UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’INSUBRIA DIPARTIMENTO DI SCIENZA E ALTA TECNOLOGIA Corso di Laurea Triennale

in Scienze dell’Ambiente e della Natura

EVOLUZIONE A LUNGO TERMINE DELL’IDROCHIMICA DI LAGHI ALPINI D’ALTA QUOTA IN RELAZIONE A FATTORI METEO-CLIMATICI

Relatore: Prof.ssa Roberta Bettinetti

Correlatore: Dott.ssa Michela Rogora

Laureando: Antonio Pistocchi

Matr. 720905

Anno Accademico 2015/2016

______Indice Riassunto ...... 3 1 – Introduzione ...... 6 1.1 - I laghi alpini d’alta quota ...... 6 1.2 - Acidificazione ed effetti sulle acque superficiali ...... 8 1.3 - I cambiamenti climatici e gli effetti sugli ecosistemi acquatici ...... 10 1.3.1 - Il meccanismo dell’effetto serra ...... 10 1.3.2 - Le emissioni di energia della Terra e l’effetto serra ...... 11 1.4 - I gas serra ...... 12 1.4.1 - Biossido di carbonio ...... 12 1.4.2 - Il vapore acqueo ...... 12 1.4.3 - Altri gas serra ...... 13 1.5 - Il cambiamento climatico in ambiente alpino ...... 14 1.6 - Gli effetti del riscaldamento sull’idrochimica delle acque in quota ...... 14 2 - Area di studio ...... 16 2.1 - Val d’Ossola ...... 16 2.1.1 - Inquadramento geografico ...... 16 2.1.2 - Inquadramento geologico ...... 17 2.1.3 - Copertura vegetale...... 17 2.2 - Val Bognanco ...... 18 2.2.1 - Inquadramento geografico ...... 18 2.2.2 - Inquadramento geologico ...... 18 2.2.3 - Copertura vegetale...... 18 2.2.4 - Laghi Paione Superiore ed Inferiore ...... 19 2.3 - Val Formazza ...... 21 2.3.1 - Inquadramento geografico ...... 21 2.3.2 - Inquadramento geologico ...... 21 2.3.3 - Copertura vegetale...... 21 2.3.4 - Laghi Boden Superiore ed Inferiore ...... 22 3 – Campionamenti e Metodi ...... 24 3.1 - Metodi analitici ...... 25 3.1.1 - pH ...... 26 3.1.2 - Ossigeno disciolto ...... 26 3.1.3 - Conducibilità ...... 26 3.1.4 - Alcalinità totale ...... 27 3.1.5 - Composti del fosforo e dell’azoto e silice ...... 27

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3.1.6 - Azoto e fosforo totale ...... 27 3.1.7 - Fosforo reattivo ...... 28 3.1.8 - Azoto ammoniacale...... 28 3.1.9 - Silice reattiva ...... 28 3.1.10 - Principali Anioni e Cationi ...... 28 3.1.11 - Carbonio organico totale ...... 29 3.2 - Controlli di qualità ...... 29 3.2.1 - Controlli di qualità interni ...... 30 3.2.2 - Controlli di qualità esterni ...... 31 3.3 - Dati meteorologici e deposizioni atmosferiche ...... 32 3.4 - Archiviazione ed elaborazione dati ...... 34 4 - Risultati e discussione ...... 35 4.1 - Idrochimica dei Laghi Paione e Boden nel 2016 ...... 35 4.2 – Il clima nell’area di studio...... 39 4.3 - Evoluzione a lungo termine della chimica dei laghi ...... 46 4.3.1 - Laghi Paione ...... 46 4.3.2 - Laghi Boden ...... 53 4.3.3 – Il ruolo di altri fattori nelle variazioni chimiche dei laghi ...... 58 Conclusioni ...... 60 Bibliografia ...... 62 Ringraziamenti ...... 68

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Riassunto I laghi alpini rappresentano degli ottimi laboratori di ricerca per lo studio degli ecosistemi montani, particolarmente adatti per lo sviluppo di ricerche ecologiche di base e per il monitoraggio degli effetti delle pressioni antropiche diffuse e dei cambiamenti globali sulla qualità delle acque e sulla biodiversità. Per via delle loro caratteristiche, i laghi d’alta quota sono considerati tra gli ecosistemi acquatici più sensibili alle variazioni climatiche e costituiscono siti ideali per lo studio dei loro effetti sulle caratteristiche chimiche delle acque e sulle comunità biotiche. Il lavoro di tesi, svolto presso il CNR Istituto per lo Studio degli Ecosistemi di Verbania Pallanza (ISE), è stato dedicato all’analisi di dati chimici e chimico-fisici (pH, conducibilità, alcalinità, principali anioni e cationi, composti del fosforo e dell’azoto, silicati) di quattro laghi alpini d’alta quota, i Laghi Paione Inferiore e Superiore, situati in Val Bognanco, e i Laghi Boden Inferiore e Superiore, in Val Formazza, entrambe valli tributarie della Val d’Ossola (Piemonte, Alpi Centrali). Questi laghi sono oggetto di studio continuativo da parte del CNR ISE dalla fine degli anni ’70. In particolare, dagli anni ’80, sono stati studiati nel contesto di alcuni progetti UE, in cui venivano utilizzati, insieme ad altri ambienti remoti, quali indicatori di variazioni nella deposizione di inquinanti dall’atmosfera o del clima. Nel complesso, vista l’ampia mole di dati a disposizione, questi laghi sono tra gli ecosistemi d’alta quota più studiati in ambito europeo. I Laghi Paione, inoltre, sono siti di ricerca nell’ambito di due importanti network internazionali: la rete per le ricerche ecologiche di lungo termine LTER (Long-Term Ecological Research; http://www.lter-europe.net/) e il Programma ONU- ECE ICP WATERS sugli effetti dell’inquinamento atmosferico sulle acque superficiali (International Cooperative Programme on Assessment and Monitoring Effects of Air Pollution on Rivers and Lakes; http://www.icp-waters.no/). I laghi Paione e Boden sono di piccole dimensioni (0,7-0,8 ha), con una profondità massima compresa tra 10 e 13 m e sono collocati a quote comprese tra i 2000 e i 2400 m. Si tratta di laghi di origine glaciale e intramorenico, i cui bacini non presentano alcuna forma di antropizzazione o di sfruttamento del territorio. Il loro bacino imbrifero è caratterizzato in entrambi i casi da rocce nude e detriti, con copertura vegetale limitata e rappresentata principalmente da arbusteti ad ericacee (rododendro ferrugineo e mirtillo) e prateria alpina (nardeti). Nel caso dei Laghi Paione, la litologia del bacino è costituita pressoché esclusivamente da rocce acide e poco solubili; di conseguenza le acque dei laghi si caratterizzano per un basso contenuto in soluti e un limitato potere tampone. Sono stati infatti tra i laghi alpini maggiormente interessati dal fenomeno dell’acidificazione negli anni ’70 ed ’80. I Laghi Boden si caratterizzano invece per la presenza di rocce carbonatiche altamente solubili nel bacino e le loro acque presentano un contenuto in soluti medio-elevato, con una dominanza di calcio e bicarbonati. Questi laghi sono decisamente meno sensibili al fenomeno dell’acidificazione e i cambiamenti nel loro chimismo sono principalmente attribuibili al weathering di rocce e suoli nel bacino. I due gruppi di laghi sono stati appositamente selezionati in base a queste caratteristiche per valutare l’evoluzione a lungo termine delle caratteristiche chimiche in relazione alle variazioni nelle deposizioni atmosferiche di inquinanti e ai cambiamenti climatici. Per ciascun lago sono infatti disponibili dati chimici continuativi dagli anni ‘80 con una frequenza variabile da un minimo di 2 a 6-7 campionamenti l’anno, eseguiti quasi esclusivamente nel periodo tardo estivo/autunnale. Grazie alla presenza in Val d’Ossola di una serie di stazioni

3 meteorologiche di proprietà ENEL, situate presso gli invasi, sono inoltre disponibili serie ultradecennali di dati di temperatura, precipitazioni e neve al suolo. In prossimità del Lago Paione Superiore è presente inoltre una stazione meteorologica automatica ARPA Piemonte, che rileva dati (temperatura dell’aria, precipitazioni, radiazione solare, umidità) in continuo a partire dal 2001. Nell’ambito del lavoro di tesi sono stati svolti due nuovi campionamenti dei laghi oggetto di studio, nel mese di ottobre 2016. Su questi campioni sono state eseguite le determinazioni delle variabili chimiche principali e i nuovi dati, dopo opportuna validazione, sono stati utilizzati per l’aggiornamento della banca dati sui laghi remoti disponibile presso il CNR ISE. Inoltre, con i dati meteorologici raccolti presso le stazioni ENEL, è stata aggiornata la banca dati climatica dell’Ossola, allo scopo di analizzare l’evoluzione a lungo termine delle condizioni meteo-climatiche nell’areale dei laghi. Obiettivo principale del lavoro di tesi è stato quello di identificare i fattori che maggiormente influiscono nella variabilità stagionale e interannuale delle caratteristiche chimiche “di base” dei laghi. A questo scopo si sono analizzati: (i) le variazioni nei parametri meteo-climatici (principalmente temperatura, precipitazioni e spessore e durata della copertura di neve al suolo); (ii) i cambiamenti avvenuti negli apporti atmosferici di composti acidificanti (solfati, nitrati ed ammonio). L’analisi dei dati climatici eseguita nell’ambito del lavoro di tesi ha evidenziato: (1) un aumento della temperatura dell’aria, accentuato soprattutto nei mesi estivi e invernali, con il 2015 e il 2016 tra gli anni più caldi dell’ultimo trentennio; (2) nessuna tendenza significativa per quanto riguarda la quantità di precipitazioni; (3) una diminuzione della quantità media e della durata della neve al suolo, pur con un’elevata variabilità interannuale. I dati a lungo termine relativi alla chimica delle deposizioni atmosferiche, raccolti nella stazione di Domodossola, hanno evidenziato una marcata riduzione dell’apporto di acidità e solfati dagli anni ’80 ad oggi, mentre le deposizioni dei composti dell’azoto non sono variate in misura significativa, se non per una recente diminuzione nel caso dei nitrati. L’analisi dei trend nella chimica dei laghi ha confermato la ripresa dall’acidificazione dei Laghi Paione, con significativi aumenti di pH e alcalinità, soprattutto nel Lago Superiore. Queste tendenze si sono attenuate nell’ultimo decennio, a seguito della stabilizzazione negli apporti atmosferici di composti acidificanti. Di conseguenza, nella variabilità interannuale hanno assunto un ruolo via via maggiore i fattori meteorologici, in particolare la quantità di precipitazioni nel periodo estivo e lo spessore medio della neve al suolo. I dati raccolti in momenti stagionali diversi hanno anche dimostrato come questi laghi possano ancora andare incontro ad abbassamenti di pH e a temporanei episodi di acidificazione al momento del disgelo, imputabili principalmente al nitrato, attualmente il principale anione acidificante veicolato dalle deposizioni. Nel caso dei Laghi Boden, si sono evidenziati aumenti significativi delle concentrazioni della maggior parte degli ioni, principalmente calcio e solfati, in maniera più evidente nel Lago Inferiore. L’analisi in relazione ai fattori meteorologici ha dimostrato come questi trend possano dipendere da un maggior apporto di soluti dal bacino a causa della riduzione dell’innevamento: una minor permanenza della neve al suolo comporta infatti un’esposizione più prolungata di rocce e suoli ai processi di weathering. Altri fattori possono concorrere a spiegare i trend osservati; sono attualmente in corso degli studi più dettagliati per comprendere meglio i processi a scala di bacino che possono agire sul chimismo delle acque.

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I risultati nel loro complesso dimostrano come i fattori meteo-climatici, in particolare l’innevamento, giochino un ruolo importante nelle variazioni chimiche delle acque dei laghi. Questo aspetto è particolarmente evidente nei laghi non sensibili all’acidificazione e impostati in bacini con rocce solubili quali i Laghi Boden, dove l’intensificazione dei processi di weathering comporta un evidente aumento dell’apporto di soluti alle acque. D’altronde, anche nei laghi maggiormente esposti agli effetti delle deposizioni acide quali i Laghi Paione, i fattori meteo-climatici assumono un ruolo sempre più importante nella risposta di questi laghi agli apporti atmosferici. I laghi d’alta quota si sono confermati ottimi indicatori nello studio della risposta degli ecosistemi in aree remote alle perturbazioni antropiche, inclusi i cambiamenti climatici. Le ricerche su questi ambienti, e più in generale sulle variazioni climatiche in alta quota, dimostrano inoltre la necessità di disporre di serie lunghe di dati meteo-climatici ed ecologici. Poiché gli scenari prevedono un’intensificazione del riscaldamento climatico e dei suoi effetti nelle aree di montagna, sarà estremamente importante mantenere attivo il monitoraggio di questi ecosistemi sensibili.

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1 – Introduzione 1.1 - I laghi alpini d’alta quota I laghi alpini d’alta quota presenti in Italia, secondo le stime attuali, sono circa 4000 sull’arco alpino (Carton et al., 1988). Essi hanno da sempre costituito ambienti di interesse per geografi, naturalisti e limnologi per le loro caratteristiche chimiche e biologiche di ampia varietà ascrivibili alla morfologia, geo-litologia e idrologia del bacino stesso (Boggero et al., 1996). I laghi alpini d’alta quota si trovano per la maggioranza in ambienti naturali, aree poco popolate e, in alcuni casi, in zone soggette a vincoli ambientali. La maggior parte dei laghi delle Alpi è situata al di sopra dei 1500 m s.l.m., con massima frequenza tra 1800 e 2500 m; rientrano quindi propriamente nella definizione di laghi alpini, situati cioè oltre il limite della vegetazione arborea (Pechlaner, 1971). La forma dei laghi è varia e rispecchia la loro origine e le successive modifiche apportate dall’acqua e dagli apporti provenienti dal bacino di drenaggio. La morfologia di un bacino lacustre riveste particolare importanza perché influenza molti parametri chimico-fisici e biologici delle acque (Marchetto et al. 1994, 1995). I laghi d’alta quota, in base alla genesi della loro conca, si possono classificare in: epiglaciali, marginali, di sbarramento glaciale, di sbarramento morenico, intermorenico, in conche dovute a fusione di ghiaccio morto, di circo e in conche tra rocce montonate. Nella maggior parte dei casi hanno una forma regolare, una superficie limitata e una profondità che, pur non essendo elevata, è tutt’altro che trascurabile in rapporto alla superficie. Il tempo teorico di ricambio delle acque è in genere molto breve. Il maggior apporto di acqua giunge al lago nel periodo del disgelo, mentre è ancora ricoperto dal ghiaccio, grazie allo scioglimento delle nevi deposte sulla superficie del bacino imbrifero. Queste acque per la maggior parte attraversano il lago immediatamente al di sotto della coltre glaciale, in quanto le acque profonde hanno una temperatura di circa 4 °C, corrispondente a quella di massima densità; pertanto il tempo di ricambio reale risulta superiore a quello teorico. La piena circolazione delle acque si ha all’inizio e alla fine del periodo delle acque aperte: la circolazione che segue il disgelo primaverile è generalmente di breve durata e a volte è incompleta per effetto del rapido riscaldamento delle acque superficiali; quella di fine estate prosegue, con temperature dell’acqua progressivamente più basse, fino al rigelo invernale. I laghi montani sufficientemente profondi sono in genere dimittici, ovvero presentano due periodi di stratificazione: una diretta, particolarmente accentuata in estate, e l’altra inversa, sotto la copertura ghiacciata (Rossetti et al., 2008). In base alla litologia del bacino, le caratteristiche e l’entità dell’apporto di soluti nelle acque del lago possono variare in maniera notevole. Laghi impostati in bacini composti principalmente da rocce poco solubili (es. graniti, gneiss) saranno caratterizzati da un basso potere tampone delle acque e dal un basso contenuto ionico; al contrario, la presenza di rocce solubili, facilmente dilavabili (es. marmi, gessi) comporterà un maggior contenuto di soluti nelle acque (Schindler, 1986). Generalmente i alpini d’alta quota presentano condizioni oligotrofe, cioè modeste concentrazioni di nutrienti, specialmente il fosforo, hanno basse temperature e sono caratterizzati da un periodo di copertura ghiacciata che varia tra gli 8 ed i 9 mesi e che limita la produzione primaria. A causa di queste condizioni ambientali estreme i laghi alpini d’alta

6 quota sono caratterizzati, soprattutto in relazione al breve periodo in cui le acque sono libere dal ghiaccio, da una generale bassa produttività biologica; inoltre l’elevata vivacità idrologica fa sì che in questi ambienti i popolamenti planctonici risultino caratterizzati da comunità con numero ridottissimo di specie. La struttura delle comunità bentoniche risulta fortemente influenzata non solamente dalle caratteristiche delle acque, ma anche soprattutto da quelle dei sedimenti nei quali sono insediate. In genere, nei laghi d’alta quota, Ditteri Chironomidi ed Oligocheti costituiscono più del 70% del popolamento a macroinvertebrati (Boggero et al., 2006). La natura del sedimento, a parità di altre condizioni ambientali, riveste un importante valore selettivo nel limitare o nell’impedire la colonizzazione da parte di alcune specie o gruppi di organismi e di favorirne altre. Le caratteristiche del sedimento vanno incontro a notevoli variazioni in relazione alle diverse profondità del corpo idrico. La caratterizzazione delle comunità bentoniche può essere fatta prendendo in considerazione due situazioni estreme nel profilo batimetrico di un lago: (1) comunità bentoniche insediate nella zona litorale e sublitorale, e quindi substrati illuminati, a modesta profondità e, quando la natura del substrato lo permette, caratterizzati anche dalla presenza di vegetazione acquatica; (2) comunità bentoniche insediate in profondità e quindi in condizioni di assenza di luce e di vegetazione acquatica. È pero da rilevare come nei laghi alpini spesso il fondo è illuminato per l’elevata trasparenza e di conseguenza non vi è questa differenza. In linea generale in questi ambienti i pesci sono naturalmente assenti, poiché non in grado di compiere il loro ciclo vitale ed a causa di una base alimentare troppo poco consistente. Quando presente (in ambienti comunque situati a quota inferiore a 1800 m) la fauna ittica è in genere costituita dalla trota e dal piccolo ciprinide sanguinerola (Marchetto et al., 2004). Nonostante la collocazione in aree remote, i laghi alpini d’alta quota sono soggetti a impatti antropici diretti e indiretti; sono pertanto a ragione considerati “laboratori naturali” particolarmente adatti per lo sviluppo sia di ricerche ecologiche di base che del monitoraggio degli effetti antropici a scala regionale (Rossetti et al., 2008). La frequente e massiccia visita a scopo ricreativo dei laghi alpini d’alta quota, l’utilizzo per scopi idroelettrici o come riserve di acqua potabile, l’immissione di specie aliene per favorire la pesca sportiva, l’aumento del carico di inquinanti dalle deposizioni atmosferiche con conseguente acidificazione delle acque (Rogora et al., 2007), l’intensificarsi delle radiazioni ultraviolette a causa della diminuzione dello strato dell’ozono, causato dalle emissioni dei clorofluorocarburi CFC (Vinebrooke e Leavitt, 1999; Sommaruga, 2001) e il cambiamento climatico (Hauer et al., 1997; Winder e Schindler, 2004a, 2004b; Primicerio et al., 2007; Wagner e Benndorf, 2007; Rogora et al. 2003; Preston et al. 2016) portano i laghi alpini d’alta quota ad essere definiti come “sensori ecosistemici” utili per determinare gli effetti delle pressioni antropiche su ampia scala (Battarbee et al., 2009). Negli ultimi decenni infatti, i laghi d’alta quota sono stati inseriti come siti di studio nell’ambito di programmi di ricerca e di monitoraggio nazionali ed europei (Camarero et al., 2009; Catalan et al., 2009; Marchetto e Rogora, 2004). Gli ecosistemi acquatici alpini rappresentano, inoltre, possibili siti di accumulo per gli inquinanti e per i nutrienti che possono essere rilasciati dai ghiacciai a seguito del riscaldamento climatico; di

7 conseguenza, possono rappresentare una sorgente secondaria di tali composti per ecosistemi posti a quote inferiori, quali corsi d’acqua e laghi subalpini, con implicazioni importanti per la qualità delle acque ed il loro utilizzo (Galassi et al., 2006).

