzontale della matrice), l’identificazione del grado di influenza di ciascun ambito (gestione interna del sito, rapporto sito/territorio e rapporto sito/sistema economico) sulle funzioni del sito. I risultati della ricerca-azione. Di fronte alla tale domanda di grande respiro formulata qui sopra, l’analisi comparata relativa all’integrazione tra le funzioni nei vari contesti rileva una forte presenza di integrazione nell’ambito della gestione del sito, una scarsa attuazione per quel che riguarda il rapporto del sito con il suo esterno, un'assenza totale del rapporto tra sito e sistema economico locale91
91 Pietro A. Valentino, in Rapporto regionale di analisi comparata, l’approccio integrato ai siti archeologici, Rete Euro-Mediterranea P.I.S.A., Versione preliminare Giugno 2001, pp. 20-23.
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Questa non rispondenza è diffusa in tutti i casi studio in modo differenziato soprattutto ai livelli esterni al sito e si presenta nell’assenza di integrazione delle funzioni del sito con i vari contesti e nel grado di debolezza di queste funzioni.
Tra i principali limiti della programmazione integrata tra i siti e il loro esterno si distingue una forte carenza in materia di gestione riscontrata nei vari casi studio pur essendo diversi. Infatti, sono stati identificati tre modelli, il primo Centralizzato (Lixus in Marocco, Dougga in Tunisia, Cherchell in Algeria, Pella in Palestina), il secondo Partecipato (Tharros in Italia, Cesarea in Israele) il terzo Autonomo (Bibracte Francia, Pompei Italia). L’analisi di ogni tipo di gestione attraverso i casi rappresentativi ha permesso di rilevare le loro caratteristiche che possiamo riassumere nei seguenti punti: nel modello centralizzato si registra l’influenza dei vincoli di proprietà, dei vincoli dell'uso del suolo, dei vincoli legislativi e dell’interferenza di più organi statali. Nel modello partecipato si registra un'assegnazione ambigua dei ruoli, con una scarsa concertazione tra i vari attori che provoca un incremento e una sovrapposizione delle funzioni e delle competenze. Nel modello autonomo teoricamente si gode di un'agilità e semplificazione a livello decisionale e di responsabilità, ma realmente l’autorità centrale ha la facoltà di esercitare funzioni che valgono come controllo indiretto e coordinamento generale.92 Per venire incontro a queste carenze intrinseche si è cercato di sviluppare un modello-tipo di funzionamento sia per il modello non autonomo che per quello autonomo, cercando di costruire insiemi di legami prioritari tra le varie funzioni93 che si presentano come segue: - funzione gestione e organizzazione delle risorse umane e politiche di budget - funzione di ricerca, protezione e conservazione, promozione e divulgazione e politiche di offerta dei servizi - attività di promozione e divulgazione e politiche di offerta dei servizi. In definitiva il progetto P.I.S.A. mira a valorizzare il patrimonio culturale nella fattispecie quello archeologico, attraverso la necessaria identificazione degli attori
92 Il caso di Pompei in Italia e di Bibracte in Francia. 93 Sono identificati gli insiemi di funzione raggruppati per una migliore gestione: Valentino, op. cit., pp. 46-68.
52 del processo e il suggello di un accordo diretto ed esplicito tra i vari attori del processo per fissare gli obiettivi comuni e gli strumenti adeguati per una qualità culturale e sociale competitiva dei suoi output. Il progetto P.I.S.A è giunto al suo ultimo anno e vedrà la sua conclusione a Roma nel dicembre 2001 con il seminario internazionale finale. Allo stato attuale, i risultati registrati sono stati esposti nell’occasione della presentazione del Rapporto Regionale Comparato a Napoli nel giugno 2001. In questa sede sono stati divulgati i contenuti delle ricerche-azioni svolti all’interno dei singoli progetti dei novi paesi aderenti al programma. Il dato saliente che si può riportare è quello del carattere tradizionale dell’approccio che non è riuscito a contenere i tre contesti (gestione interna del sito, rapporto sito/territorio e rapporto sito/sistema economico).94 Tutto ciò rende la missione del progetto P.I.S.A a rischio, nel momento che i paesi partner hanno già dato il via all’elaborazione dei progetti pilota allo scopo di presentarli nel dicembre 2001.
94 Si rimanda alle schede tecniche sugli studi di caso di P.A Valentino, op. cit. pp. 76-152.
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2.7 Conclusione
Livello concettuale
Il parco archeologico come processo di sviluppo a bassa entropia modelli di sviluppo fondati sullo sfruttamento di ogni risorsa territoriale (naturale, ambientale o storica) che porta alla distruzione delle culture locali. La proposta di un parco come congiunzione del rigore della ricerca scientifica, della razionalità dell’intervento e dell’intransigenza della conservazione con la convenienza socio-economica dello stesso. Un passaggio dalla disciplina di conservazione del patrimonio a quella della sua fruizione nello spirito delle raccomandazioni internazionali con un passo antropico, che ha come obiettivo di conoscere il passato, di vivere il presente, di preparare il futuro. La valorizzazione nel suo sistema di servizi come forma di critica del territorio e di proposta al fruitore che, una volta presa conoscenza, opera per la sua protezione e la sua valorizzazione sotto l’occhio vigilante degli organi di tutela preposti.
Livello legislativo
La formulazione di un modello giuridico in grado di regolare il tema della conservazione e della tutela dei beni archeologici diffusi in un territorio attraverso lo strumento del parco va posta sotto gli aspetti seguenti: Il parco archeologico come piano d’intervento si avvalla di una serie di vincoli, da un lato di natura storico-archeologica con un carattere confermativo, portato ad essere definitivo, dall’altro lato di natura urbanistica con un carattere espropriativo temporaneo con decadenza allo scadere del periodo del piano, salvo un’approvazione di un piano d’attuazione. Perciò, per non vanificare la programmazione degli interventi, il piano del parco deve avere la garanzia della permanenza del potere di vincolare le aree archeologiche. L’esclusività della ricerca archeologica e scientifica rimane allo stato che gode della funzione di indirizzo e coordinamento, oltre a mantenere il diritto di proprietà per i reperti rinvenuti.
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Livello di programmazione
Per un’efficace valorizzazione economica delle attrattive archeologiche e ambientali del territorio, e anche per quel che riguarda il mercato obiettivo, occorre individuare gli attori di realizzazione. 1)- Individuazione di un nuovo mercato obiettivo: si tratta di raggiungere un nuovo destinatario delle offerte, che non sia unicamente lo studioso, seguendo un approccio che esiga una sensibilità al bene assai diversa nei suoi intenti, nelle sue priorità, e nei livelli di fruizione. In pratica bisogna cambiare il modello di riferimento per una diffusa e proficua offerta. Perciò una segmentazione della tipologia di domanda sembra raccomandabile. 2)- Individuazione degli attori di realizzazione. Sono i soggetti con capacità di coordinare tutte le attività, di stabilire scelte, priorità e meccanismi di intervento compatibili con l’identità storico-territoriale e efficaci nell’azione di marketing per l’offerta di fruizione territoriale. Essi hanno il compito di costruire un’immagine accattivante del distretto e diffonderla in modo corretto in un’operazione di marketing.
Livello gestionale
Sullo sfondo dei parchi archeologici vi è l’idea della ricerca della performance nel campo della produttività, della qualità dei servizi e del marchio come grado di reputazione. Escluse le forme di sovvenzione che accompagnano i processi di decentramento e di integrazione, sono indispensabili le esternalità positive e le economie di scala per il raggiungimento di una dimensione ottimale nella gestione economica delle attività del parco. Il progetto gestionale fornisce i mezzi tecnici e le risorse umane necessarie alla riuscita del progetto di messa in valore e deve assicurare i punti seguenti: - l’organizzazione delle risorse umane, identificando i vari componenti in numero e qualifiche, precisando le modalità delle prestazioni di lavoro, la struttura di funzionamento, l’organigramma e la gerarchia; - la condivisione da parte dei vari componenti degli obiettivi del progetto culturale; - un sistema di monitoraggio, nella fattispecie un calendario, per fissare le scadenze per una maggiore operatività e concretezza.
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Livello istituzionale
1) Un regolamento riguardante le fondazioni culturali95 consente allo stato di partecipare ad entità di natura privata conferendo nel loro patrimonio beni di sua proprietà. 2) Riforme regionali che consentano agli enti locali la costituzione di società per azioni, società a responsabilità limitata.96 3)- La creazione di un'istituzione97 come figura giuridica con un direttore e un consiglio di amministrazione aperto ai privati, che faccia riferimento alle regole del diritto privato. 4) La redazione di progetti regionali integrati, a scapito del processo di decentramento stato-regione–enti locali.
95 Legge italiana L. 368/98, art. 10. 96 Legge italiana L.142/90 relativa alla riforma di ente locale. 97 Id legge 142/90.
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PARTE III IL PROGETTO DI VALORIZZAZIONE INTEGRATA: IL CASO DOUGGA (Tunisia)
3.1. Il quadro di riferimento
FIGURA 4. CARTA DELLA TUNISIA, DA MICHAEL MACKENSEN. ZONA DELLA RICERCA EVIDENZIATA IN VERDE 3.1.1. Cenni sulle principali caratteristiche demografiche ed economiche del comprensorio
La popolazione dell’area è di 20.000 unità e la densità media di 51 ab/Km², inferiore a quella nazionale (56 ab/Km²) a causa delle grandi pianure intensamente coltivate. Analizzando i valori relativi alla composizione della popolazione attiva per rami di attività, risulta evidente come il settore primario ne concentri il numero più alto con un valore pari al 60%. Di questa percentuale circa l'80% è composta dal settore privato. Il resto della popolazione attiva è distribuito nella misura del 20% nel terziario, in prevalenza nel comparto del commercio, con una piccola percentuale nei servizi pubblici. La popolazione attiva registrata nel settore industriale rappresenta il 20% di cui circa il 15% nel manifatturiero e il 5% nell’edilizia.98
Agricoltura
Nell’ambito della lettura dei dati dell’ultimo censimento SAU dell’agricoltura (Superficie Agricola Utilizzata, pari al 84 % della superficie agricola totale) emerge un'estensione di terreno non coltivato pari a 38.000 ettari. Il territorio forestale costituisce l’11% con un'estensione di 2.300 ettari. Dei 23.800 ettari di superficie agricola totale, quasi 20.000 ettari sono utilizzati; l'80% per la coltivazione a seminativi, l'1% per frutteti e colture ortive e il 19 % per impianti di olivi (5.000 ha).
Industria
Secondo i dati, l’industria dell’area conta circa 30 unità locali presenti sul territorio, delle quali circa l'80% artigiani, di cui il 40% impegnate nella produzione agro- alimentari e nel comparto tessile.
Turismo
A fronte delle potenzialità dell’area, le strutture ricettive e i servizi turistici sono derisori per avere un ruolo trainante ai fini di un rilancio turistico.
98 Monografie du governorat de Beja 1997. Ministère de Developpement e Economie.Office du developpement du Nord ouest. Unité de developpement régionale de Beja.
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Le presenze annuali registrate sono circa 50.000 con un rapporto medio di due presenze per abitante, anche se si tratta di un fenomeno che va considerato più di tipo escursionistico che non propriamente turistico. Grado di utilizzazione del patrimonio culturale e ambientale Una carenza ricorrente nell’area sta nella scarsa presenza di infrastrutture, nell’assenza di collegamento ferroviario, autostradale e nella difficile percorribilità del sistema stradale soprattutto d’inverno. Questi fattori hanno contribuito a limitare l’interesse per la creazione di un’offerta di servizi diffusa. Infatti, quel poco di recettività e ristorazione è concentrato nel capoluogo del comprensorio ed inoltre l’offerta non è differenziata attraverso strutture alternative come l’agriturismo, i campeggi, le country houses. Il target di riferimento è sempre stato quello del turismo di riflesso rappresentato dal turismo stanziale nelle località balneari o a forte strutturazione in materia di servizi. Tale passività ha impedito la costruzione di un'identità e una qualità dell’offerta, che attualmente non corrisponde all’impegno di spesa richiesto dal turista. Si aggiunge a queste lacune l’assenza di iniziative imprenditoriali diversificate e la mancata integrazione con altri settori ha fatto perdere una seria di tradizioni e di conoscenze soprattutto nel settore dell’artigianato, una volta ricco di ceramisti e di tessitori.
3.1.2. Uso reale del suolo
Allegato 1 Carta dell'uso del suolo
Allegato 2 DTM con indicazione dell'uso del suolo Nel 1986 l’ente nazionale per la cartografia ha aggiornato i dati dell’uso del suolo nelle regioni nord della Tunisia tramite telerilevamento da satellite, contemplando per la zona nord-ovest anche il bacino di Dougga. Per la ricostruzione di una radiografia esaustiva di tutto il territorio, al momento di tipo qualitativo, si è ricorso ad una classificazione per tipo di area (aree agricole, grandi culture, oliveto, aree agricole abbandonate, foreste, aree urbane, infrastrutturali e industriale, cave, superficie naturale non vegetale).
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3.1.2.1. Il sistema dei vincoli
L’attuale stato istituzionale regionale deriva dall’insieme di vincoli99 e di limiti imposti dai suoli. Il territorio di Dougga presenta un sistema di vincoli: forestale, idrogeologico, archeologico, paesaggistico, proprietà private, servitù tecnologiche, ripetitori, zone militari, habous (proprietà religiosa vincolata) aree protette. -Il vincolo forestale riguarda gran parte del territorio di natura montana (Djebel Cheidi, Rihane, Aïn Djemala) -paesaggistico -il vincolo storico archeologico ha trovato applicazione nelle città di Dougga, Uchi Maius, Teboursouk (parte della fortezza), Bordj Brahim, ai sensi dell'art. 26 legge 35 del 1994 - proprietà privata: più del 60% dei terreni è di proprietà privata ad uso agricolo -il vincolo idrogeologico riguarda la parte del territorio relativa alle zone di carattere vallivo. L’attuale stato istituzionale regionale deriva dall’insieme di vincoli100 e di limiti imposti dei suoli. Il territorio di Dougga presenta un sistema di vincoli: proprietà private, forestale, idrogeologico, archeologico, paesaggistico, servitù tecnologiche, ripetitori, zone militari, habous (proprietà religiosa vincolata) aree protette. -Il vincolo forestale riguarda gran parte del territorio di natura montana (Djebel Cheidi, Rihane, Aïn Djemala) -paesaggistico -il vincolo storico archeologico ha trovato applicazione nelle città di Dougga, Uchi Maius, Teboursouk (parte della fortezza), Bordj Brahim, ai sensi dell'art. 26 legge 35 del 1994 - proprietà privata: più del 60% dei terreni è di proprietà privata ad uso agricolo -il vincolo idrogeologico riguarda la parte del territorio relativa alle zone di carattere vallivo.
99 Con riferimento a: PUD Plan d’Urbanisme Directeur di Teboursouk. 100 Con riferimento a: PUD Plan d’Urbanisme Directeur di Teboursouk.
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3.1.2.2. La rete delle infrastrutture
Allegato 3 Carta della viabilità e degli accessi
Allegato 4 DTM della viabilità e degli accessi La viabilità regionale è costituita da una seria di strade a scorrimento assai veloce di fondovalle e collinare provenienti da Tunisi e da Beja (Capoluogo del governoratorato-Provincia) collegamento intercomprensoriale è costituito da molti direttrici, tra cui la strada Teboursouk Fadan el-Souk, che partendo da Teboursouk attraversa la valle Khalled diramandosi con collegamenti in sterrato. Di gran rilievo è anche la strada per Rihane verso la valle dell’Arkou che da Hammam Biada prosegue lungo Wad Tessa. Sono in corso di bonifica molti collegamenti longitudinali: Krib - Garn el-Kabch - Rihane) Dougga –Garn el-Kabch - Teboursouk - Maatria. Reti elettriche: il territorio è servito nelle località a media densità.
3.1.2.3. Il settore dell’agricoltura
Allegato 5 Tipi di paesaggi agrari
Allegato 6 Carta dell'uso ottimale del suolo La distribuzione per area delle colture è legata alla morfologia, alla natura dei suoli e all'irrigazione; spostandosi dalle pianure verso le colline diminuiscono le grandi colture a vantaggio dell’oliveto. Nell’area valliva (valle Khalled settentrionale), il suolo è utilizzato in modo estensivo per coltivazioni cerealicole. Nella parte pedecollinare e un po’ meno in quella pianeggiante prevale l’oliveto di grande estensione. Nell’altopiano del Gorra tutto il territorio è utilizzato per produzione cerealicola e di foraggio o silvo-pastorale. Nell’area del fiume Arkou la coltura più estesa è la cerealicoltura sia di collina che di pianura, le colture di olive sono frequenti nei dintorni delle fattorie. I pascoli collinari più importanti sono localizzati a quote alte. Da sottolineare la presenza diffusa anche se in dimensioni modeste delle colture ortive (pomodori, fagioli, fave, ceci) presso il Khalled e l’Arkou e in vicinanza degli invasi Bordj Boubaker.
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3.1.2.4. Il settore delle attività estrattive
Nonostante i danni causati dalle cave attive (Bordj Brahim, Teboursouk), la prosecuzione di tale attività è ancora ammessa per l’estrazione del materiale di costruzione costituito da conglomerati di ghiaia. Sono in genere cave coltivate in roccia (Teboursouk) e in collina (Bordj Brahim). Le miniere di Djebba, Fagg el Hedoum e Djebel Cheidi sono in disuso, alcune per l'estinzione dei minerali e altre per la loro antieconomicità.
3.1.3. Aspetto istituzionale e politico-culturale
3.1.3.1. Livello istituzionale
Appendice 5 struttura dell’I.N.P. In Tunisia prevale il modello centralizzato nella figura del Ministero della Cultura, al quale, in quanto autorità e istituzione nazionale, compete il potere decisionale in materia di gestione e di tutela. Tuttavia una ripartizione ulteriore affida ognuna delle competenze elencate qui sopra a due organi che possiamo definire come segue: L’Institut National du Patrimoine (INP), operando sotto la tutela del Ministero della Cultura, si avvalla delle attività tecnico-scientifiche con una mansione che gli consente la redazione di un catalogo del patrimonio archeologico, storico e artistico e lo studio di tale patrimonio, della sua tutela e della sua valorizzazione. Tra le prerogative dell’INP, la conservazione dei monumenti storici, la tutela e la valorizzazione dei siti culturali e dei centri urbani storici e tradizionali, l’organizzazione e le iniziative di ricerche con collaborazione internazionale101, scavi e cataloghi nel campo del patrimonio archeologico, storico, culturale e artistico, delle diverse epoche e infine la valorizzazione del patrimonio delle tradizioni e delle arti popolari, sottolineandone il valore culturale, tramite opere di inventario, studio ed esposizione dei documenti di valore storico, culturale e artistico, tra cui manoscritti,
101 A livello bilaterale, l’Istituto ha intrapreso e sviluppato la realizzazione di numerosi progetti di ricerca, di conservazione, di valorizzazione e di pubblicazione con diverse istituzioni universitarie e culturali arabe del Maghreb, mediterranee, europee e americane.
62 stampe, documenti audiovisivi, opere d’arte di qualsiasi materiale e tecnica d’esecuzione.102 Oltre al suo statuto giuridico autonomo l’ INP gode di una autonomia finanziaria103 che le permette di prendere iniziative come la creazione di musei, la tutela delle collezioni, la promozione dei metodi di esposizione, la pubblicazione delle ricerche scientifiche e culturali, il contributo al processo di valorizzazione attraverso l’organizzazione di mostre, la partecipazione a congressi su scala nazionale ed internazionale. L’INP ha a suo carico una serie di realizzazioni che vanno dalle pubblicazioni104 agli interventi di tutela e di restauro105 senza dimenticare il settore della formazione.106 Un altro aspetto importante sta nell'attenzione che l’INP dimostra nei confronti delle raccomandazioni emanate sulla scena internazionale nella prospettiva di allinearsi con il movimento internazionale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale.107 L’INP si presenta sotto una struttura (allegato 40) con vari componenti che possiamo riassumere come segue: • Consiglio d’Istituto • Direzione generale • Segretariato generale • Divisione della Programmazione, della Cooperazione, delle Pubblicazioni e della Formazione • Divisione del Catalogo Generale e della Ricerca • Divisione della Tutela dei Monumenti e dei Siti
102 Il catalogo delle iscrizioni, la conservazione delle collezioni museografiche tradizionali, il catalogo dei mosaici, il progetto di normalizzazione delle collezioni museografiche dei musei africani. 103 Le risorse finanziarie dell’INP provengono essenzialmente da contributi statali. Altri finanziamenti provengono dall’Agence de Mise en Valeur du Patrimoine et de la Promotion Culturelle. L’INP gestisce, tra gli altri, i finanziamenti destinati dai Governatorati, dalle amministrazioni comunali e dall’Office National du Tourisme ai progetti di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico ed architettonico. 104 Tra i suoi periodici figurano: la rivista di archeologia “Africa”, la rivista di studi fenicio-punici e di antichità libiche “Reppal”, la “Rivista di Arti e Tradizioni Popolari”, il “Bollettino dei lavori” ed il “Bollettino del Centro di Studi e Documentazione archeologica di Cartagine” (CEDAC). 105 Quali la campagna internazionale per la tutela di Cartagine, il restauro della Grande Moschea di Kairouan. 106 Il corso di Tunisi per la formazione di architetti specializzati nel campo del patrimonio. 107 L’INP intrattiene relazioni di cooperazione con le istituzioni e gli organismi internazionali legati al patrimonio, come l’UNESCO, l’ALECSO, l’ICOM, l’ICOMOS, l’ICCROM; fa parte, oltre a P.I.S.A., di altre reti euro-mediterranee.
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• Divisione dello Sviluppo Museografico • Centro di Scienze e Tecniche del Patrimonio • Laboratorio Nazionale della Conservazione e del Restauro dei Manoscritti a Raqqada • Centro Nazionale di Calligrafia • Ispettorati Regionali (6) Il secondo organo è rappresentato dall’Agence de mise en valeur du patrimoine et de la promotion culturelle (APPC con il compito della valorizzazione e della gestione finanziaria delle entrate sugli ingressi. Teoricamente l'APPC dovrebbe godere dell’esclusività del tema della valorizzazione, ma l’evidente sovrapposizione delle competenze con l’INP è diventata conflitto di competenze che hanno trovato nell'attribuzione del diritto di veto al responsabile del sito una via di uscita ma hanno messo in secondo piano l’APPC, che ha visto il suo ruolo ridursi alla gestione finanziaria delle entrate provenienti dalla biglietteria. Nel caso specifico di Dougga non mancano altre interferenze, come quella del ministero competente in materia di demanio statale (Ministère des domaines de l’etat et des affaires foncières) per la problematica legata al diffuso regime della proprietà privata sui terreni dove emerge il sito archeologico. Il modello istituzionale e le politiche culturali promuovono la logica centralizzata per la gestione dei siti con una tendenza ad affidare allo stesso organo INP le prerogative tecnico-scientifiche, come tutela, conservazione, e un importante peso per la valorizzazione e la gestione del sito. La dualità di governo ravvisata nel modello centralizzato implica una difficoltà di coordinamento tra i diversi soggetti coinvolti, la sovrapposizione dei compiti, una mancanza di integrazione delle funzioni del sito con il contesto esterno fisico ed economico, con un ridimensionamento del management del sito. Un ultimo aspetto, e non per questo meno importante, riguarda la mancata autonomia finanziaria e di esercizio di bilancio- che permette tra l’altro il reinvestimento diretto degli introiti – e il fatto di non avere la prerogativa di stabilire una politica tariffaria appropriata e di adeguare le risorse umane in qualità e in quantità. Una proposta di ordine generale sarebbe di postulare una separazione delle competenze in materia di beni culturali tra tutela e valorizzazione con un maggiore
64 grado di libertà per i gestori dei siti in materia di politica di gestione e politiche tariffarie.
