Pubblicazione speciale realizzata in occasione della visita al Papa dei vescovi della CELRA

Città del Vaticano, 14-19 gennaio 2008

A cura del SeDoc – Servizio Documentazione della Radio Vaticana

INDICE

I paesi della Celra P.4 Regno d‟Arabia Saudita Stato del Bahrein Repubblica di Cipro Repubblica araba d‟Egitto Emirati Arabi Uniti Repubblica di Gibuti Regno di Giordania Repubblica Irachena Stato d‟Israele Territori dell‟Autorità palestinese Stato del Kuwait Repubblica del Libano Sultanato dell‟Oman Stato del Qatar Repubblica araba siriana Somalia Repubblica araba dello Yemen La Santa Sede e la Terra Santa Struttura ecclesiastica Le circoscrizioni ecclesiastiche latine della Regione Araba

La vita della Chiesa P.56 Intervista con Sua Beatitudine Mons. M. Sabbah La vita della Chiesa in Medio Oriente e nel Corno d‟Africa Israele

1 Giordania Egitto Libano Siria Penisola Arabica Kuwait Somalia e Gibuti

Giovanni Paolo II e la Celra P.196 Le visite ad limina P. 264 I viaggi Apostolici

2 Dal Discorso di Benedetto XVI ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno 2008

La preoccupazione della comunità internazionale continua ad essere viva per il Medio Oriente. Sono lieto che la Conferenza di Annapolis abbia manifestato segni sulla via dell'abbandono del ricorso a soluzioni parziali o unilaterali a favore di un approccio globale, rispettoso dei diritti e degli interessi dei popoli della regione. Faccio appello, ancora una volta, ad Israeliani e Palestinesi, affinché concentrino le proprie energie per l'applicazione degli impegni presi in quella occasione e non fermino il processo felicemente rimesso in moto. Invito inoltre la comunità internazionale a sostenere questi due popoli con convinzione e comprensione per le sofferenze e i timori di entrambi. Come non essere vicini al Libano, nelle prove e violenze che continuano a scuotere questo caro Paese? Formulo voti che i Libanesi possano decidere liberamente del loro futuro e chiedo al Signore di illuminarli, a cominciare dai responsabili della vita pubblica affinché, mettendo da parte gli interessi particolari, siano pronti ad impegnarsi sul cammino del dialogo e della riconciliazione. Solo in questa maniera il Paese potrà progredire nella stabilità ed essere nuovamente un esempio di convivialità fra le comunità. Anche in Iraq la riconciliazione è una urgenza! Attualmente gli attentati terroristici, le minacce e le violenze continuano, in particolare contro la comunità cristiana, e le notizie giunte ieri confermano la nostra preoccupazione; è evidente che resta da tagliare il nodo di alcune questioni politiche. In tale quadro, una riforma costituzionale appropriata dovrà salvaguardare il diritti delle minoranze. Sono necessari importanti aiuti umanitari per le popolazioni toccate dalla guerra; penso particolarmente agli sfollati all'interno del Paese e ai rifugiati all'estero, fra i quali si trovano numerosi cristiani. Invito la comunità internazionale a mostrarsi generosa verso di loro e verso i Paesi dove trovano rifugio, le capacità di accoglienza dei quali sono messi a dura prova. Desidero anche esprimere il mio incoraggiamento affinché si continui a perseguire senza sosta la via della diplomazia per risolvere la questione del programma nucleare iraniano, negoziando in buona fede, adottando misure destinate ad aumentare la trasparenza e la

3 confidenza reciproca, e tenendo sempre conto degli autentici bisogni dei popoli e del bene comune della famiglia umana.

I PAESI DELLA CELRA

Regno d‘Arabia Saudita Al-Mamlaka al-'Arabiya as-Sa'udiya

Superficie: 2.238.341 Km² Paesi confinanti: Iraq e Kuwait a NORD, Giordania a NORD-OVEST, Qatar ed Emirati Arabi Uniti ad EST, Oman a SUD-EST, Yemen a SUD Capitale: Riad (Riyadh) Altre città: Gidda, La Mecca.

Abitanti: 22.673.538 (cens. 2004), 33.960.000 (stima 2006). Gruppi etnici: Sauditi, altri Arabi, occidentali (gli stranieri costituiscono il 20% della popolazione totale) Lingua: arabo (ufficiale), inglese Religione: Maggioranza quasi assoluta musulmana wahabita; piccola minoranza cristiana (stranieri residenti per lavoro), di cui cattolici 890.000 (Annuario Pontificio)

Forma di governo: Monarchia assoluta Sovrano: Abdullah Saud Membro: CCG, Lega Araba, OCI, ONU e OPEC Moneta: Riyal saudita

Rapporti con la Santa Sede A tutt‟oggi l‟Arabia Saudita non ha rapporti diplomatici con la Santa Sede. Il 6 novembre 2007, Re Abdullah ha compiuto la prima visita ufficiale di un sovrano saudita in Vaticano.

Cenni storici e quadro politico Le origini dell‟attuale Regno Saudita risalgono alla metà del XVIII secolo quando il Sultano del Neged, Muhammad bin Saud, unì le sue forze con quelle di un riformatore islamico, Muḥammad ibn Abd al- Wahhab, con lo scopo di creare una nuova realtà politica e statuale. Nei centocinquanta anni successivi, le fortune della famiglia dei Saud

4 hanno subito alterne vicende, poiché contendeva il potere e il territorio all'Egitto, all'Impero Ottomano e ad altre famiglie arabe. Il moderno Stato Saudita fu fondato dal re Abdul Aziz Ibn Saud e nacque il 23 settembre 1932 dall‟unione dei Regni di Neged e Higiaz e degli Emirati di „Asïr, Najran e Al Hasa. Dopo la morte del fondatore Abdul Aziz (1953) il potere è passato ai figli in ordine di anzianità. In base alla Legge fondamentale (1992) il sovrano, “Custode dei luoghi santi” (La Mecca e Medina), detiene tutti i poteri e non esiste distinzione tra il patrimonio della famiglia reale e il bilancio dello Stato. La scoperta del petrolio nel 1938 ha trasformato economicamente il Paese conferendogli un peso internazionale rilevante, nonostante la struttura integralistica delle sue istituzioni giuridiche e sociali (l'Arabia Saudita è ufficialmente wahhabita). Questo non ha impedito al Paese di mantenere strette relazioni con le molte nazioni occidentali che comprano il suo petrolio e, in particolare, con gli Stati Uniti, alla cui politica estera il Regno è storicamente allineato. Succeduto il 1 agosto 2005 al vecchio e malato re Fahad, il nuovo sovrano Abdullah, reggente dal 1996, non ha modificato la linea di cauta modernizzazione economica e di rigido controllo politico interno. Il 24 febbraio 2006 è stato sventato un attacco di al-Qaida agli impianti di Abqaiq, il maggior centro petrolifero del paese: due autobombe sono esplose ma l‟incendio è stato bloccato e i terroristi sono stati uccisi. (Fonte principale De Agostini)

Stato del Bahrein Dawlat al-Bahrain

Superficie: 694 Km2

Capitale: Manama Altre città: Al Muharraq

Abitanti 650 604 ab. ( cens. 2001, compresi 4 053 residenti all'estero); 744 000 ab. (stima 2006) Gruppi etnici: Arabi 66,5%, asiatici 31,6%, europei 0,9%, altri 1% Lingua arabo (ufficiale), inglese

5 Religione Netta maggioranza musulmana (sciiti e sunniti); cattolici (stranieri) 38.000 (Annuario Pontificio) Sovrano Sheik Hamad bin Isa al-Khalifah (in carica dal 6 marzo 1999 come emiro, auto-proclamatosi re il 14 febbraio 2002) Primo Ministro Sheik Khalifah bin Sulman al-Khalifah (dal 19-I- 1971) Moneta: Dinar di Bahrein Membro di CCG, Lega Araba, OCI, ONU e WTO

Rapporti con la Santa Sede Il Bahrein intrattiene rapporti diplomatici con la Santa Sede. L‟attuale Nunzio apostolico è Mounged El-Hachem, arciv. tit. di Darni (dal 27 agosto 2005), che è anche Nunzio in Kuwait e Qatar.

Cenni storici e quadro politico Protettorato britannico dal 1820, il Bahrein è una monarchia ereditaria indipendente dal 14 agosto 1971. Nel 1975 l‟emiro ha sospeso la Costituzione del 1973 e sciolto l‟Assemblea nazionale, accentrando tutti i poteri. Il 14 febbraio 2001 è stato approvato con referendum un progetto di costituzione proposto su iniziativa dell‟emiro. Promulgata il 14 febbrai 2002, la nuova Costituzione, pur assicurando formalmente le libertà personali e politiche, ha mantenuto intatte le prerogative del sovrano sui poteri esecutivo, giudiziario e, in gran parte, anche sul legislativo: solo la Camera dei deputati (40 membri) è infatti elettiva; non esistono partiti politici. Il sistema giudiziario si basa sulla legge islamica. Vige la pena di morte. Alle elezioni parlamentari del 26 novembre e del 3 dicembre 2006, che hanno visto una notevole partecipazione (72% degli aventi diritto), i movimenti influenzati dai religiosi hanno ottenuto 29 seggi su 40 (17 gli sciiti e 12 i sunniti). (De Agostini)

Repubblica di Cipro Kypriake Demokratia - Kibris Cumhuriyeti

Superficie: 5.896 Km² + 3355. Km² del territorio turco-cipriota Paesi confinanti: -

6 Capitale: Nicosia (esclusa l'area occupata dai turchi) Altre città: Limassol, Larnaca

Abitanti: 766.400 (stime 2006) 256.644. del territorio turco-cipriota (cens. 2006) Gruppi etnici: Ciprioti, Greci Turchi Lingua: greco, turco (ufficiali), inglese Religione: Netta maggioranza ortodossa, piccola minoranza musulmana. Cattolici:17.000 (Annuario Pontificio) Forma di governo: Repubblica presidenziale Presidente e Capo del Governo greco-cipriota Tassos Papadopoulos (DIKO), dal 28 febbraio 2003 Presidente turco-cipriota: Mehemet Alì Talat, del partito repubblicano (CTP), eletto il 17 aprile 2005 Membro Commonwealth, Consiglio d'Europa, EBRD, ONU, OSCE, WTO UE (esclusa la parte turco-cipriota) Moneta: Sterlina di Cipro (nella parte greco-cipriota); Nuova Lira Turca (nella parte turca)

Rapporti con la Santa Sede Cipro intrattiene rapporti diplomatici con la Santa Sede. L‟attuale Nunzio apostolico è mons. Antonio Franco, che è anche Nunzio in Israele e Delegato apostolico di Gerusalemme e Territori Occupati. (v. scheda Santa Sede e Terra Santa)

Cenni storici e quadro politico L‟isola di Cipro è diventata una repubblica indipendente con il trattato anglo-greco-turco del 19 febbbraio 1959 (che ha posto termine alla sovranità britannica). Il Cyprus Act del 1960 prevedeva una collaborazione fra le due comunità greca e turca, affiancando a un Presidente greco-cipriota un Vicepresidente turco-cipriota e sancendo una composizione mista del governo e del parlamento. In seguito a una disputa costituzionale, dal 1963 il Vicepresidente, i ministri e i deputati turco-ciprioti hanno cessato di partecipare alla vita delle istituzioni. Nel 1964 l'ONU ha inviato nell'isola un proprio contingente, che tuttavia non è stato in grado di impedire, il 20 luglio 1974, un colpo di stato delle forze filo-greche. Ne è seguito l'intervento militare della Turchia, che ha occupato la parte settentrionale dell'isola dando vita alla Repubblica turca di Cipro del Nord. Il 13 febbraio 1979 è

7 stato proclamato lo Stato federato turco-cipriota, che il 15 novembre 1983 è diventato la Rep. turca di Cipro del Nord (non riconosciuta dalla comunità internazionale), governata da un regime presidenziale. Nell'aprile 2004 è fallito il piano dell'ONU di riunificate l'isola in una confederazione tra le due comunità greca e turca con uguale peso politico e istituzionale: il referendum è stato infatti bocciato nella Rep. di Cipro (con il 75,8% di "no") e approvato nella Rep. turca di Cipro del Nord (con il 64,9% di "sì"). Così solo la Rep. di Cipro è entrata nella UE (1 maggio 2004). (De Agostini)

Repubblica araba d‘Egitto al-Jumhuriya Misr al-'Arabiya

Superficie: 1.001.449 Km² Paesi confinanti: Libia a OVEST, Sudan a SUD, Israele e Palestina ad EST

Capitale: Il Cairo Altre città: Alessandria, Giza, Shubra el-Khema Porto Said

Abitanti: 72.579.030 (cens. 2006) Gruppi etnici: Egiziani (84%), Sudanesi (6%) Arabi Beduini (2%), altri. Lingua: Arabo (ufficiale), dialetto arabo-egiziano, parlati anche l'inglese e il francese Religione: Netta maggioranza musulmana sunnita (più del 90%); cristiani in maggioranza copti ortodossi (6-12%), cui vanno aggiunti una piccola minoranza protestante (1% circa) e 214.000 cattolici (Annuario Pontificio) Forma di governo: Repubblica presidenziale Presidente Hosni Mubarak (PND) dal 1981, rieletto il 7 settembre 2005 Primo Ministro Ahman Nazif (PND) dal 14 luglio 2004 Moneta: Sterlina egiziana

Rapporti con la Santa Sede

8 L‟Egitto intrattiene rapporti diplomatici con la Santa Sede. L‟attuale Nunzio apostolico è mons. Louis Fitzgerald, arciv. tit. di Nepte (dal 15 febbraio 2006).

Cenni storici e quadro politico Culla della civiltà dei Faraoni, (3000 - 332 a.C.), soggetto nel corso dei secoli al dominio greco (332-30 a.C.), romano (30 aC-642 d.C), arabo (642-1517), ottomano (1517-1882 fatta eccezione per la parentesi napoleonica dal 1798 al 1805) e, infine, protettorato britannico dal 1882, l‟Egitto divenne una monarchia formalmente indipendente il 18 febbraio 1922. Il 18 giugno 1953 fu proclamata la Repubblica e nel 1954 il potere fu assunto dal col. Gamal Abd el-Nasser; questi, nel 1956, annunciò la nazionalizzazione della Compagnia del Canale di Suez, provocando l‟intervento armato di Francia, Regno Unito e Israele. Le truppe israeliane occuparono la Striscia di Gaza (già parte della Palestina e in amministrazione all‟Egitto dal 1948-49) e la penisola del Sinai; la decisa azione dell‟ONU, con l‟accordo di USA e URSS, costrinse Israele a ritirarsi. Nel 1967 un nuovo conflitto con Israele (“Guerra dei 6 giorni”) si concluse con la sconfitta dell‟Egitto e l‟occupazione israeliana del Sinai e di Gaza. Nello sforzo di liberare il Sinai, nel 1973 l‟Egitto riaprì le ostilità con la “Guerra del Kippur”, ma senza risultato. Nel settembre 1978 il Presidente egiziano Anwar Saddat e il Primo ministro israeliano Menachem Begin firmarono gli accordi di pace di Camp con i quali l‟Egitto ha recuperato il Sinai, ma non Gaza (passata successivamente all‟Amministrazione palestinese). Assassinato Saddat (1981) da un gruppo estremista islamico, è divenuto presidente il suo vice Hosni Mubarak, in seguito sempre rieletto con una maggioranza plebiscitaria (le ultime presidenziali si sono svolte nel settembre 2005). Alle elezioni parlamentari del novembre del 2005, il partito islamista dei Fratelli Musulmani, ha conquistato 88 seggi su 454, confermandosi come il maggior gruppo di opposizione. (Fonte principale: De Agostini)

9 Emirati arabi uniti Al-Imarat al-'Arabiya al-Muttahida

Superficie: 83 600 kmq Paesi confinanti: Qatar a NORD, Arabia Saudita a OVEST e SUD, Oman ad EST

Capitale: Abu Dhabi Altre città: Dubai, Ash Shariqah

Abitanti: Gruppi etnici: Arabi 48%, asiatici 44%, altri 8% Lingua: arabo (ufficiale), inglese Religione Netta maggioranza musulmana (in prevalenza sunniti), cattolici (stranieri): 442.000 (Annuario Pontificio)

Forma di governo: Federazione di emirati Sovrano Khalifa bin Zaid al Nahayan, emiro di Abu Dhabi, dal 3-XI- 2004 Primo Ministro Sheikh Mohammed bin Rashid al Maktum, emiro di Dubai, dal 5-1-2006 Moneta: Dirham degli Emirati Membro di CCG, Lega Araba, OCI, ONU, OPEC e WTO

Rapporti con la Santa Sede Gli Emirati Arabi Uniti hanno stabilito rapporti diplomatici il 31 maggio 2007.

Cenni storici e quadro politico I sette emirati noti come “Costa dei Pirati” (con chiaro riferimento all‟attività allora diffusa tra le popolazioni rivierasche) e anche come “Stati della Tregua” (per la tregua tra il Regno Unito ed i pirati conclusa nel 1853) furono assoggettati dal 1892 al protettorato britannico; hanno costituito l‟Unione degli Emirati Arabi il 2 dicembre 1971. In base alla Costituzione del 1971, emendata più volte, lo Stato è una federazione di monarchie ereditarie assolute. La massima autorità federale è il Consiglio supremo dei sovrani (formato dai 7 emiri, ognuno dei quali è sovrano assoluto del proprio emirato) che elegge

10 fra i suoi membri il presidente (tradizionalmente l‟emiro di Abu Dhabi); questi nomina il primo ministro (de facto l‟emiro del Dubai) e il Consiglio dei ministri, che si avvale come organo consultivo del Consiglio nazionale federale di 40 membri (di cui 20 eletti). Non esistono partiti politici. La Forza di difesa dell‟Unione e le Forze armate dei 7 emirati sono formalmente unificate dal 1976. Le prime elezioni legislative nella storia del Paese si sono tenute il 16 dicembre 2006. Anche se svoltesi a suffragio limitato, hanno rappresentato un importante segnale di democratizzazione e un seggio è stato conquistato da una donna.(Fonte: De Agostini)

Repubblica di Gibuti Jumhuriya Jibuti - République de Djibouti

Superficie: 23.200 Km² Paesi confinanti: Eritrea a NORD, Etiopia a OVEST, Somalia a SUD- EST

Capitale: Gibuti

Abitanti: 273.974 (cens 19083) 700.000 (stime 2006) Gruppi etnici: Issa, Afar Europei Arabi Lingua: Francese, Arabo (ufficiali), Issa, Afar Religione: Netta maggioranza musulmana sunnita; cattolici 7.000 (Annuario Pontificio)

Forma di governo: Repubblica parlamentare Presidente Ismail Omar Guelleh (RPP), dal 1999 rieletto l'8 aprile 2005 Primo Ministro Dileita Mohammed Dileita (RPP dal 7 marzo 2001) Membro di Lega Araba, OCI, ONU, UA e WTO, associato UE Moneta: Franco di Gibuti

Rapporti con la Santa Sede Gibuti intrattiene relazioni diplomatiche con la Santa Sede. L‟attuale Nunzio apostolico è mons. Ramiro Moliner Inglés, Arciv. tit Sarda (dal 17 gennaio 2004)

11 Cenni storici e quadro politico Ex colonia francese col nome di Costa dei Somali (e, dal 1967, Territorio francese degli Afar e degli Issa), Gibuti è diventato indipendente il 27 luglio 1977. Nel 1981 la Lega popolare per il progresso (RPP), espressione dell‟etnia issa, si è affermata come partito unico. Dopo un periodo di forti tensioni e scontri interetnici, la Costituzione del 1992 ha dato vita a un sistema semipresidenziale multipartitico: il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale per 6 anni; l‟Assemblea nazionale è formata da 65 membri (33 di etnia issa e 32 afar) eletti a suffragio universale con mandato di 5 anni. Il sistema elettorale è maggioritario a turno unico. Alle elezioni del 2003 la coalizione guidata dal presidente Guelleh, col 62,7% dei voti, ha ottenuto tutti i seggi. E poiché le presidenziali sono state boicottate dalle opposizioni, l‟8 aprile 2005 è stato eletto col 100% dei voti l‟unico candidato che si è presentato, il presidente uscente Guelleh. La Francia mantiene a Gibuti una base navale e una guarnigione militare. Nel 2003 il Comando antiterrorismo statunitense per il Corno d‟Africa ha fissato la sua base a Gibuti.

Regno di Giordania Al-Mamlaka al-Urdunniya al-Hashimiya

Superficie: 88.778 Km² Paesi confinanti: Siria a NORD, Israele e Palestina (Cisgiordania) a OVEST, Arabia Saudita a SUD-EST, Iraq ad EST

Capitale: Amman Altre città: Az Zarqa; Irbid, Balqa; Mafraq; Jarash; Madaba Abitanti: 5.153.000 Gruppi etnici: Arabi 98% (in maggioranza palestinesi), armeni, circassi e altri Lingua: arabo (ufficiale), inglese Religione: Netta maggioranza musulmana sannita; Cristiani: 3,4%, di cui 76.000 cattolici (Annuario Pontificio)

Forma di governo: Monarchia costituzionale Sovrano re Abdallah Ibn Husayn, dal 7 febbraio 1999

12 Primo Ministro Marouf al-Bakhit (indipendente), dal 27novembre 2005 Moneta: Dinar giordano Membro Lega Araba, OCI, ONU e WTO

Rapporti con la Santa Sede La Santa Sede e la Giordania hanno relazioni diplomatiche dal 3 marzo 1994 (v. scheda Santa Sede e Terra Santa). L'attuale Nunzio apostolico è Mons. Francis Assisi Chullikatt, Arciv. tit. di Ostra (dal 29 aprile 2006), che è anche Nunzio in Iraq.

Cenni storici e quadro politico Già mandato britannico dopo la Prima guerra mondiale, il Paese ha ottenuto l‟indipendenza il 22 marzo 1946 (col nome di Transgiordania) e ha assunto il nome di Giordania nel 1949, dopo l‟annessione della Cisgiordania (occupata da Israele nel 1967). I partiti sono stati pienamente legalizzati solo nel 1992. Le prime elezioni multipartitiche si sono tenute nel „93. Nel 1994 re Hussein e l‟allora premier israeliano Yitzhak Rabin hanno firmato un trattato per la demarcazione dei confini e la spartizione delle risorse idriche dello Yarmuk e del Giordano. Per favorire la formazione di un‟autorità politica palestinese, la Giordania ha tagliato già dal 1988 tutti i legami amministrativi con la Cisgiordania. Il 9 settembre 2005 tre attentati attribuiti ad al Qaida hanno devastato tre alberghi ad Amman provocando decine di vittime tra i turisti e la popolazione civile. Pochi giorni dopo la carica di primo ministro è stata affidata dal re al capo della sicurezza nazionale, Marouf al-Bakhit. (Fonte: De Agostini)

Repubblica irachena Jamhuriat Al Iraq

Superficie: 434.128 Km² Paesi confinanti: Turchia a NORD, Siria e Giordania ad OVEST, Arabia Saudita e Kuwait a SUD, Iran ad EST

Capitale: Baghdad Altre città: Arbil, Mosul, Bassora, Kirkuk

13

Abitanti: 22.046.244 (cens 1997) 27.180.000 (stima 2006) Lingua: arabo (ufficiale), curdo, turco Gruppi etnici: Arabi, Curdi, Turchi Religione: netta maggioranza musulmana (in prevalenza sciiti), cristiani: quasi il 4% prima del 2003, di cui 290.000 cattolici (Annuario Pontificio)

Forma di governo: Governo di transizione Presidente: Jalal Talabani (DPAK), dal 6 aprile 2005 Primo Ministro Nouri al-Maliki (UIA), dal 20 maggio 2006 Moneta: Dinar iracheno Membro: Lega Araba, OCI, ONU e OPEC

Rapporti con la Santa Sede L‟Iraq intrattiene rapporti diplomatici con la Santa Sede. Nunzio apostolico: Mons. Francis Assisi Chullikatt, Arciv. tit. di Ostra (dal 29 aprile 2006) che è anche Nunzio apostolico in Giordania.