1.2 - Acidificazione ed effetti sulle acque superficiali Il termine “deposizione atmosferica” viene comunemente fatto coincidere con quello di “precipitazione”, nonostante quest’ultima rappresenti un’accezione limitata del più ampio concetto di deposizione. L’acidità delle deposizioni è dovuta a composti che si formano sia per via naturale che artificiale: i primi comprendono il biossido di carbonio (CO2) derivante dalla respirazione delle piante e degli animali e dalle reazioni di combustione, gli ossidi di zolfo (SO2) e di azoto (NOx) rilasciati nell’atmosfera dalla decomposizione della materia organica e dalle eruzioni vulcaniche, e l’ammoniaca (NH3) liberata da processi di decomposizione anaerobica. La componente derivante dalle attività antropiche è costituita prevalentemente dall’uso di combustibili fossili, dalla lavorazione dei minerali metalli e dalla combustione di biomasse, nel caso degli ossidi di zolfo e azoto, mentre le attività zootecniche, ed in misura minore l’uso di alcuni fertilizzanti, contribuiscono alle emissioni di ammoniaca in atmosfera (Mosello et al., 1994). L’inquinamento non comprende solamente la dispersione nell’ambiente di sostanze di sintesi estranee alla composizione chimica del sistema, ma anche sostanze naturali come gli ossidi di zolfo e azoto, che si possono considerare inquinanti se presenti in concentrazioni tali da portare alterazioni nei normali cicli biogeochimici. L’ingente uso dei combustibili fossili ha determinato una proporzionale immissione in atmosfera di sostanze come ossidi di carbonio, azoto e zolfo, idrocarburi e polveri contenenti metalli pesanti. Tali composti rilasciati in atmosfera possono venir trasportati per lunghe distanze rispetto al punto di origine, ricadendo sotto forma di deposizioni al suolo (Mosello, 1993). Durante il trasporto, le sostanze sopra citate, tendono a reagire ossidandosi e formando acidi (nitrico e solforico) a causa della loro dissoluzione in fase acquosa. Gli effetti di queste deposizioni nell’ambiente dipendono essenzialmente dal tipo di ecosistema che le ricevono, alcuni saranno in grado di tamponare facilmente l’acidità atmosferica altri, invece, ne saranno soggetti (Mosello et al., 1994). Per acidificazione delle acque interne si intende una diminuzione dell’alcalinità nel tempo (Henriksen, 1982). L’alcalinità è la somma di tutte le specie ioniche presenti in grado di agire come tampone; fra questi troviamo i bicarbonati, che sono la specie più importante, e i cationi basici. L’alcalinità totale non varia in funzione della temperatura e della pressione ed è indipendente dalle variazioni del biossido di carbonio in soluzione; questo fa sì che la misura si possa eseguire anche dopo alcuni giorni dal prelievo del campione. Il valore dell’alcalinità totale costituisce una sorta di integrale dei diversi processi significativi ai fini dell’acidificazione. Così il suo valore aumenta con l’aumentare della percentuale di bacino imbrifero costituito da carbonati, mentre viene alterato dai diversi processi biologici che avvengono a livello del suolo ed è dipendente dal tempo di contatto tra i minerali e l’acqua di scorrimento, rendendolo cosi conto della variabilità idrologica. Si può comprendere che un alto numero di variabili di natura biologica, fisica e chimica possono influire nel determinare la suscettibilità delle acque superficiali all’acidificazione e di conseguenza provocare

8 fenomeni di alterazione o scomparsa della componente biotica. Fra le componenti principali vi sono geologia e litologia del bacino imbrifero, tipo e spessore del suolo, pendenza dei versanti, rapporto tra superficie lacustre e superficie del bacino imbrifero, tipo di copertura vegetale, uso del territorio, condizioni meteorologiche o climatiche, vegetazione acquatica presente e reazioni di ossido-riduzione a livello del suolo o delle acque (Boggero et al., 1993; Mosello et al., 1993). L’importanza relativa di ciascuna delle caratteristiche citate cambia tra i diversi bacini in modo che la determinazione della vulnerabilità all’acidificazione delle acque superficiali basata sulle sole caratteristiche geo-litologiche può portare grossolani errori. Sono particolarmente sensibili i suoli di ridotto spessore o composti minerali poco solubili e con scarsa capacità di adsorbimento dei solfati. Come si è detto è importante anche il tempo di contatto con l’acqua con i minerali, quindi i suoli che presentino notevoli pendenze, ricavano elevate quantità di precipitazioni o accumulino neve vedono notevolmente ridotta la propria capacità di neutralizzare l’acidità delle deposizioni. Al contrario la copertura vegetale, soprattutto se formata da latifoglie, è indice di un maggiore spessore del suolo, che rallentando il flusso idrico, favorisce il contatto delle acque con i minerali e la loro neutralizzazione. Pertanto l’identificazione di acque lacustri potenzialmente suscettibili all’acidificazione in una determinata regione geografica richiede un’indagine specifica sulle caratteristiche di ciascun bacino imbrifero. Nei processi di acidificazione, assume grande importanza l’ossidazione dell’ammonio a nitrato ad opera dei batteri; l’ammonio è infatti una delle componenti principali delle deposizioni atmosferiche anche nelle aree alpine e la sua ossidazione a nitrato produce acidità (Schuurkes, 1986). Verso la fine degli anni 1980, i laghi alpini d’alta quota acquisirono importanza per lo studio dei processi di deposizione atmosferica su ampia scala. Divenne chiaro che, a causa delle emissioni antropiche, i laghi alpini, essendo più sensibili rispetto ai laghi di pianura, erano ottimi indicatori per comprendere le dinamiche e gli effetti dell’acidificazione negli ecosistemi lacustri (Marchetto e Rogora, 2004). Presero quindi l’avvio una serie di progetti finanziati dall’Unione Europea, allo scopo di quantificare la gravità e l’estensione del fenomeno dell’acidificazione e dei suoi effetti sugli ecosistemi più sensibili (Battarbee et al., 2009; Catalan et al., 2009). Tra i siti di studio furono inclusi anche dei laghi sull’arco alpino, quali i laghi Paione Superiore ed Inferiore, in Val Bognanco, Alpi Centrali, perché ambienti particolarmente sensibili a causa della loro litologia e quindi adatti ad essere utilizzati come indicatori. Tra i programmi di ricerca si possono citare: “Quantification of the susceptibility of Alpine lakes to acidification" (1988-1991), "AL:PE, Acidification of mountain Lakes: Palaeolimnology and Ecology" (1991-1994), "MOLAR: Mountain Lakes Research" (1996- 99) and "EMERGE: European Mountain Lakes Ecosystems: Regionalisation, diagnostic and socio-economic Evaluation" (2000-2003) (Marchetto et al., 2004).

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1.3 - I cambiamenti climatici e gli effetti sugli ecosistemi acquatici In genere si considera il fenomeno del rapido riscaldamento globale, con la conseguente necessità di aggiustamenti su larga scala, come il problema ambientale più grave, sebbene a qualsiasi aumento significativo della temperatura media globale possano essere associati sia effetti positivi che negativi. La relazione causale tra l’incremento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera e i cambiamenti osservati nelle principali variabili climatiche è stata ampiamente dimostrata e ribadita dalla comunità scientifica, in particolare dal Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (Intergovernmental Panel on Climate Change - IPCC) (es. IPCC, 2013). Il riscaldamento dell’atmosfera, e più in generale i cambiamenti climatici, sono considerati tra i maggiori fattori di impatto antropico per gli ecosistemi acquatici, inclusi i laghi (es. Schindler, 2001; Adrian et al., 2009; Williamson et al., 2009). Oltre agli effetti diretti, come il riscaldamento delle acque (O’Reilly et al., 2015), vi sono numerosi effetti indiretti dei cambiamenti climatici sui laghi, inclusi i laghi delle aree montane o remote, quali variazioni di superficie e volume (es. Salerno et al., 2014), modificazioni delle caratteristiche chimiche delle acque (es. Koinig et al., 1998) impatti sulla diversità biologica e sulla produttività (Parker et al., 2008; Clarke, 2008; O’Reilly et al., 2003).

1.3.1 - Il meccanismo dell’effetto serra L’atmosfera e la superficie terrestre vengono riscaldate quasi esclusivamente dall’energia proveniente dal Sole, che irradia energia sotto forma di luce di vari tipi. La lunghezza d’onda, λpicco, della massima emissione di energia radiante da parte di un corpo nero (Sole) è determinata dalla sua temperatura, secondo l’equazione: λpicco = 2897 / T

Poiché in corrispondenza della superficie del Sole la temperatura T ῀ 5800 K, otteniamo dall’equazione che λpicco = 0,50 µm, un valore che cade nella regione visibile dello spettro. In effetti la massima emissione solare osservata cade nell’intervallo di lunghezza d’onda della luce visibile. Oltre il limite del rosso, il Sole emette luce infrarossa (IR). Dell’energia ricevuta dal Sole al di sopra dell’atmosfera terrestre poco più della metà è radiazione infrarossa e gran parte della restante è luce visibile. Della radiazione solare complessiva che investe la Terra, circa il 50% raggiunge la superficie, dove viene assorbita da raccolte d’acqua, terreno, vegetazione ecc.; un altro 20% viene assorbito dalle goccioline d’acqua presenti in atmosfera e dai gas molecolari: le radiazioni UV dall’ O3 e dal O2; le radiazioni IR dalla CO2 e in particolare dal vapore acqueo. Il restante 30% della radiazione solare viene riflesso verso lo spazio senza essere assorbito. La frazione di luce solare riflessa nello spazio da un oggetto è detta la sua albedo. L’albedo terreste è circa il 30% del totale: sulla terra l’albedo è dovuto a diversi fattori, il più importante è la neve ed il ghiaccio; per questo motivo lo scioglimento del ghiaccio nelle regioni polari aumenta notevolmente la quantità di luce solare assorbita e diminuisce l’albedo della Terra che contribuisce al riscaldamento globale.

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1.3.2 - Le emissioni di energia della Terra e l’effetto serra Come qualsiasi corpo caldo, la Terra emette energia; in effetti, la quantità di energia assorbita ed emessa dal pianeta deve essere uguale affinché la temperatura di questo rimanga costante. L’energia emessa non appartiene né alla componente visibile né a quella UV della luce, perché la Terra non è abbastanza calda da emettere luce in quella regione. Poiché la temperatura in corrispondenza della superficie terrestre e negli strati più bassi dell’atmosfera è di circa 300K, in base all’equazione λpicco, se la Terra agisse come un corpo nero la lunghezza d’onda massima dell’emissione sarebbe di circa 10 µm. La regione fra 5 e 100 µm è nota come regione dell’infrarosso termico, perché la sua energia si manifesta come una forma di calore. La luce infrarossa viene emessa sia dalla superficie della Terra che dalla sua atmosfera, sebbene con diversa intensità ad altitudini differenti, dato che la velocità di emissione dipende molto alla temperatura: in generale, più un corpo è caldo, più energia emette al secondo. La velocità di rilascio dell’energia sotto forma di luce parte di un corpo nero aumenta in proporzione alla sua temperatura in gradi Kelvin alla quarta: velocità di rilascio energia = kT4 Alcuni gas nell’aria assorbono luce termica infrarossa, sebbene solo a lunghezze d’onda caratteristiche, e per tanto non tutta la radiazione IR emessa dall’atmosfera e dalla superficie terrestre sfugge direttamente nello spazio. Subito dopo essere stata assorbita dalle molecole di gas quali la CO2, questa radiazione infrarossa viene riemessa. In alternativa, l’energia assorbita può essere rapidamente ridistribuita come calore fra molecole che collidono con la molecola assorbente, e può essere alla fine riemessa da queste sotto forma di IR. Di conseguenza, una parte di questa IR viene ridiretta verso la superficie della Terra per essere riassorbita da questa o dall’aria immediatamente soprastante. In effetti, l’atmosfera è piuttosto opaca all’infrarosso, in contrasto con la sua quasi completa trasparenza alla luce solare. Assorbendo fotoni IR e ridistribuendone l’energia come calore alle molecole circostanti, la temperatura dell’aria nella regione intorno alla molecola assorbente aumenta. Tuttavia questa massa d’aria non si riscalda senza limiti man mano che le sue molecole intrappolano una quota sempre maggiore della luce infrarossa riflessa, in quanto esiste un fenomeno opposto che impedisce che ciò accada. Le goccioline d’acqua e il vapore delle nuvole sono molto efficaci nell’assorbire energia infrarossa riflessa dalla superficie. La temperatura della parte superiore delle nuvole è molto fredda rispetto a quella dell’aria sottostante, cosicché le nuvole non irradiano tanta energia quanta ne assorbono. In generale, la temperatura dell’aria aumenta soltanto per ristabilire l’equilibrio planetario fra energia in entrata e in uscita. Il fenomeno per cui l’IR in uscita viene intercettato da parte di costituenti dell’atmosfera e dissipata come calore che aumenta la temperatura dell’atmosfera è chiamato effetto serra. Esso è responsabile del fatto che la temperatura media in corrispondenza della superficie terrestre è di +15°C anziché -18°C, la temperatura che si registrerebbe in assenza di gas capaci di assorbire radiazioni IR nell’atmosfera. Il riscaldamento della superficie terrestre attraverso questo meccanismo è pari a quello prodotto dall’energia solare che vi arriva direttamente. Il fatto che il nostro pianeta non sia completamente coperto da uno spesso strato di ghiaccio è dovuto all’azione naturale dell’effetto serra, che è andato avanti per miliardi di anni. I principali gas costituenti dell’atmosfera, N2, O2 e Ar, non sono in grado di assorbire le radiazioni infrarosse. I gas presenti in atmosfera che in passato sono stati la causa della maggiore parte del riscaldamento imputabile all’effetto serra sono il vapore acqueo e il biossido di carbonio.

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1.4 - I gas serra 1.4.1 - Biossido di carbonio Le molecole di CO2 presenti attualmente nell’aria assorbono complessivamente circa la metà della radiazione infrarossa termica che le investe con lunghezze d’onda che cadono nella regione di 14-16 µm, insieme a una parte non trascurabile delle radiazioni IR di lunghezza d’onda che cadono nelle regioni 12-14 e 16-18 µm. Il continuo aumento della concentrazione della CO2 nell’atmosfera impedisce a una quantità maggiore di radiazione IR residua di sfuggire nello spazio, specialmente per quanto riguarda le lunghezze d’onda delle due “spalle” attorno a 15 µm; ne consegue un maggiore riscaldamento dell’aria. Un’altra caratteristica fondamentale della CO2 è la vita media della molecola nell’atmosfera, la misura non è facile perché, al contrario di molti altri gas, essa non viene decomposta chimicamente né fotochimicamente. In media, entro pochi anni dalla sua immissione nell’aria, una molecola di CO2 finisce probabilmente per dissolversi in raccolte di acqua superficiali o per essere assorbita da una pianta in crescita. Tuttavia, molte di queste molecole di biossido di carbonio vengono di nuovo immesse nell’aria mediamente pochi anni dopo, cosicché tale eliminazione è soltanto un pozzo temporaneo per le molecole di questo gas. L’unico pozzo permanente per le molecole di CO2 è la loro deposizione nelle profondità delle acque dell’oceano e/o la precipitazione in tali acque come carbonato di calcio insolubile.

1.4.2 - Il vapore acqueo Le molecole di acqua, sempre abbondanti nell’aria, assorbono le radiazioni dell’IR termico in conseguenza della vibrazione da flessione del legame H-O-H; il picco nello spettro di assorbimento conseguente si trova in corrispondenza della lunghezza d’onda di 6,3 µm. L’assorbimento della luce, che porta ad aumenti dell’energia rotazionale delle molecole di acqua senza cambiamenti dell’energia vibrazionale, elimina la radiazione IR termica di lunghezza d’onda uguale o superiore a 18 µm. In effetti, l’acqua è il principale gas serra dell’atmosfera terrestre, nel senso che essa produce un effetto serra maggiore rispetto a qualunque altro gas, sebbene per singola molecola assorba le radiazioni IR meno efficientemente della CO2. Anche se l’attività dell’uomo, come la combustione di combustibili fossili, generano acqua tra i prodotti, la concentrazione del vapore acqueo nell’aria è determinata in primo luogo dalla temperatura e da altri parametri metereologici. Praticamente tutta l’acqua presente nella troposfera deriva dall’evaporazione dell’acqua liquida e solida presente sulla superficie terrestre e nelle nubi. La velocità a cui l’acqua evapora e la quantità massima di vapore acqueo che può essere presente in una data massa di aria aumentano nettamente all’aumentare della temperatura. Infatti, la pressione di vapore all’equilibrio dell’acqua aumenta esponenzialmente con la temperatura. L’innalzamento della temperatura dell’aria causato da aumenti della concentrazione di altri gas serra e da altri fattori che contribuiscono al riscaldamento globale scalda l’acqua e il ghiaccio presenti sulla superficie terrestre, determinando un aumento dell’evaporazione. In effetti, almeno a partito dagli anni ’80 il contenuto atmosferico medio di vapore acqueo è andato stabilmente aumentando. L’aumento della concentrazione del vapore acqueo prodotto dal riscaldamento globale causato dall’aumento della CO2 produce un ulteriore innalzamento del riscaldamento globale per effetto dell’H2O(g) paragonabile a quello determinato da altri gas serra, dato che il

12 vapore acqueo è un gas serra. Questo comportamento dell’acqua è un esempio di un fenomeno generale noto come retroazione positiva: il verificarsi di un fenomeno produce un risultato che di per sé rinforza ulteriormente il risultato del fenomeno stesso.

1.4.3 - Altri gas serra Oltre ai sopra citati, vi sono altri gas, di origine antropica e/o naturale, che partecipano all’effetto serra. Essi ricoprono un ruolo di minor rilievo a causa delle loro caratteristiche o dei loro quantitativi in atmosfera.

Il metano, CH4, è il terzo in ordine di importanza tra i gas responsabili dell’aumento dell’effetto serra. Le vibrazioni da tensione del legame C-H cadono al di fuori della regione dell’infrarosso termico; le vibrazioni da flessione relative all’angolo di legame H-C-H assorbono alla lunghezza d’onda di 7,7 µm, cioè all’estremità della regione finestra dello spettro IR; conseguentemente il metano assorbe le radiazioni infrarosse di lunghezza d’onda comprese in questa regione. Al contrario del biossido di carbonio le molecole di metano nell’aria hanno un tempo medio di vita pari a circa un decennio. Il pozzo predominante il metano atmosferico, responsabile di circa il 90% dell’eliminazione di questo gas dell’aria, è la sua reazione con i radicali ossidrile.

L’ossido nitroso è un altro importante gas serra, del quale attualmente circa il 30-40% è di origine antropica. La maggior parte della produzione naturale di ossido nitroso deriva dalla liberazione di questo gas dagli oceani e da processi che si verificano nel terreno, specialmente nelle zone tropicali. Tra i gas in tracce, i composti gassosi costituiti da molecole con atomi di carbonio legati esclusivamente ad atomi di fluoro e/o cloro sono probabilmente quelli con il potenziale maggiore per quanto riguarda gli effetti sul riscaldamento globale. I clorofluorocarburi (CFC) sono dotati di tempi di residenza molto lunghi. A causa della loro persistenza e della grande efficacia nell’assorbire la radiazione IR termica nella regione finestra, ogni molecola di CFC può potenzialmente causare il medesimo effetto sul riscaldamento planetario di decine di migliaia di molecole di CO2. Nonostante ciò, l’effetto netto sulla temperatura terrestre dei CFC è modesto. Il riscaldamento prodotto dai CFC per reirradiazione delle radiazioni IR termiche è praticamente annullato da un altro effetto distinto, il raffreddamento da essi indotto nella stratosfera per l’azione di distruzione dell’ozono. L’esafluoruro di zolfo, SF6, è un gas serra poco conosciuto, con la capacità di assorbire le radiazioni IR termiche con un’efficienza di 23900 volte superiore a quella della CO2 oltre alla persistenza nell’atmosfera molto lunga di circa 3200 anni.

Anche l’ozono (O3) presente nella troposfera partecipa all’effetto serra. Sebbene la molecola sia omonucleare, nella sua struttura flessa l’ossigeno centrale non è equivalente agli atomi di ossigeno terminali e di conseguenza i legami O-O sono relativamente polari. Per questa ragione il momento dipolare delle molecole di O3 cambia durante la vibrazione simmetrica da tensione di legame, che cade nella regione finestra tra 9 e 10 µm. Le molecole possono quindi assorbire luce IR.

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1.5 - Il cambiamento climatico in ambiente alpino Gli ecosistemi montani sono ritenuti tra i più sensibili ed esposti agli effetti dei cambiamenti climatici. Le regioni d'alta quota sono infatti soggette a riscaldamento intenso, a rapida fusione dei ghiacciai e a significativi cambiamenti del ciclo idrologico (Beniston, 2003). Sia i dati a lungo termine che le previsioni modellistiche indicano un riscaldamento dell’atmosfera più accentuato nelle aree montane rispetto alle quote inferiori (Auer et al., 2007). I modelli climatici regionali prevedono inoltre un ulteriore aumento delle temperature sulla regione alpina per tutto il XXI secolo (EEA, 2009). L'aumento delle temperature ha indotto una chiara diminuzione della durata e spessore della copertura nevosa e una anticipata fusione primaverile della neve (Gobiet et al., 2014). Gli ecosistemi alpini saranno quindi soggetti ad un’intensificazione degli effetti del riscaldamento climatico, con effetti importanti per il loro ruolo di servizi ecosistemici (Castellari et al., 2014).

