Università Degli Studi Di Pisa Dipartimento Di Filologia

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Università Degli Studi Di Pisa Dipartimento Di Filologia Università degli Studi di Pisa Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica Corso di Laurea Magistrale in Lingua e Letteratura italiana Tesi di Laurea Magistrale: «Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro pochissimi». Galileo critico letterario (Dante, Ariosto e Tasso). Relatore: Prof. Giorgio Masi Candidata: Elettra Bartolini Controrelatrice: Prof.ssa Maria Cristina Cabani Anno Accademico 2014/2015 Indice Introduzione …………………………………………………………………..4 Cap. 1 Galileo Galilei, breve scorcio tra tendenze e influenze …………….9 1.1 La lingua ……………………………………………………………..13 1.2 La biblioteca di Galileo …………………………………………..20 Cap. 2 La querelle tra Ariosto e Tasso ……………………………………..26 2.1 La controversia sul primato dell’Ariosto o del’Tasso ……………….27 2.2 Il pensiero di Galileo attraverso le Considerazioni al Tasso ……..30 2.3 Le Postille all’Ariosto …………………………………………58 Cap. 3 La querelle sulla descrizione dell’Inferno dantesco ……………….71 3.1 Le due Lezioni circa la figura, sito e grandezza dell’Inferno di Dante tenute da Galileo ……………………………………………………………...75 Appendice iconografica ……………………………………………………102 Bibliografia ………………………………………………………………....120 Introduzione Gli studi sull’importanza della lingua utilizzata da Galileo sono molteplici e si rinnovano costantemente. L’attenzione nei confronti di una personalità così eclettica è dovuta proprio alla pluralità dei suoi interessi, che si riflettono anche sulle scelte linguistiche da lui compiute. Galileo è consapevole del valore delle esperienze umane all’interno delle proprie indagini, e del fatto che attraverso il linguaggio è possibile conferire al pensiero una reale indipendenza. Per queste ragioni egli ritiene la scienza un fatto d’interesse pubblico, che non può essere relegato solo alle sfere più alte della società attraverso un lessico proibitivo per i più. Sceglie, pertanto, il volgare a discapito del latino per coinvolgere un pubblico il più vasto possibile, rispetto alla sola cerchia degli eruditi, ma anche perché, come mostra in alcune lettere, il fiorentino possiede in sé tutte le qualità e le caratteristiche per trattare qualsiasi argomento. Il contributo apportato da Galileo al linguaggio scientifico, invece, consiste principalmente in una “tecnificazione” del linguaggio comune, ovvero egli “crea” la lingua scientifica riadattando il significato di ciò di cui già disponeva, attribuendo alle parole un significato nuovo, limitando, in questo modo, le innovazioni e modellando neologismi semantici. Si pensi, inoltre, all’uso che fa della terminologia scientifica e a come spesso ad un lessico più specialistico associ termini che denotano oggetti o aspetti della vita quotidiana. È, dunque, fuori da ogni dubbio quanto abbiano contribuito, nello sviluppo della nostra lingua, le scelte compiute da Galileo a favore dell’italiano rispetto al latino. Tra le sue qualità migliori si annoverano: la chiarezza descrittiva della lingua da lui usata e la forma convincente con cui presenta i risultati delle sua ricerche, anche in campo non scientifico. Il suo 4 atteggiamento si riflette appieno nel suo stile, caratterizzato dalla forza retorica e da una prosa chiara e diretta, sempre finalizzata ad uno scopo ben preciso e perciò priva del superfluo. Anche il contesto in cui si esprime e i destinatari cui si rivolge rappresentano motivo di riflessione per le sue scelte linguistiche, per questo ogni singola parola è rigorosamente scelta per il suo significato specifico, evitando i termini più generici. Si vuole sottolineare, nello specifico, il legame esistente tra la scrittura scientifica e la critica letteraria galileiane; egli utilizza, per i due diversi generi, le stesse strutture linguistiche. Prima, però, è necessario scorrere velocemente quella che il Favaro ricostruisce come “la sua biblioteca”, ossia i testi posseduti da Galileo, sui quali studia e che si presume abbiano influenzato il suo pensiero. Si nota la quantità di testi scientifici, in particolare di quelle materie che più lo renderanno famoso, ma anche una notevole quantità di letteratura, sia classica sia di personalità a lui contemporanee. Attraverso gli scritti letterari Galileo mette in evidenza il suo stile critico e la sua partecipazione emotiva alle dispute letterarie più accese del Cinquecento. Egli, infatti, nell’arco di un paio di anni (1587-1589 circa), ancora giovanissimo, è coinvolto, per sua volontà o su commissione dell’Accademia Fiorentina, in due dibattiti molto importanti per il panorama culturale della nostra penisola, che risulta divisa su due fronti: quello fiorentino e quello veneziano. La prima discussione verte sull’assegnazione del titolo di poema eroico per eccellenza alla Gerusalemme liberata del Tasso o all’Orlando furioso di