DA A BRIGHELLA

La storia della « Majella »

Il crollo del 1943 riservò all’ una sorte particolare, e particolarmente drammatica ed infelice. Isolamento completo, ces' sazione di ogni forma di vita organizzata, incertezza, terrore, soffe- renze e privazioni crescenti, che le depredazioni selvagge dei tede' schi, e le devastazioni della guerra spinsero a limiti non immagina' bili d’inedia. La linea del fronte si stabilizza per parecchi mesi lungo il Sangro e VAventino: taglia a mezzo la regione con una lunga fascia di « terra bruciata ». E ’ in questa fascia che si manifestano le prime spontanee resi- stenze popolari. Ed è qui che su questo sostrato si organizza, vin ' cendo le resistenze alleate, la prima formazione partigiana tra il di' cembre 1943 ed il gennaio 1944: ne è animatore Ettore T roilo. Altre Zone dell’Abruzzo, l’aquilano e il teramano, altre città ed altri centri furono teatro di resistenze, talora eroiche, di scontri e contarono gruppi animosi di partigiani: ed è storia, purtroppo, poco nota, quando non ignota. Ma la colonna Majella è l’unico esempio di formazione regolarmente organizzata che opera fuori del terri' torio nel quale si forma e quando il fronte si muove e l’avanzata ri' prende, inquadrata nel dispositivo alleato come reparto di avan' guardia, prosegue combattendo sino alla linea gotica e poi più oltre, quando riprende l’offensiva della liberazione, sino a Brisighella, dove la valorosa brigata dei veterani della Majella si scioglie. I morti sono stati 54, i feriti 13 1. Ne ha scritto la storia Nicola Troilo, combattente agli ordini del padrei cronaca minuziosa, precisa, indenne di enfasi retorica, che presenta come fonte storica due pregi particolari: la rievoca' Zione viva, fatta sul ricordo diretto, della vita della provincia abruZ' Zese nei tragici mesi seguiti all’armistizio; la storia militare tipica della formazione partigiana regolare che combattè più a lungo nelle file dell’esercito alleato. N e riproduciamo, per cortese concessione dell’autore, due ca~ La storia della « Maiella 17 pitoli: il primo relativo alla costituzione della banda della Macella; il secondo alla campagna delle Marche che tra l’aprile e il giugno porta la colonna sino a Pesaro. F. P.

COSTITUZIONE E PRIME ATTIVITÀ* DEL «CORPO VOLONTARI DELLA MAIELLA»