1.6 - Gli effetti del riscaldamento sull’idrochimica delle acque in quota Accanto alle deposizioni atmosferiche, i fattori meteo-climatici sono i principali agenti di variazione dell’idrochimica delle acque in quota (Houle et al., 2010; Mitchell et al., 2013). Gli ecosistemi acquatici situati in aree montane o remote sono e saranno soggetti agli impatti del cambiamento climatico in misura maggiore rispetto a quelli di pianura; inoltre, trattandosi di ecosistemi particolarmente sensibili, anche piccole variazioni di temperatura possono avere effetti pronunciati sul ciclo idrologico, sulla durata della copertura ghiacciata, sulla copertura di neve nel bacino e di conseguenza sull’ecosistema lacustre nel suo complesso. Il ciclo idrologico in alta quota è fortemente influenzato dalle variazioni climatiche: quantità, tipologia e regime stagionale delle precipitazioni, insieme all’evapotraspirazione, a sua volta influenzata dalla temperatura, concorrono a determinare la quantità d’acqua disponibile. La superficie ed il volume dei laghi risentono chiaramente di questi fattori, così come le dinamiche di comparsa/scomparsa dei laghi stessi (Salerno et al., 2014). Il riscaldamento può inoltre influenzare i cicli biogeochimici nel suolo e nelle acque (es. Stark and Hart, 1997), con conseguenze sulla disponibilità di nutrienti e sul livello trofico delle acque (Saros et al., 2010). Le ricerche a lungo termine hanno dimostrato come il riscaldamento globale stia influenzando l’estensione e la durata della copertura di neve al suolo, anche in questo caso con effetti sugli ecosistemi alpini (Klein et al. 2016). Un effetto ampiamente descritto della degradazione della criosfera (copertura di neve al suolo ma anche ghiacciai e permafrost) su laghi di diverse aree remote consiste nel progressivo aumento in soluti delle acque (es. Salerno et al., 2009; Manning et al. 2013; Thies et al., 2007). Il processo di weathering, cioè il dilavamento delle rocce e dei suoli nel bacino, risulta infatti più accentuato a causa della minore durata del manto nevoso, che porta ad una prolungata esposizione degli affioramenti rocciosi all’azione di alterazione dell’atmosfera e un conseguente maggior apporto di soluti alle acque (Rogora et al. 2003). Un ruolo importante è giocato dalla criosfera, ovvero dalla presenza di ghiacciai e permafrost nei bacini dei laghi e che possono comportare sostanziali modificazioni al chimismo delle acque, in alcuni casi con effetti particolarmente negativi in presenza di rilascio di metalli pesanti (Thies et al.,2007). Questi processi sono alla base dell’aumento nel contenuto di soluti delle acque che viene osservato ormai da diversi anni: la tendenza è particolarmente evidente nei laghi che presentano un bacino prevalentemente calcareo o con presenza di rocce solubili e si manifesta sotto forma di un aumento della conducibilità

14 elettrica e delle concentrazioni di alcuni ioni come solfati, bicarbonati, calcio e magnesio (Rogora et al., 2013; Salerno et al., 2016). Questi processi rivestono però particolare importanza anche nei laghi sensibili all’acidificazione o più in generale agli effetti delle deposizioni atmosferiche. I fattori climatici concorrono infatti a regolare i processi biogeochimici alla scala di bacino, interagendo con la risposta a lungo termine dei laghi alle variazioni negli apporti atmosferici di acidità, composti di zolfo e azoto e cationi basici (Wright and Schindler, 1995; Houle et al., 2010; Mast et al., 2011).

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2 - Area di studio I siti di studio considerati nella tesi sono collocati in Val d’Ossola, in Piemonte (Provincia di Verbania). L’Ossola comprende diverse valli tra cui la Val Bognanco, dove sono situati i Laghi Paione Superiore ed Inferiore, e la Val Formazza dove si trovano i Laghi Boden Superiore ed Inferiore. In diverse valli della Val d’Ossola sono collocate inoltre le stazioni meteo ENEL, descritte nella tabella 4, i cui dati sono stati utilizzati nella tesi per comprendere le dinamiche meteo che interessano l’area di studio.

2.1 - Val d’Ossola

Laghi Boden Toggia

Laghi Paione

Domodossola

Figura I - Val d’Ossola con evidenziati i siti studio (Laghi Paione e Laghi Boden), la stazione meteo di Toggia e la stazione per il monitoraggio della chimica delle deposizioni atmosferiche di Domodossola.

2.1.1 - Inquadramento geografico L’Ossola si estende nella parte più settentrionale del Piemonte, tra Val Sesia a Sud-Ovest e il Lago Maggiore ad Est Sud-Est e comprende le vallate che, a Nord del Lago d’Orta e della Val Strona, confluiscono nel bacino del Fiume Toce. Appartiene alle Alpi Centrali (Pennine e Lepontine) fra 45°54’ e 46°28’ Nord e 7°52’ e 8°30’ Est. L’altitudine massima è 4596 m (Grenzgipfel – Gruppo del ). La sua superficie è di 1532 km2 e i ghiacciai coprono il 2,9% dell’area totale (Mosello et al., 1994).

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2.1.2 - Inquadramento geologico La Val d’Ossola costituisce, dal punto di vista geologico e tettonico, un’area unica per interesse e complessità in tutto l’arco alpino. Infatti, in corrispondenza dell’incisione valliva del Fiume Toce, affiora il grande sistema di falde che rappresenta la parte culminante della catena alpina. Queste falde possono essere ricondotte sostanzialmente alle seguenti unità (da Nord a Sud): - il Dominio Elvetico, costituito da un limitato affioramento in finestra tettonica situato a Verampio (Valle Antigorio) e formato da ortogneiss; - il Dominio Pennidico, costituito da una struttura a falde sovrapposte con vergenza verso Nord-Ovest. - il Dominio Austroalpino e il Dominio Sudalpino, presenti nel tratto più meridionale della Val d’Ossola e costituiti essenzialmente da paragneiss di medio e alto grado metamorfico, in cui si riconoscono intercalazioni basiche e lenti di marmi. Rocce riconducibili ai Domini Austroalpino e Subalpino, in particolare paragneiss di alto grado metamorfico con intercalazioni di lenti di marmi a silicati e di rocce ultra femiche, sono presenti solo in alcuni bacini situati nella bassa Val d’Ossola ed in Val Vigezzo. La Falda Antigorio, che interessa soprattutto i bacini situati nella valle omonima, è costituita da un ortogneiss granitico denominato appunto “ortogneiss Antigorio”. Al di sopra di questa falda si trova la Falda Lebendun, costituita da rocce di vario tipo, prevalentemente carbonatiche, che interessa principalmente i bacini situati in Val Formazza, Val Cairasca e Val Devero. In queste valli affiorano anche rocce appartenenti alla Falda del Monte Leone, rappresentante da ortogneiss e paragneiss. La Falda del Monte Rosa, che interessa i bacini delle valli Anzasca e Antrona, è costituita principalmente da ortogneiss. Inoltre in diversi bacini delle valli Antrona e Bognanco affiorano rocce basiche, denominate “ofioliti”, che rappresentano i resti di un’antica crosta oceanica (Mosello et al., 1994).

2.1.3 - Copertura vegetale Generalmente la fascia altimetrica compresa fra 1800 e 2600 m s.l.m. è caratterizzata dalla dominanza del pascolo alpino, interrotto dalla presenza sporadica di larici e intercalato a specie arbustive, caratteristiche del piano alpino e sub alpino, quali il Rododendro e l’Ontano alpino, che formano boscaglie a volte impenetrabili sui pendii dove l’innevamento è prolungato. A queste quote lo sviluppo della vegetazione arborea è limitato sia da fattori climatici che da forti pendenze che, favorendo fenomeni erosivi, limitano o impediscono del tutto la formazione del suolo. Si forma quindi una prateria magra, che può ancora servire per il pascolo del bestiame e che può essere anche molto estesa, scendendo a quote relativamente basse quando esistono substrati rocciosi particolarmente resistenti all’alterazione. Fino a qualche decennio or sono, il limite superiore del bosco veniva anche abbassato artificialmente per ampliare la superficie adibita al pascolo. Alle quote superiori il pascolo si dissolve in macchie prative isolate e, ancora più a monte, viene a mancare un vero e proprio suolo e la copertura vegetale si limita a specie altomontane isolate che popolano i macereti e le crepe delle rocce. Fra queste aree si collocano gli affioramenti rupestri, i nevai permanenti e, al di sopra dei 2500-2800 m s.l.m. i ghiacciai (Mosello et al., 1994).

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2.2 - Val Bognanco 2.2.1 - Inquadramento geografico La Val Bognanco si sviluppa ad ovest di Domodossola (Provincia di Verbania – Piemonte) tra il fiume Toce e il confine svizzero. È posta tra la Valle Antrona a sud e il profondo solco della Val Divedro a nord e presenta un assai maggiore sviluppo del versante settentrionale rispetto a quello opposto, soprattutto per motivi geologico-strutturali. L’area dei Laghi di Paione si colloca proprio alla testata di una delle due principali laterali sinistre (nord) della valle del torrente Bogna, a circa 5 chilometri a monte dell’abitato di S. Lorenzo, capoluogo della valle e del Comune di Bognanco. Le porzioni più settentrionali delle laterali della Val Bognanco presentano tutte ampi valloni e altopiani in roccia, ricchi di specchi lacustri. I tre Laghi di Paione, formati da un affluente del Torrente Rasiga, sono disposti in sequenza altimetrica tra 2000 e 2269 metri, all’interno di un circo glaciale che presenta quote massime di poco più di 2600 m s.l.m., ed esposizione interamente a sud.

2.2.2 - Inquadramento geologico L’area dell’alto bacino dei laghi di Paione si colloca, dal punto di vista geologico, in un ambito locale relativamente poco complesso, caratterizzato all’apparenza dalla presenza di un tipo litologico dominante e da una certa omogeneità strutturale. A scala appena minore, cioè considerando un'area più vasta come la media e alta Val d’Ossola, riappare, invece, la situazione di elevata complicazione tipica di questa porzione dell’edificio alpino. Dal punto di vista geo-litologico (Carta geologica d’Italia, 1959), la valle, per gran parte del versante esposto a Sud, è costituita prevalentemente da graniti gneissici (37%) che, risalendo verso monte, sono ricoperti da una imponente coltre di terreno morenico (26%), presente su ambo i lati, che si spinge da fondovalle fin quasi ai 2000 m del Passo di Monscera. Il grande accumulo di terreno morenico può essere attribuito in parte al fianco destro del ghiacciaio ossolano ed in parte all’antico ghiacciaio di Bognanco; ghiacciai che un tempo crearono le gigantesche gradinate di Crestapiana e gli accumuli morenici a piramide di Pizzanco, oggi non più esistenti. A Sud-Ovest del bacino e lungo il corso del Torrente Bogna si trovano rocce verdi (18%), mentre sul versante orientale dominano gneiss minuti e micascisti. A questo si affiancano rilevanti depositi di detrito di falda (Sacco, 1930; Bianchini, 1952).

2.2.3 - Copertura vegetale Nelle aree montane è possibile identificare l’organizzazione della vegetazione in fasce o piani che si succedono in senso altitudinale. Alle basse quote si può identificare un piano collinare, con la vegetazione forestale formata originariamente da boschi a querce con essenze di tipo termofilo; di questi boschi rimangono poche tracce, trasformati in selve castanili o in altri tipi di coltivazione. Il piano montano vede predominare formazioni forestali a faggio, prevalenti lungo i margini esterni della catena alpina, ma assenti nelle aree centroalpine a clima continentale, dove si rinvengono boschi misti di latifoglie. Nella parte superiore del piano montano le latifoglie sono sostituite da foreste di peccio, che forma boschi densi con un limitato sviluppo della flora arbustiva ed erbacea del sottobosco, a causa delle condizioni di forte ombreggiamento presenti.

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Il piano subalpino si distingue per la rarefazione della vegetazione forestale, che continua ad essere dominata dai boschi di conifere, ma che presentano un abbondante sottobosco ad ericacee. Nella parte superiore del piano subalpino, in prossimità del limite altitudinale della vegetazione forestale, i boschi sono tipicamente rappresentati da laricete, a cui succede una stretta fascia di arbusteti a rododendro extrasilvatici. Al di sopra del limite dei boschi si sviluppa il piano alpino, con le praterie a carice curvula che ne rappresentano l’espressione più tipica. Nelle aree sommitali le basse temperature e la permanenza della neve per la maggior parte dell’anno determinano la scomparsa delle praterie, sostituite da vegetazione rada con androsace alpina, ranuncolo dei ghiacciai, e da poche altre specie che si spingono fino ai limiti superiori altitudinali per le piante vascolari.

2.2.4 - Laghi Paione Superiore ed Inferiore

L. Paione Superiore

L. Paione Medio

L. Paione Inferiore

Figura II - Immagine dei Laghi Paione che mostra la loro disposizione a cascata

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Tabella 1 – Dati relativi all’ubicazione e alla morfologia dei Laghi Paione Superiore e Inferiore Lago Paione I. Lago Paione S. Longitudine Est 08°11’26’’ 08°11’26’’ Latitudine Nord 46°10’14’’ 46°10’39’’ Altitudine m s.l.m. 2002 2269 Area lago Km2 0,0068 0,0086 Area bacino imbrifero km2 0,50 1,26 Profondità massima m 13,5 11,7 Profondità media m 7,36 5,12 Volume del lago 106 m3 0,04 0,05 Tempo di ritenzione giorni 33 23

I tre Laghi Paione sono di origine circo glaciale, sovrapposti e separati l’uno dall’altro tramite enormi gradini ortogneissici, modellati dal ghiaccio, che possono coprire dislivelli anche di un centinaio di metri. Il lago inferiore ha potuto conservare quasi immutate le originarie forme in quanto le sponde sono costituite essenzialmente da roccia in posto. La soglia rocciosa e gli accumuli detritici originano una recinzione semipermeabile, a valle dei laghi, attraverso la quale può facilmente uscire la quantità di acqua in eccesso. Una particolare caratteristica dell’anfiteatro che ospita i laghi è l’aspetto estremamente ruiniforme della sua testata; questo, unitamente alla sua breve estensione longitudinale, contrasta con le notevoli dimensioni delle marmitte sede dei laghi e potrebbe far supporre che la lingua glaciale, che occupava quest’area in epoche passate, fosse alimentata da un circo di dimensioni superiori a quelle attualmente osservabili. Il Lago Paione Superiore ha solo tributari temporanei in superficie e l’alimentazione è prevalentemente assicurata dalle lingue di neve che permangono fino ad estate inoltrata. Le acque defluiscono poi attraverso una barriera rocciosa di detrito di falda per formare un emissario sotterraneo che va ad alimentare il Lago Paione Medio. Da quest’ultimo si origina poi l’immissario del Lago Paione Inferiore che in questo si immette dopo aver percorso l’alto salto roccioso che domina la marmitta ospitante il lago. L’emissario del Paione Inferiore ha origine dalla sua sponda meridionale, dando luogo ad un rio tributario del Rio Rasiga e successivamente del Torrente Bogna. Il litotipo dominante nel bacino imbrifero è a base di ortogneiss e gneiss grigio con feldspato di potassio ed epidoto; si trovano anche piccole quantità di marmi, scisti calcarei e paragneiss. Intorno agli specchi d’acqua sono presenti depositi limno-lacustri. Infine, una buona percentuale della superficie del vallone è ricoperta da detrito di falda ovvero da accumuli caotici costituiti prevalentemente da clasti di grosse dimensioni. La copertura vegetale è limitata e rappresentata principalmente da arbusteti ad ericacee (rododendro ferrugineo e mirtillo) e prateria alpina (nardeti). Il vallone dei laghi Paione non presenta alcuna forma di antropizzazione o di sfruttamento del territorio da parte dell’uomo. Probabilmente questo è dovuto alla scarsa superficie utilizzabile ed alla sua accentuata pendenza, fattori che hanno limitato la presenza di attività umane produttive anche in passato.

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I Laghi Paione sono studiati con continuità dalla fine degli anni ’70 (Marchetto et al., 2004). Vista l’ampia mole di dati a disposizione, questi laghi sono tra gli ecosistemi d’alta quota più studiati in ambito europeo. Sono siti di ricerca nell’ambito di due importanti network internazionali: la rete per le ricerche ecologiche di lungo termine LTER (Long-Term Ecological Research; http://www.lter-europe.net/) e il Programma ONU-ECE ICP WATERS sugli effetti dell’inquinamento atmosferico sulle acque superficiali (International Cooperative Programme on Assessment and Monitoring Effects of Air Pollution on Rivers and Lakes; http://www.icp-waters.no/) (Mosello et al., 1999).

2.3 - Val Formazza 2.3.1 - Inquadramento geografico La Val Formazza si colloca nella zona più settentrionale del Piemonte al confine con la Svizzera; ha una superficie di 13323 ettari di cui 3224 a coltura agro-forestale. Le montagne dislocate tra Sempione, Formazza, Vigezzo costituiscono la zona occidentale delle falde Simplo-Ticinesi, che confinano verso nord con le falde del Vallese (Monte Rosa e Gran San Bernardo) e verso est con le falde dei Grigioni, in Svizzera.

2.3.2 - Inquadramento geologico L’insieme delle falde sopra citate appartengono alla porzione geologicamente interna della catena alpina e rientra nel novero delle pennidiche. Le rocce che le caratterizzano, con molta probabilità, occupavano la porzione centrale di un bacino oceanico molto profondo e in buona parte costituivano il basamento più antico di quell’oceano, con un’età superiore ai 230 milioni di anni e già consolidato prima dell’orogenesi alpina. Le rocce che caratterizzano le montagne della regione descritta appartengono al gruppo delle metamorfiche, in particolare qui costituite dagli gneiss, dai micascisti e dai calcescisti, dalle anfiboliti. La morfologia dell’alta Val Formazza è caratterizzata da estese conche glaciali su un basamento molto ripido dove sono presenti valloni impervi e soggetti a valanghe con un innevamento sempre molto abbondante. L’intera Val Formazza è valle fredda relativamente al settore occidentale delle Alpi, una delle regioni più innevate dell’intera catena alpina; questo è confermato dal clima, in modo particolare il lungo periodo di innevamento, e dall’aspetto del paesaggio vegetale dal quale sono quasi sempre assenti gli arbusti nani tipici del piano subalpino. Due zone di grande interesse ecologico sono il Piano dei Camosci e i Laghi Boden; il primo è un vasto pianoro con formazione di suoli umiferi di quota dove affiorano, nel settore più settentrionale, rocce carsificate; il secondo è una zona di particolare interesse geomorfologico, in quanto è presente una morfologia carsica di alta quota particolarmente estesa con fenomeni erosivi superficiali particolarmente evidenti (Zoppis, 1977; Filipello & Gentile, 1973).

2.3.3 - Copertura vegetale Nell’alta Val Formazza si può notare un abbassamento dei limiti delle fasce vegetazionali rispetto ad altre zone alpine, aspetto che è strettamente collegato con il limite inferiore delle nevi perenni. Questo limite, per esempio, nella zona Basòdino-Passo San Giacomo, può essere individuato attorno a 2800 m di quota rispetto a 3200-3300 m del versante meridionale del Monte Rosa e 3000 m del Bernina. Come conseguenza anche le fasce altimetriche vegetazionali subiscono relative modifiche; il larice, che segna il limite superiore della

21 vegetazione arborea, non supera in alta Val Formazza 2000 m (Valli del Morasco, del Gries e Vallone del Nefelgiù) mentre nelle valli meridionali del Monte Rosa può raggiungere 2400 m (Cristofolini & Pignatti, 1962). Dalla quota di 1900-2000 m la fisionomia del paesaggio vegetale manifesta la scarsa presenza di arbusti nani (alneti, rodoreti, vaccineti) che si ritrovano sostituiti dalle associazioni vegetali del piano alpino. In alta Val Formazza le associazioni vegetali più diffuse nelle fasce a substrato stabilizzato sono: Salicetum herbaceae, Caricetum curvulae, Empetro-Vaccinetum, Nardetum alpigenum. Altre associazioni significative anche se più limitate nella loro diffusione per condizioni edafiche più specifiche sono (Filipello & Gentile, 1973): associazioni dell’ordine Caricetalia fuscae in zone con costante presenza d’acqua, associazioni del Caricetum firmae dove si collocano substrati calcarei, associazioni Adenostyllon alliariae in vicinanza di alpeggi dove ci sia concentrazione alte di nitrati. In Val Toggia la formazione a Cirsium spinosissimum (L) Scop. è presente in tutte le zone a pascolo; questa formazione si colloca in fasce con le specie sistemate in successione costante: Cirsium spinosissimum occupa sempre la zona più alta, immediatamente al di sotto troviamo Alchemilla vulgaris L. che, più sotto ancora, cede il posto a Cerastium cerastioides (L.) Britton, nel caso ci sia rottura del pendio e accumulo di neve; nel caso di ristagno d’acqua per la presenza di piccole doline o inghiottitoi, Cerastium cerastioides lascia il posto a Eriophorum scheuchzeri Hoppe. Arbusteti a Salix glaucosericea L. sono insediati in zone a pietraia con grossi massi in assestamento sul versante del Càstel e su quello del Toggia. Più in particolare ai Laghi Boden sono state individuate 235 specie vegetali (Peccenini Gardini, 1985); grazie alla presenza di numerose pozze si possono localizzare erioforeti e tricoforeti, con tipiche specie vegetali igrofile, che rappresentano lo 0,8% delle 235 specie censite.

