il fatto Denise e le altre, sorelle d’Italia La EMANUELA AUDISIO Domenica la società La doppia invisibilità del prete operaio DOMENICA 20 GENNAIO 2008 di Repubblica PAOLO GRISERI e MARCO POLITI

Auschwitz mai vista Una giornata nel lager Per la prima volta viene pubblicato in Italia uno straordinario documento fotografico: l’arrivo e l’eliminazione degli ebrei, le ultime immagini prima del buio FOTO DA LIBRO “THE ALBUM AUSCHWITZ” ED EINAUDI DEL MUSEO DI YAD VASHEM

SIMONETTA FIORI SHLOMO VENEZIA cultura ercavauna coperta per riscaldarsi, ma nel vecchio ar- ro ad Auschwitz-Birkenau già da un mese quando madio dell’infermeria Lili Jacob trovò un album spie- nel maggio del 1944 arrivarono gli ebrei ungheresi I figli delatori al tempo di Stalin gazzato. Non era il momento per guardare le fotogra- dalla Rutenia carpatica. Lavoravo nel Crematorio SANDRO VIOLA fie — nel campo di concentramento di Dora erano III, un grande edificio che in queste fotografie s’in- appena arrivati gli alleati — ma alla giovane deporta- travede sul fondo, una torretta alta sulla destra ri- ta bastò un attimo per capire che quelle immagini le spetto alla rampa d’arrivo. Facevo parte del Son- spettacoli Cappartenevano. C’erano i suoi fratellini là dentro, Sril e Zelig, nei lo- derkommando,E la squadra speciale addetta ai forni, e sono sta- ro cappottini impreziositi dagli alamari, e il nonno Abraham con la to uno dei pochissimi deportati ebrei a essere uscito vivo da lì. nonna Sheindele leggermente ricurvi sui bastoni, guarda c’è anche Ho visto l’inferno, ma per cinquant’anni me lo sono tenuto den- Orson Welles, i taccuini dei set il cugino Mendel con quella sua aria da signorino, e la zia dall’e- tro, anche per paura di non essere creduto. IRENE BIGNARDI e AMBRA SOMASCHINI spressione un po’ corrucciata. Erano foto di famiglia, anzi di fami- L’ Album Auschwitz ha il potere di riportarmi là dentro, tra i glie, con il rabbino e suo fratello, l’avvocato Hegedush in doppio- gironi dell’Ade, anche se in fondo non ne sono mai venuto via. petto e borsalino, la signora Falkovics nel suo tailleur impeccabile Tento di proteggermi da queste immagini sfiorandole appena nonostante il viaggio sul carro bestiame, e tutti quei bambini ac- con gli occhi, però riconosco ogni dettaglio, anche il più minu- i sapori calcati lungo i binari, le manine intrecciate a quelle dei grandi, lo to, perfino i bastoni degli anziani, che tra le nostre mani diven- sguardo perso tra incredulità e timore. E le gigantesche stelle gial- nero macabri utensili di lavoro. Ritrovo i volti ignari di quella Hamburger, lo specchio dell’America le, ingombranti e fuori misura, surreali come tutto il resto. gente, gli sguardi innocenti di chi va alla morte senza saperlo. LICIA GRANELLO e VITTORIO ZUCCONI Lili ricordava bene quella giornata di maggio ad Auschwitz, il lo- Riconosco i loro poveri sacchi, preparati con l’illusione di tro- ro arrivo nel campo di Birkenau nella primavera del 1944. Erano le vare a Birkenau una nuova casa. Sento le loro voci lontane, un ultime ore trascorse con i suoi. Avevano viaggiato per giorni stipa- chiacchiericcio indistinto che mi sorprese, nei primi giorni di la- ti in soffocanti vagoni dalla Rutenia carpatica, una regione del- voro nel campo, tra le foglie d’argento del bosco di betulle. le tendenze l’Ungheria. Sulla banchina centrale, affollata di gente e bagagli, tut- Avevo vent’anni, quando arrivai ad Auschwitz dalla Grecia. to sembrava incomprensibile e folle. Ma era ancora vita, pur nei Fui selezionato per il lavoro nel Crematorio, il peggiore che mi I vestiti da pioggia nell’era dei gas-serra suoi ultimi residui di dignità. potesse capitare. LUCA MERCALLI e IRENE MARIA SCALISE (segue nelle pagine successive) (segue nelle pagine successive)

Repubblica Nazionale 26 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 20 GENNAIO 2008 la copertina È la primavera del 1944. Due ufficiali nazisti scattano Olocausto centinaia di foto agli ebrei sottoposti alla “Selektion” per documentare l’efficienza della loro macchina di morte Ora l’“Album Auschwitz”, dopo una storia rocambolesca, viene pubblicato in Italia da Einaudi. E svela i volti e i gesti di uomini, donne e bambini sull’orlo dell’abisso

Una giornata ad Auschwitz

SIMONETTA FIORI nistra significava la Lagerstrasse e la grafie pubblicate ora per la prima volta sono parte di noi», dice Pezzetti. In lo- Zentralsauna, ossia i campi di lavoro. Il Lili Jacob cercava in Italia. Ed è forse questo slittamento a ro riconosciamo i nostri gesti più ordi- gesto contrario indicava i forni crema- toccare le corde più profonde. «Un sen- nari, espressioni d’amore o d’ango- (segue dalla copertina) tori. Prima però c’era la sosta nel bosco una coperta e trovò so di disagio interiore molto forte», scia, anche inattese solidarietà, i figli di betulle, l’ultimo inganno. Ecco tra le confessa Marcello Pezzetti, curatore più grandi che badano ai più piccoli, i gesti premurosi delle madri, la fotografie scattate nel verde del dell’Album Auschwitz e direttore del bambini con le mani in bocca, le non- complicità tra le donne, i sorrisi Birkenwald la piccola Gertel Mermel- le immagini di gente nuovo Museo della Shoah in allesti- ne che vegliano. E soprattutto gli incerti dei più vecchi, anche la stein, la bambina infiocchettata, che fa mento a Roma. Non più volti scarnifi- sguardi: occhi pieni di stupore e inno- curiosità verso quell’obiettivo le polpettine con la terra. Un momen- che conosceva bene cati, cumuli di scarpe ed occhiali, uo- cenza, occhi che interrogano, occhi che li riprendeva. Vite sospese, to di sollievo all’aria aperta, pensò Lili mini senza capelli e senza nome da cui che non sanno — commenta con sotti- non ancora sfigurate dallo ster- mentre sfogliava le pagine, una “scam- ci si ritrae perché altro da sé. Non più il gliezza Simone Veil — e dunque non Iminio. Una marcia inconsapevole ver- pagnata” proprio davanti alle “docce”. disumano di Primo Levi o l’Urlo di possono comprendere le lacrime di noi so le camere a gas. Lei no, Lili s’era sal- La giovane donna strinse a sé quell’al- Munch. Sotto l’obiettivo professionale che li guardiamo, testimoni muti e vata, unica sopravvissuta della sua fa- bum e il segreto che custodiva. Gli ulti- di due ufficiali nazisti, incaricati del re- consapevoli. Nato per documentare la miglia. «Abile al lavoro», aveva decreta- mi istanti prima del buio. RAPINA DEI BENI portage dalla fabbrica della Shoah, straordinaria efficienza della macchi- to il Caronte in divisa, con la pacata si- Mostra la vita, non la morte, questa Donne selezionate per la cernita scorrono scene di vita quotidiana. Cit- na della morte, l’Album Auschwitzfini- curezza di chi svolge il suo ufficio di testimonianza visiva senza precedenti dei beni sottratti agli ebrei. In copertina, tadini europei che marciano ignari ver- sce per ritrarre la vita. Quei momenti ogni giorno. Il braccio elevato verso si- sullo sterminio, quasi duecento foto- il rabbino Leib Weiss del ghetto di Tacovo so i forni crematori. «Ci appartengono, preziosi a un passo dall’inferno. FOTO DA LIBRO “THE ALBUM AUSCHWITZ” ED EINAUDI DEL MUSEO DI YAD VASHEM

(segue dalla copertina) siasi contatto. Ma io mi sporsi di lato e vidi intere famiglie mettersi in coda davanti a un piccolo bunker, le prime camere a gas di Au- aturalmente non avevo idea di cosa mi aspettasse, finché schwitz. Un serpente umano animato da un fervore bizzarro. Era “Io, per sempre non ebbi la curiosità di dare un’occhiata all’interno del fab- stato loro promesso che, dopo la “disinfestazione”, sarebbero stati Nbricato: rimasi come paralizzato, e ancora quell’immagine trasferiti in un campo per famiglie e che lì avrebbero ritrovato i loro di morte mi tormenta. Il primo giorno mi chiesero di ramazzare fuo- cari al rientro dal lavoro. Di conseguenza si fidavano, anzi avevano ri dall’edificio, togliere le erbacce e pulire un po’ il terreno, forse per fretta di entrare per poter riabbracciare prima i loro affetti. Qualcu- tenermi ancora distante dall’orrore. L’indomani mi fu consentito di no ha scritto che non ci sarà mai nessuno tanto innocente quanto varcare il cancello, per poi scendere nel sottosuolo. Là, nello spo- le vittime sulla soglia delle camere a gas. Questo fu Auschwitz-Birke- dentro quel lager” gliatoio, una sorta di anticamera della camera a gas, erano ammuc- nau, e l’Albumne è la più straordinaria testimonianza visiva: una gi- chiati i panni dei deportati, che dovevano essere consegnati agli uo- gantesca e atroce finzione, il più grande inganno della storia. mini del Kanada Kommando. Ho lavorato per quasi un anno dentro la macchina dello stermi- SHLOMO VENEZIA Finito il turno, verso le prime ore del pomeriggio, fummo con- nio, chissà quante volte ho chiuso la pesante botola di cemento sul- dotti in un boschetto di betulle, lo stesso che fa da sfondo ad alcune le camere a gas invase dal micidiale Zyklon B, e c’è ancora chi mi di queste foto. Ricordo ancora la sensazione di sollievo, il profumo chiede se ho sensi colpa. Bisogna esserci stati là dentro, per com- del verde e uno strano silenzio interrotto appena dal fruscio delle prendere. Non avevamo scelta, al primo rifiuto i tedeschi erano foglie: era come una pausa nella devastazione interiore prodotta pronti a sopprimerci. Talvolta m’illudevo di portare conforto ai dalla mia recente scoperta. D’improvviso, alle nostre spalle, avver- condannati, anche con semplici gesti. Non posso dimenticare lo timmo un gran vociare. Erano i nuovi deportati, centinaia di vecchi, sguardo mortificato d’una giovane donna, scesa giù nello spoglia- donne e bambini che erano stati portati tra gli alberi in attesa della toio insieme ai suoi due bambini. Una signora elegante, dai modi ri- “doccia”. Il Kapo ci costrinse in un angolo, bisognava evitare qual- cercati, come se ne scorgono anche nelle fotografie dell’Album.

Repubblica Nazionale DOMENICA 20 GENNAIO 2008 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 27

STORIA DELLA SHOAH In occasione della Giornata della Memoria, sabato 26 gennaio con la Repubblica e L’espresso, in collaborazione con Utet, sarà in edicola a 14,90 euro in più il primo dei due volumi (ciascuno corredato da un dvd) della Storia della Shoah, una puntuale ricostruzione storica dell’Olocausto

LE TAPPE DELLA SELEZIONE A sinistra in alto, la selezione, prima tappa nel calvario di Auschwitz. Accanto al binario, si formavano due file: uomini da una parte, donne e bambini dall’altra. A destra in alto, donne e bimbi sulla rampa di selezione A sinistra in basso, l’ultima sosta prima delle camere a gas era il “Bosco di betulle”: dopo la “disinfestazione” - questa la promessa - i deportati avrebbero rivisto i propri familiari A destra in basso, una donna anziana, forse la nonna, e quattro bambini piccoli incamminati sulla Lagerstrasse A la strada che conduceva ai crematori IV e V del campo

Della “Selektion” è documentata Non traspare violenza né aggressi- preoccupi signora, non sarete separa- prenderà il valore pubblico di quelle ogni fase, dall’arrivo sulla rampa alla vità in queste foto. Le Ss hanno messo Solo nel 1980 Lili ti”. L’importante era rasserenarli, non immagini, grazie alle quali nel 1964 confisca dei beni e alla condanna fina- via fruste ed armi, non urlano più, an- suscitare reazioni agitate». E infatti una ventina di carnefici fu condannata le, ma la macchina fotografica degli uf- che i loro corpi appaiono distesi. «Sia- si decise a separarsi non c’è disperazione nei volti di questi all’ergastolo. Ma anche lì, sul banco dei ficiali Bernhard Walter ed Ernst Hof- mo nella fase più alta e perfetta della so- deportati, solo occhi che chiedono una testimoni al processo di Francoforte, mann si ferma davanti al cancello del luzione finale», dice Pezzetti. «I nazisti risposta. Lili si oppose alla richiesta del presi- crematorio. No, lì non si entra, è meglio avevano capito che, per uccidere il dall’album per darlo Non sarà facile, nel dopoguerra, per- dente di separarsi dall’album: era un non mostrare. Si fa finta che sia una maggior numero di ebrei nel minor suadere Lili a cedere l’album avventu- pezzo della sua vita. Fu Serge Klarsfeld, doccia di disinfestazione, e anche gli tempo possibile, c’era bisogno d’ordi- allo Yad Vashem rosamente ritrovato. Era la sua storia, e celebre cacciatore di nazisti, a convin- ebrei si illudono. «Ricordatevi il nume- ne. E l’ordine si otteneva non con la for- quella della sua famiglia. Era la storia cerla a regalare le foto allo Yad Vashem ro dell’appendiabito», suggerisce gen- za ma con la finzione, con le parole in- della sua comunità, un gruppo di ebrei di Gerusalemme. Nell’agosto del 1980 tile il medico nazista, lo stesso che li ha gannevoli». È la filosofia espressa da ungheresi cresciuti nelle campagne, Lili si decise a fare il gran passo. «Mi so- selezionati, «così dopo ritroverete la Maximilien Aue, il ripugnante ufficiale piccoli artigiani e commercianti, ma no tolta un peso dal cuore», disse la vostra roba». In dieci minuti è finito delle Einsatzgruppen ritratto da Jo- anche avvocati, medici, farmacisti, donna mentre con le mani tremanti tutto. Le macchine della Top & Söhne nathan Littell in Le Benevole. «Una KANADA KOMMANDO cantanti riconoscibili dagli spolverini consegnava l’album al museo della di Erfurt fanno il resto. Ma quello nel- donna vedendomi mi domandò indi- Prigioniere ebree del Kanada eleganti, una comunità catapultata un Shoah. Il “documento sacro” di Au- l’album non si vede, non è buona pro- candomi suo figlio “Herr Offizier! Po- Kommando in marcia verso i loro alloggi giorno di primavera nell’anticamera schwitz non era più solo una storia sua, paganda. tremo restare insieme?”. “Non si nel campo femminile (Frauenlager) dell’inferno. Solo col tempo Lili com- era storia di tutti. FOTO DA LIBRO “THE ALBUM AUSCHWITZ” ED EINAUDI DEL MUSEO DI YAD VASHEM

Sembrava una statua di cera nella gran confusione dei dannati. Non so di Birkenau. I nazisti non avevano ancora terminato i lavori fer- IL LIBRO accennava un gesto, tanto meno quello di togliersi il vestito. Prima roviari, progettati per rendere il più efficiente possibile la fabbrica Si intitola Album Auschwitz: che intervenisse una Ss con la frusta, mi avvicinai con garbo e in dello sterminio. C’era una gran confusione sulla rampa, cumuli di è uno dei più importanti francese le dissi di affrettarsi. Se provava vergogna, avrei fatto io da bagagli abbandonati. «Alle runte! Alle runte! Tutti giù, tutti giù», ur- documenti sui campi paravento. Mi scrutò incerta tra umiliazione e gratitudine, poi sci- lavano i nazisti, ma non era facile saltare dai vagoni sulla piattafor- di sterminio. Mostra volò silenziosa dentro la camera a gas. ma. M’ero voltato per aiutare mia madre, quando la vista improv- le fotografie scattate Anche i prigionieri del Kanada Kommando, riconoscibili per la visamente s’annebbiò: il manganello d’una Ss era piombato vio- dai nazisti nel maggio 1944 divisa a righe, suggerivano parole rasserenanti, anche consigli di so- lentemente sulla mia testa. Bastò un attimo per perdersi. Mia ma- quando gli ebrei arrivavano pravvivenza. Talvolta, prima della selezione, riuscivano a salvare dre non l’avrei più rivista, né lei né due sorelline. al campo e venivano qualche vita. «Quanti anni hai?», chiedevano non visti ai più giova- Se penso ad Auschwitz, risento l’odore della morte. Per tanto selezionati. Ritrovato ni. «Quattordici». «No, ne hai diciotto. Capito, devi dire diciotto…». tempo l’ho trattenuto tra le mani. Al fetore della carne bruciata che da una detenuta, Nell’anagrafe poteva esserci condanna o salvezza. Sempre loro, gli ti avvolgeva appena arrivato a Birkenau si mescolarono ben presto è stato utilizzato come prova uomini del Kanada Kommando, toglievano i figli dalle braccia del- i miasmi delle camere a gas. In tanti anni non me ne sono liberato. nel processo di Francoforte le donne, per affidarli premurosamente alle nonne: era un modo Qualsiasi cosa faccia e qualsiasi cosa veda, tutto mi riporta nel cam- contro venti criminali nazisti. L’album - curato da Israel per salvare la vita delle madri. Ne avevano il diritto? Per decenni po. Lo dico sempre ai ragazzi che incontro nelle scuole: non si esce Gutman, Bella Gutterman e Marcello Pezzetti - è stato hanno continuato a chiederselo. mai davvero dal Crematorio. Quella torretta in fondo a destra, nel- pubblicato dal Museo di Stato di Auschwitz-Birkenau Sfoglio l’Album e mi ballano in testa mille ricordi. Quando arri- le prime pagine dell’Album: là è rimasta la mia anima. e dallo Yad Vashem, l’Istituto nazionale per la memoria varono gli ebrei ungheresi, sul finire di maggio, i binari entravano (L’autore nel 2007 ha scritto un libro di memorie, dei martiri e degli eroi dell’Olocausto con sede fin dentro il campo: i deportati, in questo modo, potevano raggiun- Sonderkommando Auschwitz. La verità sulle camere a gas. a Gerusalemme. Viene pubblicato in edizione italiana gere ordinatamente a piedi i loro patiboli. Io invece ero sceso un po’ Una testimonianza unica, per la prima volta da Einaudi (255 pagine, 35 euro) prima, sulla Judenrampe, a qualche centinaio di metri dall’ingres- 238 pagine, 17,50 euro, pubblicato da Rizzoli) e sarà in libreria il 22 gennaio