3.1.3.2. Livello legislativo
La legge 35 del 1994 raccoglie i testi legislativi che riguardano la protezione del patrimonio storico-archeologico e le arti popolari. Appendice 1 E’composta di 10 indirizzi Primo indirizzo: considerazioni generali Secondo indirizzo: siti culturali Terzo indirizzo: complessi storici e tradizionali Quarto indirizzo: monumenti storici Quinto indirizzo: protezione dei beni immobili Sesto indirizzo: scavi e ritrovamenti archeologici Settimo indirizzo: sconti finanziari fiscali Ottavo indirizzo: sanzioni e procedure Nono indirizzo: indicazioni varie Decimo indirizzo: indicazioni complementari
Osservazioni
Il fatto che L’INP in quanto competenza sui siti archeologici tunisini intrattenga relazioni di cooperazione con le istituzioni e gli organismi internazionali legati al patrimonio, come l’UNESCO, l’ALECSO, l’ICOM, l’ICOMOS, l’ICCROM fa parte, oltre a P.I.S.A., di altre reti euro-mediterranee, si è manifestato in larga misura nella stesura del testo legislativo che regola la protezione del patrimonio archeologico, storico e delle arte tradizionali
Infatti, si nota nel primo indirizzo art. 1,2,3,4,5 l’allargamento del concetto di bene culturale alle diverse espressioni antropiche e naturali legate all’arte, alla scienza, alle credenze….in particolare dalla lettura dell'art. 3: “si intende con insieme storico e tradizionale l’insieme di immobili costruiti e non isolati o concentrati in città o in villaggi o in quartieri. Che attraverso la sua architettura, la sua unità, la sua armonia e
65 la sua integrazione nell'ambiente rappresenta un valore nazionale ed internazionale per il suo carattere storico, estetico, artistico o tradizionale”. Si potrebbero attingere spunti per la creazione di un modello specifico di parco archeologico. Il tema dei parchi archeologici, anche se non ha beneficiato in modo diretto di una formulazione di un intervento legislativo statale, s’impone all’attenzione del settore giuridico sotto il profilo della formulazione di un modello di tutela degli insiemi storici e tradizionali Art 16, 17 in quanto: Art. 16 gli insiemi storici e tradizionali, come definiti nell'art. 3 di questa legge, sono identificati e stabiliti nel loro confine come “zone tutelate”, con la comune decisione tra il ministero incaricato dall’urbanistica e il ministro incaricato per il patrimonio dietro il suggerimento di quest’ultimo. La decisione è presa dopo la consultazione delle autorità locali interessate e l’opinione della commissione nazionale del patrimonio. La decisione dell'istituzione e delimitazione della zona tutelata saranno pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Tunisina. Art. 17. i servizi specializzati all’interno del ministero incaricato del patrimonio hanno l’incarico di preparare “il modello di tutela” entro cinque anni dalla data in cui è stata pubblicata la decisione di istituire una zona tutelata. La preparazione del modello di tutela è sottoposta alle stesse procedure seguite per la preparazione del modello di pianificazione urbanistica. L’approvazione del modello di tutela avviene dietro la proposta del ministro incaricato del patrimonio e del ministro incaricato dell'urbanistica e consultando la commissione nazionale del patrimonio. L’articolo sottolinea la compenetrazione delle esigenze di tutela culturale nell'organizzazione del territorio e dota il piano di tutela degli stessi strumenti usati nella stesura del piano regolatore generale. L’articolo sottolinea i problemi di sovrapposizione di competenza tra i vari attori (ente di tutela, ministero della pianificazione ed enti locali). si rischia infatti di allungare i tempi di decisione e della consultazione secondo le tradizioni burocratiche, a causa della farraginosa ripartizione delle competenze e della mancanza di sensibilità delle autorità preposte.
66
La previsione delle zone di rispetto artt. 45,46,47,48 per i monumenti storici tutelati riguarda le aree adiacenti. Tale vincolo indiretto presuppone che la zona da tutelare costituisca il “completamento di un monumento già esistente". Cap. IV le zone limitrofe dei monumenti storici. Art. 45 le zone adiacenti i monumenti storici tutelati o classificati con un margine di 200 metri e comprendenti immobili o terreni privati o pubblici sono sottoposti a regolamenti speciali, come è stato definito negli artt. 26-44 di questa legge. Art. 46 non è autorizzata all’interno di queste zone qualsiasi opera, salvo l’autorizzazione anticipata da parte del ministro incaricato dal patrimonio secondo le procedure specificate negli artt. 28 e 32. Art. 47 è possibile allargare le zone confinanti con il monumento storico – se necessario - attraverso una decisione di tutela o di classificazione relativa al monumento dopo la consultazione della commissione nazionale del patrimonio. Art. 48 i servizi specializzati nei ministeri addetti alla pianificazione urbanistica e turistica sono chiamati a consultare il ministero incaricato per il patrimonio nel caso che i piani regolatori urbanistici e i piani particolareggiati e gli interventi di pianificazione turistica comprendano monumenti tutelati o classificati e nel caso di aggiornamento di questi piani. Il ministero incaricato del patrimonio ha la facoltà di aggiungere disposizioni e regolamenti di riserva per le zone confinanti con i monumenti storici. In definitiva, la prospettiva che si adottino modelli di parchi archeologici è legata all'eliminazione del conflitto di competenze nel settore di tutela del territorio e del patrimonio sia a livello decisionale che strumentale. Il parco chiaramente viene posto come strumento di pianificazione che possa sostituire il piano regolatore generale e i successivi piani e costituisce un'affermazione del vincolo confermativo della proprietà (artt. 35, 36, 37) combinato con quello espropriativi creato dallo strumento urbanistico di natura temporanea con una decadenza allo scadere del quinquennio (art. 17).
67
3.1.4. Il parco progetti
Il sito urbano di Dougga ha beneficiato di un programma di valorizzazione e di riassetto del parco archeologico nazionale attraverso due progetti. Il primo (Figura 5)in seguito ad una decisione presidenziale deliberata dal consiglio dei ministri prevede un intervento a breve e medio termine (1998-2001), con un finanziamento che equivale a 2.500.000.000 di lire. L’attuazione del progetto ha riscontrato la questione fondiaria. Il fallimento del processo del risanamento fondiario è dovuto alla contestazione dei privati per le modalità di compensazione offerte dagli esperti. Infatti, molti proprietari vorrebbero un compenso in natura (parcelle contro parcelle), altri invece contestano il valore monetario proposto. L’intenzione di ricorrere allo strumento dell’esproprio prevede una lunga battaglia giuridica che rischia di vedere penalizzati sia il sito archeologico, che non potrà beneficiare dei progetti e dei finanziamenti riservati, sia le attività economiche della popolazione. Il secondo progetto rientra nella sfera del progetto P.I.S.A. dove si è cercato di rimediare a questo spinoso problema prospettando un'azione integrata col territorio e con l’economia locale. La strategia adottata dalla rete P.I.S.A. come è stata descritta nel punto C del CAP. 2.5.1.1, ha permesso di rilevare108: 1-i punti deboli e i punti forti del rapporto di integrazione della gestione attuale del sito con le funzioni del territorio e del sistema economico locale.109 (Appendice 4 Tab.1) 2- le azioni di intervento a breve termine (Appendice 4 Tab . 2) In definitiva la ricerca-azione nel caso di Dougga ha sottolineato carenze nei settori seguenti: la situazione fondiaria della zona, che vede la maggior parte dei terreni interessati dai giacimenti archeologici di proprietà privata; il settore dei servizi recettivi, inadeguato al flusso turistico attuale e che non permette una stanzialità nella zona;
108 Vedi appendice 4. 109 Sintesi del rapporto finale del gruppo di ricerca tunisino nell’ambito del progetto P.I.S.A.
68 lo scarso stato delle infrastrutture di accessibilità (accessi, strade che portano al sito, illuminazione, segnaletica,…ecc.) Le azioni avanzate finora sono a livello embrionale e si traducono in proposte che riguardano il breve periodo, formulate come segue: promozione della ricerca scientifica divulgazione dei risultati Sensibilizzazione della popolazione locale Incentivi alla formazione nel campo dei beni culturali Politica tariffaria differenziata Promozione delle manifestazioni culturali e commerciali, festival, fiere,…ecc Fare leva sul PPMV approvato e finanziato dal consiglio dei ministri Accelerare il processo di espropriazione adeguamento delle infrastrutture di accessibilità (segnaletica, sicurezza, miglioramento degli accessi al sito) promozione delle attività artigianali Concessione dei servizi ai privati (imprese e produttori locali) Aspettando il seminario internazionale finale a Roma nel dicembre 2001, quale conclusione del progetto P.I.S.A, il gruppo di ricerca sta elaborando il progetto pilota per il sito di Dougga. Per concludere bisogna rilevare che la risposta alla problematica posta all’interno del progetto P.I.S.A si è limitata all’analisi delle funzioni di gestione del sito con un breve accenno al rapporto con il territorio.
69
Denominazione parco archeologico di Soprintendenza archeologica Beja Dougga Regione Nord Est Governorato Beja Comune Teboursouk Frazione Dougga Località: Dougga Ruine Area urbana 73 ha Area extraurbana Catastali Proprietà pubblica 15%
Proprietà privata 85%
Caratteristiche geomorfologiche: ambiente collinare e falesia circondante il sito 500- 600 m slm Caratteristiche ambientali: aree agricole, impianti di uliveti, bosco
Caratteristiche territoriali: la rete stradale comunale, la RVE 702, proveniente da Beja, e la MC75 collega il sito al territorio circostante; il collegamento interregionale con la route grand parcours n. 5 GP5 che collega Tunisi alla città di Kef. Il collegamento con il capoluogo della provincia Beja è difficoltoso a causa dell'orografia della regione. Il parco è situato in zona agricola caratteristica diffusa su tutto il territorio. Presenze archeologiche: la frequentazione del sito risale all’epoca protostorica, la nascita della città è opera della civiltà numida Arco cronologico presenze archeologiche: II a. C.- V secolo d. C.
Presenze non archeologiche case coloniche, fattorie di epoca coloniale
18° secolo-19° secolo
Superficie parco: 73 ettari Superficie presenze archeologiche: 25 ettari FIGURA 5 LA PROPOSTA DI PARCO
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3.2. Ricerca scientifica e archeologica
3.2.1. La carta archeologica
Si è ricorso, per la redazione della carta, alla letteratura esistente110 sui beni archeologici nella valle della Medjerda, con lo scopo di ricavarne una serie di informazioni per l’identificazione dei singoli beni, la cui consistenza numerica è risultata sottostimata dopo il controllo sul campo, attraverso una campagna di rilevamento durata sei anni di ricognizione sistematica e dove si sono impiegati strumenti ottici per il rilevamento dei monumenti.
3.2.1.1. Storia degli studi
La zona rurale dalle parti di Dougga e Teboursouk è una delle poche a essere stata studiata e documentata nell'ambito dell'archeologia romana già alla fine dell'Ottocento. Il movente principale non era scientifico ma di carattere politico: l'autore di numerose notizie riguardanti le emergenze antiche è un medico militare, il maggiore Louis Carton. La sua attività può essere paragonata mutatis mutandis a quelle di un Tomasetti per la campagna romana, Lanciani per la città di Roma, Fiorelli per Pompei, Gsell per le città e campagne algerine: figure che nonostante i pochi mezzi a disposizione e gli innumerevoli ostacoli nel campo della ricerca territoriale, hanno documentato quel che potevano salvando almeno sulla carta molte realtà attualmente scomparse. Le documentazioni della fine dell'Ottocento risultano preziose perché antecedenti alle distruzioni dell'archivio storico, costituito dai resti materiali emergenti in superficie e dalla stratificazione deposizionale, perché fanno capire le dinamiche dell'impatto umano sul territorio e permettono il monitoraggio del degrado: questo soprattutto in funzione della programmazione della tutela e della gestione delle risorse territoriali e culturali nel futuro. Si farà spesso riferimento a Carton, che eccelleva non solo per la puntualità ma anche perché la formazione di medico gli aveva aperto gli occhi e la mente a problemi che l'archeologo classico non si poneva e ancora oggi spesso non si pone. Il paesaggio è centrale in tutti gli scritti
110 Claude Poinssot, Louis Carton, George Balut, J.B.Chabot, Atlas archéologique de la Tunisie, 1ère série au 1/50 000e, Paris 1892-1913.
71 di Carton, che si pone domande come: gli effetti dell'antropizzazione sul paesaggio, lo sfruttamento delle risorse idriche, il disboscamento e le conseguenti trasformazioni climatologiche. Egli era una pedina della colonizzazione francese, la quale intendeva sfruttare il modello romano non solo per giustificare la presenza francese ma anche per fare propri metodi e sistemi di sfruttamento agricolo coronati da successo in passato. La molla a far scattare l'interesse dei francesi per la Tunisia fu la malattia vigente nei vigneti di Francia. Gli schizzi, le piante (Figura 6) e le descrizioni di Carton forniscono più informazioni tuttora valide che non gli interventi della prima metà del Novecento, quando la ricerca nella zona si limitava alla lettura delle iscrizioni spesso neanche ben localizzate, asportate e nel migliore dei casi sistemate nel Museo del Bardo. Le iscrizioni importanti per le delimitazioni territoriali risalgono all'inizio del Novecento: nel 1906 Jerôme Carcopino scoprì l'importante epigrafe di Aïn Djemala, che riporta la lex Hadriana de rudibus agris in una copia di quell'epoca. Carcopino non rilevò né il luogo del ritrovamento, né l'insediamento antico di appartenenza. L'insediamento è stato distrutto dal rimboscamento con eucalipti nella zona delle pépinières forestales. Louis Poinssot che ha ritrovato nel 1907 15 cippi della fossa regia, ha fatto registrare almeno l'andamento della fossa nell'Atlas Archéologique de la Tunisie, ma i punti esatti del ritrovamento dei cippi non sono noti. Verso la fine del 1999 abbiamo individuato un'iscrizione gemella a quella di Aïn Djemala presso il marabut di Lella Drebblia (sito 539), a 13 km da Aïn Djemala e a 7 km da Aïn Wassel (luogo di ritrovamento di un'altra copia della lex Hadriana de rudibus agris, questa di epoca severiana: scoperta da Carton nel 1891).
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FIGURA 6 CARTA ARCHEOLOGICA, DA LOUIS CARTON 1895
3.2.1.2. La morfologia generale del territorio e la distribuzione dei siti
Lo sforzo maggiore, sopportato nella prima fase della ricerca, è consistito nell'informatizzazione ed omogeneizzazione dei documenti cartografici necessari per il riporto dei dati raccolti. Purtroppo tale base presenta lacune ed imprecisioni cui si è dovuto di volta in volta ovviare per la realizzazione del modello digitale del terreno, in un formato di agile consultazione Tale supporto ha richiesto un pesante lavoro di correzione e di integrazione e i dati sono stati prelevati dagli aggiornamenti delle campagne di ricognizione e di rilevamento 1994-1999. L’operazione di vettorializzazione era comunque indispensabile per l’integrazione del modello digitale del terreno con il database contenente i dati raccolti. Ciò ha permesso di costruire la base per un GIS conferendo a ciascun punto georeferenziato un attributo.
Ciò ha richiesto, fra l’altro la realizzazione di programmi di conversione dei vari sistemi di coordinate allo scopo di poter sovrapporre i vari tematismi con un sistema univoco di georeferenziazione.
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La seconda fase della ricerca ha consentito l’affinamento e il completamento del database con i nuovi dati acquisiti a tavolino e in situ, realizzando vari modelli di territorio sotto tutti gli aspetti studiati, confrontando e sovrapponendo i vari tematismi. Le operazioni di terreno, sopralluoghi, rilievi, posizionamento di punti di misura, campionature, ecc., sono iniziate nel luglio 1994 e sono state praticamente sospese durante il periodo invernale, periodo in cui è possibile svolgere attività sul terreno in modo estremamente ridotto. Durante tale periodo è stata privilegiata l’attività in laboratorio con l’elaborazione e l’informatizzazione dei dati.
L’altra difficoltà riscontrata nel corso della schedatura deriva dall’incerta lettura della planimetria degli edifici ed è aggravata della pluristratificazione storica dei siti e dall’azione antropica (collocazione arbitraria degli elementi lapidei). L’indagine ha coperto, quindi, una superficie sufficientemente estesa (figura 7-figura 8) per dare delle risposte. Gli insediamenti antichi riscontrati nelle colline e valli di Dougga sono molto vari: piccole e grandi fattorie isolate delle quali sono rimaste spesso le sole cisterne, oleifici piccoli e di impianto monumentale, agglomerati (o borghi) dei quali 2 con chiesa, ponti di acquedotto e pozzi d'ispezione nei tratti sotterranei dell'acquedotto, ponti, briglie e dighe nei torrenti, necropoli. Gli insediamenti sono distribuiti piuttosto regolarmente, la dispersione della popolazione in campagna doveva avere valori simili a quella recente.111 Dalla cronologia della ceramica raccolta in superficie (65 kmq) dalle squadre di ricognizione intensiva, si desume che i siti individuati risultano frequentati con una certa intensità dal II secolo a.C. al VII-VIII secolo d. C. La visualizzazione che si è ottenuta, oltre che dare un’indicazione reale della quantità e della qualità dei beni, consente di tracciare un quadro preciso della reale distribuzione geografica dei siti censiti, distinti per tipologie, materiale costruttivi e stato di conservazione…
111 Secondo Ahmed Kassab, Hafedh Sethom, Les régions géographiques de la Tunisie, Université de Tunis, Tunis 1981, p. 99 il 64,5% della popolazione nell'Alto Tell vive disperso nelle campagne, nel governorato di Siliana si arriva(va) al 71,6%.
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75
Figura 8Zonadiricerca
Matria
Thibar
Thimida Bure
Glia
Djebba
Praedia Volusiani
Teboursouk
76 Suttua
Assali Praedia Pullaienorum Mizigi Dougga
Uchi Maius
Res P.... ricognizione ricognizione intensiva estensiva Geumi... Agbia
Aunobari 3.2.1.3. I risultati della ricognizione
Allegato 7 carta archeologica L’indagine ha ricoperto una superficie sufficientemente estesa per dare delle risposte rappresentative: 540 siti (Appendice 2- schede dei siti) sono stati scoperti su 150 kmq, da caratterizzare nel modo seguente: 186 fattorie, 121 delle quali con torchio/i (siti 1, 2, 3, 4, 7, 9, 10, 12, 18, 21, 22, 24, 31, 34, 35, 36, 40, 41, 42, 47, 48, 49, 52, 54, 56, 59, 63, 64, 67, 68, 70, 72, 74, 77, 78, 82, 85, 86, 93, 95, 98-99, 100, 108, 109, 110, 112, 114, 115, 116, 117, 121, 122, 123, 126, 127, 129, 131, 135, 142, 144, 148, 151, 152, 154, 156, 160, 161, 162, 163, 164, 165, 166, 167, 168, 169, 172, 173, 175, 177, 178, 179, 185, 186, 188, 189, 190, 192, 203, 204, 205, 206, 207, 208, 209, 210, 212, 214, 219, 222, 223, 224, 226, 227, 228, 229, 231, 239, 240, 242=248, 243, 246, 249, 253, 256, 261, 263, 264, 268, 280, 281, 285, 300, 307, 308, 329, 346?, 348, 349, 350, 355, 360, 361, 363, 366, 368, 369, 377, 379, 383, 387, 391, 393, 394, 396, 397, 474, 475, 476, 477, 478, 479, 482, 484, 500, 501, 503, 504, 505, 506, 507, 507, 508, 509, 510, 511, 512, 519, 520, 522, 523, 524, 525, 527, 528, 531, 533, 536, 537, 539, 540, 541, 542, 543, 544) 12 agglomerati rurali, 2 dei quali con chiesa (5, 25, 66, 187, 282, 309, 378, 380, 388, 390, 487, 521) e quasi tutti con più torchi (salvo 378, 380, 487) 7 fortezze (6, 11, 137, 141, 171, 184, 395) 36 aree con concentrazione di frammenti fittili (14, 15, 16, 17, 19, 20, 28, 43, 53, 75, 79, 80, 81, 83, 90, 92, 94, 96, 97, 101, 104, 105, 201, 202, 216, 225, 236, 237, 251, 266, 289, 290, 293, 294, 362, 365) 42 aree con concentrazione di pietre squadrate (26, 27, 44, 45, 51, 53, 62, 69, 71, 88, 200, 230, 238, 244, 245, 247, 252, 254, 257, 258, 259, 284, 286, 287, 288, 292, 356, 384, 398, 485, 486, 488, 514, 516, 517, 518, 529, 530, 532, 534, 535, 538) 9 strade (145, 146, 155, 180, 276, 347, 373. 458/ miliario 87, 107, 260, 375) 3 ponti (153, 181, 291, 370) 29 tombe (8, 30, 32, 33, 34, 38, 58, 60, 61, 70, 111, 113, 118, 119, 120, 133, 134, 147,149, 150, 241, 333, 371, 372, 386, 491, 515, 545) 3 templi (29, 210, 390) 6 cave (23, 37, 39, 493, 494)
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5 ? non identificato (13, 84, 278, 279, 483) 5 marabut (65, 138, 139, 159, 276) 5 torri (46, 130, 140, 389, 513) 160 elementi dell’acquedotto pubblico, dei quali 7 ponti, 6 cisterne isolate, 128 pozzi d'ispezione. (Fig. 9-Fig. 10, Allegato 8) (50, 57, 73, 91, 103, 106, 143, 174, 176, 183, 213, 215, 218, 220, 232, 233, 234, 235, 250, 255, 262, 265, 296, 301, 310-328, 331, 332, 334, 351, 357, 358, 359, 364, 367, 376, 381, 382, 400-457, 490); pozzo (124, 125, 157, 170, 191, 193, 194, 195, 196, 197, 198, 199, 211, 217, 221, 267, 269-275, 283, 297-299, 302-306, 335-345, 352-354, 460-473, 492)
FIGURA 9 CARTA DELL'ACQUEDOTTO, DA LOUIS CARTON 1897
sorgente acquedotto privato cava città agglomerato oued strada antica Carton 1895 oliveto 0 2km cisterna strada antica rilevata fattoria 598
638
674
699
739
665
649
Figura 10 Carta dell'acquedotto realizzata nel 1999
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1 casa colonica (89) 5 recinto (128, 132, 399, 480, 481) 2 villa (182, 295) 4 terminus (117, 330, 385, 489) 1 canale (392) 1 circo (459) 1 granaio (502) Tipologia di siti con possibilità di lettura e di conoscenza, insediamenti con muri in alzato (escluse le opere idrauliche dell'acquedotto pubblico), lo scavo dell'insediamento rurale di Aïn Wassel (sito 25), centri urbani (549, 547), siti 1, 4, 5, 10, 11, 12, 13, 21, 25, 31, 38, 41, 49, 56, 57, 58, 61, 63, 64, 66, 72, 74, 77, 78, 82, 95, 99, 112, 114, 121, 122, 127, 132, 142, 143, 150, 166, 171, 172, 178, 179, 182, 186, 187, 188, 192, 205, 207, 210, 212, 214, 215, 227, 250, 255, 280, 282, 295, 309, 329, 355, 368, 462, 478, 495, 497, 508, 520, 543. Uno degli aspetti rilevanti riscontrato nel corso di questa survey, è la peculiarità della modalità catalografica mediante la quale bisogna organizzare i dati per assicurare un sistema di conoscenza dei beni culturali, nella fattispecie le varie emergenze archeologiche minori le cui caratteristiche sono ben diverse da quelle dei resti monumentali.
Come esempio del risultato della campagna di catalogazione, si propone una scheda tipo compilata per il sito 205 (figura 11), dato che questo sito permette una lettura assai dettagliata che ha permesso una ricostruzione storica del manufatto. Nello specifico caso il sito 205 registrato come AAT 174 (mal posizionato sulla carta dell'Atlas Archéologique de la Tunisie) si presenta come segue:112 materiale: pietra calcarea bianco-grigia tecnica: petit appareil misure dell'oleificio: m 17.20 x 7.50; piedi romani 55 x 25; muro ovest emergente per m 6.30; altezza della parte ovest dell'oleificio (interno doveva essere alto m 5.78: vedi saggio della soglia sud)
112 Mariette de Vos, Rus Africum. Terra acqua olio nell'Africa settentrionale. Scavo e ricognizione nei dintorni di Dougga (Alto Tell tunisino), Labirinti 50, Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche, Università degli Studi di Trento, Trento, 2000, pp. 26-29, figg. 36, 76-80.
