Triumph in Italy
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TRIUMPH IN ITALY www.TriumphInItaly.it Le molte vite della TR4, prima parte: TR4 e TR4A Di Aaron Severson Se cambi la carrozzeria di un’auto, poi dopo qualche anno cambi il telaio, dopo qualche altro anno sostituisci il motore e infine rinnovi ancora la carrozzeria, puoi dire che è rimasta sempre la stessa macchina? Questa è la domanda che si pone per la Triumph TR4 e le sue immediate eredi. Introdotta nel 1961 per rimpiazzare la TR3, la sportiva di successo della Standard-Triumph, la TR4, disegnata da Michelotti, era meno nuova di quanto il suo aspetto suggerisse; fu solo dopo altri otto anni e tre cambi di nome che divenne a tutti gli effetti una novità. In questa prima puntata, iniziamo ad esaminare la curiosa evoluzione della gamma TR, cominciando con le Triumph TR4 e TR4A degli anni 1961-1967. (Foto dell'autore) Le molte vite della TR4, prima parte: TR4 e TR4A 1 TRIUMPH IN ITALY www.TriumphInItaly.it LE TRIUMPH TR2 E TR3 La nascita della prima sportiva del dopoguerra della Triumph Motor Co. è una saga complicata che merita di essere esplorata più approfonditamente; limitiamoci qui a dire che, dopo parecchie false partenze, la Triumph TR2 fece il suo debutto al Salone di Ginevra nel Marzo 1953 e fu commercializzata più tardi nello stesso anno. Progettata con un budget molto risicato per i macchinari, la TR2 era una piccola auto goffa con telaio e freni non adeguatamente sviluppati, ma vantava un motore di 1.991 cc a 4 cilindri con albero a camme in testa (OHV) con una buona coppia, una versione con alesaggio ridotto del motore a canne umide di 2.088 cc adottato nella berlina Standard Vanguard e in alcuni trattori Ferguson (che la Ferguson, società madre della Triumph, produceva dal 1946). Le vendite furono subito incoraggianti e decollarono con l’arrivo della rinnovata TR3, che negli anni successivi fu migliorata con caratteristiche utili come le maniglie esterne delle portiere e i freni a disco anteriori, per la prima volta di serie su auto inglesi. La TR3 si dimostrò un solido successo commerciale, con una produzione che raggiunse circa 75.000 unità alla fine del 1962. La Triumph TR2. Da notare la griglia (modificata nella TR3 nel corso del 1955), parabrezza asportabile, le porte “cutaway”. Tra il 1953 e la fine del 1955 furono prodotte un totale di 8628 TR2. (Foto: “Triumph TR2 ” © 2008 Brian Snelson; modificata nel 2014 da Aaron Severson per nascondere la targa e utilizzata secondo la licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic con modifiche consentite dalla licenza stessa) La Triumph TR3 era un’auto che si potrebbe definire di un fascino particolare. Nella versione TR3A post-1957 era certamente più bella della TR2, ma difficilmente si poteva dire più gradevole di una MGA Mk1 o di una Austin-Healey 100, le sue principali rivali. Anche le “buone maniere” non erano Il contenuto di questo articolo è protetto dalla licenza definita a questo indirizzo : www.triumphinitaly.it/disclaimer.html 2 TRIUMPH IN ITALY www.TriumphInItaly.it tra le principali virtù della Triumph, a causa del livello di rumore, di una guida che si prendeva troppe confidenze, e di una protezione dalle intemperie ridicola. Il vero punto di forza della TR3 era nelle pure prestazioni. Il rapporto peso-potenza era vicino a quello della più costosa Austin- Healey e permetteva alla TR3 di umiliare auto sportive ben più care. Inoltre, la Triumph aveva consumi sorprendentemente ridotti ed era una bestia selvaggia che sopportava bene i maltrattamenti, caratteristica che si prestava bene all’uso in rally o in pista. La squadra corse Triumph accumulò una notevole serie di vittorie di classe nei Rally Europei e la TR3, sostenuta da una lunga lista di optional specifici per le competizioni, divenne molto popolare tra gentlemen drivers e piloti semiprofessionisti. Prodotta a partire da settembre1957, la Triumph TR3A era molto simile alla TR3 tranne che per la griglia più larga— ispirata dalla “Dream Car” di Michelotti presentata a Ginevra in quell’anno — e per le maniglie esterne alle portiere. (La sigla TR3A era usata ufficialmente, ma raramente adottata nel materiale pubblicitario o tecnico ufficiale dove era di solito pubblicizzata semplicemente come TR3.) Le ultime TR3 e tutte le TR3A avevano dischi anteriori Girling, una caratteristica rara all’epoca. Le ruote a raggi erano un accessorio in opzione frequentemente scelto. (foto dell’autore) Il management della Standard-Triumph, per quanto certamente gratificato dal successo della TR3, era consapevole che i gusti degli acquirenti di auto sportive potevano essere davvero volubili, così già intorno alla metà del 1957 iniziarono i programmi per la successione della TR3 nell’ottica di introdurre una nuova auto nel 1959. Come era naturale, i primi progetti si concentrarono sul limare difetti più evidenti: fornire una migliore protezione dalle intemperie, una guida più Le molte vite della TR4, prima parte: TR4 e TR4A 3 TRIUMPH IN ITALY www.TriumphInItaly.it