Repubblica Nazionale 28 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 20 GENNAIO 2008 il fatto Si chiamano Denise, Francesca, Vanessa, Valentina... Valanghe rosa Trionfano nello sport: sci, volley, ginnastica, scherma Muscoli da prestazione e da copertina. Ma non è solo un fatto di medaglie e sponsor: “Ci siamo emancipate dalla paura, dall’umiltà, dallo stare sempre nascoste Forse questo Paese non si muove, ma noi sì”

Sorelle d’Italia, le ragazze che non vogliono più perdere

EMANUELA AUDISIO quasi freudiano: lo strappo violento ro a testa. bella, ma ha i suoi costi. Se giochi a pal- glio trenta ore di palestra a settimana, con il padre padrone. Per dire no a cer- Essere una famiglia aperta, a esigen- lavolo, non torni ogni sera a mangiare a meglio il sogno di volare sull’oro di Pe- onne vincenti. Senza ti metodi da caserma. In un paese che fa ze e dolori diversi, saper condividere casa. Ti devi arrangiare. E soprattutto chino. Amore sì. Tre metri sopra il cie- quote rosa. Professioni- a gara a non decidere, le ragazze (tutte) esperienze. Perché in squadra c’è la cu- devi migliorarti. Il nuovo ct Massimo lo, ma per la ginnastica. Vanessa Ferra- ste dello sport. Brave e scelsero. Disobbedirono, pagarono, bana Tai Aguero, naturalizzata italiana, Barbolini ci ha dato serenità e ci ha in- ri, diciotto anni, prima azzurra a vince- cattive. Sciolte, sicure, un ma rinacquero. E ora sono tra le favori- che per punizione non è più potuta tor- segnato a non avere fretta, a non spre- re un mondiale, è grande anche se pic- po’ narcise. Un made in te dei Giochi di Pechino. Tra la più gio- nare nel suo paese, nemmeno per il fu- care, a saper ripartire. Siamo migliora- cola nelle misure, 1,43 di altezza per 36 che funziona. Addio vane, Serena Ortolani, e la più vecchia, nerale del padre, e , te. È cambiato il rapporto muro e dife- chili, taglia 34, anche perché se mangia Barbie.D Ragazze, mamme, signore. Non , ci sono dieci anni (‘87- la prima a emigrare all’estero, in Brasi- sa, siamo più ordinate, usiamo il con- pasta, ha diritto a ventuno penne, né più figlie, fidanzate, mogli. Né bambo- ’77). Però sul campo non si vedono, le, tanti calendari fa. Come spiega Eleo- trattacco, abbiamo studiato battuta e una di più, né una di meno. Vive a Ge- line, né bambolotte, né bamboccione. perché il gruppo riesce a dare ad ognu- nora Lo Bianco, ventisette anni, capita- ricezione. Il livello è cresciuto, non ci nivolta, Cremona, ha due fratelli, sua Corpi tatuati, come la volontà. Muscoli na freschezza ed esperienza. Anche se na: «Ho cominciato a giocare a otto an- sono più partite facili, e il volley non è madre Galia è bulgara. E ha un ct, Enri- da prestazione, ma anche da copertina. le azzurre ogni stagione giocano qua- ni. Vivevo a Omegna, accanto a Verba- più quello della scuola». Anche se è pro- co Casella, cinquant’anni, ex giocatore Piercing e iPod, vezzi della modernità. ranta-quarantacinque partite, per un nia, in provincia. Famiglia normale la prio a scuola che cominci a giocare: di rugby, ingegnere nucleare che all’a- Pochi lamenti e rimorsi, perché il segre- impegno totale di centoquaranta gior- mia, papà assicuratore, mamma casa- duecentoventimila tesserate, tanta tomo ha sostituito la ginnastica. «Ab- to per vincere è quello di imparare a per- ni tra ritiri, viaggi e gare. Significa stare linga, io con la passione dello sci, che ho provincia, oggi come ieri, Bergamo, Pe- biamo studiato russe e rumene, le dere. Gente che fila, schiaccia, vola, fuori casa cinque mesi l’anno, solo per dovuto lasciar perdere. A diciassette rugia, Ravenna, Matera. grandi scuole, anche perché oggi que- nuota, segna, infilza, stende, mira. E la nazionale, che per il titolo europeo ha anni sono andata via di casa, il distacco Salde e muscolose. Pure nella testa. sto sport è cambiato, non servono più spesso colpisce l’oro. Goldengirls, ap- pagato un premio di cinquantamila eu- da giovane è difficile, l’indipendenza è Macché fidanzato, meglio lo sport, me- peluche, ma fisici asciutti e potenti, con “Noi donne siamo Né bamboline, un usato sicuro né bambolotte, Tra casa, figli, lavoro né bamboccione non ci perdiamo Sanno programmare, mai d’animo” aspettare, vincere punto. Senza tabù. Meglio prendere grande mobilità articolare». Nessuna nota: la ragazza italiana nello sport è idea di femminilità da tutelare, nessun cambiata, vuole e pretende, non si ac- corpo da bambina da proteggere. Solo contenta. È femminile, ma aggressiva, è doti e qualità da esaltare. E così Vanes- bambina, ma decisa. Sa aspettare, pro- sa, che odia i giornalisti perché le fanno grammare, uccidere. Inchiodare avver- perdere tempo, è riuscita a farsi co- sarie e stress non è più un problema. Poi struire una palestra. Aveva iniziato in torna a casa, ad occuparsi di sé, della sua una piscina dismessa vicina al casello vita, e magari anche a divertirsi. Qual- di Brescia Ovest, un posto dove riempi- cuna anche a fare calendari e sfilate: vano le vasche con la gommapiuma. sarà mica un problema? Miracolo da artigiani. Lo sport al femminile è sempre più Federica Pellegrini è zuppa d’acqua visibile, soprattutto perché è il primo a sin da bambina. Ha vent’anni, è di Mi- tagliare il traguardo. Nord, centro, sud, rano, Venezia, gareggia per il circolo non è più questione di regioni. Ogni Canottieri Aniene di Roma, ma si alle- città, paese, provincia ha la sua tradi- na con il ct Castagnetti al centro fede- zione: il resto lo fa la mentalità e la strut- rale di Verona dove c’è anche Marin, ex tura tecnica. Ogni ragazza è diversa, ma fidanzato di Laure Manadou. A quattro uguale nel cercare soddisfazione. Glo- anni era già in piscina. Precoce. A sedi- ria, soldi, futuro. E capacità di rimonta, ci, minorenne e esordiente, nel 2004 ad come Denise Karbon, altoatesina, nuo- Atene vinse l’argento nei 200 stile libe- va valanga rosa, nata, cresciuta e cadu- ro e riportò l’Italia sul podio del nuoto ta sulla neve almeno una decina di vol- femminile dopo trentadue anni. Gam- te, con fratture serie. Però capace di ri- be lunghe, spalle larghe, sempre colle- prendersi il tempo e i successi perduti. gata all’iPod, fino al momento del tuffo, Per arrivare da sole ci vuole talento, per ha un tatuaggio con la fenice che risor- farlo insieme organizzazione. ge. Federica ostenta, non nasconde vo- L’esempio viene dalle ragazze della glie e pretese. Se è contenta, batte i pu- pallavolo, che l’anno scorso si sono gni in acqua, si mette le mani sul viso. A prese l’Europa e che non perdono da Pechino l’attende la sfida di gelosia con ventidue partite (era l’8 settembre). So- la francese Manadou. Acque e cuori no lo stesse che nel 2006 costrinsero il tempestosi. Non è l’unica azzurra a ct , con cui avevano vin- combattere tra le onde. C’è anche Ales- to un mondiale, all’esonero per «inca- sia Filippi, dorsista, ventuno anni, ro- pacità di gestione». Gesto forte, netto, mana e tifosa di Totti. Un’altra cresciu-

Repubblica Nazionale DOMENICA 20 GENNAIO 2008 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 29

DENISE KARBON FRANCESCA PICCININI Nata a Bressanone Massa, 10 gennaio 1979 il 16 agosto 1980. Argento Dal ’95 ha giocato 336 volte in slalom gigante ai mondiali nella nazionale di volley di sci alpino 2003 e bronzo e ha vinto il mondiale 2002 a quelli 2007. Ha vinto i primi Ha realizzato un calendario quattro giganti dell’attuale senza veli e scritto la sua Coppa del mondo autobiografia: La Melagrana

ta in piscina, che a forza di guardare VALENTINA VEZZALI ALESSANDRA SENSINI ta il doppio nel campionato italiano di sempre in alto, si è convinta che anche Jesi, 14 febbraio 1974 Grosseto, 26 gennaio 1970 ping-pong quarta categoria. Lei in car- a lei spetti un pezzo di cielo. Però le pia- Scherma, specialità fioretto Ha cominciato a dodici anni rozzina, le altre in piedi. Michela attac- ce anche divertirsi e trova sempre un Ha vinto 4 medaglie d’oro la pratica del windsurf ca, schiaccia di rovescio, ha servizi mi- modo per scappare a ballare. olimpiche, 10 mondiali, Nel suo palmares, cidiali. Andrà a Pechino alle Paralim- Di fioretto in fioretto Margherita 5 europee. Un oro mondiale, un oro e due bronzi olimpici piadi. «Gioco dal ‘94, ma i risultati stan- Granbassi, nata a Trieste, casa a Narni e nel 2005, lo vinse a quattro e due titoli mondiali no arrivando ora, perché io non mollo palestra a Terni, in Umbria, è una duel- mesi dalla nascita del figlio nella classe RS:X 2006 e 2008 mai». Vive a Bussolengo, alle porte di lante cresciuta con il cartoon Lady Verona, ai tornei ci va da sola, guidan- Oscar e con una canzone: «Tuo padre do la macchina, si allena quattro volte a voleva un maschietto, ahimè sei nata tu, settimana per un totale di quindici ore. nella culla ti ha messo un fioretto, Lady Ha conosciuto lo sport dopo l’inciden- Oscar sei proprio tu». Per diventare una te. Aveva diciotto anni, andava in mo- tipa alla Kill Bill ha molto lavorato su se torino, venne investita, ricoverata al stessa, con uno psicologo, anche per- Negrar. E scoprì che la vita poteva rico- ché per farsi largo ha dovuto trafiggere minciare attorno a un tavolo. «La mia due mamme ostinate, Valentina Vezza- metà è il ping-pong, niente fidanzato, i li e Giovanna Trillini, sue compagne di sentimenti prendono tempo e io tem- squadra. E si sa, battersi tra amiche, po da sprecare non ce l’ho. Preferisco “A diciassette anni Per salire sul podio per la pallavolo da sole ci vuole lasciai la famiglia talento, per farlo L’autonomia è bella insieme ci vuole

ma ha i suoi costi” VANESSA FERRARI ALESSIA FILIPPI organizzazione Orzinuovi, 10 novembre 1990 Roma, 23 giugno 1987 È la prima ragazza italiana Nuotatrice, le sue specialità crea malessere: ognuna conosce i cruc- ad aver vinto una medaglia sono il dorso e i misti gli stimoli alla pietà». ci dell’altra. Margherita era timida, d’oro ai campionati mondiali I suoi titoli più prestigiosi Ragazze terribili come Alessandra troppo per lo sport. «Ero scarsa di egoi- di ginnastica artistica nei 400 misti in vasca corta: Sensini, trentotto anni tra una settima- smo. In pedana non riuscivo a pensare La performance ad Aarhus argento ai mondiali 2006, na, che dopo tre medaglie olimpiche, è a me stessa. Le avversarie spaccone mi (Danimarca), ottobre 2006 oro agli europei 2006 diventata campionessa del mondo ieri intimidivano. Se una decisione arbitra- in Nuova Zelanda e ancora va in giro a le mi danneggiava, subivo la decisione cavalcare le onde sulla tavola a vela. Da e la stoccata successiva. Se andavo in Grosseto verso Pechino, senza problemi vantaggio venivo raggiunta, se andavo e con la voglia di sempre. Quando lo sotto faticavo a tornare a galla. Pensavo sport è una questione di testa e una pra- e facevo la cosa sbagliata, ora non più». tica quotidiana da highlander. Adrenali- A fare sempre la cosa giusta c’è Va- na e progetto. Equilibrio e vento. O come lentina Vezzali, una che tiene la vita in Antonietta Di Martino che a ventinove punta e zac, appena si muove, colpisce. anni, pure se sbucciata, e donna del sud, Infatti di soprannome fa Killer e non solo 169 centimetri tra tante stangone, si D’Artagnan. A trentadue anni ha vinto è ripresa la vita ed è volata a 2,03, miglio- il suo quinto mondiale dopo una ma- rando il record italiano, fermo a Sara Si- ternità e un infortunio. Sposata con meoni dal 1977, quando le canzoni di Mimmo Giugliano, calciatore a Cam- moda erano di Patty Pravo. Antonietta, pobasso, non fa fatica a tirare giù la ma- che a Cava dei Tirreni dorme ancora in schera. «Siamo brave perché ci appli- stanza con la sorella, non aveva mai po- chiamo, da due anni non perdiamo con tuto giocare con il futuro, a vent’anni si avversarie straniere. Noi donne siamo era dovuta fermare: sei stagioni d’infor- un usato sicuro. Tra casa, figli e lavoro, tuni, gessi, radiografie e ospedali. Un’a- non ci perdiamo d’animo. Ci diamo tleta interrotta, con le stampelle, zoppi- dentro, se c’è da lavorare e da sacrifi- cante. Che si reinventa, si slaccia dalle carsi. Ci siamo emancipate dalla paura, avversarie e dal vecchio fidanzato che dall’umiltà, dallo stare sempre nasco- MARTA BASTIANELLI MICHELA BRUNELLI metteva il broncio se lei non stava a casa ste. Forse la società non si muove, ma Velletri, 30 aprile 1987 Nata a Bussolengo, 36 anni ad aspettarlo. A Pechino tratterà il mon- noi sì. Cerchiamo l’indipendenza, se- Corre in bicicletta dall’età In carrozzina da 18 anni do alla pari. Lo farà anche Marta Bastia- guiamo le nostre aspirazioni». di dieci anni. La sua vittoria dopo un incidente nelli, ventuno anni, campionessa del Figurarsi se si perde d’animo Miche- più brillante ai mondiali in motorino, nel 2007 vince mondo di ciclismo, che vive a Lariano, in la Brunelli, trentasei anni, la prima di- di ciclismo 2007 (Stoccarda), il titolo italiano nel doppio provincia di Roma, e viaggia su due ruo- sabile a vincere contro quelle “norma- quando trionfa per distacco ai campionati di tennistavolo te già da bambina. Piccola dittatrice dei li”. A Terni l’anno scorso si è aggiudica- nella prova su strada per normodotati suoi sogni. Come le altre sorelle d’Italia.

Repubblica Nazionale 30 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 20 GENNAIO 2008 la società “Non andai in fabbrica perché gli operai erano una classe Chiesa e lavoro ma perché erano i poveri. Mi dava fastidio l’idea che un prete potesse vivere con loro, pensavo dovesse vivere come loro” A colloquio con don Carlo Carlevaris per capire - dopo i morti della Thyssen e la messa di spalle di Papa Ratzinger - cosa resta di un’esperienza appassionata e controversa Due volte invisibili la parabola dei preti operai