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L'unico elemento del sito è costituito da un oleificio costruito in petit appareil legato da malta, con spigoli di blocchi parallelepipedi, quasi ovunque asportati. I parallelepipedi degli spigoli avevano evidentemente la giusta misura per essere trasportati in epoca recente senza troppe difficoltà, gli incastri della leva, le basi del torchio e gli stipiti, le soglie e gli architravi erano troppo pesanti per i mezzi a disposizione dei ricercatori di materiale edilizio da reimpiegare. L'oleificio si trova in mezzo a campi arabili, usati nel 1996 per la coltivazione di girasole, lontano da qualsiasi pista. La pista più vicina, situata a una quota di 60 m sopra sito 205, passa a 600 m di distanza. Inserito nel petit appareil dei muri laterali e sporgente di m 0.4 verso l'interno, in corrispondenza delle basi dei torchi e delle vasche, si trova un ricorso orizzontale di parallelepipedi che non occupa l'intero spessore del muro, ma che si addossa al lato interno del paramento esterno del muro laterale. Questi blocchi sono conservati parzialmente nel muro nord, ma nei due punti dove sono stati tolti, hanno causato grandi lacune. Il crollo dell'intero muro laterale sud è dovuto alla presenza del corrispondente ricorso del quale rimane un solo blocco, tra ara e vasca. Nonostante l'asportazione di quasi tutti i parallelepipedi degli spigoli, i muri est e nord in petit appareil sono conservati fino ad un'altezza di m 6.30 (facciata esterna ovest). I blocchetti regolari che costituiscono il molto paramento in petit appareil della facciata ovest sono tagliati accuratamente e messi in opera in modo da formare filari inclinati così che la parte superiore del blocchetto sporge sopra la parte inferiore. Il profilo verticale della facciata ovest è da definire come una serie di Z sovrapposte. Il paramento del muro esterno nord e dei muri interni è meno regolare in quanto mostra filari di blocchetti di altezza diversa tra loro. Come di solito, l'oleificio è costruito su un pendio per usufruire del dislivello necessario al deflusso dell'olio dal piano di spremitura alle vasche. Le due vasche dagli angoli interni smussati, tuttora rivestite di cocciopesto hanno una capienza di m 2.40 x 1.62 x 1.47 (1.62 x 2.40 x 1,45 = 5637,6 litri, 5.6376 metri cubi; per due vasche: 11.275,2 litri = 11,275 mc). L'oleificio offre spazio a due torchi e a nient'altro. Può darsi che la base dell'edificio sia costituita da cisterne voltate, ma manca qualsiasi indizio: ci vorrebbe uno scavo per accertare la natura delle fondamenta. Nel muro breve est si trovano due finestre, situate nell'asse degli incastri e delle basi del torchio. Le due mensole sporgenti dall'interno del muro ovest sono
80 inserite in coincidenza di questo asse. Potevano servire al funzionamento della leva (alloggiamento dell'estremità della leva). Se si è sfruttata al massimo la lunghezza disponibile dello spazio interno, la leva misurava tra m 11.5 - 12. I contrappesi non riscontrati, probabilmente perché interrati nel tratto ovest (e più basso) dell'edificio, dovevano essere posizionati vicino al muro ovest e non vicino alle vasche dove avrebbero ingombrato il vano della porta (conservata solo nel solo muro sud, con stipite ovest alto m. 2.15, e soglia a - m 0.95 dal piano di campagna attuale). Lo stato di conservazione del muro nord nel tratto corrispondente non permette di accertare la presenza di una porta. Le due finestre nel muro est servivano all'immissione delle olive dalla campagna nello spazio retrostante gli incastri, profondo m 3.4.113 La luce delle finestre a due battenti è di m 0.80, l'altezza era di m 1.2. La soglia, tuttora in situ, della finestra sud presenta il solito scolo per l'acqua al centro del bordo rialzato e due incavi lunghi e stretti per i battenti. La soglia nord, divelta dalla sua posizione originaria, si vede in sezione, con le tacche adoperate per tagliare il blocco dalla roccia vergine. Lo spazio per il deposito delle olive misura m 3.4 (3.3 = 11 p.r.) x 7.10. Qui poteva stare anche una mola per sciogliere i noccioli dalla polpa. L'incavo dell'incastro per la leva non si trova nell'asse del parallelepipedo perché il suo lato esterno era incassato nel muro laterale. Purtroppo non è dato sapere se si ergeva un muro sopra i due incastri, come farebbe pensare il dente di petit appareil che copre il tratto nord dell'incastro nord. Sotto l'incastro nord è visibile un muro in petit appareil. Le basi del torchio (arae) misurano m 2.00, il diametro del cerchio inciso nella superficie di raccolto dell'olio spremuto è di m 1.58/1.59 e corrispondeva al diametro dei cestini. Tra i muri laterali e le arae si trova un rivestimento di cocciopesto, che continua anche ad est dell'incastro est. La quota di questo brano indica il livello del pavimento antico della parte est rispetto alla soglia sud della parte ovest. Le vasche sono ora parzialmente coperte da grandi lastre di calcare crollate, la funzione delle quali non è chiara. Anche la porta era murata: forse resti della frequentazione tarda, quando l'oleificio non funzionava più o solo in parte. La fronte delle vasche in petit appareil, che doveva essere piuttosto alta, costituiva il muro laterale dell'ambiente dei contrappesi (m 4.3 x 6), provvisto di almeno una porta, larga m 0.85 e alta m 2.15. L'architrave è provvisto non solo di due incavi circolari
113 Uno spazio simile è accertato nell'oleificio centrale del sito 5, nell'oleificio dei siti 207, 308 e 350.
81 per l'inserimento dei cardini dei battenti, ma anche di quattro piccoli incavi rettangolari per una grata metallica, forse a protezione della porta di legno nei lunghi periodi di disuso dell'edificio. I ricercatori di materiale edilizio da reimpiegare hanno tentato di spaccare i blocchi inserendo cunei di legno in incavi cuneiformi appositamente scolpiti nel calcare, p.e. nei due blocchi ex situ tra gli incastri e le arae. La copertura del tetto era costituita da tegole, come si evince dai frammenti trovati intorno.
82
MURATURA, TECNICA EDILIZIA
Sito numero Sito Coordinate Tipo di Tipo di Tipo di muro Tipo di 205 nome 453.952 E edificio ambiente perimetrale copertura Hadjra 346.315 N oleificio laboratorio Tetto di Safra tegole
Tecnica di Fondazione nucleo Paramento testata, Cima costruzione Non visibile cementizio Filari di varia angolo Non petit appareil, blocchi altezza di blocchi consolidata cantonali bugnati a piccoli squadrati a forma di blochetti forma di parallelepipedo parallelepipedo Documentazione Foto Fotogrammetria Restituzione Immagine: muro Rilievo realizzato B&n Muro ovest, con teodolite 6x6 interno e esterno; Dia 6x6 muro nord, interno
MURO: COMPONENTI materiale forma dimensione lavorazione uso funzione composizione mass. primario colore min. uso media secondario pietra
singolo laterizio elemento
altezza filari malta giunti/stilatura calce- struzzo
MALTA COMPOSIZIONE: % di ogni GRANULOMETRIA COLORE CONSISTENZA componente ∅ minimo ∅ massimo ∅ medio
CALCE % SABBIA % ALTRI INCLUSI %
TERRA
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impronte sul retro
sinopie, linee di guida, graffiti
colore superfici e colore pietre
superficie
a granulometri
colore
e E spessor AL
RIET A E P E composizione MENTAL I PAV TO stratigrafia N IME T S E RIV materiale & ecnica Intonaco affresco stucco mosaico opus sectile battuto terra calcare lava coccio marmo FIGURA 11 SCHEDA DEL SITO 205
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STATO DI CONSERVAZIONE DELLE PARTI DEL MURO
NUCLEO PARAMENTO RIVESTIMENTO
DISSESTO In atto a causa dell'asportazione dei DEGRADO cantonali e dell'assenza del tetto DIFETTI DI COESIONE Numerosi Numerosi: il muro si sta disgregando ai DIFETTI DI ADESIONE margini a causa dell'asportazione degli spigoli DEPOSITI DI Strato di carbone SUPERFICIE causato da fuoco INCROSTAZIONI RESISTENTI LACUNE Numerose Asportazione
USURA
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3.3. Dalla carta del rischio alla carta delle potenzialità
3.3.1. La carta del rischio
Allegato 9 carta della distribuzione dei fattori del rischio
3.3.1.1. Considerazioni generali
Uno degli obiettivi della carta archeologica è quello di consentire un preciso confronto con un’altra serie di mappe dove si registrano la distribuzione, in quantità e in intensità, dei vari fattori e fenomeni naturali e antropici, che possono avere un'incidenza sullo stato di conservazione. I fenomeni presi in considerazione sono essenzialmente quelli di matrice antropica e idrologica, viste la loro frequenza e distribuzione sul territorio.114 L’analisi di tali fenomeni consente in un primo momento l’indicazione delle zone ad elevato rischio di deterioramento.
Definizione del rischio:
Per la definizione del rischio, s'intende il costo economico imputabile ad un fenomeno naturale. Rischio = pericolosità “per” vulnerabilità (o sicurezza) “per” valore Dove la pericolosità è la probabilità che si verifichi un determinato evento con una certa intensità per un periodo di ritorno determinato. La vulnerabilità (o il suo reciproco, la sicurezza) è l’attitudine di un certo elemento di supportare gli effetti di un fenomeno naturale, in funzione della sua intensità. Il valore riguarda l’elemento che supporta l’evento: la vita, la salute o l’integrità fisica umana, le proprietà, le attività economiche, i servizi, ecc.115
Finalità della carta del rischio
La carta del rischio vista in una logica che consideri il patrimonio culturale come risorsa economica permette di individuare quell'azione capace di trasformare la
114 Annalisa Cicerchia, Beni culturali, territorio e rischio: Questioni aperte, in ”Economia della cultura”, rivista quadrimestrale dell’associazione per l’economia della cultura, X, n. 2, 2000, p. 247. 115 UNDRO: Ufficio dell’Unesco per il coordinamento delle attività di ricerca sulle catastrofi.
86 manutenzione ordinaria in azione preventiva. Si tratta comunque di un tema non affrontabile in modo molto approfondito in questa ricerca, perciò implica un approfondimento ulteriore delle indagini che riportano con maggiore precisione il nesso tra la presenza dei beni e i fenomeni del degrado mediante il proseguimento dello studio e la lettura dei dati e delle carte tematiche (aspetti geomorfologici e climatici,…) per la valutazione e l’individuazione delle zone archeologiche a maggiore rischio di degrado.
Progetto “Carta del rischio"
La definizione di un modello per la valutazione del rischio individuale per gli edifici e i siti archeologici consiste nell’individuare gli aspetti relativi alla loro vulnerabilità e quelli relativi alla pericolosità dell’ambiente circostante. Oltre a disporre in sede locale della carta archeologica, con la localizzazione dei siti tramite le coordinate geografiche, consente di confrontare le informazioni territoriali che rappresentano i fenomeni in termini di presenza e assenza e la loro incidenza sull’intorno del bene. Il problema sorge dal fatto che il calcolo degli indicatori di pericolosità non riflette l'estensione del rischio al-di-là dei limiti rappresentati sulla carta. Perciò si adotta una altro approccio che parte dal bene come riferimento e si cerca di stimare l’incidenza dei fenomeni sul bene e sul suo intorno. La forma e la grandezza di tale contorno saranno proporzionali alla vulnerabilità del sito confrontata ai relativi fattori di rischio. Un altro obiettivo sarà di realizzare un software specifico che operi in ambiente GIS, percorrendo la stessa metodologia che sarà presentata nelle sue linee generali e sviluppata attraverso due approcci metodologici complementari:
A) Approccio cartografico e bibliografico:
–valutazione separata dell’estensione e distribuzione di ogni fattore di rischio statico- strutturale (idrogeologico,…) e quello dovuto alla pressione antropica legato all'attività agricola (aratura, bonifica), scavi clandestini, esportazione del materiale per la costruzione, turismo di massa. -Definizione del grado di rischio a livello puntiforme da associare alle aree comprendenti il bene o al bene stesso.
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-la costruzione di overlay topologiche dei fattori di rischio associati ai beni per una visione globale del pericolo statico-strutturale e antropico. -individuazione dei siti scomparsi tramite a) la ricerca bibliografica, (Carton, Atlas Archéologique de la Tunisie, foglio XXXIII, la toponomastica); b) il rilevamento delle concentrazioni di materiale fittile e materiale lapideo;
B) Approccio matriciale
-definizione di matrici di incrocio tra descrizione dei siti e fattori di rischio per la caratterizzazione del rapporto pericolo-vulnerabilità sia a livello di territorio per una valutazione complessiva sia a livello di singolo sito per una valutazione puntiforme.
3.3.1.2. Vari aspetti del rischio
Il rischio antropico
Allegato 10 distribuzione dei siti scomparsi in funzione delle attività antropiche. (campi agricoli, strade, insediamenti, lavori forestali, invasi, scavi clandestini…)
FIGURA 12 SITO AIN GHARSSALAH
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FIGURA 14 SITO 214 NEL 1999
FIGURA 15 SITO 214 NEL 2000
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Il patrimonio storico-archeologico presente sul territorio ha subito e subisce attualmente radicali e in gran parte irreversibili degradi dovuti alle moderne pratiche di agricoltura. Perciò, molti siti sono già stati cancellati dall’aratro che ha portato via definitivamente informazioni utili alla comprensione dei sistemi insediativi rurali in questa parte dell’Africa Proconsularis. I dati acquisiti, permettono di inquadrare il problema in certe aree del territorio e di redigere una cartografia della pericolosità che evidenzi la perimetrazione delle aree a rischio. Siti descritti da Carton 1895, ora scomparsi: p. 243 Henchir Dzebbas (gesso). Qualche blocco squadrato ex situ e una sorgente con arbusto. Foto a colori aprile 2001; p. 246 Henchir Sidi Chrik: sito 534; p. 246 Henchir el Ioudi: sito 535.
Distruzione dall'aratura: siti 22, 62, 156, 349, 350, 348, 377, 386, 398, 515, 542.
FIGURA 16 SITO 156 Distruzione dall'impianto di oliveto: siti 253, 261, 346, 543
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FIGURA 17 SITO 543 AIN FAWAR Distruzione dal rimboscamento: siti 186, 390, 529, 554.
Distruzione dalla costruzione di gourbis: siti 7, 391, 394, 396, 504 (in parte), 522, 210.
. FIGURA 18 SITO 210 HENCHIR AIN BOUIA Distruzione da fattorie francesi o costruzioni più recenti: siti 87, 94, 127 (strada), 369, 384, 475, 484 (Chabane), 494 (motel), 497 (Fortezza Teboursouk), 514.
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FIGURA 19 SITO 177 KSAR ET TIR
Rischio idrologico
Allegato 11 DTM della disposizione dei siti in prossimità di torrenti
FIGURA 20 SITO 282
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Lo studio sulla dinamicità dei versanti e dei corsi d’acqua (Allegato11. modello 3d della disposizione dei siti in prossimità di torrenti) consentirà di definire i vari elementi di pericolosità, fattori essenziali per una realistica individuazione dei gradi di rischio. Tale studio nell'ambito di un progetto d’indagine archeologica sulla campagna di Dougga consentirà la redazione di una carta storica del dissesto idrogeologico, basandosi sull’analisi dei sistemi di insediamento numida, romano, bizantino e arabo. Nel corso delle campagne di rilievo si è documentato l’impatto antropico prodottosi nel corso del tempo su aree di formazione sedimentaria (valle Khalled, valle Arkou). Si è rilevata una densità di insediamento strettamente collegabile all’intensità delle pratiche agricole (rapporto torchi-impianti di oliveti) e una pratica diffusa della sostruzione sui pendii, mediante ambienti voltati usati come cisterne per contrastare fenomeni di erosione che la natura argillosa del suolo accentua. Oltre al dato archeologico il survey ha permesso di rilevare la tendenza al dissesto presente nella geomorfologia della zona. Uno studio della sovrapposizione della cartografia geomorfologia e quella archeologica porta a definire il collegamento tra i siti terrazzati e l’attuale dissesto idrogeologico innescato dalla deforestazione e dall’attuale abbandono delle campagne. Per questo settore si è, per ora, unicamente ricostruita la rete di drenaggio superficiale, elaborando per via informatica il modello digitale del terreno.
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FIGURA 21 RISCHIO FRANE ZONA GORAA
3.3.2. La carta delle potenzialità
“Rapporto inversamente proporzionale tra la ricchezza del patrimonio culturale di una nazione e la possibilità di valorizzarlo integralmente.”116
In primo luogo occorre riflettere su qualche constatazione relativa alla quantità e alla qualità dei siti rinvenuti nel corso della redazione della carta archeologica che possiamo riassumere come segue: fatta salva la necessità civile, scientifica e culturale di conoscenza, documentazione e azione di tutela, è improponibile un'azione di messa in valore e di fruizione, almeno in un primo momento o contemporaneamente, di tutto il patrimonio rilevato e schedato. Per i costi di decollo e di gestione del progetto ma anche per l’abbondanza, sarà difficile potenziare l’offerta di fruizione territoriale.
116 M. Hutter, convegni di castagna del C.N.R. sulla salvaguardia del patrimonio culturale nel bacino mediterraneo
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3.3.3. Strumenti di valutazione
“sarebbe giusto, prima d’intraprendere degli scavi di questa entità, interrogarsi a fondo, e quindi decidere a ragion veduta, innanzitutto se lo scavo debba essere eseguito oppure no, e in caso positivo, con quali obiettivi e con quali criteri, e come si debba procedere, a scavi ultimati, per la conservazione dei resti riportati alla luce. Non esiste un’autorizzazione morale a danneggiare, per indagarli, i monumenti del passato, se non siamo in possesso dei mezzi tecnici atti a garantire un’indagine veramente scientifica, a pubblicare in tempi adeguati i risultati con la necessaria documentazione visiva o di depositarli in un archivio accessibile a tutti, e se non ci curiamo che il monumento stesso rimanga conservato per i posteri” KARL AUGUST VON COHAUSEN (1812-1894) Saalburg 1884
Di fronte alla quantità e alla qualità dei siti archeologici scoperti sul territorio di Dougga e nell’ottica di un'azione di tutela e di valorizzazione, si pone la difficoltà di valutare la fattibilità, l’efficacia e l’impatto di tale operazione che impegna energie umane e risorse finanziarie. Il complesso di problemi prima esaminati si lega al problema delle decisioni di investimento e si accentua nel momento dell’intervento la cui scelta scaturisce da un calcolo di convenienza applicato ai siti candidati ad un'azione di valorizzazione.
3.3.3.1. Il metodo multicriteriale
“Un parco è una selezione di particolari aspetti all’interno di un territorio, quali elementi di attenzione per il visitatore”117 La metodologia di valutazione per avere sotto mano un quadro di più situazioni in un determinato tempo, è basata sull’analisi multicriteriale,118 come metodo collaudato,119 visto che presenta una flessibilità d’uso per un'ampia gamma di casi.120 Lo strumento si presenta con una logica trasversale, dove si cerca di individuare le relazioni tra i vari settori che contribuiscono alla valorizzazione dei beni, valutando
117 Barman, Santiago de Compostella, 1995. 118 Francesco Rizzo, Economia del patrimonio architettonico ambientale, ed. Franco Angeli, Milano, 1989, p. 319. 119 Rapporto di missione presentato in Francia all’Agence Technique Franche-Comté, 1991. 120 Emilio Cabasino, La valorizzazione dei beni culturali: proposta per una metodologia di intervento, in “Bollettino di archeologia” 1992 p. 129.
95 in un primo momento le potenzialità di un sito in rapporto ad un progetto di valorizzazione attraverso la raccolta dei dati necessari a tale operazione e procedendo in un secondo momento alla stesura del progetto in seguito ad un'interazione tra i dati raccolti e infine valutando la fattibilità tramite lo studio della corrispondenza tra il potenziale del sito e il progetto di valorizzazione. Tale metodo permette inoltre la stesura dei bandi di concorsi per proposte progettuali, la possibilità di valutare delle proposte che riguardano il sito e infine, nel doloroso momento di stabilire la priorità degli interventi in più siti valutando le possibilità e le potenzialità di successo per ciascun sito. (Appendice 3: prospetto della griglia delle analisi).
3.3.3.2. La griglia d’analisi per la valorizzazione dei beni archeologici
Fattori decisionali
A)- Ubicazione e impatto ambientale:
Riguarda l'aspetto fisico del sito, scheda tecnica, rapporto con l’ambiente: 1. la costituzione del sito 2. possibilità di ricezione dei fruitori (accoglienza temporanea, pernottamento, percorsi di visita) 3. localizzazione geografica. 4. rapporto con l’ambiente
B)- Emergenza
Riguarda lo stato di conservazione del sito, costi di manutenzione, necessità di interventi di restauro: 1. stato di conservazione 2. natura dei lavori di manutenzione, programma e costi 3. natura dei lavori straordinari eseguiti e da eseguire
C)- Statuto giuridico
Riguarda la proprietà del sito, le azioni di tutela e le sovvenzioni previste: 1. proprietà 2. esistenza di azione di tutela
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3. contributi statali previsti dalla legge 4. posizione dei proprietari in rapporto ad un'azione di tutela
D)- Politica culturale
Riguarda l’orientamento della politica culturale e le istituzioni coinvolte nell’azione di valorizzazione: 1. istituzioni o organizzazioni che hanno l’obbligo o interesse alla valorizzazione del sito (a livello locale, regionale, nazionale, internazionale, associazioni) 2. caratteristiche di questi istituzioni (competenze, organigramma, interesse e disponibilità a partecipare con finanziamenti) 3. interesse dell’ ambiente politico alla valorizzazione del sito (disponibilità al sostegno dell’iniziativa e al finanziamento)
E)- Rilevanza culturale
Riguarda i vari aspetti culturali del sito: 1. rilevanza culturale del sito (archeologica, architettonica, artistica, ambientale, popolare, religiosa) 2. importanza dell'identità culturale del sito in rapporto a quella regionale e nazionale 3. importanza scientifica e popolare 4. aspetti della rilevanza culturale (archeologica, popolare, religiosa, economica)
F)- Contesto socio-economico
Riguarda gli aspetti finanziari legati al sito: costi di manutenzione, introiti, sovvenzione, il contesto micro-economico: 1. costi di manutenzione e gestione del sito 2. fonte del finanziamento (in percentuale nel caso di più persone) 3. esistenza di risorse non sfruttate 4. presenza di attività economiche sul sito 5. possibilità di sovvenzione 6. la percentuale di autofinanziamento possibile dopo la valorizzazione del sito 7. la possibilità di valutare gli effetti indiretti sul contesto socio-economico contiguo
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G)- Potenzialità e marketing
Riguarda la valutazione delle esigenze del pubblico di fronte alla qualità dei servizi offerti 1. natura dell’offerta culturale (diversi tipi di fruitori) 2. possibilità di inserimento in un circuito di turismo culturale 3. frequentazione del sito (caso di un marabut, ricorrenze religiose) 4. esistenza di una dimensione immaginaria del sito (marabut, leggende, cure) 5. accessibilità a persone con handicap (anziani, handicappati) 6. l’impatto dell’introduzione di un'attività commerciale sull'identità culturale del sito 7. reazione della comunità locale nei confronti di un intervento di valorizzazione
H)- Proposte ed iniziative svolte
Riguarda le eventuali ipotesi di valorizzazione del sito da parte dei proprietari (progetti, realizzazione, sogni): 1. altre forme di valorizzazione del sito 2. esistenza di progetti di valorizzazione ai vari livelli 3. il grado di rilevanza per un inserimento in progetti di vari livelli 4. proposte degli abitanti del luogo 5. la possibilità di partecipazione esperti per uno studio di fattibilità
Approcci per la valutazione
La molteplicità degli attori che operano nell'ambito della valorizzazione dei beni archeologici e che hanno in mano le decisioni relative a tale azione, esige una maggiore considerazione e attenzione ai vari approcci ai beni archeologici presentati da queste aree di interesse diverso, per tendere a fornire una risposta completa alle esigenze di un progetto integrato. a1) l’approccio scientifico che si esercita in due ambienti diversi: il primo è l’ambiente umanistico che vede storici, archeologi, architetti, e ricercatori in generale impegnati nello studio del sito. Lo spirito di tale interesse non coincide spesso con le esigenze della gestione. Il secondo ambiente è quello economico che incontra difficoltà nella stima dei beni che hanno valori immateriali;
98 a2) l’approccio gestionale che si manifesta presso gli organi pubblici e gli attori privati, essendo a contatto diretto con il bene, sono a conoscenza dei vari aspetti di funzionamento e di tutela legati al sito; a3) l’approccio amministrativo è assimilabile a quello gestionale dal quale si distingue nell’operare per la collettività; a4) l’approccio politico, condizionato dalle ideologie politiche e dalle tendenze popolari, presenta un peso operativo notevole e un potere di amministrazione dei fondi; a5) l’approccio commerciale presenta un atteggiamento innovatore spesso in contrasto con l’identità culturale del sito, nel contempo accentua l’attenzione sull’aspetto gestionale con una ricerca di profitto; a6) l’approccio volontaristico motivato da esigenze di partecipazione che spesso sono prive di scientificità di intervento, offre però un quadro assai fedele della richiesta pubblica in relazione alla fruizione del sito; a7) l’approccio creativo si riferisce ad iniziative del tutto artistiche suggestive che possono offrire altre chiavi di lettura del sito; a8)- l’approccio sociale è legato all’uso attuale o potenziale del sito per attività di rilevanza sociale come abitazione, luogo di preghiera e riunione (marabut), cimiteri.