Cenni storici e quadro politico Già parte dell‟Impero ottomano, amministrato dal 1920 dal Regno Unito su mandato della Società delle Nazioni, l‟Iraq è diventato una monarchia indipendente nel 1932 e una Repubblica il 14 luglio 1958, in seguito al colpo di stato del gen. Karim Kassem. Il partito nazionalista Baath (appoggiato dai sunniti) ha preso il potere con un nuovo colpo di stato nel 1968. Eletto Presidente il 16 luglio 1979, il generale Saddam Hussein ha in seguito dato vita a un regime dittatoriale. Nel settembre 1980 l‟Iraq ha dichiarato guerra all‟Iran con l‟obiettivo di conquistare la riva sinistra dello Shatt al-Arab; la guerra è terminata nel 1988 senza acquisizioni territoriali, ma con un carico pesantissimo di vittime e danni materiali. Il 2 agosto 1990 le truppe irachene invadono il Kuwait, ma vengono in seguito sconfitte (26 febbraio 1991) da un‟ampia coalizione internazionale operante su mandato dell‟ONU ma di fatto guidata dagli USA. Dopo il ritiro dal Kuwait, l‟Iraq subisce un forte degrado economico per l‟embargo imposto dall‟ONU. La crisi precipita dopo gli attentati dell‟11 settembre 2001 a New York, che l‟amministrazione USA collega all‟Iraq. Il 20 marzo 2003 gli USA e il Regno Unito, nonostante il parere contrario degli altri membri del Consiglio di sicurezza dell‟ONU

14 (Francia, Cina e Fed. Russa), danno il via all‟invasione del paese. La guerra dura meno di un mese poiché l‟avanzata ha incontrato sul campo ben poca resistenza. Quasi subito, però, si moltiplicano gli attentati e le azioni contro le truppe di occupazione e la situazione assume le caratteristiche di una guerra civile, nonostante la successiva risoluzione del Consiglio di Sicurezza che a metà ottobre autorizza una forza multinazionale. (De Agostini)

Cronologia della guerra in Iraq (archivi ANSA)

- 2001 - 3 APR: L'Iraq afferma che le sanzioni imposte dall'Onu hanno ucciso dal 1990 circa 1,5 milioni di persone.

- 2002 - 29 GEN: il presidente Usa George W. Bush definisce Iraq, Corea del Nord e Iran l'''asse del male'' per il loro possesso di armi di distruzione di massa. 5 LUG: fallisce il terzo "round" di colloqui fra Onu e Iraq per il ritorno a Baghdad degli ispettori Onu. 19 AGO: il parlamento iracheno approva all'unanimità la candidatura di Saddam Hussein ad un nuovo mandato presidenziale di sette anni che sarà sottoposto a referendum il 15 ottobre. 12 SET: nel suo discorso all Onu il presidente Usa Bush afferma che Saddam Hussein deve disarmare "o un'azione" per deporlo "sarà inevitabile". 16 SET: il segretario generale dell'Onu Kofi Annan riceve una lettera delle autorità irachene con la quale consentono il rientro degli ispettori senza condizioni. 8 NOV: il Consiglio di Sicurezza approva la Risoluzione 1441. Il 13 l'Iraq accetta la risoluzione e il 18 i primi ispettori Unmovic giungono a Bagdhad. 7 DIC: le autorità irachene consegnano all'Onu la dichiarazione sulle armi di distruzione di massa. Nel rapporto l'Iraq riafferma che il Paese non dispone di tali armi.

-2003-

15 9 GEN: secondo il rapporto degli ispettori ONU, non ci sono prove di programmi d'armamenti segreti dell' Iraq, ma la dichiarazione fornita da Baghdad il 7 dicembre è considerata lacunosa. 30 GEN: otto leader europei, tra cui l'Italia, sottoscrivono un documento per invitare tutti i paesi del vecchio continente ad "unirsi agli Stati Uniti nella battaglia per disarmare l'Iraq". Il 5 febbraio altri dieci paesi europei sottoscrivono una dichiarazione di appoggio agli Usa. 10 FEB: in una dichiarazione comune Francia, Germania e Russia chiedono che in alternativa alla guerra si vada ad un rafforzamento delle ispezioni ONU in Iraq. Il 6 marzo si associa anche la Cina 14 FEB: secondo rapporto dei capi degli ispettori Onu. Secondo Blix, troppe armi proibite mancano all'appello. 15 FEB: si svolgono oltre 600 manifestazioni per la pace in circa 70 paesi e in 32 capitali nei cinque continenti. 22 FEB: l'Unmovic ordina la distruzione dei missili iracheni Al Samoud 2. L'1 marzo comincia la distruzione di tali missili. 24 FEB: Stati Uniti, Gran Bretagna e Spagna presentano una bozza di risoluzione sull'Iraq. 1 MAR: il parlamento turco non autorizza il passaggio di truppe Usa sulla via dell'Iraq. 7 MAR: nuova relazione al Consiglio di sicurezza dell'ONU sul disarmo iracheno. Per Blix la distruzione dei missili al Samoud 2 rappresenta "una misura sostanziale di disarmo". 16 MAR: in un vertice alla Azzorre Bush, Blair e Aznar lanciano un ultimatum a Saddam Hussein 20 MAR 2003 - L'Operazione "Iraqi Freedom" (libertà per l'Iraq) scatta nella notte tra il 19 e il 20 con una serie di bombardamenti americani su Baghdad e l'ingresso di forze di terra di Usa e Regno Unito nel sud del paese. 9 APR: Le truppe Usa entrano a Baghdad. La statua di Saddam è abbattuta dalla folla. Il regime crolla e i suoi notabili scompaiono dalla capitale. 1 MAG: Il presidente Usa George W. Bush dichiara, prematuramente, che la guerra è finita e vinta. 6 LUG: Paul Bremer, capo dell'amministrazione civile, istituisce un Consiglio del governo transitorio. 22 LUG: A Mossul, soldati Usa uccidono Qusay e Uday, figli dell'ex rais.

16 19 AGO: A Baghdad, attentato contro il quartier generale dell'Onu. Muoiono 22 persone, tra cui l'emissario per l'Iraq, Sergio Vieira de Mello. 2 OTT: Gli ispettori dell'Onu ammettono di non avere scoperto armi di distruzione di massa. 16 OTT: Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu approva la risoluzione 1511 che autorizza una forza multinazionale. 12 NOV: A Nassiriya, 28 persone, di cui 12 carabinieri, 5 militari e 2 civili italiani, muoiono in un attentato. 13 DIC: Le forze speciali Usa catturano Saddam Hussein nascosto vicino a Tikrit.

- 2004 - 1 FEB: Doppio attentato suicida a Erbil contro i principali partiti curdi: i morti sono oltre 100. 2 MAR: Attentato anti-sciita a Kerbala con 170 morti 8 MAR: A Baghdad il Consiglio di governo provvisorio firma la Costituzione transitoria. 28 APR: Esplode lo scandalo delle torture inflitte da militari americani ai prigionieri del carcere di Abu Ghraib. 28 GIU: Poteri trasferiti dall'amministratore Usa al primo governo transitorio guidato da Iyad Allawi.

- 2005 - 30 GEN: Prime elezioni democratiche. Vince la coalizione sciita sostenuta dal grande ayatollah Ali al Sistani. 28 FEB: A Hilla 118 morti in un attentato rivendicato dall'ala irachena di Al Qaida. 6 APR: Jalal Talabani, storico leader dell'Unione patriottica del Kurdistan, è eletto presidente. La formazione del nuovo governo è affidata allo sciita Ibrahim al Jafari. 31 AGO: Mille morti a Baghdad tra pellegrini sciiti colti dal panico mentre attraversano un ponte durante una festa religiosa. 15 OTT: La nuova costituzione approvata in un referendum. 19 OTT: Saddam Hussein compare per la prima volta in tribunale per il processo per il massacro di oltre 140 sciiti. 15 DIC: Gli iracheni tornano alle urne per il nuovo parlamento che resterà in carica quattro anni.

17 - 2006 - 22 FEB: Un attentato distrugge la moschea sciita di Samarra. L'evento innesca attentati e massacri a catena. 22 APR: Jalal Talabani confermato alla presidenza della repubblica. Lo sciita Nouri al-Maliki incaricato di formare un nuovo governo, che vede la luce a maggio. 7 GIU: Abu Mussab al-Zarqawi, leader di Al Qaida in Iraq e bestia nera delle forze Usa, è ucciso in un raid americano. 21 AGO: Secondo processo a Saddam per le repressioni anti-curde del 1987-88 in cui 180 mila persone rimasero uccise. 23 NOV: Attentato a Sadr City, grosso quartiere sciita di Baghdad, con oltre 200 morti. 6 DIC: Negli Usa, una commissione guidata dall'ex segretario di stato James Baker raccomanda un radicale cambiamento della politica statunitense in Iraq. 30 DIC - Saddam Hussein viene impiccato Baghdad con i quattro boia che insultano il condannato. Un video clandestino dell'esecuzione finisce su Internet. Polemiche nel mondo. 31 DIC: Il soldato Dustin Dinica, di 22 anni, è ucciso a Baghdad e diventa il caduto americano n. 3.000.

- 2007 - 10 GEN: Il presidente Bush annuncia che invierà altri 21.500 militari in Iraq. 15 GEN: Dopo Saddam, vengono impiccati due dei suoi più stretti collaboratori, Barzan al-Tikriti e Awad al-Bandar. 3 FEB: Attentato a Baghdad con 130 morti e 305 feriti. 6 MAR: A Hilla massacro di sciiti con 117 morti. 10 MAR: Conferenza internazionale a Baghdad sul futuro dell'Iraq. Al Maliki chiede a Siria e Iran di non fornire più aiuti alle milizie sunnite e sciite. (Archivio Ansa)

Stato d‘Israele Medinat Yisrael

Superficie: 20.700Km² (esclusi territori autonomi palestinesi e territori occupati)

18 Paesi confinanti: Libano a NORD, Siria, Cisgiordania e Giordania ad EST, Egitto e Palestina ad OVEST Capitale: Gerusalemme dal 1967, compresa Gerusalemme Est. Non riconosciuta dall'ONU. Altre città: Tel Aviv-Giaffa, Tiberiade, Beer Sheva, Haifa

Abitanti: 5.548.623(cens. 1995) 6.984.3000 (stima 2006)) Gruppi etnici: Ebrei, Arabi ed altri Lingua: ebraico, arabo (ufficiali), inglese Religione: Ebrei 76,1%, Musulmani 16,2%, Cristiani 2,1% di cui 128.000 cattolici (Annuario Pontificio), Drusi: 1,6%

Forma di governo: Repubblica parlamentare Presidente: Shimon Perez (dal 29 giugno 2007) Primo Ministro Ehud Holmert ad interim dal 4 gennaio 2006, in carica dal 14 aprile 2006

Moneta: Nuovo Sheqel d'Israele Membro ONU, EBRD WTO

Rapporti con la Santa Sede Con “l‟Accordo fondamentale” (“Fundamental Agreement”) firmato il 30 dicembre 1993, la Santa Sede ha riconosciuto pienamente lo Stato di Israele con il quale ha stabilito rapporti diplomatici il 14 giugno 1994. Questo sulla base dell'impegno israeliano a riconoscere, mediante un nuovo trattato bilaterale con la Santa Sede, i diritti acquisiti dalla Chiesa in Terra Santa, in campo legale, fiscale e di proprietà nel corso dei secoli precedenti la creazione dello Stato di Israele (1948). I negoziati mirano a trovare un accordo proprio su questi punti e sono oramai in corso da anni. L‟ultima riunione Plenaria della Commissione bilaterale permanente fra Santa Sede e lo Stato d‟Israele incaricata di portare avanti i negoziati si è conclusa il 13 dicembre 2007 a Gerusalemme. Tra le decisioni assunte quella di “riattivare il gruppo di lavoro sulle proprietà individuali della Chiesa, che per vari motivi le sono state tolte o utilizzate per altri scopi”. Si è discusso anche dell‟annosa questione del mancato rinnovo o rilascio dei visti da parte di Israele per molti sacerdoti, religiosi o suore per “motivi di sicurezza”. La plenaria è stata preceduta da un incontro di lavoro, per “continuare i

19 negoziati sull' 'Accordo economico' riguardante questioni fiscali e di proprietà”. La prossima plenaria si terrà in Vaticano nel maggio 2008. L‟attuale Nunzio apostolico in Israele è Mons. Antonio Franco, Arciv. tit. di Gallese che è anche Nunzio apostolico a Cipro e Delegato apostolico di Gerusalemme e Palestina.

Territori occupati da Israele

Alture del Golan (Siria) Situate a ridosso della Galilea, sono occupate dal 1967 (Guerra dei sei giorni) Superficie: 1.176 Kmq Abitanti: 38.900 (stima 2006)

Territori dell‘Autorità palestinese

Territori Autonomi palestinesi (amministrati dall‘Autorità Nazionale Palestinese)

Con gli accordi siglati negli anni 1993-2003 Israele ha riconosciuto formalmente (ma riservandosi il diritto di intervenire “per ragioni di sicurezza”) il mandato dell‟Autorità Nazionale Palestinese sulla striscia di Gaza e su alcune aree della Cisgiordania (tra cui le città di Gerico, Hebron, Nablus, Betlmemme) equivalenti al 47% di quel territorio. A partire dal 2002 è stato costruito in Cisgiordania un “muro di sicurezza” di 360 Km che segue con ampie deviazioni a favore di Israele la linea di confine del 1967. Dal 1994 dispone di un sistema politico e amministrativo proprio, con un Presidente, un Primo Ministro e un Consiglio dell'Autonomia.

Superficie (tot) 6.257 kmq Abitanti (tot) 3.762.200 (stima 2005) Capitale Gerusalemme (proclamata nel 1988) Presidente Mahmud Abbas (Abu Mazen) di Fatah dal 9 gennaio 2005 Primo Ministro Salam Fayyad Hanyeh (indip.) dal 15 giugno 2007.

- Cisgiordania (West Bank)

20 Parte della Giordania a Ovest del fiume Giordano e Gerusalemme Est. Il 31 luglio 1988 la Giordania ha rinunciato a ogni diritto sulla regione.

Superficie: 5.879 kmq Abitanti: 2.372 200 (stima 2005) di cui più di 200mila coloni ebrei.

- Striscia di Gaza Già appartenente all‟Egitto è una striscia costiera estesa verso il confine egiziano. Superficie 378Kmq Abitanti: 1.389.800 (stima 2005) Rapporti con la Santa Sede: Il 15 febbraio 2000 è stato firmato il “Basic Agreement” tra Santa Sede e OLP.

Cenni storici e quadro politico

Lo Stato di Israele è nato il 14 maggio 1948, al termine della scadenza del Mandato britannico della Palestina stabilito nel 1920 dopo la fine dell‟Impero Ottomano. Di seguito la cronologia degli eventi politici in Terra Santa che hanno preceduto e seguito la nascita dello Stato di Israele fino ai nostri giorni:

-1897 - Congresso di Basilea Theodor Herzl formula il programma sionista allo scopo di ''creare una patria per il popolo ebraico in Palestina''. - 1917 - Dichiarazione Balfour La Prima Guerra Mondiale segna la fine del dominio ottomano sulla Valle del Giordano. Francesi e britannici si spartiscono il controllo del Medio Oriente. Il ministro britannico Arthur James Balfour in una lettera dichiara che ''Sua Maestà vede con favore la creazione di un focolare nazionale ebraico'' (2 novembre 1917). L'idea di fondo è una convivenza tra arabi e ebrei nella stessa terra. - 1920 - Il mandato britannico Il Mandato riguarda Palestina e Transgiordania. Il Colonial Office di Londra decide divisioni amministrative di comodo, compresa la divisione tra Cisgiordania e Transgiordania. Di comodo anche la divisione, oggi data per assodata, tra i territori sotto mandato francese (Libano e Siria) e quelli sotto mandato britannico. Tale confine non esisteva in epoca ottomana. Tra le due guerre crescono le tensioni tra arabi palestinesi ed ebrei.

21 - 1947 - La partizione dell‘Onu Dopo la Seconda Guerra Mondiale ancora non si è fatta chiarezza su come impostare il rapporto tra arabi ed ebrei. All'ONU viene approvato un piano che prevede due Stati (Risoluzione 181). La Palestina viene divisa in sei settori, con confini precisi distribuiti a scacchiera sul territorio: tre agli arabi, tre agli ebrei. Sono gli unici confini stabiliti a un tavolo e non con le armi. Il non irrilevante difetto è che non sono confini difendibili e non sono stati stabiliti né dagli arabi né dagli ebrei. - 1948-1973 - La nascita di Israele e le guerre arabo-israeliane La fine della presenza britannica e la nascita dello Stato d‟Israele (14 maggio 1948) portano subito allla prima guerra arabo-israeliana (1948-49), che si conclude con la firma di armistizi separati. Inizialmente nessuna delle parti pensa che questa linea possa diventare un confine definitivo. Eppure, con piccole differenze e contestazioni, questa diventa la frontiera a cui ora la comunità internazionale fa riferimento e che anche arabi e israeliani in larga misura hanno finito con l'accettare. A questa guerra seguiranno altre tre (1956, 1967, 1973). Con quella del 1967 (Guerra del sei giorni) Israele annette Gerusalemme Est, occupa il Sinai egiziano, le alture del Golan (Siria). La Cisgiordania (sottratta alla Giordania) e Gaza (sottratta all‟Egitto), diventano territori occupati. Frattanto (è nata intanto l'Olp, l‟Organizzazione per la liberazione della Palestina, guidata da Yasser Arafat), si torna a parlare di Stato palestinese. Pochi osano parlare di confini e chi lo fa comincia a riferirsi a quelli del 1949 (oggi definiti i confini del 4 giugno 1967). - 17 settembre 1978 Gli accordi di pace di Camp David tra Egitto e Israele Con la mediazione USA (presidenza Carter), il Premier israeliano Menachem Begin firma la pace con il Presidente egiziano Anwar Saddat che prevede, oltre al ritiro completo degli israeliani dal Sinai, il riconoscimento dei legittimi diritti dei palestinesi e la loro autonomia. - 1980 – La "Knesset" approva la Legge Fondamentale su "Gerusalemme riunificata, capitale eterna d'Israele". Una decisione bocciata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU con la Risoluzione 478. - 1982 - Occupazione israeliana del Libano al fine di colpire le basi palestinesi in Libano, Israele occupa la fascia meridionale di quel Paese (da dove si è ritirata nel 2000). - 1987-1992 - Prima Intifada la popolazione palestinese dei territori di Gaza e Cisgiordania dà il via all‟Intifada (Sollevamento),

22 duramente repressa dall‟esercito, e solo nel 1992, dopo la vittoria elettorale dei laburisti, il governo abbandona la linea intransigente. - 1993 - L'accordo di Oslo - L'accordo parla di uno status provvisorio e uno definitivo dei Territori palestinesi. I confini provvisori sono realizzati creando le aree dell'Autonomia, con una complicata mappa a macchia di leopardo che divide i territori occupati in tre aree: A) dell'Autonomia, B) a controllo misto israelo- palestinese, C) a totale controllo israeliano. I confini dello status definitivo sono ancora da definire. Anche l'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) guidata da Yasser Arafat sembra orientata a ritenere accettabili quelli del 1967. Simile l'impostazione della sinistra israeliana, mentre le altre forze politiche israeliane ritengono necessarie modifiche sostanziali - a scapito dei palestinesi - tanto piu' si procede verso la destra politica. - 1995 - Assassinio di Yitzhak Rabin Il 4 novembre 1995 un estremista di destra israeliano assassina il premier Yitzhak Rabin. Una nuova serie di attentati terroristici palestinesi e la vittoria nelle elezioni dell‟esponente del Likud Binyamin Netanyahu (29 maggio 1996) rallenta quindi il processo di pace. - 1998-1999 - Accordi di Wye Plantation e Sharm el Sheik Il 23 ottobre 1998 (Wye Plantation, USA) e il 4 settembre 1999 (Sharm el Sheik, Egitto), accordi per il parziale ritiro degli israeliani dalla Cisgiordania vengono raggiunti, non risolvendo però la questione di Gerusalemme capitale. - 2000 - Seconda Intifada. A settembre riprende l'Intifada producendo attentati palestinesi e azioni repressive israeliane che bloccano ogni negoziato. Il 10 dicembre 2000 il governo laburista di Ehud Barak si dimette dopo aver cercato fino all'ultimo, con la mediazione del presidente americano Bill Clinton, un accordo con Arafat. - 2001 - Il ritorno di Sharon Le successive elezioni portano alla guida del governo Ariel Sharon, del Likud. Il piano di Sharon di smantellare gran parte delle colonie ebraiche nella Striscia di Gaza, in vista del ritiro unilaterale di Israele da quel territorio, suscita forti proteste nel Likud e negli altri partiti di destra. Di fatto esso prelude a una separazione netta e reale tra israeliani e palestinesi, constatata l'impossibilità di arrivare a una forma civile di coesistenza dei due popoli su uno stesso territorio. Il piano Sharon trova però l'appoggio dei laburisti e grazie al loro voto favorevole viene approvato il 25

23 ottobre 2004 dalla Knesset. Nel 2002 è iniziata intanto la costruzione del "muro di sicurezza" nei pressi della linea di demarcazione della Cisgiordania. - 2002 - Gli israeliani respingono il piano di pace presentato dall'Arabia Saudita al vertice della Lega Araba a Beirut e che comprende il riconoscimento di Israele da parte di tutti i ventidue paesi arabi, a patto che Israele si ritiri da tutti i territori palestinesi occupati dalla "guerra dei sei giorni" del 1967 e richiede inoltre agli israeliani la restituzione di Gerusalemme Est, lo smantellamento delle colonie in Cisgiordania e la possibilità di ritorno dei profughi palestinesi, sancita dalla risoluzione 194 dell‟ONU. - 2004 - Morte di Arafat La morte l'11 novembre 2004 del presidente dell'Autorità palestinese Arafat, da tempo bloccato nella sua residenza di Ramallah, riapre la strada del dialogo. - 2005 - Tregua firmata a Sharm el Sheikh da Sharon e Abu Mazen Il 10 gennaio 2005 si forma a Gerusalemme un nuovo governo di unità nazionale, guidato ancora da Sharon, ma con la partecipazione dei laburisti (con Shimon Peres vicepresidente). Il giorno prima Mahmoud Abbas (Abu Mazen) era stato eletto dai palestinesi presidente dell‟ANP. L‟8 febbraio Sharon e Abu Mazen firmano una tregua a Sharm el Sheikh, grazie alla mediazione dell‟Egitto e col sostegno degli USA e dei paesi occidentali. Abu Mazen si impegna a contrastare gli estremisti palestinesi e di fatto gli attentati suicidi e gli agguati diminuiscono per qualche tempo. In cambio, a metà marzo, le città di Gerico e Tulkarem, in Cisgiordania, sono state riportate sotto il controllo dell‟ANP. Per protestare contro il piano Sharon mobilitano gli abitanti delle colonie ebraiche e i partiti della destra, che nei mesi seguenti organizzano una serie di manifestazioni di piazza contro il governo a Gerusalemme e in molte altre città, e riprendono gli attacchi contro Israele dei movimenti radicali palestinesi contrari alla linea di Abu Mazen, in primo luogo Hamas e il gruppo della Jihad islamica, che non hanno rinunciato dell‟esercito cominciano a smantellare alcune infrastrutture militari lungo la Striscia di Gaza in vista dell‟inizio dello sgombero degli 8 mila coloni ebrei, programmato per agosto. - 2006 - Il governo Olmert, la vittoria di Hamas e il bombardamento del Libano. Colpito da ictus, il Primo ministro Sharon viene sostituito dal vice Ehud Olmert, del nuovo partito moderato Kadima. Il 25 gennaio 2006, alle elezioni legislative nei

24 Territori palestinesi, il partito di Arafat, al-Fatah, viene battuto per la prima volta dai radicali islamici di Hamas che, assumendo la guida del governo palestinese, ribadiscono il rifiuto di riconoscere lo Stato d‟Israele. La frattura tra il governo israeliano e l‟ANP diventa così totale. Il 28 marzo 2006 il nuovo partito Kadima, guidato da Ehud Olmert, vince le elezioni per la Knesset e dà vita il 16 aprile, a un governo di coalizione (con laburisti, Shas e Gil). Intanto, tra nuovi attentati suicidi e pesanti raid dell‟esercito a Gaza, la sospensione di gran parte degli aiuti internazionali all‟ANP e il boicottaggio di Israele mettono in ginocchio la già precaria economia nei territori palestinesi, inasprendo i costrasti interni tra laici e integralisti e, all‟interno di Hamas, tra moderati e fautori della guerra. A giugno dopo una settimana di sanguinosa guerra civile, Hamas prende il controllo della Striscia di Gaza, sconfiggendo le milizie di Al Fatah, il movimento del presidente palestinese, Mahmud Abbas (Abu Mazen). Nell‟estate 2006 (2 luglio–14 agosto), dopo il rapimento di due soldati israeliani in pattuglia al confine da parte di Hezbollah, Israele scatena una campagna di bombardamenti che si diffondono fino a colpire tutte le principali citta' libanesi e bersagliano in particolare obiettivi nel Libano meridionale e nella valle della Bekaa. L'esercito israeliano entra anche nel Libano meridionale raggiungendo in alcuni punti il fiume Litani. Forte la resistenza opposta da Hezbollah. L'esercito libanese non partecipa ai combattimenti. Oltre mille le vittime, soprattutto civili. Il 12 agosto il Consiglio di Sicurezza approva una risoluzione che chiede la cessazione immediata delle ostilità e l'invio di caschi blu nel Libano meridionale a rinforzo della missione Unifil. La tregua entra in vigore il 14 agosto.

