DA CASOLI ABR IG HELLA La Storia Della « Majella
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DA CASOLI A BRIGHELLA La storia della « Majella » Il crollo del 1943 riservò all’Abruzzo una sorte particolare, e particolarmente drammatica ed infelice. Isolamento completo, ces' sazione di ogni forma di vita organizzata, incertezza, terrore, soffe- renze e privazioni crescenti, che le depredazioni selvagge dei tede' schi, e le devastazioni della guerra spinsero a limiti non immagina' bili d’inedia. La linea del fronte si stabilizza per parecchi mesi lungo il Sangro e VAventino: taglia a mezzo la regione con una lunga fascia di « terra bruciata ». E ’ in questa fascia che si manifestano le prime spontanee resi- stenze popolari. Ed è qui che su questo sostrato si organizza, vin ' cendo le resistenze alleate, la prima formazione partigiana tra il di' cembre 1943 ed il gennaio 1944: ne è animatore Ettore T roilo. Altre Zone dell’Abruzzo, l’aquilano e il teramano, altre città ed altri centri furono teatro di resistenze, talora eroiche, di scontri e contarono gruppi animosi di partigiani: ed è storia, purtroppo, poco nota, quando non ignota. Ma la colonna Majella è l’unico esempio di formazione regolarmente organizzata che opera fuori del terri' torio nel quale si forma e quando il fronte si muove e l’avanzata ri' prende, inquadrata nel dispositivo alleato come reparto di avan' guardia, prosegue combattendo sino alla linea gotica e poi più oltre, quando riprende l’offensiva della liberazione, sino a Brisighella, dove la valorosa brigata dei veterani della Majella si scioglie. I morti sono stati 54, i feriti 13 1. Ne ha scritto la storia Nicola Troilo, combattente agli ordini del padrei cronaca minuziosa, precisa, indenne di enfasi retorica, che presenta come fonte storica due pregi particolari: la rievoca' Zione viva, fatta sul ricordo diretto, della vita della provincia abruZ' Zese nei tragici mesi seguiti all’armistizio; la storia militare tipica della formazione partigiana regolare che combattè più a lungo nelle file dell’esercito alleato. N e riproduciamo, per cortese concessione dell’autore, due ca~ La storia della « Maiella 17 pitoli: il primo relativo alla costituzione della banda della Macella; il secondo alla campagna delle Marche che tra l’aprile e il giugno porta la colonna sino a Pesaro. F. P. COSTITUZIONE E PRIME ATTIVITÀ* DEL «CORPO VOLONTARI DELLA MAIELLA» C a s o l i Il 5 dicembre 1943, dalle campagne di Torricella Peligna in cui si erano rifugiati dopo l’ordine tedesco di sgombero del paese, partirono per Casoli, appena liberata dalle truppe neozelandesi, una quindicina di uomini guidati dall’avv. Ettore Troilo. Facevano parte di questo gruppo professionisti e impiegati, operai e contadini. Raggiunta Casoli a tarda sera dopo aver varcato le linee del fronte in una località scarsamente vigilata dai tedeschi, il gruppo prese su- bito contatto con il presidio neozelandese. Lo scopo immediato di questi contatti era quello di porsi a disposizione del Comando A L leato per riattivare la rotabile tra Casoli e Torricella Peligna, inter rotta in precedenza dalle mine tedesche, al fine di consentire agli automezzi blindati neozelandesi di occupare Torricella Peligna pri ma che i tedeschi ne iniziassero la distruzione. Al tempo stesso gli uomini di Torricella si offrirono di fungere da guida alle pattuglie alleate. La richiesta suscitò un certo stupore e quindi una certa dif fidenza nel tenente inglese comandante d el. presidio che temeva evidentemente — e lo disse con chiarezza — di essere attratto in una imboscata. Intercessero a favore dell’avv. Troilo, ricordando la sua fede antifascista, le autorità civili di Casoli presso il Commissa rio alleato e si prospettò, con molto calore, l’urgenza di un inter vento alleato per salvare dalla distruzione almeno Torricella Peli gna e per sottrarre la sua popolazione agli eccidi tedeschi. Il tenente inglese aderì finalmente alla proposta e inviò subito gli uomini di Torricella a riparare la strada avvertendo nel contempo l’avv. Troilo che nelle prime ore del pomeriggio due autoblindo sarebbero par tite per Torricella Peligna e in esse avrebbe dovuto prendere posto i8 Nicola T roilo lo stesso avv. Troilo. In effetti, nelle prime ore del pomeriggio, gli automezzi stazionavano nella piazza di Casoli occupati dalle truppe neozelandesi; l’animo degli uomini di Torricella si riempì di gioia nella certezza che si sarebbe giunti in tempo a salvare il paese. Ma dopo una lunga e snervante attesa presso le autoblindo, l’avv. Troilo fu convocato dal tenente inglese il quale gli comunicò di avere avuto ordine di abbandonare immediatamente Casoli per nuova destina- zione e di non potere, pertanto, assolvere la sua promessa. Di fronte a questo improvviso impedimento Troilo non potè nemmeno insi' stere nella sua richiesta e comunicò ai suoi uomini l’insuccesso del tentativo. L ’amarezza e lo sconforto furono grandissimi, tanto più che qualche ora dopo — quando cioè, se fossero partiti, i neozelandesi l’avrebbero già liberata — Torricella cominciò a