confortevole e magari anche la possibilità di un vero 2+2 (la panchetta posteriore della TR3 era stata accettata sorprendentemente bene, considerando che anche un cane appena un po’ grande si sarebbe lamentato della mancanza di spazio per le gambe). C’era anche un serio interesse nella sospensione posteriore indipendente, qualcosa che a quel tempo neanche la Jaguar aveva. Tuttavia all’epoca la Standard-Triumph aveva in ballo questioni ben più pressanti, alcune delle quali avrebbero avuto un profondo effetto sul futuro della linea TR. Con porte “cutaway”, finestrini con aggancio a pressione, e un tettuccio abbastanza rudimentale, la protezione dalle intemperie non era un punto di forza della TR3; un hardtop rimovibile era opzionale. Una caratteristica interessante era il piccolo sportello dietro la targa posteriore, che permetteva l’accesso alla ruota di scorta posta sotto al bagagliaio senza dover scaricare i bagagli. (foto dell’autore) ZEST , ZOOM , ITALIA Una delle decisioni più significative fu, a metà 1957, quella di confermare la collaborazione di un designer italiano di talento, Giovanni Michelotti. Michelotti aveva iniziato la sua carriera a metà degli anni ’30 come apprendista agli Stabilimenti Farina (fondati dal fratello maggiore di Pinin Farina, Giovanni) ed aveva aperto il suo laboratorio a Torino nel 1949. Pur collaborando con alcuni dei maggiori designer italiani, in particolare Vignale, Michelotti rimase del tutto indipendente lungo tutta la sua carriera. Fu presentato alla Standard- Triumph nei primi mesi del 1957 da un collaboratore esterno che sosteneva di conoscere un Il contenuto di questo articolo è protetto dalla licenza definita a questo indirizzo : www.triumphinitaly.it/disclaimer.html 4 TRIUMPH IN ITALY www.TriumphInItaly.it designer in grado di disegnare e realizzare una auto completa in 12 settimane o meno ad un costo che, per gli standard inglesi dell’epoca, era incredibilmente basso. Il direttore amministrativo della Standard-Triumph, Alick Dick, e il capo progettista Harry Webster erano all’inizio scettici, ma presto si accorsero che non era un vanto a vanvera: Michelotti aveva grande inventiva, lavorava a basso prezzo ed era incredibilmente veloce. Secondo Webster, Michelotti impiegò meno di 24 ore non solo per creare un concetto di auto completamente nuovo che poi divenne la Triumph Herald (la prima auto di serie che realizzò per la Triumph) ma anche per produrre un set completo di disegni in scala. Questo fu un colpo di fortuna per la Standard- Triumph, il cui capo progettista Walter Belgrove si era dimesso a fine 1955, lasciando nell’incertezza i tentativi di sviluppare un design con le forze interne. Il primo progetto di Michelotti entrato in produzione per la Standard fu la “subcompact” Triumph Herald, lanciata nel 1959 per rimpiazzare le Standard 8 e 10. Nella foto una Herald 1200 del 1966, che aveva un motore di 1147 cc invece del 948 cc della prima versione. (Foto: “ Triumph Herald ” © 2012 pyntofmyld; usata secondo la licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic ) La prima prova di Michelotti per una nuova auto sportiva Triumph fu la “pinnuta” Dream Car , basata sulla TR3, che la Standard-Triumph espose al Salone di Ginevra nel marzo 1957. Questo prototipo era più un concept che una seria prospettiva di produzione ma più tardi nello stesso anno la Standard-Triumph incaricò Michelotti di sviluppare una proposta per una nuova TR. Il risultato, completato ad inizio 1958, fu un prototipo chiamato in codice “Zest”. (La attribuzione di Le molte vite della TR4, prima parte: TR4 e TR4A 5 TRIUMPH IN ITALY www.TriumphInItaly.it nomi in codice di quattro lettere, tutti comincianti per “Z”, era una tattica sviluppata da Harry Webster per confondere la concorrenza — una decisione pratica, data la velocità con la quale i fornitori della Triumph erano assorbiti da case rivali nella metà degli anni 1950). La Zest utilizzava il più recente telaio TR3A, ma la carrozzeria aveva una forma più squadrata rispetto alla TR3, con pinne sui parafanghi posteriori, una presa d’aria sul cofano e fari parzialmente coperti dal cofano, nella griglia. La Zest era anche dotata di un hardtop in acciaio basato sul tettuccio della Triumph Herald coupe. Il frontale della TR4 entrata in produzione ricorda molto il prototipo Zest di Michelotti, anche se quello della Zest era più stretto (in parte perché conservava la carreggiata da 45 pollici (1,143mm) della TR3), aveva una presa d’aria piatta sul cofano anziché un rigonfiamento asimmetrico, e aveva i rostri del paraurti più all’interno. (Photo: “ Triumph TR4 (front) ” © 2008 TR001; ridimensionata e modificata nel 2012 da Aaron Severson per riquadrala e nascondere la targa e usata secondo la licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported license con modifiche consentite dalla licenza stessa) In quello stesso periodo, Michelotti creò una terza proposta su base TR3: una elegante coupé chiamata Triumph 2000 Italia (in seguito ribattezzata Italia 2000).