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il fatto Denise e le altre, sorelle d’Italia La EMANUELA AUDISIO Domenica la società La doppia invisibilità del prete operaio DOMENICA 20 GENNAIO 2008 di Repubblica PAOLO GRISERI e MARCO POLITI Auschwitz mai vista Una giornata nel lager Per la prima volta viene pubblicato in Italia uno straordinario documento fotografico: l’arrivo e l’eliminazione YAD VASHEM degli ebrei, le ultime immagini prima del buio FOTO DA LIBRO “THE ALBUM AUSCHWITZ” ED EINAUDI DEL MUSEO DI SIMONETTA FIORI SHLOMO VENEZIA cultura ercavauna coperta per riscaldarsi, ma nel vecchio ar- ro ad Auschwitz-Birkenau già da un mese quando madio dell’infermeria Lili Jacob trovò un album spie- nel maggio del 1944 arrivarono gli ebrei ungheresi I figli delatori al tempo di Stalin gazzato. Non era il momento per guardare le fotogra- dalla Rutenia carpatica. Lavoravo nel Crematorio SANDRO VIOLA fie — nel campo di concentramento di Dora erano III, un grande edificio che in queste fotografie s’in- appena arrivati gli alleati — ma alla giovane deporta- travede sul fondo, una torretta alta sulla destra ri- ta bastò un attimo per capire che quelle immagini le spetto alla rampa d’arrivo. Facevo parte del Son- spettacoli Cappartenevano. C’erano i suoi fratellini là dentro, Sril e Zelig, nei lo- Ederkommando, la squadra speciale addetta ai forni, e sono sta- ro cappottini impreziositi dagli alamari, e il nonno Abraham con la to uno dei pochissimi deportati ebrei a essere uscito vivo da lì. nonna Sheindele leggermente ricurvi sui bastoni, guarda c’è anche Ho visto l’inferno, ma per cinquant’anni me lo sono tenuto den- Orson Welles, i taccuini dei set il cugino Mendel con quella sua aria da signorino, e la zia dall’e- tro, anche per paura di non essere creduto. IRENE BIGNARDI e AMBRA SOMASCHINI spressione un po’ corrucciata. Erano foto di famiglia, anzi di fami- L’ Album Auschwitz ha il potere di riportarmi là dentro, tra i glie, con il rabbino e suo fratello, l’avvocato Hegedush in doppio- gironi dell’Ade, anche se in fondo non ne sono mai venuto via. petto e borsalino, la signora Falkovics nel suo tailleur impeccabile Tento di proteggermi da queste immagini sfiorandole appena nonostante il viaggio sul carro bestiame, e tutti quei bambini ac- con gli occhi, però riconosco ogni dettaglio, anche il più minu- i sapori calcati lungo i binari, le manine intrecciate a quelle dei grandi, lo to, perfino i bastoni degli anziani, che tra le nostre mani diven- sguardo perso tra incredulità e timore. E le gigantesche stelle gial- nero macabri utensili di lavoro. Ritrovo i volti ignari di quella Hamburger, lo specchio dell’America le, ingombranti e fuori misura, surreali come tutto il resto. gente, gli sguardi innocenti di chi va alla morte senza saperlo. LICIA GRANELLO e VITTORIO ZUCCONI Lili ricordava bene quella giornata di maggio ad Auschwitz, il lo- Riconosco i loro poveri sacchi, preparati con l’illusione di tro- ro arrivo nel campo di Birkenau nella primavera del 1944. Erano le vare a Birkenau una nuova casa. Sento le loro voci lontane, un ultime ore trascorse con i suoi. Avevano viaggiato per giorni stipa- chiacchiericcio indistinto che mi sorprese, nei primi giorni di la- ti in soffocanti vagoni dalla Rutenia carpatica, una regione del- voro nel campo, tra le foglie d’argento del bosco di betulle. le tendenze l’Ungheria. Sulla banchina centrale, affollata di gente e bagagli, tut- Avevo vent’anni, quando arrivai ad Auschwitz dalla Grecia. to sembrava incomprensibile e folle. Ma era ancora vita, pur nei Fui selezionato per il lavoro nel Crematorio, il peggiore che mi I vestiti da pioggia nell’era dei gas-serra suoi ultimi residui di dignità. potesse capitare. LUCA MERCALLI e IRENE MARIA SCALISE (segue nelle pagine successive) (segue nelle pagine successive) Repubblica Nazionale 26 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 20 GENNAIO 2008 la copertina È la primavera del 1944. Due ufficiali nazisti scattano Olocausto centinaia di foto agli ebrei sottoposti alla “Selektion” per documentare l’efficienza della loro macchina di morte Ora l’“Album Auschwitz”, dopo una storia rocambolesca, viene pubblicato in Italia da Einaudi. E svela i volti e i gesti di uomini, donne e bambini sull’orlo dell’abisso Una giornata ad Auschwitz SIMONETTA FIORI nistra significava la Lagerstrasse e la grafie pubblicate ora per la prima volta sono parte di noi», dice Pezzetti. In lo- Zentralsauna, ossia i campi di lavoro. Il Lili Jacob cercava in Italia. Ed è forse questo slittamento a ro riconosciamo i nostri gesti più ordi- gesto contrario indicava i forni crema- toccare le corde più profonde. «Un sen- nari, espressioni d’amore o d’ango- (segue dalla copertina) tori. Prima però c’era la sosta nel bosco una coperta e trovò so di disagio interiore molto forte», scia, anche inattese solidarietà, i figli di