Vittore Carpaccio Tra Narrazione E Devozione

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Vittore Carpaccio Tra Narrazione E Devozione Vittore Carpaccio tra narrazione e devozione Lorenzo Finocchi Ghersi Università IULM, Milano Nonostante da più parti oggi le mostre si in quali ambienti Carpaccio si sia mosso ritengano spesso inutili e dannose per la nei sei-sette anni che precedono l’avvio conservazione delle opere, a volte riservano dell’impresa, per i quali le opere collocabili piacevoli sorprese per gli studiosi e il pub- di probabile autografia sono decisamente blico più allargato, come nel caso di quella esigue: il Salvator Mundi con quattro santi di dedicata nel 2015 all’ultimo periodo di at- Riverdale (New York), il Cristo morto con do- tività di Vittore Carpaccio, conclusosi con la lenti già Contini Bonacossi, oggi disperso, le scomparsa del pittore entro il 1523. I cura- Sante Caterina e Dorotea del Museo di Castel- tori motivavano efficacemente l’esposizio- vecchio a Verona e gli scomparti del Politti- ne delle diverse opere nei saggi in catalogo co della cattedrale di Zara3, additano senza con l’evidenziarne l’indubbia maturità pro- dubbio a modelli riferibili a Giovanni Bel- fessionale di un artista affermato, il cui epi- lini e Antonello, come più volte notato, ma logo, in tempi ormai andati, veniva spesso quello che stupisce è il mancato cammino visto come tramonto inglorioso di chi non in tale direzione di stile di un artista che già aveva saputo adeguarsi all’avanguardia ve- dalle prime prove sembra voler procedere neziana del tonalismo, per così dire, ca- verso una resa energica, essenziale e con- peggiata da Giorgione e dai suoi seguaci, il vincente del sentimento religioso o dell’e- giovane Tiziano in primis, durante il primo motività in genere, per poi abbandonarsi ventennio del Cinquecento1. repentinamente, già nelle storie di Orsola, a Ma naturalmente sul pittore gravano un favolismo avvolgente, espanso in splen- ancora misteri irrisolti, il primo dei quali didi effetti di colori, luci, marmi preziosi, è la formazione, ossia comprendere come, architetture fantastiche, stoffe sontuose nato intorno al 1465, possa aver acquisito la e paesaggi cristallini, in cui architettura e sciolta disinvoltura del ciclo dei teleri per natura dialogano nell’armonia artificiosa la Scuola di Sant’Orsola, a partire dal 1490, di una scenografia onirica. Non solo, ma le nei quali s’impone una sicurezza esecutiva e prime opere citate sono di tipo devoziona- progettuale tale da dichiarare la piena ma- le: in quale occasione il pittore può ragio- turità dell’artista2. Rimane oscuro, quindi, nevolmente aver acquisito la salda capacità AFAT 36 (2017), 23-40 ISSN 1827-269X DOI: 10.13137/2499-6750/22482 23 1 – Vittore Carpaccio, Storie di sant’Orsola: Arrivo degli ambasciatori, Venezia, Gallerie dell’Accademia, particolare di regia di scene così ampie per dimensioni prima formazione di Vittore si sia svolta in delle tele, numero dei personaggi, elemen- un ambito non strettamente connesso alla ti architettonici e decorativi di sfondo e di bottega belliniana5. In tal senso si potrebbe collegamento? Stando al dato certo della ricordare la lontana indicazione di Zampetti chiamata a collaborare alla decorazione del riguardo a un possibile viaggio a Roma del sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale pittore, per la discendenza delle ampie sce- da parte di Giovanni Bellini nel 15014, se ne ne orizzontali dagli affreschi quattrocente- conclude che giusto lo splendido risultato schi lungo le pareti della Cappella Sistina6 riportato nelle storie di Orsola dovette con- (fig. 1), di cui è pur vero che ne replicano vincere il difficile Giovanni a farne uno dei in maniera originale e fantasiosa quei mo- suoi più stretti collaboratori, tanto da in- delli architettonici a pianta centrale e deri- durci a ritenere ancor più probabile che la vati dall’antico che, per altro, si rivelavano AFAT 36 (2017), 23-40 24 ISSN 1827-269X 2 – Vittore Carpaccio, Storie di sant’Orsola: Arrivo a Roma, Venezia, Gallerie dell’Accademia negli stessi anni a Venezia a fondamento un’assoluta novità per la pittura veneziana, delle fabbriche dei Lombardo e di Codussi, ma la corrispondenza al modello reale sem- come i grandi cantieri di San Giobbe, San bra avvalorata dalla regolare presenza del Michele in Isola, Santa Maria dei Miracoli colle Vaticano sul fondo, con la basilica di e San Zaccaria. Anche se tale ipotesi non è San Pietro alle pendici e con tanto di mura dimostrabile puntualmente, potrebbe esse- perimetrali intorno al quartiere di Borgo re confortata dalla cura riservata da Vittore con al centro la torre di accesso. Nell’ulti- non solo alla profondità atmosferica delle mo quarto del Quattrocento il dialogo tra scene, inedita a Venezia, ma anche alla resa maestranze operanti tra Venezia e la fascia realistica, per imponenza e grandiosità, adriatica, come noto, è fitto, e fu esempli- della mole di Castel Sant’Angelo nell’Arrivo ficato da Longhi, col sintetismo fulminante a Roma (fig. 2). Non solo questo soggetto è che ne distingueva la critica, collegando la Lorenzo Finocchi Ghersi, Vittore Carpaccio tra narrazione e devozione 25 pala di Brera di Piero della Francesca all’ar- neare in forme vagamente verosimili la rara rivo di Antonello da Messina a Venezia nel visione della città di Gerusalemme. 