- 2007 La ripresa delle trattative di pace ad Annapolis – Il 27 novembre riprendono ad Annapolis, negli Stati Uniti, le trattative di pace dopo sette anni di interruzione. Al vertice partecipano esponenti di una cinquantina di Stati e organizzazioni internazionali, tra cui la delegazione della Santa Sede guidata da mons. , con un duplice obiettivo: quello di giungere all‟istituzione di uno Stato palestinese e di ottenere una pace duratura per la regione. Partecipa anche una delegazione siriana. Assenti, invece, l‟Iran e i rappresentanti di Hamas. Al termine del vertice Abu Mazen e Olmert si impegnano ad avviare negoziati di pace e a concluderli entro la fine del 2008, ossia a realizzare per quella data le basi di una coesistenza

25 tra lo Stato israeliano e quello palestinese da creare. Il documento firmato in extremis non precisa volutamente i problemi da affrontare, ma solo la cornice entro i quali i negoziati devono svolgersi. Restano enormi ostacoli da superare, a cominciare dalla debolezza dei due leader politici, ambedue alle prese con forti contestazioni interne (il primo da parte di Hamas e il secondo da parte dell‟esercito e dei coloni israeliani). (Fonti principali ANSA, De Agostini, altre agenzie)

La questione di Gerusalemme città sacra a ebrei, cristiani e musulmani Gerusalemme è considerata come il problema più difficile nel contenzioso israelo-arabo. La città è sacra agli ebrei fin da quando, 3.000 anni, fa fu scelta da re David come capitale del regno di Israele. Per i cristiani la città è santa perché in essa visse e morì Gesù. Per i musulmani, poi, essa è sacra perché - secondo la tradizione coranica - dalla moschea di Al Aqsa (che sorge sulla spianata ove si ergeva il tempio ebraico distrutto poi dai romani nel 70 d.C.) Maometto salì misticamente al cielo. La città, posta su colline alte quasi 800 metri, conta, secondo statistiche israeliane del 1998, oltre 530 mila abitanti: 330 mila ebrei e 200 mila palestinesi. Nella parte araba la presenza ebraica, inesistente nel 1967, è di 180 mila persone. La città è divisa di fatto in due settori: quello Ovest, abitato da ebrei e rimasto sotto il controllo di Israele dal 1948, e quello Est, abitato dagli arabi e sotto amministrazione della Giordania (che si era annessa la città nel 1950) fino all'occupazione israeliana nella guerra del 1967. Le Nazioni Unite, nella risoluzione 181 del 1947 sulla spartizione della Palestina in due stati, arabo ed ebraico, avevano stabilito per Gerusalemme lo status di “corpus separatum”. Una decisione rimasta però inattuata, in seguito allo scoppio, nel 1948, della prima guerra israelo-araba, che si concluse con la divisione della città tra Israele e Giordania. Nel 1967 Israele, durante la "guerra dei sei giorni", occupò la parte Est della città e quindi vi estese le sue leggi e la sua amministrazione. Il 30 luglio 1980 il Parlamento proclamò l'intera città ''capitale eterna, unica ed indivisibile" dello Stato di Israele, uno status mai riconosciuto dagli arabi e dalla comunità internazionale, anche se il Congresso americano nell'ottobre 1995 adottò una legge che

26 imponeva lo spostamento dell'ambasciata americana a Gerusalemme. Finora però né l'ex presidente Clinton né l'attuale presidente Bush hanno ritenuto opportuno farlo, e ne hanno sempre rinviato l'applicazione. I palestinesi da parte loro vogliono che Gerusalemme Est sia la capitale dello Stato che aspirano a creare. La questione, estremamente complessa, è stata nelle trattative israelo-palestinesi di volta in volta o rinviata o oggetto di discussioni informali. (ANSA).

Stato del Kuwait Dawlat al-Kuwait

Superficie: 17.818 Km² Paesi confinanti: Iraq a NORD-OVEST, Arabia Saudita a SUD

Capitale: Al-Kuwait Altre città: Al Jahra, As Salimiyah

Abitanti: 2.213.403 (cens 2005); 2.322.000 (stime 2006) Gruppi etnici: Arabi, Asiatici Lingua: Arabo (ufficiale), Inglese Religione: Maggioranza musulmana sunnita; piccola minoranza cristiana di cui 251.000 cattolici (Annuario Pontificio)

Forma di governo: Monarchia costituzionale Sovrano: Emiro Sabah al-Ahmad al-Jabir al-Sabah dal 29 gennaio 2006 Primo Ministro Nasser Muhammad al-Ahmad al-Sabah, dal 7 febbraio 2006

Moneta: Dinar del Kuwait Membro CCG, Lega Araba, OCI, ONU OPEC e WTO

Rapporti con la Santa Sede Il Kuwait intrattiene rapporti diplomatici con la Santa Sede. L‟attuale nunzio è Mounged El-Hachem, arciv. tit. di Darni (dal 27 agosto 2005) che è anche Nunzio Apostolico in Bahrein e in Qatar.

27

Cenni storici e quadro politico Scarsamente abitato fino al XVI secolo, protettorato britannico dal 1899, il Kuwait è indipendente dal 19 giugno 1961. La scoperta di grandi giacimenti di petrolio lo ha trasformato in uno dei più ricchi Stati della penisola e uno dei maggiori esportatori mondiali di petrolio. il 2 agosto 1990 il paese è stato invaso dalle truppe dell‟Iraq e liberato nel febbraio 1991 da una forza militare internazionale dell‟ONU guidata dagli Stati Uniti che ha reinsediato l‟emiro. Nel 2005 il Primo ministro Sabah al-Ahmad ha avviato un processo di democratizzazione che si è accelerato nel 2006 quando questi è diventato il nuovo emiro. La vittoria delle opposizioni alle elezioni del 29 giugno 2006, le prime aperte anche alle donne, ha determinato un rimpasto di governo che si è ripetuto marzo 2007 quando il Primo Ministro è stato riconfermato dall‟emiro. (De Agostini)

Repubblica del Libano Al-Jumhuriya al-Lubnaniya

Superficie: 10.452 Km² Paesi confinanti: Siria ad EST e NORD, Israele a SUD

Capitale: Beirut Altre città: Tripoli, Sidone, Baalbeck, Zahleh

Abitanti: 2 126 325 ( cens. 1970 ); più di 3,5 milioni (stima approssimativa del 2006) Gruppi etnici: Arabi, tra cui palestinesi, (10% circa), Armeni, Siriani e altri Lingua: Arabo (ufficiale), Francese e Inglese diffusi Religione: Approssimativamente metà musulmani (Sciiti, Sunniti e Drusi) e metà cristiani (tra cui cattolici di vari riti, con netta prevalenza maronita, e ortodossi) Forma di governo: Repubblica parlamentare Presidente Elezioni del nuovo presidente, chiamato a succedere a Émile Lahud, previste il 12 gennaio 2008, dopo 11 rinvii. Primo Ministro Fouad Siniora, dal 19-VII-2005

28 Moneta: Sterlina libanese Membro di Lega Araba, OCI e ONU Rapporti con la Santa Sede Il Libano intrattiene rapporti diplomatici con la Santa Sede. L‟attuale Nunzio apostolico è mons. Luigi Gatti, arciv. tit. di Santa Giusta (dal 28 giugno 2001)

Cenni storici e quadro politico - 1920-1941 Dal mandato francese all‘indipendenza Già parte dell‟Impero Ottomano, assegnato nel 1920 in mandato alla Francia, il Libano ha ottenuto l‟indipendenza il 26 novembre 1941. - 1943 Il patto nazionale Nel 1943 un accordo non scritto (Patto nazionale) ha sanzionato una suddivisione confessionale delle cariche pubbliche: la Presidenza della Repubblica ai maroniti, la Presidenza della Camera dei Deputati agli sciiti, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sunniti, la Vice-Presidenza del parlamento ai greco- ortodossi, ai drusi il comando dello Stato Maggiore dell'esercito, e così via. Il parlamento di 99 deputati era composto in una proporzione di 6 cristiani a 5 musulmani, mentre i posti nell'amministrazione pubblica erano ripartiti in uguaglianza tra cristiani e musulmani. - 1958-1989 Le guerre in Libano e l‘accordo di Taef Sconfitto nel primo conflitto arabo-israeliano (1948-49), e dopo l‟arrivo di migliaia di profughi palestinesi il Paese è stato sconvolto nel 1958 da una prima guerra interna. Una nuova guerra è esplosa nel 1975, con la pesante intrusione di truppe siriane e israeliane. In realtà, non si è trattato di "una" guerra, bensì di "una serie di conflitti" sovrapposti: scontro tra libanesi cristiani e palestinesi all'inizio, poi interventi delle forze regolari siriane, israeliane, scontri tra sciiti e palestinesi, intra- sciiti, intra-cristiani, intra-palestinesi, ruolo iraniano, ecc. La guerra in Libano è stata la risultante di contrasti interni e di tensioni in una regione che ha vissuto dalla fine del secondo conflitto mondiale ben otto guerre: guerre arabo-israeliane (1948, 1956, 1967, 1972), conflitto Iraq-Iran (1981-88), invasione irachena del Kuwait (1990), scontri in Giordania tra l'esercito e la guerriglia palestinese (1970), guerra in Libano (1975-90). Il bilancio degli scontri è stato catastrofico per un paese di poco più di tre milioni di abitanti: 150.000 morti, 350.000 feriti, 19.000 dispersi, centinaia di migliaia di sfollati ed emigrati, oltre a un colpo fatale all'economia del Paese, una volta fiorente.

29 Solo nel 1989 è stato raggiunto un nuovo accordo tra le parti. I deputati libanesi, riuniti a Taef (Arabia Saudita) dal 30 settembre al 22 ottobre, hanno approvato un "Documento d'Intesa Nazionale" che ridisegna il sistema politico libanese: riduzione delle prerogative del Presidente della Repubblica (maronita) a favore del Presidente del Consiglio dei Ministri (sunnita), aumento del numero dei deputati da 99 a 108 (diventerranno poi 128) per metà cristiani e metà musulmani, abolizione del confessionalismo religioso, disarmo immediato di tutte le milizie, ritiro delle truppe siriane entro due anni, ecc. L'applicazione parziale degli Accordi di Taef è stata ripetutamente criticata dal Presidente dell'Assemblea dei Patriarchi e Vescovi cattolici e Patriarca Maronita, il Card. Nasrallah Sfeir. - 1991-2005 Il ―protettorato‖ siriano Nel 1990 le truppe israeliane hanno lasciato il Libano (mantenendo tuttavia fino al 2000 il controllo di una “fascia di sicurezza” profonda 10 km). Nel 1991 un trattato con la Siria ha sancito una sorta di ―protettorato‖ siriano sul paese. Nel settembre 2004 il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha ordinato il ritiro delle truppe siriane presenti nel paese dal 1975. La decisione del Parlamento di respingere la risoluzione dell'ONU ha provocato le dimissioni del Primo ministro Rafiq al-Hariri, attorno al quale si era compattato un ampio schieramento anti-siriano. L'uccisione di al-Hariri in un attentato a Beirut (14 febbraio 2005) e le grandi manifestazioni popolari che ne sono seguite hanno indotto la Siria a richiamare in patria le sue truppe. - Estate 2006 I bombardamenti israeliani sulla fascia meridionale del Libano La cattura di due soldati israeliani da parte delle milizie di sciite filo-iraniane di Hezbollah (11 giugno 2006) ha determinato l‟invasione della fascia meridionale del Paese da parte di truppe israeliane. I bombardamenti aerei si sono estesi alle principali infrastrutture, comprese le raffinerie e l‟aeroporto di Beirut, provocando diverse vittime. L‟inaspettata resistenza all‟invasione da parte di Hezbollah e le pressioni internazionali hanno però determinato una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell‟ONU (11 agosto ) che ha portato a un cessate il fuoco (14 agosto). Il contingente dei Caschi blu (composto in gran parte da italiani e francesi) si è dispiegato lungo il confine con Israele con il compito di garantire la stabilità della regione. Il 10 dicembre 2006, forte del prestigio ottenuto nella guerra e nelle operazioni di soccorso, l‟opposizione libanese guidata da Hezbollah ha organizzato

30 un‟imponente manifestazione a Beirut per costringere alle dimissioni il governo di Fouad Siniora. Seguono le dimissioni dal governo Siniora di cinque ministri dei partiti filo-siriani Hezbollah e Amal, dovute alle divergenze circa l‟'istituzione di un tribunale internazionale sull'assassinio di Hariri e anche alla richiesta non accolta di un rimpasto di governo che assegni maggiore potere alla componente sciita. La crisi politica si aggrava ulteriormente dopo l'assassinio del ministro cristiano Pierre Amin Gemayel, avvenuto il 21 novembre 2006. Il 24 giugno 2007 sei Caschi blu spagnoli nell‟UNIFIL sono rimasti uccisi nell‟esplosione di un‟autobomba. - 2007-2008 L‘elezione del nuovo Presidente del Libano Dopo una lunga fase di stallo e undici rinvii a causa del mancato accordo tra la maggioranza antisiriana e l'opposizione vicina a Damasco, il 12 gennaio 2008 l'Assemblea legislativa dovrebbe finalmente eleggere il nuovo Presidente chiamato a succedere a Émile Lahoud (cristiano- maronita filo-siriano in carica dal 1998). (Fonti: Agenzie, De Agostini; s.g.)

Sultanato dell‘Oman Saltanat 'Oman

Superficie: 309 500 kmq Paesi confinanti: Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Yemen ad OVEST

Capitale: Mascate Altre città: Matrah

Abitanti: 2 340 815 ( cens. 2003 ); 2 550 000 (stima 2006) Gruppi etnici Arabi 73%, Indiani 13%, Pakistani 7,4%, Egiziani 1,6%, altri 5% Lingua arabo (ufficiale), inglese Religione Netta maggioranza musulmana (in prevalenza ibadhi) induisti 7,4%, cristiani 3,7%, di cui 67.000 cattolici (Annuario Pontificio), altri 1,2%. Forma di governo: Monarchia assoluta Sovrano Sultano Sayed Qabus ibn Said, dal 24-VII-1970 Moneta: Rial Omani

31 Membro di CCG, Lega Araba, OCI, ONU e WTO

Rapporti con la Santa Sede L‟Oman non ha rapporti diplomatici con la Santa Sede.

Cenni storici e quadro politico Affidato nel 1891 dagli inglesi (che ne mantennero il protettorato) alla dinastia Al-Busaid, tuttora regnante, è indipendente dal 1971. È una monarchia assoluta pur con caratteri illuminati: dal 2000 il Consiglio consultivo del Sultano (83 membri) viene infatti eletto a suffragio limitato; non sono ammessi i partiti politici. Nel periodo 2003-2006 il paese, che ha un esercito tra i meglio equipaggiati della regione, ha offerto supporto logistico alle forze statunitensi e britanniche impegnate in Iraq. (De Agostini)

Stato del Qatar Dawlat al-Qatar

Superficie: 11.525Km² Paesi confinanti: Arabia Saudita ad OVEST, Emirati Arabi Uniti a SUD

Capitale: Doha Altre città: Dukhan, Umm Said

Abitanti: 744 029 ( cens. 2004 ); 838 100 (stima 2006) Gruppi etnici Arabi 53%, Iraniani 17%, Indiani e Pakistani 15%, altri 15% Lingua arabo (ufficiale) Religione musulmani Netta maggioranza musulmana, minoranze di altre religioni (stranieri) di cui 58.000 cattolici (Annuario Pontificio)

Forma di governo: Monarchia ereditaria Sovrano Emiro Hamad bin Khalifa al-Thani, dal 27 giugno 1995 Primo Ministro Abdallah bin Khalifa al-Thani, dal 30 ottobre 1996 Moneta: Riyal del Qatar

32 Membro di CCG, Lega Araba, OCI, ONU, OPEC e WTO

Rapporti con la Santa Sede Il Qatar ha rapporti diplomatici con la Santa Sede. Il suo attuale Nunzio apostolico è mons. Mounged El-Hachem, arciv. tit. di Darni (dal 27 agosto 2005) che è anche Nunzio Apostolico in Bahrein e Kuwait.

Cenni storici e quadro politico Già protettorato britannico, indipendente dal 3 settembre 1971, è una monarchia ereditaria. La prima Costituzione del paese, promulgata l‟8 giugno 2004, prevede l‟elezione a suffragio universale di un Consiglio consultivo di 45 membri. Nel 2006 il Qatar ha contribuito con circa 300 effettivi alla Forza dell‟ONU in Libano (UNIFIL). (De Agostini)

Repubblica araba siriana Al-Jamhuriya al'Arabiya as-Suriya

Superficie: 185.227 Km² Paesi confinanti: Turchia a NORD, Libano e Israele a OVEST, Giordania a SUD, Iraq ad EST

Capitale: Damasco Altre città: Aleppo, Hims

Abitanti: 13.782.315 (cens. 1994) 18.589.000 (stima 2006) Gruppi etnici: Arabi, Curdi, Armeni Lingua: Arabo Religione: Netta maggioranza musulmana (in prevalenza Sunniti), minoranze di altre religioni (stranieri) di cui cattolici 417.000 (Annuario Pontificio) Forma di governo: Repubblica presidenziale Presidente: Bahar al-Assad (Baath), eletto l'11 luglio 2000,riconfermato il 27 maggio 2007

33 Primo Ministro: Muhammad Naji al-Otari (Bath), dal 10 settembre 2003

Moneta: Sterlina siriana Membro Lega Araba, OCI ONU

Rapporti con la Santa Sede Santa Sede e Siria intrattegono relazioni diplomatiche. L‟attuale Nunzio apostolico è Giovanni Battista Morandini, Arciv. tit. di Numida (dal 6 marzo 2004). L‟ultima visita di un capo di Stato siriano in Vaticano risale al 21 febbraio 2002 (incontro fra Giovanni Paolo II e Bashar al-Assad)

Cenni storici e quadro politico Contesa nel corso dei secoli da diversi popoli, nel VII secolo la Siria fu conquistata dagli arabi e successivamente parzialmente occupata dai Crociati, entrò a fare parte dell‟Impero Ottomano dal 1517 al 1920 e dal 1920 al 1946 fu soggetto insieme al Libano al Mandato francese. Dopo l'indipendenza ottenuta nel 1946 è stata unita per tre anni (dal 1958 al 1961) all'Egitto, formando la Repubblica Araba Unita. Nel 1963 con un colpo di stato militare il potere fu assunto dal Baath (il partito nazionalista arabo di ispirazione socialista). Nel 1970, dopo la sconfitta nella "Guerra dei sei giorni" (e l'occupazione delle alture del Golan da parte di Israele), un nuovo colpo di stato del gruppo alawita interno al Baath portò al potere il gen. Hafez el-Assad. Alla sua morte il 10 giugno 2000 la carica di Presidente della Repubblica è passata al figlio Bashar el-Assad. Nel 1976 la Siria è intervenuta militarmente nella guerra civile in Libano, imponendo al paese una sorta di protettorato (avallato nel 1991 da un trattato di cooperazione). In seguito alla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell‟ONU che ordinava l‟immediato ritiro dal Libano delle truppe straniere (2 settembre 2004) e pressato dalle imponenti manifestazioni popolari anti-siriane a Beirut, il governo siriano nel marzo-aprile 2005 ha ritirato i suoi 14mila soldati dal Libano. La linea di confine con Israele sulle alture del Golan, tuttora occupate da Israele, è presidiata da una forza ONU di interposizione. In base alla Costituzione approvata con referendum il 12 marzo 1973, il

34 Presidente della Repubblica viene eletto ogni sette anni: il candidato è nominato dall‟Assemblea del popolo e deve essere confermato da un referendum popolare; è titolare del potere esecutivo e nomina il Governo. La pena di morte è in vigore. dell‟ONU con cui è stato richiesto alla Siria di cooperare all‟inchiesta internazionale sull‟assassinio dell‟ex premier libanese Rafiq al-Hariri (14 febbario 2005) ha messo in grave imbarazzo il governo. Il coinvolgimento delle massime autorità siriane nell‟uccisione di al-Hariri è stato infatti denunciato da molte fonti, primo fra tutti l‟ex vicepresidente siriano Abdel H. Khaddam (dimissionario dal giugno 2005). Nel gennaio 2006, pressato anche dalla minaccia di sanzioni da parte di USA, Regno Unito e Francia, il Presidente Bashar el- Assad ha annunciato la disponibilità a collaborare con la commissione d‟inchiesta dell‟ONU. Pochi giorni dopo, però, un nuovo evento ha distolto dal caso al-Hariri l‟attenzione internazionale: la protesta delle masse islamiche di tutto il mondo contro le vignette satiriche su Maometto (pubblicate mesi prima dal giornale danese Jyllands Posten). La protesta è partita proprio da Damasco, dove il 4 febbraio 2006 la folla ha assaltato e incendiato le ambasciate di Danimarca e Francia. Mentre ul ruolo del Paese nella crisi libanese continua a creare difficoltà nelle relazioni internazionali, Stati Uniti e Siria hanno ripreso contatti diplomatici dopo decenni: il 3 aprile 2007 una delegazione parlamentare statunitense ha visitato Damasco. La Siria ha partecipato al vertice di Annapolis del 27 novembre per la pace tra israeliani e palestinesi. Alle ultime elezioni politiche del 22-23 aprile 2007 è stata confermata la maggioranza assoluta del Fronte Nazionale Partriottico controllato dal partito Baath e il 27 maggio Bashar al-Assad è stato rieletto alla presidenza con il 97,6% dei voti. (De Agostini)

Somalia

Superficie: 637.657 Km² Paesi confinanti: Gibuti a NORD-OVEST, Etiopia e Kenya ad EST Capitale: Mogadiscio Altre città: Hargeisa, Merca.

35 Abitanti: 7.114.431 (cens 1986); 8.860.000 (stima 2006) Gruppi etnici: Somali, Arabi, Afar, altri Lingua: somalo (ufficiale), arabo, italiano, inglese Religione: Stragrande maggioranza musulmana sunnita; altri 0,1% di cui i cattolici un centinaio (Annuario Pontificio)

Forma di governo: Governo di transizione Capo dello Stato: (interim): Abdullah Yussuf Ahmed dal 14 ottobre 2004 Primo Ministro (interim): Nur Hassan Hussein, succeduto a Ali Mohammed Ghedi, nel novembre 2004 Moneta: Scellino somalo

Rapporti con la Santa Sede: La Somalia a tutt‟oggi non ha rapporti diplomatici con la Santa Sede.

Cenni storici e quadro politico Il territorio dell‟attuale Somalia, indipendente dal 1 luglio 1960, risulta dall‟unione della Somalia (in amministrazione fiduciaria italiana dal 1950) e del protettorato britannico del Somaliland. Nel 1991 la cacciata del generale Siad Barre, al potere dal 1969, ha aggravato la guerra civile in corso, che neppure la forza di pace dell‟ONU (1992- 1995) è riuscita a risolvere. Si è innescato quindi un processo di frammentazione in diverse “repubbliche” con istituzioni amministrative e militari proprie: già nel 1991, nel Nord del paese, si era auto-proclamato indipendente il Somaliland; nel 1998 era la volta del Puntland, seguito negli anni seguenti dalle altre regioni soggette al potere dei "signori della guerra" locali. Alla Conferenza di Gibuti (maggio-agosto 2000) sono stati creati un Presidente, un Governo e un Parlamento transitori, che hanno ristabilito un parziale e incerto controllo del territorio solo dopo l‟intervento delle truppe etiopi nel 2006. Di seguito una cronologia dei principali avvenimenti di questi ultimi 16 anni: - 27 gennaio 1991. I ribelli del Congresso della Somalia Unificata (USC) prendono il potere a Mogadiscio. Fuga del presidente Mohamed Siad Barre, al potere dal 1969.

36 - 18 maggio 1991. Il Movimento nazionale somalo (SNM) proclama la secessione del Nord-ovest del Paese e fonda la Repubblica del Somaliland, non riconosciuta. - 9 dicembre 1992. Comincia l'operazione multinazionale 'Restore Hope' per aiutare le vittime della carestia e per ristabilire la pace. - 4 maggio 1993. Un'operazione dell'Onu prende il posto di 'Restore Hope', - 5 giugno 1993. 24 militari dell'Onu sono uccisi a Mogadiscio. - 3 ottobre 1993. Diciotto soldati americani sono uccisi a Mogadiscio. Washington decide il ritiro delle sue truppe. - 2 marzo 1995. Gli ultimi caschi blu lasciano la Somalia dopo il fallimento della loro missione (151 loro commilitoni sono rimasti feriti in vari episodi). - 24 luglio 1998. La regione del Puntland (nord-est) proclama la sua autonomia. - 2 maggio - 27 agosto 2000. Una conferenza a Gibuti sulla nascita di istituzioni di transizione si conclude senza essere riconosciuta dai cosiddetti signori della guerra. - 22 marzo 2001. i capi delle fazioni creano un Consiglio di riconciliazione e di restaurazione (CSRR) sostenuto dall'Etiopia. - 22 agosto 2004. Nasce a Nairobi un nuovo parlamento di transizione riconosciuto dai principali signori della guerra. - 10 ottobre 2004. Abdullah Yusuf Ahmed viene eletto capo dello stato dal parlamento. - giugno-luglio 2006. Le milizie delle corti islamiche prendono il controllo della capitale dopo molti mesi di combattimenti. - 9 ottobre 2006. I tribunali islamici minacciano l'Etiopia di una guerra totale. - 12 dicembre 2006. le corti islamiche danno una settimana di tempo alle truppe etiopiche per evacuare la Somalia. - 28 dicembre 2006. I combattenti islamici lasciano Mogadiscio accerchiata dalle truppe lealiste. Milizie legate al governo di transizione prendono sotto controllo gli scali della citta'. - gennaio 2007 Gli Stati Uniti entrano nel conflitto, a sostegno dell'esercito etiope e con l'appoggio del presidente e del governo somalo. L'intervento causa la morte di numerosi civili e viene criticato dall'Unione Europea e dall'ONU. Pochi giorni dopo, i signori della guerra accettano di disarmare le loro milizie e di entrare nel nuovo esercito nazionale.