C a s o l i

Il 5 dicembre 1943, dalle campagne di Torricella Peligna in cui si erano rifugiati dopo l’ordine tedesco di sgombero del paese, partirono per Casoli, appena liberata dalle truppe neozelandesi, una quindicina di uomini guidati dall’avv. Ettore Troilo. Facevano parte di questo gruppo professionisti e impiegati, operai e contadini. Raggiunta Casoli a tarda sera dopo aver varcato le linee del fronte in una località scarsamente vigilata dai tedeschi, il gruppo prese su- bito contatto con il presidio neozelandese. Lo scopo immediato di questi contatti era quello di porsi a disposizione del Comando A L leato per riattivare la rotabile tra Casoli e Torricella Peligna, inter­ rotta in precedenza dalle mine tedesche, al fine di consentire agli automezzi blindati neozelandesi di occupare Torricella Peligna pri­ ma che i tedeschi ne iniziassero la distruzione. Al tempo stesso gli uomini di Torricella si offrirono di fungere da guida alle pattuglie alleate. La richiesta suscitò un certo stupore e quindi una certa dif­ fidenza nel tenente inglese comandante d el. presidio che temeva evidentemente — e lo disse con chiarezza — di essere attratto in una imboscata. Intercessero a favore dell’avv. Troilo, ricordando la sua fede antifascista, le autorità civili di Casoli presso il Commissa­ rio alleato e si prospettò, con molto calore, l’urgenza di un inter­ vento alleato per salvare dalla distruzione almeno Torricella Peli­ gna e per sottrarre la sua popolazione agli eccidi tedeschi. Il tenente inglese aderì finalmente alla proposta e inviò subito gli uomini di Torricella a riparare la strada avvertendo nel contempo l’avv. Troilo che nelle prime ore del pomeriggio due autoblindo sarebbero par­ tite per Torricella Peligna e in esse avrebbe dovuto prendere posto i8 Nicola T roilo lo stesso avv. Troilo. In effetti, nelle prime ore del pomeriggio, gli automezzi stazionavano nella piazza di Casoli occupati dalle truppe neozelandesi; l’animo degli uomini di Torricella si riempì di gioia nella certezza che si sarebbe giunti in tempo a salvare il paese. Ma dopo una lunga e snervante attesa presso le autoblindo, l’avv. Troilo fu convocato dal tenente inglese il quale gli comunicò di avere avuto ordine di abbandonare immediatamente Casoli per nuova destina- zione e di non potere, pertanto, assolvere la sua promessa. Di fronte a questo improvviso impedimento Troilo non potè nemmeno insi' stere nella sua richiesta e comunicò ai suoi uomini l’insuccesso del tentativo. L ’amarezza e lo sconforto furono grandissimi, tanto più che qualche ora dopo — quando cioè, se fossero partiti, i neozelandesi l’avrebbero già liberata — Torricella cominciò a saltare in aria. Ogni speranza fu così delusa. Ma cessato lo scopo immediato si pensò subito di intavolare nuove trattative con il Comando Alleato subentrato al precedente. Partiti i neozelandesi era infatti giunta a Casoli una compagnia di paracadutisti inglesi del Royal West Kent Reggiment, comandata dal maggiore Zoreman: alcuni uomini di Civitella Messer Raimon­ do ottennero subito — con l’aiuto del Commissario Alleato Bucciar e del Barone Ricci — che una pattuglia di questi paracadutisti si recasse con loro a Civitella per impedire ai tedeschi di effettuarne la distruzione. Analoga richiesta fu immediatamente presentata dall’avv. Troilo al maggiore inglese, ma questi fece rispondere che un’azione verso Torricella era ormai inutile dal momento che in paese era già iniziata la distruzione. Invano Troilo insistè, facendo presente che qualcosa poteva ancora essere salvata, che almeno si potevano sottrarre le popolazioni all’occupazione tedesca, invano offrì se stesso e i suoi uomini per l’azione. Il maggiore fu irremo­ vibile. Intanto giungevano continuamente dalle campagne di Torri- cella Peligna altri uomini i quali, avuto sentore che si preparava un’azione verso il loro paese, venivano a porsi a disposizione del Comando Alleato per qualsiasi servizio. In poche ore si strinsero attorno all’avv. Troilo una quarantina di uomini e fu allora che, davanti al rifiuto alleato, nacque in ognuno di essi l’idea di chiedere le armi e di procedere da soli all’occupazione del paese. A questi si unirono mano a mano gli sfollati degli altri paesi della zona; si strinsero spontaneamente attorno all’avv. Troilo fiduciosi che il suo La storia della « Maiella » 19 nome fosse, presso gli Alleati, una sicura garanzia. Troilo conferì quindi nuovamente con il Comando Inglese e questa volta le sue richieste furono molto più impegnative; chiese un certo quantitativo di armi per costituire un reparto di combattenti italiani che, data la conoscenza della zona, avrebbero potuto utilmente coadiuvare gli Alleati nella loro azione. Purtroppo la diffidenza che gli Alleati mostravano verso gli Italiani si acuì, invece di ridursi, di fronte a questa richiesta. Il maggiore inglese fece rispondere che già aveva oltrepassato i limiti della propria competenza autorizzando gli uomini di Civitella Mes­ ser Raimondo ad armarsi con le armi rastrellate sul luogo degli scontri del 6 e del 7 dicembre e a collaborare con gli Inglesi nella difesa del paese. Disse perfino di essere giunto a questo perchè la richiesta gli era stata rivolta dalla moglie di uno degli uomini di Civitella, inglese di nascita e quindi... incapace di agire contro il proprio Paese! In sostanza, come può rilevarsi da questi discutibili criteri di giudizio, la diffidenza verso gli Italiani era alla base del­ l’atteggiamento inglese, nè questa diffidenza potè esser vinta dalle pressioni che in favore dell’avv. Troilo e degli uomini di Torricella furono esercitate dalle autorità civili di Casoli e da due internate inglesi che avevano passato lunghi anni a Torricella P'eligna. Il maggiore consigliò soltanto all’avv. Troilo di rivolgersi al Quartiere Generale Alleato di stanza a Taverna Nova nei pressi di Casoli e lo avvertì che avrebbe richiesto al suo servizio informazioni un rap­ porto sui suoi precedenti politici. Dopo aver rapidamente esaminato la situazione con i suoi uomini e accertata l’assoluta impossibilità di procurarsi armi per proprio conto, l’avv. Troilo, accompagnato da un interprete, si recò a Taverna Nova e chiese di conferire con il generale inglese. I colloqui furono numerosissimi e si tradussero spesso in veri e propri interrogatori da parte degli Alleati; il loro atteggiamento fu da principio decisamente ostile e addirittura sprezzante. Senza curarsi di usare mezzi termini e di rispettare la sensibilità dei pa­ trioti, gli Inglesi giudicarono la loro richiesta « assurda e ridicola », asserendo che gli Italiani sono costituzionalmente dei traditori, che come avevano tradito i loro alleati germanici così avrebbero potuto da un momento all’altro rivolgere contro gli inglesi le armi inglesi e infine che non dovevano dimenticare di avere combattuto fino a qualche mese prima contro l’Ottava Armata di cui adesso impetra­ vano i favori. A queste espressioni che potevano trovare una certa 2 0 Nicola T roilo giustificazione nell’astio e nel rancore inglese contro i nemici di ieri, gli uccisori dei loro fratelli e dei loro compagni, si aggiunsero, però, le consuete ironie sugli « Italiani voltabandiera », sulla inettitudine e la vigliaccheria del soldato italiano, e i soliti sanguinosi insulti sul tipo di « bastard » e « sons of a bich ». Sentirsi indirizzare queste espressioni non da semplici soldati ma da ufficiali superiori bruciava l’animo: ma non si poteva raccogliere e rintuzzare gli insulti, non si poteva — con un gesto orgoglioso — compromettere la realizza- zione delle speranze di tutti. C’erano le case da salvare, e i beni e i campi, c’era la gente che aspettava nella neve e nel fango delle masserie, che ogni giorno moriva sotto il piombo tedesco. Bisognò, per carità di patria, sopportare le umiliazioni e gli insulti, soffocare il proprio onore, ridursi a supplicare un fucile. I colloqui erano faticosissimi, snervanti, tutti condotti per mezzo di interpreti e senza quindi che si potesse, con il calore delle proprie parole, con l’entusiasmo della propria fede, fare breccia nella diffi­ denza e nello scherno. La sfiducia era alle porte, qualcuno già manifestava l’inten­ zione di abbandonare l’idea e di pensare a sè stesso, a trovare un tetto alla proprio famiglia sfollata a Casoli. Ma Troilo continuò la battaglia contro le diffidenze, contro l’irragionevole scherno, con ostinata tenacia. A Casoli, negli ultimi giorni di dicembre, il capi­ tano Hartley, Governatore Alleato, insultò in un colloquio con lui gli Italiani chiamandoli ladri: a questa ennesima provocazione l’avv. Troilo non resistè più e manifestò all’ufficiale inglese tutto il proprio disprezzo. Questo gesto, che si temè dovesse compromettere tutti i tenta­ tivi compiuti con tanta pazienza, sortì invece l’effetto opposto. Il giorno seguente il capitano Hartley si recò dall’a w . Troilo e gli presentò le sue scuse per l’incidente ritirando l’offesa. Da quel mo­ mento Hartley divenne un sostenitore dell’aspirazione di Troilo e dei suoi uomini e, assieme all’italo-inglese tenente Amore, ufficiale di collegamento, intercesse con calore presso gli ufficiali del Quartier Generale. Intanto il rapporto informativo sui precedenti politici dell’avv. Troilo, pienamente favorevole, fu rimesso alla F.S.S. di Casoli e comunicato al Quartier Generale del V Corpo d’Armata inglese. Da quel giorno fu data all’avv. Troilo una sorta di soprain- tendenza sugli affari civili di Casoli e si ricorse a lui per le più sva­ riate ragioni. Cominciò così un periodo di intensa attività per Troilo e i suoi collaboratori — primo tra i quali il dr. Vittorio Trevegiini, La storia della « Maiella 21 medico veterinario — nel quale questi riuscirono a guadagnarsi la fiducia del Town Major e dell’AM GO T che presto mostrarono di non poter fare a meno del loro aiuto. La situazione di Casoli si presentava assai confusa, in quel periodo. Posto sullo sbocco delle strade di comunicazione con la valle dell’Aventino, il paese fu il naturale rifugio di tutti gli sfollati dei Comuni della montagna che preferirono varcare le linee anzi- che restare nelle campagne occupate dai tedeschi. Per tutto il mese di dicembre e di gennaio continuarono a giungere a Casoli le co- lonne dei profughi e presto il paese rigurgitò di forestieri. Non fu necessario procedere alla requisizione degli alloggi perchè gli abi­ tanti spontaneamente accolsero i loro fratelli più sfortunati, ma si giunse in breve tempo ad una tale congestione che si resero neces­ sari alcuni provvedimenti. La popolazione di Casoli era più che raddoppiata: esaurita la disponibilità delle abitazioni private gli sfollati si adattarono nelle stalle, nelle rimesse, negli edifici pubblici e finanche nelle chiese: la chiesa di S. Reparata, per esempio, ne ospitava un centinaio. Naturalmente sorsero parecchi problemi de­ rivanti dal fatto che i profughi — per la quasi totalità contadini — non avevano solitamente risorse in denaro, nè i beni in natura che avevano potuto portare con sè erano sufficienti ad affrontare mesi e mesi di inattività. Famiglie intere erano condannate alla fame e la stragrande maggioranza dei profughi si nutriva esclusivamente di pane e di « sagne ». E poiché molti, accampati nelle stalle, nelle ri­ messe e nelle cantine, non avevano neppure un tavolo su cui con­ fezionare questi cibi, fu necessario mettere a disposizione dei profu­ ghi i tavoli di marmo della pescheria del paese e su di essi, a turno, le donne impastavano il pane e preparavano le sfoglie per la pasta. Lunghe code di donne, a qualsiasi ora del giorno, stazionavano nel freddo davanti alla porta della pescheria, in attesa del proprio turno, fuochi sorgevano dovunque, aH’aperto, agli angoli delle case, nelle stalle, sotto le tettoie. Era diventato un problema non solo procu­ rarsi il necessario per sfamarsi, ma finanche l’atto materiale del mangiare! I rigori del clima invernale si aggiungevano paurosi ad accrescere le sofferenze: dormire pressocchè allo scoperto, o in case e stalle senza porte e senza finestre, sarebbe stato tollerabile solo a patto di avere grandi quantitativi di legna. Ma la legna, invece," scarseggiava: spesso intere famiglie erano costrette a godere di un solo misero fuoco di sterpi su cui cucinare e accanto a cui riscaldarsi, e i ragazzi erano continuamente inviati nei boschetti di querce attor­ 22 Nicola Troilo no al paese a raccogliere rami e frasche cadute. Si dormiva solita* mente per terra, avvolti nelle coperte, o su pagliericci: i più for tu* nati avevano un materasso. E il poco bestiame scampato alle razzie divideva con gli uomini il tetto e il calore del fuoco. La denutrizione, il freddo, la promiscuità, la mancanza assolu* ta di attrezzature igieniche, influirono anche sulla salute pubblica: i bambini si ammalavano facilmente di polmonite e avevano le estremità orrendamente lacerate dai geloni, gli adulti erano tutti in* festati dai parassiti e presto si riscontrarono i primi casi di scabbia. Le misure profilattiche che potevano prendersi erano, malgrado ogni buona volontà, assai scarse: l’ospedale civile di Casoli aveva una minima disponibilità di posti letto e una farmacia ridottissima: non si poteva, d’altra parte, adottare nessun provvedimento radi* cale data la mancanza delle condizioni ambientali che avrebbero potuto renderlo producente. Gli inglesi, dal canto loro, erano troppo preoccupati a combattere una inesistente malaria, per la quale ave* vano una vera e propria fissazione, per occuparsi di altro: il loro aiuto si ridusse alla costruzione di latrine campestri, nè molto di più potè fare la Croce Rossa Internazionale. La miseria, le privazioni, la disperazione, non influirono for* lunatamente sull’ordine pubblico: anzi l’egoismo e la prepotenza non vennero mai a sostituire la grande solidarietà che aveva unito i contadini durante l’occupazione tedesca. A quanto mi risulta, il solo fatto di sangue che avvenne a Casoli in quei mesi fu retaggio degli Alleati: un soldato indiano uccise per vendetta due ufficiali inglesi. Un solo tumulto di civili si verificò quando gli sfollati di tentarono di linciare due tedeschi caduti prigionieri che a suo tempo si erano distinti nelle prepotenze e nelle razzie ai danni della popolazione. Evidentemente per calmare gli animi il Comando Inglese fece giungere il giorno dopo un reparto di suo* natori scozzesi che intrattennero gli sfollati con spettacoli folklo* risticil Comunque esisteva un difEuso nervosismo che rendeva diffi* cile e aspro ogni contatto e minacciava a lungo andare di rendere impossibile la convivenza forzata degli sfollati tra loro e di incri* nare i già tesi rapporti tra essi e la popolazione di Casoli. Il nervosismo si acuì quando, allo scopo di procurarsi cibi e legna, gli sfollati quotidianamente presero ad avvicinarsi ai loro paesi occupati dai tedeschi e a tornare nelle masserie in cui avevano nascosto i loro beni, violando l’ordine del Comando Alleato di muo* versi in prossimità del fronte. La Polizia Militare e l’A M G O T fu* La storia della « Maiella » 23 rono inflessibili e si mostrarono decisi a stroncare questo oscuro for- micolio di uomini lungo la linea del fronte. La F.S.S. vedeva spie dappertutto e diecine di contadini venivano ogni giorno arrestati e condotti nel castello di Casoli a disposizione degli Alleati. L ’avv. Troilo era ogni volta chiamato: gli si chiedeva di identificare gli arrestati e di testimoniare in loro favore e solitamente, dopo il suo intervento, essi venivano rilasciati. Fortunatamente nessuno tradì la fiducia che l’avv. Troilo nutriva nei confronti dei suoi conterranei: le poche spie e i pochi collaborazionisti vennero immediatamente identificati e di solito appartenevano ad altre regioni italiane. Molti, però, a cui carico era sorto qualche sospetto — dovuto talvolta a delazioni originate da meschine vendette personali — furono sen­ z’altro inviati al campo di concentramento di Padula. Questa azione di repressione, che veniva a complicare ancora di più il problema dell’esistenza, inasprì l’animo degli sfollati. Que­ sti intanto continuavano a giungere in gran numero da tutti i paesi della zona: nel mese di gennaio arrivarono colonne di profughi per­ fino dai paesi dell’altipiano, da Roccaraso, Rivisondoli, Pescocostan- zo, Rocca Pia, Pietransieri e dall’altro versante della Maiella. Si impose quindi il problema dello smistamento e si addivenne ad un accordo mediante il quale coloro che già erano, più o meno bene, sistemati a Casoli, mantennero il diritto di rimanervi: gli altri, ma­ no mano che arrivavano, venivano rifocillati e imbarcati ogni mat­ tina su autocolonne inglesi che li portavano al Sud. Un enorme campo di raccolta venne organizzato a S. Salvo, nel Vastese; di qui, su carri bestiame, gli sfollati venivano ulteriormente smistati e in­ viati in campi di raccolta nelle Puglie e nella Lucania e qui abban­ donati al loro destino. Ogni giorno partivano da Casoli cento o due­ cento profughi; malamente assistiti e nutriti, molti di essi tornarono alle proprie case non prima del 1945 e talvolta perfino nel 1946. Il modo raccapricciante in cui vissero quegli anni, nutrendosi quasi esclusivamente di erbe bollite, è facilmente immaginabile. Questa decisione alleata, seppur necessaria, fu dolorosissima e dette luogo ad una serie infinita di lamenti, di proteste, di recriminazioni. Nes­ suno voleva allontanarsi dalla propria zona, tutti volevano essere pre­ senti nel momento in cui i paesi fossero stati liberati per andare a vedere che cosa si fosse salvato, per cominciare subito a ricostruire le case e a rifecondare i campi, unica fonte di vita. Le scene stra­ zianti si moltiplicarono, le suppliche, le imprecazioni e i gesti di rivolta furono infiniti. L ’avv. Troilo e il dr. Travaglini, in continuo 24 Nicola Troilo contatto con le autorità alleate, cercavano di trovare per tutti la mi' gliore soluzione, cercavano, nel caos indescrivibile, di esaminare una per una le situazioni. Ma non sempre fu possibile accontentare tutti: ed era con un senso atroce di sgomento e di tristezza che si assisteva, nelle mattine nevose, alla partenza degli autocarri su cui i profughi, piangendo e maledicendo, oppure fissi in un silenzio di pietra, avevano caricato i loro fagotti di stracci. Comunque, normalizzata così la situazione del paese, si pre- sero altri provvedimenti per assicurare l’ordine. L ’avv. Troilo ed altri ebbero dal Comando Inglese l’incarico di costituire alcuni re- parti di polizia civile e presto si videro circolare nell’abitato e nelle campagne, i « police » : provvisti di tessera di riconoscimento e sti- pendiati dagli inglesi, avevano il compito di assistere gli sfollati, di smistarli, incolonnarli, provvedere alla loro partenza; si incaricavano altresì di reprimere il movimento verso le linee del fronte, di vigi- lare sui paesi e le contrade deserte per evitare ruberie e saccheggi; di raccogliere notizie sui collaborazionisti, le spie e gli sciacalli che venivano arrestati; di far rispettare il coprifuoco e di censire, sia pure in modo approssimativo, gli sfollati ai fini dell’assistenza ali' mentare. Questa si ridusse, in sostanza, a sporadiche distribuzioni di grano e di zucchero di melassa; un problema molto più serio fu dato dalla mancanza di sale che divenne improvvisamente un ali' mento di primaria importanza per ottenere il quale si era disposti a pagare prezzi elevatissimi e a rinunziare a qualunque altra cosa. Anche per questa incombenza il Comando Alleato incaricò l’avv. Troilo di provvedere alla distribuzione. Fu organizzato un servizio di prenotazioni; le richieste — che non potevano superare i cento grammi a persona — venivano rivolte ai collaboratori dell’avv. Troi- lo; passate al , questo compilava sulla loro base un certo nu' mero di buoni che venivano distribuiti per la prelevazione gratuita. Ma il quantitativo di sale era sempre insufficiente. Chi scrive ricorda che fin dalle sei del mattino lunghe file di uomini e di donne, giunti anche dai più lontani paesi e dalle più lontane contrade, lo aspet' tavano fuori la porta di casa per prenotarsi per la prossima assegna- zione di sale. Ricorda le lunghe ore passate ad annotare i nomi e a distribuire i buoni, le infinite discussioni, gli innocenti tentativi di corruzione di chi si presentava con una forma di cacio, con un pollo, con una bottiglia di olio per ottenere un’assegnazione maggiore. Gli inglesi non furono mai eccessivamente generosi con la pò- polazione civile: era spettacolo di ogni giorno assistere alla distri­ La storia della « Maiella 25 buzione del rancio alla truppa, quando i bambini, le donne, gli uo- mini guardavano con gli occhi lucenti passare di mano in mano le belle fette di pane bianco, la marmellata, il burro, lo scatolame, le arance; fu invece raro vedere che questo bene di Dio venisse teso ad un bambino, a una donna, a un vecchio. O quando arrivavano i grandi autocarri del N A A FI-EFI pieni di sigarette, di cioccolato, di sapone, di tutti quegli oggetti di toeletta nuovi e lucenti e la gente restava lunghe ore a guardarli come si guarda una cosa meravigliosa e irraggiungibile. Assai più generosi furono sempre i neozelandesi, prodighi di caramelle, di cioccolata, di sigarette: con essi infiniti piccoli commerci poterono essere avviati, sempre con il vino come contropartita. Gli indiani « Gurka » non si affiatarono mai con la popolazione; al contrario i « Sick » furono sempre molto gentili e si mostrarono particolarmente sensibili con i bambini, ai quali gof- famente regalavano grosse fette di lardo e pacchetti di datteri. A onore di tutte indistintamente le truppe Alleate va però riconosciuta l’assoluta correttezza nei riguardi della popolazione: ruberie non si verificarono, le prepotenze furono scarsissime, il rispetto per le donne sempre molto elevato. Nè, come avvenne soprattutto nelle zone oc- cupate dagli Americani, si svilupparono la prostituzione e i com- merci illeciti e non giunsero fino alle nostre zone montane, al seguito delle truppe liberatrici, gli avventurieri e gli sbandati. Intanto si cercava di alleviare in altri modi la miseria e la for- zata disoccupazione. Dopo lunghi colloqui l’avv. Troilo ottenne dal Comando Alleato di poter costituire squadre di operai che, rego- larmente pagati, provvidero sotto la direzione dei genieri inglesi alla riparazione delle strade, al getto di nuovi ponti, alla costruzione di piazzuole d’artiglieria. Fu, questo salario inaspettato, come un sorso d’acqua alla sete degli sfollati: le squadre aumentarono fino a rag' gruppare duecento uomini e furono guidate da un giovane im- prenditore edile di . Al tempo stesso si organizzarono altre squadre di operai per la neutralizzazione dei campi minati. Alla fine di gennaio la situazione degli sfollati di Casoli, lungi dall’essere rosea, era però sensibilmente migliorata rispetto ai mesi precedenti; e della collaborazione così oculata e appassionata il Co­ mando Inglese rese grazie all’avv. Troilo, al dr. Travaglini, agli altri uomini della « Maiella » che avevano mostrato, assai più delle, autorità civili di Casoli e degli stessi, sbandatissimi carabinieri, di avere a cuore le sorti delle infelici popolazioni. L ’avv. Troilo e i suoi collaboratori approfittarono delle bene­ 2Ó Nicola Troilo