PAOLO GRISERI che avevano irritato i credenti più tradi- zionalisti. Sul settimanale cattolico Il TORINO Nostro Tempo l’intervistatore aveva chiesto al cardinale: «Lei ha detto che a Via di Damasco era stato il non ci sono padroni: non è questo un marciapiede di corso Ver- incitamento alla rivolta, all’anarchia?». celli, periferia nord di Tori- La scelta di classe aveva puntato i riflet- no, di fronte ai cancelli del- tori della Chiesa sul mondo della fab- Lla Fiat Grandi Motori. L’ora della scelta brica e aveva messo in subbuglio il resto era scoccata alle cinque di un mattino di della società: era la protesta delle no- settembre. «La vedo ancora adesso vantanove pecore del gregge contro le quella scena. Io sono il cappellano della attenzioni riservate a quella che si cre- fabbrica, poco più che trentenne. L’a- deva smarrita. zienda ha deciso di licenziare gli operai E oggi? Il 3 gennaio scorso il funerale comunisti. «Dobbiamo eliminarli per di Giuseppe Demasi, ultima vittima del- avere le commesse americane. Produ- la Thyssen, sembrava aver chiuso il cer- ciamo i motori delle navi e gli Stati Uniti chio. Per il luogo scelto e per le parole sono un mercato importante», avevano pronunciate nell’omelia dall’arcivesco- spiegato i capi prima delle ferie. Il siste- vo di Torino Severino Poletto: «Il capita- ma era stato semplice: con la chiusura le deve avere come fine ultimo quello di estiva si rinnovavano i tesserini di in- garantire il lavoro e la persona, non de- gresso. Chi li avesse ricevuti a casa du- ve servire solo per il giusto profitto e per rante le vacanze sarebbe tornato al lavo- il benessere di pochi». Concetti pesanti, ro. Gli altri erano automaticamente li- tratti dalla Gaudium et spes, la Costitu- cenziati. E adesso io sono lì a dover sce- zione apostolica che concluse il Conci- gliere. Davanti al cancello c’è una mas- lio Vaticano II. Concetti già ripresi da sa di persone che entrano, spinte dalla Pellegrino nella sua lettera pastorale di necessità del salario. Hanno gli occhi trentasette anni prima. Poletto, anche bassi, si vergognano di guardare in fac- 1958. Alla processione che raggiungeva un mio compagno di lavoro e mi disse: lui ex prete operaio, parlava nella nuova cia i loro compagni senza tessera. Si ver- la grotta c’erano tremila operai in tuta “Il padrone ce l’ha proprio con te. Va di- chiesa costruita dalla diocesi sul luogo gognano di dover lavorare. Sul marcia- bianca che sventolavano grandi ban- cendo in giro che sei un prete. È chiaro dove un tempo sorgeva un altoforno. La piede restano in cinquecento licenziati diere della Fiat. Dietro gli stendardi, in che lo fa per screditarti”». vecchia ciminiera fa oggi da campanile. su duemilacinquecento. Io devo deci- prima fila, c’erano Valletta e Agnelli. Co- Prete e operaio, due figure antitetiche Il lavoro, la condizione operaia sono tor- dere: entro o resto sul marciapiede con sì pensavano di cristianizzare la fabbri- quarant’anni fa, due figure che rischia- nati al centro dell’attenzione della Chie- quelli che protestano? Decido di restare. ca. Al ritorno denunciai quelle ambi- no oggi la marginalità. Allora il prete che sa? Don Carlo rivela: «Quel giorno, dopo Da quale parte deve schierarsi un prete guità». entrava in fabbrica era considerato uno il funerale, mi sono permesso di telefo- se non con gli ultimi?». E arrivò il diluvio. «La Fiat chiese al ve- che attraversava le linee nemiche. «C’e- nare al cardinale per complimentarmi Comincia così la parabola di don Car- scovo il mio allontanamento. Il cardina- ra un muro. Gli operai erano in gran par- per le parole dell’omelia e perché la nuo- lo Carlevaris, il primo prete operaio nel- le dell’epoca, Maurilio Fossati, mi tolse te comunisti e i cattolici erano per defi- va chiesa è un luogo in cui si respira il la Torino degli anni Sessanta. Vista con l’incarico che avevo nell’Azione cattoli- nizione democristiani. Un giorno una senso della comunità». Un gesto non gli occhi della Chiesa di Papa Ratzinger, ca. E il prefetto del Sant’Uffizio, il cardi- giovane operaia mi fermò: “Carlo, voi scontato. In coerenza con la sua scelta di quella che celebra le messe volgendo le nale Alfredo Ottaviani, mi scrisse una preti ci avete costretto a scegliere tra Cri- vivere come i poveri, Carlo aveva pub- spalle ai fedeli, la sua storia sembra un lettera per chiedere “la verifica del tuo sto e i nostri compagni di lavoro”. Io sa- blicamente contestato la scelta di co- anacronismo. È come se il faro del magi- insegnamento” e accusarmi di “devia- “Negli pevo che non era così. Ero stato qualche struire la nuova chiesa con una spesa stero, che si era spinto fin nelle linee di zione ed eterodossia”». Ci sarebbero vo- mese in Francia, dove non c’era un par- che aveva giudicato eccessiva, «una montaggio, oggi fosse girato dall’altra luti altri sette anni prima che un ve- ultimi anni in Italia tito cattolico forte come da noi e do- contro-testimonianza». parte. Come se la Chiesa fosse tornata scovo chiamasse don Carlo e gli di- ve la chiesa incoraggiava le espe- Basterà il sussulto seguito al dramma nelle chiese, abbandonando le fabbri- cesse: «Io sono un uomo di studi. rienze dei preti-operai, dove era dell’acciaieria a far sperare in una nuo- che e le periferie che aveva saputo abita- Non ho competenza in campo si sono privilegiati già attiva la Joc, il movimento va attenzione della società verso gli invi- re negli ultimi decenni del secolo appe- operaio e mi trovo a guidare la della gioventù operaia cristia- sibili delle fabbriche? Ci sarà ancora un na concluso. Non si sa se precedendo o diocesi di una città industria- spiritualità e culto piuttosto che na che poi abbiamo importa- giovane prete che sceglie, davanti a un inseguendo quella politica che oggi i su- le. Mi suggerisca che cosa è to anche a Torino. Ma in Ita- cancello, di vivere come loro? Don Car- perstiti della Thyssen mettono sul ban- possibile fare, ci pensi». Quel la testimonianza tra i più deboli. I lia era molto più difficile lo sorride: «Il mondo è molto cambiato. co degli imputati: «Nella società italiana vescovo era un professore di compiere queste scelte, an- Gli operai sono meno numerosi di un noi operai siamo diventati marginali, teologia, Michele Pellegri- che se era arrivato un cardi- tempo e la povertà non va di moda. Chi invisibili». Nonostante la sua biografia, no. Un uomo che avrebbe giovani seminaristi sono più attratti nale disposto ad ascoltarci è povero cerca di nascondere l’indigen- don Carlo non ha mai amato contestare inserito nel suo stemma di come Pellegrino». za come la cenere sotto il tappeto piut- le gerarchie per partito preso. Sull’oggi cardinale il motto: «Evan- dai papa-boys che dalle tute blu. Un Pellegrino era diventato tosto che rivendicare diritti. Le poche si limita a commentare: «Il rischio vero è gelizare pauperibus», evan- vescovo nel 1965. La sua let- energie che possono spendere i preti che, nella società italiana, il faro della gelizzare i poveri. altro segno dei tempi. Noi, tera pastorale Camminare vanno, giustamente, a favore degli im- chiesa si spenga. Il numero dei sacerdo- Evangelizzare i poveri è insieme — scritta nel dicem- migrati stranieri». Non è solo un proble- ti diminuisce e i pochi rimasti sono co- stata anche la ragione della i sacerdoti delle fabbriche, non bre del 1971 sulla base dei do- ma di sacerdoti disponibili. C’è stato an- stretti a una vita difficile: spesso hanno scelta di don Carlo: «In fondo cumenti preparatori dei laici che un cambio di rotta nella Chiesa ita- solo il tempo di dire le messe e celebrare non sono andato in fabbrica della diocesi, a partire da un te- liana: «Negli ultimi anni in Italia si sono i funerali. Molti pensano che in queste perché gli operai fossero una abbiamo figli, e non sarebbe sto proposto da don Carlo — privilegiati gli aspetti legati alla spiritua- condizioni fare il prete operaio sia di- classe ma perché erano i poveri. rappresentò una svolta per gli lità e al culto piuttosto che la testimo- ventato un lusso». Mi dava fastidio l’idea che un prete strano che non avessimo operai della città. Si parlava di nianza tra i più deboli. I giovani semina- Anche nella Torino del boom indu- potesse vivere con loro. Pensavo, e «scelta di classe a favore dei più pove- risti si sono sentiti più attratti dai ragaz- striale degli anni Sessanta, quando i penso ancora oggi, che un sacerdote eredi” ri» e si considerava «un dovere la soli- zi dei papa-boys che dalla vita delle tute quartieri operai sorgevano come funghi debba vivere come loro». Così, da cin- darietà tra i lavoratori» perché «sarebbe blu. Anche questo è un segno dei tempi». e a Porta Nuova i treni scaricavano mi- quant’anni, lui abita in una soffitta nel egoismo riprovevole, quando la lotta ap- Solo, nella soffitta di San Salvario, tra i gliaia di immigrati dal Sud, molti storce- quartiere di San Salvario, in una casa do- pare come l’unico mezzo per la difesa dei libri e i dossier che raccolgono le testi- vano il naso di fronte al prete che scende ve la pulsantiera del citofono pullula di propri diritti, mancare di solidarietà con monianze della sua parabola operaia, dal pulpito e indossa la tuta blu. Don Mohammed. «Ci sono venuto quando i propri compagni solo allo scopo di evi- don Carlo sembra un soldato d’altri Carlo ricorda bene quelle diffidenze. ho capito che il mio oratorio sarebbe tare noie». tempi. Sul futuro preferisce non sbilan- «Mi dicevano: perché vai nella fabbrica? stata la fabbrica. Quando ho smesso di Una rivoluzione copernicana. Solo ciarsi. Una volta il cardinale Pellegrino Non sarebbe meglio che svolgessi rego- fare il cappellano e ho deciso di cercar- tre anni prima il vicario di Roma, Ange- aveva risposto al cronista che gli chiede- larmente il tuo mestiere di prete? Ci so- mi un lavoro». Quando don Carlo sce- lo Dell’Acqua, aveva scritto a un amico va un giudizio sul destino di Torino e dei no tante cose da fare in parrocchia». glie di diventare ufficialmente Carlo per di don Carlo, il sindacalista della Cisl to- suoi operai: «Sono molto fiducioso per i Non era stato facile evangelizzare la fab- cercarsi un’occupazione «spulciando rinese Mario Gheddo: «La Chiesa, mio germi di bene che vedo in questa città e brica. «Ero diventato cappellano del la- gli annunci sul giornale». «Sono finito al- buon Gheddo, non vuole la lotta di clas- credo che la benevolenza del Signore la voro alla Fiat quasi per caso. In breve la Lamet, un’azienda dell’indotto Fiat se ma una fattiva collaborazione tra da- proteggerà. Ma su quel che può accade- tempo avevo capito che quel ruolo era proprio di fronte a Mirafiori. All’inizio tori di lavoro e lavoratori». La Cammi- re dai tetti in giù non arrischio previsio- ambiguo. Gli operai mi consideravano nessuno dei miei compagni sapeva che nare insieme aveva scosso la città della ni». Anche don Carlo è prudente. Una una spia del padrone, i capi cercavano di ero prete. Un giorno organizzammo CANCELLI DEL CIELO Fiat. Aveva fatto scalpore la scelta di Pel- nuova generazione di sacerdoti nelle strumentalizzarci per contrastare i co- uno sciopero, il primo che si svolgeva in Il blocco dei metalmeccanici legrino di incontrare gli operai ai giardi- fabbriche? «Forse è possibile. Certo noi munisti. Ricordo un pellegrinaggio a quella fabbrica dove si lavorava con tur- Fiat alla palazzina ni di Porta Nuova, al presidio dei metal- preti operai non abbiamo figli. E non sa- Lourdes organizzato dall’azienda nel ni di dodici ore. Un pomeriggio arrivò impiegati di Mirafiori nel 1980 meccanici in lotta per il contratto. Gesti rebbe strano che non avessimo eredi».

Repubblica Nazionale DOMENICA 20 GENNAIO 2008 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 31

La storia di una figura “dimenticata” Quei pugni chiusi mostrati al vescovo

MARCO POLITI ROMA In Francia, dove sono nati, li chiamano i «di- menticati». Sorti sul finire della Seconda guerra mondiale per rompere il muro (così auspicava il cardinale Suhard) tra la Chiesa e le masse operaie, condannati dal Sant’Uffizio nel 1954, rinati dopo il Concilio, i preti operai sono ridotti a qualche deci- na spersa in una marea di precarizzati e pensiona- ti. In Italia non è meglio. Ai convegni annuali, che si tengono a Bergamo, vengono una quarantina, ultrasessantenni, qualcuno con la moglie. E parte- cipa persino la vedova di uno di loro. Ma una buo- na parte — ed è un aspetto interessante — è anche impegnata regolarmente in parrocchia, perché ora la Chiesa istituzionale, che non li ha mai guar- dati con particolare affetto, non può permettersi di fare a meno di nessuno. Di nuove leve, racconta don Roberto Fiorini che a Mantova tiene il coordinamento, negli ultimi dieci anni ce ne sono state due. Uno, formatosi in teologia a Milano, non è riuscito a ordinarsi in dio- LE IMMAGINI cesi perché non era previsto un impegno del gene- A sinistra, il cardinale re: ha dovuto cercare a Biella un vescovo che lo fa- Michele Pellegrino cesse prete. Ma non si sentono reduci o pattuglie tra gli operai torinesi cancellate. Piuttosto semi caduti nel terreno e de- nel 1972 ciderà la Provvidenza la maturazione che verrà. Sopra e sotto, Gli anni d’oro sono stati i Settanta. La spinta ve- due immagini nuta dal Concilio per una Chiesa povera, la voglia di don Carlo di condivisione della condizione operaia, la con- Carlevaris testazione di una vita clericale burocratizzata, (in alto è a destra; l’impegno per la giustizia, il fascino del marxismo in basso, come metodo di analisi della realtà, il rifiuto della il terzo in piedi «diga» clerico-moderata contro i comunisti, le lot- da sinistra) te sindacali. Anche la militanza sindacale e l’ade- sione politica ai partiti della sinistra: allora il Psi, il Pci, il Pdup. Il compagno-prete rapidamente di- ventava rappresentante sindacale. Vecchie foto mostrano trentenni in giacca a vento, il microfono in mano, sullo sfondo di uno striscione, nel bel mezzo di quel luogo mitico che era l’“assemblea”. Ma al fondo la molla era un rovello esistenziale. Vivere il Vangelo non nell’aura trascendente di un «sacerdozio sacrale», ma nel sudore dei turni mas- sacranti, nell’abbrutimento del tre per otto (i posti letto scambiati in successione in appartamenti- dormitorio), nella rabbia delle vertenze per otte- nere condizioni di lavoro più dignitose, nella fati- ca di guadagnarsi il pane senza la protezione della congrua. Negli anni Settanta si raggiunge il livello massi- mo di presenze. I preti operai sono trecento. Una goccia d’acqua infinitesimale all’interno di un cle- ro, che all’epoca si aggira sui quarantamila sacer- doti diocesani, però sono sorretti dall’onda della grande sindacalizzazione sociale. La parola d’or- dine è la doppia fedeltà, «alla classe operaia e al Vangelo». I due convegni nazionali, che si tengono nel 1975 e nel 1976 a Serramazzoni, nell’Appennino emiliano, rappresentano l’apice della visibilità. Al centro sono due temi chiave: «Quale fede?» e «Con- tro l’uso anti-operaio della fede». Persino la Chie- sa, consapevole del peso esercitato in quel mo- mento dal «movimento operaio» e preoccupata per l’ascesa del Partito comunista, tenta di riag- ganciarli. Monsignor Cesare Pagani, vescovo di Città di Castello e responsabile della Commissio- ne lavoro della Cei, si arrampica fino a Serramaz- zoni per stabilire con loro un «rapporto organico». La proposta viene respinta con cinquantuno voti contrari e trentuno favorevoli. I più ribelli intona- no l’Internazionale e salutano il presule con il pu- gno chiuso. Vent’anni dopo, a metà degli anni Novanta, il quadro è radicalmente cambiato. I preti operai oc- cupati sono cinquantotto, i pensionati dicianno- ve, i disoccupati dodici. Calata e mutata la militan- za: ventotto operano nel sindacato, diciannove nei quartieri, ventuno in gruppi spontanei. Le file so- no state scompigliate da un’ondata di crisi succes- sive. Il terrorismo prima, la lacerazione del refe- rendum sulla scala mobile, la marcia dei quaran- tamila alla Fiat, il riflusso del Pci, la fine del sogno dell’unità sindacale e poi il crollo del Muro di Ber- lino e del cosiddetto «socialismo realizzato». Ma soprattutto incidono i cambiamenti nel mondo del lavoro e il drastico calo di peso della classe operaia. Don Piero Montecucco, di Voghe- ra, che ha lavorato a due riprese prima negli anni Settanta e poi è tornato in fonderia nel 1988, spie- ga il cambio radicale di contesto: il padrone che «comanda», l’assenza di sindacato, l’arrivo degli immigrati. Non si parla più della Chiesa con ex cri- stiani, ma di Dio con i musulmani. E l’impegno di lavoro si è spesso spostato dalla fabbrica ai servizi, alle cooperative, al volontariato per il Terzo mon- do. Oggi i «dimenticati» sono una cinquantina scar- sa, maggiormente presenti in Lombardia, Veneto, Piemonte. La loro rivista Preti Operai ha ancora la copertina rossa. Esce tre volte l’anno e pone l’ac- cento sulla «giustizia». Il loro credo è stato riaffer- mato nell’incontro dei preti operai europei prima del vertice G8 di Heiligendamm: «Ci sentiamo in sintonia con gli uomini e le donne che ritengono il valore della persona umana più alto di tutte le ric- chezze della terra».

Repubblica Nazionale 32 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 20 GENNAIO 2008 la memoria La scoperta di un testamento rimasto nascosto Patrioti per 186 anni riporta in luce la figura misconosciuta del conte Carlo Bianco di Saint Jorioz, nobile sabaudo ed eroe ottocentesco dalla vita straordinaria Autore del primo (spietato) manuale di guerriglia che la storia ricordi, morì suicida in Belgio

Dovremo noi dunque rinunziar ad insorgere? No; un’altra guerra, il cui risultamento non possa essere ‘‘ dubbio, la sola per noi possibile, sarà da noi avventurosamente intrapresa, e sarà questa la guerra d’insurrezione per bande

Da DELLA GUERRA NAZIONALE D’INSURREZIONE PER BANDE APPLICATA ALL’ITALIA (1830) Il Che Guevara del Risorgimento