2.3.4 - Laghi Boden Superiore ed Inferiore

L. Boden Inferiore L. Boden Superiore

Immissario

Figura III - La collocazione dei Laghi Boden in Val Formazza

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Tabella 2 – Dati relativi all’ubicazione e alla morfologia dei Laghi Boden Superiore e Inferiore

Lago Boden S. Lago Boden I. Longitudine Est 08°27’14’’ 08°27’12’’ Latitudine Nord 46°26’26’’ 46°26’37’’ Altitudine m 2343 2334 Area lago Km2 0,029 0,052

Area bacino imbrifero Km2 0,91 0,30 Profondità massima m 6,3 6,5 Profondità media m 2,76 3,1

I laghi Boden sono di origine intramorenica, disposti a breve distanza l’uno dall’altro e collegati tra loro dall’emissario del Lago Superiore che si riversa nell’Inferiore. Il Lago Inferiore è inoltre alimentato da un altro immissario, proveniente dalla Bocchetta della val Maggia. La litologia si suddivide in rocce del Quaternario con depositi recenti di varia origine, Marmi, Gessi e Carniole appartenenti alla Falda Lebendun in cui vi è abbondanza di carbonati e solfati e Gneiss conglomeratici costituiti da quarzo e feldspato con minore quantità di miche. È possibile ipotizzare la presenza di fenomeni carsici nelle aree di affioramento di gessi, marmi e carniole. La copertura vegetale è composta in prevalenza di prateria alpina. Più in particolare ai Laghi Boden sono state individuate 235 specie vegetali; grazie alla presenza di numerose pozze si possono localizzare erioforeti e tricoforeti, con tipiche specie vegetali igrofile, che rappresentano lo 0,8% delle 235 specie censite. Come i Laghi Paione, i laghi Boden sono studiati con continuità dal punto di vista chimico dalla fine degli anni ’70, anche se con una frequenza inferiore (Rogora et al., 2003; 2013). Negli anni più recenti, anche grazie ad una collaborazione con ARPA Piemonte, gli studi sui due laghi sono stati intensificati, andando ad interessare anche l’immissario del Lago Inferiore.

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3 – Campionamenti e Metodi Il 4 ottobre 2016 sono stati eseguiti i campionamenti dei Laghi Paione Inferiore e Superiore. In questi laghi il campionamento viene eseguito in corrispondenza del punto di massima profondità, per raggiungere il quale è stato utilizzato un canotto gonfiabile. Il prelievo dei campioni d’acqua è stato eseguito con una bottiglia a alle seguenti profondità: 0, 5, 12 m per il Lago Inferiore, 0, 5, 9 m per il Lago Superiore. La temperatura lungo la colonna d’acqua è stata misurata mediante una sonda multiparametrica. I campioni per la determinazione dell'ossigeno disciolto sono stati prelevati separatamente in bottiglie in vetro da 150 ml con tappo in vetro smerigliato a becco di flauto, in modo da permettere il completo riempimento della bottiglia ed evitare la formazione di bolle d'aria quando le bottiglie vengono tappate. Al momento del prelievo del campione è stato inoltre fissato l'ossigeno disciolto tramite l'aggiunta di 1 ml di cloruro di manganese e 1 ml di ioduro-sodio azide. I campioni per le altre determinazioni sono stati raccolti in bottiglie di polietilene da 1 L.

Figura IV – Prelievo dei campioni d’acqua al Lago Paione Superiore

Il 19 ottobre 2016 è stato eseguito il campionamento dei Laghi Boden Superiore e Boden inferiore e dell’immissario di quest’ultimo. In questo caso il prelievo dei campioni d’acqua è stato eseguito da riva, in prossimità dell’emissario di ciascuno dei due laghi. La misura della temperatura è stata eseguita con un termometro a pozzetto. È stato inoltre recuperato il sensore di temperatura e conducibilità con data-logger posizionato nell’immissario del Boden inferiore. Tutti i campioni prelevati sono stati trasportati al laboratorio per le successive analisi, avendo cura di conservarli al buio e alla temperatura di 4 °C. Le analisi sono state completate mediamente nell’arco di 3-4 giorni.

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Figura V – Misura della temperatura mediante termometro a pozzetto al Lago Boden Inferiore

3.1 - Metodi analitici Le analisi chimiche eseguite presso il laboratorio del CNR ISE di Pallanza sui campioni dei laghi Boden e Paioni sono state le seguenti: temperatura, ossigeno disciolto (O2), pH, - 2- - + conducibilità, alcalinità totale, cloruri (Cl ), solfati (SO4 ), nitrati (NO3 ), ammonio (NH4 ), calcio (Ca2+), magnesio (Mg2+), sodio (Na+), potassio (K+), fosforo reattivo (RP), fosforo totale (TP), azoto totale (TN), silice (SiO2) e carbonio organico totale (TOC). I metodi analitici utilizzati e gli intervalli di misura sono riportati in Tab 3. Ulteriori dettagli sulle metodiche analitiche e sui controlli di qualità adottati nel laboratorio sono disponibili in Tartari e Mosello (1997) o al sito web http://www.idrolab.ise.cnr.it/

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Tabella 3 – Elenco delle variabili considerate, con il metodo analitico utilizzato e l’intervallo di misura. Variabile Unità di misura Intervallo analitico Metodi analitici pH 3 - 10 Pot. Ossigeno disciolto mg L-1 0,2 - 15 Vol. Tit. Conducibilità µS cm-1 0,5 - 800 Cond. Alcalinità meq L-1 0 - 10 Pot. Tit. Azoto totale mg N L-1 0,1 - 10 Spec./HTCO CLD Fosforo totale µg P L-1 3 - 400 Spec. Fosforo µg P L-1 3 - 400 Spec./QuAAtro/ICP Ammonio µg N L-1 5 - 3000 Spec./QuAAtro/IC Silice mg Si L-1 0,02 - 10 Spec./QuAAtro/ICP Cloruri mg L-1 0,02 - 20 IC Solfati mg L-1 0,1 - 100 IC/ICP Nitrati mg N L-1 0,01 - 6 IC Calcio mg L-1 0,03 - 100 IC/ICP Magnesio mg L-1 0,02 - 20 IC/ICP Potassio mg L-1 0,02 - 10 IC/ICP Sodio mg L-1 0,02 - 20 IC/ICP Carbonio mg L-1 0,5 - 10 HTCO NDIR

3.1.1 - pH Il pH, ovvero l’attività dello ione idrogeno (pH = -log aH+), viene determinato misurando la differenza di potenziale tra l’elettrodo di misura e l’elettrodo di riferimento immersi nella cella di misura contenente il campione; la forza elettromotrice che si genera tra gli elettrodi è descritta dalla legge di Nernst e corrisponde a 59,16 mV per unità di pH a 25°C.

3.1.2 - Ossigeno disciolto Per misurare l’ossigeno disciolto si utilizza il metodo di Winkler. La titolazione volumetrica basata sull’ossidazione dell’idrossido di manganese (II) a stati di valenza superiori da parte dell’ossigeno disciolto nel campione; la reazione avviene in ambiente alcalino. Con la successiva acidificazione in presenza di ioduro, il manganese si riduce a Mn (II), liberando iodio in qualità equivalente all’ossigeno inizialmente disciolto nel campione. Lo iodio liberato viene titolato con sodio tiosolfato in presenza di tiodene o salda d’amido come indicatore.

3.1.3 - Conducibilità La conducibilità elettrica è il reciproco della resistenza elettrica e rappresenta la capacità di una soluzione acquosa di trasferire la corrente elettrica. Essa dipende dall’attività e dal tipo degli ioni presenti nel campione, la cui mobilità è notevolmente influenzata dalla temperatura. Il metodo elettrochimico si basa sulla determinazione della resistenza elettrica della cella di misura, costituita da due elettrodi di platino platinato, inserita in un ponte di Kohlrausch a corrente alterna; la conducibilità elettrica viene espressa in µS cm-1 alla temperatura di 20 °C.

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3.1.4 - Alcalinità totale L’alcalinità totale viene misurata attraverso la titolazione volumetrica acido base dove gli ioni alcalini presenti nel campione vengono neutralizzati dall’aggiunta di titolante (HCl) eseguita da una buretta automatica. La lettura in continuo del pH permette di dosare le aggiunte di titolante fino al raggiungimento del pH inferiore al punto di flesso della titolazione (pH inferiore a 4,5); sotto questa soglia vengono eseguite sei aggiunte costanti di titolante nell’intervallo di pH 4,5 – 3,5 e dai valori ottenuti per ciascuna aggiunta viene calcolata l’alcalinità per regressione lineare secondo Gran (Gran, 1952).

3.1.5 - Composti del fosforo e dell’azoto e silice Per la determinazione dei composti di N e P e per la silice è stato utilizzato lo spettrofotometro SAFAS UV mc2che presenta le seguenti proprietà:

- intervalli di lunghezza d’onda 185 – 1050 nm - doppio raggio effettivo con uguale energia automaticamente ripartita su entrambi i raggi - accuratezza fotometrica ± 0,2 nm - risoluzione 0,1 nm - fenditura 2 nm - sorgenti luminose lampada al tungsteno e al deuterio con allineamento automatico - rilevatore a fotodiodi - derivata molto contenuta (<0,002 A/ora) a tutte le lunghezze d’onda - vano porta cuvetta da 0,5, 1, 2 e 5 cm di passo ottico. All’inizio dell’analisi con lo spettrofotometro vengono eseguite delle procedure di calibrazione dello strumento utili per ottenere dati attendibili e confrontabili. Inizialmente viene eseguito l’azzeramento con aria in assenza di cuvette; ciò permette di controllare la stabilità dello strumento e verificarne l’eventuale deriva. Successivamente viene eseguito l’azzeramento con acqua deionizzata nella cuvetta posta sul raggio di misura, allo scopo di controllare la qualità delle cuvette. Infine viene eseguita la lettura di tre bianchi in assorbanza che verificano la procedura analitica: tra i tre viene eseguito l’azzeramento con il bianco più rappresentativo o vicino al valore medio, sottraendo così dai campioni le varie fonti di inquinamento derivanti dai reattivi o dalle manipolazioni inerenti alla determinazione.

3.1.6 - Azoto e fosforo totale I composti organici contenti azoto e fosforo vengono contemporaneamente ossidati a nitrato ed ortofosfato con la miscela ossidante potassio persolfato, acido borico e sodio idrossido; l’ossidazione è simultanea grazie alla variazione tra pH 9,7 e 5 ottenuta dall’ossidazione del sistema acido borico – sodio idrossido. Dopo l’ossidazione l’azoto totale si determina per lettura diretta del nitrato alla lunghezza d’onda di 220 nm. Questa determinazione è possibile solo sul campione ossidato perché l’ossidazione disgrega i composti organici interferenti sulla lettura a 220 nm.

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3.1.7 - Fosforo reattivo Per il fosforo reattivo la determinazione si basa sulla reazione dell’ortofosfato con l’ammonio molibdato ed il potassio antimonio tartrato con formazione del complesso antimonio fosfomolibdico, a sua volta ridotto dall’acido L-ascorbico al colorante blu di molibdeno il cui spettro di assorbimento presenta il massimo di assorbanza a 890 nm.

3.1.8 - Azoto ammoniacale Per il processo di misura dell’azoto ammoniacale si utilizza il sodio nitroprussiato che agisce da catalizzatore con lo ione ammonio che reagisce con il gruppo fenolico presente nel sodio salicilato; l’azione ossidante del sodio dicloro isocianurato porta alla formazione del composto blu indofenolo il cui spettro presenta un massimo di assorbanza alla lunghezza d’onda di 695 nm.

3.1.9 - Silice reattiva Il metodo colorimetrico per la determinazione della silice reattiva disciolta si basa sulla reazione della silice con il sodio molibdato in condizioni acide, per formare il complesso silicomolibdato poi ridotto dal cloruro stannoso al colorante blu di molibdeno che viene determinato alla lunghezza d’onda di 802 nm.

3.1.10 - Principali Anioni e Cationi La cromatografia ionica è una delle tecniche analitiche più frequentemente utilizzate nella - 2- - 2+ 2+ + + determinazione degli anioni (Cl , SO4 , NO3 ) e dei cationi (Ca , Mg , K , Na ), anche a bassi livelli di concentrazione. Nel laboratorio del CNR ISE questa tecnica analitica è eseguita con strumentazione Dionex: - Anionico Dionex ICS3000 e DX320 soppressore AERS500 4mm, colonne AG11HC – AS11HC 4mm, eluente KOH 25ml/mol, con sistema di generazione automatica dell’eluente. - Cationico Dionex ICS3000 e DX500 soppressore CSRS300 4mm, colonne CG12A – CS12A, eluente MSA (acido metansolfonico) 20 mm/mol. Gli anioni si separano in base alla loro affinità con i siti attivi della resina; attraversano quindi il sistema di soppressione a micromembrana dove vengono convertiti nei loro corrispondenti acidi forti (HCl, HNO3, H2SO4); contemporaneamente l’eluente KOH subisce lo scambio del K+ con H+ con formazione di acqua a bassa conducibilità. I cationi si separano in base alla loro affinità con i siti attivi della resina; attraversano quindi il sistema di soppressione a micromembrana dove vengono convertiti nelle loro corrispondenti basi forti, contemporaneamente l’eluente MSA subisce lo scambio del metansolfonato con il gruppo OH- con formazione di acqua a bassa conducibilità. Il rivelatore conduttometrico, posto dopo il soppressore, permette l’identificazione delle diverse specie anioniche sulla base dei tempi di ritenzione, mentre la loro quantificazione si ottiene dall’area dei picchi, in seguito a una adeguata calibrazione.

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3.1.11 - Carbonio organico totale Il TOC (carbonio organico totale) è la porzione di carbonio organico che rimane dopo l’acidificazione del campione tal quale (senza filtrazione) ed eliminazione del carbonio inorganico come la CO2. Il TOC dovrebbe in linea teorica contenere anche la porzione volatile, spesso però viene misurato su campioni nei quali tale frazione è già stata rimossa. La determinazione del TOC è stata eseguita con lo strumento Skalar FORMACS seriesTOC/TN ANALYSER, composto da un autocampionatore, l’analizzatore TC con rivelatore IR e dal rivelatore esterno a chemiluminescenza ND20 per la determinazione dell’azoto. Lo strumento consente infatti la contemporanea determinazione di TOC e TN. Tutti i componenti sono connessi al software Skalar Access versione 1.03 per la gestione strumentale e l’acquisizione dei dati; affiancato al sotfware Skalar per l’elaborazione dei segnali provenienti dai rivelatori viene utilizzata anche l’interfaccia Dionex UCI-100 con il software Dionex Chromeleon versione 6.70 che offre notevoli possibilità aggiuntive per l’elaborazione dei segnali, le calibrazioni e la gestione dei risultati analitici. Per la misura del carbonio si applica il seguente metodo: una aliquota di campione (50-200 uL) viene iniettata all’interno di una camera di combustione a 850°C costituita da un tubo di quarzo contenente il catalizzatore ossidativo (CeO2). Il carbonio e tutte le specie azotate presenti nelle varie forme dei composti organici e inorganici vengono ossidate rispettivamente a CO2 e NO. I prodotti della combustione, spinti dal gas trasportatore O2, vengono raffreddati in due trappole di condensazione di cui una ad effetto Peltier a 2°C. Successivamente la CO2 viene determinata in un rivelatore a infrarossi a 4,2 um e gli NO dopo ozonizzazione con trasformazione in NO, vengono determinati nel rivelatore a chemiluminescenza (CLD).

3.2 - Controlli di qualità L'aspetto analitico costituisce solo una fase del processo di misura, le procedure di campionamento, infatti, incidono generalmente in maniera sensibile sulla significatività del risultato finale, ovvero sulla sua rappresentatività e sul suo valore descrittivo del sistema in esame. Gli errori più comuni riguardano la non rappresentatività del campionamento e la possibilità di inquinamenti. Con l’uso delle carte di controllo della ripetibilità applicate a bianchi, standard di calibrazione, campioni naturali e sintetici, dal confronto e dall'ottimizzazione di diverse tecniche analitiche e dei loro limiti di rivelabilità e con la regolare partecipazione a cicli di intercalibrazione nazionali ed internazionali, è possibile ottimizzare i metodi analitici per lo studio dell’evoluzione temporale delle acque superficiali e delle deposizioni atmosferiche. Un esempio di carta di controllo prodotta nel laboratorio del CNR ISE è riportato in Fig VI.

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3.2.1 - Controlli di qualità interni

Figura VI – Esempio di carta di controllo dei bianchi nell’analisi dell’azoto ammoniacale in spettrofotometria

Le carte di controllo sono uno strumento statistico per lo studio e il controllo di processi ripetitivi (ISO 8258:1991). In spettrofotometria, cromatografia ionica e nell’analisi di carbonio ed azoto in combustione catalitica, vengono utilizzate per bianchi e ripetibilità, mentre per tutte le altre tecniche analitiche si utilizzano per la ripetibilità su campioni naturali o sintetici. La carta di controllo per un metodo analitico è un campione reale o sintetico filtrato e stabilizzato con l’aggiunta di conservanti e mantenuto in frigorifero a 4°C; i prelievi e le manipolazioni di questo campione vanno eseguiti con la massima cura, evitando inquinamenti che possono inserire variabilità indipendenti dal metodo analitico. L'analisi della carta di controllo per la ripetibilità viene eseguita per 4-8 mesi, ogni volta che si esegue la determinazione di quell’analita. I risultati ottenuti dai diversi operatori devono essere compresi nella variabilità storica definita per quel metodo a quei valori di concentrazione. Il buon andamento di una carta di controllo indica che processo e operatori all’interno del laboratorio rispettano gli obiettivi di ripetibilità prefissati per quella determinazione. Dall’elaborazione dei valori ottenuti al termine del periodo di utilizzo dalla singola carta di controllo, si ottiene la variabilità del metodo per quel periodo. I valori di ripetibilità ottenuti da diverse carte di controllo ed espressi come deviazione standard relativa (R.S.D.), rappresentativi di tutto l’intervallo analitico considerato, permettono di valutare la ripetibilità storica del metodo. Il confronto fra le concentrazioni di anioni e cationi unitamente al confronto tra conducibilità misurate e calcolate, costituisce il metodo di controllo delle analisi più comunemente accettato ed utilizzato per le acque dolci e le acque di pioggia (Tartari & Mosello, 1997). Lo scostamento % dall'uguaglianza delle concentrazioni di anioni e cationi viene calcolato fra la differenza delle concentrazioni di cationi ed anioni, espresse in µeq L-1, rispetto alla metà della concentrazione ionica globale. La concordanza complessiva delle determinazioni viene verificata anche dal confronto fra conducibilità misurata e conducibilità calcolata a diluizione infinita, ottenuta dalla somma dei prodotti delle concentrazioni dei

30 singoli ioni per le rispettive conducibilità ioniche equivalenti a diluizione infinita, poi corretta per la forza ionica. La soglia di differenze percentuali su bilancio ionico e conducibilità calcolata, oltre la quale le analisi vengono ripetute, varia in funzione del contenuto ionico totale. Un altro controllo è quello del bilancio di azoto e fosforo, attuato verificando che le forme totali di fosforo e azoto siano superiori alle rispettive somme delle forme inorganiche:

P Totale > P-PO4 N Totale > (N-NO3 + N-NO2 + N-NH4) Queste validazioni dei risultati, eseguite immediatamente al termine delle analisi (solitamente entro 3-5 giorni dal campionamento), permettono di rianalizzare in tempi brevi quei campioni che non superano i controlli di qualità descritti. Nel caso dei campioni analizzati nel corso del lavoro di tesi, tutti i dati sono stati validati a seguito dei controlli di qualità e inseriti nel database CNR ISE dei dati chimici dei laghi alpini allo scopo di aggiornare le serie storiche esistenti.