37 - marzo 2007 Giungono a Mogadiscio le truppe ugandesi della missione di pace dell'Unione africana (Amisom, African Mission to Somalia) incaricate dall'Unione Africana di controllare la capitale e contrastare il ritorno delle milizie islamiche. In attesa dell'arrivo del resto dei "caschi verdi" che compongono le forze di pacificazione. Nonostante la loro presenza gli scontri aumentano di intensità - Maggio 2007. L'ONU annuncia che il governo somalo ha accettato di nominare la commissione di inchiesta che indagherà sui crimini di guerra commessi nel corso degli scontri del mese di aprile tra le truppe governative appoggiate dall'esercito etiope, ed i ribelli appoggiati da miliziani delle Corti islamiche. - Luglio 2007 Il lieve miglioramento della situazione consente il rientro di 125.000 sfollati. Tuttavia, i combattimenti non cessano, e la Conferenza di Pace e Riconciliazione pare non avere alcun effetto. Ancora da risolvere è poi la questione del Somaliland, stato autoproclamatosi indipendente. - Ottobre-dicembre 2007 Il Primo Ministro Ali Mohammed Ghedi presenta le sue dimissioni davanti al Parlamento provvisorio somalo riunito a Baidoa accrescendo la crisi in seno al traballante Governo di Transizione nazionale somalo a causa delle tensioni tra il Premier e il Presidente Yusuf, provenienti da clan diversi (il Presidente Yusuf rappresenta il clan Darod, mentre il Primo Ministro Ghedi il clan Hawiye). A Ghedi succede Nur Hassan Hussein che manifesta l'intenzione di aprire il dialogo con l'opposizione. L'assetto politico somalo è ulteriormente aggravato dalle perduranti tensioni fra la regione semi-autonoma del Puntland e quella del Somaliland, che si è proclamato da tempo indipendente, ma che nessun Paese lo ha finora riconosciuto ufficialmente. Sullo sfondo permangono le tensioni regionali, in particolare tra Etiopia ed Eritrea, e gli interessi delle grandi potenze che mirano a controllare un‟area strategica per garantire gli approvvigionamenti petroliferi del pianeta. L‟intensificarsi dei combattimenti, ha intanto provocato la fuga da Mogadiscio di centinaia di migliaia di civili: secondo i dati diffusi a dicembre dall‟Acnur, i profughi sarebbero oltre un milione. (Fonti: De Agostini; Ansa, altre agenzie)

38 Repubblica araba dello Yemen Al-Jumhuriya al-Yamaniya

Superficie: 527 968 kmq Paesi confinanti: Arabia Saudita a NORD, Oman a EST Capitale: San'a' Altre città: Aden, Ta'izz, Hodeida

Abitanti: 19 721 643 ( cens. 2004 ); 21 050 000 (stima 2006) Gruppi etnici Yemeniti 93%, Somali 3%, asiatici 1%, altri 3% Lingua arabo Religione maggioranza quasi assoluta di musulmani; altri 0,1% di cui cattolici 5.000 (Annuario Pontificio) Forma di governo: Repubblica presidenziale Presidente Ali Abdallah Saleh (MSA), dal 22 maggio 1990, eletto dall'Assemblea il 1° ottobre 1994, rieletto il 20 settembre 2006 Primo Ministro Abdul Qader Bagammal (MSA), dal 31 marzo 2001 Moneta: Riyal dello Yemen Membro di Lega Araba, OCI e ONU

Rapporti con la Santa Sede: Lo Yemen intrattiene rapporti con la Santa Sede. L‟attuale Nunzio apostolico è mons. Mounged El-Hachem, arciv. tit. di Darni (dal 22 agosto 2002)

Cenni storici La Repubblica dello Yemen è nata dalla fusione, il 22 maggio 1990, dello Yemen del Nord (Repubblica dal 26 novembre 1962, a seguito del colpo di stato che rovesciò la monarchia zaidita) e dello Yemen del Sud (già protettorato britannico, indipendente dal 20 novembre 1967). Secondo la Costituzione del 1991, emendata nel 1994, il Presidente, che è anche capo dell‟esecutivo, viene eletto a suffragio diretto con mandato di 7 anni. Il presidente uscente Ali Abdallah Saleh, al potere dal 1978, ha vinto le elezioni del 20 settembre 2006 con oltre il 77% dei voti. Nel nord del paese è attiva la guerriglia della minoranza sciita zaidita (maggioritaria in quelle regioni). Il 28 gennaio

39 2007 sei soldati yemeniti sono stati uccisi e altri feriti e nei mesi successivi il bilancio degli scontri si è aggravato. Il 2 luglio 2007 sette turisti spagnoli e due cittadini yemeniti sono morti in un attacco suicida nei pressi del sito archeologico di Marib. Il governo ha accusato la guerriglia integralista legata ad al-Qaida. (De Agostini)

La Santa Sede e la Terra Santa

Fino al 1929, la Terra Santa era sotto la giurisdizione del Delegato Apostolico in Siria, che risiedeva a Beirut (Libano). Pio XI decide, nel mese di marzo 1929, il passaggio della Palestina (territori sotto mandato britannico) alla Rappresentanza Pontificia del Cairo, che aveva una propria residenza a Gerusalemme. L‟11 febbraio 1948, per volontà di Pio XII, sorge la “Delegazione Apostolica a Gerusalemme e in Palestina”, che comprendeva Israele, la Giordania e l‟isola di Cipro. Dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Israele (14 giugno 1994), con la Giordania (3 marzo 1994), la “Delegazione Apostolica” copre esclusivamente Gerusalemme e i Territori Autonomi Palestinesi. Pertanto oggi esiste una Nunziatura Apostolica in Giordania, nella capitale Amman, una Nunziatura Apostolica in Israele, a Tel Aviv, e una Nunziatura a Cipro, nella capitale Nicosia.

STRUTTURA ECCLESIASTICA

CELRA Conferenza dei Vescovi Latini per la Regione Araba

Presidente S. B. Mons. Michel SABBAH Patriarca di Gerusalemme dei Latini

40 Vice-Presidente Mons. Jean Benjamin SLEIMAN, Arcivescovo Latino di Baghdad

Segretario Generale Padre F. Pierre GRECH

La Conferenza dei Vescovi Latini per la Regione Araba è stata istituita il 31 marzo 1967 e i suoi Statuti approvati il 23 agosto 1989. Comprende nove circoscrizioni ecclesiastiche, tutte immediatamente soggette alla Santa Sede e così organizzate:

Patriarcato di Gerusalemme dei Latini (Israele, Territori Autonomi palestinesi, Giordania e Cipro) Sito web: www.lpj.org

Patriarca S. B. Mons. Michel SABBAH (Arcivescovo Coadiutore: Mons. Fouad TWAL)

Ausiliare e Vicario generale Mons. Kamal-Hanna BATHISH, vescovo tit. di Gerico Ausiliare Vicario patriarcale per Israele Mons. Giacinto-Boulos MARCUZZO, vescovo tit. di Emmaus Ausiliare e Vicario patriarcale per la Giordania Mons. Salim SAYEGH, vescovo tit. di Acque di Proconsolare Vicario patriarcale per Cipro Padre Umberto BARATO, O.F.M.

Vicariato Apostolico di Alessandria Heliopolis e Port-Said per i Latini (Egitto)

Mons. Giuseppe BAUSARDO, S.D.B., Vescovo tit. di Ida di Mauritania

Vicariato Apostolico Latino di Beirut (Libano) Mons. Paul DAHDAH, O.C.D. Arcivescovo tit. di Are di Numidia

Vicariato apostolico di Aleppo dei Latini (Siria)

41 Mons. Giuseppe NAZZARO, O.F.M., vescovo tit. di Forma

Arcidiocesi di Baghdad dei Latini (Iraq) Mons. Jean Benjamin SLEIMAN, O.C.D.

Vicariato Apostolico d‘Arabia Mons. Paul HINDER, O.F.M. Cap. vescovo tit. di Macon

Vicariato Apostolico del Kuwait Mons. Camillo BALLIN, M.C.C.I., vescovo tit di Arna

Diocesi di Gibuti Mons. Giorgio BERTIN, O.F.M., Amministratore apostolico di Mogadiscio

Diocesi di Mogadiscio (Somalia) Amministratore apostolico: Mons. Giorgio BERTIN, O.F.M., vescovo di Djibouti

Le circoscrizioni ecclesiastiche latine della Regione Araba

PATRIARCATO DI GERUSALEMME DEI LATINI Gerusalemme è una delle cinque sedi apostoliche del cristianesimo insieme a Roma, Costantinopoli, Antiochia di Siria e Alessandria d'Egitto ed è la sede di diverse Chiese cristiane: sei cattoliche (Latina, Greco-Melkita Cattolica, Maronita, Siro-Cattolica, Armena Cattolica e Caldea), cinque ortodosse (Greco-Ortodossa, Armena Ortodossa, Copta, Siro-Ortodossa e Etiopica) e due protestanti (Anglicana e Luterana). In tutto i fedeli cristiani in Terra Santa, tra Israele e Autorità Nazionale Palestinese, si stimano in 170mila, in prevalenza di origine palestinese, cui vanno aggiunti stranieri residenti, religiosi e laici e qualche cristiano di origine ebraica. Si tratta di cifre molto approssimative e aleatorie a causa del continuo esodo dei cristiani dalla regione.

Storia Il Patriarcato Latino di Gerusalemme (già sede patriarcale dalle origini e fino all‟invasione araba del VII secolo d.C.) fu eretto la prima volta

42 dai Crociati nel 1099. Dopo la conquista di Gerusalemme da parte di Saladino nel 1187, la sede fu trasferita temporaneamente ad Acco (San Giuovanni d‟Acri) fino al 1291, quando quest‟ultima roccaforte crociata cadde in mano musulmana. In seguito, il Patriarca latino di Gerusalemme rimase a lungo vescovo titolare della diocesi, trasferendo la residenza in Europa. Per questo nel 1342 Papa Clemente VI decise di confermare l‟affidamento della custodia dei Luoghi Santi all‟Ordine dei Frati Minori (presenti dal 1217), che nei secoli hanno assicurato, tra varie vicissitudini, la continuità della presenza della Chiesa Latina in Terra Santa fino ai nostri giorni. La sede patriarcale fu rieretta il 23 luglio 1847 da Papa Pio IX che ristabilì anche l‟Ordine Equestre del Santo Sepolcro. Il suo primo Patriarca è stato S.B. Valerga, nominato da Pio IX anche Delegato apostolico per il Medio Oriente. Tra gli eventi di spicco che hanno segnato la vita del Patriarcato in questi ultimi anni si ricordano, in particolare, il Sinodo delle Chiese cattoliche in Terra Santa nel 2000 che aveva fissato come priorità la “Pastorale dei Luoghi Santi”, le celebrazioni del Grande Giubileo e naturalmente il Pellegrinaggio giubilare di Giovanni Paolo II in Terra Santa dal 20 al 26 marzo 2000 (91° Viaggio internazionale in Israele, Giordania e Territori Autonomi palestinesi).

Composizione e organizzazione Secondo stime molto approssimative (considerato il continuo esodo dei cristiani), i cattolici di Rito Latino sono in tutto circa 70mila nei tre Paesi sotto la giurisdizione del Patriarcato (Israele e Territori palestinesi, Giordania e Cipro). Come la maggior parte dei cristiani in Terra Santa (e fatta eccezione per Cipro) sono per lo più arabi locali, palestinesi e giordani, che convivono con le due maggiori religioni della regione: ebraica e musulmana. Numerosi anche gli stranieri residenti per lavoro. Le comunità più numerose, come ad esempio quella filippina, hanno le proprie cappellanie nazionali. A questi vanno poi aggiunti qualche centinaio di cattolici latini di espressione ebraica. Per quanto riguarda la struttura del Patriarcato, essa è organizzata in Vicariati patriarcali: Israele (sede a Nazareth); Territori Palestinesi (sede a Gerico), Giordania, Amman, Cipro e Nicosia. Esiste poi un vicariato patriarcale per i cattolici israeliani non arabi di espressione ebraica (sede a Gerusalemme) affidato al custode di terra Santa, p. Pierbattista Pizzaballa O.f.m.

43 Il territorio del Patriarcato Latino è suddiviso in 65 parrocchie, di cui una decina gestite dai Francescani e una dai Padri Carmelitani. In particolare, ai primi sono affidate le parrocchie legate ai Luoghi Santi che la Custodia francescana gestisce in collaborazione con le altre Chiese cristiane. Nel corso dei secoli essa ha acquisito in proprietà diversi Luoghi che rappresentano le tappe fondamentali della vita di Cristo e della Sacra Famiglia: dalla Grotta dell‟Annunciazione dell‟Arcangelo Gabriele a Maria a Nazareth, alla Grotta di San Giuseppe, fino alla Grotta di Eleona sul Monte degli Ulivi, dove Cristo ascese al cielo. Questo servizio è oggi condiviso con altri ordini religiosi: i Carmelitani (Monte Carmelo, Haifa), gli Assunzionisti (San Pietro in Gallicantu, a Gerusalemme), i Benedettini (Abbazia della Dormizione a Gerusalemme), i Padri Bianchi (Sant‟Anna a Gerusalemme) ecc.. La rierezione del Patriarcato nel XIX secolo ha infatti permesso il ritorno in Terra Santa di numerose congregazioni religiose. Oltre ai Francescani oggi si contano una trentina di istituti maschili (Carmelitani, Domenicani, Salesiani, Lasalliani, per citarne alcuni) e una settantina femminili (tra cui la Congregazione delle Suore del Rosario di Gerusalemme; le Suore della Carità di San Vincenzo de‟ Paoli, le Suore di Nazareth, le Suore di San Giuseppe ecc.) che svolgono diversi ministeri: dall‟accoglienza dei pellegrini, agli studi biblici, dalla pastorale all‟apostolato sociale. Una parte significativa di questi religiosi e religiose sono cittadini stranieri che devono fare i conti con non poche difficoltà per ottenere e rinnovare i visti e i permessi di soggiorno, un problema tuttora aperto con le autorità israeliane. Gran parte dei sacerdoti diocesani locali vengono formati nel Seminario patriarcale di Beit Jala (fondato nel 1852 dopo la rierezione del Patriarcato), affiliato, per i corsi di Teologia e Filosofia, alla Pontificia Università Lateranense di Roma. Altri seminari sono lo “Studium Theologicum Hierosolumitanum”, lo “Studentato Theologico Salesiano” a Cremisan e il “Theologisches Studienjahr” dei Benedettini. Il Patriarcato di Gerusalemme dei Latini è attualmente retto da S.B. Michel Sabbah, che oltre alla CELRA presiede l‟Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa (AOCTS), costituita nel 1992 per rafforzare l‟unità della Chiesa di Terra Santa, coordinare la testimonianza del Vangelo e il servizio della comunità, studiare i problemi comuni, scambiare le informazioni e le esperienze e svolgere

44 un‟azione pastorale comune e costituita dagli Ordinari cattolici dei sei riti che hanno giurisdizione in Terra Santa.

Attività del Patriarcato Tra le attività più importanti del Patriarcato c‟è ovviamente l‟accoglienza dei pellegrini gestita da diverse congregazioni religiose, a cominciare dai Francescani. Tra i centri coinvolti in queste attività si può segnalare il Pontificio Istituto “Notre Dame of Jerusalem Center”, eretto nel 1884 dagli Assunzionisti francesi con il nome di Centro "Notre Dame de ", trasformato nel 1973 da Paolo VI in Centro Internazionale della Santa Sede in favore dei pellegrini e eretto in Pontificio Istituto nel 1978 da Giovanni Paolo II. L‟opera sociale della Chiesa Latina di Gerusalemme riguarda in primo luogo il campo dell‟istruzione, quello sanitario e naturalmente l'assistenza alle necessità delle popolazioni di questa martoriata regione. La Chiesa locale gestisce oggi oltre un centinaio di scuole di ogni ordine e grado in tutte le parrocchie, frequentate da più di 50mila studenti, anche non cristiani. Tra queste spicca l'Università cattolica di Betlemme, affidata dai Padri Lasalliani (Ordine di Jean-Baptiste de La Salle). Sempre tra gli istituti educativi, meritano poi una particolare menzione le Scuole bibliche ed archeologiche che hanno dato un contributo importante agli studi biblici nel mondo. Tra queste: “L‟École Biblique et Archéologique Française de Jerusalem”, gestita dai Domenicani, lo “Studium Biblicum Francescanum” della Custodia di Terra Santa, il “Pontificio Istituto Biblico” affiliato all'omonimo istituto dei Gesuiti a Roma, l'"Instituto Español Biblico y Arqueologico „Casa Santiago‟” della Conferenza episcopale spagnola, e il "Pontificio Istituto di Ratisbona” per gli Studi ebraici. Si ricorda inoltre il "Tantur Ecumenical Institute of Theological Research”, istituto per la promozione del dialogo ecumenico fondato per volontà di Paolo VI dopo il suo pellegrinaggio a Gerusalemme nel 1964. Significativa anche la presenza della Chiesa locale nel campo sanitario: tra le altre cose, il Patriarcato gestisce una decina di ospedali. Una parte importante dell‟opera sociale della Chiesa Latina di Gerusalemme è costituita dall‟assistenza e il sostegno alle popolazioni locali. A questo scopo nel 1949 venne creata da Papa Pio XII la Pontificia Missione per la Palestina, che da quasi 60 anni ormai è impegnata non solo a fornire servizi essenziali, ma anche in

45 progetti di sviluppo. Oggi ha esteso la sua attività caritativa a Cipro, all'Iraq e alla Siria. Con essa collaborano i Catholic Relief Services (CRS), l'opera caritativa della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, la Caritas-Gerusalemme (istituita nel 1967) e la Caritas Giordania (creata nel 1968). Accanto a queste organizzazioni, nello stesso ambito operano anche i numerosi ordini religiosi presenti in Terra Santa con iniziative a favore dell'infanzia, dei poveri e più in generale delle categorie più vulnerabili della società. Tra le altre iniziative a favore dei cristiani in Terra Santa si può segnalare l'HCEF (Holy Land Christian Ecumenical Foundation), una Fondazione di carattere ecumenico istituita nel 1999 da un gruppo di cristiani americani per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla situazione dei cristiani in Terra Santa (sito: http://www.hcef.org.) (Fonte principale www.lpj.org/newsite2006 - l.z.)

La Custodia di Terra Santa La Custodia di Terra Santa dei Frati Minori fu fondata nel 1217. Nel 1291, caduto il Regno Latino di Gerusalemme, i conventi della Siria e della Palestina furono distrutti dai Saraceni, le comunità di religiosi occidentali espulse dalla regione, e molti religiosi uccisi. Nel 1333, i Sovrani di Napoli, Roberto e la moglie Sancia, acquistano dal Sultano di Istanbul (Costantinopoli) alcuni Luoghi Santi e ne affidano la custodia all‟Ordine dei Minori; ciò fu confermato da Clemente VI con una Lettera Apostolica del 21 novembre 1342. Fu permesso ai Frati Minori di stabilirsi come rappresentanti dei cattolici nella Custodia dei Luoghi Santi, presso il S. Cenacolo. Cacciati poi dal Santuario, a metà del sec. XVI, i Frati Minori poterono, dopo l‟intervento della Repubblica di Venezia, acquistare dai monaci georgiani il convento detto della Colonna, attuale convento del S.mo Salvatore. Oltre la potestà di Provinciale, il Custode aveva giurisdizione sul clero e sul popolo di Gerusalemme, fino al ristabilimento del Patriarcato latino (Lettera Apostolica Nulla celebrior, 23 luglio 1847). Il Custode di Terra Santa, che risiede dal 1558 al convento del S.mo Salvatore, è assistito da un Vicario e da sei Discreti (consiglieri) appartenenti ai vari raggruppamenti linguistici (francese, italiano, inglese, orientale, spagnolo, slavo- tedesco). Ha, inoltre, il privilegio delle insegne episcopali ed estende la sua giurisdizione su tutti i conventi francescani della regione

46 (Giordania, Israele, Libano, Cipro, Egitto e Rodi). Dal 2004 la Custodia è tenuta da padre Pierbattista Pizzaballa o.f.m. (Sito internet: www.custodia.org, in più lingue, con pagine "cliccabili" su ogni Luogo Santo.

I Luoghi Santi e lo ―Statu Quo‖ La questione della proprietà dei Luoghi Santi è sempre stata molto controversa tra le comunità delle tre religioni monoteistiche. Agli inizi del sec. XVII, la lotta tra le comunità bizantine e latine, già accesa, cominciò a subire gli alti e bassi della politica internazionale e delle relazioni tra il Sultano di Istanbul che considerava i Luoghi Santi cristiani come proprietà dello Stato, le Repubbliche Marinare italiane che proteggevano i latini, e lo Zar di Russia, tradizionale protettore delle Chiese ortodosse. Alcuni santuari passarono da una comunità all‟altra, a volte solo in base alle somme di denaro offerte alla Sublime Porta. In questa situazione confusa, i francescani hanno pagato un caro prezzo in vite umane e in proprietà. Nel 1850, ci fu un vano tentativo da parte francese presso il Sultano per definire la questione, ma la pressione russa sull‟Impero Ottomano spinse Istanbul ad emanare un decreto che sancì il mantenimento della situazione presente di fatto nei vari santuari al mese di febbraio 1852. Lo “Statu quo” congelò praticamente i reclami dei francescani in merito agli espropri di cui erano stati vittime da secoli. Lo “Statu quo” del 1852 è ancora in vigore e riguarda la situazione di alcuni Santuari. (s.g.)

VICARIATO APOSTOLICO DI ALESSANDRIA, HELIOPOLIS E PORT-SAID PER I LATINI Anche questa è una sede immediatamente soggetta alla Santa Sede. Costituita il 18 maggio 1839 come Vicariato apostolico di Egitto, ha assunto il titolo di Alessadria il 28 gennaio 1951. Il 30 novembre 1987 ha unito i titoli di Eliopoli di Egitto e di Port-Said, (già Canale di Suez il 12 luglio 1926). Il suo territorio comprende tutto l'Egitto dove i cattolici dei vari riti sono in tutto 214mila (Annuario Pontificio). La comunità di rito latino risale al sec. XVIII grazie all‟operato dei francescani. Conta oggi 30mila fedeli distribuiti in 17 parrocchie (Annuario Pontificio). Il Vicariato è attualmente retto da S.E. mons.

47 Antonio Bausardo, Salesiano, ed è rappresentato nell‟Assemblea della Gerarchia Cattolica d‟Egitto che riunisce oltre ai Latini, i vescovi Copto-cattolici; Greco-cattolici, Siri cattolici, Armeno-cattolici; Maroniti, il Consiglio dei Superiori Generali e l‟Unione delle Superiori Maggiori d‟Egitto. Papa Giovanni Paolo II ha visitato l‟Egitto dal 24 al 26 febbraio 2000 (Pellegrinaggio giubilare al Monte Sinai sulle orme di Mosè e della Sacra Famiglia - 90° Viaggio internazionale). Momento culminante del viaggio apostolico la celebrazione della Parola ai piedi del Monte Horeb nel Sinai. Tra le personalità incontrate il Grande Sceicco di Al-Azhar, S.E. Mohamed Sayed Tantawi. (Fonte Annuario Pontificio, agenzie cattoliche – l.z.)