betulle, l’ultimo inganno. Ecco tra le confessa Marcello Pezzetti, curatore più grandi che badano ai più piccoli, i gesti premurosi delle madri, la fotografie scattate nel verde del dell’Album Auschwitz e direttore del bambini con le mani in bocca, le non- complicità tra le donne, i sorrisi Birkenwald la piccola Gertel Mermel- le immagini di gente nuovo Museo della Shoah in allesti- ne che vegliano. E soprattutto gli incerti dei più vecchi, anche la stein, la bambina infiocchettata, che fa mento a Roma. Non più volti scarnifi- sguardi: occhi pieni di stupore e inno- curiosità verso quell’obiettivo le polpettine con la terra. Un momen- che conosceva bene cati, cumuli di scarpe ed occhiali, uo- cenza, occhi che interrogano, occhi che li riprendeva. Vite sospese, to di sollievo all’aria aperta, pensò Lili mini senza capelli e senza nome da cui che non sanno — commenta con sotti- non ancora sfigurate dallo ster- mentre sfogliava le pagine, una “scam- ci si ritrae perché altro da sé. Non più il gliezza Simone Veil — e dunque non Iminio. Una marcia inconsapevole ver- pagnata” proprio davanti alle “docce”. disumano di Primo Levi o l’Urlo di possono comprendere le lacrime di noi so le camere a gas. Lei no, Lili s’era sal- La giovane donna strinse a sé quell’al- Munch. Sotto l’obiettivo professionale che li guardiamo, testimoni muti e vata, unica sopravvissuta della sua fa- bum e il segreto che custodiva. Gli ulti- di due ufficiali nazisti, incaricati del re- consapevoli. Nato per documentare la miglia. «Abile al lavoro», aveva decreta- mi istanti prima del buio. RAPINA DEI BENI portage dalla fabbrica della Shoah, straordinaria efficienza della macchi- to il Caronte in divisa, con la pacata si- Mostra la vita, non la morte, questa Donne selezionate per la cernita scorrono scene di vita quotidiana. Cit- na della morte, l’Album Auschwitzfini- curezza di chi svolge il suo ufficio di testimonianza visiva senza precedenti dei beni sottratti agli ebrei. In copertina, tadini europei che marciano ignari ver- sce per ritrarre la vita. Quei momenti ogni giorno. Il braccio elevato verso si- sullo sterminio, quasi duecento foto- il rabbino Leib Weiss del ghetto di Tacovo so i forni crematori. «Ci appartengono, preziosi a un passo dall’inferno. YAD VASHEM FOTO DA LIBRO “THE ALBUM AUSCHWITZ” ED EINAUDI DEL MUSEO DI (segue dalla copertina) siasi contatto. Ma io mi sporsi di lato e vidi intere famiglie mettersi in coda davanti a un piccolo bunker, le prime camere a gas di Au- aturalmente non avevo idea di cosa mi aspettasse, finché schwitz. Un serpente umano animato da un fervore bizzarro. Era “Io, per sempre non ebbi la curiosità di dare un’occhiata all’interno del fab- stato loro promesso che, dopo la “disinfestazione”, sarebbero stati Nbricato: rimasi come paralizzato, e ancora quell’immagine trasferiti in un campo per famiglie e che lì avrebbero ritrovato i loro di morte mi tormenta. Il primo giorno mi chiesero di ramazzare fuo- cari al rientro dal lavoro. Di conseguenza si fidavano, anzi avevano ri dall’edificio, togliere le erbacce e pulire un po’ il terreno, forse per fretta di entrare per poter riabbracciare prima i loro affetti. Qualcu- tenermi ancora distante dall’orrore. L’indomani mi fu consentito di no ha scritto che non ci sarà mai nessuno tanto innocente quanto varcare il cancello, per poi scendere nel sottosuolo. Là, nello spo- le vittime sulla soglia delle camere a gas. Questo fu Auschwitz-Birke- dentro quel lager” gliatoio, una sorta di anticamera della camera a gas, erano ammuc- nau, e l’Albumne è la più straordinaria testimonianza visiva: una gi- chiati i panni dei deportati, che dovevano essere consegnati agli uo- gantesca e atroce finzione, il più grande inganno della storia. mini del Kanada Kommando. Ho lavorato per quasi un anno dentro la macchina dello stermi- SHLOMO VENEZIA Finito il turno, verso le prime ore del pomeriggio, fummo con- nio, chissà quante volte ho chiuso la pesante botola di cemento sul- dotti in un boschetto di betulle, lo stesso che fa da sfondo ad alcune le camere a gas invase dal micidiale Zyklon B, e c’è ancora chi mi di queste foto. Ricordo ancora la sensazione di sollievo, il profumo chiede se ho sensi colpa. Bisogna esserci stati là dentro, per com- del verde e uno strano silenzio interrotto appena dal fruscio delle prendere. Non avevamo scelta, al primo rifiuto i tedeschi erano foglie: era come una pausa nella devastazione interiore prodotta pronti a sopprimerci. Talvolta m’illudevo di portare conforto ai dalla mia recente scoperta. D’improvviso, alle nostre spalle, avver- condannati, anche con semplici gesti. Non posso dimenticare lo timmo un gran vociare. Erano i nuovi deportati, centinaia di vecchi, sguardo mortificato d’una giovane donna, scesa giù nello spoglia- donne e bambini che erano stati portati tra gli alberi in attesa della toio insieme ai suoi due bambini.