Il limite di rivelabilità o detezione (LOD) ed il limite di quantificazione (LOQ) sono un’importante caratteristica del metodo analitico che identifica il limite inferiore di concentrazione sotto il quale il campione non può essere rivelato (LOD) o quantificato (LOQ) con sufficiente probabilità statistica. Questi limiti possono essere calcolati con diversi approcci dipendenti dalla tecnica analitica considerata o dal criterio statistico utilizzato. I criteri di calcolo di LOD e LOQ utilizzati nel laboratorio di idrochimica del CNR-ISE di Verbania sono quello IUPAC della variabilità dei bianchi o di uno standard prossimo a questo limite, quello della soglia di ripetibilità del 33 % e 10 % rispettivamente per LOD e LOQ, oppure l’intervallo di predizione al 95 % delle regressioni di calibrazione. L’intervallo di misura calcolato per ciascuna variabile nel laboratorio del CNR ISE è riportato in Tab. 3.

3.2.2 - Controlli di qualità esterni I controlli di qualità esterni sono quelli eseguiti su campioni di provenienza esterna al laboratorio e quindi indipendenti da tutte le preparazioni interne ed analizzati come campioni incogniti nella routine analitica del laboratorio. Nel laboratorio del CNR-ISE di Verbania vengono regolarmente analizzati campioni certificati per acque superficiali o acque di pioggia. Questi campioni vengono introdotti nella routine analitica ed analizzati possibilmente con tutte le tecniche disponibili, confrontando i valori ottenuti con quelli attesi tenendo conto delle diverse incertezze analitiche associate. Un’applicazione particolare degli esercizi interlaboratorio è costituita dalla certificazione delle concentrazioni di particolari ioni o composti in soluzioni di provata stabilità. Questo permette di ottenere campioni di elevata affidabilità analitica, le cui caratteristiche sono certificate dall’Ente organizzatore che a livello europeo è il Bureau Communitaire de Reference (BCR) diventato poi Institute for Reference Materials and Measurements. Esso permette infatti il confronto fra metodologie estremamente diversificate per la misura di uno stesso analita ed il confronto con le procedure usate in altri laboratori, permettendo un esame critico di quanto svolto nel proprio laboratorio. Un altro esempio di controllo di qualità esterno, regolarmente applicato nel laboratorio del CNR ISE è la regolare partecipazione agli esercizi di intercalibrazione (proficiency test). Esempi a livello nazionale sono le intercalibrazioni UNICHIM su acque per uso potabile,

31 acque di scarico e matrici solide ambientali, mentre a livello internazionale nell’ambito dei progetti di ricerca dell’Unione Europea UNECE, il CNR ISE partecipa ai circuiti per le acque superficiali organizzati dal NIVA (Norwegian Institute for Water Research) e per le acque di pioggia in ambito EMEP.

3.3 - Dati meteorologici e deposizioni atmosferiche Nell’ambito della tesi è stata aggiornata ed utilizzata la banca dati climatica dell’Ossola Superiore, comprendente una serie di stazioni comprese tra 1300 m e i 2500 m di quota (Tab. 4). Le caratteristiche delle stazioni e la loro collocazione sono descritte in dettaglio in Cat Berro et al. (2014). Le misure di variabili meteorologiche in Ossola hanno avuto inizio nel 1871 attraverso la fondazione, nell’ambito della “Corrispondenza Metereologica Alpino- Appennina” voluta da padre Francesco Denza, dell’Osservatorio di Domodossola (Bertolotto et al., 2014). I dati inizialmente erano gestiti dalla Società Metereologica Italiana retta dal Denza, in seguito dal Regio Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica a Roma (Cat Berro et al., 2014). Negli anni 1930, alle misure presso la stazione di Domodossola, si aggiunsero gli strumenti metereologici annessi ai nuovi impianti idroelettrici ENEL (centrali e dighe) che prevedevano misure di temperatura, precipitazioni e innevamento. A partire dalla fine degli anni 1980, presso alcuni di questi siti, sono subentrate delle stazioni automatiche afferenti alla Rete dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) del Piemonte. Complessivamente il numero di stazioni metereologiche ufficiali attive nell’Ossola Superiore è salito da 13 unità nel 1920, a circa 25 tra gli anni 1950 e 1980, fino a 35 nel 2005, includendo le nuove stazioni ARPA dotate di serie più brevi (Cat Berro et al., 2014). La banca dati utilizzata nell’ambito della tesi è composta dai dati giornalieri di temperatura, precipitazioni e spessore del manto nevoso. Le fonti primarie di questi dati derivano dalle schede manoscritte compilate dal personale ENEL in servizio presso le dighe e centrali idroelettriche, e conservate negli archivi della sede Enel a Domodossola e del CNR-ISE a Pallanza. Le stazioni utilizzate in questo lavoro di tesi sono le seguenti: Agaro, Campliccioli, Camposecco, Alpe Cavalli, Codelago, Morasco, Sabbioni, Toggia e Vannino (Tab. 4). Questi dati sono stati utilizzati per una descrizione complessiva del clima nell’area di studio e per l’analisi delle variazioni a lungo termine. I dati della stazione di Toggia, in particolare, sono stati utilizzati per le elaborazioni relative alla chimica del Laghi Boden. Per i Laghi Paione si sono utilizzati invece i dati della stazione automatica gestita da ARPA Piemonte e situata presso il Lago Paione Superiore. I dati sono disponibili on-line al seguente link: http://www.arpa.piemonte.gov.it/rischinaturali/accesso-ai-dati/annali_meteoidrologici/annali- meteo-idro/banca-dati-meteorologica.html. Poiché questa stazione non rileva dati di neve al suolo, e in val Bognanco non sono attive stazioni di misura di questa variabile, lo spessore medio e la durata della copertura di neve al suolo presso i laghi Paione sono stati ricostruiti utilizzando i dati di alcune stazioni dell’Ossola Superiore situate a quote simili.

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Figura VII – Stazione meteo ARPA Piemonte situata presso il Lago Paione Superiore

Tabella 4 - Caratteristiche delle stazioni meteorologiche dell’Ossola Superiore utilizzate nel lavoro di tesi. Stazione Comune Latitudine Longitudine Altitudine Inizio N E m. s.l.m. misure Lago Agaro (ENEL) Baceno 46.18 8.17 1561 1913 Lago Alpe Cavalli (ENEL) Antrona 46.09 8.11 1502 1928 Schieranco Lago Campiccioli (ENEL) Antrona 46.05 8.07 1356 1928 Schieranco Lago Camposecco (ENEL) Antrona 46.06 8.05 2330 1933 Schieranco Lago Codelago (ENEL) Baceno 46.35 8.29 1846 1916 Lago Morasco (ENEL) Formazza 46.42 8.40 1817 1946 Lago Sabbione (ENEL) Formazza 46.42 8.35 2462 1950 Lago Toggia (ENEL) Formazza 46.44 8.43 2200 1932 Lago Vannino (ENEL) Formazza 46.32 8.37 2180 1929 Lago Paione S. (ARPA) Bognanco 46.17 8.19 2269 2000

Accanto alle variabili meteo-climatiche, un importante fattore di variazione della chimica dei laghi è dato dalle deposizioni atmosferiche, in particolare di acidità e dei composti di zolfo e azoto. Nell’analizzare le tendenze evolutive dei laghi si sono considerati quindi i dati a lungo termine sulla chimica delle deposizioni atmosferiche nella stazione di Domodossola (Fig. I). I campioni di pioggia vengono raccolti settimanalmente mediante un campionatore wet-only, che raccoglie solo la frazione umida della deposizione, e successivamente analizzati presso il

33 laboratorio del CNR ISE, per le stesse variabili considerate nelle acque lacustri (Rogora et al., 2016). Dai dati settimanali sono state calcolate le concentrazioni medie annue ponderate sui volumi delle principali variabili chimiche, e da queste ultime, moltiplicando per il volume di pioggia, i valori di deposizione media annua per acidità, solfati, azoto nitrico ed azoto ammoniacale.

3.4 - Archiviazione ed elaborazione dati Tutti i dati, sia chimici che meteorologici, utilizzati nella tesi sono stati archiviati ed elaborati mediante fogli di calcolo Excel. Attraverso i dati ottenuti mediante le analisi in laboratorio è stato possibile aggiornare lo storico dei dati chimici e confrontare l’andamento dagli anni 1980 ad oggi.

I dati metereologici del 2015 e 2016 sono stati digitalizzati su foglio Excel e confrontati con il trentennio 1970 – 2000 (2001-2014 per la stazione al Lago Paione Superiore) per analizzare l’andamento di temperature e precipitazioni nel corso dell’ultimo biennio e confrontarlo con l’andamento medio di lungo periodo. Per descrivere il clima nell’area di studio ed in particolare le sue variazioni nel trentennio coperto dai dati di chimica dei laghi (1984-2016) è stato utilizzato l’indice di anomalia standardizzato (SAI), dato dal rapporto tra la differenza dei valori annuali rispetto alla media di lungo periodo e la deviazione standard. L’indice può assumere valori superiori a zero (anomalia positiva: valori sopra la media) o inferiori a zero (anomalia negativa: indice sotto la media). L’analisi dei trend a lungo termine nella chimica dei laghi è stata condotta con il Test di Mann-Kendall (Hirsch et al., 1982), utilizzando il software MAKESENS 1.0 (Salmi et al., 2002); la pendenza del trend è stata calcolata con il metodo di Sen (1968). Con l’utilizzo della regressione lineare multipla, metodo stepwise, si sono invece analizzate le relazioni tra le variabili chimiche da un lato e i dati meteo-climatici e le deposizioni dall’altro, per individuare i principali fattori che influenzano la chimica dei laghi.

34

4 - Risultati e discussione 4.1 - Idrochimica dei Laghi Paione e Boden nel 2016 La tabella 5 riporta i risultati delle analisi chimiche eseguite sui campioni dei laghi raccolti ad ottobre 2016. Questo campionamento è stato scelto per descrivere le caratteristiche chimiche dei laghi in quanto rappresentativo del periodo di maggior stabilità idrologica e chimica (autunno).

Tabella 5 - Risultati delle analisi chimiche sui campioni dei Laghi Paione e Boden raccolti rispettivamente il 4 e il 19 ottobre 2016. T. Alc.: alcalinità totale. TN: azoto totale. TOC: carbonio organico totale. Si: Silicati. L. Paione L. Paione L. Boden L. Boden Superiore Inferiore Superiore Inferiore Temp. [ C° ] 9,0 12,5 2,0 1,8 pH 6,6 6,8 7,7 7,7 Cond. [µS cm-1 a 20 °C] 7,3 12,8 58,7 71,2 Si [mg Si l-1] 0,12 0,71 0,92 0,81 + -1 NH4 [µeq l ] 0,7 0,5 0,4 1,2 Ca2+ [µeq l-1] 47 89 539 649 Mg2+ [µeq l-1] 7 11 44 54 Na+ [µeq l-1] 9 15 20 20 K+ [µeq l-1] 8 10 22 27 T. Alc. [µeq l-1] 25 65 491 560 Cl- [µeq l-1] 6 6 3 4 2- -1 SO4 [µeq l ] 19 29 124 178 - -1 NO3 [µeq l ] 17 23 10 5 TN [mg N l-1] 0,38 0,39 0,19 0,22 TOC [mg C l-1] 0,70 0,31 0,28 0,47 TP [µg P l-1] 4,4 2,0 2,0 3,0

In entrambe le coppie di laghi la composizione chimica vede una prevalenza di calcio tra i cationi (34 % del contenuto ionico totale), e di bicarbonati (rappresentati dall’alcalinità) tra gli anioni. La forma prevalente di azoto nelle acque è quella nitrica, che rappresenta circa il 90% del totale; le concentrazioni di azoto ammoniacale ed organico sono pressoché trascurabili. I laghi presentano concentrazioni di fosforo moto basse (< 5µg l-1), tali da permettere di classificarli come oligotrofi o ultraoligotrofi. Anche le concentrazioni di TOC sono molto basse (inferiori a 1,0 mg C l-1), ad indicare il basso contenuto di sostanza organica nelle acque. I dati evidenziano fin da subito la marcata differenza dell’idrochimica tra i Laghi Paione da un lato e i Laghi Boden dall’altro. È da ricordare che i Laghi Paione sono situati in un bacino composto prevalentemente da rocce acide poco solubili, mentre il bacino dei Laghi Boden comprende anche rocce di tipo calcareo (Rogora et al., 2003). A causa di queste differenze si osserva come il contenuto di soluti nei Laghi Boden è significativamente maggiore rispetto ai

35

Laghi Paione (conducibilità di 60-70 µS cm-1 rispetto a 7-13 µS cm-1). In particolare, le maggiori concentrazioni di alcalinità e calcio e il pH più elevato indicano come i Laghi Boden non siano da considerarsi laghi sensibili all’acidificazione, al contrario dei Laghi Paione che presentano tutt’oggi bassi valori di pH e alcalinità (25 e 65 µeq l-1 rispettivamente per il lago Superiore e Inferiore). Un’ulteriore differenza tra i due gruppi di laghi riguarda le concentrazioni di nitrati, ione il cui apporto ai laghi è da attribuire pressoché esclusivamente alle deposizioni atmosferiche: le minori concentrazioni nei Laghi Boden dipendono dal maggior uptake da parte dei suoli e della vegetazione presenti nel bacino. Nei Laghi Paione invece, la scarsa presenza di suolo nel bacino, impedisce che l’apporto atmosferico venga modificato significativamente dal punto di vista chimico prima di arrivare al lago: le concentrazioni di nitrati sono infatti molto simili a quelle che si riscontrano nei campioni di deposizione atmosferica (15-20 µeq L-1; Rogora et al., 2016). Di origine atmosferica sono anche i solfati presenti nelle acque dei Laghi Paione, che presentano attualmente valori di 23- 30 µeq l-1 (Tab. 5). Nelle acque dei Laghi Boden le concentrazioni molto più elevate di questo ione sono da attribuire invece al weathering di rocce contenenti solfato di calcio presenti nel bacino (gessi). I due Laghi Paione a loro volta si differenziano chimicamente l’uno dall’altro, nonostante la vicinanza e il fatto che le acque del Lago Superiore alimentano parzialmente il Lago Paione Medio e l’Inferiore. Le differenze tra i due laghi sono da attribuire al fatto che il bacino dell’Inferiore contiene, anche se in misura limitata, rocce più solubili e con un maggior contenuto in cationi basici e bicarbonati (Mosello et al., 2000). Questo giustifica le lievi differenze nei valori di alcalinità, ma anche di calcio (47 rispetto ad 89 µeq l-1) e degli altri cationi, oltre che della conducibilità (Tab. 5).

Anche i due Laghi Boden si differenziano tra loro dal punto di vista chimico, in particolare per quanto riguarda le concentrazioni di calcio (oltre 100 µeq l-1 in più nel Lago Inferiore) e solfati (178 µeq l-1 nel lago Inferiore rispetto ai 124 µeq l-1 del Superiore). I due laghi sono collegati attraverso l’emissario del Lago Superiore che alimenta l’Inferiore. Di conseguenza le differenze chimiche sono verosimilmente da attribuire al secondo immissario del Lago Inferiore, situato sulla sponda sud-occidentale e proveniente dalla Bochetta della Val Maggia, il cui chimismo verrà descritto successivamente.

Paione Superiore Bilancio ionico 130 120 110 100

90

) 1

- 80 70 60

Ioni (µeq IoniL 50 40 30 20 10 0 Luglio 2016 Settembre 2016 Ottobre 2016

H+ N-NH4+ Ca2+ Mg2+ Na+ K+ T.Alc F- Cl- SO4= N-NO3-

36

Paione Inferiore Bilancio ionico 130 120 110 100

90

) 1

- 80 70 60

Ioni (µeq IoniL 50 40 30 20 10 0 Luglio 2016 Settembre 2016 Ottobre 2016

H+ N-NH4+ Ca2+ Mg2+ Na+ K+ T. Alc. F- Cl- SO4= N-NO3-

Figura VIII – Bilancio ionico dei Laghi Paione Superiore ed Inferiore nei tre periodi di campionamento dell’anno 2016 (valori medi sulla colonna d’acqua).

Per valutare la variabilità stagionale delle concentrazioni degli ioni principali, il bilancio ionico dei Laghi Paione (valori medi sulla colonna d’acqua) nei tre periodi di campionamento del 2016 è riportato in Fig. VIII. Il bilancio ionico è presentato sotto forma di due istogrammi, uno che riporta le concentrazioni dei principali cationi (specie ioniche con carica positiva) e l’altro degli anioni (specie ioniche con carica negativa). Come si può osservare, la differenza tra le concentrazioni totali di cationi e anioni è inferiore al 5% A luglio i laghi sono nella fase immediatamente successiva al disgelo e l’apporto d’acqua proveniente dallo scioglimento della neve comporta una diluizione e una minor concentrazione di soluti nel lago. Si osservano però concentrazioni leggermente superiori di nitrati rispetto ai mesi successivi (es. 26 µeq l-1 rispetto a 16 µeq l-1 in ottobre nel Lago Superiore), a causa del fatto che il runoff che arriva al lago al disgelo è ricco di nitrati di origine atmosferica; per lo stesso motivo il pH e l’alcalinità dei laghi presentano il valore minimo proprio in questo periodo dell’anno. Col procedere della stagione il lago raggiunge delle condizioni di maggior stabilità dal punto di vista idrologico, con una progressiva riduzione dell’apporto di acque dovuto al disgelo. Di conseguenza si assiste a un progressivo aumento dei valori di pH e alcalinità (da 20 a 26 µeq l-1 nel Lago Superiore e da 40 a 64 µeq l- 1 nell’Inferiore) e dei cationi basici (es. calcio da 36 a 46 e da 55 a 89 µeq l-1, rispettivamente), più evidente nel caso del Lago Paione Inferiore (Fig. VIII).

37

Boden Superiore Bilancio ionico 800

700

600 )

1 500 -

400

Ioni (µeq (µeq IoniL 300

200

100

0 Luglio 2016 Settembre 2016 Ottobre 2016

H+ N-NH4+ Ca2+ Mg2+ Na+ K+ T.Alc F- Cl- SO4= N-NO3-

Boden Inferiore Bilancio ionico 800

700

600 )

1 500 -

400

Ioni (µeq (µeq IoniL 300

200

100

0 Luglio 2016 Settembre 2016 Ottobre 2016

H+ N-NH4+ Ca2+ Mg2+ Na+ K+ T.Alc F- Cl- SO4= N-NO3-

Boden Inferiore immissario Bilancio ionico 1200

1000

800

)

1 -

600

Ioni (µeq (µeq IoniL 400

200

0 Luglio 2016 Settembre 2016 Ottobre 2016

H+ N-NH4+ Ca2+ Mg2+ Na+ K+ T.Alc F- Cl- SO4= N-NO3-

Figura IX - Bilancio ionico dei Laghi Boden Superiore ed Inferiore e dell’immissario del Lago Inferiore nei tre periodi di campionamento dell’anno 2016.

38

Il bilancio ionico dei Laghi Boden e dell’immissario del Lago Inferiore nei tre periodi di campionamento, luglio, settembre e ottobre, è anch’esso messo a confronto in Fig. IX. A differenza dei Laghi Paione, i Laghi Boden presentano concentrazioni sensibilmente maggiori di soluti, i quali mostrano una tendenza all’aumento nel corso dei mesi estivi. Le differenze maggiori si riscontrano tra i mesi di luglio e settembre, a causa dell’effetto del disgelo a inizio estate, mentre tra settembre e ottobre i laghi mostrano un chimismo più stabile. Nel lago Boden Superiore ad esempio il calcio tende a salire da 476 µeq l-1 in luglio a 539 µeq l-1 in ottobre, l’alcalinità totale da 441 µeq l-1 a 491 µeq l-1 ed i solfati da 98 µeq l-1 a 123 µeq l-1. Nel lago Boden Inferiore si osserva una tendenza analoga ma con aumenti ancora più accentuati: il calcio passa infatti da 548 µeq l-1 a 648 µeq l-1, l’alcalinità totale da 512 µeq l-1 a 560 µeq l-1 ed i solfati da 109 µeq l-1 a 177 µeq l-1. Le concentrazioni più elevate di soluti del Lago Inferiore e anche la tendenza ad un loro maggior incremento nel corso dell’estate può essere attribuita agli apporti provenienti dall’immissario (Fig. IX), anch’esso campionato ed analizzato nel corso dell’ambito del lavoro di tesi. Il corso d’acqua presenta infatti concentrazioni particolarmente elevate di alcuni ioni, in primo luogo calcio (oltre 900 µeq l-1 nel campione di ottobre 2016) e solfati -1 (490 µeq l ), ad indicare la probabile presenza di gessi (CaSO4) nell’areale drenato. I valori inoltre aumentano sensibilmente da luglio a ottobre, come conseguenza (1) della progressiva concentrazione di soluti nelle acque, via via che diminuisce l’apporto idrico dovuto al disgelo (Johannessen & Henriksen, 1978); (2) dai processi di weathering, che si intensificano all’aumentare delle superfici libere dalla copertura nevosa e quindi esposte all’azione del dilavamento (Rogora et al., 2003). Nelle acque emissarie il solfato rappresenta inoltre una percentuale rilevante del contenuto ionico totale, che arriva al 23%, quindi paragonabile al contributo dei bicarbonati (25%). Nei laghi l’importanza relativa del solfato è invece di circa il 10% nel Lago Superiore e 14% nell’Inferiore, comunque inferiore a quella dei bicarbonati (rispettivamente 39 e 36%). Infine il contributo del calcio, così come quello degli altri cationi basici, si presenta simile sia nelle acque lacustri (43%) che in quelle del torrente immissario (45%). Questi dati nel loro complesso indicano come l’apporto di acqua dall’immissario, e quindi da una porzione specifica del bacino del Lago Inferiore, contribuisca a spiegare le differenze di chimismo tra i due laghi così come le variazioni stagionali.