Determinazione della potenzialità di un sito in rapporto ad un progetto di messa in valore:
Procedura
Ogni risposta alle domande sopra elencate, è tradotta in termini numerici per comodità di valutazione cosi abbiamo: 0= No/pessimo/Nulla 1=Si/passabile/poco 2=Si/abbastanza bene/sufficientemente 3=Si/molto bene/molto. È stata stabilita una doppia gerarchia per tutti i livelli del questionario, attribuendo un peso P ad ogni domanda e un peso P ad ogni fattore. Tale differenziazione rientra nelle esigenze della valutazione multicriterio che deve garantire l’importanza gerarchica dei parametri decisionali.
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In questo modo avremmo una serie di voti ripartiti come segue: vas ⁿ è il voto attribuito alla singola domanda n 0≤ vas ⁿ≤3 v rel ⁿ è il valore reale relativo alla domanda 0≤ v rel ⁿ v rel ⁿ = vas ⁿ * p ⁿ V as ª è la somma dei valori reali relativi alle domande all’interno dello stesso fattore a 0≤ V as ª ≤3 V as ª =Σ v rel ⁿ V rel ª è il valore reale relativo al fattore 0≤ V rel ª V rel ª = V as ª * P VTot rappresenta il voto definitivo attribuito al sito e è la somma dei valori reali dei fattori 0≤ VTot ≤3 VTot = Σ V rel ª
I risultati sono stati organizzati in tabelle dove sono evidenziati: • le potenzialità dei diversi siti confrontate ai fattori decisionali • la natura dell’approccio ai diversi siti per fattore • Il valore totale dei siti Per una lettura rapida e automatica sono stati ricavati dei grafici che permettono: • L’identificazione dei punti deboli e dei punti forti di un sito • Il paragone tra i siti sia come valore totale sia sotto un aspetto specifico Un’ulteriore applicazione del metodo multicriterio per la valutazione dei progetti di valorizzazione sia ideati che realizzati, permette di avere per ogni sito un rapporto R potenzialità/progetto; si presentono tre casi: 1. nel caso che R nettamente superiore all’unità il progetto di valorizzazione non abbia tenuto conto di tutte le potenzialità del sito e la proposta ha bisogno di essere migliorata. 2. nel caso che R sia nettamente inferiore all’unità il progetto di valorizzazione risulta sproporzionato alle rispondenze del sito, perciò un ridimensionamento della proposta si rende obbligatorio.
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3. Nel caso che R sia intorno all’unità la proposta è ritenuta teoricamente valida. Nei primi due casi, miglioramento o ridimensionamento della proposta, è possibile intervenire su un aspetto singolo del progetto, legato al fattore decisionale dove si registra il divario tra potenzialità e progetto di valorizzazione. In questa sede è stata redatta la scheda delle potenzialità per tutti i siti cantierabili, per tre soltanto è stato valutato il progetto di valorizzazione con il caso particolare di Dougga Ruine, un sito già aperto al pubblico.
3.4. Il caso studio
Dalla redazione della carta archeologica risulta che i resti archeologici, comprese tutte le categorie (emergenti, sepolti, sconosciuti, identificati), testimoniano un forte legame con l’ambiente antropico antico. Nel contempo presentano una maggiore vulnerabilità all’azione dell’ambiente antropico attuale, fortemente condizionato dalla componente socio-economica. Infatti dalla carta archeologica risulta che le aree sulle quali è stata registrata la presenza dei siti archeologici, sono oggetto di fruizione e di frequentazione umana (fattorie, case coloniche, marabut, cimiteri, campi agricoli) che rischiano di essere modificate dall'eventuale azione di tutela e di valorizzazione. Vista la vastità del territorio, una valutazione adeguata del rapporto con l’ambiente antropico è necessaria e imprescindibile, prima della stesura del progetto di valorizzazione. Con il tentativo di prospettare la portata dell’impatto -tramite la presentazione dei casi seguenti- si cerca di esporre la complessità dell’operazione, viste la quantità e varietà dei dati necessari e soprattutto visto l’inevitabile conflitto dovuto al coinvolgimento degli enti locali, delle istituzioni, dei residenti.
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3.4.1. presentazione dei siti
1)- il sito di Dougga (città) 548 Thugga, oggi Douga
FIGURA 12 CAPITOLIUM DI DOUGGA Descrizione121 Caratteristiche generali La città, che occupa ca. 25 ettari, a m 570 slm., è costruita su un'emergenza rocciosa (kef Dougga), protetta a Est e a Nord-Est da burroni e a Sud da pendii scoscesi. La
121 Carton 1895, p. 152; C. Diehl, L'Afrique byzantine: Histoire de la domination byzantine en Afrique (533-709), Paris 1896, p. 274; AAT foglio 33, sito 183; P. Romanelli, Storia delle Province romane d'Africa, Roma 1959, pp. 376-390; S. Gsell, Histoire ancienne de l'Afrique du Nord, pp. 251-256; C. Poinssot, Les ruines de Dougga, Tunis 1958, 1983 (2a ed.); P. Romanelli, Archeologia e Topografia dell'Africa Romana, Torino 1970; A. Golfetto, Dougga. Die Geschichte einer Stadt in Schatten Karthagos, Basel 1961; C. Poinssot-J.W. Salomonson, Le mausolée libyco-punique et les papiers de Comte Borgia, in C.R.A.I. 1959; C. Poinssot, Immunitas perticae Carthaginensium, in C.R.A.I. 1962, pp. 55-76; C. Poinssot, Aqua Commodiana civitatis Aureliae Thuggae, Mélanges d'archéologie, d'épigraphie et d'histoire offerts à J. Carcopino, Paris 1966, pp. 771-786; C. Poinssot, M.Licinius Rufus, Patronus pagi et civitatis Thuggensis, in B. C. T. H. 1969, pp. 215-258; H. Pfeiffer, The Ancient Roman Theatre at Dougga, in M.A.A.R. 9, 1931, pp. 145-156; D. Pringle, The defence of Byzantine Africa from Justinian to the Arab conquest: an account of the military history and archaeology of the African provinces in the sixth and seventh centuries, Oxford, BAR Int. ser. 99, 1981, pp. 244-246, fig. 13, tavv. LI, LIII, LIVb; Dougga, fragments d'histoire. Choix d'inscriptions latines éditées, traduites et commentées (Ier-IVe siècles), a cura di Mustapha Khanoussi e Louis Maurin, Ausonius Mémoires, Bordeaux-Tunis 2000.
102 scelta dell'insediamento è stata condizionata dalla presenza di abbondanti sorgenti, dalla prossimità di cave di calcare, dalla fertilità dei dintorni. La preferenza per questa posizione strategica penalizza Dougga con una distanza di 3 km dalla strada Carthago-Theveste, situata nella sottostante valle del Khalled. La città satellite Agbia (sito 549) ovviava probabilmente a questo handicap, facendo da scalo. L'origine numida e la posizione della città su terreno in forte pendio, hanno determinato il suo impianto urbanistico irregolare, non a scacchiera, secondo i criteri di Ippodamo di Mileto applicati nelle antiche città greche, romane e anche puniche (p.e. Soluto). Dougga necessita di uno studio dell'interazione avvenuta tra la popolazione locale e i romani secondo i criteri stabiliti dal trend post-coloniale, soprattutto perché la storiografia e l'archeologia della Tunisia romana sono in mano a studiosi francesi dal 1881, dal momento in cui il paese è stato ridotto a Protettorato.122 Thugga presentava un aspetto molto simile a quello di altre città numide come Mactar. C. Poinssot la paragona all'attuale centro storico di Teboursouk, con strade per soli pedoni pavimentate a lastre disposte in senso diagonale, con case senza finestre sulla strada.123 Porta, piccola finestra e feritoie per le cantine, sono le uniche aperture sulla strada. La Casa del Trifoglio, la più ricca della città, si distingue per un portichetto davanti alla porta d'ingresso. Le case delle élites sono provviste da un cortile centrale con portici. Spesso l'ingresso è disposto ‘a baionette’ e provvisto di un mosaico pavimentale con apotropaion o simbolo di buon augurio. Quasi tutte le case, come le fattorie in campagna, sono costruite sopra ambienti voltati che creavano un terrazzamento artificiale sul ripido pendio, necessario per la costruzione di una casa regolare. Questi ambienti stretti e lunghi venivano usati come cisterna per accumulare le acque piovane per il fabbisogno domestico. I tetti erano coperti da coppi. Edifici privati e pubblici sono costruiti con la locale pietra calcarea grigia. Una qualità di pietra scadente, tra calcare e arenaria di colore giallo, veniva usata nelle fondazioni e nelle parti che rimanevano invisibili. I laterizi sono sconosciuti a Thugga, il marmo è usato per i rivestimenti degli edifici pubblici. La tecnica edilizia, che si definisce con un neologismo opus africanum, consiste in
122 Colonial discourse and post-colonial theory: a reader, a cura di Patrick Williams e Laura Chrisman, Harvester-Wheatsheaf, New York, N.Y., 1993; David J.Mattingly (a cura di), Dialogues in Roman imperialism: power, discourse and discrepant experience in the Roman Empire, Portsmouth RI, JRA, suppl. 23, 1997. 123 C. Poinssot, Les ruines de Dougga, Tunis 1958, 1983 (2a ed.).
103 un'intelaiatura di blocchi calcarei a forma di parallelepipedo disposti in senso verticale (ortostati) e orizzontale, le specchiature sono di piccoli blocchi (petit appareil). Gli ortostati rimangono spesso in piedi, le specchiature si rovinano. Intonaci dipinti con colori vivaci davano agli edifici un aspetto molto diverso da quanto ci si può immaginare ora, a prima vista. L'ordine corinzio fu usato per edifici pubblici, tuscanico nelle case. Per mancanza di legno, materiale raro e caro in Africa a causa del disboscamento in atto dai tempi preistorici, le centine per costruire le numerose volte erano formate da tubuli a bottiglia incastrati. L'esempio più antico si trova nel sotterraneo della scena del teatro di Thugga. Questa tecnica permette una messa in opera veloce e semplice. Quando la volta si è asciugata i tubuli non servono più, dunque, dopo l'abbandono dell'edificio, i tubuli possono essere tolti senza compromettere la statica dell'edificio, ma spesso venivano lasciati in opera.
Demografia Le stime sul numero degli abitanti della città oscillano tra 5.000 a 10.000, i più dovevano stare nei vicinia. Il teatro offre spazio a 3500 spettatori. Secondo C. Poinssot, il centro non poteva ospitare più di 5.000, quanto l'attuale popolazione de Teboursouk.
Fonti epigrafiche Iscrizioni e monumenti ci permettono di farci un'idea sulla vita quotidiana e sulla vita pubblica di Thugga. Più di 700 iscrizioni funerarie trovate negli scavi di Thugga permettono studi statistici eccezionali, confrontabili a quelli che oggi permettono le anagrafi. Il numero relativamente più esiguo di tombe femminili e di bambini, mostra che non ci si preoccupava tanto di conservare la loro memoria, quanto quella degli uomini adulti. Il numero estremamente elevato tra questi ultimi di persone anziane, permette di sostenere la longevità dei Thuggenses. Quasi il 10% degli adulti ha 90 anni o di più, il 5% è centenario. L'età dei defunti era stabilita con relativa precisione secondo le liste di recensione redatte ogni 5 anni dai duumviri quinqennales. Esistono bei cippi funerari ma la maggior parte delle iscrizioni è incisa su stele di dimensioni medie. Gli epitaffi si articolano in una dedica agli dei degli Inferi DMS, seguita dai nomi del defunto in nominativo, e dagli anni vissuti preceduti da PVA (pius vixit annis) e seguito da HSE (hic sepultus est). Alcune iscrizioni contengono
104 laudationes; indicazioni sul mestiere sono rare: sappiamo solo di un veteranus, un magister che esercitava a Hippo Diarrhytus (Bizerta) e il cui epitaffio è redatto in versi e di una paedagoga. Il corredo funerario è modesto: qualche ceramica comune e lucerne. Le iscrizioni più importanti sono state trasportate nel Museo del Bardo a Tunisi; altre, rimaste in situ o depositate nel magazzino locale allestite nelle cisterne antiche della sorgente Aïn Mzab, sono state inventariate recentemente e in parte pubblicate.124
Religione Anche la religione si presta bene all'analisi (tutta da fare) dell'interazione culturale tra numidi, cartaginesi e romani, anche perché la conservazione delle iscrizioni e dei monumenti a Dougga è maggiore che non in altre parti dell'Africa romana. Molte divinità sono venerate in più di un santuario: Saturno, Caelestis, Minerva, Concordia, Mercurio, Jupiter, Neptunus. Il Capitolium è dedicato alla triade protettrice di Roma: la sua costruzione è sicuramente un atto di lealtà all'Impero, l'onore massimo per i Thuggenses era essere flamen del culto imperiale. La popolazione continuava ad adorare gli antichi dei Ba°al e la paredra Tanit, la divinità poliade di Cartagine. Per i romani la credenza negli antichi dei italici non escludeva il riconoscimento dell'esistenza di dei stranieri. Molto spesso i romani adottarono gli dei delle nazioni conquistate. Ma in generale assimilarono gli dei indigeni agli dei romani sotto il pretesto di analogie che a noi sembrano arbitrarie. Ba°al è assimilato a Saturnus: le attribuzioni a Baal Saturnus diventarono di un dio supremo, cosicché la religione africana diventa monoteistica. Un vescovo di Thugga, Saturninus, dichiara nel 256 in un concilio "benché i pagani abbiano idoli, essi riconoscono e confessano il dio sovrano e il padre creatore". Intende sicuramente Saturno. Tanit assume il nome di Caelestis e si confonde con Iuno. Nonostante i nuovi vocaboli e gli apporti italici e greci nel campo della mitologia e dell'iconografia, persistevano le caratteristiche essenziali degli antichi culti africani, nei quali si fondevano non solo il vecchio fondo libico e la religione punica, ma anche gli apporti
124 Dougga, fragments d'histoire. Choix d'inscriptions latines éditées, traduites et commentées (Ier-IVe siècles), a cura di Mustapha Khanoussi e Louis Maurin, Ausonius Mémoires, Bordeaux-Tunis 2000.
105 ellenici. Solo i sacrifici umani furono vietati dalla legge romana e sostituiti da sacrifici di animali. Liber Pater e la compagna Libera conoscono venerazione particolare. Un tempio è dedicato a loro e molti mosaici nelle case, episodi della leggenda e simboli apotropaici. Dioniso sembra introdotto nel pantheon cartaginese dal IV sec. a.C. Sono attestati culti frigi e della Mater deum e culti egizi, come quelli di Isis, di Anubis e di Harpokrates. I templi della tradizione indigena, pur appartenendo per stile e ornamenti all'arte romana, conservano nelle loro piante -simili a quelle di certi templi orientali- il ricordo degli antichi riti. La corte (area), in fondo alla quale sono disposte le cellae, è la parte essenziale di questi templi e ricorda l'area sacra del tophet punico. I portici che si trovano intorno permettono processioni; gli annessi servono all'iniziazione e alla purificazione. Invece di metterlo in mezzo alla piazza, il tempio orientale è chiuso da un muro che lo separa dai terreni vicini: le cerimonie religiose sono riservate ai fedeli. I templi romano-africani presentano una particolarità curiosa: mentre la dedica ci informa che un santuario è dedicato a una divinità, siamo in presenza non di una cella ma di più cellae (spesso tre) e di un certo numero di nicchie, destinate a ricevere statue divine. A volte la divinità era raffigurata sotto forme diverse (cfr. base dedicata a Mercurius Silvius trovata in una cella laterale del tempio di Mercurio). A volte la divinità principale dà ospitalità ad altri dei che la vengono ad assistere.
Cenni storici Appena citata dagli autori antichi Thugga sembra aver vissuto una vita tranquilla, prospera e oscura per lungo tempo. La sua esistenza normale e banale somigliava a quella di tante altre città africane. Grazie all'epigrafia eccezionalmente ricca di Thugga, la conoscenza di questa piccola città provinciale è molto completa. La distanza dalle grandi strade di comunicazione, l'abbandono progressivo delle abitazioni da parte della popolazione, hanno salvato i monumenti dalla distruzione totale: Thugga non è servita da cava di pietre per una città moderna. Nei secoli la città fu sistematicamente spogliata, pochi oggetti d'arte furono ritrovati negli scavi: i marmi che alimentarono le calcare, i metalli preziosi, i bronzi e i condotti di piombo che furono sistematicamente strappati sono scomparsi. Gli edifici stessi resistevano
106 quasi vittoriosamente agli attacchi del tempo che magnificava la bella pietra del paese.
La città Teatro Il teatro è stata costruito nel 168 o 169 d.C. Restauri moderni: colonnato della scena e alcuni gradini della cavea. Dimensioni medie: diam. 63.50 m (cfr. il teatro di Marcello a Roma diam. 131, di Vienne 130, di Arles e di Orange 103, Carthago 100 ca., Djemila e Timgad 63). Ben conservato, presenta disposizioni classiche del teatro romano: gradini a semicerchio che formano la cavea dove stavano gli spettatori, una grande scena. La cavea è sopraelevata di 15 m. rispetto all'orchestra, addossata al pendio della roccia, che assicurò solidità all'edificio diminuendo anche i costi di costruzione. Formata di 19 gradini divisi in 3 piani (maeniana) da gallerie di circolazione (praecinctiones) che erano protetti da plutei (balteus) incastrati in solchi, maeniana divisi in cunei. L'orchestra è relativamente piccola. La cavea poteva contenere 3.500 spettatori. In cima arcata con una delle tre dediche; muro perimetrale con 5 porte corrispondenti con le 5 scale della cavea. Si poteva salire sulla terrazza del portico per scale che affiancano la porta centrale. Alcune cisterne sono ricavate sotto il pavimento del portico, usufruendo di irregolarità del terreno. L'acqua serviva alle aspersiones per rinfrescare gli spettatori nei giorni caldi, come testimoniano le fonti letterarie. Forse si poteva allestire un velum. Il muro della scaena bloccava quasi interamente la vista del paesaggio; il colonnato della scaenae frons era a 2 piani; sull'epistilio di quello inferiore era incisa la seconda delle dediche del teatro. Alcuni di questi blocchi sono rimessi in situ. Le altre due dediche, del portico della summa cavea e della facciata anteriore del teatro sono redatte in modo analogo, ma contengono in più l'invocazione pro salute seguita dai nomi e dai titoli degli imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero (CIL 8. 26528, 26606). La scaenae frons presenta tre porte corrispondenti alle valvae. Il proscaenium doveva essere coperto da tetto in legno per motivi acustici, siparia chiudevano le aperture della scaenae frons, altri formavano una specie di cortina della scena.
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Quali potevano essere gli spettacoli nel teatro? Raramente veniva rappresentato il repertorio classico: lingua e idee lontane dal pubblico del II sec. d.C. Le conferenze, lezioni pubbliche, dibattiti oratori erano invece cari agli africani, come pure lo erano pantomime, commedie burlesche, acrobati, saltimbanchi. Un portico coperto dietro la scena precedeva la facciata sud del teatro. Sopra le colonne si leggeva la seconda parte di un'iscrizione che era incastrata nel grande muro di facciata. Il portico serviva da quinta durante gli spettacoli e, in caso di pioggia, da copertura agli spettatori dell'orchestra e del primo maenianum. Alcuni metri più in alto delle strade antistanti, c’è una nicchia per una statua monumentale, della quale rimane la sola base; scale seguono la pianta semicircolare degli 'xysta'. L'architetto ha utilizzato ingegnosamente la differenza di livello di quasi m 20 tra la base della nicchia e la cima dell'edificio su vari terrazzamenti.
Tempio di Juno Caelestis Tempio costruito sotto Severus Alexander (222-235). Il podio è preceduto da 11 gradini; si tratta di un tempio periptero, con portico a 6 colonne nella facciata e 8 all'interno del pronao; ordine corinzio, fusti lisci, capitelli e basi sono in calcare di Dougga; i muri della cella e la statua di culto sono scomparsi. Il cortile semicircolare non è pavimentato, era adibito a giardino. Il portico semicircolare a 24 colonne è coperto di una serie di volticini; il pavimento è in mosaico bianco a squame. Sul fregio era incisa una delle dediche di Q. GABINIUS RUFUS FELIX BEATINIANUS per l'occasione della sua promozione a flamen perpetuus; egli offriva il terreno e adempiva al le generosità testamentarie dei suoi familiari. L'iscrizione menziona le statue di argento o argentate della dea Caelestis che ornavano il tempio e che costarono 30.000 sesterzi. busti o statue indicano nomi di province e città (Dalmatia, Judaea, Mesopotamia, Syria, Carthago, Laodicea, Thugga). Le province così rappresentate dovevano avere un rapporto speciale nel culto a Caelestis o alle divinità assimilate a Caelestis, o dovevano aver ricevuto dai Severi dei privilegi particolari. Una vasca costruita vicino all'entrata serviva per abluzioni rituali.
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Fortezza bizantina Procopio attribuisce la costruzione al regno di Giustiniano. La fortezza è rettangolare e include il Capitolium e il Foro della città romana, per una superficie di 0.28 ha. Il foro era già abbandonato e coperto da uno strato di detriti, quando fu incluso nella fortezza. I muri bizantini comprendono molti spolia, di monumenti numidi (capitello eolico) e romani (iscrizioni). Il recinto esterno bizantino riprende il tracciato e la fondazione delle mura urbane preromane, che includono anche l'acropoli, nel tratto vicino ai dolmen.
2)- il sito 66 Henchir Chet: sito 66 pagus Suttuensis, Henchir Chett Descrizione Posizione geografica, microecologia L'insediamento sorge al piede dell'altopiano (cuesta) del djebel Gorra, in coincidenza del punto più profondo della depressione della cuesta. La sorgente Aïn Zeroug ('acqua blu') situata a quota 750 slm, vicino a questo punto, procura tutto l'anno l'acqua del flusso che scende dall'orlo del rilievo verso l'insediamento, situato a 635 slm in mezzo ad un'oasi sempreverde, anche quando la zona circostante soffre di siccità. L'acqua della sorgente è stata canalizzata nel 1998, per cui la striscia verde tra Aïn Zeroug e Henchir Chett non esiste più. Anche nel mese d'agosto l'altopiano offre pascolo verde, tuttora usato nel ciclo della transumanza. Alcune parti vengono utilizzate per la coltivazione di ceci e di cereali. La pietra calcarea triassica del Djebel Gorra (tra cui il tipo nummulitico) è usata come materiale di costruzione. Vegetazione attuale: olivi, fichi, pioppi, carrubi,125 melograni, cereali e, lungo il Oued, arbusti spinosi. Sepolture preromane Le risorse del luogo e la protezione naturale contro venti e piogge del nord-ovest che offre la vetta del Gorra alla località oggi indicata col toponimo Henchir Chett hanno attirato l'interesse delle popolazioni ben prima dell'arrivo dei romani, come testimonia la tipologia di due tombe (siti 134 e 149). L'iscrizione libica, riportata da
125 Peregrine Horden, Nicholas Purcell, The corrupting sea: a study of Mediterranean history, 1° repr., Blackwell, Oxford, Malden, Mass. 2001, p. 210 sull'importanza dei fichi e carrubi nell'antichità.