MASSIMO NOVELLI originario di Barge, hanno voluto scri- sio, al primo moto d’indipendenza e co- Buonarroti e in età giovanile della carbo- vere a distanza di oltre un secolo e mez- Condannato a morte stituzionale della storia d’Italia. neria e degli ex soldati napoleonici, e che zo dalla sua morte. Si tratta del ritrova- Il testamento di Bianco, scoperto da avevano una impostazione giacobina ed mento all’Archivio di Stato torinese del dal re di Sardegna, Caglieris, anche lui nativo di Barge, in un egualitaria. Mazzini cercò di censurarli, ra la mattina del 9 maggio testamento che il compagno di Mazzini fondo di mappe e di atti catastali, è rima- ma nel conte torinese non vennero mai 1843 quando il conte Carlo e di Buonarroti dettò al notaio Giusep- sto intatto e sigillato con la ceralacca per meno, ferma restando la fedeltà alla Gio- Angelo Bianco di Saint Jo- pe Ellena agli inizi del marzo 1821, po- non ottenne ben 186 anni. Nessuno aveva saputo del- vine Italia e a “Pippo”. Certo è che per al- rioz, autore del primo trat- chi giorni prima di prendere parte alla la sua esistenza e, d’altronde, Bianco non cune di quelle ragioni, non ultima la sua Etato di guerra partigiana, ex ufficiale dei sollevazione della guarnigione della l’amnistia nemmeno avrebbe potuto riaverlo in quanto la sua ferma opposizione alla monarchia sa- dragoni del re sabaudo, amico di Filip- cittadella di Alessandria, che, con la ri- condanna da parte del re di Sardegna bauda e al sovrano Carlo Alberto, dopo la po Buonarroti, tra i protagonisti della voluzione napoletana del 1820, avreb- da Carlo Alberto non venne mai amnistiata. Nemmeno sua morte venne dimenticato e oscurato, rivoluzione liberale in Piemonte del be dato impulso, grazie a lui e a Santor- da Carlo Alberto, che, almeno inizial- con l’eccezione di una pattuglia di stu- 1821 e tra i fondatori con Giuseppe re di Santa Rosa, a Provana di Collegno, mente, fu in contatto con i congiurati del diosi — da Piero Pieri a Vittorio Parmen- Mazzini della Giovine Italia e della Gio- ad Asinari di San Marzano, a Moffa di Li- 1821. Solamente il fiuto di Caglieris, aiu- tola, da Alessandro Galante Garrone a vine Europa, lasciò la locanda di tato da quella che sembra essere davvero Franco Della Peruta, a Scotti Douglas — Bruxelles nella quale consumava il suo una trama del fato, lo ha riportato alla lu- che a partire dal dopoguerra del Nove- misero esilio dal 1834. Con l’intenzione ce. Alla fine dello scorso mese di dicem- cento ha cercato di restituirlo agli onori di suicidarsi, oppresso dai debiti, si di- bre, pertanto, la dottoressa Maria Paola della storia. resse verso la periferia. Era un uomo Niccoli, dirigente dell’Archivio di Stato, Il conte pagò poi la coerenza, la fede, d’onore, che, disse “Pippo” Mazzini, insieme a Caglieris e al professor Vittorio l’intransigenza che lo aveva portato a «non aveva mai cangiato di pensare, né Scotti Douglas, storico, studioso dell’o- comporre l’opera sulla guerriglia, vale a di agire». Perciò mantenne la parola. pera militare di Bianco e della guerriglia dire Della guerra nazionale d’insurrezio- Deposti il cappello e il bastone sulla ri- del Diciannovesimo secolo, lo ha aperto ne per bande applicata all’Italia — Trat- va di un canale, si buttò nell’acqua. Il ufficialmente. tato dedicato ai buoni italiani da un ami- suo corpo venne ritrovato dopo una Le ultime volontà del patriota che, co del paese, stampato a Marsiglia nel settimana. Chi lo pianse ricordò un uo- rammenta Scotti Douglas, «ispirò Mazzi- 1830, in cui teorizzava «l’esterminio di mo «della libertà amatore ardentissi- ni con il suo terrorismo egualitario», so- tutti quegli uomini, che per la loro natu- mo», che aveva sacrificato l’intera sua no una ulteriore prova della sua rettitudi- ra, circostanze e pregiudizj, sono al cam- esistenza, recisa all’età di quarantotto ne, la conferma di quanto scrisse Vincen- biamento decisamente contrarj». Que- anni, per la causa dell’indipendenza e zo Gioberti, che gli fu vicino a Bruxelles: sto estremismo, che parrebbe contrasta- dell’autodeterminazione non soltanto Bianco era «uno dei migliori cuori che io re con la sua riconosciuta bontà d’animo, dell’Italia, ma anche della Grecia e del- abbia conosciuto». Sapendo che nella era dettato, come notò lo storico Pieri, la Spagna, che gli era costata una con- sollevazione del 9-10 marzo 1821 avreb- «assai più da necessità contingenti» del- danna a morte da parte del re Carlo Fe- be anche potuto perdere la vita o essere la battaglia risorgimentale che da «tem- lice, la prigionia in Spagna, una fuga da incarcerato, decise di lasciare il patrimo- peramento». La convinzione che la lotta Gibilterra, un lungo soggiorno a Malta, nio, in seguito confiscato da Carlo Felice, risorgimentale andasse condotta con quindi in Francia e in Belgio, nonché la al figlio Alessandro che aveva avuto due metodi radicali gli derivava dalla consta- perdita dei beni. anni prima, in gran segreto, da Adelina (o tazione che i moti del ‘21 erano naufra- Bianco di Saint Jorioz ebbe una vita Adelaide) Bonsignore, di famiglia non gati per la sottovalutazione della questio- da romanzo, che potrebbe farlo consi- aristocratica. Il matrimonio con la sua ne militare, ed era corroborata dall’espe- derare una sorta di precursore risorgi- compagna sarebbe stato celebrato solo rienza della feroce guerriglia spagnola mentale di Ernesto “Che” Guevara. E al- nel 1832 a Marsiglia, pur avendo egli ri- contro Napoleone. Dopo la repressione trettanto romanzesco è l’estremo capi- conosciuto il figlio in precedenza, come della sollevazione del ‘21 andò in Spagna, tolo della sua storia, che il destino e la dimostra il testamento. dove avrebbe combattuto da valoroso al passione di Giovanni Maria Caglieris, Bianco fu leale, coraggioso, votato servizio del legittimo governo costituzio- un cultore della figura del nobile rivolu- strenuamente ai suoi ideali influenzati nale. In seguito alla disfatta dei costitu- zionario piemontese nato a Torino ma dalla frequentazione del “comunista” zionalisti ad opera della setta reazionaria

Repubblica Nazionale DOMENICA 20 GENNAIO 2008 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 33

LE IMMAGINI L’indole di questa guerra è terribile, Al centro della pagina, l’unico ritratto conosciuto del conte Carlo Angelo Bianco di Saint Jorioz; perché i procedimenti come barbari alla sua sinistra, una stampa ottocentesca nelle guerre regolari riprovati, debbono raffigurante moti risorgimentali. Ai lati, le immagini inedite del testamento del conte, recentemente ‘‘ per atterrire, spaventare, distruggere ritrovato nell’Archivio di Stato di Torino il nemico, e liberare la patria, essere di preferenza messi in uso

Nella guerra d’insurrezione per bande, soprattutto nei primi anni, sarà a chicchessia negato quartiere, ‘‘ e tosto che cadrà un nemico fra le mani delle bande, verrà senza indugio alcuno trucidato. Dovrà esser questa, una guerra di distruzione

Ne avverrà che non dando quartiere sarà pure quello ai volontarj negato, e metterà in tal modo nella necessità di combattere furiosamente fino alla morte, ed in loro quell’eroico vigore manterrà, che ben sovente alla considerazione di potersi arrendere, vacilla o s’intiepidisce

degli Apostólicos e dei francesi del duca di Angoulême, venne messo in galera a Malaga. Riuscì a evadere e ad approdare “Il suo cuore spezzato in esilio” a Malta, che all’epoca, sotto il controllo inglese, ospitava numerosi rifugiati. Lì cominciò a lavorare al Trattato. La rivo- luzione parigina del luglio 1830 lo ri- GIUSEPPE MAZZINI chiamò in prima linea. Raggiunta Lione, emigrazione italiana ha perduto un de’ migliori cittadini che gli ultimi ciazione, nella quale egli occupò il posto che meritava. conobbe Mazzini, pure lui espatriato in cinquant’anni abbian dato all’Italia. Il 4 maggio di quest’anno, Carlo Membro della Congrega Centrale, Bianco cooperò attivamente ai progres- Francia dopo essere stato messo ai ferri L’ Bianco, nato in una terra piemontese non lontana da Torino, morì in si della Giovine Italia: riesaminò e migliorò i suoi lavori sulla Guerra per ban- nella fortezza savonese di Priamar. Bruxelles, suicida. Fu l’unica colpa della sua vita; e da quanti dolori, da quan- de, lavori importanti che additano la sola via per la quale l’insurrezione italia- «Tra Bianco e Mazzini», ha scritto Scot- te delusioni e amarezze senza conforto ei vi fosse trascinato, Dio solo lo sa: l’in- na può prepararsi una vittoria infallibile: promosse e firmò gli atti più impor- ti Douglas in occasione del convegno che dole dell’anima ch’egli avea posto in lui era di non comune fortezza affinata da tanti nazionali e internazionali dell’Associazione: partecipò nell’impresa ten- Barge, nel 2005, dedicò al conte, «nasce lunghe sciagure, e il peso d’angoscia che la prostrò deve essere stato insolita- tata sulla Savoia; diede il suo nome al patto di fratellanza che sotto il nome di una stretta relazione politica». Il patriota mente grave. Giovine Europa fu stretto non molto dopo in Berna fra gli esuli dei tre popoli genovese era rimasto sedotto dalle teorie Carlo Bianco, nato di famiglia patrizia ed agiata, entrò giovine nella milizia. iniziatori nell’avvenire, Germanico, Polacco, Italiano; e cacciato dalla perse- sulla guerra per bande, finalizzata con S’accostava il 1821, e gli animi in fermento s’affratellavano nella vasta Asso- cuzione, si ritrasse nel Belgio a Bruxelles. Tornato, dopo alcuni anni d’inerzia, ogni mezzo possibile a conquistare la li- ciazione de’ Carbonari in cerca d’un intento mal definito e procacciato con all’attività coll’Associazione, ei riviveva con tutti noi alla speranza, quando, af- bertà dell’Italia, che l’ex ufficiale dei dra- mezzi timidi, inefficaci, ma nazionali. Bianco entrò nelle file e con idee che per fiacchito nel fisico, stretto dai debiti incontrati per altri, assalito da cure do- goni andava predicando. E la loro unione istinto di cuore e logica di mente erano innanzi d’assai a quelle dei capi: né al- mestiche, minacciato, com’egli credea, nell’onore per gli obblighi contratti, e porterà alla creazione della Giovine Ita- lora egli, nuovo d’anni e d’influenza, poté fare che prevalessero, ma le rappre- ch’ei prevedea doversi rimanere insoddisfatti, si tolse la vita. Il suo corpo, tro- lia, culminando con «l’infelice tentativo sentò con onore nei lavori e nei tentativi che vennero dopo. vato a due leghe da Bruxelles, nel canale presso Ruisbrock, ebbe sepoltura, il di invasione della Savoia». L’esito disa- L’insurrezione lo trovò tenente nei dragoni del re. Stimato e amato dai sol- 19 maggio, nel cimitero fuori della porta di Ninove. Esuli e non esuli, Italiani e stroso della spedizione, i mandati di dati, primo fra quelli che iniziarono il moto di Alessandria, Bianco meritò men- stranieri, segnatamente Polacchi, s’affollarono muti, gravi, compresi da so- espulsione dalla Svizzera e dalla Francia, zione specialmente onorevole dallo storico della Rivoluzione Piemontese, lenne dolore alle esequie. Era l’ultimo tristissimo addio a un uomo che poteva costrinsero Bianco a trovare riparo a Santa Rosa, e l’avrebbe meritata dalla nazione, se i vizi ch’erano alla base del- avere, per le opinioni, avversari, ma non ebbe mai, tanto era buono, un nemi- Bruxelles. l’edifizio non l’avessero rovinato nel giro di poche settimane. Bianco, con- co: l’ultima fraterna testimonianza data, qui sulla terra, da anime generose ad Il Belgio gli fu fatale. Abbandonato da dannato a morte, partì cogli altri per la Spagna, dove la costituzione durava: vi un cuore che dopo avere anelato per tutta una vita all’Italia dovea spezzarsi in tanti compagni, con la Giovine Italia allo combatté valorosamente, per la libertà contro le bande che infestavano, in no- paese straniero. sbando e Mazzini a Londra, indebitatosi me del re assoluto [...]: poi, quando i tradimenti e l’armi francesi spensero an- E questo basti per ora. Bianco lasciò, raccomandato agli amici, perché an- spesso e volentieri per aiutare altri esuli, che quella favilla d’indipendenza, sostenne in Malaga i tormenti di una lunga che morendo ei non dimenticava la patria, un volume manoscritto intitolato: Bianco andò incontro al tragico epilogo prigionia che gli rovinò la salute. Appena libero, trapassò in Grecia, d’onde, fi- Manuale del Rivoluzionario Italiano. L’Associazione lo pubblicherà, e alcuni della sua esistenza. Nella primavera del nita la guerra, si ridusse in Malta, e vi soggiornò fino al 1830, quando le spe- più diffusi cenni sulla vita dell’autore verranno prefissi al volume: cenni del re- 1843, poco prima di uccidersi, scrisse al ranze ravvivate d’Italia lo richiamarono dall’attività del pensiero a tentare sto giovevoli, anzi che a noi, agli stranieri. Fra noi, chi non conobbe Bianco? chi figlio Alessandro, che nel frattempo si era quella del braccio. Nel 1831 egli era in Lione, dove si preparava una spedizio- non l’amò? Ben possa l’amore essere operoso: il tributo che noi fratelli suoi pa- arruolato nell’esercito di Carlo Alberto, ne italiana e perché i capi non dichiaravano apertamente intenzioni repub- ghiamo alla sua memoria, tributo non di sterile compianto, ma d’insistenza amareggiando suo padre: «Non so se ci ri- blicane, ei ricusava ogni grado e solamente disegnava seguirla come soldato. costante, irremovibile, sulla via ch’ei seguiva. Il culto dei morti per noi non de- vedremo mai più, attesa la piena delle di- [...] Caduta ogni speranza, egli prese soggiorno in Marsiglia, dove venuto a fre- ve essere che il compimento religioso del pensiero che governò la loro esi- sgrazie che si versa continuamente sul quente contatto coi capi della Giovine Italia e convinto che quell’Associazio- stenza terrestre. mio capo, il quale da ventidue anni che ne rappresentava meglio d’ogni altra il pensiero nazionale, le diede il suo no- Giuseppe Mazzini scrisse questo necrologio sostiene una tale soprassoma, giungerà a me nel 1832. D’allora in poi la vita del Bianco si confuse con quella dell’Asso- per il numero del 31 agosto 1843 della rivista Apostolato Popolare tale da non poter continuare fino al tren- tesimo, né forse al vigesimo terzo».

Repubblica Nazionale 34 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 20 GENNAIO 2008

“Io, Nikolaj Ivanov, rinuncio a mio padre, perché CULTURA per molti anni egli ha ingannato il popolo...” * Dichiarazioni come questa venivano regolarmente pubblicate dai giornali sovietici durante il Terrore. Denunciare un genitore - e condannarlo così a morte - fu per molti l’unico modo di salvarsi, dimostrando la propria fedeltà al partito Il libro di uno storico ricostruisce questa tragedia privata e collettiva

Il quindicenne Pavel Morozov, ucciso a bastonate probabilmente dai parenti del papà SANDRO VIOLA che aveva fatto el settembre 1932, quan- do il potere di Stalin sul arrestare e fucilare, partito e sulla Russia era ormai consolidato, in un fu dato a modello villaggio della Siberia oc- cidentale, Gerasimovka, a un’intera venneN scoperto il cadavere d’un ragazzo di quindici anni, Pavel Morozov, ucciso a bastonate. In paese Pavel era conosciuto generazione per aver denunciato suo padre Trofimov con l’accusa d’essere un oppositore del partito e d’aver cercato di proteggere al- cuni kulaki, i contadini che s’erano op- posti alla collettivizzazione finendo (quando la polizia politica, la Nkvd, non li aveva messi al muro già nei loro villag- gi) nei campi di lavoro del Gulag. Durante il processo contro il padre, Pa- vel aveva affermato di non riconoscerlo più come tale. «Non sono più suo figlio», aveva detto: «Adesso io sono un Pioniere, e la mia famiglia è il partito». Il ragazzo si riferiva all’organizzazione giovanile dei Pionieri, i Balilla della Russia staliniana, che in quegli anni era divenuta uno degli strumenti più invasivi con cui il partito esercitava il suo controllo sulla società sovietica. I giornali della regione dettero subito un enorme risalto all’episodio, de- scrivendolo come un contributo essen- ziale a quella costruzione dell’«uomo nuovo» su cui si concentrava da tempo la propaganda comunista. E infatti il pro- cesso terminò senza sorprese. Il padre di Morozov venne prima spedito in un campo di lavoro, e più tardi fucilato. Così, quando alcuni mesi dopo il ra- gazzo venne ucciso (probabilmente dai parenti del padre) nacque nei giornali della gioventù, nelle scuole, al cinema e in teatro, il culto di Pavel Morozov. Da un capo all’altro dell’Urss si celebrò il suo eroismo. Venne plasmato il modello del Pioniere pronto a mandare i genitori o i fratelli dinanzi al plotone d’esecuzione, pur di ribadire la sua fedeltà al partito. La delazione contro i familiari venne incen- sata come il massimo del patriottismo, la prova decisiva dell’attaccamento all’i- deale comunista e a Stalin. Maxim Gorki (che era da poco rientrato in Russia dopo l’esilio italiano) propose di erigere un monumento al martire Morozov. Ven- nero composte canzoni, girati film, mes- si in scena drammi, tutti inneggianti al «perfetto Pioniere» che aveva perso la vi- ta per non tradire gli ideali del comuni- smo. Il culto si diffuse rapidamente, ingene- rando l’emulazione: nei tre o quattro an- ni successivi, i casi di figli che denuncia- vano i padri per motivi politico-ideologi- ci si moltiplicarono, l’uno più atroce del- l’altro. Un Pioniere di nome Sorokin de- nunciò il padre che aveva sottratto qual- che chilo di grano dai depositi del kolchoz. Un altro, Seriozha Fadeev, si levò in piedi a scuola dichiarando che suo padre aveva nascosto un sacco di patate invece di consegnarlo, come avrebbe do- vuto, all’ammasso. Un tredicenne — Pronia Kolibin — fece arrestare sua ma- dre, colpevole d’avere anch’essa portato in casa un po’ di grano del raccolto del kolchoz. Pronia venne premiato con una vacanza nel campo dei Pionieri in Cri- mea, la madre sparì nel Gulag. La Pionerskaia Pravda pubblicava re- golarmente i nomi dei giovanissimi dela- tori con tutti i dettagli sulle loro imprese. Nel pieno del culto di Pavel Morozov, ver- so la metà dei Trenta, la prova dei senti- menti patriottici e della corretta forma- zione politica d’un Pioniere finì quasi con l’identificarsi nella disponibilità a

Repubblica Nazionale DOMENICA 20 GENNAIO 2008 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 35