4.2 – Il clima nell’area di studio Grazie alla presenza delle stazioni ENEL e ARPA Piemonte presenti in Val d’Ossola (Tab. 4) a diverse quote è possibile descrivere il clima locale di questa area. In Tab. 6 sono riportati i valori medi delle temperature minime, massime e medie, delle precipitazioni, dello spessore medio (nella media non sono compresi i mesi estivi) e dei giorni con copertura di neve al suolo riferiti al periodo dal 2001 al 2015. Le temperature medie rilevate nelle stazioni al di sopra dei 2000 m sono comprese tra 0,7 °C (Toggia) e 2,4 °C (Camposecco), con minimi tra -1 e -3 °C circa e massimi tra 4 e 6 °C. In generale i valori di temperatura non rispecchiamo solo l’altitudine della stazione ma anche la collocazione e la conseguente esposizione: ne sono un esempio i valori di Toggia, in Val Formazza, inferiori rispetto a quelli di Camposecco, in Valle Antrona. Nelle stazioni in alta

39 quota la neve presenta spessori medi compresi tra 127 e 141 cm e permane al suolo per circa 200 giorni all’anno. Le precipitazioni sotto forma di pioggia sono attorno ai 1100-1200 m annui. È importante sottolineare come queste precipitazioni non corrispondono a quelle totali in quanto non comprendono la frazione nevosa. Scendendo di quota (tra i 1350 ed i 1800 m) si osservano temperatura medie annue comprese tra i 3,8 °C di Codelago e gli 8,3 °C di Campliccioli, la stazione alla quota inferiore tra quelle considerate. I giorni di neve al suolo scendono a 120-180 all’anno e lo spessore medio a valori compresi tra i 30 cm e i 110 cm, mentre le precipitazioni piovose a queste quote sono maggiori (1300-1500 mm). La stazione meteo situata presso il Lago Paione Superiore permette di descrivere in dettaglio il clima che caratterizza il vallone in cui sono situati i laghi. La temperatura media annua nel periodo 2001-2015 è stata di 2,3 °C, superiore di 1,6 °C al valore di Toggia, situata ad una quota simile e in prossimità della quale sono collocati i Laghi Boden. Considerando le stazioni di Morasco, Sabbione, Toggia e Vannino nel loro complesso, si può caratterizzare il clima dell’alta Valle Formazza, che presente una temperatura media annua di 1,7 °C, circa 118 cm medi di neve e 200 giorni all’anno con neve al suolo. Tabella 6 – Valori medi di alcune variabili meteorologiche in diverse stazioni ENEL in Val d’Ossola e nella stazione ARPA Piemonte al L. Paione Superiore. I dati si riferiscono al periodo 2001-2015. Per le caratteristiche delle stazioni si rimanda a Tab. 4.

Spessore Durata Quota Tmin Tmax Tmed Pioggia medio neve al Stazione (m s.l.m.) (°C) (°C) (°C) (mm) neve al suolo suolo cm giorni Paione Superiore 2269 -1,0 5,6 2,3 1134 - - Campliccioli 1356 4,1 12,5 8,3 1547 32,4 131 Alpe Cavalli 1502 2,9 10,0 6,4 1307 31,3 120 Agaro 1561 2,1 8,8 5,5 1416 46,8 142 Morasco 1817 0,9 7,2 4,1 1278 26,7 177 Codelago 1846 0,3 7,4 3,8 1431 116,4 187 Vannino 2180 -2,5 5,7 1,6 1208 127,3 193 Toggia 2200 -3,1 4,5 0,7 1174 141,5 210 Camposecco 2330 -0,7 5,4 2,4 1118 104,5 206 Sabbione 2462 -2,9 3,8 0,4 1066 176,7 224

Grazie alle stazioni meteo ENEL situate presso gli invasi, per diverse stazioni nell’Ossola Superiore (definita come regione alpina a monte di Pallanzeno nell’alto bacino del fiume Toce) sono disponibili serie ultradecennali di dati giornalieri di temperatura, precipitazioni e neve al suolo (Cat Berro et al., 2014). Grazie ad un lavoro di digitalizzazione, archiviazione ed elaborazione di queste serie di dati a lungo termine condotto dalla Società Meteorologica Italiana (SMI) in collaborazione con il CNR ISE, è stato possibile creare una banca dati meteo relativa all’Ossola Superiore e descrivere l’evoluzione a lungo termine dei dati meteorologici (Cat Berro et al., 2014). Nell’ambito del lavoro di tesi, questa banca dati è stata aggiornata con i dati 2015 e 2016 (fino al mese di settembre incluso) a partire dai dati giornalieri raccolti nelle schede delle diverse stazioni. Le tendenze a lungo termine per tutto l’areale, come indici di anomalia (SAI) per il periodo dal 1929 al 2015, sono riportate nelle figure X-XIII.

40

Tra il 1935 ed il 1941 si è verificato un periodo con temperature inferiori al trentennio di riferimento considerato (1961-90). Tra il 1941 al 1950 le temperature si mantengono prevalentemente sopra la media, con il 1943 a particolarmente caldo. Gli anni ‘50 mostrano una variabilità con alternanze tra anni leggermente più caldi ed anni leggermente più freddi della media. Dal 1962 ha inizio un periodo di anni prevalentemente freddi, che prosegue fino al 1985. Dalla metà degli anni ’80 le temperature e valori pressoché stabilmente al di sopra della media 1961-90 (unica eccezione il 2010). Tra gli anni più caldi si possono osservare il 1994, il 2007, il 2011 ed il 2015, che risulta essere l’anno più caldo della serie. Complessivamente l’aumento di temperatura nel periodo è stato +1,2°C/secolo (Cat Berro et al., 2014).

2,5 2,0 1,5 1,0 0,5 0,0 -0,5 -1,0

-1,5

1929 1941 1947 1953 1965 1971 1977 1989 1995 2001 2013 1935 1959 1983 2007

Figura X – Indici di anomalia termica annua per l’Ossola Superiore per il periodo 1929 – 2015. Le barre rosse e blu indicano rispettivamente gli anni più caldi e più freddi rispetto alla media 1961 – 90. La linea nera rappresenta la media mobile di ordine 9.

Nella fig. XI è riportato l’indice di anomalia pluviometrica annua ottenuto dagli scarti dei valori annui di precipitazione rispetto alla media 1961-90. Si può osservare come tra il 1913 ed il 1942 la valle sia stata interessata da anni molto piovosi, in particolare il 1916, e da alcuni anni con scarse precipitazioni. Tra gli anni più piovosi troviamo il 1951, il 1977 ed il 2000, mentre tra gli anni più asciutti il 1943, 1955, 1980, 1985 e 1989. Nel periodo recente, anni con scarse precipitazioni sono stati in particolare il 2003, il 2005 ed il 2014. Nel complesso non si evidenzia alcun trend, anche se nel periodo più recente sembrano prevalere gli anni con precipitazioni inferiori alla media.

41

3,0

2,0

1,0

0,0

-1,0

-2,0

1913 1928 1933 1938 1943 1948 1953 1958 1968 1973 1978 1983 1988 1993 1998 2013 1918 1923 1963 2003 2008

Figura XI – Indici di anomalia pluviometrica annua per l’Ossola Superiore per il periodo 1913-2015. In blu gli anni più piovosi della media 1961-90, in rosso quelli più asciutti. La linea nera rappresenta la media mobile di ordine 9.

Nella fig. XII si osserva l’andamento interannuale dello spessore medio della neve al suolo; anche in questo caso utilizzando l’indice standardizzato di anomalia. Il trentennio di riferimento è, come per temperatura e precipitazioni, quello 1960- 1990. Fino alla metà degli anni ’80 si osserva un’alternanza tra anni con uno spessore medio più alto rispetto al trentennio, in particolare l’inverno 1950-51, ed anni con uno spessore minore. Dal 1986 ad oggi la tendenza è invece verso spessori inferiori alla media, con una diminuzione complessiva di -25cm/secolo (Cat Berro et al., 2014). La fig. XIII, infine, mostra l’andamento della durata della neve al suolo in giorni, sempre come indice standardizzato di anomalia. Dall’inizio del periodo al 1974-75 prevalgono gli anni con durata minore rispetto alla media trentennale, ad eccezione di alcuni inverni (es. 1934-35, 1938-39). Tra il 1975-76 e 1986-87 si osserva una prevalenza di anni con accumuli nevosi superiori alla media, mentre dalla metà degli anni ’90 ha inizio un trend negativo, con anni come 1989-90, 1990-91, 2002-03 e 2007- 08 caratterizzati da valori marcatamente inferiori alla media. La tendenza complessiva osservata è pari a -11 gg/secolo.

42

5,0

4,0

3,0

2,0

1,0

0,0

-1,0

-2,0

1930 1935 1940 1945 1950 1955 1960 1965 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 1970 2015

Figura XII – Indice di anomalia dello spessore medio della neve al suolo per l’Ossola Superiore per il periodo 1930-2015 (media di riferimento 1961-90). La linea nera rappresenta la media mobile di ordine 9.

2,0 1,5 1,0 0,5 0,0 -0,5 -1,0 -1,5 -2,0

-2,5

1930 1934 1942 1946 1954 1958 1962 1966 1970 1974 1978 1986 1990 1998 2002 2006 2010 2014 1938 1950 1982 1994

Figura XIII – Indice di anomalia della durata della neve al suolo per l’Ossola Superiore per il periodo 1930- 2014 (periodo di riferimento 1961-90). La linea nera rappresenta la media mobile di ordine 9.

Per comprendere meglio il clima che ha caratterizzato i siti di studio nel periodo recente, ed in particolare nel corso dei campionamenti, in fig. XIV sono messi a confronto gli andamenti dei valori medi mensili delle temperature minime, massime e medie rilevate dalla stazione ARPA presso il Lago Paione Superiore con la media del periodo 2000-2014. Esaminando la prima figura si osserva come, durante tutto il 2015, escluso inizio autunno, le temperature si collocano al di sopra della media. In particolare nel periodo tra luglio e agosto la temperatura media è stata di +4°C rispetto al periodo di riferimento, con una temperatura massima di 22,6°C il 4 luglio 2015. Inoltre si può osservare come l’inverno sia stato particolarmente mite, con uno scarto di +5,2°C rispetto alla media. Il 2016, rispetto al 2015, ha presentato temperature dell’aria leggermente inferiori, ma con valori comunque quasi sempre maggiori rispetto alla media: come nel 2015, l’estate si presenta più calda di circa +2,3°C, mentre il mese di dicembre ha una temperatura di circa +3,7°C rispetto al periodo di rifermento.

43

Tx 2015 Tn 2015 20 Tm 2015 17 tx 2000-2014 Tn 2000-2014 14 Tm 2000-2014 11

8

C C ° 5

2

-1 Temperatura Temperatura

-4

-7

-10 gen-15 feb-15 mar-15 apr-15 mag-15 giu-15 lug-15 ago-15 set-15 ott-15 nov-15 dic-15

Figura XIV – (Continua)

Tx 2016 Tn 2016 18 Tm 2016 tx 2000-2014 15 Tn 2000-2014 12 Tm 2000-2014

9 C C ° 6

3

0 Temperatura Temperatura -3

-6

-9

-12 gen-16 feb-16 mar-16 apr-16 mag-16 giu-16 lug-16 ago-16 set-16 ott-16 nov-16 dic-16

Figura XIV – Andamento dei valori medi mensili di temperatura nel 2015 (sopra) e nel 2016 (sotto) a confronto con i valori medi del periodo 2000 - 2014 rilevati dalla stazione ARPA al Lago Paione Superiore. In rosso le temperature massime, in viola le temperature medie ed in blu le temperature minime.

Un confronto analogo è stato svolto con i dati della stazione ENEL di Toggia, per comprendere il clima nell’areale dei Laghi Boden. In questo caso, grazie alla disponibilità di una serie più lunga di dati, il confronto è stato svolto rispetto al trentennio 1970-2000. L’anno 2015, come già osservato per la stazione al Lago Paione Superiore, mostra uno scostamento positivo rispetto alla media trentennale, con un’estate particolarmente calda (+5°C nel periodo luglio-agosto rispetto alla media, con un valore massimo di 23°C il 5 luglio 2015). L’inverno si mostra particolarmente mite con una temperatura media di circa +4,9°C rispetto al trentennio. Anche il 2016 mostra un andamento con valori quasi sempre superiori alla media, raggiungendo circa +2,1°C nel periodo estivo e i +2°C nel mese di dicembre. Nel complesso quindi i dati indicano come l’ultimo biennio sia stato caratterizzato da valori superiori alla media in tutti i mesi dell’anno, in particolare nei mesi estivi (luglio-agosto) e invernali (novembre-dicembre).

44

Tx 1970-2000 Tx 2015 21 Tmed 1970-2000 18 Tmed 2015 15 Tn 1970-2000 12

C Tn 2015 ° 9 6 3 0 -3

Temperatura Temperatura -6 -9 -12 -15 Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Sett Ott Nov Dec

Figura XV – (Continua)

Tx 1970-2000 Tx 2016 18 Tmed 1970-2000 15 Tmed 2016 12 Tn 1970-2000 Tn 2016

C 9 ° 6 3 0 -3

Temperatura Temperatura -6 -9 -12 -15 Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Sett Ott Nov Dec

Figura XV – Andamento dei valori medi mensili di temperatura nel 2015 (sopra) e nel 2016 (sotto) a confronto con i valori medi del periodo 1970 – 2000 rilevati nella stazione ENEL di Toggia. In rosso le temperature massime, in viola le temperature medie ed in blu le temperature minime.

45

4.3 - Evoluzione a lungo termine della chimica dei laghi 4.3.1 - Laghi Paione In fig. XVI sono riportati i trend di alcune variabili chimiche misurate dal 1984 ad oggi nei Laghi Paione. I dati corrispondono, per ogni anno, all’ultimo campionamento eseguito (autunno), quando i laghi mostrano un chimismo più stabile. Nel Lago Paione Superiore il pH, che era attorno a 5,3-5,5 negli anni tra il 1984 ed il 1988, è salito progressivamente fino a raggiungere gli attuali valori di circa 6,5 unità di pH. Nel Paione Inferiore i valori sono rimasti pressoché costanti o leggermente aumentati nel tempo; il pH non ha comunque mai raggiunto valori critici, inferiori a 5,6, come nel Lago Superiore (l’anno in cui il lago si presenta più acido è il 1998, con un valore di 6,09). Nel 1989, 2003 e 2016 il lago ha raggiunto un pH pari o superiore a 6,8. L’alcalinità, variabile estremamente importante per descrivere il grado o la suscettibilità all’acidificazione delle acque lacustri, nel Lago Paione Superiore presentava tra il 1984 ed il 1994 valori estremamente bassi, in alcuni anni pari a 0 µeq l-1. Dal 2001 ad oggi i valori sono sempre stati positivi e in aumento, fino a raggiungere 26 µeq l-1 nel 2016. Nel lago Paione Inferiore, invece, tra il 1984 ed il 1994 i valori erano compresi tra 20 e 35 µeq l-1, con un massimo di circa 50 µeq l-1 nel 1989. L’alcalinità è andata aumentando soprattutto nell’ultimo decennio, raggiungendo il valore massimo di 65 µeq l-1 nel 2016. Nel Lago Paione Superiore i solfati erano compresi tra 30 e 60 µeq l-1 negli anni tra il 1984 e il 1993, con il massimo valore nel 1990. Dal 1994 le concentrazioni sono andate diminuendo, fino agli attuali 20 µeq l-1. Le dinamiche nel Paione Inferiore sono molto simili anche se con concentrazioni leggermente più elevate: anche in questo lago si osserva un evidente trend negativo delle concentrazioni di solfati, passate da 50-60 µeq l-1 agli attuali 25-30 µeq l-1. Accanto ai solfati, l’altra variabile con un importante ruolo nell’influenzare l’acidità dei laghi è l’anione nitrato (NO3). Il trend di questa variabile si presenta molto simile nei due laghi: nel periodo tra il 1984 e il 1997 i nitrati rimangono piuttosto stabili con una concentrazione media di 22 µeq l-1 nel Superiore e di 23 µeq l-1 nell’Inferiore. Dal 1998 al 2004 si osserva un aumento in entrambi i laghi, con concentrazioni medie di 26 µeq l-1 nel Superiore e di 30 µeq l-1 nell’Inferiore. Dal 2005 in entrambi i laghi le concentrazioni diminuiscono, pur con un’elevata variabilità interannuale, fino a raggiungere gli attuali valori di 17 e 23 µeq l-1 rispettivamente nel Lago Superiore ed Inferiore. I cationi basici, ovvero la somma degli ioni calcio, magnesio, sodio e potassio, così come la conducibilità, mostrano una lieve tendenza alla diminuzione in entrambi i laghi. Nel Paione Superiore i cationi basici presentano le concentrazioni più basse (sotto i 50 µeq l-1) nel 1986, 2009 e 2010 mentre i massimi si registrano nel 1988, 1990, 1994 e 2007 (mediamente 85 µeq l-1). Nel 2016 la concentrazione misurata è stata di 70 µeq l-1. Nel Paione Inferiore, valori superiori a 125 µeq l-1 sono stati rilevati negli anni 1985, 1989, 1990, 2003, 2007 e 2016, e inferiori a 95 µeq l-1 negli anni 1999, 2004, 2010 e 2015 nel Lago Inferiore. Per quanto riguarda la conducibilità, nel Paione Superiore i massimi sono stati rilevati nel 1988 e nel 1990 (11,9 e 11,5 µS cm-1). Nel 1984, 1985 ed in particolare nel 2009 i valori sono stati particolarmente bassi (5,9 µS cm-1 nel 2009). Nel Paione Superiore gli anni in cui la conducibilità presenta i valori maggiori sono 1985, 1989, 1990 e 2003 (> 14 µS cm-1), mentre i minimi sono stati registrati nel 1991, 2009, 2010 e dal 2013 al 2015 (10 µS cm-1 nel 2015).