merenze acquisite nei vari rami della loro attività per tornare ripe* tutamente all’attacco al fine di realizzare la loro prima e unica aspirazione, quella di combattere. Agli ultimi di dicembre il ter­ reno divenne più favorevole, sia perchè gli inglesi erano molto sod­ disfatti dei partigiani di Civitella Messer Raimondo che continua­ vano ad operare alle dipendenze delle truppe irlandesi del capitano Vincent, sia perchè il Governatore Hartley e dopo di lui il Gover­ natore capitano Biss, presentarono molto favorevolmente l’avv. Troilo ai nuovi comandanti della piazza di Casoli e cioè al mag­ giore Robert, al capitano Dauxin, al maggiore indiano Hill e, so­ prattutto, al maggiore londinese Lionel Wigram recentemente giunto a Casoli con un battaglione di paracadutisti. Wigram si mo­ strò subito assai diverso dalla generalità dei suoi connazionali: di temperamento entusiasta, coraggioso, di sentimenti nobilissimi, amante dell’Italia, della sua lingua e della sua storia, aperto ad ogni comprensione, Wigram per primo comprese appieno l’immensa pas­ sione e la fede che animavano gli uomini della Maiella, ed ebbe fi­ ducia in loro. Sposò la loro causa, la difese con appassionato calore anche contro i suoi superiori, giunse a volersi addossare personal­ mente ogni responsabilità. L’avv. Troilo fu nuovamente chiamato al Quartier Generale e Wigram gli fu vicino nell’ultimo colloquio. Questa volta gli fu­ rono poste domande più precise e cioè se, nel desiderio dei suoi di combattere, rientrassero aspirazioni di carattere politico e sociale; se non si cercasse, con la scusa di cacciare i tedeschi, di sovvertire l’ordine sociale esistente in favore di una qualunque particolare idea politica; in una parola se esistessero « secondi fini » locali e gene­ rali nella richiesta di Troilo. A queste domande Troilo rispose fis­ sando quelli che saranno sempre i caratteri salienti della « Maiella », e cioè l’assoluta apoliticità della formazione in cui potevano entrare tutti coloro — qualunque ideale politico servissero — desiderosi di contribuire alla liberazione dei loro paesi e fedeli solo all’Italia e all’idea di libertà e di indipendenza nazionale. Fece presente che, ultimata la liberazione della zona, egli e tanti con lui avrebbero continuato a combattere fino alla cessazione delle ostilità perchè oltre all’interesse immediato di salvare le proprie terre e di vendicare i propri morti, esisteva nella coscienza di tutti il desiderio di com­ battere i tedeschi fino alla fine in nome della libertà e per contri­ buire al riscatto morale e materiale della Patria. Non nascose, quindi che — al di sopra di qualunque divisione di partito — gli uomini La storia della « Maiella 37 della « Maiella » combattevano perchè in Italia tornasse un regime democratico con libere istituzioni che distruggesse ogni residuo del passato. Ciascuno, nelle file della « Maiella », avrebbe potuto con' servare le proprie idee politiche in assoluta libertà, ma queste non avrebbero mai guidato l’azione collettiva del gruppo. Il gruppo stesso sarebbe stato organizzato esclusivamente come una unità mi' litare, senza commissari politici o altri organi di carattere non mili' tare, e avrebbe adempiuto — nei riguardi dei civili — a quelle sole incombenze che gli avesse attribuito il Comando Alleato. Chiese infine che i suoi uomini venissero armati e nutriti e possibilmente equipaggiati perchè si potesse utilmente combattere, ma non pagati nè premiati singolarmente con distribuzioni di denaro. Riaffermò il carattere esclusivamente volontario della formazione, per cui il sin' golo non poteva essere costretto ad entrarvi e poteva, viceversa, uscirne quando volesse: e affermò che la « Maiella » avrebbe obbe' dito alle direttive delle Forze Armate Alleate solo per questioni di carattere militare, riservando agli organi interni l’organizzazione del gruppo e la disciplina. Chiese, infine, che gli stessi Alleati indicas' sero l’uomo che avrebbe dovuto comandare la formazione o lascias' sero agli stessi patrioti il compito di eleggerlo. Tutte le richieste dell’avv. Troilo furono accolte: gli Alleati promisero di armare i volontari e di provvedere al loro nutrimento secondo propri insindacabili criteri e rifiutarono, invece, di vestirli; si riservarono ogni decisione in merito alla scelta delle zone di inv piego dei plotoni che sarebbero stati costituiti e alle modalità deh l’impiego; si riservarono altresì il diritto di sciogliere la formazione, di aumentare o diminuire il suo organico, quando avessero creduto. La battaglia era vinta. Gli uomini dei paesi distrutti si strim sero attorno all’avv. Troilo. Nessuno li istruì, nessuno spiegò loro perchè si dovesse combattere; vennero da soli, da ogni masseria, da ogni rifugio, dai boschi, dalle baite, dai focolari spenti, a chie' dere un fucile. Accanto ai contadini, che erano la maggior parte, si strinsero operai, studenti, ufficiali, professionisti, impiegati. Nes' suno avanzò pretese, nessuno accampò privilegi. I capi nacquero così, per quella miracolosa forza naturale che è propria delle rivo' luzioni. Chi dalla natura fu destinato a obbedire, ubbidì; chi la natura chiamò ai rischi e all’onore del comando seppe comandare. Una ispirazione segreta ma irresistibile, quasi una voce interiore che non è possibile ignorare, l’ispirazione e la voce della libertà e della dignità della Patria, spinsero questi uomini ad accorrere al richiamo. 28 Nicola T roilo

Fu come se un velo si squarciasse nella coscienza di tutti, fu come se tutti, giovani e vecchi, « cafoni » e « signori », comprendessero nello stesso momento che era giunta l’ora di risorgere, di guardare dentro e fuori di se, di riconoscersi l’uno con l’altro come fratelli. Da questo spontaneo moto di popolo nacque finalmente il « Corpo Volontari della Maiella ». Fu tenuto a battesimo nella fredda anticamera d’un palazzo di Casoli in cui, con un pezzo di carta e un mozzicone di matita, si cominciarono ad annotare i nomi dei volontari, sotto questa formula: « I sottoscritti volontari italiani dichiarano di essere disposti a partecipare alle azioni ed operazioni militari per la liberazione dei paesi della Maiella, obbligandosi a sot- tostare a tutte le leggi militari del Superiore Comando Alleato ». Agli ultimi giorni di dicembre un centinaio di uomini erano già stati inquadrati, in plotoni composti da 25-30 uomini; agli altri, che premevano alle porte supplicanti, si dovè dire di avere pazienza, di tornare. Wigram, con il suo aperto sorriso, distribuì le prime armi e le prime razioni. Quando la neve cadde anche a Casoli, nella notte di S. Sil­ vestro, si attese in silenzio vicino al fuoco lo scoccare della mezza­ notte: un anno nuovo nasceva, un anno duro, forse più duro del precedente; ma ad esso si guardò con fiducia, con il cuore illumi­ nato dalla speranza e dalla fede nella libertà.

LA CAMPAGNA DELLE MARCHE

L’ a v a n z a t a c o n t i n u a .