saltare in aria. Ogni speranza fu così delusa. Ma cessato lo scopo immediato si pensò subito di intavolare nuove trattative con il Comando Alleato subentrato al precedente. Partiti i neozelandesi era infatti giunta a Casoli una compagnia di paracadutisti inglesi del Royal West Kent Reggiment, comandata dal maggiore Zoreman: alcuni uomini di Civitella Messer Raimon do ottennero subito — con l’aiuto del Commissario Alleato Bucciar e del Barone Ricci — che una pattuglia di questi paracadutisti si recasse con loro a Civitella per impedire ai tedeschi di effettuarne la distruzione. Analoga richiesta fu immediatamente presentata dall’avv. Troilo al maggiore inglese, ma questi fece rispondere che un’azione verso Torricella era ormai inutile dal momento che in paese era già iniziata la distruzione. Invano Troilo insistè, facendo presente che qualcosa poteva ancora essere salvata, che almeno si potevano sottrarre le popolazioni all’occupazione tedesca, invano offrì se stesso e i suoi uomini per l’azione. Il maggiore fu irremo vibile. Intanto giungevano continuamente dalle campagne di Torri- cella Peligna altri uomini i quali, avuto sentore che si preparava un’azione verso il loro paese, venivano a porsi a disposizione del Comando Alleato per qualsiasi servizio. In poche ore si strinsero attorno all’avv. Troilo una quarantina di uomini e fu allora che, davanti al rifiuto alleato, nacque in ognuno di essi l’idea di chiedere le armi e di procedere da soli all’occupazione del paese. A questi si unirono mano a mano gli sfollati degli altri paesi della zona; si strinsero spontaneamente attorno all’avv. Troilo fiduciosi che il suo La storia della « Maiella » 19 nome fosse, presso gli Alleati, una sicura garanzia. Troilo conferì quindi nuovamente con il Comando Inglese e questa volta le sue richieste furono molto più impegnative; chiese un certo quantitativo di armi per costituire un reparto di combattenti italiani che, data la conoscenza della zona, avrebbero potuto utilmente coadiuvare gli Alleati nella loro azione. Purtroppo la diffidenza che gli Alleati mostravano verso gli Italiani si acuì, invece di ridursi, di fronte a questa richiesta. Il maggiore inglese fece rispondere che già aveva oltrepassato i limiti della propria competenza autorizzando gli uomini di Civitella Mes ser Raimondo ad armarsi con le armi rastrellate sul luogo degli scontri del 6 e del 7 dicembre e a collaborare con gli Inglesi nella difesa del paese. Disse perfino di essere giunto a questo perchè la richiesta gli era stata rivolta dalla moglie di uno degli uomini di Civitella, inglese di nascita e quindi... incapace di agire contro il proprio Paese! In sostanza, come può rilevarsi da questi discutibili criteri di giudizio, la diffidenza verso gli Italiani era alla base del l’atteggiamento inglese, nè questa diffidenza potè esser vinta dalle pressioni che in favore dell’avv. Troilo e degli uomini di Torricella furono esercitate dalle autorità civili di Casoli e da due internate inglesi che avevano passato lunghi anni a Torricella P'eligna. Il maggiore consigliò soltanto all’avv. Troilo di rivolgersi al Quartiere Generale Alleato di stanza a Taverna Nova nei pressi di Casoli e lo avvertì che avrebbe richiesto al suo servizio informazioni un rap porto sui suoi precedenti politici. Dopo aver rapidamente esaminato la situazione con i suoi uomini e accertata l’assoluta impossibilità di procurarsi armi per proprio conto, l’avv. Troilo, accompagnato da un interprete, si recò a Taverna Nova e chiese di conferire con il generale inglese. I colloqui furono numerosissimi e si tradussero spesso in veri e propri interrogatori da parte degli Alleati; il loro atteggiamento fu da principio decisamente ostile e addirittura sprezzante. Senza curarsi di usare mezzi termini e di rispettare la sensibilità dei pa trioti, gli Inglesi giudicarono la loro richiesta « assurda e ridicola », asserendo che gli Italiani sono costituzionalmente dei traditori, che come avevano tradito i loro alleati germanici così avrebbero potuto da un momento all’altro rivolgere contro gli inglesi le armi inglesi e infine che non dovevano dimenticare di avere combattuto fino a qualche mese prima contro l’Ottava Armata di cui adesso impetra vano i favori. A queste espressioni che potevano trovare una certa 2 0 Nicola T roilo giustificazione nell’astio e nel rancore inglese contro i nemici di ieri, gli uccisori dei loro fratelli e dei loro compagni, si aggiunsero, però, le consuete ironie sugli « Italiani voltabandiera », sulla inettitudine e la vigliaccheria del soldato italiano, e i soliti sanguinosi insulti sul tipo di « bastard » e « sons of a bich ». Sentirsi indirizzare queste espressioni non da semplici soldati ma da ufficiali superiori bruciava l’animo: ma non si poteva raccogliere e rintuzzare gli insulti, non si poteva — con un gesto orgoglioso — compromettere la realizza- zione delle speranze di tutti. C’erano le case da salvare, e i beni e i campi, c’era la gente che aspettava nella neve e nel fango delle masserie, che ogni giorno moriva sotto il piombo tedesco.