46

7,0 70

60 6,5 50

) 40 1 6,0 -

30 pH 5,5 20

10 5,0 0 LPI LPS l (µeqtotale Alcalinità LPI LPS 4,5 -10 1984 1988 1992 1996 2000 2004 2008 2012 2016 1984 1988 1992 1996 2000 2004 2008 2012 2016

80 50

40

60

) )

1 30

-

1 -

40 (µeq l (µeq

- 20

SO4= (µeq l (µeq SO4= NO3 20 10

LPI LPS LPI LPS 0 0 1984 1988 1992 1996 2000 2004 2008 2012 2016 1984 1988 1992 1996 2000 2004 2008 2012 2016

140 16

120 14

C)

° 20 20

100 1 12

-

1) - 80 10

BC (µeq l (µeq BC 60 8

40 cm (µS Conducibilità 6 LPI LPS LPI LPS 20 4 1984 1988 1992 1996 2000 2004 2008 2012 2016 1984 1988 1992 1996 2000 2004 2008 2012 2016 Figura XVI – Trend di alcune variabili chimiche nel Lago Paione Superiore (blu) e Inferiore (rosso) per il priodo 1984-2016; i dati corrispondono all’ultimo campionamento di ogni anno (generalmente in ottobre). BC: cationi basici (somma di Ca, Mg, Na e K)

Nel complesso i trend osservati dimostrano come il Lago Superiore sia stato interessato in misura più accentuata dagli effetti dell’acidificazione, raggiungendo, negli anni ’80 e nei primi anni ’90, valori critici sia per quanto riguarda il pH (< 5,6) che l’alcalinità (< 20 µeq l-1) (Mosello et al., 1999). Queste condizioni avevano inoltre comportato degli effetti negativi sulla componente biologica dei laghi, con scomparsa delle specie più sensibili (Marchetto et al., 2004). Successivamente i laghi hanno mostrato evidenza di un recupero dall’acidificazione, con un netto calo delle concentrazioni di solfati e una ripresa di pH e alcalinità. I nitrati, diversamente dai solfati, non hanno mostrato una chiara tendenza alla diminuzione; solo negli ultimi anni le concentrazioni sembrano diminuire nelle acque dei due laghi, tendenza questa che è stata evidenziata anche in altri laghi alpini e corsi d’acqua subalpini nell’area di studio (Rogora et al., 2012). Nella Tab. 7 sono riportati i risultati dell’analisi statistica dei trend eseguita mediante il Test non parametrico di Mann-Kendall (Hirsch et al., 1982). Dai risultati ottenuti si possono

47 comprendere quali parametri chimici hanno un trend statisticamente significativo nel periodo considerato. I valori di pendenza, calcolata con il metodo di Sen (1968), rappresentano il tasso di aumento o diminuzione delle variabili all’anno. Nel Lago Paione Inferiore alcalinità, solfati e magnesio mostrano un trend altamente significativo, positivo per la prima variabile, negativo per le altre (p<0,001). La diminuzione complessiva dei solfati, ottenuti moltiplicando la pendenza per il numero totale di anni, è pari a -38 µeq l-1, mentre l’aumento totale dell’alcalinità è stato pari a 31 µeq l-1. Oltre al magnesio, anche i cationi calcio e sodio mostrano un trend negativo, pur con una significatività meno marcata (p<0,05). Nel Paione Superiore tra le variabili che mostrano i trend maggiormente significativi troviamo pH, magnesio, alcalinità e SO4 (p<0,001), seguiti da conducibilità, potassio e nitrati (p<0,01); questi ultimi diminuiscono quindi nel Lago Paione Superiore, complessivamente di -7 µeq l-1, e solo lievemente nell’Inferiore (p<0,05; -5 µeq l-1). L’aumento complessivo di pH e alcalinità nel Lago Superiore è stato pari a circa 1 unità di pH e 26 µeq l-1 rispettivamente, a fronte di una diminuzione totale di solfati di -34 µeq l-1 nel periodo considerato. Anche l’analisi statistica dei trend conferma quindi come i parametri coinvolti nel processo di acidificazione siano variati in modo più accentuato nel lago più sensibile, il Superiore, in particolare il pH. Come conseguenza dei trend negativi della maggior parte delle specie ioniche, anche la conducibilità diminuisce in misura simile nelle acque dei due laghi. I cationi basici infine mostrano la pendenza più accentuata, e quindi un aumento complessivo maggiore, nel Lago Inferiore, probabilmente come conseguenza della presenza nel bacino di piccole porzioni di rocce carbonatiche più solubili.

L. Paione Inf. L. Paione Sup. Signific. Pendenza Signific. Pendenza pH n.s. 0,004 *** 0,032 Cond ** -0,063 ** -0,061 Ca * -0,404 * -0,256 Mg *** -0,089 *** -0,099 Na * 0,054 n.s. 0,013 K n.s. 0,009 ** 0,057 NH4 n.s. 0,004 n.s. -0,009 Alc *** 0,952 *** 0,863 SO4 *** -1,149 *** -1,022 NO3 + -0,165 ** -0,215 Cl + -0,023 n.s. -0,010 SiO2 n.s. 0,003 * -0,004 Tabella 7 – Risultati dell’analisi dei trend condotta con il Test di Kendall sui dati annui dal 1984 al 2016 (n = 33). Per ogni variabile sono riportati i valori di significatività e pendenza del trend (secondo Sen, 1968). *** p < 0,001; ** p < 0,01; * p < 0,05; + p < 0,1; n.s.: non significativo.

48

4.3.1.1 Le deposizioni atmosferiche Per comprendere meglio l’evoluzione a lungo termine della chimica dei Laghi Paione è necessario prendere in considerazione le deposizioni atmosferiche. Grazie ai campionamenti ed analisi eseguiti dagli anni 1980 a Domodossola (Fig. I), è possibile osservare come si è modificata nel tempo la composizione chimica della pioggia e metterla in relazione con quanto osservato per i laghi. La stazione di Domodossola infatti, pur essendo collocata nel fondovalle, può essere considerata rappresentativa per l’areale in cui sono collocati i laghi, in particolare per quanto riguarda le tendenze a lungo termine (Rogora et al., 2016). In figura XVII sono riportati i valori di deposizione, o carichi, ovvero il prodotto delle concentrazioni medie per i volumi di precipitazione. Come si può osservare, il pH è aumentato nel periodo considerato, passando da valori di 4,4 - 4,5 agli attuali 5,2. La diminuzione dell’acidità delle piogge e il conseguente aumento di pH è da attribuire alla riduzione delle concentrazioni di solfati nelle deposizioni, a sua volta dovuto alla riduzione delle emissioni in atmosfera di SO2 (Romano et al., 2014). Le deposizioni di solfati a Domodossola sono passate da oltre 45 kg ha-1 a-1 negli anni 1980 agli attuali 8-10 kg ha-1 a-1. I nitrati e l’ammonio presentano un trend meno evidente, anche se, soprattutto per i nitrati, si può osservare una leggera tendenza alla diminuzione nel periodo più recente. In generale i carichi presentano forti oscillazioni tra un anno e l’altro, come conseguenza dell’elevata variabilità interannuale dei volumi di precipitazione. I massimi per l’azoto nitrico, di 7-8 kg ha-1 a-1, si sono registrati nel 1986, 1992 e 2000, mentre i valori minimi, pari o inferiori a quelli attuali, sono stati nel 1989 e 1997 (4-5 kg ha-1 a-1). Nel 2015 la deposizione è stata di poco superiore a 3 kg ha-1 a-1, il minimo assoluto nel periodo considerato.

5,4 50

5,2 45

40 )

5,0 1 -

a 35

1 -

4,8 30 pH

4,6 ha (kg 25 4 4

SO 20 4,4 15 4,2 10 4,0 5 1986 1990 1994 1998 2002 2006 2010 2014 1986 1990 1994 1998 2002 2006 2010 2014

10 10

9 9

)

) 1 -

8 1 8

-

a

a

1

- 1

7 - 7 (kg (kg ha

6 ha (kg 6

4

3 NH 5 NO 5

4 4

3 3 1986 1990 1994 1998 2002 2006 2010 2014 1986 1990 1994 1998 2002 2006 2010 2014 Figura XVII – Trend dei valori di pH e delle deposizioni di solfati, nitrati ed ammonio nella stazione di Domodossola dal 1986 al 2015. Valori medi annui ottenuti dalle concentrazioni medie ponderate sui volumi di precipitazione.

49

L’azoto ammoniacale non mostra segni di diminuzione; inoltre, mentre i suoi valori erano analoghi a quelli del nitrato negli anni 1980 e 1990, attualmente la deposizione di questa forma di azoto è quella prevalente. La ragione è da ricercare nella diversa origine di nitrati ed ammonio: i primi derivano dalle emissioni in atmosfera di ossidi di azoto (NOx), dovute principalmente al traffico veicolare e alla produzione energetica, mentre l’azoto ammoniacale proviene dalle emissioni di NH3 da attività agricole e zootecniche. Mentre per le emissioni di NOx negli ultimi 20 anni si è verificato un calo significativo, grazie ad una serie di provvedimenti intrapresi sia su scala nazionale che internazionale (es. Protocollo di Gothenburg), le emissioni di NH3 rimangono elevate, a causa soprattutto della difficoltà di controllare quelle da fonti diffuse (Romano et al., 2014). Nel complesso, nell’area di studio, le deposizioni di azoto sono tuttora abbastanza elevate e rappresentano il primo fattore di acidificazione per i laghi (Rogora et al., 2013); nonostante la ripresa dei valori di pH e alcalinità, infatti, laghi sensibili come il Paione Superiore possono ancora andare incontro a sensibili abbassamenti di pH al momento del disgelo, come dimostrato dai dati di inizio estate: l’apporto, in un tempo limitato, dei soluti accumulati nella neve, in particolare dei nitrati, può infatti comportare dei temporanei episodi di acidificazione, con effetti anche sulla componente biologica (Marchetto et al., 2004; Rogora et al., 2013).

4.3.1.2 Fattori meteo-climatici Accanto alle deposizioni atmosferiche, l’altro fattore che concorre in maniera determinante ad influenzare la chimica dei laghi, in particolare in aree remote, è il clima (Houle et al., 2010; Mast et al., 2011). Se la chimica delle deposizioni ha avuto un ruolo preponderante per tutto il periodo dell’acidificazione e del successivo recupero (fino ai primi anni 2000), nell’ultimo decennio, con la stabilizzazione degli input atmosferici, i fattori meteo-climatici hanno acquisito un’importanza maggiore, soprattutto nella regolazione dei processi di weathering e dell’apporto di soluti dal bacino alle acque dei laghi (Rogora et al., 2013). Per valutare questo aspetto sono state selezionate alcune variabili chimiche e si è analizzata la loro relazione con le variabili meteorologiche. A titolo di esempio, in Fig. XVIII, sono riportate le regressioni lineari tra i valori di conducibilità, alcalinità, solfati e nitrati di ottobre e le precipitazioni misurate nei mesi estivi precedenti il campionamento (luglio-settembre). Mentre nel Lago Paione Superiore non si osserva alcuna relazione, nel Lago Inferiore, dove i processi di weathering hanno una rilevanza maggiore, si vede come le precipitazioni influenzino i valori 2 2 2 di alcuni soluti (es. SO4 R =0,12, NO3 R =0,20) e della conducibilità (R =0,32): estati con precipitazioni più abbondanti determinato una riduzione delle concentrazioni per effetto diluizione mentre a estati calde e siccitose corrispondono valori più elevati di concentrazione. Un esempio sono le estati 2003 e 2016 (T medie luglio-settembre di 10,4 e 10,2 °C rispetto a una media di lungo periodo di 8,8 °C, e precipitazioni di 294 e 247 mm rispetto a una media di 495 mm) a cui corrispondono picchi nei valori di conducibilità rispettivamente di 14 e 13 µS cm-1 (Fig. XVI).

50

Lago Paione Inferiore Lago Paione Superiore

800 800 700 700 600 600 500 500 400 400 300 300

200 200

Precipitazione Precipitazione mm Precipitazione Precipitazione mm 100 y = -63,717x + 1238,6 100 y = 4,4827x + 442,91 R² = 0,3198 R² = 0,0009 0 0 9,0 10,0 11,0 12,0 13,0 14,0 15,0 5,0 6,0 7,0 8,0 9,0 10,0 Conducibilità uS/cm Conducibilità uS/cm

800 800 700 700 600 600 500 500 400 400 300 300

200 200

Precipitazione Precipitazione mm Precipitazione Precipitazione mm 100 y = -3,629x + 654,11 100 y = 4,5103x + 394,86 R² = 0,0536 R² = 0,0315 0 0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 Alcalinità totale ueq l-1 Alcalinità totale ueq l-1

800 800 700 700 600 600 500 500 400 400 300 300

200 200

Precipitazione Precipitazione mm Precipitazione Precipitazione mm 100 y = -6,5587x + 691,63 100 y = -4,3223x + 585,94 R² = 0,1152 R² = 0,0473 0 0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 45,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 -1 SO4 ueq l-1 SO4 ueq l

800 800 700 700 600 600 500 500 400 400 300 300

200 200

Precipitazione Precipitazione mm Precipitazione mm 100 y = -10,409x + 712,43 100 y = -3,4746x + 543,25 R² = 0,2003 R² = 0,0162 0 0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 NO3 ueq l-1 NO3 ueq l-1

Figura XVIII – Regressione lineare tra alcune variabili chimiche nei Laghi Paione Inferiore (a sinistra) e Superiore (a destra) e i valori estivi di precipitazione (luglio-settembre) misurate dalla stazione meteo al Lago Superiore. Dati del periodo 2000-2016.

51

Per indagare in modo più approfondito il peso relativo delle variabili meteo-climatiche nella variabilità a lungo termine della chimica dei laghi, è stata eseguita una regressione lineare multipla (Tab. 8), utilizzando come predittori i valori di temperatura dell’aria e le precipitazioni nel periodo estivo e la quantità e durata della copertura di neve al suolo nell’inverno precedente il campionamento, oltre ai valori di deposizione annua di solfati e azoto inorganico (somma di NH4 e NO3). Le variazioni di solfati e nitrati, in entrambi i laghi, risultano guidate principalmente dalle deposizioni, rispettivamente di SO4 di N inorganico. Le deposizioni sono il fattore prevalente anche per le variazioni di alcalinità e pH, limitatamente al Lago Superiore. I risultati dell’analisi confermano inoltre, nel caso del Lago Inferiore, il ruolo delle precipitazioni nell’influenzare i valori di conducibilità e soluti: le precipitazioni vengono infatti selezionate come variabile significativa, con una relazione inversa, nei modelli che spiegano queste variabili. La temperatura al contrario non risulta mai rilevante, mentre appare importante lo spessore medio della neve al suolo, che viene selezionata come variabile significativa, con una relazione inversa, nel caso di solfati e conducibilità. Anche in questo caso, come per le precipitazioni, si può ipotizzare che una maggior quantità di neve accumulatasi nel periodo invernale determini al disgelo una riduzione delle concentrazioni ioniche per effetto diluizione. Analogamente, un innevamento scarso può comportare maggior esposizione di rocce e suoli all’azione del weathering, con aumento dell’apporto di soluti alle acque, fattore più importante nel caso del Lago Inferiore. I risultati nel complesso confermano come le deposizioni di composti di S e N siano state e siano tuttora un fattore importante per la chimica di laghi a basso contenuto in soluti e elevata sensibilità all’acidificazione come i Laghi Paione. Nel periodo recente emerge però una crescente importanza dei fattori meteo-climatici come precipitazioni e spessore della neve al suolo, in particolare per il Lago Inferiore.

Lago Paione Inferiore Lago Paione Superiore R2 p Variabili selezionate R2 p Variabili selezionate pH - - - 0.6407 - DepSO4(-)(***) Cond. 0,609 *** P (-)(***), DepIN (-)(**), HS (-)(***) 0,471 *** DepSO4 (+)(**), HS (-)(**) Alc. Tot. 0,484 *** DepSO4 (-) (***) - - -

SO4 0,794 *** DepSO4 (+) (***), P (-) (*), HS (+)(**) 0,640 *** DepSO4 (+)(***),HS (-)(**)

NO3 0,355 ** DepIN (+)(**), P (-)(**) 0,170 * DepIN (+)(*) Ca 0,320 * P (-)(*) 0,257 * HS (-)(*) Tabella 8 - Risultati della regressione lineare multipla applicata ai dati dei Laghi Paione. Dati del periodo 1984-2016. Variabili utilizzate come predittori della chimica dei laghi: T: temperatura media estiva (luglio- settembre); P: precipitazioni estive (luglio-settembre); HS: altezza media della neve al suolo; LS: lunghezza del periodo con neve al suolo (inverno precedente); DepSO4: deposizioni di solfati. DepIN: deposizioni di N inorganico (NH4+NO3). Regressione con metodo stepwise. (+): relazione diretta; (-) relazione inversa. Livelli di significatività: *** p<0.001; ** p<0.01; *p<0.05.

52

4.3.2 - Laghi Boden Nella fig. IXX sono riportati i trend di alcune variabili chimiche misurate dal 1978 ad oggi nei Laghi Boden. I dati, come per i Laghi Paione, corrispondono all’ultimo campionamento eseguito (autunno) quando i laghi presentano un chimismo più stabile. Nei Laghi Boden il pH non mostra alcuna tendenza all’aumento o alla diminuzione: i valori variano tra 7,5 e 8,5 unità di pH e si presentano leggermente più elevati nel Lago Inferiore. L’alcalinità presentava valori tra 300 e 400 µeq l-1 nel Lago Superiore e tra 350 e 450 µeq l-1 nel Lago Inferiore nella prima metà degli anni ’80; successivamente, dagli anni ’90, si osserva in entrambi i laghi un progressivo aumento, particolarmente marcato tra il 1995 e il 2005. Nell’ultimo decennio i valori mostrano un andamento abbastanza stabile, con concentrazioni attorno a 450 e 550 µeq l-1 rispettivamente nel Lago Superiore ed Inferiore. I solfati hanno un trend positivo e simile nei due laghi fino al 2007 (con l’eccezione del 2001 dove si osserva una concentrazione più elevata nel Boden Inferiore). Dal 2008 il trend nei due laghi inizia a divergere: nel Boden Superiore i valori continuano ad aumentare abbastanza regolarmente, passando da circa 90 a 125 µeq l-1, mentre nel Boden Inferiore si osserva un aumento delle concentrazioni nettamente più marcato, da circa 100 a oltre 200 µeq l-1, con un massimo di 210 µeq l-1 nel 2015. I nitrati, come i solfati, si presentano con un trend simile tra i due laghi; le concentrazioni, pur variando molto di anno in anno, tendono a rimanere attorno a 8 µeq l-1 nel Boden Inferiore e 14 µeq l-1 nel Boden Superiore. Si osserva inoltre come, rispetto a tutte le altre variabili, le concentrazioni di nitrati siano più alte nel Lago Boden Superiore. Questa differenza potrebbe derivare da un maggior consumo di nitrati nel bacino del Lago Inferiore, caratterizzato da una copertura vegetale e da una presenza di suolo più estesa, ma anche dall’uptake di azoto interno a lago.

I cationi basici e la conducibilità hanno un trend positivo e molto simile nei due laghi. Nel Boden Superiore la conducibilità misurata era attorno a 40 µS cm-1 tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 ed è andata aumentando fino a gli attuali 58-60 µS cm-1. Nel Boden Inferiore il trend è pressoché identico ma con valori maggiori: la conducibilità, che era circa 45 µS cm-1 è salita fino a oltre 70 µS cm-1. La conducibilità nel complesso rispecchia il trend dei cationi basici e dei solfati, in quanto questi ioni rappresentano, accanto ai bicarbonati, i principali soluti presenti nelle acque. I cationi basici sono aumentati di oltre il 50%, passando nel periodo considerato da circa 400 a 600 µeq l-1 nel Lago Superiore e da 400-450 a oltre 700 µeq l-1 nell’Inferiore. Queste variabili non mostrano però nei due laghi il divergere delle concentrazioni dal 2008 in poi mostrato dai solfati.

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9,0 650

600

8,5 550 1) - 500

8,0 450 pH 400

7,5 Alcalinità (µeq l 350 300 LBI LBS LBI LBS 7,0 250 1978 1983 1988 1994 1999 2005 2010 2016 1978 1983 1988 1994 1999 2005 2010 2016

220 25

180 20

)

)

1

1 -

140 - 15

(µeql

(µeq l

-

= 3

4 100 10

SO NO

60 5

LBI LBS LBI LBS 20 0 1978 1983 1988 1994 1999 2005 2010 2016 1978 1983 1988 1994 1999 2005 2010 2016

80 800 750

C) 70 700 °

20 20 650

1

-

) 1 60 - 600 550

50 500 BC BC (µeq l 450 40 400 Conducibilità Conducibilità (µScm 350 LBI LBS LBI LBS 30 300 1978 1983 1988 1994 1999 2005 2010 2016 1978 1983 1988 1994 1999 2005 2010 2016 Figura IXX – Trend di alcune variabili chimiche nel Lago Boden Superiore (blu) e Inferiore (rosso) per il periodo 1978-2016; i dati corrispondono all’ultimo campionamento di ogni anno (generalmente in ottobre). BC: cationi basici (somma di Ca, Mg, Na e K)

Come per i Laghi Paione, anche per i dati dei Laghi Boden è stato utilizzato il Test non parametrico di Mann-Kendall per calcolare pendenza e significatività dei trend nelle variabili principali (Tab. 9). Nel Lago Boden Inferiore si osserva che la conducibilità, il calcio, il sodio, il potassio, i solfati e l’alcalinità hanno un trend altamente significativo (p<0,001). L’aumento complessivo nel periodo considerato (1984-2016) per la conducibilità è di 29 µS cm-1, per i solfati 114 µeq l-1 e per il calcio è di 280 µeq l-1. Nel Lago Boden Superiore si osservano gli stessi risultati, con trend altamente significativi per la conducibilità e tutti i soluti, ad eccezione di nitrati e magnesio. Le pendenze sono però meno accentuate rispetto al Lago Inferiore, soprattutto per quanto riguarda i solfati. L’aumento complessivo della conducibilità in questo lago su tutto il periodo considerato è stato di 20 µs cm-1, 58 µeq l-1 per i solfati e 198 µeq l-1 per il calcio. L’analisi statistica conferma quindi come alcune variabili, quelle strettamente dipendenti dalla litologia del bacino, stiano aumentando nel tempo nei due laghi, in misura più accentuata nel

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Lago Inferiore caratterizzato dalla la presenza di un immissario. I trend nel loro complesso dimostrano inoltre come i Laghi Boden non siano stati influenzati dagli effetti dell’acidificazione negli anni 1980 -1990, come successo invece per i Laghi Paione: il pH si è sempre mantenuto su valori tra 7,5 e 8,5 in entrambi i laghi e l’alcalinità non ha mai raggiunto valori critici né è diminuita nel tempo. Al contrario, la sua concentrazione, insieme a quella di solfati, cationi basici e ai valori di conducibilità, è andata aumentando in modo evidente. La componente litologica gioca un ruolo fondamentale per comprendere i trend in questi due laghi: infatti, la presenza di rocce facilmente dilavabili e ricche in carbonati e solfati porta, attraverso l’azione del weathering, un elevato apporto di soluti alle acque, il quale è evidentemente aumentato nel tempo. Tra le cause che si possono proporre per spiegare questo fenomeno vi è senz’altro la diminuzione della copertura di neve al suolo, sia come spessore medio che come durata, ampiamente dimostrata dai a dati a lungo termine disponibili per l’area di studio. Questa diminuzione comporta infatti un’esposizione più prolungata delle rocce e dei suoli nel bacino all’azione del weathering (Rogora et al., 2013; Salerno et al., 2016). Il bacino più esteso del Lago Inferiore, oltre ad una diversa composizione litologica, con maggior presenza di gessi, può concorrere a spiegare i trend più accentuati che caratterizzano questo lago. Un ruolo importante è certamente giocato anche dall’immissario, monitorato con continuità dal 2012 e le cui caratteristiche chimiche sono descritte in Fig. IX.