Dopo sei mesi di ininterrotta attività in prima linea la « Banda Patrioti della Maiella », concentrata a Sulmona, provvide ad una sommaria riorganizzazione. La rapida avanzata aveva posto in luce alcuni difetti della strut­ tura della « Maiella » dovuti principalmente alla scarsità dei mezzi di cui questa disponeva: finché era durata la guerra di posizione il problema dei trasporti, degli alloggiamenti, della sussistenza, non aveva presentato grandi difficoltà. Ma ora la situazione era diversa: l’avanzata portava i singoli plotoni, in un solo giorno, a chilometri La storia delta « Maiella » i9 e chilometri di distanza dal resto dell’unità imponendo tutta una nuova organizzazione dei collegamenti; gli spostamenti rapidissimi sconvolgevano la sistemazione delle retrovie che non sempre erano in grado di assicurare i necessari contatti con le truppe di linea. Tutti questi problemi, in previsione del fatto che l’avanzata pareva dovesse continuare, dovevano essere risolti perchè la « Maiella » potesse conservare la sua compattezza e la sua agilità di movimento. Necessitavano, quindi, oltre ad una nuova e diversa sistemazione interna, soprattutto automezzi, magazzini propri, servizi telefonici e radio, potenziamento dell’infermeria. Si provvide innanzi tutto alla riorganizzazione interna. La Banda aveva un effettivo di circa 300 uomini che non potè essere aumentato, per ordine del Comando Alleato, malgrado gli abruzzesi della conca di Sulmona accorressero numerosi ad offrirsi. Furono ar- ruolati soltanto pochi elementi in sostituzione di alcuni patrioti che lasciavano l’unità. I sei plotoni che costituivano i reparti di linea furono mantenuti con la stessa numerazione e divisi stabilmente ciascuno in tre squadre al comando di un caposquadra. Si costituì un plotone Comando e servizi vari, si organizzò meglio l’ammini- strazione, a capo della quale continuò a svolgere il suo oscuro e magnifico lavoro il dr. Vittorio Travaglini. Il comandante del- T V ili Plotone, Domenico Troilo, fu nominato vice comandante della Banda con la supervisione delle forze di linea; a reggere, in sua sostituzione, T V ili Plotone, fu chiamato Nicola D ’Amelio. Al IV fu preposto Gaetano Natale, al V II Giuseppe D ’Ippolito, al IX Domenico Di Falco. Il tenente Gerardo Giovacchini fu nominato ufficiale di collegamento con il Comando Alleato. Intanto la Banda si staccò dalle dipendenze amministrative del 515° Regg. Fanteria e passò sotto quelle del 522° sempre facente parte della 205“ Divi­ sione Costiera. Il comandante del 515° Reggimento, colonnello Pas- sadore, inviò alla « Maiella » un commosso messaggio d'addio. Si avanzarono quindi le nuove richieste ai Comandi Alleati. Intanto l’V ili Armata britannica aveva ritirato tutte le sue truppe sulla costa lasciando il settore interno al II Corpo Polacco del gene­ rale Anders e alla « Nembo » del Corpo Italiano di Liberazione. La « Maiella » ebbe l’ordine di operare anch’essa nell’interno sulla di­ rettrice Aquila-Fabriano-Pergola alla sinistra della « Nembo » e alla destra dei Polacchi. Passò quindi alle dipendenze di questi ul­ timi e operò in stretto contatto con il reparto di carristi comandato dal maggiore Lewisky. I rapporti con l’Vili Armata britannica fu­ io Nicola Trotto rono mantenuti dal capitano Lamb, che ne fece domanda, e dal te* nente Lesley Filliter: questi due ufficiali rimasero quindi con la « Maiella ». A l maggiore Lewisky furono pertanto sottoposte le nuove ri- chieste e si fece presente che era necessario esaudirle se si voleva che la « Maiella » potesse utilmente procedere nell’avanzata. Lewisky accettò solo in parte le richieste: rifiutò di concedere alla « Maiella » magazzini e scorte proprie, riaffermando che i pre­ levamenti di viveri e di munizioni dovevano volta per volta essere effettuati nei depositi polacchi; disse di non avere disponibilità di automezzi e quindi, invece di fornire la « Maiella » di un proprio autocentro, si riservò volta per volta, quando fosse stato necessario, di mettere a sua disposizione gli automezzi indispensabili (Il Co­ mando della « Maiella » si « arrangiò » con autovetture e motoci­ clette abbandonate dai tedeschi). Non concesse nuove dotazioni di armi automatiche, limitandosi a confermare il permesso ai patrioti di trattenere le armi rinvenute sui luoghi degli scontri o requisite ai privati o prese ai prigionieri tedeschi e assicurò un ampio riforni­ mento di munizioni; elargì pochi mezzi per il potenziamento del- l’infermeria; si impegnò a procedere alla meno peggio alla vestizio­ ne dei patrioti, visto che la 209“ Divisione italiana non ne aveva i mezzi. Come si vede le concessioni furono irrisorie, ma bisognò fare buon viso a cattiva sorte. Il 21 giugno la « Maiella » si trasferì ad Aquila e qui si prov­ vide alla distribuzione di coperte, di divise inglesi e di scarpe. Ma se queste ultime furono sufficienti per tutti, non altrettanto avvenne per le divise e così la Banda acquistò un aspetto ancora più etero­ geneo. Si fece una larga distribuzione di zaini alpini e questi vera­ mente costituirono, data l’insufficienza dei collegamenti, la « casa » dei patrioti nella foga dell’avanzata. E i patrioti si rassegnarono con una scrollata di spalle; anzi, sul motivo di una vecchia canzone militare, sorrisero della loro stessa miseria: motorizzati a pie’ portando il tricolore lo zaino affardellato siam giunti fino qua... La storia della « Maiella »

E cominciarono le marce verso il Nord con un caldo oppri­ mente. Sia per le strade interrotte, sia perchè i promessi automezzi polacchi non arrivavano mai, quasi tutti i trasferimenti furono ef­ fettuati a piedi. Iniziarono la ripresa dell’avanzata l’V ili ed il XIII Plotone che si portarono a Montereale, con una marcia di 35 Km. il 21 giugno. Tra il 21 e il 23 si mossero gli altri; il VII e il IX raggiunsero Tufo e si impegnarono subito a riparare il ponte sul Tronto per il passaggio dei mezzi corazzati polacchi. Il IV ed il X IV si portarono ad Accumuli, rastrellando le campagne e cattu­ rando due tedeschi nascosti in una grotta. Il Comando seguiva da vicino le truppe di linea trasportando spesso la fureria su carri agricoli. Cosi fecero anche i plotoni, ma spesso le mine, disseminate ovunque, facevano saltare in aria i carri privando gli uomini di tutti i loro averi. L ’avanzata della « Banda » procedeva quindi in condizioni di estrema inferiorità, eppure lo slancio e l’entusiasmo erano tali che quasi sempre i plotoni della « Maiella » raggiungevano gli obiettivi indicati prima delle truppe polacche. Il 24 proseguì l’avanzata; il IV e l’VIII raggiunsero Arquata del Tronto mentre gli altri plotoni, a Tufo, erano impegnati, a turno, nella ricostruzione del ponte. Il 26 giugno l’aw. Ettore Troilo, comandante della «Maiel­ la », rimase seriamente ferito durante una marcia di trasferimento. Ricoverato all’Ospedale di Amandola con prognosi riservatissima, vi restò degente tra la vita e la morte per oltre un mese. Radunata tutta la Banda a Montefiorino, il 27 giugno il vice comandante s.ten. Domenico Troilo assunse il comando. L ’avv. Troilo fu quo­ tidianamente visitato dai suoi uomini che gli portavano notizie del fronte, e tutti, anche i più lontani, cercarono di fargli giungere il loro saluto e il loro augurio. L ’avanzata fu ripresa senza indugio e finalmente, dopo quin­ dici giorni di marcia, la « Maiella » agganciava le prime retroguar­ die tedesche nella regione collinosa a nord di Sarnano e lungo ie rive del Chienti occupando Morico, Cessapalombo, Camporotondo e Morichella. Nicola Troilo

Dal Chienti all’E sino.