IL LIBRO S’intitola The Whisperers (I sussurranti), sottotitolo Private Life in Stalin’s Russia, l’ultimo libro dello storico britannico Orlando Figes, docente all’università di Londra. Il volume è stato pubblicato da Metropolitan Books nel novembre 2007 Le precedenti opere di Figes sono state tradotte in italiano da Corbaccio (La tragedia di un popolo. La rivoluzione russa 1891-1924) e da Einaudi (La danza di Natascia. Storia della cultura russa XVIII-XX secolo)

denunciare i propri parenti. Non solo: un nendo che dio esiste, e questa è la ragio- quasi all’agonia dell’Urss. mugugno, una lamentela, un’impreca- nella vita con la paura di parlare. Mia ma- foglio provinciale della gioventù comu- ne per cui io rompo ogni rapporto con Partendo dagli anni immediatamente zione realmente uditi, per fanatismo dre ci diceva continuamente che erava- nista giunse a teorizzare che un Pioniere lui». Tali atti di separazione, di distacco post-rivoluzionari, il libro racconta co- ideologico. Convinto cioè di lottare con- mo circondati dagli informatori della po- il quale non si fosse mostrato zelante nel legale dal gruppo familiare davano così me la voce dei russi finì ridotta, per il ter- tro i «nemici del popolo». Ma la delazio- lizia. E infatti eravamo sospettosi di tutti, dare informazioni sulla sua famiglia, luogo a due destini diversi. Il figlio dela- rore che incuteva la polizia politica, ad un ne poteva avere ben altro scopo: liberar- a cominciare dai vicini». Non bisogna avrebbe dovuto essere visto lui stesso co- tore s’avviava verso una normalità di sussurro, un bisbiglio, un linguaggio ci- si d’un rivale in amore, per esempio; ot- d’altronde dimenticare, spiega ancora me un elemento sospetto. “homo sovieticus”, un lavoro, una carrie- frato. Qualsiasi frase o commento pote- tenere una promozione; assicurarsi Figes, che furono poche le famiglie non In molti casi, la denuncia non scaturi- ra, mentre i parenti denunciati scompa- va divenire infatti la materia d’una de- qualche metro quadrato in più nelle investite dal Terrore staliniano. Secondo va dalle convinzioni ideologiche del Pio- rivano dietro i reticolati del Gulag. nuncia alla Ceka prima, alla Ghepeù do- kommunalki, gli appartamenti in coabi- stime prudenti, tra il 1928, l’anno in cui niere (o dai suoi fantasmi), bensì da mo- Queste vicende al limite dell’inverosi- po, quindi alla Nkvd e infine al Kgb, gli or- tazione dove vissero sino agli anni Set- Stalin assunse il pieno controllo del par- tivi più concreti. Bastava infatti il timore mile, forse mai accadute nella storia se gani della sicurezza statale che per de- tanta milioni di famiglie russe. tito, e la sua morte nel ‘53, i russi finiti ne- che un familiare già sorvegliato dalla non nella Russia sovietica, si leggono nel- cenni, con le loro diverse sigle, ebbero Un altro caso molto comune era quel- gli artigli della polizia politica e poi desti- Nkvd potesse rappresentare un ostacolo le settecento pagine dell’ultimo libro di potere di vita e di morte nella Russia so- lo del ricatto con cui le polizie obbligava- nati alla fucilazione o al Gulag, furono ai programmi dell’adolescente, costargli Orlando Figes, The whisperers, i sussur- vietica. La paura s’estese anche a perso- no a trasformarsi in delatori persone in- venticinque milioni. l’espulsione dal Komsomol o addirittura ranti. Docente di storia all’Università di ne mature, colte, e ormai uscite dall’am- corse in un’infrazione, o loro stesse già La «doppia vita», vale a dire la scis- dalla scuola, ed ecco la delazione. In que- Londra, Figes aveva già scritto due bellis- bito familiare. Nel 1931 il poeta e critico denunciate per aver sparlato del regime, sione tra sentimenti personali e biso- sti casi non si trattava propriamente di simi libri d’argomento russo. Uno, La letterario Alexandr Tvardovskij, per che divenivano così i sorveglianti dei col- gno (cosciente o incosciente) di mime- denunce quanto d’una pubblica rottura tragedia d’un popolo, sulla rivoluzione esempio, che molti di noi giornalisti in- leghi, degli amici, del coniuge. Costoro tizzarsi nell’universo sovietico, s’in- dei rapporti familiari. Il Pioniere s’affret- bolscevica; e l’altro, La danza di Nata- contrarono a Mosca, nei primi Sessanta, potevano pensare per un momento d’es- carna al meglio in uno dei personaggi tava a dichiarare di non considerarsi più scia, sugli intrecci tra cultura popolare e come segretario della potente Unione sersi messi in salvo, al riparo dagli arbitri centrali del libro, Konstantin Simonov. legato a tale o tal’altro membro della fa- cultura “alta” nella Russia dell’Otto-No- degli scrittori, rispose con parole ag- polizieschi. In realtà la loro sicurezza re- Nato nel 1915 in una famiglia della pic- miglia, a causa delle loro idee e compor- vecento. Mentre The whisperers è un ghiaccianti ad una lettera inviatagli dalla stava relativa, precaria, condizionale, af- cola aristocrazia travolta dalla rivolu- tamenti anti-partito. C’erano perciò de- grande affresco della vita familiare nella famiglia esiliata per motivi politici negli fidata agli umori dell’agente che li aveva zione, facendo quindi parte della pri- gli appositi formulari da riempire, che ve- «patria del comunismo». L’impressio- Urali: «Io non posso scrivervi, e voi non reclutati, il quale poteva sempre, un gior- ma generazione comunista educata nivano poi pubblicati dai giornali. Per nante descrizione dei timori, dei silenzi scrivetemi». no o l’altro, rispolverare il dossier delle nel mito della Guerra civile e del trionfo esempio: «Io, Nikolaj Ivanov, rinuncio a obbligati, delle avversioni e dei traumi af- Il pericolo del parlare con voce udibile colpe e infrazioni del delatore deciden- bolscevico, Simonov è già da adole- mio padre, un ex prete, perché per molti fettivi che lacerarono le famiglie negli an- dipendeva dalla quantità e dallo zelo dei done l’invio in un campo di lavoro. scente un fervido seguace del regime. anni egli ha ingannato il popolo soste- ni della tirannia di Stalin, e poi ancora sin delatori. Qualcuno poteva riferire un L’originalità e l’interesse storico del li- Riesce ad occultare totalmente, anzi a Inferno di famiglia nell’era Stalin

bro di Figes sta nel fatto che esso non è rimuovere, la sua origine sociale, e si una nuova denuncia dei crimini stalini- trasforma in un devoto del culto di Sta- sti, o più in generale del sistema polizie- lin. Il suo zelo politico-ideologico e le sco dell’Urss. Ricavato da centinaia d’in- sue doti gli consentono una rapida terviste, diari tenuti accuratamente na- ascesa nelle organizzazioni culturali scosti, giornali dell’epoca, The whispe- del partito. Ma il giovane è dominato rers cerca di spiegare in che modo lo sta- dal timore che la sua fedeltà al partito to di polizia mise radici tanto robuste in possa esser messa in dubbio, e questo quello che secondo la propaganda co- lo porterà ad attaccare duramente un munista era il «paradiso dei lavoratori», paio di colleghi con l’accusa di scarsa coinvolgendo nella gigantesca macchi- convinzione nei principi marxisti. na della delazione milioni di persone co- Con l’invasione nazista del ‘41, Si- muni. Le quali potevano scegliere sol- monov diventa un bravo e coraggioso tanto tra due ruoli: o assistere in assoluto corrispondente di guerra. Ma il grande silenzio alla terribile repressione in atto, successo verrà con una sua poesia, o collaborare con i persecutori. Aspettami, in cui un uomo al fronte as- Emerge così un inventario di centinaia sicura la donna amata che prima o do- di vite private nella Russia comunista, e po ritornerà a lei. Stampata in milioni di da esse vengono molte risposte alle do- copie, messa in musica, Aspettami di- mande che gli storici si fanno da quando venta il talismano dei soldati in batta- gli archivi dell’Urss hanno cominciato ad glia, commuove le famiglie in attesa, aprirsi. Come fecero i russi a gestire i loro entusiasma persino Stalin. La carriera e più intimi rapporti, vale a dire quelli fa- la fortuna di Simonov toccano così l’a- miliari, in un sistema governato dal ter- pice, e intanto lievita senza sosta, si fa rore. Che cosa provavano e pensavano fanatica, la sua devozione per il tiran- quando un marito o una moglie, un pa- no. Eppure l’uomo è a suo modo one- dre o una madre venivano improvvisa- sto. Adesso che è divenuto un perso- PROPAGANDA mente arrestati come «nemici del popo- naggio influente, quando può dà una A sinistra, un monumento lo». La «doppia vita» cui essi furono co- mano per togliere un amico dai guai. a Pavel Morozov; qui sopra, stretti, dice Figes nell’introduzione al suo Ma sarà solo alla metà dei Cinquanta, una parata di donne libro, angosciosamente divisi tra le nor- con la morte di Stalin, che comincerà a in Unione Sovietica; me della condotta pubblica nel paese dei riflettere sulla sua «doppia vita»: su nell’altra pagina in alto, Soviet e i valori, gli affetti, le tradizioni del- quanto fosse dissennato il suo sforzo bambini con le uniformi la famiglia d’origine. Come fecero a tro- d’apparire un comunista senza mac- dell’Armata rossa vare un minimo di equilibrio tra il loro na- chia, sull’aver vissuto come un automa che sfilano a Mosca turale, inevitabile senso d’ingiustizia e della propaganda sovietica. nella Piazza Rossa nel 1946 alienazione nei confronti del sistema, e la Niente di simile alle storie raccolte da L’immagine a colori loro stringente necessità di sopravvivere Figes s’era finora letto, se non forse (an- è la locandina del film ritagliandosi un posto all’interno di esso. che se in misura infinitamente più ri- di Friedrich Ermler «Attento alla tua lingua», «I muri han- dotta) nelle pagine di Vita e destino, il Frammento di un impero no le orecchie»: queste erano le frasi che i grande romanzo di Vasilij Grossman. del 1929 genitori ripetevano ininterrottamente ai Un filone letterario che in Russia, dopo figli. E una donna il cui padre venne arre- Vita e destino uscito nell’88, non ha stato nel ‘36, ricorda: «Fummo cresciuti avuto più seguito. Sicché toccherà an- con la consegna di tenere la bocca chiu- cora agli storici, e probabilmente agli sa. Finirai con l’avere dei guai per colpa storici stranieri, descrivere che cosa fu della tua lingua, era l’usuale rimbrotto la vita dei russi nel tragico settantennio che ci veniva rivolto. Così, entrammo comunista.

Repubblica Nazionale 36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 20 GENNAIO 2008 la lettura Alla fine degli anni Venti il grande giornalista Albert Schiave e padroni Londres si imbarcò verso il Sudamerica per documentare la tratta delle bianche dalla Francia fino alle strade del vizio di Buenos Aires Ora quel viaggio tra protettori, sbarcatori e bordelli viene tradotto in Italia per la prima volta

La nave delle donne

ALBERT LONDRES no un tempo come bovari. Non vedono mai L’Uruguay offre anche un altro van- taggio: i Mihanovitch. “pacchi” scendono a Montevi- la luce del giorno Il signor Mihanovitch era polacco, ed deo. È la piccola e graziosa capita- era giunto molti anni prima in quelle re- le, ricca e tranquilla, della Repub- gioni del Sud. Aveva fatto fortuna e poi era blica Orientale dell’Uruguay. I durante il viaggio morto, lasciando dei battelli fluviali illu- pacchi, cioè le donne. Questo è il minati come casinò che vanno e vengo- gergo delle persone dell’ambien- e si concede loro solo no sul Rio de la Plata. Partono tutte le se- Ite. Ci sono pacchi da diciassette a venti re che il Creatore manda sulla terra, alle chili, cioè ragazze da diciassette a l’aria della notte dieci, da Montevideo e da Buenos Aires, vent’anni. Quei pacchi non hanno peso. e tutte le mattine, che sempre il Creatore Hanno bisogno di documenti falsi e ven- dovrebbe mandare sulla terra, arrivano gono imbarcati clandestinamente. Gli le ragazze vengono scoperte e non sono alle otto a Buenos Aires e a Montevideo. uomini dell’ambiente hanno complici abbastanza “carine”, le autorità suda- Sui Mihanovitch non si ha l’aria di su tutte le navi. Quando non si tratta di mericane le reimbarcano sullo stesso va- grandi viaggiatori, ma quella di chi fa vi- personale sottoposto, sono ufficiali. So pore. Ma non si è mai sentito che una bel- sita a un vicino. E la polizia vi lascia in pa- bene quello che dico. Ai miei amici uffi- la Franchucha venisse ricondotta a bor- ce. Così le donnine di quei signori vanno ciali di lungo corso della Marina, che rab- do. E capisco bene il perché. dall’Uruguay all’Argentina. brividirebbero davanti a questa afferma- Al di fuori di questi casi, lo sbarco av- Il Malta entrò a Montevideo. Quella zione, potrei rispondere che non mi viene a Montevideo. mattina Lucien Carlet non parlava più a scandalizzo più di quando viene arresta- Non direi che l’Uruguay sia un Paese Blanche Tuman. Le passava davanti co- IL LIBRO to un giornalista corrotto che tributa francofilo. Non ci sono Paesi francofili, e me se non la conoscesse. Si intitola Buenos Aires onori o ricatta questi uomini di mondo o va bene così. Il giorno in cui i nostri go- «È una cosa stupida, tutti sanno che lei le strade del vizio (304 pagine, della finanza. vernanti lo avranno capito, la nostra di- sta con la ragazza!». 14,50 euro) il libro di Albert I “pacchi” clandestini viaggiano a plomazia avrà fatto un grande passo Mi rispose che sapeva quello che fa- Londres che excelsior 1881 modo loro. Se ne trovano nel fondo del- avanti nella scienza delle relazioni inter- ceva. pubblica in questi giorni le navi, camuffati da fuochisti. Durante nazionali. Ma non è questo il punto. «Le ho insegnato la lezione», mi disse. Londres, famoso per il premio le ispezioni, i complici li nascondono in L’Uruguay si fa molti riguardi nei no- «Vada da lei e mi dica se l’ha imparata a lui intitolato (il Pulitzer francese) una caldaia spenta, in una presa d’aria, stri confronti. Così, per sbarcarvi, il fran- bene». è uno dei più grandi reporter in un cassone per le boe, nella sala mac- cese non ha bisogno di visti. Inoltre i suoi «Quale lezione?». di tutti i tempi. Nel 1920 chine. Questi pacchi sono fragili, non funzionari non sono così animali come «Quello che deve dire ai poliziotti e che fu tra i primi a intervistare vedono mai la luce del giorno durante il nel resto dell’America, dal Nord al Sud. cosa deve fare». Lenin e Trockij dopo viaggio e si concede loro solo l’aria del- Così animali o così mascalzoni. Non vi si La Gallina era in divisa. Copricapo ne- la rivoluzione bolscevica; la notte, quando le luci sono basse e le avvicinano con un coltello per sventrarvi ro, vestito nero, valigia al fianco. Per san- documentò gli orrori stelle alte nel cielo. e controllare se la vostra appendice sia ta Maria Maddalena sua patrona, non della Caienna francese; Questi pacchi senza peso, senza pas- conforme alla lunghezza regolamentare, aveva affatto un’aria fiera! Le feci corag- la tratta degli schiavi neri saporto e senza biglietto, non sempre si in mancanza della quale non potreste gio. Mi disse che aveva molta paura. e delle schiave bianche fermano a Montevideo, ma proseguono calcare, senza sporcarla, la terra delicata «Allora, che cosa dirà ai poliziotti che la come si legge nell’estratto fino a Buenos Aires. Lì la nave sosta otto che oggi è diventata nazione dove i loro chiameranno nel bar per controllare i pubblicato in queste pagine giorni, il tempo di farle filare via. Quando nonni, con mani e piedi sudici, sbarcaro- suoi documenti?».

Repubblica Nazionale DOMENICA 20 GENNAIO 2008 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37

ISTANTANEE Immagini delle tappe del viaggio di Londres Da sinistra, Rue du Faubourg Saint-Denis a Parigi; transatlantico al largo di Bilbao; veduta della baia di Montevideo negli anni Venti; foto pubblicitaria di una casita di Baires; interno di un bordello della capitale argentina e Calle Florida a Buenos Aires negli anni Venti