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Chabot, è da inquadrare in questo contesto cronologico e tipologico.126 Non si esclude che il riparo sotto roccia, sopra Aïn Trab, a 700 m a nord est di Henchir Chett, fosse utilizzato in epoche preistoriche più antiche. Il nome dell'insediamento, attestato in due iscrizioni pagus Suttuensis che si rifà sicuramente ad un toponimo locale preromano, sembra continuare, secondo l'opinione di Dessau -editore del CIL 8.26417-26429 (Leipzig 1914)-, nel toponimo attuale.127 La toponimia attesta la continuità della vita postantica e medievale, in pieno contrasto con i resti archeologici emergenti, finora assenti o muti per il medievo. ' 'Hanut' sito 134 La cella sepolcrale scavata nella roccia a nord-ovest dell’insediamento romano, con apertura quadrata e dromos scavati nella parete rocciosa, a rientranze per alloggiare la lastra che faceva da porta, deve risalire al periodo in cui la zona fu frequentata dalla popolazione numida e/o punica.128 All'interno, davanti alla parete ovest, un sarcofago con le due estremità arrotondate, è tagliato nella roccia, secondo la tipologia delle tombe ellenistiche, diffuse nei territori di Cartagine, della Cirenaica, dell'Etruria e dell'Asia minore. La tomba si trova isolata; normalmente queste tombe si trovano in clusters ('hawanat'), com'è il caso del sito 309, circondato da una tomba a nord (sito 147) e da una ventina di tombe a sud (sito 491). 'Dolmen' sito 149 La sepoltura megalitica situata a mezza costa sul pendio sassoso tra l'hanut (sito 134) e l'insediamento romano (sito 66-150-476) è molto distrutta; le lastre sono in parte spostate.129 Anche i dolmen di solito sono clustered, com'è il caso dei 75 esemplari sull'estremità est del Gorra (sito 545). Un altro dolmen isolato (sito 133), si trova a 2 km a nord-est, sempre al piede della parete rocciosa del djebel.
Monumenti romani Il monumento meglio conservato del sito, il tempio di epoca romana, a pianta quadrata, è situata a quota 635 slm. Il dislivello dalla sorgente al tempio è di m 115, la distanza è di m 130: la pendenza è di 88%.
126 Chabot p. 8 n. 15. 127 Nomen antiquum dedit n. 26418; ex eo nomen ortus esse apparet. 128 Carton 1895, pp. 253, 369-371. 129 Carton 1895, pp. 331, 370 accenna a un certo nombre de dolmens, ma oltre all'esemplare del sito 149 non si sono scoperti altri.
110
FIGURA 23 SITO 066 Edificio a pianta quadrata coperta da volta a crociera con quattro contrafforti quadrati agli angoli ('Eckrisaliten'). Interpretazione (ispirata al nome locale el Khemissia 'chiesa',130 a una dedica a Esculapio incisa sullo stipite della porta d'ingresso al cortile131): tempio. Datazione (basata su considerazioni stilistiche): II secolo d.C. Stato di conservazione: relativamente buono, nonostante uso abitazione, torchio e magazzino. Secondo Carton 1904, p. 55, anche la copertura a volta a crociera è antica, rivestimento con tegole compreso.
Parte antica Nel muro ovest dell'edificio si trova l'unica porta d'ingresso antica con stipiti e architrave monolitici profilati ancora in situ. Gli stipiti mal conservati sono rafforzati da sostegni in blocchi antichi, che restringono la luce dell'entrata ad ambo i lati. Nel muro est, di fronte all'ingresso, si trova una nicchia sovrastata da un architrave monolitico visibile dall'esterno, sporgente tra i contrafforti agli angoli dell'edificio. I contrafforti che sporgono all'esterno e all'interno della sala quadrata erano necessarie per sostenere la volta a crociera.
130 Roy, «Bulletin trim. des antiquités africaines» 1, 1882, p. 263. 131 Così Poissot 1885, p. 30.
111
La tecnica muraria dell'edificio antico è in petit appareil con piccoli blocchi a forma di parallelepipedi agli angoli e monoliti per marcapiani, architravi e stipiti. L'imposta della volta a crociera è assicurata tramite marcapiani di lastre a cornice sporgente, inserite nei quattro contrafforti angolari.
Parte moderna costruita con pietre antiche Prima del 1882 l'edificio è stato ristrutturato. All'interno della sala quadrata si è ricavato un primo piano, uso magazzino della Zaouia di Sidi Abd el Melek,132 al pianterreno si sono installati una macina per cereali e un torchio oleario.133 L'interno della nicchia e gli spazi tra la sporgenza esterna e i contrafforti angolari sono stati riempiti di muratura in petit appareil, probabilmente quando si è dovuto assicurare la statica dell'edificio in previsione della costruzione del piano rialzato. Il pavimento del primo piano era sostenuto da due volte a botte impostate su tre archi trasversali nella sala al pianterreno. Edifici moderni con piano rialzato costruiti con pietre antiche sono addossati ai lati sud e ovest del tempio, il cui ingresso è ora preceduto da uno spazio aperto, che fa da cortile agli edifici. Queste aggiunte, nate in periodi diversi, in parte rafforzate da tiranti di ferro, in parte rimaneggiate e in parte crollate, vengono attualmente usate come abitazione del proprietario residente a Tunisi e della famiglia degli affittuari che cambiano ogni due o tre anni. La tecnica degli edifici moderni è in petit appareil, ma di aspetto meno regolare di quello antico. Un lato del cortile è provvisto di un portico elegante a tre archi sostenuti da due altari funerari con iscrizioni inedite. Due splendidi capitelli corinzi sono depositati davanti agli altari funerari. Sopra l'arcata del portico si notano i buchi di alloggiamento delle travi che dovevano sorreggere il ballatoio di disimpegno tra tre porte del primo piano (ora murate). Nell'angolo nord-est del cortile entra il flusso dell'acqua di Aïn Zeroug, che a monte del tempio viene immagazzinata in una vasca moderna costruita con blocchi antichi. Nel cortile l'acqua è raccolta in un bacino circolare. Il sovrappiù è raccolto su livello del pavimento da una vaschetta antica ricavata di pietra calcarea e
132 Georges Balut (contrôleur civil en Tunisie), Le pays de Dougga et de Teboursouk à travers les ruines de vingt cités antiques, Tunis 1903. In allegato: N. Minangoin (inspecteur de l'agriculture), Étude agricole sur la région de Teboursouk: p. 64 foto di Henchir Chett: rez de chaussée: moulin à blé et pressoir à huile, carré de 12 m; 1 étage: magasin de la Zaouia de Sidi Abd el Melek. Nel 1882 Jules Poinssot fu ospitato in questo piano. 133 Il rullo compressore con incavi circolari nelle estremità laterali, ora depositato nel giardino, forse ricavato da una colonna antica, apparteneva probabilmente alla macina per snocciolare le olive.
112 defluisce in una canaletta, che attraversa in senso diagonale il pavimento del cortile realizzato con lastre calcaree antiche. La soglia della porta, che dà sul portico, è costituita da una lastra di arenaria rossa che faceva da base di un torchio oleario antico. La lastra conserva il canale circolare che raccoglieva l'olio spremuto. Nel pavimento della stalla si trovava fino al 1994 una lastra di arenaria rossa con iscrizione funeraria.134 La lastra è stata depositata nel magazzino dell'INP a Dougga.
Il marabut e annesso costruito con blocchi antichi nelle vicinanze del tempio. Il marabut di Sidi Ahmed ben Abdelmalek è rivestito di intonaco bianco; un contrappeso antico è murato in senso orizzontale alla base dell'angolo sud-est dell'annesso. Accanto al marabut, dalla parte del cimitero moderno è depositata una colonna di scisto verde (cipollino ?). Il marabut è costruito al margine dell'oliveto che comprende l'oleificio antico (sito 476), una zona con iscrizioni, incastri e contrappesi sparsi e, all'angolo nord ovest, un colombario monumentale.
Oleificio sito 476 L'oleificio è costruito sul pendio, con il muro di fondo della cella olearia disposto in alto. Questo muro in blocchi a forma di parallelepipedo e in petit appareil ingloba due incastri per la leva del torchio oleario ancora in situ. Lo spazio delle basi per la spremitura è coperto di terra (forse era collocata qui la base in arenaria rossa riutilizzata come soglia di una delle porte dell'abitazione moderna). Il muro che sorge dal pendio a m 2.70 dal muro di fondo e parallelo rispetto ad esso, è rivestito di intonaco di cocciopesto sul lato rivolto a sud e limitava le due vasche collocate in corrispondenza degli incastri destinate a contenere l'olio spremuto. Due contrappesi frammentari che si trovano più in basso, ma non negli assi degli incavi cuneiformi degli incastri, potrebbero appartenere a questo oleificio. Il terzo incastro divelto dalla
134 Alt. cm 34,5, larg. cm 27; caratteri alti cm 4: MAXI MA VIX T AN L·SIR CINIA V NN S XXXI L'iscrizione si riferisce a due schiave: Maxima vix(i)t ann(is) L Sircinia v(ixit) (a)nn(i)s XXX. La prima, Maxima è vissuta 50 anni, la seconda, Sircinia 31 anni, morte probabilmente nello stesso momento. L'iscrizione sembra redatta in un singolo momento.
113 posizione originale, doveva stare ad est dell'incastro est. Purtroppo il muro non è conservato in superficie: ci vorrebbe un'indagine geofisica per stabilire il suo andamento.
Elementi di torchio sparsi Nel pagus dovevano trovarsi ancora altri oleifici, scomparsi dalla superficie, forse in coincidenza dell'impianto dell'oliveto attuale. Oltre ai tre torchi del sito 476 ci sono elementi per almeno altri otto torchi. È la concentrazione più alta di torchi della zona, che non deve meravigliare, perché siamo in un villaggio (pagus) e c'è la possibilità di irrigare. Irrigando gli olivi, si ottiene ogni anno una raccolta (contro il ciclo biennale dell'aridocoltura) e forse anche una raccolta più copiosa,135 e infine suolo e clima particolarmente adatti all'olivicoltura.
Iscrizioni sparse Sparse tra i fichi d'India a sud della pista, non lontano dal marabut, si trovano una (1) delle quattro iscrizioni dedicatorie e una (2) delle 19 iscrizioni funerarie già pubblicate nel CIL, una dedica inedita (3) del Pagus Suttuensis a Settimio Severo e un'iscrizione funeraria inedita (4). (1) CIL 8.26418 prOCOS DIVI M Antoni ni GeRM A NICI SArmatici filIO DIVI COMModi fratrI DIVi antONini HA POTI
SVTT EN S Alcuni caratteri dell'iscrizione non si leggono più; lo stato conservazione è molto deteriorato rispetto all'inizio del secolo, quando l'iscrizione è stata letta dal Capitano
135 Horden. Purcell 2000, p. 209.
114
Gondouin, prima del 1908: A. Merlin, L. Poinssot, Les inscriptions d'Uchi Maius d'après les recherches du Capitaine Gondouin, Paris 1908; CIL8.26418 (1914). Settimio Severo frequentemente menzionato nella vicina Uchi Maius, ha ottenuto una statua equestre sul Foro, costruito sotto la sue egida.136
(2) CIL 8.15484 (altare fotografato nel 1996) DMS Q NVMISI VS L F ARN FELIX P VIXIT ANN (L)XXXV HSE (W6A232.11-12; W6A233.02, 04)
(3) [pro salute?] [Imp(eratoris) Caes(aris) L(uci) Septimi [Severi Pii] PER[tin] [ac]IS AVG ARABIC[i] [adia]ABENICI PAR[thici] [ma]XIMI P P CO[?] PAGVS S[uttu] [e]NSIS D D P P P d(ecreto) d(ecurionum) p(ecunia) p(ublica) p(osuit) Settimio Severo assume il titolo Parthicus Maximus dopo la conquista di Ctesifonte nel gennaio del 198 e continua a portarlo fino al 222.
136 Paola Ruggeri, La casa imperiale, in Uchi Maius I, a cura di Mustapha Khanoussi, Attilio Mastino, Sassari 1997, p. 142, a proposito dell'iscrizione 8.26418 'cronologia generica'.
115
P. Kneissl, Die Siegestitulatur der roemischen Kaiser. Untersuchungen zu den Siegerbeinahmen des ersten und zweiten Jahrhunderts, Hypomnemata 23, Goettingen 1969, pp. 215-221.
Gabriele Wesch-Klein, Liberalitas in rem publicam: private Aufwendungen zugunsten von Gemeinden im römischen Afrika bis 284 n. Chr., Antiquitas. Reihe 1, Abhandlungen zur alten Geschichte 40, Habelt, Bonn 1990, pp. 248-249, n.1, 398.
(4) iscrizione funeraria su stele ad estremità superiore triangolare: D.M.S OPPIVS.P.F.SA TVRNINVS.PI VS.VIXIT.AN NIS.XVI.H.S.E
Colombario Al margine ovest dell'oliveto sorge un edificio composto di un podio rettangolare sovrastato da due pilastri che conservano l'imposta dell'abside. Carton che ha visto l'interno del podio, interpreta il monumento come colombario per la presenza di una cella sepolcrale sotterranea coperta da tre volte a crociera e con sei nicchie ricavate nello spessore del muro nord, ognuna con incavo per l'urna cineraria.137 La planimetria, le sezioni della cella sepolcrale sotterranea e l'assonometria del podio con balaustra pubblicate da Carton sono molto utili per capire soprattutto la cella funeraria che ora è crollata e coperta da detriti edilizi. La planimetria (Carton fig. 81) risulta normalizzata rispetto alla situazione reale, come risulta dal rilievo realizzato nel 1999. Il tratto nord del podio era sormontato da un alto e grazioso padiglione coperto da una volta a crociera che al centro del podio era sostenuta da due pilastri, tuttora in piedi. Un frammento di volta a crociera si trova vicino al muro massiccio del lato ovest della cella sepolcrale. La parte bassa dei pilastri presentano una curvatura approssimativamente in corrispondenza con il semicerchio dell'impianto a cavea
137 Carton 1895, pp.249-253, figg. 81-83.
116 teatrale nel tratto sud del podio, che non compare nella planimetria né nella descrizione di Carton. Lo spazio di m 4 poteva servire alla disposizione di letti a sigma per i banchetti in memoria dei defunti, a mo' di stibadio. Sepolcri con simili esedre semicircolari si trovano a Pompei. La balaustra che delimitava il tratto sud del podio è stata smontata: un singolo blocco si trova tuttora più a sud, lungo il margine del campo arabile. La tecnica edilizia è in petit appareil, con lastre.
Nel terreno antistante sono depositate una colonna di scisto verde, una base modanata di calcare bianco, una lesena scanalata con capitello figurato. Il lato del capitello ora in posizione verticale (largo 37 cm) raffigura da sinistra a destra un tiaso dionisiaco: dall'estremità sinistra avanza Dioniso con scettro in piedi su un carro con ruota a sei raggi, tirato da un elefante, gli precede in posizione frontale un Satiro con pedum nella destra; al centro della scena è una figura di fronte, massiccia poco elaborata e perciò non interpretabile, seguono un Satiro con pedum nella destra e una figura interpretabile come Ercole con la clava alzata e la leontè nella destra. Il lato del capitello ora in posizione orizzontale (largo cm 42) raffigura un altro tema dionisiaco: due tralci di vite popolati di piccoli quadrupedi, che spuntano da un calice posto al centro. L'estremità superiore delle scanalature è riempita da motivi tutti diversi sul lato lungo: foglia, ovolo, rosetta; sul lato breve si tratta di conchiglie il cui orlo è disegnato con una serie di buchi circolari creati col trapano corrente. Lo stile d'esecuzione è sommario ma efficace: con pochi mezzi si è creata una scena vivace. Il tema dionisiaco figura spesso in contesti funerari, perché allude al ciclo stagionale e all'immortalità.
3)- il sito 169 Henchir bou Baker
Descrizione La fattoria, Bordj bou Baker, sorge su un insediamento antico, del quale emergono alcune strutture intorno all'edificio moderno. Il bordj è una tradizionale casa araba, con ingresso a baionette, corte quadrata centrale intorno al quale sono disposte le stanze. La stanza principale, sul lato opposto all'ingresso (iwan), occupa l'intera larghezza del bordj. Il cortile è pavimentato con blocchi antichi di calcare e anche i muri dell'elevato contengono molti blocchi antichi riutilizzati. Stranamente, il bordj
117 non è stato descritto da Carton, che lo cita soltanto come toponimo per indicare la presenza del ponte dell'acquedotto di Dougga. L'importante iscrizione pubblica disposta davanti alla facciata del bordj (CIL 8.27413) è registrata da Merlin intorno al 1902. Essa menziona un atto di magnificentia privata: la costruzione di un tempio da parte di Iulia Crescentia nella civitas Geumitanorum, non nota da altre fonti. Il luogo di ritrovamento dell'iscrizione non è dato sapere, potrebbe provenire dal sito 309, che presenta alcune strutture monumentali (ma che si autodefinisce Res P), ma anche dal sito 169 stesso, del quale oggi vediamo le sole strutture emergenti dalla cima della collina, intorno alla fattoria moderna. La struttura antica 1. davanti alla facciata attuale: muri in petit appareil con accurata stilatura, l'angolo è costruito con blocchi a forma di parallelepipedo ammorsati nel petit appareil. I muri delimitano un grande ambiente rettangolare e un ambiente minore, che sembra essere una cisterna, in base agli angoli interni smussati e il rivestimento interno a intonaco di cocciopesto. I numerosi ortostati emergenti dal pendio che sono disposti secondo lo stesso orientamento dei muri in petit appareil, possono appartenere allo stesso impianto antico, come i muri emergenti dietro il retro del bordj. Il retro del bordj si basa su muri antichi in petit appareil. Gli stipiti del bordj e della stalla a ovest sono costituiti da soglie monumentali e da un parallelepipedo con ornamento a cerchio con sei raggi. Questi elementi architettonici e la cornice modanata monumentale disposta accanto all'iscrizione potrebbero provenire dall'aedes Valentina costruita da Iulia Crescentia. Non è da escludere che il bordj sia fondato sulla parte centrale del tempio, e che il resto della civitas si nasconda sotto i campi arabili della zona. Mancano infatti elementi di torchio che sono onnipresenti nei siti rurali della zona indagata.
118
FIGURA 22 SITO 169
4)- il sito 2 Henchir ben Hadid
FIGURA 24 SITO 002
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5)- il sito 107 Marabout Sidi Cheidi138
FIGURA 25 SITO 107 MARABOUT SIDI CHEIDI Descrizione Il marabut di Sidi esh-Cheïdi che sorge a quota 410 slm su un sito antico, lungo una gola nel djebel, ha dato il nome al dorso montagnoso, che nell'Antichità separava il territorio cartaginese dal regno numida (fossa regia). La moschea sorge su cisterne romane che immagazzinavano l'acqua raccolta nel catino naturale nel djebel scavato nella roccia viva dall'oued Lahmar139 e trasportata dalla cima da oued Aïn ad-Damous140 (cisterna), che costituisce il corso superiore di oued Lahmar. Oued Aïn ad Damous nasce vicino al marabut di Sidi Kassem, 650 slm, a 2,2 km di distanza; il Oued deve il suo nome alla sorgente che scaturisce a monte del catino e non lontano da esso. Il dislivello di 240 m è superato in 2,2 km. Attualmente il Oued porta acqua solo d'inverno. Sulla vetta della collina lungo la riva sud di oued Lahmar sorge il marabut di Sidi Asker141 (464 slm), anch'esso costruito su una cisterna romana (sito 367). Il oued è stato 'imbrigliato' da piccoli centri di culto collocati su punti critici del paesaggio.
138 Carton 1897, pp. 43-44, fig. 9 ; Carton 1895, pp. 28-31, tav. 1 ; Charles Monchicourt, La région du Haut Tell en Tunisie (Le Kef, Téboursouk, Mactar, Thala), Essai de monographie Géographique, Armand Colin, Paris 1913, p. 325: Bey s'est dépouillé du habous de Sidi-Abdallah-Ech-Cheid (Henchir-Khalled) mentionné dans un titre de 1768. CIL8.22047. 139 Lahmar = rosso. 140 Damous = cisterna. 141 Asker = soldato
120
Citiamo ancora i marabut di Sidi Hjila142 (518 slm), sulla vetta della collina vicino a Sidi Cheïdi e di Sidi Massoud, al centro del grande cimitero subito a nord di Sidi Cheïdi. In occasione della festa annuale di Sidi Cheïdi (“martire”), il 30 agosto, la famiglia marabutica, ora dispersa per tutta la Tunisia, si riunisce per commemorare gli atti eroici dell'antenato, morto in una battaglia condotta all'inizio dell'Ottocento. La microregio della moschea di Sidi Cheïdi è un esempio di geografia religiosa e di coincidenza di siti antichi sovrastati da marabut.143 La coincidenza è sicuramente determinata dalla presenza dell'acqua, dalla posizione elevata (salutare soprattutto d'estate) e dalle potenzialità agricole.
Accanto alla moschea si trova tuttora il muro di una cisterna. Una delle quattro colonne sulle quali la cupola della moschea posa è in realtà un miliario capovolto, asportato dal luogo di collocazione originaria, cioè lungo la grande strada romana che collegava Cartagine a Tebessa. Questa strada passa nella valle del Khalled, ad una distanza di 2,5 km dalla moschea, a quota 340 slm. Il miliario (alto m 1,60) è uno dei pochi esempi di riutilizzo di un blocco di pietra di grosso peso portato in alto (in questo caso il dislivello è di 80 m). Il miliario, posto al LXXIIX (78°) miglio da Cartagine, e ricorda un restauro effettuato dall'imperatore Gordiano III (238-244 d.C.). IMP CAES MANTONIVS GORDIANVS
N NEPOS DIV ANTON GORDI N SORORIS PIVS FELIX FORTISSIMVS
142 Hjila = diminutivo di Hadja = pernice. 143 Per i marabut costruiti su siti antichi, vedi E. Dermenghem, Le culte des saints dans l'Islam maghrébien, Paris, Gallimard 1954 (2ème éd.); L. Valensi, Fellahs tunisiens. L'économie rurale et la vie des campagnes aux 18e et 19e siècles, Paris, La Haye, Mouton 1977, p. 253; Horden, Purcell, pp. 404-406, 408-411.
121
Carton pubblica una foto dell'edificio che documenta lo stato di conservazione poco prima del 1895. Lungo la pista di accesso alla moschea erano disposti i blocchi il canale che componevano l'acquedotto romano, ripristinati per i servizi della moschea. Nel 1994 si è documentato un simile blocco nella pianura della valle del Khalled (sito 103), a un km della moschea di Sidi Cheïdi, ma non si è potuto accertare se il blocco facesse parte di un acquedotto nella valle o se il blocco provenisse dal sito 107. Non sappiamo se l'acquedotto che nasceva dal catino servisse solo l'insediamento rurale disposto intorno all'attuale moschea, o anche altri utenti in pianura. Nel 1995 il blocco era già scomparso. Nella foto del 1895 il minareto e il portico a due arcate sono ancora intatti. La moschea è stata ristrutturata e ora rimane la sola colonnina di calcare bianco che reggeva i due archi. A metà strada tra la moschea e il catino si trova un pavimento di cocciopesto parzialmente crollato nel canyon.
Oleificio Tre contrappesi romani, solidamente inficiati nella terra intorno alla moschea testimoniano della presenza di olivicoltura nel periodo romano. Le misure dei contrappesi sono tra quelle medie alle quali appartiene più della metà del totale. Il terzo contrappeso è frammentario ed era in origine sicuramente più grande. Gli esemplari completi che hanno misure poco divergenti e che ambedue sono ricavati da pietra calcarea nera, con qualche venatura finissima, tipica del djebel Cheïdi, possono provenire da un oleificio a due torchi abbinati del quale emerge ancora un blocco, orientato come il vicino contrappeso. 127 x 72 x 62 calcare nero 124 x 84 x 57+ calcare nero 81+ x 78 x 33+ calcare bianco Il calcare nero è anche usata nelle costruzioni di epoca romana. Gli stipiti della porta d'ingresso alla casa del custode della moschea sono costruiti di blocchi antichi, tra le quali due iscrizioni funerarie murate alla base.144 Le due iscrizioni sono scolpite in
144 DMS CECIL- DATIV V A IX
122 una lastra di calcare su uno specchio abbassato che in alto è delimitato da un segmento di cerchio. Le due lastre sono simili in conformazione e stile, potrebbero appartenere allo stesso contesto. Un capitello corinzio depositato nella stessa casa testimonia del decoro dell'insediamento antico. Carton ha visto altre cinque iscrizioni (ora scomparse), una delle quali relativa a Cornelia, f(ilia) Tabuli, diffuso nome indigeno.