Il 28 giugno i plotoni della « Maiella » presero posizione sulle colline prospicienti Caldarola e Beiforte con il compito di occupare questi due paesi e di distruggere lo schieramento tedesco sul Chienti. In poche ore le pattuglie inviate in esplorazione localizzarono le postazioni avversarie e interruppero in più punti la linea telefonica che collegava i presidi tedeschi di Caldarola e di Beiforte. Il 29 giugno si passò senz’altro all’attacco, ostacolando col tiro continuo delle mitragliatrici il traffico degli automezzi tedeschi sulla prò- vinciale proveniente da Tolentino. Dopo qualche ora i tedeschi fecero saltare il ponte sul Chienti e diminuirono notevolmente la reazione della loro artiglieria che cessò del tutto al calare della notte. Nel dubbio che i tedeschi avessero evacuato i paesi, il patriota Ca­ millo Cocco, disarmato e vestito con abiti borghesi, si portò fin dentro l’abitato di Beiforte mentre il comandante ed il vice co­ mandante del VII Plotone, con il tenente Filliter, raggiunsero l’a­ bitato di Caldarola. Durante tutta la notte frequenti scoppi di mine sulla strada per Tolentino confermarono le voci della ritirata tede­ sca e nel mattino del 30 luglio, rientrati i patrioti in esplorazione, il IV ed il X IV Plotone, passato a guado il Chienti, occuparono Beiforte pattugliando immediatamente le vicinanze del paese; il VII e l’VIII Plotone raggiunsero Caldarola, e mentre il VII vi ri­ mase a presidio, l’VIII proseguì l’avanzata occupando Borgiano, Bor- gianello e Serrapetrona. Il IX raggiunse più tardi Caldarola e il XIII rimase in servizio ai posti di blocco. Senza perdite e senza aver incontrato molta resistenza la « Maiella » varcò il Chienti, le cui sponde furono accuratamente perlustrate dal VII e dal IX Plotone, e continuò senza indugio la marcia in avanti. Il i° luglio il IV ed il X IV Plotone occuparono S. Severino Marche, accolti trionfalmente dalla popolazione e il XIII, dopo cinque ore di marcia, liberò Colleluce. Il giorno succes­ sivo l’avanzata, ostacolata a tratti dall’artiglieria tedesca, subì una lieve battuta di arresto, ma il 3 luglio riprese con grande celerità. Il IV e il X IV occuparono Aliforni, il VII stabilì un posto di blocco a ponte dei Canti, l’VIII e il XIII occuparono Serralta organizzan­ dola a difesa. Il 4 luglio tutti i plotoni provvidero a conso­ lidare le loro difese bersagliate dal tiro dei cannoni e dei mortai nemici e spedirono pattuglie volanti in perlustrazione. Altre pattuglie stabilirono i contatti tra un plotone e l’altro e alcune La storia della « Maiella 33 si infiltrarono nello schieramento tedesco in prossimità di Cingoli per saggiare la potenza di fuoco del nemico. Analogo lavoro fu svolto il giorno successivo in cui si ebbero scontri a fuoco ravvici' nato con i tedeschi; una pattuglia mista di patrioti dell’V ili e del XIII, guidata dal tenente Filliter, prese d’assalto un nido di mitra­ gliatrici a nord di Serralta espugnandolo dopo breve resistenza e mantenendo quindi la posizione sotto un violento fuoco di mortai. Nelle stesse ore il IV e il X IV Plotone inviarono un forte pattu- glione in contrada Casevecchi per assicurarsi della presenza di te­ deschi. Il sergente Giuseppe Bianchi, specializzatosi in operazioni del genere, si recò vestito da contadino fin dentro l’abitato della frazio­ ne dove, non avendo trovato il nemico, chiamò il resto della pattu­ glia che proseguì oltre infiltrandosi nelle linee tedesche. Avvertita la presenza dei nostri, i tedeschi corsero alle loro postazioni di mitra­ gliatrici e aprirono il fuoco. La pattuglia, presa posizione sulla sommità della collina, rispose al fuoco per qualche tempo cercando di sventare un tentativo di accerchiamento condotto da una qua­ rantina di tedeschi divisi in due gruppi. Fu chiesto per mezzo di una staffetta aiuto al tenente Giovacchini che doveva essere appo­ stato con una squadra a destra della pattuglia, ma poiché l’aiuto non giungeva il comandante della pattuglia diede l’ordine di riti­ rata. Questa si svolse ordinatamente, ma fu soprattutto per merito del caposquadra Rocco Gatti del X IV Plotone, rimasto da solo a proteggere la ritirata con una mitragliatrice, che l’intera pattuglia potè ritornare incolume alla base. Dai civili si apprendeva poi che i tedeschi avevano lasciato sul terreno dei due scontri ben ventidue morti e sei feriti! Il 6 luglio una pattuglia dell’V III Plotone si portava a S. Maria dove, dopo aver precisato gli obbiettivi, passò all’attacco. I tedeschi si ritirarono precipitosamente abbandonando armi e materiale vario e martellarono poi la pattuglia con un violento fuoco di mortai: sottrattisi alla reazione, gli uomini dell’VIII rientrarono in serata a Serralta. Anche una pattuglia del X IV Plotone, uscita in ricognizione, sostenne uno scontro a fuoco con il nemico uccidendo due tedeschi e sottraendosi quindi ad una indiavolata reazione. Il giorno seguente, nostri tentativi di infiltrazione furono fru­ strati dalla tempestiva reazione tedesca che causò due feriti: co­ munque una pattuglia del XIII Plotone si portò fino a 500 metri da Cingoli e il vice comandante del Plotone, Nicola Piccoli, attaccò 34 Nicola Troilo da solo una diecina di tedeschi ferendone più o meno gravemente tre. L ’8 luglio dieci patrioti dell’VIII ritornarono a S. Maria per rioccupare la posizione su cui erano tornati i tedeschi. Lasciati in' dietro due patrioti mitraglieri per un eventuale fuoco di protezione, la pattuglia occupò una collina prospiciente l’accantonamento te- desco costituito da tende piantate su un rialzo del terreno tra campi di grano. Alle 7,30 i patrioti aprirono il fuoco contro due tedeschi che si recavano a dare il cambio alle sentinelle suscitando una vio­ lenta reazione che si protrasse per circa mezz’ora. Cessato il fuoco e non vedendo più i tedeschi sulla collina, la pattuglia riprese ad avanzare spingendosi fino a quindici metri da una cappella esistente sulla collina. Dall’interno di questa, che si riteneva deserta, i te­ deschi sorpresero i nostri lanciando alcune bombe a mano che cau­ sarono due feriti: la pattuglia rispose prontamente al fuoco ucci­ dendo quattro tedeschi e ferendone sei, ma dovette desistere da ul­ teriori azioni perchè un forte contingente nemico apparve alle spalle della chiesetta. Raggiunto un fossato sotto la protezione delle mi­ tragliatrici appostate in precedenza, la pattuglia potè rientrare senza altri incidenti alla base. Il 9 luglio l’intensa attività delle artiglierie tedesche costrinse i nostri a rimanere di guardia nelle postazioni, ma il io fu ripresa l’attività delle pattuglie; il sergente Bianchi, nuovamente vestito da contadino, si recò fin dentro l'abitato di Castel S. Pietro occupato dai tedeschi, localizzando una per una le postazioni nemiche. A notte una sezione dell’VIII Plotone tentò l’occupazione di Cingoli: giunta in prossimità dell’abitato staccò una pattuglia di avanguardia che fu però attaccata dai tedeschi disposti in posizione favorevole e costretta a ritirarsi. Anche il grosso della sezione, ber­ sagliato dai mortai, dovette ripiegare e rientrare a Serralta. Morì nello scontro il patriota Giuseppe Giancaterina che fu il primo ca­ duto della campagna delle Marche. Uguale sorte toccò il giorno dopo al IX Plotone che parimenti, di fronte alle soverchiami forze tedesche, dovette rientrare e rinun­ ciare alla occupazione di Cingoli. Intanto, però, a seguito delle notizie raccolte dal sergente Bianchi, una squadra del IV ed una del X IV Plotone presero d’assalto Castel S. Pietro che venne occu­ pato casa per casa malgrado la rabbiosa resistenza tedesca. Predi­ sposte immediatamente le postazioni, le due squadre respinsero per La storia della « Maiella 35 tutto il pomeriggio i contrattacchi tedeschi e conclusero la loro giornata subendo per tutta la notte il cannoneggiamento nemico. Il giorno dopo, il 12 luglio, il IV Plotone sbaragliò una pattu­ glia di venticinque tedeschi provenienti da Isola e diretti proba­ bilmente a tentare di riconquistare Castel S. Pietro. Il 13 luglio i tedeschi, che evidentemente tenevano molto a questa posizione, tentarono per la terza volta di riconquistarla. Quaranta paracadutisti presero ad avanzare a ventaglio sotto le po­ stazioni tenute dalle squadre del sergente Bianchi, di Martinelli e di D ’Alessandro. Giunti a tiro, i patrioti aprirono il fuoco che ebbe un effetto disastroso sui tedeschi i quali, più che decimati, rinunciarono nuovamente all’attacco. Dodici morti e venti feriti testimoniarono il clamoroso insuccesso del terzo tentativo tedesco. Da parte nostra due soli feriti, che furono curati immediatamente dal dr. Carri il quale, in questa occasione, si prodigò oltre ogni limite, raggiun­ gendo il luogo dello scontro dopo una diffìcile marcia in motoci­ cletta attraverso campi minati. Il giorno dopo fu la squadra di Bianchi a uscire incontro al nemico occupando Isola e piantando il tricolore sul campanile. Su­ bito dopo raggiunsero Isola il tenente Giovacchini e la squadra di Centi che proseguirono immediatamente per Frontale, occupandola e rinvenendo armi e automezzi abbandonati dai tedeschi. Il settore del IV Plotone fu così completamente liberato dal nemico per me­ rito di una continua serie di azioni notevoli per l’abilità e l’alto spirito combattivo. Intanto, il 12 luglio, l’V ili Plotone aveva raccolto il frutto dei suoi sforzi entrando a Cingoli liberata assieme a reparti del C.I.L. e con l’aiuto dei partigiani locali. Il plotone si spostò quindi a Moscosi e continuò l’avanzata cercando di occupare Apiro. In pros­ simità di questa frazione i tedeschi attaccarono la pattuglia di punta costringendola a ritirarsi e ferendo il patriota Antonio Troilo. Il 16 luglio lo schieramento della « Maiella » fece un ulteriore passo avanti: il VII Plotone occupava Col di Giovo, il XIII, Casta­ gna e il XIV , Fornaci. Il 18 luglio il IV Plotone, avuto sentore che i tedeschi si apprestavano a saccheggiare e a distruggere Poggio S. Vicino, inviò una sezione ad occupare il paese che, raggiunto a passo di corsa, fu salvato all’ultimo momento tra l’esultanza della popolazione che già aveva evacuato le case. Nello stesso giorno una sezione del XIII Plotone, guidata dal 36 Nicola Troïlo comandante Nicola De Ritis, organizzò una beffa ai tedeschi en- trando cautamente in Apiro presidiata dal nemico e affiggendo ma­ nifesti patriottici alle cantonate. Il giorno dopo, quando il V II Plo­ tone, l’V ili ed il XIII liberarono definitivamente Apiro, l’esultanza della popolazione non conobbe limiti. Il 19 continuò l’avanzata del IV che raggiunse Domo cattu­ rando alcuni pseudo partigiani locali che si aggiravano nelle cam­ pagne a scopo di rapina. Il VII avanzò da Apiro su S. Leonardo, il XIII raggiunse il bivio Apiro-Cupramontana sistemandovi un posto di blocco, il X IV liberò Coldivino e Serronchia. Tutti i plotoni, nell’avanzata, provvidero ad uno snervante lavoro di neutralizza­ zione delle mine, bonificandone oltre cinquanta. Il 20 luglio il IV Plotone liberò S. Elia e Serra S. Quirico, dove fu issato il tricolore; il VII occupò Cupramontana e Castellare; gli altri raggiunsero tutti Cupramontana per un paio di giorni di riposo. Il 22 luglio a Cupramontana, dopo circa un mese di degenza all’ospedale, rientrava tra i suoi uomini, accolto da grandi manife­ stazioni di gioia, il comandante della « Maiella » avv. Ettore Troilo, che riprese il comando. A Cupramontana e a Maiolati la popola­ zione esultante offrì agli uomini della « Maiella » numerosi ban­ chetti e li festeggiò con riconoscenza e ammirazione. L ’avv. Troilo chiese al comando polacco di concedere qualche settimana di riposo alla Banda che da sette mesi era ininterrotta­ mente in prima linea, ma il colonnello Lewisky, avendo già preso accordi con la « Nembo » per una azione combinata con la « Maiel­ la » su Castelplanio e Montecarotto, rifiutò, promettendo però che la Banda avrebbe avuto il necessario riposo subito dopo l’azione programmata. I patrioti, fiduciosi nel riposo, si prepararono con le ultime energie ai nuovi combattimenti. Un mese di continui scontri, di rapide avanzate, di snervanti attese, aveva portato la « Maiella » dal Chienti all’Esino attraverso la regione collinosa delle Marche. I patrioti erano stanchi e avevano bisogno di tutto. La campagna delle Marche era stata faticosissima anche perchè compiuta in condizioni di inferiorità. Un po’ per le condizioni proprie dei luoghi sconvolti dalla guerra, un po’ per il disinteresse del Comando polacco, la « Maiella » si era spostata quasi sempre a piedi. La sistemazione delle retrovie, malgrado il La storia della « Maiella 37 generoso prodigarsi dell’esiguo plotone Comando, non era stata perfetta per l’inadeguatezza dei mezzi: i magazzini polacchi spesso non si sapeva dove fossero, bisognava rintracciarli e inseguirli per prelevare i rifornimenti e questi, una volta prelevati, non si sapeva come farli giungere alle truppe in linea. Fu la generosa popola­ zione delle Marche, grata ai liberatori, che superò se stessa fornendo ai patrioti la maggior parte del vitto necessario e aiutandoli con costante affetto e con aperto disinteresse, salvando spesso le situa­ zioni disperate dei plotoni che da giorni e giorni non ricevevano i rifornimenti. Si dimostrò, invece, efficiente l’organizzazione dei collega- menti di linea: pur senza possedere radio e linee telefoniche, i plotoni si mantennero in costante contatto l’uno con l’altro per mezzo di staffette portaordini che svolsero un lavoro ingrato ed oscuro ma spesso luminoso ed eroico. In tutto questo periodo la « Maiella » operò da sola nel suo settore: polacchi e reparti del C.I.L. vennero a contatto con essa solo sporadicamente. I partigiani locali •—- tranne quelli di Cingoli e pochi altri — non furono di nessun aiuto: spesso, anzi, sorti al­ l’ultima ora e con scopi non troppo chiari, dovettero essere — tal­ volta con la forza — disarmati e ridotti all’ordine. Con il colonnello Lewisky i rapporti furono sempre buoni: Lewisky aveva un temperamento esuberante e impulsivo che po­ teva presentare degli spigoli, ma non era difficile andare al fondo della sua generosità e della sua comprensione. Furono piuttosto i suoi subalterni non troppo camerateschi con la « Maiella », ma sotto la loro apparente durezza spesso inaspettatamente si scopriva con stupore che non c’era che una sorta di commovente invidia: la « Maiella » liberava la sua patria mentre i polacchi, che amavano la loro appassionatamente, erano senza patria, erano i soldati di ventura della libertà.

Montecarotto.