La storia del Cristianesimo in Egitto Il cristianesimo è giunto in Egitto con Marco l‟Evangelista che fu, secondo la tradizione, il primo Patriarca di Alessandria. Il cristianesimo si diffonde presto come lo testimoniano copie del Nuovo Testamento e un frammento del Vangelo di Giovanni in lingua copta, risalenti al sec. II, e ritrovati in Alto Egitto e nell‟Egitto Centrale. Alessandria vanta, probabilmente, la prima Scuola di Catechesi della cristianità (190 d.C.) che ebbe insigni maestri quali Atenagora, Clemente, Didimo, il grande Origene che scrisse più di 6.000 commenti della Bibbia, e illustri visitatori come San Girolamo. La Scuola non si limitava alla teologia ma insegnava scienze, matematica, lettere, ed aveva sviluppato, quindici secoli prima della creazione dell‟alfabeto Braille, un sistema di scrittura basato su intagli nel legno per gli studiosi privi di vista. La Scuola di Alessandria (copto-ortodossa) è stata ri-fondata nel 1893 e possiede oggi campus in Egitto e all‟estero (Cairo, Alessandria, New Jersey, Los Angeles) dove si insegna teologia, storia, lingua copta, canto, musica, iconografia, tessitura di arazzi... Il monachesimo è nato nel deserto dell‟Egitto ed ha plasmato il temperamento mite ed umile della Chiesa copta. Sant‟Antonio, primo monaco, era figlio della Chiesa copta, così come gli altri Padri del Deserto: S. Pacomio, S. Paolo, il primo anacoreta, San Macario, San Mosè il Nero, San Mina, ecc. La Chiesa copta diede un notevole contributo nei primi cinque secoli dell‟era cristiana grazie ai suoi scrittori, esegeti e filosofi

48 (Pantenio, Clemente d‟Alessandria, Origene, Eracleto, Didimo), e grazie ai suoi Patriarchi, Confessori e Dottori della Chiesa (Alessandro, Atanasio, Teofilo, Cirillo). Il Patriarcato di Alessandria era, dopo Roma, la seconda Sede per ordine d‟importanza. Nei mesi di ottobre e di novembre del 451, si tenne il Concilio di Calcedonia, convocato dall‟imperatore di Costantinopoli, e poi approvato dal Papa. I padri sinodali (Legati Pontifici, oltre 500 vescovi orientali, 5 occidentali e 2 africani) condannano il monofisismo definendo l‟esistenza nel Cristo di due nature perfette, divina e umana, e destituiscono Dioscoro, vescovo di Alessandria per i suoi errori monofisiti. Costantinopoli afferma la sua potenza, rivendicando nell‟ordine delle sedi patriarcali, il secondo posto, dopo Roma. Non va dimenticato, in quel frangente, il contesto politico del Concilio, la lotta spietata tra le due capitali dell‟Impero Romano d‟Oriente: Alessandria, la capitale del pensiero teologico e filosofico, e Costantinopoli, la capitale politica e centro del potere. L‟opposizione tra le due culture, costantinopolitana ed alessandrina, e tra i due nazionalismi, copto e bizantino, si trasformò in rivalità tra le due metropoli ecclesiastiche. Ne consegue una divisione nel Patriarcato di Alessandria: la maggioranza “anti-calcedonese” segue il Patriarca Dioscoro e rifiuta le conclusioni del Concilio di Calcedonia e la sottomissione all‟autorità dell‟imperatore bizantino, mentre una minoranza di fedeli “calcedonesi” proclamano l‟accettazione delle risoluzioni e dell‟autorità del re, e per questo verranno chiamati “malachiti” o “melchiti” (fedeli al re); i primi sono alle origini dell‟odierna Chiesa copto-ortodossa, mentre quest‟ultimi sono i copti cattolici di oggi. Seguiranno tentativi infruttuosi per giungere ad un compromesso dottrinale, e violenze da ambo le parti. Bisanzio occupa l‟Egitto, e i copti accolgono con un sospiro di sollievo, nel 641, gli invasori arabi. Praticamente tutti cristiani al momento della conquista araba, i copti furono tollerati in un primo momento; ma venne applicata, progressivamente, la Shari‟a islamica (divieto di costruzione di nuove chiese e di riparazione di quelle esistenti; divieti nel vestiario; tassazione personale dei non-musulmani,

49 la “gìzia”, rimasta in vigore fino al sec. XIX). Oltre alle violente repressioni, fu la sistematica discriminazione “legale” piuttosto che la persecuzione aperta, a spingere crescenti numeri di copti a professare la religione islamica. Già nel sec. IX, i cristiani non erano più la maggioranza in Egitto. La prima presenza francescana risale al 1219, data della visita di S. Francesco d‟Assisi; lo testimonia uno scritto del vescovo di S. Giovanni d‟Acri, poi Cardinale Giacomo da Vitry, che incontrò il Poverello a Damietta, in Egitto: “Noi abbiamo potuto vedere il fondatore e il maestro di questo Ordine: un uomo semplice e illetterato, ma caro a Dio e agli uomini, di nome frate Francino. Egli era ripieno di tale eccesso di amore e di fervore di spirito che, venuto nell‟esercito cristiano, accampato davanti a Damiata in terra d‟Egitto, volle recarsi intrepido e munito solo dello scudo della fede nell‟accampamanto del Sultano d‟Egitto. Ai Saraceni che l‟avevano fatto prigioniero, egli ripeteva: „Sono cristiano; conducetemi davanti al vostro signore‟. Quando gli fu portato davanti, osservando l‟aspetto di quell‟uomo di Dio, il sultano l‟ascoltò per parecchi giorni mentre predicava Cristo... Poi, lo fece condurre con onore e protezione nel nostro campo, e mentre lo congedava, gli raccomandò: „Prega per me, perchè Dio si degni mostrarmi quale legge e fede gli è più gradita‟ ”. Nel sec. XIII, la Santa Sede affida la cura pastorale dei cattolici europei stabiliti in Egitto ai Frati Minori di Terra Santa. L‟epoca della dominazione dei Mamelucchi (XIII – XVI) fu molto dura per la Chiesa copta, come lo fu il periodo successivo ottomano; la comunità copta si ridusse all‟inizio del sec. XIX al suo minimo storico: 100.000 anime ca. Nel 1805, Muhamad „Alì, comandante albanese, viene inviato dagli Ottomani per “normalizzare” l‟Egitto. Estende il suo controllo sul paese e lo trasforma, in cambio di altissimi tributi, in potenza semi-indipendente, vassalla della Sublime Porta. Il paese gode di un clima di libertà e di benessere, la popolazione aumenta, e torna a crescere il numero dei copti. Le comunità cattoliche presenti oggi in Egitto appartengono a sette comunità: copto-cattolica, greco-cattolica, maronita, siro-cattolica, armeno-cattolica, caldea e latina. (s.g.)

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VICARIATO APOSTOLICO LATINO DI BEIRUT La comunità latina libanese è una delle sei Chiese cattoliche di cui si compone l‟articolato mosaico delle “minoranze” religiose presenti in Libano (18 in tutto): Maronita, Greco-Melchita cattolica, Armena cattolica, Siro-cattolica, Caldea. Anche il Libano è, in un certo senso, "terra santa": Gesù visitò a più riprese Tiro e Sidone predicando e guarendo i malati (la fliglia della Cananea). San Pietro trascorse una settimana a Sidone mentre si recava ad Antiochia, l'apostolo Giuda predicò a Beirut, e San Paolo fece scalo a Tiro. In seguito ai Concili di Efeso (431), di Calcedonia (451), di Costantinopoli (680-681), ed alla conquista islamica, la Chiesa in Oriente si trovò divisa in vari tronconi: nestoriana, monofisita, melkita, armena e maronita, ognuna con una lingua liturgica, una gerarchia e riti propri. Ma tutte queste Chiese, pur conservando la propria fede cristiana e lottando per il diritto alla differenza, condividono attualmente con l' non solo la lingua (l'arabo), la cultura e gli stessi stili di vita, ma anche le medesime difficoltà. Pare certo che l'attuale comunità latina in Libano risalga al sec. XIV con l'arrivo in Libano di francescani della Custodia di Terra Santa, intenti a curare la pastorale sia dei commercianti europei nei porti sul litorale libanese, sia dei fedeli maroniti e melkiti nel Monte Libano. Seguirono poi i cappuccini a Sidone (1626), i carmelitani a Mar Licha (1643), i gesuiti a Sidone (1644). Nel 1772, viene creato un Vicariato Apostolico Latino con giurisdizione sui territori del Libano e della Siria. L'arrivo di missionari protestanti anglofoni, all'inizio del sec. XIX, provocò un ulteriore impulso alle missioni cattoliche: i lazzaristi a Tripoli (1830) ed i gesuiti a Bikfaya (1833), i maristi a Jounieh (1898), i fratelli delle scuole cristiane a Tripoli (1886) e poi a Beirut (1894). Il Vicariato Apostolico Latino di Beirut consta oggi di una diocesi che comprende la capitale libanese, 8 parrocchie servite da sacerdoti secolari e da religiosi di varie congregazioni. Nel 2004 (secondo l‟Annuario Pontificio) contava 15.000 fedeli (nel suo insieme il Libano conta 1,854mila cattolici dei vari riti su una popolazione di più di 3,5 milioni di abitanti). Il Vicariato è attualmente retto da mons. Paul Dahdah, dell‟Ordine dei Carmelitani Scalzi.

51 Giovanni Paolo II ha visitato Beirut dal 10 all‘11 maggio 1997 (91° viaggio internazionale in Libano). (Annuario Pontificio – s.g.)

VICARIATO APOSTOLICO DI ALEPPO DEI LATINI È stato costituito il 27 giugno 1762. La diocesi comprende la città di Aleppo ed è suddivisa in 10 parrocchie con 12.000 battezzati (Annuario Pontificio). La comunità cattolica in Siria comprende oltre a quella Latina, i Greco-Melkiti (la comunità più consistente con più di 100mila fedeli), i Siro-cattolici, i Maroniti, gli Armeno-cattolici (con sede nella capitale Damasco) e i Caldei (con sede ad Aleppo). Negli ultimi tre-quattro anni la presenza cristiana nel Paese è aumentata a causa dell‟afflusso di rifugiati cristiani iracheni (molti dei quali caldei). È attualmente retta da mons. Giuseppe Nazzaro dell‟Ordine dei Frati Minori. Giovanni Paolo II ha visitato la Siria dal 5 all‘8 maggio 2001 durante il Pellegrinaggio Giubilare “sulle orme di San Paolo Apostolo” (93° Viaggio internazionale Malta, Grecia, Siria 5-9 maggio 2001). Oltre alla visita nei luoghi dell‟Apostolo delle Genti (Chiesa di San Paolo sulle Mura di Damasco e Chiesa memoriale di San Paolo), tra gli altri eventi significativi del viaggio si ricorda la visita e l‟incontro con la comunità musulmana siriana nella Moschea Omayyade di Damasco. (Fonte principale Annuario Pontificio – l.z.)

ARCIDIOCESI DI BAGHDAD DEI LATINI L‟arcidiocesi di Baghdad dei Latini (Babilonia) è stata costituita il 6 settembre 1632 ed elevata ad arcidiocesi il 19 agosto 1848. La città è anche sede del Patriarcato cattolico di Babilonia dei Caldei (che costituiscono la maggioranza dei cristiani in Iraq) e dell‟arcieparchia cattolica di Babilonia dei Siri (di rito orientale). La diocesi comprende la città di Baghdad che nel 2004 contava circa 2mila battezzati (Annuario Pontificio), una cifra oggi più bassa considerato l‟esodo dei cristiani da tutto il Paese a causa della guerra. La diocesi è retta attualmente da Mons. Jean Benjamin Sleiman, Carmelitano Scalzo.

I cristiani in Iraq: una presenza bimillenaria oggi a rischio La presenza cristiana in Iraq/Mesopotamia, terra di Abramo, risale alle origini stesse del Cristianesimo. Gli Atti degli Apostoli rilevano che

52 nella Pentecoste, tra i testimoni della prima predicazione degli Apostoli, c‟erano anche persone originarie di questa regione. L‟Iraq è quindi una terra biblicamente e storicamente importante per tutti i cristiani, data la ricchezza culturale e religiosa che nei primi secoli del cristianesimo si sviluppò e influenzò incisivamente la vita della Chiesa. La storia della presenza dei cristiani in Mesopotamia (una presenza articolata tra assiro-caldei, siriaci, armeni, latini, melchiti, ortodossi, protestanti) prima e dopo la creazione dell‟Iraq nel 1920 non è stata mai facile. Saddam Hussein aveva dato vita a un regime laico e i cristiani, capaci come piccola minoranza di adattarsi alle instabili situazioni politiche, avevano trovato un modus vivendi. Ma già ai tempi della dittatura si era cominciato a registrare un esodo crescente dovuto alle guerre che si sono susseguite nel Paese. Dal 1991 il regime aveva poi annacquato la precedente laicità e l'islam pervadeva sempre più la società irachena. Numerose comunità di caldei, assiri, siro-cattolici e ortodossi si sono quindi create all'estero, tanto da porre il problema della loro assistenza spirituale e della salvaguardia della loro identità culturale. L'esodo più massiccio si è verificato dopo l'intervento militare americano del 2003 e a causa degli attentati di questi anni, compresi quelli contro chiese e istituzioni religiose. Nel 2003, alla vigilia della guerra, la presenza dei cristiani in Iraq ammontava a circa un milione su 27 milioni di abitanti, poco meno del 4% della popolazione. Numerose famiglie sono andate a vivere nel nord del Paese in attesa del futuro. Altre migliaia vivono da profughi in Giordania, Siria, Turchia e Libano. Si tratta, per lo più, di famiglie che attendono che qualche nazione dove già ci sono amici e parenti, concedano loro di riunirsi. Spesso passano molti anni prima che ciò avvenga. Di conseguenza sono costrette ad affrontare numerose difficoltà umane e sociali; dal punto di vista religioso, e non solo, i sacerdoti ospitanti si curano di queste comunità di fedeli, ma le necessità sono maggiori dei loro mezzi. La presenza della Chiesa in Iraq si concretizza oggi soprattutto nel campo educativo, sanitario e socio-caritativo. Uno dei primi impegni dei missionari delle Chiese locali è stata la creazione di scuole nei villaggi e nelle città. All‟inizio le scuole erano aperte solo ai cristiani, in una seconda fase, anche ai musulmani. Domenicani, Carmelitani e Gesuiti hanno svolto un ruolo fondamentale in questo campo: ai Gesuiti di Boston si deve l‟istutuzione del prestigioso Baghdad College (fondato nel 1932) e dell'Università "Al Hikma" University (Facoltà di

53 Scienze e di Scienze dell'amministrazione, fondata nel 1956) dove si sono formati centinaia di studenti che concorsero ad ammodernare l'amministrazione e l'economia irachena, prima che il partito Baath nazionalizzasse le scuole, ne confiscasse gli immobili ed espellesse i missionari (1969). Non meno importante è stata l‟attività caritativa e socio-sanitaria. Al 1968, per citare solo un esempio, risale la creazione del St. Rafael Hospital, che, nonostante il numero limitato dei posti, rende immensi servizi alla popolazione di Baghdad.

(Informazioni tratte da un'intervista rilasciata a "Tracce" da mons. , Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, Nunzio apostolico in Iraq e Giordania dal 2001 al 2006 – l.z.)

VICARIATO APOSTOLICO D‘ARABIA Eretto il 4 maggio 1888 come Vicariato apostolico di Aden per sopperire ai bisogni pastorali di una piccola comunità, ha preso il nome di Vicariato di Arabia Arabia il 28 giugno 1889. La sua sede è ad Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti) e ha giurisdizione su tutti i cattolici residenti nella Penisola Arabica. Oltre all‟Arabia Saudita, il Vicariato, affidato ai Frati Cappuccini. comprende i territori di Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrain, Oman, e Yemen. Negli ultimi decenni la comunità cattolica locale, composta quasi esclusivamente di lavoratori immigrati delle più disparate nazionalità, ha conosciuto una crescita significativa. Nel 2004 il Vicariato contava oltre un milione e trecentomila fedeli, suddivisi in venti parrocchie curate da appena quarantacinque sacerdoti tra regolari e secolari. Questa crescita impone un ripensamento delle linee d‟azione pastorali in un contesto in cui la libertà religiosa è limitata, se non inesistente. Il Vicariato è retto attualmente Mons. Paul Hinder, dell‟Ordine dei Cappuccini. (Annuario Pontificio)

VICARIATO APOSTOLICO DEL KUWAIT La Missione fu eretta in Prefettura apostolica il 29 giugno 1953, distaccata da Pio XII dal Vicariato apostolico di Arabia ed elevata a Vicariato apostolico il 2 dicembre 1954. Il Vicariato, affidato ai Padri Carmelitani Scalzi (O.C.D.), comprende l'intero territorio del Kuwait, suddiviso in 4 parrocchie, ed ha sede nella capitale Madinat al-Kuwait.

54 La Chiesa in Kuwait si trova immersa in un contesto islamico, e rivolge le sue attenzioni pastorali in modo particolare alla presenza cristiana dei lavoratori immigrati presso le compagnie petrolifere del Paese. In tutto il Kuwait sono presenti circa 251mila cattolici (Annuario Pontificio). Oltre ai Carmelitani Scalzi, nel Paese sono presenti i Salesiani che gestiscono le scuole per i figli dei lavoratori immigrati e le Suore carmelitane indiane. Il Vicariato è retto attualmente da mons. Camillo Ballin, Missionario Comboniano del Cuore di Gesù. (Annuario Pontificio; sito internet http://www.ocd.pcn.net – l.z.)

DIOCESI DI GIBUTI La Missione è stata eretta come Prefettura apostolica il 28 aprile 1914 ed elevata a diocesi il 14 settembre 1955. Vi lavorano i Cappuccini (Ofm. Cap) che hanno evangelizzato la regione alla fine del XIX secolo quando era sotto amministrazione francese (con il nome di Costa dei Somali e dal 1967 fino all‟indipendenza con quello di Territorio francese degli Afar e degli Issa). I cattolici sono 7mila, pari allo 0,9 % degli abitanti (Annuario Pontificio). La diocesi è retta da mons. Giorgio Bertin, dell‟Ordine dei Frati Minori che è anche Amministratore apostolico di Mogadiscio, in Somalia. (Fonte: Guida delle Missioni cattoliche)

DIOCESI DI MOGADISCIO Dopo vari tentativi infruttuosi da parte dei Francescani del Vicariato Apostolico di Gallas (Etiopia) e l‟insediamento clandestino di una missione cappuccina a Berbera, la Missione fu eretta in Prefettura Apostolica, con il nome di Benadir, il 21 gennaio 1904, e affidata ai Trinitari. Il 15 dicembre 1927 fu elevata a Vicariato apostolico, cambiando il nome in quello di Mogadiscio, affidato ai Missionari della Consolata, cui nel 1937 succedettero i Francescani. Le Missioni furono distrutte durante la guerra e successivamente ricostruite. Dopo il colpo di stato militare del 21 ottobre 1969 in Somalia, le chiese, scuole e ospedali cattolici furono nazionalizzati e i missionari espulsi. Il Vicariato è stato successivamente elevato a diocesi direttamente soggetta alla Santa Sede il 20 novembre 1975. La diocesi comprende la capitale somala e conta una sola parrocchia. I cattolici sono un centinaio pari allo 0,001% degli abitanti (Annuario Pontificio).

55 Dall‟assassinio del vescovo mons. Salvatore Colombo, Ofm, il 9 luglio 1990 e a causa della sanguinosa guerra civile ancora in corso, la sede è rimasta vacante ed è attualmente affidata al vescovo di Gibuti, mons. Giorgio Bettin. (Fonte: Guida delle Missioni cattoliche)

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LA VITA DELLA CHIESA

Intervista con il Patriarca di Gerusalemme dei Latini e Presidente della Conferenza dei Vescovi Latini per la Regione Araba (Celra) Sua Beatitudine Mons. Michel Sabbah

D. – Lunedì prossimo inizierà la visita ad Limina Apostolorum della Conferenza dei Vescovi latini nelle Regioni Arabe (CERLA). Cosa si aspettano i presuli da questo incontro con il Santo Padre e cosa diranno al Papa? R. – La visita ad Limina è anzitutto una visita in cui tutti i vescovi del mondo sono invitati a venire dal Santo Padre per rendere conto e fare il punto di quello che è stato fatto e per illustrare quelle che sono le loro prospettive e le loro speranze per l‟avvenire. Saranno, quindi, presenti i vescovi del Medio Oriente e dell‟Africa (Egitto, Corno dell‟Africa, Somalia e Gibuti). La nostra priorità consiste molto semplicemente nella catechesi, poiché si tratta di rendere cristiani i cristiani, e non soltanto di nome, ma cristiani che accettino il loro cristianesimo in un mondo che non è cristiano. Il mondo in generale non è cristiano ed ancor di più il nostro mondo. I Paesi in cui viviamo sono Paesi arabi, Paesi musulmani e il numero dei cristiani è molto ridotto. Si tratta, quindi, per il cristiano di accettare il suo cristianesimo e soprattutto di viverlo. Non si tratta soltanto di accettare il cristianesimo, ma è fondamentale viverlo. Si tratta, anzitutto, di una questione di catechesi che si presenta a tutti noi. E‟ necessario comprendere come si può essere cristiani, come si può vivere il cristianesimo in una società non cristiana e, quindi, come essere testimoni di Gesù in una società non cristiana. Alla questione della catechesi è legata direttamente la questione delle migrazioni. La migrazione non ha soltanto un significato di ricerca, la

56 ricerca cioè di una migliore condizione di vita, ma ha anzitutto un significato di accettazione o meno della propria vocazione come cristiano, della propria vocazione di fede nella società nella quale Dio ci vuole. Dio ci vuole cristiani qui, nei nostri Paesi, dove siamo nati e non in altre parti del mondo. E Dio ci vuole cristiani qui, perché questa è la terra di Gesù e perché tutti i Paesi intorno alla Terra Santa sono stati proprio i primi Paesi a ricevere il cristianesimo, che hanno poi perduto, trasformandosi in Paesi non cristiani. Qui, in questa terra, rimane una vocazione speciale per ogni cristiano, quella di rimanere e di testimoniare a Gesù proprio in questi Paesi. Certo tante sono le difficoltà e le sfide, ma il cristiano deve comprendere che è chiamato ad una vocazione, è chiamato ad accettare le difficoltà e le sfide. Il cristiano deve soprattutto comprendere che ha la forza di potere affrontare tutte le difficoltà e tutte le sfide perché ha la forza di vincerle. Questo rappresenta una questione di catechesi, così come la stessa migrazione: il cristiano deve – certamente – cercare delle possibilità per migliorare la sua qualità di vita umana e sociale, ma deve anche provare a riuscire a trovare queste condizioni di vita laddove Dio lo vuole. Deve, quindi, poter sormontare tutte le difficoltà.

D. – Come vive la Chiesa locale? R. – Ci sono tante chiese locali ed alcune di queste chiese – soprattutto in Africa, nel Corno d‟Africa - sono state fondate in tempi lontani da religiosi, francescani e cappuccini in modo particolare, che sono stati i primi proprio questi Paesi a curare i rari cristiani che si trovavano qui. Ma questi religiosi hanno ovviamente servito tutte le persone che hanno incontrato, siano state esse cristiane o meno, e lo hanno fatto sia da un punto di vista di carità, di educazione e formazione, sia anche con delle istituzioni sociali come ad esempio gli ospedali. In Medio Oriente i cristiani sono stati sempre presenti e non sono arrivati successivamente. Siamo sempre stati presenti qui. Sono i nostri Paesi che si sono trasformati nella storia da Paesi cristiani a Paesi musulmani, sia nella cultura che nella religione. Tocca a noi ora, nuovamente, prendere coscienza della nostra missione in questi Paesi. La nostra vocazione è di essere cristiani in questi Paesi e di

57 testimoniare Gesù a chiunque viva in questi Paesi, sia che creda in Lui sia che non creda in Lui. E‟ nostro dovere testimoniare Gesù. Adesso i fedeli in tutti questi Paesi (e mi riferisco al Corno d‟Africa e alla penisola araba) sono stranieri, sono operai che vengono per lavorare. Ci sono anche cristiani arabi, ma la maggioranza sono europei, filippini o provenienti dall‟India. In Medio Oriente (compreso in Egitto, in Iraq, in Libano e in Siria) i latini sono locali sia perché c‟era una presenza di persone che veniva e si stabiliva in questi Luoghi Santi sia perché dopo le Crociate, alcuni crociati hanno deciso di rimanere. Ma in tutti i Paesi la presenza latina è, comunque, molto ridotta come numero. E‟ molto sviluppata, però, nelle istituzioni, nelle scuole, negli ospedali, nelle opere sociali. Si tratta di una presenza ridotta sì nel numero, ma molto efficiente, molto presente, che fornisce diversi servizi alla società, sia essa cristiana o non cristiana. E‟ una presenza grande nelle sue opere e nelle sue istituzioni. La diocesi latina più consistente è quella del Patriarcato latino di Gerusalemme, che si estende ad Israele, Palestina, Giordania ed anche Cipro. Qui sono presenti un gran numero di latini, rispetto ovviamente a quelli che sono i numeri relativi alla presenza cristiana nella regione. Siamo circa 80 mila. C‟è da dire che tutte le nostre cifre sono approssimative, specialmente quelle relative alle confessioni cristiane. I greci-ortodossi sono i primi come numero; subito dopo vengono i melchiti e noi siamo - come numero - vicino ai melchiti nei tre Paesi (Giordania, Israele e Palestina). La cosa più importante è che è presente un clero ed un seminario. In Terra Santa, fra tutte le chiese cattoliche, siamo gli unici ad avere un Seminario che ha sempre continuato a camminare, fin dalla sua fondazione nel 1848. E‟ sempre stato molto regolare, è sempre stato caratterizzato da vocazioni e fino ad oggi abbiamo avuto nuove ordinazioni, con una media annuale di 1-2-3 sacerdoti, Abbiamo anche 60 parrocchie e siamo presenti in 90 sacerdoti fra vescovi, patriarchi e religiosi e l‟età media è circa 50 anni. Il nostro clero è, quindi, un clero giovane e questo proprio grazie a questo seminario, che – grazie a Dio – continua a vivere ed operare. E‟ l‟unico seminario – come ho già detto – presente in Terra Santa. In Libano sono presenti altri seminari anche di altre chiese cattoliche che funzionano e che formano e preparano il clero per le diverse chiese. Queste sono, quindi, Chiese latine che hanno un‟origine missionaria, ma anche un‟origine caratterizzata da

58 pellegrini che si sono qui stabiliti, anche in seguito ad eventi storici, come guerre od invasioni. In seguito a questo, diverse persone hanno deciso di rimanere, portando con sé anche le proprie preghiere nella lingua latina prima e nella lingua araba del Paese poi.