La tenuta sacra e inalienabile (habous) della moschea è piantata a splendidi uliveti, che si stendono sul pendio nord-ovest del djebel fino al ponte (sito 378) sulla strada romana Carthago-Theveste. Indagini d'archivio devono stabilire i limiti dell'habous, ceduto dal Bey nel 1768.
Le potenzialità del luogo sono ovvie dall'estensione e dalla qualità degli uliveti attuali, nonché dai robusti contrappesi antichi.
6)- il sito 25 Aïn Wassel (parzialmente scavato)
Allegato 12 Area di scavo Descrizione145 I frammenti di ceramica emergenti dopo l'aratura dei campi e raccolti dai ricognitori, danno indicazioni sul periodo di frequentazione dei siti, ma non sulle varie fasi, i.e. i vari strati del periodo di vita dei relativi insediamenti. Per colmare la lacuna è stato deciso di scavare parte di un insediamento rurale situato sul versante sud della collina sovrastante la sorgente ‘Aïn Wassel’ (sito 25), collina che si presta(va) particolarmente a un intervento di scavo per tre motivi: 1. l’abbondanza dei frammenti ceramici sparsi in superficie, databili dal II secolo a.C. al VII secolo della nostra era;
DMS IVSI IITVS 145 M. de Vos, in Rus Africum. Terra acqua olio nell'Africa settentrionale. Scavo e ricognizione nei dintorni di Dougga (Alto Tell tunisino), Labirinti 50, Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche, Università degli Studi di Trento, Trento, pp. 36-38, figg. 58.1-19, 59.2-4, 94-100; Allegati 5-7.
123
FIGURA 26 SITO 25 DOPO LA PRIMA CAMPAGNA DI SCAVO 2. l’abbondanza dei resti monumentali dell’insediamento rurale emergenti per quasi un ettaro dal pendio, fra cui 8 torchi oleari; 3. la scoperta dell’ara legis divi Hadriani de rudibus agris ivi condotta da Carton nel 1891. L’ara riporta una delle cinque grandi iscrizioni della media valle della Medjerda (CIL 8.26416) con riferimento alla legge adrianea che autorizza i coloni della proprietà imperiale a bonificare terreni incolti o abbandonati da dieci anni consecutivi (e non solo i terreni subseciva,146 di cui nell'iscrizione di henchir Mettich), col beneficio di venire in possesso dell'usufrutto ereditario. Nei primi 5-10 anni dopo l'opera di bonifica il colono non era tenuto a passare un terzo del raccolto al padrone, semmai all'imperatore. Una simile transazione (mgharsa) è esistita in Tunisia fino a non molto tempo fa: in base a questa, il coltivatore entrava in possesso della metà di un uliveto dal momento in cui gli olivi da lui piantati e curati cominciavano a dare frutti, cioè dopo 8/10/15 anni.147 Quando si è scelto il sito di Aïn Wassel (25) per un'indagine di scavo, si sperava di poter individuare le condizioni di vita e di lavoro dei coloni ai quali il procurator Patroclus, liberto dell'imperatore Settimio Severo, assicurava l'applicazione della legge adrianea. Durante lo scavo è diventato chiaro invece, che la parte scavata
146 Particelle rimaste escluse dall'assegnazione originaria o considerate inadatte. 147 Mouldi Lahmar, Du mouton è l’olivier. Essai sur les mutations de la vie maghrébine, Cérès, Tunis 1994, p. 96.
124 appartenesse a un ampliamento vandalo-bizantino dell’insediamento e che l'unico muro emerso più antico non era databile. La fattoria di Aïn Wassel faceva parte di una delle tenute imperiali già note grazie alle iscrizioni. Finora nessuna di queste tenute era stata sottoposta a indagine archeologica. Per poter stabilire i limiti delle proprietà terriere e i territori delle varie città (per stabilire la gerarchia dei siti), bisogna conoscere l'intera rete dei siti di una determinata zona, per quel che si può. Per cui tutti i resti emergenti nei campi ricogniti sono stati documentati con foto e rilievi. Lo scavo di parte dell'insediamento di Aïn Wassel ha messo in luce una serie di ambienti di lavoro, separati dai muri costruiti con l'impiego di parallelepipedi di calcare disposti a telaio e con gli specchi intermedi a filari di blocchi più piccoli (il cosiddetto opus africanum). Il torchio oleario risulta talmente usurato, che il contrappeso era stato girato di 90° per poterlo usare nuovamente, mentre la base rotta del torchio venne trovata in posizione rovesciata. Al momento dell'abbandono (inizi VII secolo d.C.) l'impianto non era in grado di funzionare nel modo regolare: la vasca circolare della mola, che separa i noccioli dalla polpa delle olive, era inutilizzabile, poiché spaccata; le due parti furono trovate appoggiate alle pareti di due ambienti diversi. Che vi si lavorassero olive fino all'ultimo, lo attesta l'anfora con olive carbonizzate trovata accanto alla base del torchio. Il silo adiacente che conteneva quattro anfore, offre spazio a sette anfore con una capienza complessiva di 7x 150 litri= 1.050 litri. I molti recipienti di ceramica (anche forme quasi intere) e gli strumenti metallici raccolti, tra i quali una pala e un piccone, indicano che la struttura non è stata gran che disturbata dopo l'abbandono, a prescindere da due modeste sepolture non databili, in mancanza di corredo, e una parziale rioccupazione (postbizantina?) da 'squatters'.
7)- il sito 205
Già descritto nel cap. 3.2.1.3 pp. 62-66
125
8)- il sito 369
FIGURA 27 SITO 369 VEDUTA FATTORIA AIN HAMMAM Descrizione La fattoria francese è stata costruita sopra le cisterne di una fattoria romana. Le cisterne antiche sono accessibili tramite il pozzo attuale, al centro del cortile. I muri rasati al livello del piano di calpestio attuale inglobano una soglia antica, ma non è dato sapere il periodo al quale risalgono questi muri. Gli ortostati emergenti e un pavimento di piccole lastre appartengono alla fattoria romana, come la vasca cilindrica di calcare bianco (impastatrice di un panificio?), e il contrappeso e la base del torchio antico, che è stato smontato.148
La struttura antica situata nel vicino campo arabile, verso la strada Carthago- Theveste, è completamente distrutta. La fattoria era in posizione avvantaggiata.
148 Misure: 110+ x 88 x 68: contrappeso ex situ; 140+ x 37, canale prof. 9: base in posizione verticale.
126
9)- il sito 231 Henchir Herrich
FIGURA 28 CITO 231 CORTILE CON BLOCCHI ANTICHI La fattoria moderna è costruita sopra o vicino ad una fattoria romana. I muri includono pietre antiche, tra cui un'iscrizione funeraria. Nel pavimento dell'ingresso e nella corte sono state riutilizzate tre basi antiche di torchio con canale circolare, ricavate dalla pietra arenaria rosa, tipica della valle dell'Arkou. Il tetto della stalla era sostenuto da pilastri costituiti da soglie e ortostati antichi.
L'insediamento antico è stato smantellato così a fondo, che oggi non si può più rintracciare la sua ubicazione.
127
3.4.2. Applicazione al sito 66:
FIGURA 29 GRIGLIA DI ANALISI DEL SITO 66
Fattori peso/fattore Quesiti Peso Natura Potenzialità del vas v rel V as Vrel decisionali P P dell’approccio sito ⁿ ⁿ ª ª U
b 0.05 D1 0.4 a1 & a5 il sito è monumentale 2 0.8 2,2 0.11 i
c a z i
o
n D2 0.2 a2 & a5 può accogliere 50 2 0.4
e
visitatori nello A stesso momento D3 0.1 a5 è collegato da 1 0.1 piste sterrate, difficilmente accessibili d’inverno; dista 12 km dal capoluogo D4 0.3 a7 il sito è coerente 3 0.9 con l’ambiente naturale E
m 0.15 D1 0.5 a1 il sito è in un 1 0.5 2 0.3 e
r pessimo stato di g e conservazione; n B z non è pronto ad a
essere aperto al pubblico D2 0.25 a1 il sito necessita di 3 0.75 lavori di manutenzione onerose: pulizia, diserbo D3 0.25 a1 & a7 il sito necessita 3 0.75 lavori di scavo e di restauro S t
a 0.1 D1 0.5 a4 & a8 il sito è di 3 1.5 2.5 0.25 t
u proprietà privata
t o con un
g
i proprietario unico u
r i D2 0.1 a3 il sito non è 0 0 d i
c tutelato o C D3 0.1 a4 possibilità di 1 0.1 sovvenzione mediante l’arma fiscale D4 0.3 a2, a4, & a8 il proprietario è 3 0.9 convinto della necessità di un'azione di tutela
128
0.1 D1 0.5 a3 a4 & a6 può contare 2 1 1.8 0.18 sull'appoggio del comune, dell’Institut D National du Patrimoine, università anche straniere, istituti culturali D2 0.3 a2 competenza 2 0.6 scientifica, ale amministrativa, disponibili in parte al finanziamento D3 0.2 a3 coinvolgimento 1 0.2 politico al livello
Politica cultur locale R i
l 0.2 D1 0.6 a1, a7 & a8 il sito ha 3 1.8 2.6 0.52 e v
a un'identità n culturale legata z a
alla storia antica e c
u E recente della l t
u campagna di r a Dougga, come l e
centro di produzione olearia, sede di un tempio antico e di un Marabut, il sito è di rilevanza archeologica, architettonica, storica, religiosa, popolare, economica D2 0.4 a4 l’identità del sito è 2 0.8 di rinomanza internazionale in ambito scientifico, di rinomanza locale per il pubblico (marabut) C
o 0.15 D1 0.4 a1 & a2 il sito può 2 0.8 2.7 0.33 n t
e usufruire di
s
t finanziamenti o
s internazionali, o
c F ricerche i o scientifiche e di - e
c sgravi fiscali da o
n enti locali e statali o
m D2 0.2 a3 la possibilità di 2 0.4 i
c agriturismo, o
attività artigianale D3 0.2 a5 & a7 il sito è attivo 2 0.4 come fattoria abitata D4 0.1 a2 & a4 la valorizzazione 3 0.3 permette un autofinanziamento elevato
129
3 8 5 0 3 . .
0 0 2.
5 6 6
1. 2.
5 5
5 9 3 4 1 3 1 4 9 2 1 7 ...... 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
3 3 2 3 0 3 3 2 3 0 2 1 3
,
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i i t d di di n e n c sul le à ngen r i s b a a tu i tà, lorizza a t ap a ti ti u vi erato un io a t r i e accesso ccol t l i no con zzaz zzaz c soc lt t e z to nato è d u i i r rcu il i i v r o n bili i r c it c smo cu a zona: to è to è to r to è to è di vo e t vanza da c tà di r vers materi si e c i i i i i ffe ir mme s c e ogo sacro ogo di ogo di s ardi ffi sponi costruzi stemazi assi s s s s s s vi id o o p a u u u a uni Wageni di uni per uno studi fatti il Pv avrà un il Pv avrà effetto i sull strade, frequentazi consumo il frequentato per mo il consi l il di per portatori handi del un'atti c compromette l’ il favorevole ad un'operazi valor l pernottamen per pi l s l’ è ri cl non esi proget valor il ril essere i proget e di va si gi r in dei l il e un ci turi 130 a2, a5 & a8 a3 & a8 a5 & a8 a7 & a8 a6 & a8 a2 & a4 a4, a5 & a8 a1, a5, a6 & a7 a8 a3 a1 a4, a5, a6, a7 & a8 a5 & a8
5
5 5
1 0 3 2 0 0 1 2 3 3 1 1 25 ...... 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0. 0. 0. 0.
6 7 5 2 3 4 2 3 4 5 5 1 1 D D D D D D D D D D D D D
o t i l s e 05 2 d 0. 0.
e r
lo H G
Va t o
Potenzialità e marketing Proposte ed iniziative T V
SITO 66 V as ª 2,2 2 2,5 1,8 2,6 2,2 2,65 1,6
3
Valore 2 V as ª 1
0 A B C D E F G H
Figura 30 Valutazione del potenziale del sito 66 per fattore Si può notare che il sito 66 (Henchir Chett) (Figura 30) ha una buona posizione (A), lo stato giuridico è favorevole (C), valore di identità culturale elevato (E), buona rispondenza alle aspettativi del pubblico (G), che il costo di manutenzione è contenuto (B) in rapporto ai finanziamenti e agli autofinanziamenti prospettati (F), malgrado il poco coinvolgimento delle istituzioni (D) con una scarsa iniziativa da parte dei proprietari (H). Per quel che riguarda la griglia di analisi delle potenzialità degli altri siti presi in considerazione, si rimanda alla Appendice 3. riportiamo i valori risultanti sotto forma di istogrammi.
131
2,5
2
1,5 Valore 1 Totale 0,5
0
6 1 5 6 69 31 06 ga 69 2 05 1 ito 2 1 g 3 2 ito S ito S ito ito ito ito S ito S S S Dou S S Sito
FIGURA 31 VALUTAZIONE GENERALE DEL POTENZIALE DEI SITI PER UNA AZIONE DI VALORIZZAZIONE
Fattore A Fattore B Fattore C Fattore D Fattore E Fattore F Fattore G Fattore H TOTALE liv. Aliv. Bliv. Aliv. Bliv. Aliv. Bliv. Aliv. Bliv. Aliv. Bliv. Aliv. Bliv. Aliv. Bliv. Aliv. B Sito 66 2,2 2 2,5 1,8 2,6 2,7 2,65 1,6 2,375 Sito 1692 2 1,2 1,8 2 1,6 2,25 1,5 1,865 Sito 2 2,1 2 2,3 1,8 2 2,1 2,35 1,4 2,07 Sito 2312,1 2 2,5 1,3 1,6 2,4 2,1 1,9 1,98 Sito 1062,2 2,5 2,2 2,8 2,6 2,2 2,85 2,1 2,51 Dougga 2,8 2,5 1,4 3 3 1,6 2,3 2,5 2,38 Sito 3692,2 2 0,8 0,8 1,6 1,8 2,2 2,4 1,72 Sito 25 0,9 1 1,2 2,6 3 1,6 1,40 1 1,745 Sito 2051,8 1,5 1,9 1,8 2,6 1,7 1,8 1,4 1,89 FIGURA 32 GRIGLIA DI VALUTAZIONE DEL POTENZIALE DEI SITI (LIVELLO A) Dalle figure 31 e 32 si può subito notare che: 1. i siti già aperti al pubblico appaiono favoriti per finanziamenti soprattutto dal settore pubblico; 2. i siti con una offerta culturale differenziata sono più sollecitate dai progetti di valorizzazione; 3. la carenza della fruizione didattica fa che i siti con alto potenziale divulgativo e didattico (sito 25, sito 305, sito 169) sono favoriti per un intervento di valorizzazione
132
4. la presenza di servizi (bar, pernottamento, agriturismo) ha un peso notevole per giustificare un progetto di valorizzazione.
3.5. Il progetto
3.5.1. Considerazioni generali
Per assicurare un intervento che possa rispondere alla domanda di grande respiro formulata precedentemente, bisogna dare risposte che tengano conto del passato come identificazione della storia e dell’identità del bene; del presente come confronto con la realtà attuale nella sua rappresentazione fisica, giuridica, istituzionale, sociale, economica; e infine del futuro onde sviluppare delle prospettive di sopravvivenza del bene e di prosperità del territorio.
Denominazione
Il distretto archeo-agri-turistico è la denominazione dell’azione proposta per la messa in valore del territorio di Dougga. Il piano generale degli interventi rientra nella sfera di apprezzamento del Ministero della Cultura e quello dello Sviluppo per il piano dello sviluppo del nord est. Il parco si distingue per la sua concezione di distretto, per l'estensione e il numero di settori dell’economia locali coinvolti nella formazione del distretto.
Obiettivi
Creare usi del territorio compatibili con le attività agricole, vocazione principale del comprensorio, creando una fonte supplementare di guadagno e di rendita in modo da poter offrire un'alternativa all’avanzata dell’attività agricola ai danni delle emergenze archeologiche diffuse sul territorio. Una riqualificazione che permette di creare posti di lavoro a livello locale e dare una spinta all’economia del comprensorio sviluppando il settore del turismo.
Descrizione
Nella campagna di Dougga sopravvivono 555 siti: 92 dei quali come concentrazione di frammenti fittili, e altri come emergenze di ortostati, con scarsa informazione, e
133 sono più memoria del passato che proiezione nel presente di opere e conoscenza acquisita. Il progetto coinvolge l’intera zona indagata (compresa quella già tutelata “città di Dougga”) con una superficie di 150 kmq. Questa estensione, fuori dei confini soggetti a vincolo, si è resa necessaria per almeno quattro ragioni: la quantità rilevante dei resti rinvenuti nel territorio; l’interesse per uno studio più approfondito dell'economia agraria antica dell’Africa Proconsularis; la rilettura del Bellum africum; ma soprattutto per la convinzione che un salto qualitativo culturale, attraverso tale estensione, diventerà strumento di riqualificazione culturale ed economica del territorio. Quest’ultimo potrà inoltre costituire un aiuto alla coscienza civica, per rendersi conto di quelle presunte azioni di valorizzazione che non smettono di screditare le leggi di tutela e di rendere inattuali le politiche culturali.
3.5.2. Il progetto culturale
Finalità
1- L’accertamento del grado di incidenza di un cambiamento organizzativo nel trattamento dei beni culturali non sfruttati (nella fattispecie dei siti archeologici e ambientali nella maggior parte sconosciuti), capace di produrre in campo economico e occupazionale una riqualificazione del sistema produttivo 2- Visibilità, attrazione e un processo di crescita generale, come prodotti innescati da una valorizzazione economica indotta da una gestione innovativa del patrimonio culturale 3- Evitare un'eccessiva pressione antropica sull'ambiente (beni archeologici, territorio) 4- Canalizzazione del reddito verso i residenti (contadini, operatori locali) 5-Esaltare l’identità culturale del comprensorio Il parco ha il compito di fungere da propulsore attivo promuovendo una serie di iniziative a favore della realtà economica e sociale, coinvolgendo in modo positivo l’agricoltura, la didattica, l’occupazione.
Il contesto
Allegato 13 Aree del parco
134
Il parco archeologico nella campagna di Dougga, dovrebbe sorgere su aree di proprietà agricola privata destinate alle grandi colture e all'oleicoltura. Questa nell'ultimo secolo ha registrato un calo notevole per la sua antieconomicità a favore delle grandi colture, favorendo il dissesto idrogeologico e un impatto antropico pesante (mediante l’aratura e le opere di bonifica) provocando la distruzione continua di aree a potenziale archeologico assai elevato. L’esigenza di tenere presente il potenziale rappresentato da queste aree per la rinascita della tradizione olearia della zona, consentirà un decollo economico compatibile che non sconvolge l’ambiente sociale ed economico della zona già in crisi. D’altronde valorizzare e conservare impianti e fattorie agricole149 in situazione di perfetta efficienza e manutenzione, è una condizione assolutamente necessaria per le attività stesse del parco, come risulterà nelle proposte del progetto. Il parco si estende su 250 kmq, nell'unico comune di Teboursouk. Le aree costituenti il parco sono indicate graficamente in dettaglio nella (Allegato 13 Aree del parco) dove risulta che il parco è formato da zone non contigue, dalle caratteristiche diverse. L’ideazione del progetto del parco archeologico nella campagna di Dougga, è sorretta da motivazioni di ordine culturale, scientifico, ed economico. L'insieme di svariate attività e potenzialità contribuisce alla nascita di un modello di parco come luogo in cui ricerca scientifica archeologica, cultura di conservazione, tempo libero e economia possono raggiungere la loro sintesi. La Campagna di Dougga, e specialmente le sue aree archeologiche, qui presentate, sono da tempo note negli ambienti scientifici e anche dagli amanti di esplorazione, come aree di grande interesse archeologico e geologico tanto che le notizie sulla campagna di Dougga sono presenti in molte opere di viaggiatori dall'epoca romana fino al secolo scorso, e sono stati oggetto di numerosi lavori scientifici. Queste sono fra le più antiche aree interessate dall'olivicoltura, la cui lavorazione fu introdotta dai Fenici nell'Africa Settentrionale nella seconda metà del I millennio a.C. Da allora ad oggi è continuata ininterrottamente nei secoli, anche se altre colture hanno avuto la meglio nell’ultimo secolo. Ciò spiega lo spiccato interesse archeologico per: le
149 Come verrà di seguito ipotizzato nella stesura del patto territoriale, i costi di gestione generale delle aree archeologiche giacenti in proprietà private (fattorie agricole, marabut, campi agricoli…), gravarono già sui fondi del parco stesso, alleggerendo di fatto l’impegno dello stato e del privato.
135 tipologie storiche delle tecniche di spremitura -ricostruite dopo lo studio dei singoli oleifici presenti sul territorio-; il contributo nella ricostruzione l’economia dell’Africa Proconsularis in questa zona, e anche nella rilettura del Bellum africum.150 Per queste ragioni, già dagli ultimi decenni molti istituti ed università sono presenti sul territorio per svolgere attività di ricognizione e di scavo, gli attori pubblici sono in allerta per promuovere le proposte di salvaguardia.
È in questo delicatissimo equilibrio fra le esigenze della tutela e della conservazione da un lato, e quelle della riqualificazione e dello sviluppo delle attività economiche dall’altro, che risiede la chiave del processo di integrazione concettuale, funzionale e operativa del mondo dei beni culturali con quello quotidiano del comprensorio. Né la sponda della tutela debba comportarsi come inflessibile categoria avendo come linea di principio l’intransigenza e l’intoccabilità; perché oltre a sottrarre il patrimonio (siti, reperti) alla comunità contadina privandola di una risorsa di sviluppo, contribuisce alla distruzione del bene, privandolo del suo territorio. Tale bene, per quanto ”gelosamente custodito”, verserà in uno stato di tristezza e di abbandono dovuto per di più alla carenza delle risorse necessarie per la sua conservazione. In questa direzione va il progetto culturale, concernente un accordo di programma di valorizzazione dei beni archeologici e ambientali, ai fini della riqualificazione economica e dell’incremento della fruizione interna ed esterna del territorio. L’adozione di tale politica culturale è vincolata dalla presenza di una serie di fattori che bisogna preventivamente assicurare:
1- La costruzione di una base culturale comune che consenta un dialogo tra il mondo del patrimonio culturale (archeologico, ambientale) e il mondo socio-economico. Tale azione, oltre ad essere di lunga durata, presenta difficoltà dovute alla divergenza nelle problematiche e alla tendenza di racchiudersi nelle proprie deformazioni professionali. Per la sua attuazione occorre muoversi sul fronte della formazione e della ricerca, attraverso una serie di attività organiche di analisi, di produzione di materiale didattico di aggiornamento dei formatori e infine di ricerca e di sperimentazione rivolte sia al settore turistico sia a quello tecnico-scientifico, articolati nei due settori tecnico-economico e quello giuridico-amministrativo. Il
150 Cesare, Bellum africum, ed. A. Bouvet, “Les Belles Lettres”, Paris, 1949.
136 primo con uno specifico riguardo al marketing turistico, management delle imprese turistiche, management delle risorse naturali, organizzazione e gestione turistica del territorio. Il secondo include le normative specifiche, le procedure di attuazione, e le procedure di finanziamento. 2- La definizione di un nuovo modello di offerta supera quello tradizionale dell’offerta di fruizione, con la sua logica consumistica che si limita al godimento estetico concentrato su una fruizione di un patrimonio prescelto, decontestualizzato e lo sostituisce con una nuova tipologia. Questa nuova configurazione che vede il bene integrato nel suo sistema culturale e sociale, nel contesto della sua espressione, carico di vicende e esperienze legate all’azione antropica nel corso dei secoli che l’hanno prodotto e usato, di stratificazione che gli hanno assicurato la conservazione. Quindi, il primo passo è sicuramente tralasciare la tradizionale logica della rendita, in favore di quella di impresa territoriale basata su strumenti di pianificazione, programmazione, coordinamento degli interventi di valorizzazione; per la costruzione di un'immagine fruibile del territorio attraverso metodologie di marketing, sfruttando la specifica identità storico culturale del comprensorio.