Il 23 luglio alcuni plotoni della « Maiella » lasciavano Cupra- montana e, varcato l’Esino, entravano in azione nel settore com­ preso tra Maiolati, Castelpiano e Poggio S. Marcello. Occupati questi due ultimi comuni, in cui la « Maiella » trovò affissi mani­ festi inneggianti al suo nome, gli uomini iniziarono la perlustra­ 38 Nicola Troilo zione della zona saggiando lo schieramento e la potenza di fuoco del nemico. Il 24 luglio la squadra del sergente Bianchi del IV Plo- tone scambiò le prime raffiche con pattuglie nemiche accompagnate da un civile a Poggio S. Marcello; e presto si vide come nella zona esistessero numerose spie e moltissimi collaborazionisti la cui pre- senza rendeva più difficile e delicato il compito della « Maiella ». Il 25 luglio il IV Plotone fu duramente impegnato dal fuoco dell’artiglieria tedesca che lo costrinse ad abbandonare alcune posta­ zioni alle quali subito si avvicinarono i tedeschi, senza però poterle occupare per la vivace reazione dei patrioti. Una pattuglia del IV, guidata dal tenente Giovacchini, ef­ fettuò una sortita e, in collaborazione con una squadra del X IV Plo­ tone, si diresse verso il cimitero di Poggio S. Marcello, nelle cui vicinanze alcuni tedeschi avevano in precedenza impegnato una pattuglia di patrioti. Sul suolo dello scontro non si rinvenne traccia del nemico; fu trovato invece il corpo del patriota Renzo Sciore, caduto nel combattimento. Rientrata alla base di Poggio S. Mai- cello, la pattuglia uscì di nuovo nel pomeriggio diretta a Fornace per impedire che i tedeschi ne effettuassero la distruzione. Lungo la strada fu attaccata da forze nemiche; ne seguì un breve violento scontro al termine del quale i tedeschi si ritirarono inseguiti dalla squadra di Centi, mentre la squadra di Mastrippolito, incurante del fuoco nemico, provvide a trasportare al sicuro il tenente Giovac­ chini gravemente ferito al ginocchio sinistro. Il valoroso e giovanissimo ufficiale dovette subire l’amputa­ zione della gamba, ma appena fu in grado di camminare con le stampelle si ripresentò al Comando della « Maiella » chiedendo di riprendere il suo posto di combattimento. La sua generosa richiesta, sorretta da una fede purissima, fu appoggiata dal coro unanime dei suoi uomini e fu accolta. Mentre egli era degente all’Ospedale Mili­ tare, il Capo di Stato Maggiore della 209“ Divisione inviò al Coman­ do della « Maiella » la seguente lettera : « S.A.R. il Duca d’Aosta, in una recente visita fatta ai feriti ricoverati agli ospedali del C.I.L., ha rilevato il fiero contegno tenuto dall’ufficiale Gerardo Giovac­ chini, amputato e ferito, che manteneva alto il morale dei colleghi esprimendo parole improntate ad alto senso patriottico. Pregasi vo­ ler esaminare la possibilità di proporre il tenente Giovacchini per una ricompensa al V . M. sul campo ». Il 26 luglio la squadra del sergente Bianchi raggiunse Monte- La storia della « Maiella 39 carotto, vertice del cuneo prodotto dall’avanzata e posizione imporr tantissima per l’intero schieramento alleato, e stabilì un osservatorio sul campanile dell’ospedale. Raggiunto più tardi dal resto del IV Plotone, il paese fu sistemato a difesa. Il IV si divise in quattro po­ stazioni: la squadra di Bianchi rimase a presidiare l’ospedale, quella di Martinelli sbarrò la strada del cimitero, quella di D ’Angelo sor­ vegliò la strada provinciale di accesso al paese e infine la squadra di Mastrippolito si dispose a dominio della valle a nord-est del paese. Durante la notte frequenti scambi di colpi si ebbero con pat­ tuglie tedesche avanzatesi per saggiare il fuoco dei patrioti e si ebbe l’impressione che i tedeschi fossero ancora presenti nel paese o vi fossero rientrati aiutati dai civili. Contemporaneamente il XIII Plotone, giunto a Staffele, se­ questrò una radio clandestina e provvide a circondare e disarmare numerosi civili che si aggiravano con scopi non chiari nell’abitato. Il 27 luglio un grande silenzio piombò su Montecarotto e il sergente Bianchi con i patrioti Contucci e Prandini uscì in esplo­ razione allontanandosi dall’abitato e localizzando presso S. Pater- niano una grossa postazione tedesca con mortai e cannoni di medio calibro. Unitisi ad una ventina di paracadutisti della « Nembo », sopraggiunti in motocicletta, i tre uomini del IV attaccarono vio­ lentemente la postazione. Dopo un primo sbandamento, i tedeschi, riorganizzatisi, risposero al fuoco con i mortai e dopo venti minuti di combattimento i paracadutisti, temendo di essere accerchiati, risa­ lirono sulle motociclette e si allontanarono dalla zona. Il sergente Bianchi decise a sua volta di tornare all’accantona­ mento ma la piccola pattuglia, priva di aiuto, non potè sfuggire alla reazione tedesca. Cadde il patriota Amleto Contucci e rimasero gravemente feriti il sergente Bianchi e il patriota Prandini. Questi riuscì a trascinarsi fino a Montecarotto dove nel frattempo era ar­ rivato il tenente Troilo che si recò immediatamente sul luogo dello scontro riuscendo a rintracciare la salma di Contucci e Bianchi che fu trasportato in salvo. Con l’aiuto del capitano Lamb e sotto il cannoneggiamento tedesco il dr. Carri riuscì a raggiungere l’ospe­ dale di Montecarotto, trasportando nelle retrovie il ferito Prandini. Purtroppo il giorno seguente morì all’ospedale di Montecarotto il generoso sergente Bianchi Giuseppe, questo taciturno e solitario ragazzo bresciano che la furia della guerra aveva portato nel Sud e che la gente del Sud seppe amare e rispettare. Sempre primo nel 40 Nicola Troilo rischio, Bianchi aveva combattuto da Lama a Montecarotto senza concedersi un’ora di riposo, col pensiero fisso alla sua famiglia che lo aspettava nel Nord. Soleva dire che l’Italia è una sola, senza di­ stinzione di Nord e di Sud; voleva che nelle montagne della sua Brescia arrivassero i ragazzi della « Maiella » ad abbracciare i par­ tigiani del settentrione. Si videro gli uomini della squadra piangere attorno al letto in cui Bianchi si spegneva dilaniato dalle schegge: ma quando i tedeschi assalirono l’ospedale con un inferno di fuoco, la squadra di Bianchi si precipitò alla finestra decisa a farsi am­ mazzare piuttosto che cedere. La battaglia di Montecarotto cominciò allora. Da informazioni avute, dalla intensità del fuoco delle artiglie­ rie si prevedeva che i tedeschi avessero in animo di passare al con­ trattacco per riconquistare le alture dominanti l’Esino. La posizione di Montecarotto costituiva il fulcro dello schieramento alleato e do­ veva essere tenuta ad ogni costo. Questo fu l’ordine che il capitano Lamb recò al s.tenente Troilo. Esaminata col cap. Lamb la situa­ zione e appreso che di tutti i plotoni della « Maiella » solo il XIII era disponibile poiché gli altri erano impegnati in posizioni che non potevano essere abbandonate, il tenente Troilo organizzò una prima difesa del paese chiamando il XIII di rinforzo al IV che solo occu­ pava Montecarotto. Il XIII lasciò Poggio S. Marcello al tramonto e raggiunse Mon­ tecarotto verso la mezzanotte, fermandosi nelle postazioni del co­ mandante Natale del IV Plotone: di qui una pattuglia di punta, seguita a distanza dal resto del plotone, si staccò per raggiungere l’ospedale e prendere accordi col tenente Troilo. In prossimità del­ l’ospedale fu intimato l’alt e il comandante De Ritis, che guidava la pattuglia, rispose « Maiella ». In perfetto italiano gli fu risposto: « Avanti, Maiella », e la pattuglia mosse qualche passo nelle tene­ bre. Improvvisamente fu aggredita da tedeschi e fascisti appostati agli angoli delle case e ne seguì nell’oscurità un violento e confuso corpo a corpo che si protrasse per circa mezz’ora. La lotta, a distanza ravvicinata, fu combattuta con pugni, le baionette e i calci dei fucili e impegnò oltre alla pattuglia di punta tutto il plotone che, accorso ai primi spari, fu accolto da un preciso fuoco di fucileria. La pic­ cola pattuglia di punta fu subito sopraffatta: feriti il comandante De Ritis e il patriota Mario Porreca, catturato il vice comandante Piccoli e uccisa la guida Tarcisio Tassi, il resto del plotone, accer­ chiato dal nemico, dovette ripiegare verso Poggio S. Marcello tra­ La storia della « Maiella 41 sanandosi dietro cinque feriti. Solo sette uomini riuscirono, but' tandosi alla cieca nel folto dei tedeschi, a raggiungere l’ospedale trasportando con se il comandante De Ritis agonizzante per sette ferite al torace. Intanto due plotoni di tedeschi mossero all’assalto delle posta' zioni tenute dal IV Plotone, cannoneggiando contemporaneamente l’ospedale. NeH’interno di questo il capitano Lamb e il tenente Troilo, visto che dell’intero XIII Plotone solo sette uomini erano riusciti a passare e quindi che i rinforzi erano assolutamente insuf- fidenti, chiesero senza indugio l’aiuto dell’V ili Plotone che si mise in marcia per raggiungere Montecarotto lasciando a un reparto della « Nembo » la sua posizione. I tedeschi, respinti dalle posizioni del IV, mossero in forma' zione di campagna all’assalto dell’ospedale bersagliato fino a un momento prima dall’artiglieria. Si rispose al fuoco dalle finestre sparando alla cieca nella sottostante vallata, e i tedeschi non progre' dirono di un passo. Dopo un’ora e venti minuti, alle prime luci deb l’alba, fallito l’attacco i tedeschi ripiegarono, lasciando nei campi di granoturco armi e munizioni ma trasportando con se i morti e i feriti. Sfogarono la rabbia dell’insuccesso con un nuovo tremendo fuoco di artiglieria che durò dall’alba al tramonto del 28 luglio, secondo giorno dell'assedio. Nell’interno dell’ospedale il tenente Troilo e il capitano Lamb si prodigarono instancabilmente aiutati dal direttore del reparto e da tutto il personale che, disciplinato e coraggioso, era rimasto al suo posto medicando i feriti e procurando anche un po’ di viveri ai patrioti affamati che vegliavano già da ventiquattro ore. In tutto ventisei patrioti validi presidiavano Mon' tecarotto divisi nell’ospedale e nelle postazioni che il IV aveva scavato presso il cimitero. Si sperava quindi nell’arrivo dell’VIII il quale in effetti raggiunse Montecarotto nel pomeriggio e provvide a fortificare altre due postazioni presso il cimitero in posizione do' minante sulla vallata da cui provenivano gli attacchi tedeschi. Fe' rito il comandante De Ritis e catturato il vice comandante Piccoli, il comando del XIII fu affidato ad Antonio Di Valerio che, presi con se i sette superstiti del Plotone e qualche altro patriota, forti' fico sotto il fuoco dell’artiglieria tedesca, peraltro imprecisa, una postazione a cento metri dall’ospedale. Calò quindi la sera del secondo giorno e si vegliò in attesa di un nuovo attacco tedesco che non si fece attendere. 42 Nicola T roilo