Ariosto, da cui nascono rispettivamente le Considerazioni al Tasso e le Postille all’Ariosto. Seguendo la tradizione dell’ambiente fiorentino, Galileo si schiera a favore della compiutezza del Furioso contro il caos della Liberata. Nelle Considerazioni assistiamo a un costante attacco, 5 da parte di Galileo, nei confronti dell’autore, spesso definito pedante, sterile o ampolloso e costantemente ripreso per i suoi sforzi, soprattutto in quei punti in cui richiama troppo alla mente l’amatissimo Ariosto, del quale ogni volta riporta il testo come termine di paragone. In questo modo, per contrasto, ogni volta che è possibile, ne approfitta per sottolineare ancora la magnificenza dell’Ariosto. L’intento comparativo tra le due opere è, pertanto, costante e il parallelo di concetti comuni è un tema che ricorre con una certa frequenza (ne abbiamo testimonianza concreta nella lettera di Galileo a Francesco Rinuccini). Da un punto di vista strettamente cronologico dovrebbero essere presentate prima le Lezioni, poiché precedenti alle Considerazioni. La scelta di non tenere conto dell’anno di composizione si deve alla struttura stessa delle opere: le Considerazioni essendo discorsive aiutano a sciogliere l’essenzialità dell’argomentazione matematica delle Lezioni. Le Considerazioni al Tasso sono il frutto di un lavoro più volte ripreso nel tempo (com’è testimoniato dalla progressiva aggiunta di carta bianca dichiarata da Galileo stesso), nonché lo specchio ideale per cominciare a comprendere il gusto critico del giovane Galileo, che durante la lettura si appunta i passi del Tasso che meno lo convincono, soprattutto in quei punti in cui il poeta viene meno ai principi delle categorie poetiche cinquecentesche del verisimile e della coerenza dei personaggi. Sono proprio questi gli aspetti sui quali Galileo si sofferma maggiormente: ad esempio quando parla del labirintico palazzo di Armida, quando si sofferma sui dialoghi in cui il personaggio parla o si atteggia in modo diverso rispetto a come l’autore l’ha presentato in precedenza, oppure quando riescono a vedere cose che non dovrebbero neppure percepire, dotandoli di una vista fuori dal comune. 6 Le Postille all’Ariosto sono più complesse poiché sono meno discorsive risultando più tecniche e di difficile lettura, non permettendo di entrare approfonditamente nella mente dell’autore. Al contrario, però, consentono di individuare una metodologia più serrata nel modo di approcciare il lavoro critico. Si nota, inoltre, come restando fedele alle opinioni dell’Accademia Fiorentina, Galileo in nessun punto sia realmente critico nei confronti dell’Ariosto: pur apportando alcune sostituzioni al testo, si nota che il gran numero di correzioni è relativo solo ad una cattiva edizione da lui posseduta che viene, così, emendata. La seconda disputa che percorre tutta la nostra penisola è quella relativa alla misurazione e alla forma dell’inferno dantesco. Galileo, pertanto, si lascia coinvolgere, ancora su commissione dell’Accademia Fiorentina, in due Lezioni circa la figura, sito e grandezza dell’inferno di Dante. Queste lezioni non rappresentano una novità dal punto di vista del contenuto poiché riportano i dati delle discussioni precedenti. Lo scopo è, infatti, di sostenere le opinioni del Manetti a fronte di quelle del Vellutello. La prima lezione riporta proprio l’opinione del Manetti, già riferita anche dal Landino nella sua edizione della Commedia, che aveva dato vita ad una visione plausibile della struttura dell’Inferno, completa di valori numerici per le dimensioni del cono infernale. La seconda lezione, mettendo in evidenza i punti nei quali i due testi differiscono, tenta di dimostrare l’inesattezza dei valori voluti da Vellutello, aiutandosi anche con le informazioni che Dante stesso fornisce. Le due Lezioni sono oggi ritenute opere a carattere prettamente scientifico, e questo dato è innegabile, ma rappresentano anche la conoscenza che Galileo aveva della Commedia, e lo spirito con cui, ancora giovanissimo, affronta una tale tradizione. Grazie ai raffronti fratti in precedenza tra Tasso e Ariosto è possibile notare come l’atteggiamento critico presenti le stesse modalità sia che si tratti di un’opera 7 letteraria, sia che affronti un testo scientifico. Nonostante sia un’opera a carattere scientifico, tra le premesse egli esprime la volontà di usare la lingua toscana, scusandosi per quei passaggi in cui non potrà fare a meno di utilizzare termini provenienti dalla lingua greca o latina. Queste pagine non sono di facile lettura a causa della loro rigida struttura e dei teoremi matematici presentati. L’intento, dunque, è quello di sciogliere queste lezioni, renderle maggiormente comprensibili, con l’aiuto anche di alcuni disegni come suggeriva Galileo stesso nell’avvio della prima lezione, di commentarle grazie anche ai testi della tradizione
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