spedite come pacchi

«Non dirò niente. Se mi parleranno, no incaricato io di aiutarla durante il viag- Dopo avere esaminato i miei docu- che prendermi la camicia, gliel’avrei dirò che vado da mia zia, che è sarta e abi- gio. È timida, non sa rispondervi. È la pri- Quando le ragazze menti, le autorità della Repubblica Lati- consegnata con colletto e bottoni. ta… Ecco! Non lo so più. Ho dimenticato ma volta che si allontana dalla sua fami- na e Argentina mi giudicarono indeside- «In ogni caso», fecero quelli, «lei non quello che mi ha detto. Non mi piace glia. Viene qui da sua zia che fa la sarta a vengono scoperte rabile. Risposi che non avevo mai avuto sbarcherà». mentire. Che cosa farò?». Posito». la pretesa di ispirare loro simpatia. Non Mandarono a cercare una guardia, e Feci un segno a Lu-lu, che si avvicinò «Come si chiama questa zia?», do- mi capirono. Mi mancavano un sacco di poiché suo padre era tedesco, la madre subito. mandò il poliziotto. e non sono documenti. Tanto per cominciare, non francese, i nonni uno italiano e l’altro si- «Dove abita mia zia? L’ho scordato». «Come si chiama sua zia?», chiese Lu- avevo intinto le mie quattro dita e il polli- riano, le nonne una portoghese e l’altra «Posito. A Po-si-to. Capito? Ripetilo, lu. «Signora Beaumartin, mi pare». abbastanza “carine”, ce nel tampone d’inchiostro ed ero così polacca, il mio carceriere era un perfetto su. È una spiaggia qui vicino. Ripetilo». «Sì, signora Beaumartin». arrivato senza le impronte digitali. Feci argentino. «Mi viene da piangere!». «Allora bisogna dirlo quando questi si- le reimbarcano notare che le impronte le avevo comun- Ero prigioniero, e loro se ne andarono. «In nome di Dio!», disse Lu-lu, e se ne gnori la interrogano. Non lo domandano que, ma che invece di depositarle su un Devo riconoscere che la mia anima andò. per farle del male. Il suo passaporto non foglio me le ero conservate sulla punta non era particolarmente scossa. Non sa- La nave stava accostando. Sul molo è in regola?». La sera, in partenza da Montevideo, delle dita, per essere più sicuro, aggiunsi, rebbero stati quei barbari pedanti a im- c’erano alcuni protettori francesi. Quel E avanzando verso il funzionario che Lucien Carlet non era a bordo, anche se i di non perderle. Non gradirono la mia pedirmi di fare il mio mestiere. Mi appel- giorno se ne sarebbero andati a mani aveva in mano i documenti: «È in regola». suoi bagagli occupavano ancora la sua spiegazione. In più, avevo osato viaggia- lo a voi tutti, vecchi compagni di viaggio, vuote: niente pacchi per loro. Dovevano Poi, voltandosi verso la ragazza, chie- cabina. re senza l’estratto della mia casella giudi- non abbiamo forse imparato grandi cose saperlo, ma venivano in ogni caso, per se: «Non ha anche il certificato di buona «Si è fatto arrestare», dissero alcune ziaria, il che dimostrava in modo ecla- nel corso di una vita che poteva essere abitudine. Lu-lu fece un cenno amiche- condotta? Dov’è? Bisogna mostrarlo, su! persone che non conoscevano niente tante che non ne avevo una. impiegata meglio? vole e loro risposero con discrezione. La Ah, benedetta ragazza!». della vita. E aggiunsero: «Ben fatto!». Infine vollero sapere se conoscessi Sulla nave i cocktail venivano serviti faccenda era ben organizzata. La giovane prese dalla sua borsa il cer- L’indomani, alle quattro del pomerig- qualcuno a Buenos Aires che potesse ga- freschi. E sulla nave ho imparato che la La polizia si era già installata nel bar tificato. L’aveva ottenuto grazie ai docu- gio, il Malta, vapore francese di quindici- rantire per me. Compagnia dei Caricatori Riuniti era re- della prima classe. Lì c’erano anche i pas- menti della sorella della San Vincenzo de mila tonnellate, capitanato da Emile «No», risposi. «Non ho zie!». sponsabile per me. Avrebbe pagato allo seggeri che scendevano a Montevideo. E Paoli! Gaultier Du Marache, appartenente alla La presero come un’offesa personale e Stato argentino duemila pesos d’oro di dal ponte, attraverso una finestra, Lu-lu «E qual è l’indirizzo esatto di sua zia?». flotta dei Caricatori Riuniti e provenien- si incattivirono. ammenda se non mi avessero più trova- sorvegliava la sua mercanzia. Venne il «Anche quello è nella borsa», disse Lu- te da Amburgo attraverso Anversa, Le «Che cosa viene a fare a Buenos Aires?». to sul vapore. Duemila pesos d’oro: ses- turno della povera Gallina. I poliziotti le lu. «Me l’ha mostrato insieme alla lettera. Havre, La Pallice, Bilbao, Vigo, Oporto, Risposi che in verità ero lì per vedere i santamila franchi! Non valevo tanto! Do- presero il passaporto. La ragazza trema- Si calmi e cerchi tranquillamente». Tenerife, Dakar, Rio, Santos, Montevi- magnaccia. po tutto non ero l’erede della Compagnia va. Lu-lu, disgustato dalla debolezza del- La ragazza trovò la lettera sulla quale deo, entrava nella bocca destra del porto Mi chiesero di ripetere quello che ave- dei Caricatori Riuniti. le donne, guardava la scena mordendosi veniva chiamata “Mia cara nipotina”: «Se di Buenos Aires, trentasei gradi sud di la- vo detto. Lucien Carlet salì a bordo per cercare i le labbra. Un poliziotto interrogò la gio- non sarò al molo», vi si leggeva, «è perché titudine. Allora dissi: «Sono qui per vedere i ma- bagagli. «È uno scherzo!», disse. «Non la vane. Fu una bella scena! Lei parlò di sua non sarò riuscita ad arrivare in tempo da Lucien Carlet era sul molo e ci aspetta- gnaccia». lasciano sbarcare?». zia, di una spiaggia che era là… Ah, l’in- Posito, dove ho molte faccende da sbri- va, insieme a una donna. «Non è la stes- Seguì un rapido consulto. Misero il «No!». nocente! gare. Fatti portare all’Hotel Solis. Verrò a sa!», gridarono alcuni passeggeri. mio passaporto in una grande cartella Allora il trafficante di donne, che cal- Fu a questo punto che vidi una cosa cercarti lì in giornata». «Com’è astuto!». I viaggiatori approfitta- nera come la loro anima, le loro unghie e pestava liberamente il suolo argentino, che somigliava alla decisione suprema di Provai una grande ammirazione per rono dell’occasione per chiedermi quale i loro capelli. mi disse: «Lei non si muova. Vado io a ri- un generale in capo davanti al nemico. Lucien Carlet e i suoi colleghi: ecco dei ve- piacere avessi tratto nel frequentare un Feci notare che mancavano di logica. solvere la faccenda». Lucien Carlet, che aveva capito tutto, la- ri organizzatori! individuo simile. Quando risposi che ero «Mi rimproverate di non avere abbastan- Scese a terra per domandare la grazia sciò la sua postazione, entrò nel bar, si di- I poliziotti avevano fatto il loro dovere, andato in Argentina unicamente per vi- za documenti», dissi, «e poi mi sottraete per me. E la ottenne. resse verso i poliziotti e disse: «Perché fa- il “pacco” aveva i timbri di legge, e le au- vere con lui e i suoi pari, se ne andarono l’unico che ho». Mi risposero che era loro Traduzione Anna Benucci Serva te delle difficoltà a questa ragazza? Mi so- torità apposero il visto di sbarco. vicino ai loro bagagli. diritto. Ribattei che se era loro diritto an- (© 2008 excelsior 1881, Milano)

Repubblica Nazionale 38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 20 GENNAIO 2008

Ha lasciato dietro di sé un capolavoro indiscusso, una trasmissione radiofonica SPETTACOLI che sconvolse l’America, quattordici film e un’infinità di materiale girato e incompiuto sparso negli archivi di tutto il mondo. E copioni, lettere, appunti scritti ovunque. Che ora vengono raccolti in un libro che svela i segreti della più grande macchina da scena della storia Il metodo Fare cinema per caso

IRENE BIGNARDI Orson i solito si cominciano le storie dal principio. Lo raccomanda anche l’Alice di Lewis Carroll. Invece, per una volta, vale la pena di cominciare dalla fine. Perché, per una volta, la fine non è nota, o almeno solo ai super-appassio- nati. Perché tutti conoscono la storia del genio bambino e poi ragazzo e poi giovanissimo uomo che stupisce l’America con la sua bravura teatrale, la seduce con i suoi personaggi elisabettiani, la terrorizza via radio con La Dguerra dei mondi, la conquista (e ne viene, parallelamente, respinto) con un film che re- sta un caposaldo del cinema, il capolavoro più votato dalla critica e dalla stampa e per più anni, il prototipo e il contenitore di modelli e di modi, insomma, con Quarto potere. Ma è meno noto il finale della sua affannata, meravigliosa, difficilissima vita sem- pre in corsa, sempre scansando le trivialità quotidiane, sempre in una fuga in avanti e in un perenne debito con se stesso e con il proprio genio, sempre senza gli strumenti Welles necessari per esprimersi con l’agio che lui, Orson Welles, avrebbe meritato. È meno Negli ultimi anni utilizzava un montaggio noto il finale del “non finito” wellesiano: non la scelta radicale di Michelangelo, ma un destino, una maledizione, una impossibilità, che, accanto a tredici grandi film incomprensibile a chi non avesse in testa l’intera compiuti, ha generato un patrimonio di incompiuti su cui critici, studiosi e pubblico possono sognare e studiare pensando all’altro, possibile Welles. costruzione dell’opera. Questo spiega, quanto È la parte più affascinante del grande e bel volume dedicato a Orson Welles da due suoi assidui e sapienti studiosi, Jean-Pierre Berthomé e François Thomas, Orson Welles at Work (che è l’edizione inglese dello studio pubblicato due anni fa dalle edizioni dei i problemi legali, l’impossibilità di ridare forma Cahiers du Cinéma). Un libro che percorre tutta la vita e la carriera di Welles, i suoi molti metodi di lavoro («non esiste un metodo Welles, scrivono i curatori, ma quasi altrettanti al puzzle dei suoi meravigliosi frammenti metodi quanti sono i suoi film», che non sono stati fatti «secondo uno schema logico e re- golare ma sono stati spesso il prodotto del caso e di imprevedibili circostanze»), i suoi film compiuti (quattordici, secondo i due stu- diosi francesi che mettono nel conto anche Terrore sul Mar Nero, scritto sì e prodotto da Welles ma diretto in effetti da Norman Fo- ster, salvo alcuni interventi del nostro) e i molti non finiti, o dispersi tra cento sedi misteriose, o in depositi diversi, o una pizza qui e die- ci là, o senza il sonoro, o un rullo soltanto e via, riflesso di un modo di lavorare e di una creatività perennemente in azione, di un’inca- pacità di essere normale e di fare i conti come ogni bravo produt- tore dovrebbe fare. Di alcuni film wellesiani incompiuti si è tentato l’assemblaggio. Come è successo, tra le critiche indignate ma anche parzialmente giustificate dei puristi, per il Don Quixote girato a pezzi e bocconi da Welles in Messico, Italia e Spagna tra il 1957 e il 1972, un film che lo spagnolo Jesus Franco ha montato in maniera per forza arbitra- ria con i soli materiali in possesso di Oja Kodar, la scultrice, sce- neggiatrice e attrice che fu la compagna di Welles negli ultimi ven- ti anni della sua vita. E, tuttavia, un film che ci consente di vedere alcune sequenze meravigliose che il grande Orson girò, come fa- ceva spesso, senza sceneggiatura, reinventando il suo progetto mentre lo girava. Di molti “non finiti” si possono vedere i fantasmi, quasi le sinopie, solo nelle retrospettive (Locarno ne ha dedicata a Welles una, ricchissima, nel 2005) o nelle cineteche, in particolare quella di Monaco dove gran parte degli incompiuti di Welles sono conservati. Ecco dunque, per esempio, i ventidue minuti di Moby Dick, in cui Welles legge brani del capolavoro melvilliano recitando lui stesso tutte le parti. Ecco il “pilota” di The Orson Welles Show. Ec- co i frammenti di The Merchant of Venice. Ecco il suo King Lear, do- ve si vede semplicemente Welles che legge parti del testo shake- speariano. Ecco i ventiquattro minuti di The Dreamers, un abboz- zo di film girato nel cortile della sua casa di Hollywood tra il 1980 e l’anno della sua morte, il 1985: tratto da un racconto di Isak Dine- sen (a cui Welles già si era ispirato per il suo meraviglioso Histoire Immortelle), il film doveva raccontare la storia di tre uomini di tre paesi diversi che parlano ciascuno di un antico amore — salvo sco- prire che stanno ricordando tutti la stessa donna, la bellissima Oja Kodar (per cui Welles stesso, in una delle sue mille reincarnazioni, disegnò i costumi ottocenteschi). E, retrocedendo ancora nel tempo, ecco, intrecciati negli anni tra il 1967 e il 1975, i resti di The Deep, un film con Jeanne Moreau, Oja Kodar, Michael Bryant e Laurence Harvey, da un thriller di Charles Williams, che sarebbe poi diventato, venticinque anni do- po, Dead Calm, con la giovanissima Nicole Kidman. Ed ecco il film che sarebbe dovuto essere, e in parte è, il testamento e la confes- sione in pubblico della difficoltà creativa e umana in cui versava in quegli anni Orson Welles, The Other Side of the Wind.Che in effet- ti venne girato quasi del tutto, protagonista John Huston nel ruo- lo dell’amico Welles, ma che, per ragioni legali, confusione, debi- ti, Welles non poté mai finire di montare — e di cui i Cahiers du Cinéma e il Festival di Locarno hanno pubblicato il testo comple- to: la storia di un film nel film, delle ultime ventiquattro ore della vita di un grande regista, di un’impotenza creativa, di una dispe- razione umana. Ma non poté mai montarlo, Welles, o non volle? Se lo chiedono, Berthomé e Thomas, e non solo loro: e sanno solo rispondere che la passione di Welles, negli ultimi anni della sua vita, per un mon- taggio complesso, frammentato, incomprensibile a chi non aves- se in testa l’intera costruzione dell’opera, spiega, quanto i proble- mi legali, l’impossibilità di ridare forma al puzzle dei suoi meravi- gliosi frammenti. Certo, ripercorrendo a ritroso le pagine e la vita di Welles, si ca- piscono le origini del suo complesso rapporto con il montaggio. Il montaggio che gli ha permesso di costruire e ricostruire — tra mancanza di soldi, fughe di attrici terrorizzate, sparizioni dello stesso regista che andava a caccia di fondi sui set altrui (nel caso specifico, quello di Il terzo uomo) — un capolavoro come Othello: dove basterebbe il puzzle delle location (Venezia e Viterbo, Es- saouira in Marocco e Tuscania) a dire la complessità della costru- zione intellettuale e fisica che era nella testa di Welles. Il montag- gio che Welles ha snobbato a favore del meraviglioso, stupefacen- te piano sequenza che apre L’infernale Quinlan. Il montaggio (af- fidato ad altri) che mentre Welles viveva la travagliata e a momen- ti tragica lavorazione di It’s All Truein Brasile, nel 1942, sconvolge- va L’orgoglio degli Amberson e sanciva la sua separazione da SUL SET Hollywood, dove pure era stato accolto solo un anno prima come il ragazzo prodigio che In questa pagina in alto, conquistava a passo di corsa il mondo del cinema con lo stupefacente monumento al- storyboard dell’incontro l’invenzione che è Quarto potere. E il montaggio che, nel suo film più fantasioso e più fol- tra Kane e Susan le, F for Fake, consente all’autore, narratore, demiurgo Orson Welles di incantare lo spet- in Citizen Kane; tatore con magie, imbrogli, frodi, menzogne, divertimento: un film in cui, sotto il segno qui sopra, Welles sul set dell’ironia, ricama sul tema del rapporto tra l’arte e la creazione artistica, tra il vero e il fal- di La ricotta so, tra la realtà e l’invenzione — che nel mondo di Orson Welles si confondono e intrec- di Pier Paolo Pasolini del 1962 ciano nel più straordinario corpus cinematografico della storia.

Repubblica Nazionale DOMENICA 20 GENNAIO 2008 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 39

Da sinistra, appunti sparsi su Jangadeiros; un adattamento del Macbeth di Shakespeare; uno schizzo per il titolo di una sceneggiatura di Othello. Nella foto grande, Welles sul set di Citizen Kane accanto alla copertina del libro Orson Welles at Work

L’opera In quei taccuini l’ansia del genio

AMBRA SOMASCHINI ceneggiature, copioni, con- tratti, promemoria, lettere, Scarteggi, modelli, diari, agen- de di lavorazione, resoconti delle produzioni cinematografiche, ap- punti presi su taccuini e quaderni ma anche su pacchetti di sigarette, su biglietti di cinema e teatro di- menticati nelle tasche dei panta- loni. La storia di Orson Welles — «Public Energy Number One», lo definiva la stampa di allora —, della sua versatilità, dei suoi ma- trimoni, del suo esilio in Europa, della sua genialità è stata rico- struita attraverso centinaia di fogli scritti, disegnati, scaraboc- chiati, sottolineati, pagine- frammenti della sua creatività: i guizzi e la rabbia sul set, la voce poli- morfa imprestata al cinema, alla radio, alla tv, il suo «costantly evolving project», progetto costantemente in evoluzione. Tutto in Orson Welles at work di Jean- Pierre Berthomé e François Thomas (Phaidon Press Limited, 69,95 euro, 320 pagine, nelle librerie inglesi e italiane da martedì prossimo). I due specialisti wellesiani — Berthomé insegna cinema- tografia all’Università di Ren- ne 2, Thomas a Parigi 3 — han- no lavorato insieme per anni setacciando una montagna di materiale negli archivi euro- pei e americani: «Welles è sta- to capace di costruire una car- riera sul rifiuto di distinguere tra alta e bassa cultura, tra arte e intrattenimento. È stato questo che lo ha fatto passare con estrema facilità da Shake- speare alle farse, alle detective stories». Uno slalom destinato a soddisfare i gusti degli altri e testimoniato da ventimila do- cumenti messi insieme dal 1937 al 1949. Quelli dell’archi- vio del Mercury Theatre — so- cietà di produzione nata come compagnia teatrale creata da Welles — depositato alla Lilly Library dell’Università dell’In- diana e custodito da Richard Wilson, fedele collaboratore di Welles. Altre testi- monianze arrivano dalla Cinemateca di Monaco, dove Oja Kodar, vedova dell’ar- tista, ha lasciato gli elementi degli ultimi film e di quelli incompiuti. Più di quattrocento illustrazioni, foto scattate sul set, nelle location, story- board, riproduzioni delle sceneggiature. C’è tutto quello che volevate sapere su The Lady from Shanghai, dalla rivoluzio- ne nei capelli improvvisamente corti e ossigenati di Rita Hayworth, diventata celebre per la chioma rossa di Gilda, al- l’allestimento della galleria degli specchi infranti; sul magico bianco e nero di The Trial, Il processo tratto da Kafka; e poi Macbeth, Quarto potere, L’orgoglio degli Amberson, L’Infernale Quinlan, e natu- ralmente Othello. L’arte, i film, i corto- metraggi, i lavori rimasti a metà, i pro- grammi per la tv, le discussioni, i budget, soprattutto l’estrema rapidità con cui ri- vitalizzava, energizzava, reinventava la cinematografia della Hollywood anni Quaranta. «Stargli dietro era un’impresa — raccontano gli autori nell’introduzio- ne — le sue caratteristiche erano soprat- tutto iperattività e turbolenza». «Usava un metodo infallibile — spiega Claudine Paquot, editore dei Cahiers du cinèma e curatrice del libro — piegava chiunque alla sua visione del mondo e ai suoi pro- getti, che erano quasi sempre da speri- mentare». FOTO ERNEST BACHRACH /GETTY

Repubblica Nazionale 40 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 20 GENNAIO 2008 i sapori Cinquant’anni fa nasceva negli Usa la specialità simbolo Fast food di “Burger King” ormai conosciuta e codificata in tutto il mondo. Da noi già allora era chiamata semplicemente “svizzera”, ma nessuno aveva pensato di trasformarla in un rapido pasto completo. Oggi gli chef la rivisitano in chiave gourmand, senza obbligo di mangiarla in fretta

Pane Carne Insalata Salsa Consistenza morbida e fragrante Trito grossolano di carne di manzo La lattuga croccante può essere Le tre salse-base sono maionese, per il panino ideale. La miscela tiepida per la ricetta originale – in alternativa, arricchita (o sostituita) da foglie ketchup e senape, in proporzioni di latte, acqua, burro e lievito si utilizzano tonno, pollo, maiale di spinaci appena scottati, fettine variabili. La maionese può essere va impastata con farina manitoba, e seitan (vegetariano) – a cui mischiare di cipolla, pomodoro, cetriolo, arricchita con giardiniera di verdure, zucchero, sale e un uovo. Doppia estratto di carne e rosso d’uovo, aglio ma anche funghi, peperoni, ed erbe cipolla e aglio tritati finissimi, lievitazione prima di infornare e cipolla, salsa di soia, Worcestershire aromatiche come basilico, prezzemolo più una vinaigrette fatta con olio, A piacere semi di sesamo o papavero Può essere cotto alla griglia o fritto e origano. D’obbligo le patatine fritte aceto bianco, zucchero, sale e pepe Hamburger La carne al tempo del Global