Nelle prime ore della notte una ardita pattuglia tedesca, con l’aiuto dei civili che avevano artatamente lasciato aperto il portone dell’ospedale, si infiltrò nell’atrio di questo per effettuare una sor- presa. Prontamente scorti e bloccati, i tedeschi furono assaliti dalle scale e dai ballatoi con lancio di bombe a mano e dopo breve resi' stenza la pattuglia abbandonò l’ospedale gettandosi nella scarpata. Una suora di turno rimase ferita nello scontro. A l rumore degli spari i tedeschi assalirono nuovamente, per proteggere la loro pattuglia, le postazioni del IV, ma nuovamente furono respinti verso la mezzanotte. Tre ore di tregua e alle ore 3 ,10 forze fresche nemiche torna- rono per la terza volta all’assalto prendendo di mira le postazioni deH’VIII Plotone giunto da poco. La reazione dei patrioti fu imme­ diata: ad uno ad uno furono bloccati i furiosi attacchi tedeschi rin­ novatisi fino alle prime ore dell’alba. Vista l’impossibilità di con­ cludere vittoriosamente l’azione prima del giorno, i tedeschi ripie­ garono per l’ennesima volta chiedendo l’aiuto dell’artiglieria. L ’alba del 29 luglio, terzo giorno dell’assedio, vide nuova­ mente rovesciarsi su Montecarotto il cannoneggiamento nemico che durò, con brevi intervalli, tutta la giornata. Già si sapeva, ormai, che a notte i tedeschi avrebbero ritentato la conquista del caposaldo e si temeva di non avere più la forza di resistere. I patrioti erano svegli da quarantotto ore, privi di viveri, con una riserva non forte di munizioni, in numero esiguo, senza speranza di ottenere altri rinforzi e senza poter prevedere quando la situazione avrebbe avuto una svolta. Troilo e Lamb si tenevano svegli a furia di caffè, men­ tre i feriti gemevano nei letti e il personale dell’ospedale, esausto, dormiva, sdraiato qua e là. Dietro le finestre i patrioti vegliavano con le armi puntate: il giovanissimo patriota Antonio Ferrante, della squadra del povero Bianchi, era abbracciato alla sua mitraglia­ trice da ventiquattro ore consecutive e aveva sempre rifiutato il cambio. Nelle altre postazioni la situazione non era migliore. La giornata, sotto l’ossessionante tiro delle artiglierie, passò lentamente, in un’attesa snervante. Passarono le prime ore della notte nel più assoluto silenzio: anche i cannoni tacevano. Poi, come al solito, s’alzò un razzo luminoso nella vallata: i tedeschi chiede­ vano la protezione dell’artiglieria per un attacco imminente. Fu dato l’allarme e tutti gli uomini radunarono le ultime forze e caricarono le armi. Alle 2,30 un’intera compagnia di paracadu­ La storia della « Maiella » 43 tisti tedeschi, rinforzata da elementi repubblicani, mosse per la quarta volta all’attacco urlando. Il grido: arrendetevi « Maiella »! salì più volte dalla valle mentre crepitavano le prime scariche di fucileria e le mitragliatrici pesanti bersagliavano le finestre per im­ pedire ai patrioti di rispondere al fuoco. La lotta si accese con spa­ ventosa violenza da entrambe le parti ed ebbe momenti di epica bellezza: il personale dell’ospedale ricaricava le armi, i patrioti sparavano dalle finestre, perfino i feriti lasciarono i letti e si trasci­ narono alle finestre. Il comandante De Ritis, ferito da sette pallot­ tole e completamente immobilizzato a letto, incitava i suoi uomini con la voce. Venticinque uomini restarono per ore ed ore a resistere ad un nemico dieci volte superiore e quando questi tentò anche le postazioni dell’V ili restato fino ad allora in attesa, segnò la sua condanna. Un fuoco incrociato di violenza impressionante partì da tutte le postazioni spazzando i campi di granoturco in cui, in for­ mazione di campagna, avanzavano i tedeschi preceduti da cani ma­ stini. Sconvolti, scompaginati, sorpresi da tanta foga che non so­ spettavano da uomini rimasti all’estremo delle loro forze, i tedeschi si diedero a fuga precipitosa. Prima dell’alba del 30 luglio, quarto giorno dell’assedio, la battaglia era finita e i tedeschi sfogarono nuovamente il loro livore concentrando su Montecarotto il fuoco di tutte le loro batterie. Ma il fuoco non faceva più paura a nessuno: ci si lasciò cadere a dor­ mire dove ci si trovava, certi che i tedeschi non avrebbero ripro­ vato più, almeno per quel giorno. Nel pomeriggio del 30 la salvezza arrivò per l’eroico presidio di Montecarotto. Ben cinque compagnie di paracadutisti della « Nembo » diedero il cambio ai due plotoni della « Maiella ». Dopo quattro giorni e quattro notti d’inferno, il IV, l'V ili e i resti del XIII lasciarono Montecarotto. Il IV e il XIII raggiunsero Poggio S. Marcello per un breve riposo; l’V III, benché stremato, fu comandato di guardia alla punta avanzata di Madonna delle Stelle. Tre caduti, nove feriti e un prigioniero furono il triste bilancio dell’epica lotta. Esiguo, comunque, in confronto alle perdite avute dai tedeschi che furono calcolate in circa quaranta morti! La battaglia di Montecarotto ebbe una risonanza nazionale: ne parlò la radio, ne parlarono i giornali della capitale — « Maiel­ la » : questo nome passò sulle labbra di tutti gli italiani, di quelli 44 Nicola T roilo che al Nord attendevano il giorno della liberazione, di quelli che al Sud si accingevano a ricostruire la patria. Tutti seppero che al fronte un pugno di abruzzesi combatteva in silenzio per la libertà fino all’ultimo respiro.

Da Montecarotto a Mondolfo.

Il tanto atteso riposo non fu concesso nemmeno dopo la bat­ taglia di Montecarotto. La situazione del fronte impegnava ogni reparto e ogni uomo. La « Nembo » sosteneva da giorni una furiosa battaglia ad est di Montecarotto e il II Corpo polacco era dura­ mente impegnato tra Pergola e la Scheggia. La « Maiella » rimase in linea con il compito di avanzare nel settore compreso tra l’Esino e il Cesano con schieramento frontale Poggio S. Marcello-Avacelli- Arcevia. Convenientemente riforniti di armi e munizioni i sei plotoni della « Maiella » entrarono in azione il T agosto in stretto contatto con i paracadutisti della « Nembo » : il IV e l’VIII sistemarono le proprie postazioni in contrada Madonna delle Stelle, il V II a S. Mar­ tino, il IX in contrada Pannocchia, il XIII a Poggio S. Marcello e il X IV in contrada Bacucco. Stabiliti i collegamenti fra i vari plotoni a mezzo di staffette, i patrioti restarono in attesa di ordini nelle po­ stazioni continuamente cannoneggiate dal nemico. Il 2 agosto il capitano Lamb e il tenente Filliter raggiunsero il tenente Troilo che aveva sistemato il Comando nelle postazioni del IX e inviarono le prime pattuglie in esplorazione. Un primo scontro a fuoco, conclusosi con l’uccisione di un tedesco e col ferimento di altri due, fu sostenuto da una squadra del V II mentre la postazione avanzata del IX respingeva un tentativo di infiltrazione tedesca, effettuando quindi col tenente Troilo una sortita che rimase senza esito. A tarda sera il X IV plotone riceveva ordine di portarsi a Mergo che fu trovato sgombro e presidiato. Il 3 agosto regnò la calma sulle postazioni di tutti i plotoni, tranne che su quella tenuta dalla squadra del IV comandata da D ’Alessandro che respinse in un breve e furioso combattimento un’incursione nemica uccidendo quattro tedeschi e subendo il feri­ mento di un patriota. Il 4 agosto, avanguardia del generale movimento del fronte, iniziava l’avanzata del IV che, lasciata Madonna delle Stelle, si La storia della « Maiella 45 portò ad Avacelli e successivamente nelle vicinanze di Arcevia con una pattuglia deH’VIII che effettuò un’incursione nell’interno del paese evacuato dai tedeschi. Il 5 anche il VII ed il IX lasciarono le loro postazioni e sotto una pioggia dirotta raggiunsero a piedi Piticchio stabilendo i colle­ gamenti con la « Nembo » e pattugliando le immediate vicinanze del paese. Il XIII e il XIV , al comando del tenente Troilo, dietro rapporto della pattuglia di punta dell’VIII che vi era entrata, si dirigevano verso Arcevia che veniva raggiunta e occupata al tra­ monto. Passando per Serra S. Quirico il XIII plotone, per ordine del Comando, disarmò i partigiani locali. Nei giorni seguenti l’intenso cannoneggiamento tedesco im­ pedì l’invio delle solite pattuglie di avanguardia. L ’8 agosto si riprese l’attività esplorativa e una pattuglia del VII entrò in contatto con alcuni tedeschi che si ritirarono dopo aver ferito un patriota. L ’ac­ cantonamento del V II fu centrato in pieno da una cannonata che provocò molti danni e ferì tre patrioti, alcuni civili e due soldati della « Nembo ». Ferito fu pure il comandante D ’Ippolito che ri­ fiutò ogni soccorso e si prodigò instancabilmente nei soccorsi agli altri colpiti con l’aiuto del dr. Carri che medicò anche i feriti in­ glesi della zona. L ’avanzata proseguì lentamente ma regolarmente, il V II si spostò a nord di Piticchio e gli altri plotoni portarono avanti le loro postazioni. Furono catturati alcuni prigionieri, bonificati molti campi minati e predisposti posti di blocco sulle rotabili. L ’V III Plo­ tone, intanto, puntava, ad ovest: superato Palazzo, occupò Caber - nardi e Castagna l’ n agosto. Il 12 tutti i plotoni si disposero a co­ pertura della « Nembo » impegnata in una vasta battaglia sulle colline ad est di Palazzo. Soltanto l’V ili continuò la sua azione ad ovest occupando Persocozzone e dirigendosi quindi a protezione delle miniere di zolfo di Bellisio: purtroppo i tedeschi, prima di ritirarsi, incendiarono gli impianti. Il 13 agosto il IX, favorito dall’azione della « Nembo », avan­ zò su Montesecco, dove sostenne uno scontro incruento con pattuglie tedesche. Il 13 tre plotoni della « Maiella » furono passati in rivista da un generale inglese e da un generale polacco di cui non si potettero apprendere i nomi; ambedue gli alti ufficiali si complimentarono vivamente con gli uomini della Banda. 46 Nicola Trotto

Il 15 agosto tre uomini del IX Plotone, recatisi nell’abitato di Cabernardi, catturarono sei militi repubblicani che furono conse­ gnati alla « Nembo ». Una seconda pattuglia del IX si scontrò con alcuni tedeschi uccidendone uno e ferendone due che non fu pos­ sibile catturare per il sopraggiungere di rinforzi che costrinsero la pattuglia a ritirarsi. Nei due giorni seguenti alcuni plotoni della « Maiella » die­ dero il cambio al 183° Regg. Paracadutisti « Nembo » che aveva concluso la sua azione con buon esito e quindi la « Maiella » tornò ad operare da sola nel suo settore, avanzando a cuneo su S. Lorenzo in Campo da Loretello a Montesecco. Il IV plotone, all’estremo ovest dello schieramento, efEettuò numerose puntate su Pergola, sostenendo tre scontri a fuoco, catturando alcuni prigionieri e met­ tendo al sicuro numerosi esponenti del fascio repubblicano di Pergola. Il 20 agosto si costituì a Piticchio di Arcevia il X V Plotone « S. Angelo » formato da uomini delle Marche che avevano svolto seria attività partigiana nelle loro contrade prima della liberazione. Fu chiamato al comando del nuovo plotone il giovane s.ten. Lucia­ no La Marca. L ’organico della « Maiella » salì a circa 350 uomini. Il 21 agosto il IV Plotone varcò finalmente il Cesano, occu­ pando S. Vito e prendendo posizione sulle alture al di là del fiume. L ’avanzata del IV consentì agli altri plotoni di fare un ulteriore passo avanti; furono così occupati Nidastore, S. Lorenzo in Campo, Montevecchio e Fratterosa, punta estrema del settore operativo dove si attestò il X IV Plotone. L ’V III, in collaborazione con mezzi co­ razzati polacchi, occupò Montalfoglio costringendo alla resa i pochi tedeschi che ancora lo presidiavano. La marcia in avanti riprese immediatamente in direzione di Fossombrone; Isola di Fano, Mantefano, Santa Maria della Valle, S. Ippolito e altre posizioni dominanti la valle del Metauro furono conquistate e presidiate e costituirono il punto di partenza per una serie di incursioni, lungo le sponde del fiume. I tedeschi erano in ritirata lungo le sponde del Metauro; le incursioni fruttarono nu­ merosi prigionieri e grandi quantitativi di materiale bellico e osta­ colarono la ritirata delle retroguardie malgrado le artiglierie tedesche attestate a monte del fiume battessero senza tregua le postazioni della « Maiella ». Il 24 e il 25 agosto a tutta la « Maiella » venne dato il cambio La storia della « Maiella » 41 da reparti inglesi che, da Sulmona in poi, non avevano più operato con la Banda. La « Maiella » fu concentrata a S. Lorenzo in Campo e insistenti ancora tornarono a circolare le voci del tanto atteso riposo. Ma i patrioti vennero nuovamente delusi. Sulla costa gli in- glesi trovavano difficoltà nell’avanzata. Pesaro era fortemente di' fesa dalla famosa divisione corazzata « Hermann Goering » che pa­ reva decisa a resistere ad oltranza. Il Comando del V Corpo d’A r­ mata inglese stabilì di impiegare anche la « Maiella » e un reparto corazzato polacco nella conquista di Pesaro e diede ordine al capi­ tano Lamb di provvedere al trasporto dell’unità sulla costa. Lamb comunicò la notizia all’a w . Trailo e vane furono le proteste. Il 27 agosto la « Maiella » fu trasportata su automezzi inglesi a Mondolfo; i patrioti compresero che non si andava a ri­ poso e un certo malumore serpeggiò tra i ranghi. A Mondolfo, nella piazza del paese, l’avv. Trailo e il ten. Trailo radunarono gli uomini sfiniti e laceri e chiesero loro ancora coraggio e ancora pazienza. La « Maiella » obbedì; disciplinatamente, anzi con entusiasmo, si pre­ parò ai nuovi cimenti.