D. – Quali sono le priorità pastorali per la Chiesa cattolica? R. – Le nostre priorità sono essenzialmente due: anzitutto la catechesi, affinché il cristiano sia veramente cristiano, affinché possa condividere, partecipare e contribuire alla costruzione della società; e poi l‟educazione alla giustizia e alla pace, perché tutti i nostri Paesi continuano a soffrire per una instabilità politica ed economica. Questa è anche una delle ragione per cui alcuni decidono di scappare da questa situazione. Noi spesso ripetiamo che il Paese è in costruzione e non si può, quindi, lasciare o abbandonare una casa che si sta costruendo. Bisogna impegnarsi e contribuire alla sua costruzione. E questa purtroppo è la situazione di tutti i nostri Paesi del Medio Oriente. Noi abbiamo bisogno di tutti, di tutti i cittadini cristiani e non cristiani. Questo caratterizza la formazione civica, che deve poi far parte della stessa educazione religiosa. Questo è il comandamento della carità, quando Gesù ci dice “Amatevi gli uni gli altri; amate Dio ed amate il prossimo”. Il prossimo è rappresentato da tutti i nostri prossimi, anche non cristiani, che stanno lottando per costruire il proprio Paese, per costruire una stabilità nel proprio Paese. Se vogliamo essere veramente cristiani, se vogliamo praticare il comandamento della carità, è proprio qui che siamo chiamati a farlo e a viverlo, dando una mano per la soluzione di queste sofferenze, di queste instabilità politiche ed economiche, cercando tutti insieme di entrare a far parte del cammino generale, dello sforzo generale di costruzione, così da riuscire ad arrivare ad una stabilità all‟interno del Paese. Questo richiederà certamente tanto tempo, ma l‟educazione dei cristiani in questa regione deve assumere questo senso: credere in Dio, credere nella presenza di Dio, perché Dio è con noi. Dobbiamo credere nel mistero dell‟Incarnazione, del Natale di Betlemme e poggiandosi sulla fede del Dio-Emmanuel vivere per costruire il mondo, con Dio e con tutte le persone che Dio stesso ci ha messo accanto nelle nostre strade e nelle nostre società.

59 D. – Quale oggi la situazione delle vocazioni sacerdotali e religiose? R. – Grazie a Dio per quanto riguarda le vocazioni del clero diocesano in Terra Santa, come ho detto precedente, ne abbiamo abbastanza e questo grazie alle nostre scuole parrocchiali. Ogni parrocchia ha una sua scuola, che segue tutti i programmi ufficiali, che fa sostenere ai propri allievi gli esami ufficiali, che si trova sotto la supervisione del Ministero dell‟educazione. Il parroco rimane sempre e comunque responsabile, sia con la carica di direttore sia in qualità di responsabile. Questo ci permette quindi di dare una educazione cristiana ai nostri cristiani. Ci preoccupiamo sempre di avere anche professori musulmani per i nostri allievi musulmani, perché, secondo la legge, ogni studente deve poter essere educato secondo la propria religione. Abbiamo così la possibilità anche noi di dare un‟educazione cristiana a tutti i nostri fedeli cattolici e cristiani. Grazie a questa educazione scolastica riusciamo anche ad educare, coltivare e formare al sacerdozio e alla vita consacrata. E per questo il nostro Seminario Minore e Maggiore registra sempre la presenza di chierici che arrivano all‟ordinazione dopo quattro anni di seminario minore e dopo nove anni di seminario maggiore. Anche per quanto riguarda le altre congregazioni religiose possiamo dire che sono presenti delle vocazioni, soprattutto francescani, le suore francescane, le suore di San Giuseppe, le suore del Rosario. In altri Paesi, come Egitto e Siria, dove il numero si era molto ridotto, perché magari non sono presenti chiese e scuole parrocchiali sono presenti certamente vocazioni per ogni chiesa, ma il clero nella maggioranza di queste diocesi proviene dall‟esterno, sia dagli stessi Paesi arabi (Medio Oriente, Libano, Siria) sia dall‟Europa. Anche le gerarchie provengono dalle congregazioni religiose, sono carmelitani, cappuccini o francescani.

D. – Qual è, invece, il ruolo dei laici? R. – Abbiamo tenuto il Sinodo di tutte le Chiese cattoliche dal 1993 fino al 2000. In questo tempo è emerso un gran numero di laici che si sentono veramente responsabili e che vogliono portare ed assumere le proprie responsabilità all‟interno della Chiesa. Sono migliaia i laici che lavorano e che sono impegnati nelle nostre opere e nelle nostre strutture (ospedali, scuole, opere sociali) e che hanno il senso della missione nel loro lavoro. Dopo il Sinodo è stato creato un Comitato composto da laici e da sacerdoti. Si tratta di un comitato di 72

60 persone che rappresenta tutte le chiese cattoliche di Terra Santa. E‟ anzitutto un organo di riflessione e di pianificazione per tutte le nostre chiese, che si incontra una volta l‟anno per definire e mettere a punto il piano pastorale per tutte le chiese cattoliche insieme. Quest‟anno il tema del piano pastorale è quello della famiglia. I laici cominciano, dunque, ad avere il loro ruolo e la loro azione nella chiesa e nei campi ecclesiastici e noi stessi li inviamo affinché siano presenti come cristiani e possano agire con il potere della loro vita cristiana e spirituale.

Dalle notizie della Radio Vaticana

ISRAELE

La sopravvivenza dei cristiani in Medio oriente a rischio rileva la rivista "XXI Secolo" GERUSALEMME, 14 mar 96 - "La possibilità di una sopravvivenza significativa delle comunità cristiane in Medio Oriente da molti esperti è ormai considerata “a rischio'". Lo rileva "XXI Secolo", la rivista italiana della Fondazione Giovanni Agnelli, nel suo ultimo numero dedicato alla "presenza cristiana nelle terre dell'islam", dal 1580 ai nostri giorni. La presenza piu' incisiva dei cristiani in Medio Oriente diventa ragguardevole nei primi quindici anni di questo secolo. Nel 1914 ha un'incidenza del 26,4 per cento, per poi scendere progressivamente sino al 6,3 per cento del 1995. Un "impressionante declino", annota la rivista, che tuttavia, visto il passato, "non deve essere considerato come irreversibile". intanto la diaspora assume sempre forme più gravi in alcune regioni e in alcune situazioni particolari, mentre "i problemi e le prospettive dei cristiani in medio oriente non sempre hanno riscosso, ne' riscuotono una adeguata attenzione a livello internazionale e nella stessa Europa". La rivista italiana "XXI Secolo" cita in particolare il caso del Libano dove " a causa della guerra 800 mila libanesi sono stati costretti a trasferirsi perdendo sovente, insieme alla casa, le altre proprietà e, naturalmente, il lavoro. A soffrire di piu' di questa situazione sono state le comunita' cristiane, a cui appartengono l'80 per cento dei trasferiti". L'allontanamento dei cristiani dalle terre mediorientali trova motivazioni anche nella incerta situazione giuridica che debbono

61 subire i cristiani stessi in quest'area. Situazione aggravata dalla diffusione di movimenti islamisti, che sono contrari al sistema democratico e che prospettano per le comunità cristiane il ritorno allo statuto di minoranze protette. Comunque, conclude la rivista, vi sono non infondati motivi di speranza che provengono da quei "molti intellettuali, giuristi, politici musulmani che lottano per modernizzare l'islam e per proporre una diversa lettura delle fonti islamiche che permetta di accettare i valori liberali connessi con la democrazia e coi diritti dell'uomo".

I 20 anni del FADICA, fondazione statunitense per l'aiuto alle comunità cristiane GERUSALEMME, 7 mag 96 - E' stato celebrato a Gerusalemme, la settimana scorsa, il ventesimo anniversario dalla nascita di Fadica, una fondazione statunitense per l'aiuto alle comunita' cristiane in Medio Oriente. Per l'occasione e' stato organizzato un incontro solenne tra i membri dell'associazione e i principali rappresentanti religiosi locali. Erano presenti, in particolare, il Nunzio apostolico in Israele, l'arcivescovo Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, il Patriarca ortodosso armeno di Gerusalemme, Torkom Manoogian, il Metropolita Timothy Margarits, il Vicario Generale del Patriarcato greco ortodosso, il segretario generale della Catholic Near East Welfare Association, mons. Robert Stern. "A guidare l'azione pastorale di Fadica, ha affermato durante la riunione il suo Presidente Francis Butler, e' essenzialmente una vocazione filantropica di ispirazione cattolica". "La fondazione - ha aggiunto - ha sponsorizzato, infatti, piu' di 50 convegni sull'approfondimento di tematiche cattoliche e il suo ruolo e' stato determinante nell'attuazione di alcuni importanti progetti, tra cui quello lanciato dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti sugli aiuti all'Europa centro orientale." In occasione dell'incontro di Gerusalemme, i membri di Fadica hanno inoltre eletto il loro consiglio direttivo per l'anno 1996-97. il nuovo vertice e' costituito da Erica John, direttrice, Francis Butler, presidente, William Raskob, vice presidente, e Philip Lewis, tesoriere.

La minoranza cristiana nei territori palestinesi perseguitata, secondo un rapporto del governo israeliano GERUSALEMME, 28 ott 97 - La minoranza cristiana, che abita nei territori palestinesi, viene perseguitata. Lo conferma un rapporto del

62 governo israeliano divulgato nei giorni scorsi dal quotidiano “Jerusalem Post”. "A livello sociale e religioso, i pochi cristiani rimasti nelle aree controllate dall'Amministrazione Palestinese sono soggetti ad una persecuzione implacabile e brutale" riferisce il rapporto, che aggiunge come « cimiteri cristiani sono stati distrutti, monasteri si sono ritrovati con le linee telefoniche tagliate ». Il documento racconta casi di convertiti al cristianesimo che sono perseguitati e di sacerdoti a cui la polizia ha intimato di non fare apostolato. Ibrahim Kandelafi, un palestinese cristiano con responsabilita' nella amministrazione palestinese, minimizza sullo stesso "Jerusalem Post" gli episodi di vandalismo e parla di «minoranza cristiana fanatica». Comunque, a sostegno delle proprie denunce, il rapporto annota come continui l'emigrazione dei cristiani dalle aree controllate dalla Amministrazione Palestinese. Nel 1948, esemplifica il rapporto, Betlemme era cristiana all'80 per cento, oggi questa percentuale e' dei musulmani. «Rimangono pochi cristiani nelle aree controllate dai palestinesi in Cisgiordania, afferma ancora il rapporto, chi può emigra, presto non vi saranno piu' cristiani nelle aree controllate dall'Amministrazione Palestinese, che sta cercando di nascondere l'esistenza di una massiccia ondata di emigrazione cristiana dalle aree sotto il suo controllo".

All‘Assemblea degli ordinari di Terra Santa nel 1997 il Patriarca Latino di Gerusalemme lamenta continue restrizioni ai cristiani GERUSALEMME, 12 nov 97 - Sua Beatitudine Michel Sabbah, Patriarca Latino di Gerusalemme, ha nuovamente lamentato le restrizioni alla libertà di movimento cui sono sottoposti in Israele i cristiani palestinesi. Le doglianze sono state espresse all‟Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa, riunita nella città santa. Anche l'arcivescovo melkita Lutfi Lahamalla ha giudicato "difficilissima" la situazione dei cristiani a Gerusalemme, costretti per ragioni di sicurezza a superare ostacoli quotidiani frapposti dalle autorità governative. "Tali cavilli permanenti - ha detto l'arcivescovo- spingono numerosi cristiani ad emigrare". All‟assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa hanno partecipato anche una delegazione della Conferenza episcopale tedesca guidata dal Presidente mons. Karl Lehmann, e da mons. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Nunzio Apostolico e delegato per Gerusalemme e la Palestina. La delegazione

63 dell'episcopato tedesco ha discusso del pellegrinaggio che tutti i vescovi della Germania faranno a Gerusalemme nel quadro del Grande Giubileo del 2000.

Il malumore della comunità cristiana per la costruzione della moschea vicino alla Basilica dell'Annunciazione GERUSALEMME, 13 mar 98 A Nazareth serpeggia il malumore nella comunità cristiana per via della moschea che i musulmani vogliono erigere vicino alla Basilica dell'Annunciazione. Lo rileva oggi la stampa israeliana sottolineando come questo progetto potrebbero seminare zizzania tra le comunità cristiana e musulmana di Nazareth. Secondo il “Jerusalem Post”, il Delegato Apostolico in Terra Santa, mons. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, ha già preso contatti con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahou. Il Delegato apostolico ha messo in evidenza come la comunità cattolica di Nazareth sia “molto inquieta” per il progetto della moschea. Intanto a Nazareth i musulmani hanno gia' occupato il terreno edificabile accanto alla Basilica dell'Annunciazione. Il comune ha gia' deciso di edificare su quel terreno un centro commerciale destinato ai pellegrini, che giungeranno numerosi in occasione del Grande Giubileo 2000. Un portavoce del comune di Nazareth ha detto che il terreno in questione appartiene all'amministrazione israeliana della terra, che ha gia' ordinato ai musulmani di sgombrarlo. Per domenica e' prossima e' convocato il tribunale amministrativo di Nazareth per confermare o meno questo ordine.

I 25 anni dell‘Università cattolica di Betlemme BETLEMMME, 24 set 98 - L'università cattolica di Betlemme festeggia, il prossimo ottobre, i suoi 25 anni di vita. Il prestigioso istituto universitario, membro della federazione internazionale delle università cattoliche e dell'associazione delle università arabe, venne infatti inaugurato il 1.mo ottobre del 1973, per volontà di Papa Paolo Vi e con il sostegno finanziario della Congregazione vaticana per le Chiese Orientali, allo scopo precipuo di fermare la massiccia emigrazione di cristiani dalla Terra Santa e di formare quindi una classe dirigente cristiana locale. L'istituto, affidato ai Fratelli delle Scuole Cristiane (lasalliani) e' aperto a tutti, senza distinzione di credo religioso, sesso o estrazione sociale. Oggi, due terzi dei suoi 2 mila studenti sono donne e musulmani. Proprio questa apertura e' uno dei punti di forza

64 dell'università di Betlemme che, giova ricordarlo, e'l'unico istituto universitario "occidentale" dell'area, e gode di un notevole prestigio anche tra gli intellettuali musulmani, soprattutto tra quelli che non condividono le tendenze integraliste. Lo ha sottolineato, in un'intervista rilasciata all'agenzia Apic, il suo attuale vice rettore, il lasalliano Vincent Malham, che ha rilevato, tra l'altro, come l'università sia riuscita a raggiungere questo ragguardevole risultato nonostante le obiettive difficoltà create dalla delicata situazione politica dell'area. Le celebrazioni dell'anniversario inizieranno il prossimo 4 ottobre alla presenza del cardinale Pio Laghi, Prefetto della Congregazione per l'educazione cattolica, all'epoca delegato apostolico a Gerusalemme, e che in tale qualità è stato il suo primo rettore. In questa occasione l'Universita' consegnera' una laurea "honoris causa" a fratel John Johnson, Superiore generale dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Le celebrazioni si concluderanno il 10 ottobre con una solenne celebrazione eucaristica presieduta da Sua Beatitudine Michel Sabbah, Patriarca latino di Gerusalemme.

Per la Santa Sede è impensabile scindere le questioni che interessano strettamente Gerusalemme con l'accesso ai Luoghi Santi, NEW YORK, 26 ott 99 - L'interesse della Santa Sede per i Luoghi Santi di Gerusalemme discende dall'interesse della Chiesa per le comunità che hanno un collegamento vitale con tali Luoghi e "per la Santa Sede è impensabile" scindere le questioni che interessano strettamente Gerusalemme con l'accesso ai Luoghi Santi. E' quanto ha ribadito mons. Jean Louis Tauran, Segretario per le Relazioni con gli Stati, in una conferenza a New York, sabato 23 ottobre, in occasione del cinquantesimo della Pontificia Missione per la Palestina. "I Luoghi Santi hanno un significato preciso non solo per la loro collocazione geografica - ha sottolineato l'arcivescovo -, ma anche per la presenza di diverse comunità. Senza questa presenza dinamica le località diventerebbero meri musei o attrazioni turistiche". Ecco perché, ha aggiunto mons. Tauran, "la Santa Sede non si preoccupa solo degli aspetti religiosi, ma ha il diritto e il dovere di occuparsi degli aspetti più specificamente politici e sociali. Soprattutto quando questi possono rappresentare un problema per chi vive in quei luoghi. Quando, in sostanza la politica diventa ostacolo alla libera espressione della fede".

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Giubileo dei Gesuiti in Terra Santa GERUSALEMME, 6 giu 00 - Gesuiti da ogni parte del mondo sono stati invitati dai loro confratelli della casa di Sant'Ignazio di Gerusalemme a prendere parte alla celebrazione del Giubileo della Compagnia nella Città Santa con l'obiettivo di esplorare le possibilità di un dialogo interreligioso tra ebrei, cristiani e islam. Allo scopo sono stati organizzati tra il mese di giugno e luglio tutta una serie di eventi cui sono stati invitati a partecipare gesuiti di ogni parte del mondo. Il programma prevede innanzi tutto un viaggio di studio, tra il 4 ed il 15 giugno, nei luoghi del Nuovo Testamento. La visita sarà guidata da padre Juan Manuel Martin-Moreno, sj, già esperto di pellegrinaggi in Terra Santa e corsi di studio sul Nuovo Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme. Tra il 17 ed il 25 giugno fr. Raymond Helmick, sj, che si è adoperato in questi ultimi anni nella risoluzione del conflitto arabo-israeliano, condurrà un incontro che avrà per tema l'impegno religioso nella risoluzione del conflitto. All'incontro parteciperanno anche esponenti del mondo religioso ebraico-israeliano e palestinese. Ospitato dalla comunità gesuita del Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme, tra il 27 giugno ed il 2 luglio, si svolgerà un congresso sul tema dell'impegno nell'apostolato ebraico-cristiano. Argomento dell'incontro sarà "Il significato dello Stato d'Israele nel dialogo ebraico/cristiano". Relatori del convegno saranno Fr. Arij Roest Crollius, ordinario di missiologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma; David Neuhaus, sj, del Pontificio Istituto Biblico di Roma e Fr. Tom Michel, sj, segretario dell'Ufficio per il Dialogo Interreligioso. Francis X. Clooney, sj, (Boston, USA) e Anand Amaladass, sj, (Chennai, India), entrambi noti per una profonda conoscenza delle religioni dell'India, in particolare della tradizione induista, tra il 4 ed il 10 luglio parleranno dell'identità cristiana alla luce dell'incontro con la cultura indiana. Tra l'11 ed il 17 luglio David Neuhaus, sj, forte dell'esperienza nel dialogo ebraico- cristiano, affronterà il tema della vitalità nel moderno giudaismo. Tra il 18 ed il 24 luglio Paul Heck, sj, che ha vissuto molti anni nei paesi arabi, in particolare in Giordania, conseguendo il dottorato in islamistica, terrà un corso sulla cultura islamica. Infine, tra il 25 ed il 31 luglio, Fr. William Fulco, sj, professore di studi sulla area dell'antico Mediterraneo al Loyola Marymount University, condurrà un corso che esaminerà le origini storiche ed antropologiche dei conflitti che da

66 sempre hanno tormentato il Medio Oriente e che persistono ancora oggi attraverso conflitti religiosi, politici e culturali.

Esponenti cristiani di Terra Santa incontrano Ministro degli Esteri israeliano per discutere Moschea di Nazareth GERUSALEMME, 12 set 00 - I più alti esponenti cristiani di Terra Santa hanno incontrato ieri, 11 settembre, a Gerusalemme il Ministro degli Esteri israeliano Shlomo Ben Ami. L'incontro è stato voluto dal Ministro per avere una opinione sulla sistemazione di Gerusalemme. All'incontro hanno partecipato il Patriarca Latino Michel Sabbah, il Patriarca Armeno Ortodosso Torkom Manukian, un rappresentante del Patriarca Greco Ortodosso Diodoros, ammalato, il padre francescano Giovanni Battistelli della Custodia di Terrasanta. L'incontro con il ministro israeliano Ben Ami è servito a discutere anche il problema della moschea di Nazareth, che dovrebbe sorgere nei pressi della Basilica dell'Annunciazione. Gli esponenti cristiani hanno chiesto al Ministro il ritiro del permesso di costruire la moschea e un intervento per fermare le azioni contro i cristiani favorite dall'atteggiamento benevolo del governo israeliano nei confronti del fondamentalismo islamico: ne è prova il basso numero di forze messo in campo per contrastare la violenza anticristiana. Dinanzi al problema sollevato della moschea a Nazareth il ministro israeliano ha dichiarato di non volerne parlare perchè non iscritto all'ordine del giorno dell'incontro.

L'unica strada per tornare alla pace è tornare ai colloqui di pace, afferma del Patriarca Latino di Gerusalemme davanti alla nuova ondata di violenza GERUSALEMME 5 ott 00 "L'unica strada per tornare ad un tempo di pace è tornare ai colloqui di pace, e vedere come ripristinare la situazione dominante prima del 1967. La strada per calmare la situazione è comprendere che i Luoghi Santi non possono essere toccati né soggetti ad alcuna contrattazione. Schierare soldati, mezzi militari e addirittura missili, non porterà la tranquillità e l'ordine, solo la giustizia lo potrà fare. E la via della giustizia era già aperta attraverso i colloqui di pace, e stava per raggiungere il suo scopo: occorre riprenderla". E' un passaggio della lettera pastorale che il Patriarca latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Michel Sabbah, ha divulgato davanti alla nuova ondata di violenza, che sta scuotendo la Terra Santa. Mons. Sabbah ribadisce il diritto delle persone alla vita

67 ed all'autodeterminazione, e che "la Città Santa dovrebbe essere la città della riconciliazione, dopo aver stabilito in essa la giustizia". Il Patriarca latino di Gerusalemme trasmette dunque ai fedeli quello che era stato anche il pensiero dei Patriarchi ed dei Capi delle Comunità cristiane di Gerusalemme, il 30 settembre, quando hanno riaffermato che è necessario "assicurare libertà di movimento, accesso, culto e preghiera" come è necessario "mettere fine alle violazioni contro tutti i luoghi santi di Gerusalemme". Inoltre essi hanno chiesto di applicare tutte le risoluzioni che "riflettano i principi della legittimità internazionale, e in particolare quelli relativi a Gerusalemme, per assicurare una pace globale, giusta e duratura per i popoli di tutte e tre le religioni monoteistiche in Terra Santa".

Nunzio Apostolico Sambi visita villaggi di Beit Jala, Beit Sahour e Betlemme, da settimane sotto il tiro delle armi israeliane GERUSALEMME, 17 nov 00 – Il Nunzio Apostolico in Israele, mons. Pietro Sambi, ieri 16 novembre, ha fatto visita ai villaggi di Beit Jala, Beit Sahour e Betlemme, da settimane sotto il tiro delle armi israeliane per sedare la rivolta dei palestinesi. Durante il periodo della visita, dalle 13 alle 20 di sera, le artiglierie israeliane hanno taciuto. Tutti questi villaggi hanno popolazione in maggioranza cristiana. Gli attacchi dei palestinesi a Gilo, un quartiere di Gerusalemme e la risposta israeliana su Beit Jala hanno portato alla distruzione di molte case dei cristiani e all'uccisione di decine di palestinesi. Il 15 novembre scorso è stato pure ucciso Harry Fischer, dottore tedesco luterano, sposato da 17 anni a una palestinese. Mons. Sambi ha voluto visitare tutte le famiglie cristiane colpite e le case distrutte. Ha anche potuto incontrare la vedova del dott. Fischer. Giorni fa mons. Sambi aveva dichiarato a Fides che "israeliani e palestinesi sono costretti dal destino a convivere". La pace e il dialogo, aveva aggiunto, "non può essere sacrificata all'orgoglio dei politici".