LICIA GRANELLO mente ugualitario. E siccome, nel passaggio dalla modalità ca- salinga a quella industriale, la qualità com- inquant’anni di hamburger, una plessiva era destinata a subire progressivi as- montagna di carne alta fino al sestamenti al ribasso, ecco comparire insieme cielo. ai panini dolci, salse, formaggi, e qualsiasi altro Fino alla codificazione della ri- elemento in grado di coprire in qualche modo cetta, standardizzata e ripropo- i difetti del super-sandwich ordinato-cotto-e- sta in migliaia di fast-food in tut- mangiato. Peccato che in questo modo si siano Cto il mondo, per noi era semplicemente la assommati errori a errori, perché i cosiddetti “svizzera”, polpetta più o meno aromatizzata “toppings” fanno impennare calorie e coleste- pressata e ricomposta in un di- rolo (vedi il film Supersize me e le schetto goloso. Il tempo di snu- decine di “class action” condotte darla dalla carta di macelleria, e da associazioni di consumatori), via sulla bistecchiera, a finalizza- IL COMPLEANNO mentre la produzione elefantia- re una pietanza virtuosa per ec- ca ha generato pesanti guai socia- cellenza. Intanto, perché a ridot- Compie cinquant’anni il Whopper, l’hamburger li e ambientali, come ben testi- ta quantità di grassi, riservati al monia Eric Schlosser nel suo li- condimento delle verdure a con- simbolo della catena americana “Burger King” bro-inchiesta Fast food nation. torno: su tutte le patatine fritte, Ma per fortuna, non di soli fast- passaporto imprescindibile per Oltre undici milioni di clienti al giorno in settanta paesi, food vive l’uomo, anche quello conquistare i piccini. E poi, per- con pochi soldi in tasca. Così, ne- ché l’assemblaggio di carni maci- quasi due miliardi e mezzo di dollari di fatturato gli anni sono nati luoghi del buon nate la rendeva scopertamente hamburger, dove con pochi euro economica, alter ego più che di- per l’avversaria storica di McDonald’s, che ha scelto si può godere di un piatto sano, gnitoso di arrosti e fettine. appetitoso e perfino goloso, vedi L’hamburger non è arrivato di improntare la sua offerta sull’“Have it your way”, i “Fast Good” ideati da Ferran dopo, ci ha semplicemente so- Adrià in Spagna (5,50 euro il prez- praffatto. L’etimologia delle due a modo vostro. Oltre alle ricette codificate, infatti, zo di un Italian-burger), il londi- parole, infatti, è parallela: le stes- nese “Hachè”, “Burger Joint” a se bistecchine di carne tritata si possono scegliere i vari ingredienti con cui farcire New York, o la “Boulangepicier” consumate a bordo delle navi te- di Parigi. Poi ci sono gli hambur- desche della flotta “Hamburg li- l’hamburger. Per festeggiare il mezzo secolo di vita, ger d’autore, spesso declinati in nes” sulla tratta Europa-Ameri- versione ittica: quello di calama- ca-Europa, venivano cucinate concorsi e premi in tutto il mondo ri, con cui il friulano Emanuele anche nelle baracche degli emi- Scarello serve gli gnocchi al vino granti in Svizzera. Semplicemen- bianco con ricci, quello di scam- te, nessuno aveva ancora pensa- pi di Gaetano Trovato a Colle Val to di trasformarle in un pasto d’Elsa, l’hamburger di triglia con completo, rapido, a basso costo, riproducibi- finocchi e salsa wasabi di Mauro Uliassi. le in maniera diabolicamente esatta in qual- Se volete affrontare un’esperienza fai-da-te, siasi parte del globo, in qualsiasi momento partite dalla carne. Non conta che sia di parti dell’anno. nobili: benissimo raschiatura di muscolo, Quando, nel secondo dopoguerra, il vendi- quarto anteriore, codone. Ma se la mucca è tore di frullatori Ray Kroc e i fratelli McDonald stata mal allevata, il vostro hamburger non aprirono le porte dei primi colorati, asettici, varrà nulla. Allora, meglio il seitan vegetale, nuovissimi locali, fu una rivoluzione: la svizze- chiuso tra due metà di un buon panino al lat- ra uscì dai menù quotidiani di case, scuole, te, arricchito da una fetta di fontina stagiona- ospedali, mense, per diventare, opportuna- ta, due ciuffi di valeriana, un cucchiaino di mente ritoccata, il simbolo stesso del nuovo maionese senapata. E nessun obbligo di man- ordine alimentare: rapido, economico, banal- giarlo in fretta.

Uova & champagne Tartufo & parmigiano Rucola e gorgonzola Manzo giapponese alla birra Il padre della nuova cucina francese Sontuoso, il DB Royale double truffle Da Madrid a Valencia, nei Fast Good Il talentuoso Reiner Becker, Paul Bocuse spadella le uova burger, messo a punto da Daniel aperti dal superchef catalano Ferran chef-patron del londinese Zuma nello champagne in lieve ebollizione, Bouloud, celebre chef francese Adrià si gustano cinque varietà a Knightsbridge, firma il suo lasciando il tuorlo morbidissimo con ristoranti a New York. All’interno, di hamburger, preparati con carne hamburger con la carne tenerissima e riducendo il liquido di cottura carne brasata, foie gras, verdure biologica e pane fresco. A scelta, e gustosa di wagyu (kobe), il mitico con poca crema di latte. Uova e salsa e tartufo nero. Si serve appoggiato lattuga, rucola, pomodori, gorgonzola, manzo giapponese allevato con cura decorano l’hamburger alla piastra su una fetta di parmigiano grigliato salsa chimichurri, menta, pesto d’olive assoluta e massaggiato con la birra

Repubblica Nazionale DOMENICA 20 GENNAIO 2008 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 41

Verbania Morgano (Tv) Parma

In un delizioso Figlio Nella città simbolo relais-ristorante di commerciante della Food Valley, itinerari affacciato di carni, Ivano Marco Parizzi Bergamasco sul bel lago Mestriner dedica un piatto di Mergozzo, ha messo a punto alle consistenze trapiantato nell’alto Piemonte, la sapienza di della carne: cubetti, lo chef Marco Sacco famiglia, elaborando tartare, fettine, nella pianura realizza nel suo locale ricette macinatura cremonese, un hamburger nuove da tagli Per l’hamburger, originale: trota marmorata marinata e affumicata, tradizionali e dimenticati, come nell’hamburger senape, fontina, insalata, pomodoro e carne Franco Cazzamali cipolle in tempura di farina di riso e maionese di animelle con uovo cotto a bassa temperatura dell’allevatore Paolo Parisi è uno dei più DOVE DORMIRE DOVE DORMIRE DOVE DORMIRE prestigiosi SANT’ANNA RELAIS VILLA ANNAMARIA LA PILOTTA ROOM & BREAKFAST Via Sant’Anna 65 Via Cavour 12, località Istrana Via Garibaldi 31 e appassionati esperti Tel. 0323-556086 Tel. 0422-832688 Tel. 0521-281415 di carne, dal primo Camera doppia da 115 euro, senza colazione Camera doppia da 80 euro, colazione inclusa Camera doppia da 90 euro, colazione inclusa al quinto quarto (ovvero DOVE MANGIARE DOVE MANGIARE DOVE MANGIARE PICCOLO LAGO (con camere) DAL VERO PARIZZI le frattaglie). È consulente Via Filippo Turati 87, località Mergozzo Piazza Indipendenza 4, frazione Badoere Strada della Repubblica 71 di Slow Food e “artigiano Tel. 0323-586792 Tel. 0422-739614 Tel. 0521-285952 del cuore” di alcuni Chiuso lunedì, menù da 50 euro Chiuso lunedì, menù da 40 euro Chiuso lunedì, menù da 50 euro DOVE COMPRARE DOVE COMPRARE DOVE COMPRARE fra i migliori chef italiani MACELLERIA LA MONFERRINA MACELLERIA BONETTO MACELLERIA BRIANTI Piazza Giovanni XXIII 21 Piazza Baratella 13, Loreggia Via Solferino 7, Fornovo Taro Tel. 0323-556639 Tel. 049-9302205 Tel. 0525-2258

Una polpetta planetaria sintesi perfetta d’America

VITTORIO ZUCCONI WASHINGTON

u il giorno 31 del gennaio 1990, quando la grande “M” gialla del primo McDonald’s a Mosca si illuminò sotto gli occhi di Aleksander Pushkin in quella che ancora si chia- mava Unione Sovietica, che la Guerra fredda finì davve- roF e la supremazia globale degli Stati Uniti d’America ebbe la propria celebrazione, fritta con patatine. Decenni di confronto sul limitare dell’annientamento nucleare, si dissolsero come il grasso delle pol- pette di manzo tritato sulla piastra arroventata di quel ristorante in piazza Pushkin che servì trentamila moscoviti in dieci ore. «Mi sem- bra di essere in America», sospirò sognante una ragazza russa al te- legiornale della rete Abc. Se la globalizzazione del cibo ha ormai diluito i confini geografici delle cucine nazionali e si consumano pizze in Nigeria e sushi a Tra- stevere, la polpetta di misteriose frattaglie di bovino in mezzo a un panino è la sintesi perfetta e inconfondibile della nazione che l’ha inventata. La pizza non è da tempo più italiana. L’hamburger, a di- spetto dell’origine nel porto anseatico, resta America. Le tre catene principali di fast food nel mondo, la McDonald’s di Chicago, la Bur- ger King di Miami e la Wendy’s dell’Ohio, alzano la propria bandie- ra in centotrentotto nazioni del mondo, con cinquantamila risto- ranti complessivi, in un’invasione culturale che terrorizza i tradi- zionalisti che la subiscono come l’avanguardia dell’acculturazione consumista e secolarista. «Chi mangia un hamburger non va in guer- ra contro l’America», sostenne, un po’ ottimisticamente, Thomas Friedman. Era stata una piccola, maliziosa rivincita degli dei, fin troppo ge- nerosi con l’America, se questa terra era stata inizialmente coloniz- zata dai figli delle peggiori gastronomie europee: inglesi, tedeschi, irlandesi. Ma la vendetta della potenza americana sul mondo, che le aveva inflitto il peggio dei propri cibi, è stata terribile. Lo squal- lido hamburger ha raggiunto ogni angolo della terra, perché, co- me avrebbe detto del napalm il colonnello Bill Kilgore di Apo- calypse Now, sa di America. Della nazione che rappresenta ha tutte le caratteristiche fondamentali e costituenti. È fast, rapi- do, portatile, mobile, comodo e modulare. Tra i due emisferi di pane, come nei leggendari sandwich che Nonna Papera preparava per i nipotini pennuti, si possono montare piani successivi di carne trita, formaggio finto, foglie di lattuga a pia- cere, limitati soltanto dall’apertura delle mandibole e dal de- siderio di foderarsi le arterie di grassi. L’hamburger è standardizzato, esattamente come le stanze d’albergo delle grandi catene di hotel e di motel americani, indistinguibili le une dalle altre: un momen- to di rassicurazione e di conforto per il viaggiatore ame- ricano, che può illudersi di non essersi mai mosso da casa. Come le benzine, i detersivi, i decongestionanti nasali, le pomate antiprurito, non presenta impor- tanti e decisive differenze, dunque si presta magnifi- camente alla vera, insuperabile industria americana della differenziazione immaginaria che è il marke- ting. Attorno a polpette dei brandelli strappati con lo “stripping” alle carcasse spolpate delle parti migliori, la creatività dei pubblicitari e dei “marketeers” si deve sbizzarrire, perché dal successo o dal fallimento di una campagna di promozione, di un pupazzetto associato, di un personaggio cinematografico, dipendono le vendi- te. Sono Batman o l’Uomo Ragno o le automobiline di Cars che vendono i panini, non quello che c’è dentro i panini. È la traduzione dei meccanismi di produzione in serie, dal- le officine di Henry Ford alle cucine, la “taylorizzazione” del nutrimento. Non occorrono cuochi, bastano un adolescente im- branato o una immigrata salvadoregna in grado di seguire istruzio- ni elementari per cuocerlo e creare l’illusione della “personalizza- zione” con una fetta di cipolla in più o in meno, come spoiler appic- cicati ad auto identiche. È ripetibile all’infinito e non c’è nulla, dalle catene che sfornano le polpette alle friggitrici per le patatine, che un robot non potrebbe fare. Crea, come un film western, una sensazio- ne di pienezza che si dissolve rapidamente e crea il desiderio di con- sumarne un altro, la “dipendenza”. Presenta margini di profitto im- mensi, al punto di potere essere venduto anche a 99 centesimi di dol- laro, 70 centesimi di euro. E permette agli ecologisti, agli anticapita- listi, agli antiamericani in tutto il mondo, dai sacerdoti del “cibo len- to” ai difensori degli Indios amazzonici, di avere un comodo, soffi- ce, economico e soprattutto universale bersaglio da attaccare per denunciare le infamie dell’imperialismo fritto. In fondo hanno ragione, perché l’hamburger è arrivato dove nep- pure i marines possono immaginare di piantare la bandiera. Nel LA CURIOSITÀ 1972, quando Richard Nixon s’imbarcò sull’Air Force One per tor- L’americano Homaro Cantu, chef tecnologico nare a casa dopo giorni di banchetti ufficiali nella Città Proibita di e visionario del ristorante Moto, Chicago, , il Servizio segreto e l’Aviazione militare fecero trovare a lui, ha ideato l’hamburger in fotocopia: al suo staff e ai giornalisti, un carico di hamburger. Sull’aereo scop- una volta cotto e fotografato, piò un’ovazione e il Presidente in persona annunciò dagli altopar- la stampa avviene su carta commestibile lanti, prima ancora che il carrello si staccasse dalla pista: «Bentor- Aromi polverizzati di carne, salse e verdure, nati in America, boys». La ragazza di piazza Pushkin, trent’anni più fatti aderire all’ostia, assicurano profumo tardi, avrebbe capito. e un ricordo di sapore

Repubblica Nazionale 42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 20 GENNAIO 2008 le tendenze L’ombrello è un classico, ma gli stivali waterproof Accessori di stagione e i tessuti tecno hanno cambiato il look di pedoni e centauri quotidianamente in corsa nelle nostre “bagnate” città. Il maltempo non ci obbliga più a indossare pesanti scafandri per affrontare la giornata. Ecco i capi giusti per restare asciutti

GIOVANI GUERRIERE ELEGANZA DARK SCULTURA LUCENTE Per rallegrare le giornate di pioggia La maison degli impermeabili Rigida e lucidissima, la Marni Sculpture una borsa fumetto di Redwall. Si chiama per eccellenza, l’inglese Burberry, Bag è realizzata unendo due tagli Shopper Wonder Woman ed è in nylon questa volta propone un ombrello nero di vernice glass. L’effetto ultra-shiny con una stampa di giovani guerriere e bianco che è leggero ed elegante si ottiene applicando una pellicola È disponibile anche in nero totale Attente a non perderlo impercettibile sul pellame Impermeabili alle docce d’inverno

DA NOTARE BIANCO LATTE IRENE MARIA SCALISE Impermeabile In uno sgargiante Allegri in elegante èin tutti i film che si rispettano. Sottile e toccante, come rosso fuoco bianco latte una nota vagamente dolorosa. Offre il meglio di sé nel- l’impermeabile Aviator le pellicole in bianco e nero. Amatissima da autori del Sealup per la donna è realizzato calibro di Abbas Kiarostami e Krzysztof Kieslowski, la che vuole farsi notare in poliestere pioggia, nella sua trasparenza cristallina, è regolar- anche nelle giornate impermeabile mente immortalata nelle scene memorabili. E le attrici, più grigie. Motivo trattato. Perfetto comeC’ per incanto, ne risultano imbellite. Saranno quegli impermeabili decor sulla cintura da giorno elegantissimi, quei capelli umidi che donano un’aria sbarazzina e sen- e sulle maniche e da sera suale. Peccato che la vita quotidiana sia un’altra cosa. E in questa “stagio- ne di mezzo”, che è sempre più umida e grigia, attrezzarsi non è facile. Si esce la mattina con una scarpa leggera e si rischia di buttarla la sera dopo essersi “scontrati” con una precipitazione dagli eccessi tropicali. I bam- bini arrivano a casa con l’influenza perché l’acquazzone li ha sorpresi, ma- gari, con la sola felpa. Per non parlare di chi gira in motocicletta: evita il traffico cittadino ma è naturalmente esposto alle intemperie. La doccia improvvisa alla fermata del bus non risparmia nessuno. Per for- tuna le case di moda si sono da tempo organizzate per offrire soluzioni adat- te a quasi tutte le esigenze. Gli stivali di plastica, meglio noti come calosce, non sono più freddi e puntivi come quelli dei pescatori ma hanno colori al- legri, interni imbottiti e rappresentano una valida alternativa alle scarpe con la suola. Gli stivali tradizionali sono realizzati con pelli trattate con speciali prodotti che non temono fango e pozzanghere. E poi c’è sempre l’imper- meabile. Intramontabile e chic, il trench, è tornato prepotentemente di mo- da. In cotone o in acetato, in seta o in tela vela, detta di nuovo le regole. La tentazione, casomai, è di indossarlo anche quando fuori c’è il sole. I mate- riali delle borse hanno fatto il classico salto in avanti. Lucide come carte di cioccolatini, le bag del 2008 non temono l’umidità e abbinano il glamour al- la praticità. E tale è stato l’indice di gradimento dei tessuti waterproof che non pochi stilisti hanno deciso di utilizzarli anche per gli abiti. SPLASH A questo punto, se la temperatura lo consente, si può pensare di affron- Per proteggere tare il diluvio con eleganza, e anche senza giacca. Vezzosi e irregolari sono i W LA PRATICITÀ i bimbi nei giorni berretti e le cloche proposti nelle vetrine. Spesso in colori sgargianti, dona- Brema ha creato di pioggia, Chicco no al viso quella luce che manca nelle giornate più buie. Accessori spiritosi, una moda bimbo ha creato Xplò, come ombrelli, foulard e guanti, compongono il resto del look a prova di bella e pratica giacche colorate pioggia. Così si arriva in ufficio asciutte e con la dignità salva. Stesse buone Fa parte dal peso piuma notizie per gli uomini. Impermeabili, stivali dal taglio sportivo e pantaloni della nuova linea che riparano in tessuti idrorepellenti assicurano vita facile anche con le piogge estreme. il giacchino color dall’acqua Ma i più felici dei nuovi ritrovati della tecno-moda sono i bambini. Fi- polvere con quattro nalmente, grazie a scarponcini allegri e caldi che preservano dal rischio in- tasche e cappuccio fluenza, affondare i piedi nelle pozzanghere non è più una chimera. Le giacche antipioggia sono leggere, non fanno sudare come i cappotti e per- mettono di liberarsi dagli insopportabili ombrelli, detestati dagli under dieci. Cappelli e guanti in tessuti impermeabili sono piacevoli da vedere e da toccare. E gli zaini di ultima generazione consentono di preservare li- bri e astucci da rovesci imprevisti. Inutile negarlo, tranne che per i tempe- ramenti più malinconici e per i registi d’alta scuola, una giornata di sole è meglio di un temporale. Ma si può affrontare la pioggia con un altro spiri- to. E, soprattutto, con un altro look.