1474. Carpaccio, che apprende la professio- Considerando la cronologia dei tele- ne negli anni ottanta, dovette assistere al ri per la Scuola di Sant’Orsola, quindi non sorgere della rinascenza veneziana esibita sembra casuale che il primo a essere ter- nei grandi cantieri di fine secolo, e su que- minato sia l’ Arrivo a Colonia (fig. 3), la più sti sembra aver maturato quella singolare “nordica” se vogliamo, delle rappresenta- capacità progettuale che distingue la sua zioni del ciclo, in cui domina la quinta tur- pittura e che ne sancì il primato nel genere rita della cinta muraria della città medieva- narrativo prediletto dalle scuole veneziane le prospiciente il fiume, con l’acqua che si del tempo7. fonde all’orizzonte nel freddo cielo grigio Una testimonianza importante che a sul quale risalta lo svettare in altezza delle mio parere dimostra sia il singolare presti- alberature delle navi. I numerosi soldati gio raggiunto dall’artista in questo campo sulla sponda con le vesti ricercate e le arma- dell’attività artistica, che l’autonomia dalla ture scintillanti sotto la luce diffusa, con le bottega belliniana, cui sembra tenere non loro posizioni varie e articolate, accreditano citando familiarità alcuna né con Gentile il dipinto come erede di una tradizione il- né con Giovanni, si ritrova nella nota lettera lustrativa che nel Veneto del tardo Quattro- inviata al marchese di Mantova Francesco cento faceva capo ancora ai grandi maestri Gonzaga in data 15 agosto 15118. Vittore gli d’inizio secolo come Gentile da Fabriano e propone l’acquisto di una veduta di Geru- Pisanello, i cui affreschi in palazzo Duca- salemme monocroma ad acquarello su tela le probabilmente dovevano essere ancora lunga otto metri e mezzo e alta due, che “se ben visibili, almeno in parte, all’inizio degli anche el ve piacerà sia colorido, alla S.V. anni novanta, quando Vittore iniziò a con- starà comandar et a me exequir”. Al di là cepire la sequenza di Orsola. Lo svolgersi del compiacimento dell’artista di farsi ri- della narrazione affidato a una moltitudine conoscere dal marchese come “quel pictor fremente su un basso orizzonte come ap- dallo Ex.mo Consiglio dei diece conducto pare nel Martirio e nelle Esequie della santa, per depingere in salla granda [in palaz- sembra proseguire lungo una piega in li- zo Ducale] dove la S. V. se dignò a scender nea anche con le novità rinascimentali del sopra il solaro ad veder l’opra nostra che è Mantegna padovano, ma nelle scene ragio- la historia de Ancona” – sembra chiaro che nevolmente realizzate in successione, Car- ancora a quella data Vittore sapesse di po- paccio sembra rendere più incisivo e pun- ter dare il meglio di sé con prove magistrali tuale il racconto adottando l’architettura in da illustratore narrativo, conscio dell’arte prospettiva come strumento essenziale per della cartografia e dell’incisione nordica, il riconoscimento delle diverse fasi del rac- che tanto spesso prese a modello per la sua conto, o meglio del dramma, di cui pare vo- pittura. La tela proposta al Gonzaga, infatti, lere che l’osservatore non manchi di com- che “ se potria voltar sopra uno ruotolo san- prendere subito luogo e tempi di tutte le fasi cia alcun detrimento”, pare anch’essa ideata cruciali, come l’arrivo degli ambasciatori, lo a metà tra pittura e incisione, volta a deli- sconcerto del re di Bretagna, il ritorno degli AFAT 36 (2017), 23-40 26 ISSN 1827-269X 3 – Vittore Carpaccio, Storie di sant’Orsola: Arrivo a Colonia, Venezia, Gallerie dell’Accademia ambasciatori in patria, il sogno premoni- grande raffinatezza tecnica, basti osservare tore della fanciulla e il tragico compimento la cura nella scelta dei rivestimenti marmo- del pellegrinaggio. Nell’Arrivo degli amba- rei dei pilastri, dei sottarchi e dei pavimen- sciatori (fig. 1), in particolare, colpisce, ri- ti. Carpaccio sembra giovarsi delle proprie- spetto alle prime scene, la raffinatezza della tà riflettenti dei marmi colorati sotto la luce cultura architettonica del pittore, che sulla per dare enfasi espressiva anche ai diversi scia della bottega lombardesca, dà prova di atteggiamenti della folla dei personaggi, un’insolita familiarità con la decorazione dei quali modella i volti in maniera tale da architettonica, che nelle forme e nei det- variarne il più possibile gli stati d’animo, le tagli denuncia una perizia progettuale di emozioni e le espressioni che ne derivano. Lorenzo Finocchi Ghersi, Vittore Carpaccio tra narrazione e devozione 27 4 – Vittore Carpaccio, Storie di santo Stefano: Consacrazione di santo Stefano, Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie, particolare AFAT 36 (2017), 23-40 28 ISSN 1827-269X 5 – Vittore Carpaccio, Storie di santo Stefano: Predica di santo Stefano, Parigi, Musée du Louvre, particolare L’amore del pittore per il ruolo importante gna del classicismo lombardesco più raffi- della decorazione architettonica all’interno nato.
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