Riconciliazione e speranza. Sono queste le pietre miliari per la ricostruzione della pace nel Medio Oriente, afferma card Etchegaray a chiusura Anno Santo BETLEMME, 3 gen 01 - Riconciliazione e speranza. Sono queste le pietre miliari per la ricostruzione della pace nel Medio Oriente, come ha affermato il cardinale Roger Etchegaray, ieri 2 gennaio, durante l'omelia per la chiusura dell'Anno Santo in Terrasanta, nella chiesa

68 parrocchiale di Santa Caterina a Betlemme. La messa era iniziata alle 10.30, con un leggero ritardo. A causa dell'isolamento dei territori voluto da Barak, la delegazione vaticana ha dovuto esibire un permesso speciale per giungere a Betlemme. "Questa pace - ha detto il cardinale - non dipende solo da un processo diplomatico: procede da una conversione degli spiriti e dei cuori, si fonda sulla dignità totale dell'uomo, senza discriminazioni né violazioni, fino alla libera circolazione sociale e professionale. Se la giustizia e la verità non sono uguali per tutti, non possono neppure esservi giustizia e verità per nessuno". Inviato speciale di Giovanni Paolo II nella Giornata Mondiale della Pace, il presidente del Comitato centrale del Grande Giubileo, ha celebrato la messa insieme agli Ordinari cattolici di tutti i riti. Nel pomeriggio, tornato a Gerusalemme, il porporato ha riassunto il senso delle celebrazioni del Grande Giubileo del 2000 in Terra Santa in una conferenza presso l‟Hotel Notre Dame. Oggi, il card. Etchegaray dovrà incontrare, dopo mezzogiorno, Abu Ala, presidente dei deputati dell‟Autorità Nazionale Palestinese (Anp). Come è noto Arafat si trova negli Stati Uniti d'America. "Il Papa ha voluto far sentire ai cristiani di Terrasanta la sua vicinanza e i cristiani l'hanno percepita molto forte”. Lo ha detto mons. Pietro Sambi, il Delegato Apostolico di Gerusalemme e Palestina. “Lo dimostra – ha aggiunto il prelato - l'accoglienza calorosa fatta al cardinale Etchegaray. Il Papa ha voluto ripetere il suo forte incoraggiamento al dialogo per raggiungere la pace fra i popoli della regione e il cardinale è venuto per risvegliare le speranze della pace".

La violenza a Gerusalemme è in piena contraddizione con la vocazione della città afferma Patriarca Sabbah LONDRA 25 gen 01 - "La violenza a Gerusalemme è in piena contraddizione con la natura e la vocazione della città. Sebbene Dio l'ha voluta come città della riconciliazione, oggi è una città della non- riconciliazione". Lo ha detto Sua Beatitudine Michel Sabbah, Patriarca latino di Gerusalemme, intervenendo al simposio internazionale "La cristianità in terra Santa: passato, presente e prospettive future" in corso alla cattedrale di Westminster a Londra. "La questione di Gerusalemme - ha spiegato il Patriarca - ha un duplice aspetto, politico e religioso. Il nodo politico dev'essere risolto dalle parti in lotta, israeliani e palestinesi, rimuovendo tutte le forme di oppressione e occupazione e sulla base delle risoluzioni internazionali.

69 A questo livello Gerusalemme Est del 1967 può essere capitale della Palestina, Gerusalemme Ovest capitale di Israele". Dopo la soluzione politica vi è quella religiosa. "I leader politici e religiosi – commenta il Patriarca di Gerusalemme - devono considerare la santità della città, patrimonio dell'umanità. I capi politici devono individuare una strada speciale per mantenere la sacralità della città, il rispetto e la salvaguardia dei diritti civili e religiosi, la libertà di culto e la libertà di accesso in tempo di pace e di guerra. Bisogna sottoscrivere - aggiunge Sabbah - uno statuto speciale, riconosciuto dalla comunità internazionale per garantire stabilità. Ciò non vuole dire internazionalizzare la città, sottraendola al legittimo controllo dei governanti locali, ma un normale riconoscimento necessario oggi per ogni accordo". Sui cristiani di Gerusalemme, Sabbah ricorda l'esigenza della libertà di culto, ma anche "dignità di vita, pari opportunità per tutti e l'uguale diritto di ogni religione e di ogni persona a godere di piena libertà nella propria città" I cristiani non chiedono privilegi, afferma, o speciale protezione: essi sono cittadini e credenti come gli altri. "L'unica protezione valida per tutti, ebrei, musulmani e cristiani, sarà creare leggi giuste e non discriminatorie, perché la natura di Gerusalemme e la sua vocazione divina non ammettono nessuna discriminazione ed esclusivismo". Nel 1922 i cristiani erano il 51 per cento della popolazione in città. Nel 1947 sono scesi a un terzo, oggi sono solo il 2 per cento della popolazione locale. "I cristiani in Terra Santa – ha avvertito il Patriarca - sono chiamati da Dio a restare qui - . Anche quando l'instabilità politica rende più difficile la vita quotidiana, i cristiani devono essere consapevoli della loro identità e missione restare dove sono".

La pace assicurata soltanto da una mutua riconciliazione, affermano i pastori delle comunità cristiane di Terra Santa nel messaggio per la Pasqua GERUSALEMME, 10 apr 01 "Mentre tutte le Chiese di Gerusalemme celebrano le feste pasquali insieme, in questo primo anno del nuovo millennio esse affermano al tempo stesso che l'esperienza della Pasqua è un evento di liberazione. E' il trionfo della vita sulla morte, della pace sulla violenza. Guardando all'unico Dio che ha manifestato il suo potere sulla schiavitù e sulla morte, noi esortiamo tutte le autorità civili e politiche ad accogliere nei loro cuori la buona volontà e la buona fede che costruisce nuove generazioni con rinnovata

70 speranza e sostenuta fiducia". Inizia così il messaggio pasquale dei pastori delle comunità cristiane di Terra Santa, che ben vedono la gravità del momento presente. “La celebrazione della Pasqua significa ripresa della nostra speranza che la vittoria della vita sulla morte sarà anche testimoniata nella nostra tormentata terra. Deve solo accadere che la violenza e la discriminazione lascino il passo ad una reale pace, fra 'due popoli e tre religioni di questa piccola terra che Dio ha scelto per rivelare la Sua divina volontà". " Tale pace - è l'indicazione dei presuli di Terra Santa - può essere assicurata soltanto da una mutua riconciliazione, basata sul rispetto della dignità e del valore che Dio ha dato a tutti gli esseri umani. In nessun caso questa pace può essere imposta con la sola forza: essa è alimentata da una onesta applicazione della giustizia e della misericordia, in linea con le legittime risoluzioni internazionalmente accettate a beneficio della parte più debole".

Centinaia di cristiani arabi della Galilea da più di mezzo secolo non possono ritornare nei loro villaggi GERUSALEMME, 28 set 01 – Centinaia di cristiani arabi della Galilea da più di mezzo secolo non possono ritornare nei loro villaggi di Ikrit e di Biram conosciuti in Israele come “i villaggi gemelli”. Nel 1948, a causa della guerra, l‟esercito israeliano fece evacuare questi due villaggi ai confini con il Libano e ne minò le case. Nel corso di questi anni, anche con il parere favorevole della Corta Suprema, gli abitanti e i loro discendenti hanno continuato a chiedere al governo di Gerusalemme di tornare nelle proprie terre. Gli appelli sono risultati inutili a tutt‟oggi. Il primo ottobre, ci sarà una nuova udienza con i giudici della Corte Suprema, ma si teme che anche questa andrà deserta. Le famiglie dei due villaggi sono cattoliche, quelle di Ikrit di rito greco, quelle di Biram maronite. Nonostante il divieto di riprendere possesso delle loro case e terre, gli abitanti dei due villaggi continuano a celebrare matrimoni nelle rispettive chiese e a seppellire i loro morti nei rispettivi cimiteri.

I Patriarchi e i Capi delle Chiese guidano "Convoglio di solidarietà per la pace" GERUSALEMME, 23 ott ‟01 - Viaggeranno e pregheranno per la pace, da Gerusalemme a Betlemme, che è ancora occupata dall'esercito israeliano. Domani, 23 ottobre, i patriarchi e i capi delle Chiese di

71 Gerusalemme guideranno il "Convoglio di solidarietà per la pace", che partirà alle 10.45 dal check-point di Tantur, a Gerusalemme. Il convoglio, composto da un centinaio di auto, entrerà a Betlemme e giungerà fino a Pazza della Natività, dove leader sosteranno per un preghiera. Essi incontreranno poi la popolazione locale e offriranno le condoglianze alle famiglie delle vittime degli ultimi scontri. La processione continuerà fino a Beit Jala per una visita di solidarietà alla gente locale. Faranno parte del convoglio pure esponenti di comunità religiose cristiane e musulmane e membri di diversi movimenti pacifisti. Va notato che sulla manifestazione pendono tuttora dubbi: le autorità civili e militari israeliane sono state informate dell'iniziativa ma non si sa se daranno al convoglio il permesso di entrare nei territori palestinesi. "Se ci lasceranno entrare, tutto sarà tutto come previsto. Se non lo faranno, mostreranno al mondo violenza, mancanza di democrazia e di rispetto verso le religioni", spiega a Fides p. Raed Abusahlia, cancelliere del Patriarcato Latino. Gli scopi dell'iniziativa, dicono i leader religiosi in un comunicato, sono: mostrare solidarietà alla popolazione di Betlemme, ancora sotto occupazione israeliana; chiedere l'immediato ritiro dell'esercito israeliano dai territori autonomi palestinesi; invocare la cessazione di ogni forma di violenza da ambo le parti; invitare un intervento della comunità internazionale per proteggere al popolazione civile; chiedere a palestinesi e israeliani di tornare al tavolo di negoziato per raggiungere una soluzione del conflitto, basta sulla legalità internazionale chiedere alle Nazioni Unite di fare pressioni sulla parti per trovare soluzioni e metterle in pratica immediatamente.

Università di Betlemme sotto il fuoco incrociato di palestinesi e israeliani BETLEMME, 27 ott01 - "Chiediamo aiuto in questa tragica situazione. Occorre fare pressione su Israele perché ritiri i militari dai territori palestinesi e ci liberi dal fuoco incrociato". E' l'appello lanciato da padre Vincent Malham, rettore dell'Università Betlemme. Il campus, sostenuto con fondi vaticani, è chiuso da oltre una settimana e non riaprirà finché le truppe israeliane non si ritireranno da Betlemme. Il complesso, che si trova in mezzo al fuoco dei militari israeliani e dei tanzim palestinesi, è stato colpito più volte negli ultimi giorni, riportando gravi danni.

72 In un colloquio con Fides, p. Malham, membro della Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane (FSC), lancia l'allarme: "I danni al campus ammontano a oltre 50 mila dollari e, quel che è peggio, oltre duemila studenti palestinesi che frequentano le lezioni hanno interrotto i corsi accademici". Da quattro giorni l'Università, su cui sventola la bandiera vaticana, è stata colpita dal fuoco dei blindati e dei fucili. Circa 130 finestre sono rotte, 40 delle quali nel Palazzo accademico, da poco completato. Anche la residenza dei Fratelli delle Scuole Cristiane (otto americani, tre inglesi, un palestinese), annessa al complesso, è stata colpita, mettendo a rischio la vita dei membri della congregazione. Il rettore deplora l'attacco alle istituzioni cristiane come la Basilica della Natività. l'Università di Betlemme, l'Ospedale della Sacra Famiglia, la Chiesa di Santa Caterina, ed altri edifici. "L'attacco continua a creare incalcolabili danni fisici e psicologici alla città dove nacque Gesù Cristo".

Nuovo appello della Custodia di Terra Santa contro costruzione della moschea vicino a Basilica dell‘Annunciazione NAZARETH, 14 nov 01 - Sono cominciati giorni fa i lavori di escavazione per le fondamenta della moschea che estremisti musulmani vogliono costruire davanti al Santuario dell'Annunciazione a Nazareth. La Custodia di Terra Santa dei Frati Minori deplora la decisione del governo israeliano di autorizzare l'inizio dei lavori, protesta con fermezza e chiede la revoca immediata del permesso di edificazione. "Questa attività sta procedendo in totale disprezzo dei sentimenti e delle suppliche espresse in tutto il mondo dalla comunità cristiana" rileva il documento firmato dal portavoce della Custodia, il padre David Maria Jaeger. Il testo ricorda che la Santa Sede, la gerarchia cattolica, altri esponenti cristiani hanno chiesto con insistenza al governo israeliano di non rendere esecutiva la decisione, criticata pure da molti rappresentanti ebrei e musulmani, come il presidente palestinese Yasser Arafat e l'imam Hussein Tantawi, sceicco egiziano di Al-Azhar. La Custodia di Terra Santa, che ha rivolto al governo ripetuti appelli di revocare una decisione definita "incomprensibile", attende ancora risposta a un messaggio inviato al Primo Ministro Ariel Sharon tempo fa. "La costruzione di una moschea in quel luogo particolare - ricorda il comunicato - è una richiesta di estremisti islamici ed è stata accompagnata da minacce sempre più dure contro il Santuario e la comunità cristiana. Un tribunale

73 israeliano ha già deliberato che il terreno [su cui si vuole edificare la moschea] è demaniale e che le domande degli estremisti sono infondate. Nonostante ciò, il governo ha deciso ugualmente di concederlo agli estremisti". Intanto l'accesso al Santuario dell'Annunciazione resta difficoltoso. Già in passato i fedeli che vi si recavano ssono stati oggetto di lanci d pietre e insulti da parte dei fondamentalisti islamici insediati nel piazzale antistante alla Basilica. "La costruzione di una moschea - sottolinea padre Jaeger - metterà questo luogo santo in stato di assedio permanente e lo renderà un luogo d'incontro per gli elementi più radicali". Problemi sottolineati più volte dalla Custodia, rimasta inascoltata. "E' difficile sfuggire al sospetto – annota infine il comunicato - che quanto stiamo vedendo è un cinico tentativo di sfruttare l'attuale situazione internazionale, come le drammatiche condizioni della Terra Santa, per realizzare furtivamente questo piano dannoso".

Israele non è più credibile come garante dei Luoghi Santi, ribadiscono i leader cristiani della Terra Santa, in un nuovo appello NAZARETH, 4 dic 01 - Israele non è più credibile come garante dei Luoghi Santi: lo ribadiscono i leader cristiani della Terra Santa, in un nuovo appello, firmato anche da padre Giovanni Battistelli, OFM, responsabile della Custodia di Terrasanta. Il testo ripete ancora una volta che la costruzione della moschea a Nazareth rischia di avere effetti distruttivi sul dialogo ebreo-cristiano, faticosamente costruito da decenni. E si esprime l‟idea che la comunità internazionale dovrà estendere le garanzie ONU non più soltanto su Gerusalemme, ma su tutti i Luoghi Santi. La dura protesta di vescovi, patriarchi cristiani, religiosi, sottolinea che Israele abusa dell'autorità per manipolare i sentimenti religiosi e seminare divisioni fra cristiani e musulmani. Si chiede la revoca immediata della decisione del governo israeliano di far costruire una moschea sul territorio demaniale di fronte al Santuario dell'Annunciazione a Nazareth. "Alla costruzione della moschea, ricordano i firmatari, non sono favorevoli neanche leader religiosi musulmani e diverse autorità nazionali, in Terra Santa e nel mondo". "Se le autorità di Israele – conclude il messaggio - abusano dei loro poteri governativi per manipolare i sentimenti religiosi, per dividere la popolazione, creare conflitto, fomentare il fondamentalismo intollerante, allora esse non possono pretendere la

74 fiducia che rispetteranno i Luoghi Santi sotto la loro giurisdizione, appartenenti a ogni religione.

Nel Messaggio di Natale i 13 Patriarchi e Capi delle chiese cristiane di Gerusalemme rinnovano appello per la pace in un momento nuovamente critico GERUSALEMME 20 dic 01 - Una speranza più forte delle violenze e una gioia più forte "delle sofferenze e tristezze" a causa di Gesù, dono di Dio, nato nella stalla di Betlemme. È questo il senso del Messaggio di Natale 2001 che i 13 Patriarchi e Capi delle chiese cristiane di Gerusalemme hanno reso pubblico ieri. I Capi delle Chiese sono coscienti che quest'anno il Natale cade in un momento in cui "le speranze levatesi tante volte" sono state "fatte a pezzi dagli avvenimenti quotidiani" nel totale disprezzo della dignità e del valore dell'uomo" e secondo stili "contrari alla volontà di Dio e all'insegnamento di Gesù". Essi ricordano anche i vani tentativi di incoraggiare la ripresa dei negoziati fra Israele e Palestina, ma rinnovano l'appello "ai leader politici" per "iniziare una nuova era di giustizia e di pace" con Palestinesi e Israeliani" in pace e tranquillità "all'interno di frontiere riconosciute". Nei giorni scorsi tutti i Capi delle Chiese cattoliche hanno avuto un incontro con il Papa in Vaticano sul futuro dei cristiani in Terrasanta; il 17 dicembre, alla fine del Ramadan tutti i Capi cristiani hanno fatto visita a ad Arafat a Ramallah, fra i tank israeliani, che lo tengono prigioniero. Nel Messaggio i Capi delle Chiese invitano i cristiani di tutto il mondo a pregare "per lo stabilirsi della giustizia e della pace" e si appellano anche alla Comunità Internazionale perché abbia "abbastanza coraggio" per prendere decisioni giuste e attuarle. Ma il Messaggio esorta i cristiani a non emigrare e li conforta nella fede e nella gioia. Il Messaggio si conclude con un ultimo appello alla preghiera "per le nostre Autorità e per i due popoli" perché comprendano che "vivere insieme è possibile".

Sospesa la costruzione della moschea vicino a Basilica dell‘Annunciazione NAZARETH, 10 gen 02 - Il gabinetto israeliano per le questioni politiche e la sicurezza ha deciso all'unanimità di arrestare, con effetto immediato, i lavori di costruzione di una controversa moschea in prossimità della Basilica dell'Annunciazione a Nazareth. Fonti governative israeliane, nel darne notizia, hanno aggiunto che il

75 gabinetto ha affidato a una commissione presieduta dal vice-premier e ministro dell'edilizia Nathan Sharansky il compito di presentare entro due settimane proposte alternative per una soluzione della questione tale da soddisfare le parti interessate. La decisione del gabinetto giunge dopo forti pressioni della Santa Sede e delle Chiese locali che si erano veementemente opposte alla ''provocatoria'' costruzione della Moschea, voluta dal locale movimento islamico a pochissima distanza dalla Basilica. Ancora di recente, in occasione di un incontro in Vaticano sulla 'Pace in Terra Santa e il futuro dei cristiani' il 13 dicembre scorso, la Santa Sede aveva espresso ''preoccupazione'' per l'autorizzazione data da Israele alla costruzione della moschea. Apprezzamento per la decisione del governo israeliano è stato espresso, tra gli altri dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti. "La decisione [del blocco], in accordo con la legge israeliana si legge in un comunicato - riflette una comprensione del profondo significato religioso che la Basilica ha per i cristiani in tutto il mondo e ci rassicura sull'impegno del governo di Israele ad assumersi le sue responsabilità verso i luoghi santi, con particolare riguardo a garantire lo status quo".

Pubblicata la ―Prima dichiarazione di Alessandria dei leader religiosi della Terra Santa‖ GERUSALEMME/ALESSANDRIA, 24 gen 02 - "Nel nome di Dio Potente, Misericordioso e Compassionevole, noi leader religiosi, musulmani cristiani ed ebrei, preghiamo per la vera pace in Gerusalemme e in Terra Santa e dichiariamo il nostro impegno per la cessazione della violenza e dello spargimento di sangue che negano il diritto alla vita e alla dignità". Con queste parole inizia "La prima dichiarazione di Alessandria dei leader religiosi della Terra Santa", giunta al termine del Summit "senza precedenti" svoltosi dal 21 al 24 gennaio ad Alessandria, presieduto dall'arcivescovo di Canterbury George Carey e promosso dal Patriarcato di Gerusalemme. In sette punti gli esponenti delle tre religioni si impegnano a usare la loro autorità religiosa e morale per porre fine alla violenza e riaprire il processo di pace. "Uccidere innocenti in nome di Dio è una dissacrazione del suo santo nome", si legge nella dichiarazione, "e diffama la religione nel mondo". La violenza è "un male" da fermare, "cercando di vivere insieme come vicini nel rispetto dell'integrità storica e religiosa di ciascuno". Riferimento esplicito è riservato ai Luoghi Santi, che

76 "devono essere preservati nella loro santità e integrità". Un appello è riservato POI ai leader politici di entrambe le parti a "lavorare per una giusta, sicura e durevole soluzione", per un "cessate il fuoco", la "fine delle restrizioni" e la "ripresa dei negoziati". "Cerchiamo di creare un'atmosfera dove le presenti e future generazioni potranno coesistere con mutuo rispetto e fiducia", conclude il documento. Le raccomandazioni della dichiarazione firmata tra gli altri anche dal Patriarca latino Michel Sabbah saranno oggetto del lavoro di una nuova commissione permanente congiunta.

L‘eventuale riconoscimento della concessione per la realizzazione di una moschea a ridosso della Basilica dell‘Annunciazione potrebbe raffreddare i rapporti tra ebrei e cristiani afferma mons. Sambi TEL AVIV, 16 gen 02 – L‟eventuale riconoscimento della concessione per la realizzazione di una moschea a ridosso della Basilica dell‟Annunciazione, a Nazareth, potrebbe raffreddare i rapporti tra ebrei e cristiani. E‟ la convinzione che mons. Pietro Sambi, Delegato Apostolico di Gerusalemme e Palestina, e padre David Jaeger, della Custodia di Terra Santa, hanno espresso, lunedì scorso, nella sessione di lavoro del Comitato ministeriale speciale. Il Comitato è stato istituito dal governo israeliano per rivedere la concessione rilasciata da precedenti governi per l‟edificazione della moschea a Nazareth proprio davanti alla Basilica dell‟Annunciazione. “Quando Israele stabilì relazioni diplomatiche con la Santa Sede, nel 1992-93, lo fece sottolineando che il tutto avveniva in un contesto di riconciliazione tra ebrei e la Chiesa cattolica” ha spiegato padre Jaeger al giornale locale Haaretz. Il francescano ha aggiunto che l‟accordo tra i due stati prevedeva un rispetto reciproco per i rispettivi simboli religiosi, evidenziando che l‟Annunciazione è proprio il primo riferimento per il mondo cristiano. Il Comitato preposto, composto dai ministri Natan Sharansky, Meir Sheetrit, Matan Vilnai, Uzi Landau ed Avigdor Lieberman, ha intanto reso noto che allo stato attuale sono al vaglio due alternative: o costruire la moschea in un altro luogo offrendo ai mussulmani un nuovo terreno oppure realizzare un luogo di culto ridimensionato rispetto a quello previsto dal primo progetto. La concessione era stata riconosciuta dai governi Barak e Netanyahu, ma l‟attuale esecutivo israeliano ha preso in seria considerazione la netta

77 opposizione del mondo cristiano e ha deciso di rivedere la norma che prevede l‟autorizzazione.

Autorità israeliane orientate a far cessare definitivamente i lavori di costruzione della moschea NAZARETH, 1 mar 02 – Il comitato interministeriale israeliano, incaricato di studiare il problema della moschea di Nazareth, è orientato a far cessare definitivamente i lavori di costruzione dell‟edificio musulmano nei pressi della Basilica dell‟Annunciazione. Il comitato ha in pratica terminato le sue sessioni e, come rileva la stampa israeliana, dovrebbe raccomandare nei prossimi giorni la cessazione definitiva della costruzione della moschea. Del comitato interministeriale fanno parte i ministri per l‟habitat Nathan Sciaranski, per le infrastrutture Avigdor Lieberman, per la sicurezza interna Uzi Landau, e l‟ex ministro druso senza portafoglio Salah Tarif. Nei giorni scorsi, il comitato aveva incontrato il Delegato Apostolico mons. Pietro Sambi e padre David Jaeger della Custodia di Terra Santa, i quali hanno ribadito il punto di vista della Chiesa locale e della Santa Sede contrarie in ogni modo alla costruzione della moschea vicino alla Basilica dell‟Annunciazione.

Non ci si può riferire al terrorismo per giustificare la violenza di questi giorni, afferma il Patriarca Sabbah GERUSALEMME, 3 mar 02 – “Non ci si può riferire al terrorismo, così come alcuni leader fanno, per giustificare la violenza di questi giorni. E‟ l‟odio la vera ragione di tanta crudeltà”. E‟ quanto ha detto il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, durante l‟omelia di Pasqua nella chiesa del Santo Sepolcro. “E‟ questo l‟effetto del dolore di un popolo, a cui è venuta meno la sua terra e la sua libertà. Quando tutto ciò terminerà, la nostra regione tornerà ad essere santa e si interromperà finalmente la spirale di odio e di sangue” ha sottolineato il Patriarca latino. “E‟ giunto il momento che i leader israeliani comprendano le ragioni e che si avvalgano dell‟aiuto della comunità internazionale per il ripristino della pace e della sicurezza e non prendano altre misure che generino ancora morte. La violenza di questi giorni ha portato inutili sofferenze ed ha reso il cammino di pace ancora più irto di ostacoli”. Mons. Sabbah ha ricordato, inoltre, che: “Questa Pasqua ha portato nel cuore dei cristiani gioia e dolore al tempo stesso. Gioia per la celebrazione del

78 mistero di Cristo e dolore per quel che accede nei nostri territori. Sembra che chi governi abbia ascoltato maggiormente il sentimento di morte e di vendetta, piuttosto che le leggi di Dio. Hanno ucciso l‟amore del Signore nei loro cuori e nei cuori del loro stesso popolo”. Il Patriarca ha, infine, ricordato il supporto dei fedeli che vivono fuori la Terra Santa, spiegando che: “La loro presenza può aiutare palestinesi e israeliani a ritrovare la via della giustizia, della sicurezza e della dignità”.