AMAZZONE BARBARELLA ANIMALIER BRILLANTI Sono a metà Allegro, divertente Il motivo moda Sono chic e dal brillante colore giallo tra lo stile e ispirato dell’animalier acido e azzurro petrolio le calosce da pioggia alla mitica appare proposte da Pucci. Il bordino e quello Barbarella nello stivale fantasia le rende inimitabili da amazzone degli anni da pioggia Da indossare anche con il sole gli eleganti stivali Sessanta firmato Casadei di Chanel. Perfetti È lo stivale rosso Il bordo per i pantaloni, lucente di Alberto è in morbida offriranno un look Guardiani con zip pelliccia bianca “grintoso” nera e cinturini e una catenella se indossati doppi. Perfetto ne impreziosisce con una gonna per un’eleganza il disegno a pieghe senza tempo o un abito svasato

Repubblica Nazionale DOMENICA 20 GENNAIO 2008 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 43

MEGLIO IL CAPPELLO Per quelle che proprio l’ombrello non lo vogliono sentire

ILLUSTRAZIONE GRUAU, 1965 nominare, ecco il cappello in tessuto impermeabile di Nannini come valida alternativa È candido, Vestiti per illuminare il viso dapioggia

QUESTIONE DI COMODITÀ Ombrello arancio per Roncato Piccolo, leggero, con un manico ergonomico per garantire una salda presa. È dotato di chiusura in velcro e bustina copri ombrello

C’erano una volta fango e tempeste oggi viviamo in gusci climatizzati

LUCA MERCALLI

er rendersi conto di come la pioggia condizionava i viaggi degli uomini fino a un centi- naio di anni fa si possono leggere le ottocentesche Novelle lombarde di Avancinio Avan- Pcini: «La pioggia cadeva a catinelle: il somaro sdrucciolava lungo i sentieruzzi umidi ed i due uomini si avvilupparono entro il mantello… Ecco arrivar lentamente, con un malinconi- co fracasso di sonagliere, il carro del mugnaio. Le ruote, passando, schizzavano mota a cin- que passi di lontananza. Egli teneva aperto dinanzi a sé un largo parapioggia per evitar che l’acqua gli battesse in viso. Con la destra reggeva le redini bagnate. La pioggia seguitava a ca- dere monotona, insistente, noiosa. Pareva che il cielo si sfasciasse come cera o come ghiac- cio. Un diluvio… E frattanto le gambe affondavano entro il fango, le scarpe si facevano pe- santi, gli abiti si appiccicavano alle membra». Fango ovunque, strade impraticabili, calzature sommarie, abiti inzuppati. Mantelli di lana grezza, cappucci e cappelli di varia foggia hanno cercato di ridurre il disagio dell’inclemenza at- mosferica fino alla diffusione popolare del parapioggia attorno alla fine del Settecento, come in- segna il singolare Museo dell’ombrello di Gignese, sul lago Maggiore, non a caso una località pio- vosa. Ma ancora fino a una ventina d’anni fa c’è sempre stato nelle famiglie il rituale dell’imper- meabile, la preoccupazione di bagnarsi per strada, la raccomandazione della mamma: «Copriti bene e prendi l’ombrello». Oggi il vestire sembra vieppiù svincolato dalla meteorologia: l’ombe- lico è scoperto a luglio come a gennaio, impermeabili e mantelle sono rari a vedersi, gli stivali di gomma pressoché estinti, spesso si esce con i tacchi a spillo anche sotto l’acqua. Cosa è succes- so? È un segnale del cambiamento climatico? Non così evidente come sembrerebbe. È vero che fa più caldo rispetto a cent’anni fa, e ciò può aver influito sul minor uso di colbacchi e loden, ma quanto alla pioggia le variazioni sono minime e molto irregolari a seconda delle località. A livello nazionale, il Cnr-Isac stima che le piogge siano diminuite nell’ultimo secolo di circa il cinque per cento, un valore troppo basso per influire sulle abitudini quotidiane. Piuttosto attri- buirei questa destagionalizzazione dell’abito, sempre più omogeneo e sempre meno legato a dif- ferenze geografiche e climatiche, all’artificializzazione del nostro territorio. Ormai ci si sveglia in una casa dal clima artificiale, si prende l’ascensore e si scende in gara- ge per infilarsi in un’automobile dove con la pressione di un dito si regola la temperatura se- condo i propri gusti, si raggiunge un altro garage, si prende un altro ascensore e ci si siede in un ufficio dal clima controllato. Oppure si prende la metropolitana e si va in un negozio, in un ipermercato, in un cinema. Ovunque, soprattutto nelle grandi città, il freddo dell’inverno e il caldo dell’estate sono neutralizzati dalle macchine e da un continuo fiotto di costosa energia. Il tempo nel quale veniamo a contatto con i fenomeni atmosferici del pianeta terra è sempre più breve, ridotto a poche manciate di minuti, ci si può anche prendere due gocce di pioggia o una folata d’aria gelida, tanto c’è sempre una porta dove imbucarsi e ritrovare il bozzolo pro- tettivo della tecnologia. Tutto ciò può sembrare molto comodo, ma se si abusa ci si impoverisce e ci si indebolisce. Siamo più poveri di esperienze sensoriali, le variazioni meteorologiche sono una parte im- portante della nostra vita e della percezione del mondo, annullarle così è come scegliere di vi- vere in una campana di vetro e guardar fuori un mondo sempre più estraneo e irreale. Siamo più deboli perché diventiamo dipendenti da un sistema energetico e tecnologico che non è detto si possa mantenere per sempre, e non siamo quindi più pronti ad accettare quei sem- plici gesti, quella preparazione psicologica al cambiamento che era anche solo la scelta del- l’abito in funzione del tempo. Chissà se l’evoluzione sociale e biologica premierà queste no- stre scelte? C’è un abito per ogni tempo e paradossalmente anche l’ipersemplificazione del- l’abito sussidiata dall’energia fossile contribuirà a cambiare il clima.

FORMATO TASCABILE Sono veramente minimal gli ombrellini tascabili di Piquadro. Nei classici bianco e nero, con comodo manico, possono stare ovunque

JUNIOR TAVOLOZZA Davvero peccato Stivale in gomma non poter dalla fantasia tornare bambini geometrica per indossare, per Lofu. I disegni le calosce di D&G dai colori tenui, junior. Con i lacci dal rosa al beige, incrociati ricordano e la calda una tavolozza imbottitura da pittura sono adatte con cui divertirsi per tutti i tipi nei grigi di pozzanghere giorni invernali

Repubblica Nazionale 44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 20 GENNAIO 2008 l’incontro Stelle evergreen Oggi i ragazzi lo conoscono come il padre di Angelina Jolie ma lui è una leggenda di Hollywood: alcuni film mitici da protagonista e infinite parti costruite col cesello del caratterista- Jon Voight perfezionista Fino a quella recente di un vescovo mormone che istiga al massacro “Volevo che diventasse il manifesto di ogni fanatismo religioso, di ogni bluff politico, una cosa capace di smascherare la nostra brutalità animale”

MARIO SERENELLINI litica e nel destino dei popoli, sugli bene: volevo che diventasse il manife- con i tuoi abiti da cowboy? John Wayne Bertrand, e il padre peggiora la situa- estremismi fondamentalisti e le violen- sto d’ogni fanatismo religioso, d’ogni era pederasta?”. “Parli come un pre- zione dichiarando in tv, anni fa, che la MONTREAL ze che provocano. Tutte le religioni che bluff politico. Io, cattolico, sono stato te...”. Sul set Schlesinger era un perfe- figlia è psicolabile, un po’ per causa sua. hanno oggi potere e largo seguito do- coinvolto in modo inatteso da questa zionista, non tanto nella tecnica quan- Terza, prossima puntata: riconciliazio- è un altro 11 settem- vrebbero fare un esame di coscienza, pellicola, per il sorprendente riverbero to nella sensibilità. Talvolta, davanti ne, dopo la morte della madre avvenu- bre in America. Risale voltarsi a guardare le scie di sangue che che ha sull’epoca attuale. Tra tutti i film agli ostacoli, noi uomini miglioriamo le ta lo scorso gennaio. Voight, ora legato al 1857, un secolo e si lasciano alle spalle e fare di tutto per che ho interpretato, direi che Septem- nostre capacità. Principio che vale più alla cantante Diana Ross, non nascon- mezzo fa. Un altro ag- non ripetere i gravi errori del passato. ber Dawn e Un tranquillo week-end di che mai sui set. I frequenti dubbi di Sch- de i suoi andirivieni sentimentali: «Le C’guato, un’altra strage. Un primo blitz di Gente innocente veniva uccisa nel no- paura, altro capitolo della nostra bru- lesinger avevano spinto Dustin e me a donne sono state la calamita della mia sopraffazione a tradimento, maschera- me di Dio secoli fa e continua a essere talità animale, uscito ormai trentacin- dare di più, in una sana gara a chi farà vita. Ho avuto due mogli (la prima, Lau- to da credo religioso, anzi, da diktat di- uccisa nel nome di Dio oggi». que anni fa, sono i due che meglio fan- meglio. C’è una sequenza che rimane la rie Peters, l’ho conosciuta nel 1961 a vino. Siamo sulle Mountain Meadows, Abituato a lavorare con grandi regi- no da cassa di risonanza ai mali che og- mia preferita, non solo in questo film Broadway sulle scene del musical The nello Utah, territorio mormone. Intere sti, da John Schlesinger a Martin Ritt, da gi ci attanagliano». ma forse nella totalità di quelli che ho Sound of Music) e innumerevoli amori. famiglie, stipate dentro una lunga caro- John Boorman a Francis Ford Coppola, E Un uomo da marciapiede? «È una girato e che ho visto da spettatore. È Curioso: nel cinema mi ricordate per vana, vacillante grattacielo orizzontale anche stavolta Voight ha selezionato gemma della mia carriera, grazie al re- quando Dustin e io, grandi amici, ci Un uomo da marciapiede, dove sono in viaggio verso la California, sono assa- con attenzione il nuovo impegno tra le gista e a un partner come Dustin Hoff- battiamo, perché stiamo per prendere un prostituto, ma nella vita sono un de- lite e brutalmente sterminate dagli “il- molte proposte che continuano a arri- man. Schlesinger aveva un innato sen- decisioni opposte. Un conflitto ele- voto esclusivo della donna. È un pecca- luminati”, i mormoni padroni, scatena- vargli, a sessantanove anni, sia dal ci- se of humour. Molti dialoghi li abbia- mentare, che diventa la scintilla, l’eru- to ereditario: lo devo a mio padre cèko- ti «in the name of God» contro gli infe- nema che dalla tv: «In Usa è sempre più mo improvvisati insieme sul set, tipo zione che illumina tutto quanto finora americano, campione di golf, fisico deli, diavoli incarnati. Le verdi alture difficile realizzare film come questo, quello tra me e Dustin: “Curioso, non ti non era stato detto, che ciascuno aveva atletico e sguardo leale, che del cinema dello Utah s’arrossano del sangue di dove si obbliga il pubblico a guardare in ho mai visto una volta cambiare gli tenuto per sé. Un colpo di bacchetta faceva polpette, non perdendo mai 137 coloni, di cui 17 bambini, 22 donne, faccia la realtà. Hollywood sforna or- slip”. “E tu, com’è che conquisti tutti magica ma anche un passaggio di gran- l’occasione di parodiare qualche scena 13 vecchi: 137 pionieri il cui “American mai quasi unicamente film-pop-corn o de complessità, costato a Schlesinger epocale. Da lui mi viene una certa incli- Dream” s’è spezzato in massacro, l’11 supergiocattoli in celluloide, costruiti due notti insonni e incontri sfiancanti nazione all’istrionismo, al divertisse- settembre 1857, prima data sicura di al computer, tutta tecnologia e effetti È vero, sono stato con lo sceneggiatore. È una sequenza ment, anche tra le lenzuola: all’Univer- un’azione di terrorismo religioso sul speciali. Una situazione produttiva che perfetta perché scioglie in un attimo un sità Cattolica di Washington, dov’ero suolo degli Stati Uniti. Indignato da rende immediatamente ardite, ma an- Lord Croft intreccio aggrovigliato e restituisce in- stato spedito per ricevere un’educazio- quella storica carneficina (di cui si trova che all’antica, opere di sia pur larvata tera, ai due personaggi, la loro perso- ne esemplare, il migliore apprendista- traccia anche in Mark Twain, nel suo denuncia. Non a caso, negli Stati Uniti nalità». to è stato nel dormitorio delle ragazze, Roughing It), un film disseppellisce la hanno bollato September Dawn con la in “Tomb Raider”: Un solo dispiacere nella meraviglio- dov’ero di stanza ogni notte». vergogna, la faccia nascosta dell’Ameri- temuta “R”, il divieto ai minori». sa collezione di ruoli e registi del suo ci- Qualche amore sbagliato? «Uno, con ca on the road. S’intitola September Gli occhi d’azzurro felino, capelli uno dei ruoli nema: Qualcuno volò sul nido del cucu- Dustin Hoffman! È successo sul set di Dawn, l’ha diretto Christopher Cain d’argento, il sorriso che si apre subito al lo. «Avevo tempestato di telefonate il Tootsie, dove lui è travestito da donna. (Young Guns - Giovani pistole), che l’ha riso risvegliando l’espressione sorpre- più scemi che mi sono produttore Michael Douglas e il regista Era con altre sue pari, vere. Abbiamo presentato in prima in Canada, al XXXI sa, quasi infantile dei suoi primi film, Milos Forman. Per il ruolo di protago- cominciato a parlare, non l’avevo rico- Festival des Films du Monde di Mon- Voight, incoronato dal direttore del fe- mai capitati nista era stato in corsa anche il papà di nosciuto: in versione femminile non treal, accompagnato dal protagonista, stival di Montreal con il Grand Prix des Michael, Kirk Douglas. Non ce l’ho fat- era un granché, ma aveva una bella Jon Voight, convinto del valore di moni- Amériques alla carriera, è da tempo Ma solo perché ta, nonostante il mio assedio ostinato. energia, uno sguardo deciso. È stato lui to che può avere oggi quella pagina di una miracolosa stella evergreen del Il film non è male. E devo dire che nes- a un certo momento a scoprire le carte, storia insanguinata: «Quell’11 settem- made in Usa. Oggi è percepito dalle suno meglio di Jack Nicholson avrebbe cambiando voce di colpo: “Jon, sono bre di centocinquanta anni fa riguarda nuove generazioni soprattutto come mia figlia potuto interpretarlo». Dustin!”. È lì che, a parte l’imbarazzo tutti noi, alle prese con i fanatismi reli- papà di Angelina Jolie, ma è uno dei Sempre cavalleresco, ormai chiama- del momento, ho capito, o meglio, ho giosi che inquinano il mondo», s’accen- grandi di Hollywood, e dei più inossi- era la protagonista to a ricoprire soprattutto ruoli di pa- avuto la conferma che tra uomo e don- de l’attore: «Il film non è sui mormoni dabili. Antico bello a tutto schermo, triarca (persino, otto anni fa, il biblico na entra in ballo un flusso elettrico tut- ma sulle ideologie dell’intolleranza, quasi un Brad Pitt degli anni Sessanta- del film: Lara Croft Noè nella miniserie della Nbc Noah’s to speciale: anche quando la donna è sulle intrusioni della religione nella po- Settanta, da Un uomo da marciapiedea Ark), Voight continua a essere presente un uomo...». Un tranquillo week-end di paura, è, a tempo pieno sugli schermi. Segreta- nelle successive stagioni, un caratteri- rio alla Difesa nell’estivo Transformers,

sta perfezionista, dal Franklin D. Roo- sarà tra poco, con Nicolas Cage e Diane sevelt di Pearl Harbour al Wojtyla della Kruger, in National Treasure: Book of fiction Rai di due anni fa. Secrets e, a fianco di Edward Norton e Una carriera che sfiora il mezzo se- Colin Farrell, in Pride and Glory: «Un colo, tra cinema, teatro, tv, cadenzata dramma», anticipa, «girato nello spiri- da ripetute nomination agli Oscar — ol- to del cinema statunitense degli anni tre che per Un uomo da marciapiede, Settanta. Mi farà sentire più giovane», per A trenta secondi dalla finedi Andrei sorride. Riconosce gli alti e bassi, se non ‘‘ Konchalovsky, Alì di Michael Mann le montagne russe, d’una carriera co- (dov’era il giornalista sportivo) e Tor- munque invidiabile. Tra le cadute in- nando a casa di Hal Ashby, sua prima e gloriose, indica, ma con autoindulgen- per ora unica statuetta, dovuta al ritrat- za («vi ho preso parte perché ne era pro- to perfetto di reduce dal Vietnam para- tagonista mia figlia, nel ruolo di Lara lizzato alle gambe —, cui forse s’ag- Croft»), Tomb Raider: «Ero Lord Croft, giungerà September Dawn, dove Voi- uno dei ruoli più scemi che mi siano ght è il livido vescovo dei mormoni, in- mai capitati. E il film è quel che prima dotti al bagno di sangue da una sua pre- tacciavo di pop-corn. Anch’io ci sono dica infuocata, magistralmente per- cascato. Ma per debolezza paterna». suasiva, di inquietante anticipazione Sulle altre fragilità padre-figlia, che mediatica: «I had a dream... Ho fatto un l’han visto al centro d’una mini-soap- sogno...». «Non è un’invenzione della opera domestica, anch’essa pop-corn, sceneggiatura», precisa l’attore: «È un preferirebbe glissare. Riassunto delle testo che viene dal passato, è il discor- due puntate precedenti: Angelina de- so pronunciato alla vigilia del massacro testa il padre per le ripetute scappatel- di Mountain Meadows. Ci ho messo l’a- le fatte subire alla madre adorata, l’at- nima nel prepararlo, l’ho rosolato ben trice-produttrice francese Marcheline FOTO GETTY IMAGES ‘‘ Repubblica Nazionale