3.5.3. Il progetto operativo
3.5.3.1. La fase di programmazione a).Le Attività specifiche del parco:
Salvo ampia discussione di verifica nell'ambito del patto territoriale, tra l’Institut National du Patrimoine, l’Agence Nationale de la Gestion du Patrimoine, il Ministero dell’Agricoltura, il Corpo Forestale, la Società di Sviluppo del Nord Ovest, la comunità locale, gli enti locali, i proprietari dei terreni, si prevedono lo sviluppo e la creazione delle attività seguenti: 1. Attività agricole o funzione assimilabile 2. Attività agricole per istituti scientifici 3. Attività specificamente di studio e didattiche 4. Visite guidate su itinerari segnalati e commentati 5. Attività ludiche e ricreative (d'impiego di tempo libero)
137 b). Tipologie dei servizi151
Accoglienza e assistenza Didattica Biblioteche, archivi, mediatiche Manifestazione a caratteri non espositivo Mostre Servizi editoriali e fotografici Servizi catalografici Promozione Custodia e sicurezza Manutenzione e pulizia Servizi commerciali specializzati Ristorazione Pernottamento c). Tipologie di gestione:
• gestione completa di un'attività all’interno del distretto ( punti di informazione di ristoro, museo) • gestione completa di un area archeologica già attrezzata per la fruizione da parte del pubblico (Dougga, ..) • gestione di alcuni servizi all’interno di un sito gestito da un altro soggetto (inserimento di un ristorante, alberghi, punto vendita all'interno di un contenitore di beni culturali, di fattorie e case rurali)
3.5.3.2. Aspetti normativi per l’istituzione del parco :
I seguenti criteri normativi per l’istituzione del parco di Dougga rappresentano una sintesi delle istanze ipotizzate in sede del patto territoriale proposto e tengono conto realisticamente della legislazione nazionale in vigore sui i beni culturali.
151 Legge 236/1993 art. 1-bis, servizi attivabili.
138
1) istituzione del parco:
Il parco di Dougga dovrà essere istituito in base alla legge nazionale sulle aree archeologiche e culturali art.7 e art. 8152, al relativo “programme d’intervention à court e à moyen terme (1998-2002)”, al PPMV (plan de protection et de mise en valeur), e infine in base al Piano Nazionale per lo Sviluppo del Nord-Ovest. L’istituzione del parco di Dougga è considerata come un progetto pilota che rappresenta solo una fase di una strategia più ampia, che dovrà attuarsi tramite un consorzio tra i vari comuni e le province del nord ovest: l’aggregazione di territori appartenenti ai comuni limitrofi è una necessità culturale ed economica. Lo scopo del parco è la tutela attiva delle emergenze archeologiche e ambientali e intende dare vita ad un circuito di offerta sul territorio, ancorato alle risorse rinnovabili in grado di sviluppare nuove professionalità legate all’ambiente e rafforzare il radicamento in loco delle attività economiche esistenti, qualificandone il ruolo.
2) delimitazione del parco
Allegato 14 delimitazione del parco Il parco interesserà tutte le frazioni del comune di Teboursouk, secondo il seguente elenco: Teboursouk come capoluogo; a sud Dougga; a est Faddan el-Souk; a nord Ain Djemala e Maatria; a ovest Rihane. Dovranno essere aggregati parte dei territori dei governatorato di Béja (Thibar, Testour) a nord e nord est, Siliana (el-Krib, Gaafour) a sud. La proposta di delimitazione del parco è riportata nella (Allegato 14 delimitazione del parco.)
3) la programmazione del parco
Stando alla situazione attuale della programmazione che vede lo stato come attore principale, la programmazione ai livelli inferiori sarà affidata all’ente parco come authority territoriale. Questa sarà costituita da enti locali e comunità rurali, che nel
152 Rivista della protezione del patrimonio archeologico, storico e le arti popolare repubblica tunisina, Ministero della Cultura, Istituto Nazionale del Patrimonio, appendice 1.
139 rispetto dei vincoli stabiliti nel patto territoriale, si attiveranno ciascuno all’interno delle proprie competenze. Le suddette competenze saranno stabilite in sede del patto territoriale e potrebbero essere formulate come segue: 1. un ente di tutela archeologica e ambientale provvederà alle funzioni di ricerca scientifica; di redazione delle indicazioni inerenti alla conservazione del patrimonio culturale; di preparazione degli interventi di restauro e di valorizzazione. 2. gli enti locali (comune) provvederanno ad adeguare le infrastrutture di accessibilità e a potenziare i servizi terziari (servizi di ricettività, ecc.) a promuovere le iniziative di imprese giovanili.
4) attuazione e gestione del parco:
La soluzione prospettata è la formazione di un Ente Parco composto, con idonee proporzioni rappresentative, dai vari attori presenti sul territorio, affinché siano garantiti gli interessi degli agricoltori locali, conservando e valorizzando il paesaggio archeologico e ambientale. L’Ente Parco, avvallandosi delle opportune competenze, dovrà avere un'effettiva autorità attuativa e gestionale nelle aree dei piani particolareggiati nell'ambito dei piani territoriali di coordinamento, come primo passo verso l’adozione del predetto parco come strumento legislativo, giuridico territoriale. In quanto alle aree insediative urbani (di Teboursouk e di Dougga nouvelle, ecc.) si riserva la loro programmazione e la gestione alle amministrazioni comunali locali, basandosi sulle forme di consulenza, coordinamento e controllo dell’ente parco.
5) Categorie delle aree e la loro normativa: (Allegato 13)
A1. La prima area è definita area archeologica di primo livello dove la visita e l’ingresso sono consentiti solo per motivi di studio e devono essere concordati; queste aree sono attrezzate per la ricerca archeologica a fini altamente scientifici, per non disperdere in modo incontrollato il patrimonio archeologico esistente. Queste aree sono considerate le più ricche di varietà e qualità archeologiche e richiedono maggiore controllo e solo visite guidate.
140
A2. La seconda area è definita area archeologica di secondo livello e rappresenta lo stato dello scavo in corso o lo stato del post scavo. È’ sempre attrezzata per visite guidate di gruppi anche ai fini di volontariato per lo scavo, sempre sotto la direzione scientifica del responsabile dello scavo.
A3. La terza area è definita riserva archeologica e raggruppa l’insieme delle emergenze archeologiche, ruderi documentati in superficie, in attesa di scavo nel momento opportuno. Sarà individuato il perimetro come area di rispetto per la tutela e per una valutazione del costo economico e sociale. Si trovano generalmente in terreni agricoli o presso fattorie. Queste aree pur non essere fruibili al 100% nel loro contesto, saranno oggetto di divulgazione tramite presentazione del sito con panelli espositivi, con descrizione destinate ad un pubblico diversificato.
A4. La quarta area è definita area archeologica con progetto pilota in corso. È’ costituita principalmente dai centri urbani di epoca romana “Dougga, Teboursouk. Uchi Maius”, dove sono stati lanciati progetti pilota per la valorizzazione.
A5. La quinta è definita area agricola attiva o assimilabile a funzione agricola. Queste aree sono da considerare attive dal punto di vista agricolo oppure vincolate a funzioni che impediscono la fruibilità. Tali aree pertanto, pur non fruibili dal visitatore, appartengono alle aree del parco sia per collocazione sia come contributo alla formazione dell’immagine generale dello stesso.
A6. La sesta è definita area per il turismo religioso e cultuale (Allegato15. carta delle attrazione cultuale). Si estende su piccole superfici diffuse su tutto il territorio, marcate da marabut di varie tipologie, dipendenti dalla popolarità del santo, coincidono spesso con siti archeologici più o meno conservati.
Allegato 15 Carta delle attrazioni cultuali.
141
FIGURA 31 SITO107, MARABOUT SIDI CHEIDI: FESTA DEL SANTO A7. La settima area è definita strutture ed edifici inerenti la produzione olearia e estrattive in disuso comprendendo le loro aree di pertinenza. L’attrezzatura per le visite guidate differisce da sito a sito a seconda della sua natura, della sua conservazione, della sua ubicazione. La società di gestione del parco attraverso la programmazione di recupero di questi siti potrà attivare aree visitabili.
A8. L'ottava area è definita servizi diffusi e strutture ricettive con lo scopo di dotare il parco di strutture che possono consentire la conservazione dei reperti archeologici, l’informazione, il ristoro, la permanenza di gruppi sia per scopo ludico sia per finalità didattica (giovani studenti in prevalenza e scolaresche) e infine prevedere lo svolgimento di attività congressuale. Tale area si compone di strutture ed edifici all'interno del parco con possibilità di recupero. Pur essendo, nella maggiore parte dei casi, aree non pertinenti a qualsiasi utilizzo agricolo o sociale, risultano sempre di proprietà privata; pertanto la logica di gestione privatistica si rivela molto vantaggiosa, anche in forma manageriale in totalità o in larga misura, previe le normative del parco. Turismo e agriturismo La recettività turistica sul territorio è quasi inesistente. L'attuale attrezzatura insufficiente contribuisce a generare flussi modesti e per la maggior parte dei casi si
142 tratta di visite occasionali, di transito. La mancanza di strutture può trovare una spiegazione nella marginalizazzione della zona da parte dei tour operator.
FIGURA 32 MINIERA DI DJEBBA Il progetto del parco delinea possibili comprensori dell’offerta agrituristica che corrispondono ai siti archeologici: 1. Altopiano del Gorra (Fig. 33), situato a 900 slm. Interessante conformazione geologica e morfologica, emergenze idriche e storico-archeologiche (siti 67, 160-166, 129, 130-132, 135, 139, 140, 141, 487, 545) presenze di marabut, vicinanza al parco di Djebba (Allegato 16: DTM Goraa). 2. Area di Guettousia sud: per la sua orografia e le presenze idriche è ampiamente coltivata grazie alla presenza di invasi (Henchir bou Baker, Mattouia, Henchir Bouia); ricca di insediamenti antichi, poli religiosi e cultuali con disponibilità di strutture recuperabili per la ricettività (Allegato 17: DTM Gettoussia). 3. Valle Khalled (Fig. 35) per la presenza di strutture recuperabili per la recettività (sito 369, 98). Significativa presenza di allevamento, di uliveti e di paesaggi agrari estesi; la vicinanza al Djebel Cheidi per escursioni e caccia. 4. Valle Arkou (Fig. 34) presenza idrica e storico-archeologica, turismo religioso, centralità nel territorio, paesaggi agrari, presenza di strutture di accoglienza, viabilità praticabile.
143
Allegato 16 DTM Goraa
Allegato 17 DTM Gettoussia
FIGURA 33 VEDUTA DEL GORRA
FIGURA 34 PANORMICA DELLA VALLE D'ARKOU
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FIGURA 35 PANORAMICA SULLA VALLE KHALLED A10. La decima area è definita da edifici e centri abitati di epoca ottomana e coloniale: Teboursouk.
A11. L'undicesima area è di rilevanza paesaggistica, naturale, morfologica e con viste panoramiche sul comprensorio. Il sistema del paesaggio naturale e antropico Nonostante gli interventi dell'uomo nel corso dei secoli abbiano modificato la fisionomia del paesaggio del bacino, persistono molte emergenze puntuali, lineari e di superficie (sia naturali che antropiche), e permettono di individuare due tipi di aree: • Paesaggi dove l’azione antropica ha assecondato la vocazione naturale del territorio: altopiano del Gorra, sistema collinare Gettousia. • Paesaggi organizzati secondo un disegno politico-culturale Wad Khalled
Il territorio presenta una grande varietà di tipi e di forme e permette di evidenziare cinque tipi di paesaggio dominanti (Allegato 4): • Pianeggiante: localizzato lungo il corso di Wad Khalled caratterizzato da presenze di stabilimenti produttivi zootecnici e da terreni agricoli gravitanti su vie di collegamento -Teboursouk-Fadan el Souk, con varie strade sterrate
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• Vallivo: nella parte settentrionale di wad Khalled, sul corso di wad Arkou e dei torrenti wad an Namcha, wad Fawar e wad Nimra. Si presenta aperto e largo (wad Khalled torrenti Fawar); e chiuso e stretto con morfologia accidentata e contorta: wad Arkou, torrenti an Nimra torrenti an Namcha.
• Collinare: variando da sistema aperto di colline basse ad un raccordo disorganico: wad Arkou…
• Altopiano del Gorra, 900 slm della più antica formazione geologica (Trias). Si presenta come una tavola che domina il territorio e divide il sistema collinare di Dougga da quello vallivo della vicina Thibar.
• Alti rilievi localizzati nel Djebel Cheidi e Aïn Djemala che dividono il territorio di Dougga rispettivamente dalla pianura di Gaffour e dal bacino del Medjerda settentrionale.
6) Vigilanza del parco e sanzione
Le sanzioni fanno riferimento agli art. 80-86 del codice della protezione del patrimonio153. Possono essere stabilite opportune sanzione al momento della redazione definitiva della legge istitutiva del parco, dietro gli accordi e concertazione del patto territoriale. Comunque la vigilanza è affidata in linea principale -in seguito alla convenzione con l’Ente Parco e l’Ente di Tutela- ai residenti, referenti del patrimonio culturale situato sulle loro proprietà; per le aree di proprietà statale la vigilanza è affidata al personale dell’Ente Parco. Sarà sollecitata la collaborazione del personale del corpo forestale, la guardia di caccia, gli agenti di polizia locale, urbana e rurale.
7) Finanziamenti
Poiché il parco viene istituito in una logica di distretto culturale, la questione dei finanziamenti si pone su due livelli, pubblico e privato.
153 Rivista della protezione del patrimonio archeologico, storico e le arti popolare repubblica tunisina, Ministero della cultura, Istituto Nazionale del Patrimonio.
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Il patrimonio culturale si avvale: del finanziamento statale dell’organo di tutela INP (Institut National du Patrimoine) con un budget annuale; del riuso dell’introito derivato dalla biglietteria, autofinanziando così una parte delle funzioni del parco; di crediti a tasso agevolato per gli agricoltori, per opere di ripotenziamento agricolo, da investire soprattutto nella creazione di terrazzamenti, di impianti di uliveti e frutteti, destinati a limitare il rischio idrogeologico; del budget riservato alla zona nord ovest del paese, per la riqualificazione delle "zone d’ombra”; dei contributi privati (produttori di olio di oliva, tour operator, settore alberghiero, ecc.); contributi euro-mediterranei concessi per la conservazione del patrimonio culturale e per lo sviluppo dell’agricoltura e il miglioramento delle condizioni socio-economiche.
3.5.3.3. Master plan: Redazione delle linee guida
Allegato 18 Master plan
Allegato 19 DTM master plan
A). Progetto primario
Per la conservazione di un’area archeologica di grande ampiezza, come quella della campagna di Dougga, interessata dai problemi citati, è necessario in un primo tempo ipotizzare degli interventi di carattere generale validi per l’intera estensione del territorio e propedeutici a qualsiasi attività di restauro puntuale.(Allegato 18: Master plan) 1- Smaltimento delle acque: pianta delle acque; percorsi preferenziali di scorrimento delle acque meteoriche, in rapporto all’orografia della zona e alla presenza dei resti archeologici. Per valutare l’incidenza dei fenomeni meteorici sulle manifestazioni di degrado presenti: analisi dei sistemi antichi per il convogliamento delle acque. Acquedotto, dighe, sorgenti, acquedotti privati, cisterne: eventuale ripristino, eventuali coperture provvisorie per gli scavi in corso e definitive per una musealizzazione dei siti all’aperto. Sono leggibili una serie di solchi, creatisi
147 naturalmente a seconda dell’andamento e della morfologia del territorio, che porta ad un intervento negativo sulle evidenze archeologiche (Allegato 19: DTM Master plan). 2- Regolarizzazione delle terre di scavo: l’erosione dei materiali costitutivi degli elementi strutturali (tipo di roccia: calcare friabile) e lo smottamento del terreno circostante; pericolosità ambientale della zona: la collocazione dei siti su un territorio agricolo li espone infatti alla continua azione dell’aratro; spoliazione dei materiali lapidei costitutivi degli elementi strutturali e produttivi.
FIGURA 33 POTENZIAMENTO AGRICOLO 3- Pianificazione e gestione del verde, ricreando terrazzi di ulivi, frutteti e proponendo colture misti ulivi, cereali (Figura 34).
4- Individuazione e definizione sul terreno dei percorsi di visita
Allegato 20 percorsi di visita Nella logica della segmentazione delle categorie dei fruitori, l’individuazione degli itinerari di visita per un'utenza differenziata in un sistema culturale e ambientale complesso ed articolato come quello della campagna di Dougga, deve essere riconducibile a siti emblematici e rappresentativi dei valori presenti sul territorio. La progettazione dei percorsi è condizionata, oltreché dal criterio sopraccitato, dagli interessi registrati nello studio della domanda di fruizione, basandosi su:
148 interessi culturali e/o naturalistici delle varie categorie d’utenti periodi di stanzialità esigenze di carattere ludico e ricreativo una prospettiva didattica e divulgativa un’offerta di servizi complementare a un rapporto qualità/prezzo un riguardo all’impatto ambientale e paesistico la partecipazione dei residenti (contadini) la rete dei percorsi La proposta di una rete d’itinerari ‘alternativa’, dove l’utenza possa stabilire e scegliere un percorso di visita, avvalendosi di una serie d’informazioni sulle caratteristiche di ciascun percorso grazie a una descrizione dettagliata. Questa preciserà le peculiarità storiche, culturali e ambientali del luogo, la natura dell’offerta logistica (mezzi di trasporto, impegni in materia di tempo e di spesa). Oltre agli itinerari integrati, dei circuiti a tema saranno necessari per affermare l’identità storica specifica del comprensorio, basata sulla centralità della ruralità.
Perciò va considerata in primo luogo una valorizzazione delle produzioni di qualità tipiche (olio, olive, miele, selvaggina per turisti occidentali, spezie, ecc.) con l’istituzione di circuiti dei sapori (“strada dell’olio”, escursione legata alle specie erbori e aromi con percorsi botanici, birdwatching ecc.). L’attuazione di tale azione è imprescindibile da un lavoro di marketing ad alto impatto promozionale e pubblicitario, previa l’individuazione dei prodotti locali tipici e delle fattorie e delle cooperative produttrici. Potrà anche essere realizzato un “atlante dei sapori”, assicurando la conoscenza, il confezionamento, la commercializzazione e la distribuzione del prodotto. Si potranno prevedere visite con degustazione presso le fattorie, e la pubblicazione di menù inerenti alla tradizione culinaria dell’area.
In secondo luogo si intende esaltare il tema della risorsa acquifera (sorgenti, acquedotti antichi), istituendo la “strada dell’acqua”, con tappe alle sorgenti con caratteristiche storiche, leggendarie, scientifiche.154
154 La proposta di un GIS (sistema informativo geografico) per un controllo ambientale assume una valenza educativa per l’utenza non esperta.
149
Si potrà istituire un circuito lungo il percorso dell’acquedotto, con aree di sosta attrezzate per una fruizione didattica che spieghino la storia della costruzione dell’acquedotto, le tecniche costruttive, la sua valenza per la città di Dougga, le sue vicissitudini e le leggende ad esso attribuite.
E infine, assecondando la secolare consuetudine delle visite cultuali e religiose (data la ricca presenza dei marabut e santuari nel territorio), si potrà programmare un calendario annuale e di una carta guida che fornisca informazioni sull’origine del culto.
Prima di esporre un esempio di percorso riconducibile a questa impostazione, è utile segnalare un interessante filone da sviluppare. La fruizione personalizzata potrebbe essere studiata nell’ambito di un sistema informativo territoriale (SIT) sulle risorse dell’area. Tale sistema, oltre alle usuali funzioni di catalogazione, di ricerca, di programmazione e di tutela, offre la possibilità al fruitore di appagare le sue esigenze educative e ricreative, attraverso strumentazioni multimediali.
Il progetto ha lo scopo di identificare i principali poli del parco, con le loro distinte funzioni. I dieci centri proposti saranno raccordati da un sistema i percorsi pedonali, mezzi di trasporto collettivi (autobus, carrozze, cavalli, muli, ecc.), in un’ottica compatibile con l’assetto infrastrutturale e con le attività produttive attuali. Una rassegna delle aree del progetto pilota intende proporre le funzioni individuate con lo studio della domanda. La definizione completa del parco comunque non può sottrarsi ad una programmazione per fasi di avanzamento, distribuite all’interno di un calendario prestabilito.
PERCORSO I (Allegato 25 percorso I) Allegato 21 progetto teboursouk Comprende 4 centri di fruizione differenziata: Teboursouk, Dougga Ruines, Bordj Brahim (AGBIA), Bordj bou Baker (sito 169) Centro 1 Teboursouk (Allegato 22: centro I) Allegato 22 centro I Centro di accoglienza e di informazione turistiche
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Biglietteria Servizi di pernottamento Centri di ricerca Museo Servizi di natura terziaria (trasporto, banche, assicurazione, agenzie di viaggio, ecc.)
Teboursouk rappresenta uno degli ingressi virtuali al parco e costituisce un punto di richiamo, non solo per la sua ubicazione topografica, ma anche perché capoluogo del comprensorio. Assolve quindi alla funzione di introdurre i visitatori al parco (informazione di ordine generale, garanzia dei servizi complementari, ecc.). Il progetto di massima si avvale delle proposte fatte nell’ambito del plan d’urbanisme directeur, con il progetto di riqualificazione della struttura alberghiera, e mira al riutilizzo degli edifici abbandonati, ubicati per la maggior parte nel centro storico.
Centro di accoglienza e di informazione turistiche: offre una panoramica generale sull'offerta del parco, puntando sulla peculiarità del comprensorio (produzione dell’olio, agricoltura, la qualità dell’acqua sorgiva, ecc.) in modo di stimolare i potenziali fruitori ad accedere al parco.
Biglietteria. Salvo altre indicazioni e regolamenti emanati dalla società di gestione, si prevede che tutti i servizi aderiscano ad un sistema di biglietti cumulativi (elettronico o tradizionale). Tale sistema permetterà, oltre al monitoraggio dell’andamento delle attività del parco (entrate, preferenze, stagionalità, interesse per fasce di età), un'elasticità di fruizione (cambiamento di programma, contatti ulteriori, sicurezza).
Trasporto. Una preferenza per il trasporto collettivo con i vantaggi di: -monitorare gli interessi dei visitatori; -canalizzare i flussi all’interno dei circuiti; -ridurre l’uso dei trasporti privati; -creare un centro di accoglienza, aumentando l’aspetto dell’esternalità di consumo (Band Wagon effect).
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Dal centro I al centro II Vedi Allegato 25: Percorso I Oltre al trasporto collettivo, l’utenza turistica può procedere a piedi attraverso il sentiero 1-2 del percorso I, lungo 4300 m., che si snoda sulla strada comunale verso Dougga Ruines. Salendo dolcemente in quota fino a 410 slm, si imbocca un sentiero che prosegue nell’uliveto ubicato nella località al Zoghbiya; poi scende fino ad una quota 390 slm. fino al torrente di (wad Nsira) dove si incontrano strutture edilizie antiche (siti 31, 38, 36, 34, ecc.). Un progetto di restauro è auspicabile per il mausoleo Bordj el Ain (sito 38) con un allestimento di una copertura in legno staccata dalla muratura e all’interno una esposizione di panelli divulgativi relativi all’area circondante il sentiero (henchir Dougga). Superando l’ultimo dislivello si entra nel terrazzo superiore (560 slm) con vista panoramica sulla pianura del Khalled e le montagne del Cheïdi. In questo punto, dove è ubicato il parcheggio attuale per la visita di Dougga Ruines, si propone l’integrazione delle attività della fattoria (ubicata ai piedi di Kef Dougga) con il recupero degli spazi non utilizzati. Qui si potrebbero collocare servizi complementari come bar e ristorante. Il parcheggio sarà spostato a ridosso di Kef Dougga per sfruttare la sua posizione attuale e ridurre l’impatto visivo.