Pesaro.

La partenza per la nuova zona di operazione avvenne il 29 ago­ sto. I vari plotoni raggiunsero Marotta e Fano in attesa di ordini. Notizie giunte dalla linea del fuoco recavano che i tedeschi erano asserragliati nell’interno dell’abitato di Pesaro con l’intenzio­ ne di resistere ad oltranza: bisognava occupare la città espugnan­ dola casa per casa. Le batterie inglesi martellavano l’abitato già da qualche giorno, truppe corazzate polacche effettuavano quotidiane incursioni nelle prime case della città e anche l'aviazione alleata era entrata in azione con continui mitragliamenti e spezzonamenti. Si richiedeva che la « Maiella », protetta dai mezzi blindati e dal­ l’aviazione, espugnasse d’assalto, con rapide azioni tipo « comman­ dos » in cui sarebbero stati impegnati a rotazione tutti i plotoni, la città: nelle case man mano liberate dai primi plotoni si sarebbero attestati gli inglesi e da queste posizioni avanzate sarebbero partiti gli altri plotoni per un ulteriore balzo in avanti, e così via. Prima ad entrare in azione fu una pattuglia del V II che, par­ 48 Nicola Trailo tita da Fano a piedi, raggiunse le colline dominanti Pesaro segna­ lando le mine per facilitare il traffico dei mezzi corazzati polacchi e quindi preparando sulle colline stesse le postazioni per P V ili Plo­ tone che giunse qualche ora dopo. Protetti dairVIII, partirono dalle immediate vicinanze di Pe­ saro il XIII ed il X IV plotone. Il XIII, con una azione rapidissima, occupava alcune case della periferia e quindi si spingeva fino al- l’interno della stazione ferroviaria, presidiandola per tutta la notte e ricevendo il giorno dopo il cambio dal V II. Il X IV , staccata una pattuglia di avvistamento sul Monte Panaro, si portava in serata sull’Adriatica sbarrando la strada a due chilometri da Pesaro. Il XV , trasferito nel retroterra, a Muraglia, partì per Pesaro al tramonto. Marciando in fila indiana ai due lati della strada i patrioti raggiun­ sero prima il cimitero della città e poi il Palazzo del Consorzio Agra­ rio nei cui pressi si accantonarono. Scoperti dal nemico, la casa fu presto bersagliata da un fuoco indiavolato di mitragliatirici a cui si resistè per attendere gli inglesi a cui consegnare la posizione. Ma gli inglesi non giunsero e il plotone, privo di collegamenti, dovette prima dell’alba ripiegare rientrando a Muraglia. Il primo giorno della battaglia di Pesaro si concluse così senza perdite e con la conquista della stazione ferroviaria e di altre im­ portanti posizioni. Il 3 1 agosto, secondo giorno, l’attività fu aperta da una pat> tuglia dell’VIII che partì in azione di perlustrazione nell’interno della città: attaccata una pattuglia tedesca, la mise in fuga dopo pochi minuti e catturò tre prigionieri. Qualche ora dopo il XIII, lasciata al V II la stazione ferroviaria, procédé verso l’interno della città perlustrando le ville e i giardini che fiancheggiano le strade conducenti al mare. Venuto in contatto con forze tedesche disposte in posizione favorevole, il XIII espugnò una per una le case tenute dai tedeschi, talvolta avanzando all’arma bianca, e liberò un intiero quartiere della città. Nel combattimento morì eroicamente il mitragliere Francesco Di Lullo. A sera, rice­ vuto il cambio dal V II, il XIII tornò a Fano. Intanto era entrato in azione anche il X IV , mentre l’aviazione alleata e le artiglierie in­ glesi proteggevano l’avanzata. Ispezionata prima la valle sotto Casa Bartoli il plotone, diviso in squadre, entrò in Pesaro perlustrando ad uno ad uno tutti i villini della spiaggia fino a trecento metri dalle postazioni tedesche. Scoperto dal nemico e martellato dall’ar­ La storia della « Maiella 49 tiglieria, il plotone dovette asserragliarsi in un sotterraneo rima­ nendovi molte ore. A sera fu chiesto l’aiuto dell’aviazione alleata; protetto dal mitragliamento degli aerei, il plotone potè uscire allo scoperto e rientrare alla base sull’Adriatica dove restò di guardia per tutta la notte. Il X V plotone, affiancando invece i mezzi corazzati polacchi, entrò in Pesaro dal retroterra e mentre i polacchi si fermarono al Consorzio Agrario i patrioti proseguirono fino ai giardini pubblici. Fu comandato l’alt a un tedesco e un civile armati, ma poiché questi non obbedirono si aprì il fuoco. Il civile cadde mentre il tedesco, benché ferito, tentò di fuggire. Contro di lui si lanciò il comandan­ te La Marca, ma intanto il tedesco, colpito da altri, era caduto. Improvvisamente un fuoco tremendo si rovesciò sui patrioti: spa­ ravano i tedeschi dalle finestre e i civili repubblicani dagli angoli delle case; sistemati in difesa, i patrioti risposero al fuoco che aveva causato, fin dalle prime raffiche, il ferimento del s.ten. La Marca il cui corpo, malgrado l’intenso fuoco nemico, fu recuperato dal capo squadra Carboni. L ’opera pietosa non valse a salvare la vita del comandante La Marca che spirò qualche ora dopo. Assunto il comando, il vice comandante Biancini diede ordine di ritirarsi di fronte alla intensificata reazione avversaria e visto che i mezzi co­ razzati polacchi non intervenivano. Non obbedì all’ordine il pa­ triota Giulio Lalia che, spintosi avanti, cercò di ridurre al silenzio con lancio di bombe a mano una postazione di mitragliatrici che ostacolava il ripiegamento del plotone. Procedendo tra un fioccare di colpi, più volte ferito e barcollante, Lalia radunò le ultime forze e raggiunse la postazione tedesca, distruggendola. Mentre lanciava l’ultima bomba, una raffica lo investì in pieno uccidendolo. La Mar­ ca e Lalia: il plotone marchigiano « S. Angelo » ebbe le sue prime perdite, due ragazzi che degnamente avevano rappresentato la loro terra nelle file abruzzesi della « Maiella ». Il i° settembre, terzo giorno del combattimento, per il bisogno di truppe fresche, entrarono in azione per la prima volta il IV e il IX plotone con l’VIII che già era stato impegnato nei giorni pre­ cedenti. 11 IV si portò lungo la spiaggia, nella zona battuta il giorno precedente dal XIV ; superate le postazioni tedesche contro cui si era infranta l’azione del XIV , il plotone giunse fino a cento metri dal Kursaal dove sostenne per lungo tempo un violento duello di fuoco con i tedeschi appostati nelle trincee di sabbia, sulle terrazze e dietro le finestre. Resistendo senza cedere un metro, il IV plotone 5Ò Nicola T roilo consentì ai polacchi di avvicinarsi e di sostituirlo nelle identiche postazioni raggiunte; quindi il plotone tornò alla base con un ferito grave. , Alla sua sinistra era intanto entrato in azione l'V ili che, di­ viso in gruppi, cominciò a rastrellare i tedeschi casa per casa, cat­ turando parecchi prigionieri. La battaglia si frazionò in tutto il quartiere perlustrato dall’V ili. Il ten. Troilo e due patrioti, circon­ dati dai tedeschi in un villino, riuscirono a salvarsi gettandosi acro­ baticamente nel vuoto dal secondo piano della costruzione. Soddi­ sfatto dell’esito della perlustrazione e conducendo con se i prigio­ nieri, l’V ili ripiegò sotto una tremenda reazione tedesca e si attestò sulle colline prospicienti la città a protezione del IX che iniziava l’attacco. Mancò all’appello il valoroso tenente inglese Filliter, ca­ duto nello scontro. Come Wigram, Filliter morì combattendo con la « Maiella » che amava. Protetto dal fuoco dell’V I II e degli inglesi il IX entrò in azio­ ne verso sera al cavalcavia, rastrellando le abitazioni intorno al Pa­ lazzo Tecnico. Una squadra, spintasi arditamente fino a quattro metri da una postazione nemica, uccise due tedeschi e catturò una mitragliatrice riuscendo a rompere l’accerchiamento e a tornare al cavalcavia dove si ricongiunse al resto del plotone che aveva avuto un ferito. Il 2 settembre, quarto giorno dell’azione, i tedeschi comincia­ rono ad evacuare la città. Tempestivamente avvertiti partirono su autoblinde polacche il V II e il IX plotone per accelerare lo sgom­ bero. Pesaro si presentò sconvolta dal duro combattimento: ma­ cerie, incendi, cadaveri insepolti, materiale abbandonato, trincee devastate, tutto testimoniava l’impeto dell’attacco. La divisione co­ razzata « Hermann Goering » era in rotta, e i tedeschi affannosa­ mente cercavano di trasportare al nord i frutti delle loro razzie e dei loro vandalismi: un’automobile carica di bottino fu bloccata e catturata dal V II plotone mentre il X V si appostava lungo le spon­ de del Foglia. Pesaro era liberata: un’altra tappa luminosa della « Maiella » che nessuno potrà mai raccontare nei particolari: una battaglia in cui i trecento uomini della « Maiella », stanchi da otto mesi di continua, terribile guerra, ritrovarono come d’incanto le forze, at­ taccarono con una tenacia rabbiosa e una temerarietà senza limiti lasciando altro sangue sulle terre italiane: La Marca, Di Lullo, La storia della « Maiella 51

Lalia, Filliter andavano ad aggiungersi ai Caduti di Montecarotto e di . Dal i° gennaio al 1 settembre la « Maiella » ebbe ventisei caduti, tre dispersi, dieci prigionieri e cinquantuno feriti: in totale novanta perdite su circa trecento uomini: un terzo. E con loro Wigram, Aixell, Filliter, i tre valorosi ufficiali inglesi. Filliter, partendo per l’ultima azione, aveva raccomandato al capitano Lamb di concedere il riposo dopo la battaglia di Pesaro, e Lamb si battè nuovamente e l’ottenne. Concentrati a Fano e passati in rivista dal comandante e da ufficiali superiori alleati e italiani, i superstiti della « Maiella » fu­ rono finalmente trasportati a Recanati per un lungo periodo di riposo. Terminava così la campagna delle Marche che aveva impegna­ to la « Maiella » per ottanta giorni consecutivi in un susseguirsi ininterrotto di combattimenti. Tutti i plotoni avevano svolto i loro compiti con bravura e ardimento: nessun uomo si sottrasse mai al suo dovere. Nel quadro generale delle prestazioni sarebbe vano elo­ giare i singoli: pure penso che un riconoscimento particolare vada, su tutti, al IV e all’V III Plotone che svolsero una mole di lavoro impressionante e si distinsero per l’alto spirito combattivo e la capa­ cità militare. N icola T roilo