L. Boden Inf. L. Bonden Sup. Signific. Pendenza Signific. Pendenza pH n.s. -0,002 n.s. 0,003 Cond *** 0,890 *** 0,613 Ca *** 8,758 *** 6,164 Mg * 0,183 n.s. 0,132 Na *** 0,219 *** 0,222 K *** 0,208 *** 0,160 Alc *** 3,683 *** 4,242 SO4 *** 3,539 *** 1,796 NO3 n.s. -0,042 + -0,118 Cl n.s. 0,000 * -0,033 SiO2 + 0,006 * 0,006 Tabella 9 – Risultati dell’analisi dei trend condotta con il Test di Kendall sui dati annui dal 1984 al 2016 (n = 33). Per ogni variabile sono riportati i valori di significatività e pendenza del trend (secondo Sen, 1968). *** p < 0,001; ** p < 0,01; * p < 0,05; + p < 0,1; n.s.: non significativo

Nella fig. XX si mettono a confronto gli andamenti stagionali della conducibilità dell’immissario con quelli dei due laghi per gli anni dal 2012 al 2016. Come si può osservare, gli andamenti sono molto simili tra loro e si ripetono di anno in anno, con una diminuzione dei valori al disgelo e un progressivo aumento nei mesi estivi fino a raggiungere i massimi in autunno. I valori assoluti, così come le oscillazioni tra massimi e minimi, sono però via via più accentuate passando dal Lago Superiore all’Inferiore e all’immissario di quest’ultimo, in cui la conducibilità raggiunge valori superiori a 100 µS cm-1 nel periodo autunnale. L’andamento dei solfati, non mostrato in figura, presente le stesse caratteristiche, ovvero una

55 variabilità stagionale più accentuata nel Lago Inferiore e soprattutto nell’Immissario. Questi fattori nel loro complesso portano a ipotizzare che l’immissario contribuisca al cambiamento chimico che si sta osservando nel Lago Inferiore, in particolare al suo arricchimento in solfati. Il Lago Superiore, non ricevendo queste acque, mostra variazioni meno accentuate nel tempo e nel complesso concentrazioni inferiori di tutti i soluti. Per comprendere meglio i processi che determinano il particolare chimismo dell’immissario, e soprattutto le sue dinamiche temporali, sono necessari ulteriori approfondimenti. Un primo approccio è stato quello di posizionare un data-logger per la misura ad alta frequenza di dati di temperatura e conducibilità nell’immissario, che verranno successivamente analizzati in relazione a quelli meteo-climatici rilevati nella vicina stazione di Toggia.

110

100

) 1

- 90 cm 80

70

60

Conducibilità (µS Conducibilità 50 LBI LBS LBI imm. 40 ago-12 feb-13 set-13 mar-14 ott-14 apr-15 nov-15 giu-16 dic-16

Figura XX- Confronto tra i valori di conducibilità misurata nel Lago Boden Superiore (blu), nel Lago Boden Inferiore (rosso) e nell’immissario del Boden Inferiore (viola) dal 2012 al 2016.

4.3.2.1 Fattori meteo-climatici Poiché i fattori meteo-climatici sembrano acquisire una sempre maggior importanza nell’influenzare la chimica dei laghi, anche nel caso dei Laghi Boden si sono utilizzate delle regressioni lineari per ricercare eventuali correlazioni tra variabili meteorologiche e chimismo delle acque. Nella fig. XXI possiamo osservare, a titolo d’esempio, la conducibilità in relazione alla durata della copertura di neve al suolo e alle precipitazioni del periodo estivo (luglio-settembre). Solo il primo fattore presenta una relazione significativa con la conducibilità (R2=0,21 per il Boden Inferiore e R2=0,24 per il Boden Superiore). Sembra invece non esserci alcuna relazione tra le precipitazioni estive e i valori di conducibilità nei due laghi. Risultati analoghi sono stati osservati con altre variabili quali alcalinità, solfati e cationi basici.

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Lago Boden Inferiore Lago Boden Superiore

350 350 300 300 250 250 200 200 150 150

100 100

Giorni neve al suolo Giorni Giorni al neve suolo 50 y = -1,1647x + 291,54 50 y = -1,6733x + 307,9 R² = 0,2106 R² = 0,2397 0 0 35 45 55 65 75 30 35 40 45 50 55 60 65 Conducibilità 20°C uS/cm Conducibilità 20°C uS/cm

250 250

set set - - 200 200

150 150

100 100

50 50

y = 0,988x + 67,876 Precipitazione lug Precipitazione mm Precipitazione lug Precipitazione mm y = 0,7518x + 73,909 R² = 0,038 R² = 0,0362 0 0 30 40 50 60 70 80 30 35 40 45 50 55 60 65 Conducibilità 20°C uS/cm Conducibilità 20°C uS/cm

Figura XXI – Regressione lineare tra alcune variabili chimiche nei Laghi Boden Inferiore (a sinistra) e Superiore (a destra), valori estivi di precipitazione (luglio-settembre), giorni di neve al suolo nei mesi invernali (novembre-maggio) misurate dalla stazione meteo Toggia. Dati del periodo 1984-2016.

Per analizzare meglio il ruolo dei diversi fattori meteo-climatici nel chimismo delle acque lacustri, anche con i dati dei Laghi Boden è stata eseguita una regressione lineare multipla, utilizzando come predittori alcune variabili meteorologiche (temperatura, precipitazioni, innevamento) e le deposizioni atmosferiche di solfati e azoto. Dai risultati riportati in Tab. 10 si può osservare come queste ultime non vengono pressoché mai selezionate come variabili significative, ad eccezione delle deposizioni di azoto nel caso dei NO3 del Lago Superiore. Anche temperatura e precipitazioni non svolgono un ruolo importante; la prima variabile concorre infatti solo a spiegare debolmente i NO3 nel Lago Superiore. In assoluto, il fattore maggiormente significativo per la chimica dei laghi è l’innevamento, in particolare la lunghezza del periodo con neve al suolo che risulta altamente significativa per cationi basici, alcalinità e conducibilità (p<0,001). In generale tutti i modelli presentano una significatività maggiore nel caso del Lago Superiore, con l’eccezione dei solfati. Anche se non tutte le relazioni evidenziate sono facilmente spiegabili, nel complesso è evidente come la neve al suolo, sia come entità che come durata, contribuisca a spiegare le variazioni chimiche osservate nei laghi.

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Lago Boden Inferiore Lago Boden Superiore R2 p Variabili selezionate R2 p Variabili selezionate BC 0,371 *** LS (-)(***), HS (+)(**), HSx (-)(**) 0,186 ** LS (-)(**)

NO3 0,346 ** T (+)( ), HSx(+)( ) 0,299 ** T (+)(*), DepIN (+)(*)

SO4 0,111 - HS (+)(*) 0,270 ** LS (-)(**), HS (+)(**), HSx (-)(*) Alc. Tot. 0,494 *** LS (-)(***) 0,474 *** LS (-)(***), HS (+)(**), HSx (-)(*) Cond. 0,350 ** HS (+)(**), LS (-)(***) 0,425 *** LS (-)(***), HS(+)(**), HSx (-)(**) Tabella 10 - Risultati della regressione lineare multipla applicata ai dati dei laghi Boden. Dati del periodo 1984-2016. Variabili utilizzate come predittori della chimica dei laghi: T: temperatura media estiva (luglio- settembre); HS: altezza media della neve al suolo; LS: lunghezza del periodo con neve al suolo; HSx: altezza massima della neve al suolo; DepSO4: deposizioni di solfati. DepIN: deposizioni di N inorganico (NH4+NO3). Regressione con metodo stepwise. (+): relazione diretta; (-) relazione inversa. Livelli di significatività: *** p<0.001; ** p<0.01; *p<0.05.

4.3.3 – Il ruolo di altri fattori nelle variazioni chimiche dei laghi Le analisi eseguite dimostrano come i laghi alpini oggetto di studio rispondano rapidamente alle variazioni nei fattori principali che ne determinano l’idrochimica. Questi possono essere identificati (1) nelle deposizioni atmosferiche di acidità e composti acidificanti, importanti soprattutto per i laghi con basso potere tampone delle acque, e (2) nelle variabili meteo- climatiche. Il ruolo di queste ultime sembra aumentare nel tempo, a fronte di una stabilizzazione degli apporti atmosferici di zolfo e azoto. Questi risultati trovano conferma in numerosi studi eseguiti su laghi in aree montane o remote che hanno dimostrato la sempre maggior importanza del clima nel determinare le caratteristiche chimiche delle acque (Houle et al., 2010; Mast et al., 2011; Mitchell et al., 2013). Gli effetti del riscaldamento climatico sui laghi d’alta quota sono prevalentemente indiretti: è stato ad esempio dimostrato come il manto nevoso nel bacino abbia degli effetti sui cicli biogeochimici degli elementi nel suolo e nelle acque (Wright & Schindler, 1995). Particolarmente importante è il ruolo che i fattori mete-climatici (temperatura, umidità) possono avere nel ciclo dell’azoto (Stark & Hart, 1997) e di conseguenza sui livelli di nitrati nelle acque dei laghi (Kopacek et al., 2005). La recente diminuzione dei nitrati osservata nei Laghi Paione nel periodo recente può essere messa in relazione ad un minor apporto di azoto attraverso le deposizioni (Rogora et al., 2016) ma potrebbe anche dipendere da un maggior consumo di questo elemento nei suoli del bacino o nelle acque, a sua volta conseguente all’aumento di temperatura (Tait & Thaler, 2000). Un ulteriore effetto indiretto del riscaldamento climatico è quello che interessa la copertura ghiacciata dei laghi. Studi eseguiti sui laghi d’alta quota hanno dimostrato una tendenza alla riduzione di tale periodo (Thompson et al., 2009), con effetti sul tempo di residenza e sulla stratificazione termica dei laghi, oltre che sulle variabili chimiche e biologiche (Preston et al., 2016). Purtroppo non è stato possibile valutare questo aspetto nei laghi oggetto della tesi, in quanto solo negli ultimi anni sono state avviate delle campagne di misura con data-logger per quantificare la durata del periodo di copertura ghiacciata. Non disponendo di dati pregressi non è però possibile valutare eventuali trend né il ruolo di questo fattore sul chimismo delle acque. Infine, sempre più numerosi studi evidenziano l’importanza della degradazione della criosfera (ghiacciai e permafrost) sulle caratteristiche chimiche e più in generale sulla qualità delle

58 acque in alta quota. L’arretramento dei ghiacciai può comportare numerosi effetti sui laghi, che vanno dall’arricchimento delle acque in nitrati (Saros et al., 2010; Williams et al., 2007) a modificazioni nel grado di trasparenza/torbidità delle acque con effetti sulla penetrazione dei raggi UV (Sommaruga, 2015), ad alterazioni nella quantità e nei rapporti tra i diversi soluti (Salerno et al., 2016; Wadham et al., 2010). Alcune ricerche hanno dimostrato come i rock glaciers possano rappresentare una sorgente di metalli in tracce alle acque di fusione e ai laghi (Thies et al., 2007; Iliashuk et al., 2014), oppure come il riscaldamento climatico possa comportare una mobilizzazione dei metalli presenti in rocce e suoli (Zaharescu et al., 2016) con importanti conseguenze sul potenziale utilizzo delle acque interessate da questi fenomeni. I Laghi Boden rappresentano in tal senso un sito di studio ideale, in quanto le modificazioni finora osservate sono prevalentemente attribuibili a processi che avvengono a scala di bacino e che sono governati da fattori meteo-climatici. Oltre al ruolo dell’innevamento, discusso nell’ambito della tesi, altri fattori dovranno essere considerati per comprendere meglio le variazioni in atto, tra cui la presenza di permafrost e di eventuali forme come rock glaciers nel bacino dei laghi.

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Conclusioni

Il lavoro svolto per questa tesi ha confermato come i laghi alpini d’alta quota si prestino ad essere utilizzati come laboratori naturali per descrivere e comprendere gli effetti del cambiamento climatico sugli ecosistemi. Tra gli ambienti studiati, i Laghi Boden, grazie alla composizione litologica del bacino, sono risultati particolarmente adatti all’analisi del possibile ruolo del clima nelle variazioni idrochimiche, oggetto principale del lavoro di tesi. Nel complesso, i campionamenti, analisi ed elaborazioni eseguite hanno permesso di comprendere come l’evoluzione a lungo termine della chimica dei laghi alpini d’alta quota possa fornire informazioni su più ampia scala riguardo all’azione dei fattori meteo-climatici sull’ambiente montano. Il confronto tra i due gruppi di laghi, Paione e Boden, ha evidenziato in particolare come il ruolo e gli effetti dei cambiamenti climatici possano essere diversi in funzione delle caratteristiche dei laghi stessi e dei loro bacini imbriferi. I primi laghi, nonostante l’evidenza di un recupero dall’acidificazione, risultano ancor oggi sensibili agli effetti della deposizione di inquinanti dall’atmosfera, a causa della presenza di un substrato cristallino poco solubile e di conseguenza di uno scarso potere tampone delle acque. Con la diminuzione dell’acidità e del carico di solfati dalle deposizioni, nei laghi è stato osservato un recupero dei valori medi di pH e alcalinità, in particolare nel Paione Superiore, più sensibile. I dati raccolti in stagioni diverse hanno però dimostrato come questi laghi possano ancora andare incontro ad abbassamenti di pH e a temporanei episodi di acidificazione al momento del disgelo, imputabili principalmente al nitrato, attualmente il principale anione acidificante veicolato dalle deposizioni. L’analisi dei dati ha anche messo in evidenza come, soprattutto nel periodo più recente, le dinamiche delle variabili chimiche siano legate anche a fattori meteo-climatici, in particolare al quantitativo di neve al suolo e alle precipitazioni nei mesi estivi. Nel complesso quindi, le deposizioni atmosferiche rimangono il veicolo principale di variazione della chimica di questa tipologia di laghi, a bassissimo contenuto di soluti e con scarso potere tampone; i fattori meteo-climatici possono però giovare un ruolo importante nelle variazioni stagionali e interannuali e nei processi che si verificano nei laghi al disgelo. I laghi Boden si caratterizzano invece per un’alta capacità tampone e per una maggior concentrazione di soluti, grazie ad un substrato prevalentemente carbonatico. In questi laghi si osserva un incremento marcato di alcalinità, cationi basici, conducibilità e solfati nelle acque. Questo aumento può essere messo in relazione all’azione del weathering, ovvero il dilavamento di rocce e suoli nei bacini. L’analisi dei dati a lungo termine ha dimostrato un ruolo importante della copertura di neve al suolo, sia come entità che come durata, in queste variazioni: si può ipotizzare che la diminuzione dell’innevamento comporti una maggior esposizione delle superfici all’azione del weathering, e quindi un maggior apporto di soluti alle acque dei laghi. Questa ipotesi viene confermata anche dall’andamento stagionale delle concentrazioni, che vede tutti i soluti principali aumentare dal momento del disgelo alla fine della stazione estiva. Questo effetto è enfatizzato nel Lago Boden Inferiore, per la presenza di un immissario con elevate concentrazioni di soluti e che è attualmente oggetto di studi più dettagliati per comprendere meglio i processi che determinano l’idrochimica.

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L’aggiornamento della banca dati climatica dell’Ossola e l’analisi dei dati eseguita nell’ambio del lavoro di tesi hanno evidenziato: (1) un aumento della temperatura dell’aria, accentuato soprattutto nei mesi estivi e invernali, e con il 2015 e il 2016 tra gli anni più caldi dell’ultimo trentennio; (2) nessuna tendenza significativa per quanto riguarda la quantità di precipitazioni; (3) una diminuzione della quantità media e della durata della neve al suolo, pur con un’elevata variabilità interannuale. Il primo fattore, la temperatura, non ha mostrato una relazione diretta con i cambiamenti osservati nell’idrochimica nei laghi studiati. L’incremento della temperatura agisce però indirettamente sull’ambiente, in modo lento e continuo, causando numerosi effetti. Uno di questi è proprio la diminuzione dello spessore della neve e della sua permanenza al suolo, effetto che è stato riscontrato in modo generalizzato su tutto l’arco alpino (Gobiet et al., 2014). Un altro effetto indiretto del riscaldamento atmosferico che può avere conseguenze importanti per i laghi è la riduzione del periodo di copertura ghiacciata e l’anticipo del disgelo, con effetti sull’apporto a lago di soluti e nutrienti (Preston et al., 2016). Infine la degradazione del permafrost e l’arretramento dei ghiacciai sono ulteriori fattori che possono andare a impattare sugli ecosistemi lacustri interessati, con conseguenze che vanno da variazioni nella trasparenza delle acque all’apporto di elementi in tracce, anche nocivi per il biota (Sommaruga, 2015; Thies et al., 2007). Il cambiamento climatico, pur non operando in modo diretto e relativamente rapido come le piogge acide, sta determinando delle importanti modificazione nella chimica e conseguentemente nell’ecologia dei laghi alpini d’alta quota. Le variazioni osservate infatti, pur non interessando sostanze pericolose per gli organismi acquatici, rappresentano comunque cambiamenti importanti nelle caratteristiche delle acque e quindi nel loro ruolo di habitat per le biocenosi. Inoltre, mentre nel caso delle piogge acide, i laghi hanno mostrato un processo di recovery in tempi relativamente brevi, in risposta alla diminuzione dell’entità del fenomeno, per il cambiamento climatico è difficile prevedere quali potranno essere le ripercussioni sugli ecosistemi acquatici, anche a fronte di scenari che prevedono un ulteriore intensificazione del riscaldamento e dei suoi effetti nelle aree di montagna (IPCC, 2013). I laghi d’alta quota rappresentano quindi ottimi indicatori nello studio della resistenza e resilienza degli ecosistemi alle perturbazioni antropiche, così come nella messa a punto di eventuali strumenti di mitigazione degli impatti. I piani di tutela e gestione delle aree protette, ad esempio, e in generale gli sforzi di conservazione, dovrebbero basarsi su una conoscenza approfondita di questi ambienti, che a tutt’oggi si presenta frammentaria e limitata ad alcune componenti o ad alcune aree geografiche. Le ricerche su questi ambienti, e più in generale sulle variazioni climatiche in alta quota, dimostrano inoltre la necessità di disporre di serie lunghe di dati meteo-climatici ed ecologici, per studiare la risposta di questi ecosistemi alle perturbazioni antropiche.

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Ringraziamenti

Giunto al termine di questo percorso di tirocinio desidero ringraziare il Dott. Giuseppe Torzillo, direttore del C.N.R. Istituto per lo Studio degli Ecosistemi (ISE) di Verbania Pallanza, per avermi permesso di svolgere il lavoro di tesi presso questa importante istituzione scientifica. Ringrazio la prof.ssa Roberta Bettinetti per la disponibilità mostrata nella revisione di questo mio lavoro. Un ringraziamento particolare va alla Dott.ssa Michela Rogora per la grande disponibilità, pazienza e l’incoraggiamento datomi durante la stesura delle tesi e l’attenzione dedicata durante tutto il periodo di svolgimento dello stage. Tengo a ringraziare il dottor Rosario Mosello e Aldo Marchetto per i loro preziosi insegnamenti riguardanti gli aspetti ecologici e chimici e non da meno ringrazio tutto il personale del laboratorio a partire da Gabriele Tartari, Arianna Orrù e Paola Giacomotti per avermi illustrato diverse metodiche analitiche e di campionamento durante le uscite sul campo. Inoltre, ringrazio ARPA Piemonte e SMI per l'utilizzo dei dati meteo che mi sono serviti per il progetto di tesi. Infine ringrazio il corpo docenti e i colleghi che in questi tre anni mi hanno permesso di crescere, non solo sull’aspetto studentesco, ma anche umano.

Antonio Pistocchi

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