Centro 2 Dougga Ruines (Allegato 22: progetto Dougga)
Allegato 22 progetto Dougga Museo sculture ed epigrafi Centro audiovisivo Servizi di ristorante- bar Centro di pernottamento Agriturismo Centri di ricerca scientifica Centri didattici
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L’intervento si affida al parco -progetto presente- con delle raccomandazioni a livello della gestione e un serio riguardo alle attività di restauro. Dougga (come Teboursouk) si presenta come area di raccolta del pubblico, vista la sua ubicazione topografica (550 slm), con facile accessibilità dalla GP5. Dougga Ruines oltre ad essere un museo all’aperto -con tutte le strutture conservate-, ad avere una delimitazione assai definita, a possedere un'esperienza di fruizione acquisita nell’ultimo secolo e oltre al fatto di essere inserita nel circuito dei tour della Tunisia (per quanto questi siano fugaci), può diventare un polo di fruizione di prima categoria, incrementando le attività di ricerca, le opere di restauro e puntando sull'aspetto divulgativo attraverso l’istituzione di centri didattici e l’allestimento di musei, con un recupero delle strutture confinanti al sito
Dal centro II al centro III (sentiero 2-3, 1700m). Vedi Allegato 20: Percorso I Il percorso discendente passa attraverso le case del quartiere sud di Dougga Ruines e sbocca dove si trova la sorgente di Ain Doura per seguire il sentiero in una pianura con panoramica degli impianti di oliveto verso sud e ovest. Questo percorso costeggia i campi agricoli: a sinistra del sentiero si notano i resti dei siti 64 (cisterna romana), e 151, con fattorie come punto di sosta facoltativo. Visto che l’area è di carattere cultuale con la presenza del marabut di Sidi bou Mous, si prevederanno dei panelli esplicativi relativi al culto e ai siti presenti nell’area (henchir el Zawyà) (siti 61, 62, 63, 64).
Prima di arrivare al centro III Bordj Brahim (Agbia), si propone una sosta nell'oleificio moderno attrezzato con spazi di degustazione e vendita dell’olio e delle olive, con spiegazione del processo produttivo dell'olio.
Centro III Bordj Brahim (Agbia) (sito 549) (Allegato 23: progetto Agbia)
Allegato 23 progetto Agbia Museo Strutture extra alberghiere (bed and breakfast) Campeggi Agriturismo
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Stazione didattica
Descrizione Situata lungo la strada Carthago-Theveste, Agbia aveva forse la mansione complementare di scalo di Dougga (dalla quale dista 4 km). Dougga ha preferito l'opzione difensiva per il suo insediamento in collina, a 3 km di distanza dall'arteria. Il Capitolium della città romana di Agbia (definita civitas et pagus nell'epoca di Antonio Pio e successivamente municipium, ai tempi di Diocleziano) è stato inglobato in una fortezza bizantina. La fortezza, costruita con il reimpiego di blocchi a forma di parallelepipedo di epoca romana -molti dei quali recanti iscrizioni, altri provenienti da oleifici-, include anche una sorgente (Aïn Hedja), importante per motivi strategici. La fortezza è di forma quasi quadrata, ha quattro torri quadrate agli angoli. Essa è ben conservata, il Capitolium deve la sua conservazione alla costruzione della fortezza. Attualmente funziona da abitazione, il cortile come stalla per le pecore. Agbia era anche la sede di un vescovo, come si evince da iscrizioni del 256, 411 e 616 d.C.
Bordj Brahim (Agbia) costituisce, assieme alle zone limitrofe, il terzo cardine del parco. Con la sua ubicazione topografica e geografica, favorevole ad un'accessibilità diretta dalla GP5, è una località invitante, vista l’imponenza dell’edificio e il fatto di essere distaccato dagli insediamenti moderni. La prossimità della cava di Djbel as-Sabaà molto visibile, genera un impatto negativo sull’area; con lo scoppio delle mine, la zona risente anche del traffico pesante legato al trasporto del materiale della cava. Urgerebbe fermare l’attività estrattiva e recuperare la cava come parcheggio per camper. Proposte di valorizzazione: - riservare il sito di Agbia alla ricerca archeologica - trasformare la fattoria di Ahmed el Tidjani in museo dell’agricoltura - utilizzare le fattorie vicine per servizi di recettività
Dal centro III al centro IV: 11 km
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Il percorso obbliga ad un giro all’altezza della cava, per riprendere lo spartiacque di Djebel el Nittisha, percorrendo Henchir Gern el Kebch, dove si prende visione dei siti ubicati a nord del sentiero (177, 178, 179, 171, 172, 173 122) con interessanti vedute delle arcate e dei pozzi d'ispezione dell’acquedotto di Dougga. Proseguendo verso nord ovest, aggirando il promontorio di Gern el Kebch (tappa 6), si raggiunge l’area A1: riservata alla ricerca scientifica anche se le varietà botaniche possono riscuotere l’interesse di un tipo di utenza turistica. Il percorso gira un'altra volta verso sud per arrivare alla località di Sidi Bou Nawwara dove è ubicato il sito 550 Aunobari (tappa 7): interessante la serie di fattorie presenti nell’area che, valorizzate come centri di agriturismo e come strutture di ricettività, costituiscono un supporto logistico alle attività di ricerca programmate sul sito 122 e per il turismo escursionistico. Per quello si è individuato un complesso di fattorie lungo il torrente denominato Wad bin Khlif (Tappa 8). È da notare la presenza, lungo questo tratto, di diversi marabut e santuari di rilevanza locale (Sidi Bou Nawwara, Sidi Ad-D’ayyif, Sidi Ali, Cimetrio Di Ain Al Matwiyya).
Centro IV, Bordj bou Baker sito 169.(Allegato 24: proposta sito 169)
Allegato 24 proposta sito 169 Museo Strutture extra alberghiere (bed and breakfast) Campeggi Agriturismo Stazione didattica
B) Progetto pilota
Alla luce della valutazione multicriterio (Cap.3.4.2) e del proposto patto territoriale, nove dei cinquecentocinquantacinque siti sono stati considerati adatti ad un'azione di valorizzazione e di messa a disposizione da parte dei privati, proprietari e altri privati esterni che vogliano gestire i servizi ai sensi del citato patto. I percorsi proposti sono: 1. percorso I, 1-Tebporsouk (A2, A4, A6, A7, A8, A9), siti 127, 31, 34, 38, 36, 3 Dougga, Agbia, Henchir Boubeker (Allegato 25 carta del.percorso I - Allegato 26 DTM percorso I
155
Allegato 25 Carta del.percorso I
Allegato 26 DTM percorso I 2. Percorso II, Dougga, Agbia, sito 182, sito 088, sito 261. (Allegato 27 . carta del percorso II Allegato 28 DTM percorso II
Allegato 27 Carta del percorso II
Allegato 28 DTM percorso II 3. Percorso III, 1-Teboursouk (A2, A4, A6, A7, A8, A9), 2- sito 513 Zona di Matria, 3- Bosco Ain Djemela, sito 397, 4- Goleaa 395, henchir Kerdam sito 390, 5- Bir tessas sito 388. (Allegato 29: carta del percorso III Allegato 30: DTM percorso III).
Allegato 29 Carta del percorso III
Allegato 30 DTM percorso III
4. Percorso IV, 1- Henchir Chett sito 066 (A6-A8-A5), 2- Altopiano del Gorra; Ain Zeroug siti 067, 134, 135,149, 138, 139, 141 (A6, A10), 3- siti 131, 132 (A6, A10), 4 siti 545, 5. Kouch Batia sito 498 (A1, A2, A8, A10), 6. Djebba, (A2, A6, A7, A8, A10) 7- sito 492 (A8, A7, A10), 8- Altopiano del Gorra siti 160, 161, 162, 163, 164 , 165 (A2, A6, A10) Allegato 31: carta del percorso IV Allegato 32: DTM percorso IV.
Allegato 31 Carta del percorso IV
Allegato 32 DTM percorso IV 5. Percorso V, 1-Teboursouk (A2, A4, A6, A7, A8, A9) 2- Matria (A2, A3, A5, A10) siti 500-515, 3- Matria città (A6, A8), 4- Zona Thibar (A5, A10) 5- siti 530, 535, 536 (A10, A2), 6- Zona Ain Fawar Siti 527-528, 529, 530, 531, 532, 533, 534, 538, 539, 549, 541, 542, 152, 519) (A1, A5, A7, A10). Allegato 33: carta del percorso V; Allegato 34: DTM percorso V.
Allegato 33 Carta del percorso V
Allegato 34 DTM percorso V 6. Percorso VI, 1- Henchir Chett siti 025, 066, 149, 150) (A1, A2, A3, A4, A5, A6, A7, A8), 2- Rihana (A8), 3- Fedj el Hadoum (A5, A10), 4- Uchi Maius (A1, A2, A10), 5- zona Arkou siti 23-249 (A2, A3, A5, A6, A8, A10), 7-
156
SITO 231 (A8-A10), 8- Sito 002 Ben Hadid (A2, A5, A8, A10 ), 9- (A10) Allegato 35 . carta del percorsoVI Allegato 36: DTM percorso VI.
Allegato 35 Carta del percorso VI
Allegato 36 DTM percorso VI 7. Percorso VII, Area archeologica della città di Dougga (A1, A2, A3, A6, A8, A10), 2- valle Khalled sito 090-93 (A3, A5, A8, A10), 3- Zona Cheidi siti 359, 360, 361, 362, 4- valle Khalled siti 077, 078, 079, 094 (A3, A5, A8, A10). Allegato 37: carta del percorso VII; Allegato 38: DTM percorso VII
Allegato 37 Carta del percorso VII
Allegato 38 DTM percorso VII 8. Strada dell’acqua, elementi dell’acquedotto pubblico, dei quali 7 ponti, 6 cisterne isolate, 128 pozzi d'ispezione (50, 57, 73, 91, 103, 106, 143, 174, 176, 183, 213, 215, 218, 220, 232, 233, 234, 235, 250, 255, 262, 265, 296, 301, 310-328, 331, 332, 334, 351, 357, 358, 359, 364, 367, 376, 381, 382, 400-457, 490); pozzo (124, 125, 157, 170, 191, 193, 194, 195, 196, 197, 198, 199, 211, 217, 221, 267, 269-275, 283, 297-299, 302-306, 335-345, 352-354, 460-473, 492) (A2, A2, A8, A10); Allegato 39: carta del percorso dell’acqua.
Allegato 39 Carta del percorso dell’acqua
9. Strada dell’olio percorso integrato nelle precedenti proposti. Permette la fruizione didattica degli oleifici antichi e l’occasione di assaggio e di acquisto negli oleifici moderni.
3.5.4. Il progetto gestionale155
La tutela è inscindibile da un processo di socializzazione della cultura e di partecipazione democratica, sia durante la ricerca (istituti locali, studiosi locali, formazione), sia al momento della gestione del patrimonio. La constatazione che in questa realtà territoriale la società – i residenti (contadini) – vive a contatto e si occupa, di fatto, dei beni archeologici, esige una profonda analisi
155 Franco Ferrari, Aziende speciali per la gestione dei servizi culturali dei comuni, in “Economia della cultura” a. VI, n. 3, 1996, pp. 246-250.
157 e riflessione sulle modalità di traduzione in forma più organica del potenziale contributo dato finora con imperfezioni dovute alla scarsa valorizzazione e il più delle volte lesive. Il progetto integrato nella sua combinazione tra conservazione e valorizzazione dei beni culturali con le proposte turistiche, agricole e agrituristiche con alto potenziale di attivazione, si traduce con la costruzione di una matrice che mette in evidenza un intreccio costante tra i vari elementi del distretto: attori ipotizzati per la messa in valore, la stagionalità (periodi di fruizione) e infine il lancio sul mercato di nuovi segmenti di tipologia di domanda. Per un'efficace fruizione del distretto sono necessarie:
A) strutture di servizio e di ricreazione (centri visitatori, punti informazione di carattere generale e specializzato, visione di filmati, ascolto di registrazioni, tematiche monografiche (agricoltura, olivicoltura, attraverso musei, centri agricoli, botanici e faunistici, escursioni con guide del posto preparate, ecc.);
B) interazione tra mondo scolastico e quello del distretto per conoscere le risorse ambientali e archeologiche presenti sul territorio attraverso la redazione di un calendario articolato in sezioni differenziate quantitativamente e qualitativamente, attivabili in periodi e aree diversi: 1) formazione archeologica e ambientale per le scuole dell’obbligo; 2) centri di ricerca archeologica e scientifica; 3) biblioteche; 4) stage per le scuole professionali (agricoltura, restauro, operatori archeologici, scuole di turismo); 5) corsi post–universitari indirizzati a discipline archeologiche, storiche, ambientali, agricole;
C) predisposizione per le attività ludiche (sportive, ippica, trekking, caccia, birdwatching), con forme d'accesso gestite e controllate per evitare il consumo della risorsa e il degrado della stessa fruizione;
158
D) contemporaneamente, di fronte alla secolare domanda di turismo religioso e cultuale nel comprensorio, predisporre forme di fruizione della componente cultuale (marabut), in modo da evitare il consumo della risorsa archeologica, presente sul luogo. D’altra parte si presenta la necessità di costruire un comportamento nuovo della popolazione verso la risorsa storica, che nel turismo cultuale potrebbe trovare la sua massima espressione;
E) assicurare la duplice valenza di una riqualificazione agricola del comprensorio, da un lato mantenendo l’aspetto rurale del parco (istituendo un marchio per la certificazione dei prodotti del comprensorio), dall’altro lato introducendo un mix di proposte (nella fattispecie circuiti rurali e archeo-agrituristici), quale forte risposta persuasiva alla domanda non facilmente soddisfatta sul mercato.
3.5.4.1. segmenti di mercato- tipologia di fruizione
Bisogna dire che la proiezione seguente dei segmenti di mercato secondo le vari tipologie di mercato è stata determinata secondo due criteri . 1. dati estratti della Monografie du governorat de Beja 1997. Ministère de Developpement et Economie. Office du developpement du Nord ouest. Unité de developpement régionale de Beja. 2. le osservazioni rilevati durante la permanenza nel comprensorio (1996- 2000), Un ulteriore approfondimento con un studio di mercato mirato dovrebbe rendere questi previsione più precisi e più credibili. I valori di fruizione sono compresi tra 0 e 5 e sono riportati nei grafici seguenti. Fruizione 1 Ricerca scientifica: università, istituti di ricerca Fruizione 2 didattica: turismo scolastico e didattico Fruizione 3 Fruizione sportiva; attività sportive, trekking, ippica, caccia, bike Fruizione 4 di tipo ludico, turismo familiare, escursionistico Fruizione 5 ambientalistica, interesse naturalistico Fruizione 6 Turismo religioso, stanziale ed escursionistico
159
FIGURA 38 ATTIVITÀ AUTUNNALE NEL COMPRENSORIO (VALLE GUETOUSSIA)
6
5
4
3
2 tipologie di fruizione
1
0,00 1,00 2,00 3,00 4,00 5,00 6,00 livello di fruizione
FIGURA 39 LA FRUIZIONE DEL PARCO IN AUTUNNO
160
6
5
4
3
2 tipologie di fruizione
1
0,00 1,00 2,00 3,00 4,00 5,00 6,00 livello di fruizione
FIGURA 40 LA FRUIZIONE DEL PARCO IN INVERNO
FIGURA 41 DOUGGA D'INVERNO
161
6
5
4
3
2 tipologie di fruizione
1
0,00 1,00 2,00 3,00 4,00 5,00 6,00 livello di fruizione
FIGURA 42 LA FRUIZIONE DEL PARCO IN PRIMAVERA
FIGURA 43 PAESAGGI DI PRIMAVERA
162
6
5
4
3
2 tipologie di fruizione
1
0,00 1,00 2,00 3,00 4,00 5,00 6,00 livello di fruizione
FIGURA 44 LA FRUIZIONE DEL PARCO IN ESTATE
FIGURA 45 ATTIVITÀ DI RICERCA SUL CAMPO
163
5,00
4,00 umo
ons 3,00
2,00 llo di c e 1,00 Liv 0,00 Autunno Inverno Primavera Estate
FIGURA 46 SVILUPPO DELLA FRUIZIONE IN RICERCA SCIENTIFICA NEL TEMPO
5,00 o 4,00 um
ons 3,00
2,00 llo di c e 1,00 Liv 0,00 Autunno Inverno Primavera Estate
FIGURA 46 SVILUPPO DELLA FRUIZIONE DIDATTICA NEL TEMPO
Sviluppo della fruizione sportiva (attività sportive,trekking,ippica,caccia,bike) nel tempo
3,50 3,00 2,50 2,00 1,50 1,00 0,50 Livello di consumo 0,00 Autunno Inverno Primavera Estate
FIGURA 47 SVILUPPO DELLA FRUIZIONE SPORTIVA NEL TEMPO
164
3,20
3,00
2,80
2,60
2,40 Livello di consumo 2,20 Autunno Inverno Primavera Estate
FIGURA 48 SVILUPPO DELLA FRUIZIONE DI TIPO LUDICO NEL TEMPO
4,00 3,50 3,00 2,50 2,00 1,50 1,00
Livello di consumo 0,50 0,00 Autunno Inverno Primavera Estate
FIGURA 49 SVILUPPO DELLA FRUIZIONE AMBIENTALISTICA NEL TEMPO
Sviluppo del turismo religioso (stanziale ed escursionistico) nel tempo
2,50
2,00
1,50
1,00
0,50 Livello di consumo 0,00 Autunno Inverno Primavera Estate
FIGURA 50 SVILUPPO DEL TURISMO RELIGIOSO NEL TEMPO
165
5,00
4,00
3,00
2,00 fr
1,00 Livello di consumo
0,00 Autunno Inverno Primavera Estate
fruizione A fruizione B fruizione C fruizione D fruizione E fruizione F
FIGURA 41 SVILUPPO DELLA FRUIZIONE NEL TEMPO Fruizione A Ricerca scientifica: università, istituti di ricerca Fruizione B didattica: turismo scolastico e didattico Fruizione C Fruizione sportiva; attività sportive, trekking, ippica, caccia, bike Fruizione D di tipo ludico, turismo familiare, escursionistico Fruizione E ambientalistica, interesse naturalistico Fruizione F Turismo religioso, stanziale ed escursionistico A quanto è esposto nei grafici, è rilevante la stagione estiva che si distingue per la crescita della frequentazione garantendo la massa critica necessaria per la riuscita del distretto proposto.
L’estate di Dougga.
La peculiarità del luogo scenico ha permesso per tanti anni il festival estivo di Dougga un appuntamento di rilevanza internazionale con spettacoli che hanno contribuito ad esprimere l’originalità del arte tunisina sia a scala regionale che nazionale. l’ultimo decennio ha visto l’immagine dell’estate di Dougga deteriorare seguito a vicende ormai note dovute al campanilismo e alla carenza nel campo di promozione.Tutto ciò ha portato il festival ad una situazione di scadimento qualitativo e quantitativi in termine di offerta e di domanda, sostenendo tuttavia spese onerose per l’organizzazione.
166
La concomitanza del festival con la permanenza della comunità tunisina immigrata all’estero che vede la popolazione del comprensorio aumentare di circa il 20% offre una maggiore numero di fruitori generando il cosiddetto bandwagon effect La consistenza degli emergenze archeologico costituisce una riserva scientifica per la ricerca archeologica, che da decenni ha interessato il territorio di Dougga nei mesi estivi; periodo preferito dai gruppi di ricerca per il fatto della disponibilità dei campi agricoli dove sono ubicati i siti archeologici e per un sfruttamento delle giornate lungi e luminosi. Infatti trovandosi in campi agricoli i siti sono accessibile solo d’estate sempre dietro autorizzazione dell’Institut du patrimoine
3.5.4.2. Azione e Strutture per i servizi
Questa parte ha lo scopo di dimostrare la sostenibilità del progetto e la costanza nella fruizione del progetto. La programmazione dei servizi e il loro utilizzo durante l’anno è sempre risultato della radiografia data della citata monografia e delle osservazione registrati sul campo. Il valore del utilizzo varia da 0 a 6 secondo una valutazione riportata nei grafici seguenti. Servizio 1: Creazione di circuiti archeo-agrituristici Servizio 2: Poli di ricerca scientifica Servizio 3: Stazioni didattiche; cultura archeologica e naturalistica Servizio 4: Impianti sportivi all’aperto Servizio 5: Nuove strutture accoglienza e riqualificazione dell’esistente Servizio 6 Ripotenziamento agricolo: argini anti-erosione, sistemazione dei corsi d’acqua di superficie, culture ad oliveto e miste.
167
6,00 5,00 4,00 3,00 2,00 1,00 Livello di fruizione 0,00 Autunno Inverno Primavera Estate
FIGURA 52 VARIAZIONE DI UTILIZZO DEI CIRCUITI ARCHEO- AGRITURISTICI
1,60 1,40 1,20 1,00 0,80 0,60 0,40
Livello di fruizione 0,20 0,00 Autunno Inverno Primavera Estate
FIGURA 53 VARIAZIONE DI UTILIZZO DEI POLI DI RICERCA SCIENTIFICA
4,00
3,00
2,00
1,00 Livello di fruizione 0,00 Autunno Inverno Primavera Estate
FIGURA 54 VARIAZIONE DI UTILIZZO DELLE STAZIONI DIDATTICHE
168
2,50
2,00
1,50
1,00
0,50 Livello di fruizione
0,00 Autunno Inverno Primavera Estate
FIGURA 55 VARIAZIONE DI UTILIZZO DEGLI IMPIANTI SPORTIVI ALL'ESTERO
5,60 5,40 5,20 5,00 4,80 Livello di fruizione Autunno Inverno Primavera Estate
FIGURA 56 VARIAZIONE DI UTILIZZO DELLE NUOVE STRUTTURE DI ACCOGLIENZA
3,00
2,00
1,00
0,00 Livello di fruizione Autunno Inverno Primavera Estate
FIGURA 57 FREQUENZA DEI LAVORI DI MANUTENZIONE E DI RIPOTENZIAMENTO AGRICOLO
169
6,00 e 5,00 4,00 3,00 2,00 llo di fruizion e 1,00 Liv 0,00 Autunno Inverno Primavera Estate servizio 1 servizio 2 servizio 3 servizio 4 servizio 5 servizio 6
FIGURA 58 VARIAZIONE DI UTILIZZO DEI SERVIZI Servizio 1: Creazione di circuiti archeo-agrituristici Servizio 2: Poli di ricerca scientifica Servizio 3: Stazioni didattiche; cultura archeologica e naturalistica Servizio 4: Impianti sportivi all’aperto Servizio 5: Nuove strutture accoglienza e riqualificazione dell’esistente Servizio 6: Ripotenziamento agricolo: argini anti-erosione, sistemazione dei corsi d’acqua di superficie, culture ad oliveto e miste
3.5.4.3. Il patto territoriale: operatore pubblico – operatore privato- tipi di investimento
Nella fase anteriore al decollo pare fondamentale chiarire i rapporti tra l’ente di tutela del patrimonio e i privati, che volendo possono impedire la realizzazione del parco. Poiché il rapporto dell'Istituto del Patrimonio con i privati è conflittuale, è urgente ancora prima di organizzare la società di gestione provvedere a definire con i proprietari dei terreni i problemi esistenti (vedi il paragrafo seguente); l’iniziativa per la discussione spetta all’operatore pubblico (nella fattispecie il comune) per decidere in merito alla costituzione di un patto territoriale.
170
3.5.4.4. I rapporti con i proprietari privati e la formazione e la struttura della società di gestione del parco
Le aree, sulle quali il parco archeologico si colloca, sono nella maggiore parte di proprietà privata. L’interesse prevalente dei privati è salvaguardare la possibilità di sfruttare il più possibile le loro tenute agricole (terreni, fattorie) e inoltre di ottenere (nel caso si tratti di attori terzi, privati o pubblici) che si mantengano in perfette condizioni di efficienza le aree circostanti, i siti a potenziale archeologico e le strutture ricavate nei locali annessi per un normale svolgimento delle attività quotidiane e agricole. Queste condizioni156 trovano consenzienti da un lato le amministrazioni pubbliche, per la convenienza economica e l’interesse collettivo, dall’altro la popolazione, per motivi economici e sociali che la portano a vigilare perché ciò si realizzi. Una concreta coincidenza fra gli obiettivi della popolazione locale e quelli del parco sta nella formazione e nel funzionamento della società destinata a gestire il parco. Fermo restando che le decisioni in merito spettano agli operatori pubblici, una corretta impostazione progettuale potrebbe configurarsi come segue: 1. devono fare parte della società del parco imprese che garantiscono tecnicamente la gestione e la manutenzione dei siti; 2. la complessità delle attività del parco esige una varietà dei componenti nella società: una componente pubblica che garantisca sia la conservazione dei siti e dei beni archeologici rivenuti sia la serietà non speculativa della gestione; una componente scientifica e tecnica costituita da università e istituti di ricerca; una componente attiva nel campo turistico che garantisca la gestione turistica, congressuale e ricreativa (operatori turistici); una componente volontaristica costituita da associazioni senza fini di lucro, che garantiscano una presenza strutturata dei cittadini dove possono esprimere le loro opinioni;
156 Queste condizioni di efficienza sono d’altronde primordiali per il funzionamento del parco, come esposto nel capitolo 3.5.3.2.
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