Finito dopo 38 giorni l'assedio delle truppe israeliane alla Basilica della Natività a Betlemme BETLEMME, 11 mag 02 - Finito dopo 38 giorni l'assedio delle truppe israeliane alla Basilica della Natività a Betlemme, i rappresentanti delle tre chiese cristiane hanno ripreso possesso del loro tempio con un'antica cerimonia che rigidamente ribadisce lo 'status quo', la gerarchia immutata e immutabile tra ortodossi, cattolici e armeni. Al tramonto di una giornata vorticosa di eventi, i religiosi si sono schierati nell'ordine, prestabilito e accettato nei secoli, e sono rientrati, ieri, nella chiesa. Hanno fatto per primi l'ingresso i greco- ortodossi guidati dal Patriarca Irineos, che posseggono il 90 per cento della chiesa, seguiti dai francescani e dagli armeni. I francescani si sono lasciati andare a rumorose espressioni di giubilo, sotto lo sguardo severo degli ortodossi tutti vestiti di nero, prima di varcare la Porta dell'Umiltà e iniziare la loro cerimonia: una piccola processione con candeline in mano nella Grotta della Natività, dove è nato Gesu', guidata dal Custode di Terra Santa padre Giovanni Battistelli e dal superiore dei francescani venuto, giovedì scorso, dall' Italia, padre Giacomo Bini. Il breve rito si è concluso con il canto di Natale Adeste Fideles. Per ultimi sono entrati gli armeni. Ciascuna delle chiese ha un suo settore, gelosamente e, a volte, violentemente difeso. I francescani non possono entrare nella chiesa che per i pochi metri sufficienti a passare tra il primo e il secondo pilastro sulla sinistra della Navata principale, ed uscire nel chiostro di San Gerolamo e la chiesa di Santa Caterina. L'accesso alla Grotta è invece aperto e libero a tutti. Unica eccezione alle norme, nel corso dei secoli, è stato questo periodo d'assedio, quando nell'emergenza tutti gli occupanti giravano liberamente dovunque all'interno della chiesa, senza timori di scatenare risse per aver infranto lo 'status quo'.

79 "Villaggio San Francesco": iniziativa della Custodia di Terra Santa per arginare l'esodo dei cristiani GERUSALEMME, 11 dic 02 – Per arginare l‟esodo dei cristiani dalla Terra Santa, i francescani della Custodia hanno avviato il progetto "Villaggio San Francesco", che prevede la costruzione di 70 case per famiglie cristiane nella zona di Betfage. Padre José Antonio Merino, ex Commissario di Terra Santa, ha dichiarato che "il paese di Gesù sta restando senza cristiani". Padre Merino ha rilevato inoltre che "le cause dell'esodo dei cristiani di Terra Santa bisogna cercarle soprattutto nel conflitto arabo-israeliano, che non permette di condurre una vita degna e normale", costringendo molti cristiani a lasciare il Paese. L‟emigrazione è infatti una vera e propria fuga di massa che a partire dall‟inizio della seconda Intifada, circa due anni fa, ha ridotto notevolmente la comunità cristiana, la cui presenza è stata in calo già a partire della fine del secolo XIX, quando i cristiani rappresentavano il 25% della popolazione. Oggi non arrivano neanche al 2,5 per cento.

Appello dei francescani di Terra Santa affinché le celebrazioni del Natale 2002 e dell‘Epifania abbiano luogo in un clima di serenità BETLEMME, 18 dic 02 - Un accorato appello affinché “le celebrazioni del Natale e dell‟Epifania abbiano luogo in un clima di serenità e di buona volontà” è stato diramato oggi dalla Custodia di Terra Santa dell‟Ordine dei frati minori (Ofm). “Mentre gli occhi di tutto il mondo cristiano sono rivolti a Betlemme – si legge nella nota - ci rivolgiamo con rispettosa insistenza a tutte le parti, le autorità, le forze e le organizzazioni presenti nell‟area affinché esprimano e mantengano l‟impegno a consentire che entrambe le celebrazioni religiose possano avvenire liberamente come segno di speranza per un futuro di pace per Betlemme e tutta la Terra Santa”. I religiosi auspicano quindi che “tutte le parti capiscano e rispettino l‟importanza trascendentale del Natale per i fedeli cristiani a Betlemme e in tutto il mondo, così come la speciale risonanza della celebrazione della Nascita del Principe della Pace per le popolazioni di ogni luogo”, soprattutto alla luce degli appelli del Santo Padre. In conclusione, i religiosi si augurano che “nel mezzo di un continuo violento conflitto, con il suo amaro raccolto di morte e distruzione, e visti i traumatici eventi della Basilica della Natività all‟inizio di quest‟anno”, un Natale sereno a Betlemme possa

80 rappresentare una “forte testimonianza che la pace è possibile” e che può essere raggiunta solo “con la buona volontà, da entrambe le parti”.

Di ritorno dalla Terra Santa i Presidenti delle Conferenze dei religiosi e delle religiose degli Stati Uniti, Inghilterra e Galles, sottolineano che ―la pace potrà arrivare solo se si pone fine all‘ingiustizia dell‘occupazione‖ WASHINGTON, 20 dic 02 – Di ritorno dalla Terra Santa, “pochi giorni prima di Natale”, i Presidenti delle Conferenze dei religiosi e delle religiose degli Stati Uniti, Inghilterra e Galles, sottolineano che “la pace potrà arrivare solo al termine dell‟ingiustizia dell‟occupazione e quando il popolo palestinese potrà vivere sicuro nella propria nazione”. “Crediamo – aggiunge la dichiarazione – che Israele non conoscerà pace e sicurezza finché non ci sarà una patria per i palestinesi". La dichiarazione resa nota al termine della visita in Terra Santa, è firmata da padre Canice Connors, Presidente della Conferenza dei Religiosi Usa (Cmsm), da suor Mary Ann Zollman, Presidente delle Religiose (Lcwr), da Margaret Scott, e da Nicholas Postlethwaite,, rispettivamente Presidente e vicepresidente dei Religiosi di Inghilterra e Galles. La delegazione ha compiuto una visita congiunta, definita una "prima collaborazione" tra le conferenze di religiosi per dimostrare "il comune impegno sul tema della pace internazionale". Due in particolare le richieste. La prima è rivolta al governo statunitense perché si adoperi "per convincere Israele a mettere fine alla occupazione illegale e ritirarsi sui confini della risoluzione delle Nazioni Unite" e "cessi l'espansione degli insediamenti". Ma d'altra parte ai capi palestinesi viene chiesto di "fermare" le azioni di terrorismo suicida e omicida. "La violenza, da parte dello stato o come azione disperata di singoli, porta solo altra violenza".

Terzo Incontro internazionale di vescovi sulla situazione dei cristiani in Terra Santa LONDRA, 11 gen 03 - Una delegazione della Commissione degli episcopati della Comunità Europea (Comece), del Consiglio delle Conferenze episcopali d‟Europa (Ccee) e di sei Conferenze episcopali si recherà la settimana prossima a Gerusalemme per partecipare al 3º Incontro internazionale di vescovi sulla situazione dei cristiani in Terra

81 Santa. Il vertice, ospitato da Sua Beatitudine Michel Sabbah, Patriarca Latino di Gerusalemme, è coordinato dalla Conferenza dei vescovi dell‟Inghilterra e del Galles, che vi parteciperà insieme ai rappresentanti delle Conferenze episcopali di Stati Uniti, Canada, Germania, Italia e Spagna. I delegati esamineranno con gli esponenti delle Chiese locali le strategie per sostenere le comunità cristiane in Terra Santa alla luce degli ultimi sviluppi della situazione politica, militare, economica e umanitaria della regione. Con questa iniziativa, spiega padre Frank Turner dell‟Ufficio per gli Affari internazionali della Conferenza dei vescovi dell‟Inghilterra e del Galles, i vescovi vogliono esprimere la solidarietà della Chiesa universale con la comunità cristiana e le martoriate popolazioni della regione e condividere la missione della Chiesa locale per la riconciliazione e una pace giusta. I presuli discuteranno in particolare del bisogno di una protezione internazionale per Betlemme, dei muri eretti dalle autorità israeliane intorno ai Territori, dei nuovi insediamenti ebraici, del coprifuoco, delle vie possibili per una soluzione pacifica del conflitto israelo- palestinese e dei rapporti tra la crisi in Terra Santa e la possibile guerra contro l‟Iraq. Durante la visita i delegati si incontreranno con il Presidente israeliano Moshe Katsav e con il Presidente dell‟Autorità Palestinese Yasser Arafat. I due precedenti incontri dei vescovi in Terra Santa si sono tenuti nel 1998 e nel gennaio dell‟anno scorso.

Nuovo appello dell‘Università di Betlemme sottoposta alle rappresaglie israeliane dopo gli attacchi terroristici palestinesi BETLEMME, 15 gen 03 – “Rivendichiamo il diritto di continuare ad educare i giovani palestinesi e il diritto dei nostri vicini di Betlemme di potere vivere, muoversi, respirare aria libera, lavorare ed educare i propri figli”: è il nuovo drammatico appello dell‟Università di Betlemme, gestita dai Fratelli delle Scuole Cristiane (Fsc), che si trova nella città sottoposta alle rappresaglie israeliane dopo gli attacchi terroristici palestinesi. Nel comunicato, firmato dal vice-cancelliere dell‟istituto, fratel Vincent Malham, si ribadisce che la situazione della città è diventata insostenibile e attualmente l‟Università “lotta” per riuscire a completare il semestre. Nei mesi scorsi, a causa del coprifuoco, i docenti si sono organizzati per consentire agli studenti di proseguire i loro studi da casa e non fare loro perdere tutto l‟anno. Dal 22 novembre al 21 dicembre la popolazione della città di

82 Betlemme ha infatti subito 21 giorni interi di coprifuoco e 9 giorni di coprifuoco parziale. Situazione che continua e anzi peggiora nell‟anno nuovo. Adesso, denuncia il comunicato, viene inflitta “una nuova forma di punizione”: l‟annuncio della sospensione del coprifuoco e il cambiamento della misura senza preavviso, una politica che “esaspera una già intollerabile situazione causata dall‟ultima rioccupazione israeliana di Betlemme”. Gli effetti delle azioni punitive dell‟esercito israeliano sono “devastanti” per la popolazione civile: “tra i bambini cresce la malnutrizione”, mentre “il legittimo diritto all‟educazione di migliaia di giovani è drammaticamente compromesso”. La città è stata ridotta a uno “sporco campo di guerra occupato dai militari”.

Le iniziative dei Francescani di Terra Santa per fermare l‘esodo dei cristiani BETLEMME, 11 feb 03 - I francescani della Custodia di Terra Santa vedono con preoccupazione l‟esodo di migliaia di cristiani dalla terra di Gesù. Per contenere il fenomeno i francescani hanno avviato da alcuni anni il progetto di realizzare case ed alloggi per i cristiani stessi. Così ad Acco, l‟antica città dei Crociati, i francescani della Custodia di Terra Santa hanno fatto edificare 16 appartamenti per altrettante famiglie cristiane. 42 appartamenti sono stati costruiti a Beit Hanina, quartiere di Gerusalemme Nord. A Betania, 20 famiglie cristiane abitano da una quindicina d‟anni in altrettanti appartamenti. A Betfage, nelle immediate vicinanze del santuario che ricorda l‟ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, si sta costruendo un intero quartiere, che sarà intitolato a San Francesco. Si tratta di 72 appartamenti il cui costo di costruzione preventivato è di 10 milioni di dollari. Altri 3 milioni di dollari costa il nuovo progetto edilizio, il Quartiere Bambino Gesù. Su due terreni adiacenti di proprietà della Custodia saranno costruiti tre blocchi di case per un totale di 36 appartamenti. In questi potranno vivere 180 cristiani palestinesi. Il progetto prevede anche un cortile per far giocare i bambini, un‟autorimessa sotterranea ed un centro sociale. Il 6 gennaio, il Padre Custode Giovanni Battistelli, accompagnato dai consoli di Spagna, di Francia, d‟Italia e del Belgio, ha collocato la prima pietra del Quartiere Bambino Gesù.

Presidente della CECC invia lettera a Premier canadese per richiamare attenzione sulla situazione in Terra Santa

83 OTTAWA, 6 giu 03 – Con una lettera al primo ministro Jean Chrètien, il presidente della Conferenza episcopale canadese, mons. Jacques Berthelet, ha voluto richiamare l‟attenzione sulla situazione in Terra Santa. Il presule è stato in visita, recentemente, ai Luoghi Santi insieme a delegati di Conferenze episcopali d‟America e d‟Europa. Mons. Berthelet, nella sua lettera, ha voluto sottolineare la situazione umanitaria degradata per diversi fattori come la mancanza crescente di lavoro sia in Israele che in Palestina, l‟aumento del flusso migratorio. Vi sono poi difficoltà nel libero movimento delle persone, compresi gli ammalati, soprattutto in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Il presidente della Conferenza episcopale canadese ha voluto richiamare l‟attenzione del primo ministro sulle conseguenze nefaste che sta avendo la costruzione del muro che vuole ben delimitare i territori israeliani da quelli palestinesi. Una decisione presa dal governo israeliano per ragioni di sicurezza dopo l‟aumento di attentati di estremisti palestinesi. La costruzione di questo muro, rileva mons. Berthelet, ha raggiunto Betlemme dove i Luoghi Santi stanno diventando accessibili con grande difficoltà anche per i pellegrini. “Gli abitanti di Betlemme – scrive il vescovo – e particolarmente i cristiani si vedono così accerchiati, minacciati da una morte lenta e costretti ad andarsene”. Da qui l‟appello a Jean Chrètien ad esercitare tutte le pressioni possibili “perché sia fermata questa misura di ricostruire un muro della vergogna all‟entrata stessa della città santa di Betlemme”.

Il grido di allarme dei vescovi svizzeri per la drammatica situazione in Terra Santa LUCERNA, 8 mar 03 - Un appello urgente per il sostegno dei cristiani di Betlemme, l'invito al Papa a partecipare ad un incontro dei giovani cattolici svizzeri che si terrà nella primavera del 2004 e un documento di bioetica sullo statuto dell'embrione: sono le principali iniziative intraprese dai vescovi svizzeri a conclusione della 259a assemblea ordinaria che si è svolta dal 3 al 5 marzo a Lucerna. I vescovi svizzeri ribadiscono "il loro grido d'allarme" sulla crisi in Terra Santa: "Tutta la popolazione di questa regione - osservano - vive una situazione drammatica, che da qualche mese i rischi della guerra in Iraq eclissano sfortunatamente. La stessa presenza delle comunità cristiane in Palestina è minacciata dalla gravità del conflitto attuale e dalla devastazione economica che ne consegue". I vescovi

84 denunciano, in particolare, "la costruzione del muro da parte delle autorità israeliane che separa le popolazioni palestinesi ed israeliane. Il muro sta ormai per essere edificato a Betlemme. All'ingresso della città, ad esempio, dozzine di famiglie cristiane che abitano vicino alla tomba di Rachele sono accerchiate, isolate e private di tutti i servizi. Questa situazione, come molte altre lungo questo muro, è intollerabile". La Conferenza dei vescovi svizzeri chiede quindi "la cessazione di queste misure discriminatorie nei confronti della popolazione locale" e che Betlemme "resti una città dove chiunque possa circolare, pregare o vivere in pace": "Una soluzione autentica non potrà essere trovata se non con un reale impegno pacifico, tanto da parte palestinese che israeliana". Inoltre, i vescovi svizzeri si uniscono "a tutte le istanze pacifiche che potranno essere intraprese, a tutti i livelli, e incoraggia l'azione del Consiglio federale in favore della pace e della giustizia in questa regione". Ai fedeli si raccomanda di aderire alla colletta del venerdì santo in favore della Terra Santa e di partecipare ai pellegrinaggi in quelle zone.

Nunzio Sambi su costruzione del muro di separazione in Israele GERUSALEMME11 mar 03 - Il Nunzio apostolico in Israele, mons. Pietro Sambi, ha ieri sollevato la questione del muro che l'esercito israeliano sta costruendo alle porte di Betlemme col ministro per Gerusalemme e per le Comunità non ebraiche Nathan Sharansky. Secondo quanto ha riferito la radio delle forze armate, il prelato ha espresso la preoccupazione della Santa Sede per la costruzione di questo muro che causerà gravi difficoltà alle vita di alcune decine di famiglie cristiane di Betlemme. Esse si troveranno di fatto divise dal resto della città. Secondo l'emittente, il ministro Sharansky ha preso nota delle osservazioni del Nunzio al quale avrebbe però fornito risposte interlocutorie. Mons. Sambi ha confermato all'Ansa di aver visto il ministro e ha detto di aver sollevato ''tra altre questioni'' anche quella del muro, senza però fornire ulteriori particolari.

Le iniziative di solidarietà con la Terra Santa dei Domenicani ROMA, 13 mar 03 - Il Maestro generale dei Domenicani, p. CarlosAzpiroz Costa O.P, in occasione della Celebrazione del Mercoledì delle Ceneri presieduta da Sua Santità Giovanni Paolo II nella Basilica di Santa Sabina, ha reso note due iniziative che la Famiglia

85 Domenicana porta avanti da alcuni mesi, in favore della pace in Irak e in Terra Santa. La spilla con la scritta "I have Family in Irak" (Ho famiglia in Irak) è un'iniziativa che vuol esprimere non soltanto profonda solidarietà con ifratelli e sorelle domenicane presenti in Irak (8 frati, 300 suore e circa 500 laici), ma anche la vicinanza verso tutti gli abitanti di questanazione tanto provata. Dal 1 al 28 settembre due frati, due suore e una laica degli Stati Uniti fecero un digiuno per la pace, nel centro di New York. Di fronte all'uso delle armi come possibile soluzione ai conflitti, il loro motto era chiaro: "Deve esistere un''altra strada" ("There must be another way"). Dopo la conclusione di questo digiuno, con una celebrazione della Parola nei Giardini dell'ONU, questi fratelli hanno continuato una campagna di sensibilizzazione utilizzando e distribuendo questa spilla negli Stati Uniti e, tramite la Famiglia Domenicana, in molte altre nazioni. Una seconda iniziativa riguarda Il Rosario d'ulivo della Terra Santa: è uno dei tanti articoli religiosi fabbricati dai cristiani palestinesi a Betlemme e Gerusalemme per i pellegrini e turisti. La situazione attuale ha compromesso seriamente questa fonte di risorse e di sostentamento per tante famiglie, perciò si è creata una catena di solidarietà per la distribuzione e vendita dei Rosari fuori della Terra Santa. Il ricavato si consegna direttamente alle famiglie: per molti è quasi l'unico mezzo per sopravvivere in tempi in cui violenza e insicurezza impediscono di contare su altre risorse.

Il problema dei visti ai religiosi e ai sacerdoti stranieri rischia di bloccare l‘attività della Chiesa in Terra Santa afferma rapporto GERUSALEMME 25 mar 03 - Sono 86 i visti di ingresso che da marzo 2001 ad oggi sono stati richiesti da sacerdoti e da religiosi di religione cattolica e che il Governo israeliano ancora non rilascia. Un numero elevato che rischia di bloccare l‟attività della Chiesa cattolica. E‟ quanto emerge da un rapporto, datato 22 marzo, redatto dalla Commissione „ad hoc‟ istituita dalla Assemblea degli ordinari di Terra Santa e incaricata di esaminare il problema che, come dichiara padre Giovanni Battistelli al Sir, "sta creando non poche difficoltà all‟attività della Chiesa cattolica in Terra Santa". Secondo il rapporto, infatti, "sono due anni ormai che il Ministro dell‟Interno israeliano si rifiuta di rilasciare visti di ingresso e rinnovo di permesso di soggiorno ad un gran numero di sacerdoti, suore, seminaristi e volontari cattolici,

86 venendo meno in tal modo al principio di libertà religiosa garantito da diversi accordi, tra cui quello del 30 dicembre 1993 siglato tra la Santa Sede e lo Stato di Israele". "Pur comprendendo il bisogno di sicurezza di Israele – si legge ancora – appare ingiustificata l‟applicazione di misure anche al campo religioso. In particolare perché i religiosi non giungono nel Paese per scopi sconosciuti o pericolosi ma per attività religiose, morali, di istruzione e caritative". Queste misure restrittive stanno provocando problemi alla Chiesa cattolica che si vede privata di personale "nell‟amministrazione del Patriarcato e degli ordini religiosi, nelle scuole, nei seminari, nei centri di assistenza, nelle parrocchie, nei monasteri, conventi e negli ospedali". Misure che, conclude il Rapporto, "impediscono la libertà religiosa nello Stato di Israele". E‟ previsto che il documento venga ora consegnato al Nunzio apostolico, mons. Pietro Sambi, perché ne sia portavoce presso il governo israeliano e per trovare una soluzione.

La Terra Santa appartiene a tutti i cristiani, afferma il Patriarca Sabbah GERUSALEMME, 23 apr 03 - "La Terra Santa è la terra delle radici e per questo appartiene a tutti i cristiani. Patirne le sofferenze del momento non tocca solo ai fedeli che vi vivono ma a tutte le Chiese". E' quanto ha dichiarato mons. Michel Sabbah, Patriarca latino di Gerusalemme, incontrando ieri sera, nella capitale israeliana, la delegazione dei vescovi italiani, in "pellegrinaggio di solidarietà", guidati dal Segretario generale della Cei, mons. . "Le Chiese - ha aggiunto il Patriarca - non devono avere paura di sporcarsi le mani in Terra Santa. Il loro impegno deve seguire quello incessante del Santo Padre che non si stanca mai di richiamare la necessità e l'urgenza della pace per questa terra martoriata". Sabbah non ha mancato, inoltre, di ricordare la piaga dell'emigrazione che colpisce sempre di più i cristiani: "negli ultimi due anni - ha detto - nella sola città di Beit Sahour sono emigrate ben 293 famiglie cristiane. Un numero considerevole rapportato ai 12000 cristiani che vi abitano. In totale in tutta la Terra Santa i cristiani emigrati dal 2001 ad oggi sono 1500 su una popolazione totale di 50000 fedeli. Un dato allarmante". E considerando proprio il loro numero esiguo Sabbah ha rivendicato per i cristiani non tanto "un ruolo politico, ormai perduto", quanto "una concreta azione di testimonianza e di riconciliazione, atteggiamento di cui questa Terra ha grandemente

87 bisogno. L'auspicato ritorno dei pellegrini nei Luoghi Santi potrebbe servire a rilanciare l'importanza delle nostre comunità cristiane che si vedrebbero sempre più sostenute dalle Chiese del mondo". "Quello che vogliamo - ha concluso, riferendo al conflitto in atto - è il bene di tutti, israeliani e palestinesi, senza distinzione".

Il futuro dei siti religiosi in Terra Santa dipende in gran parte dall‘afflusso dei pellegrini cristiani che possono visitarli, afferma il Custode di Terra Santa padre Giovanni Battistelli WASHINGTON, 8 mag 03 - Il futuro dei siti religiosi in Terra Santa dipende in gran parte dall‟afflusso dei pellegrini cristiani che possono visitarli senza timore di essere coinvolti in attentati. Lo ha ribadito nei giorni scorsi all‟agenzia Cns, il Custode di Terra Santa, padre Giovanni Battistelli, facendo eco ai numerosi appelli in questo senso rivolti in questi mesi ai fedeli dai vescovi nel mondo. La visita ai Luoghi Santi, ha detto il religioso francescano in visita a Washington, è importante non solo per il bene spirituale dei pellegrini, ma anche per l‟economia locale, che dipende in gran parte dal turismo. Soprattutto, ha aggiunto, è importante che i lavoratori del settore “sentano la solidarietà dei cristiani nel mondo, dal momento che lavorano per loro”. Secondo padre Battistelli, i pellegrini non hanno motivo di temere per la propria incolumità, poiché gli attacchi suicidi palestinesi riguardano la parte ebraica della capitale Gerusalemme Ovest, non Gerusalemme Est dove sono situati la maggior parte dei siti religiosi cristiani. La situazione è tranquilla anche a Nazareth e in Galilea, mentre per quanto riguarda Gerico e Betlemme può accadere che l‟esercito israeliano chiuda le città per uno due giorni al massimo. Dall‟inizio della Seconda Intifada nel settembre 2000, il turismo in Terra Santa è crollato con pesanti conseguenze sull‟economia e l‟occupazione locale, una situazione destinata a perdurare, ha sottolineato padre Battistelli, se i governi di Londra e Washington non riusciranno a fare riprendere i negoziati tra israeliani e palestinesi. Nell‟intervista padre Battistelli ha anche espresso gratitudine ai vescovi statunitensi per il loro contributo alla positiva soluzione del problema della Moschea di Nazareth che doveva essere costruita davanti alla Basilica dell‟Annunciazione.

88 Mar Elias, prima università cattolica araba in Israele IBILLIN, 7 ago 03 - La prima università cattolica araba in Israele, la Mar Elias, inaugurerà i corsi nel prossimo autunno. Lo ha detto il parroco melchita di Ibillin, padre Elias Chacur, fondatore anche di una scuola per l'infanzia e di un liceo intitolato al profeta Elia. Ibillin, si trova in Galilea, tra Haifa e Nazareth ed è la sede della nuova università, anch'essa intitolata asl profeta Elia. Il sacerdote ha confermato che il Consiglio per l'insegnamento superiore del Ministero israeliano dell'educazione ha riconosciuto ufficialmente l'istituzione. Padre Chacur ha aggiunto che l'Università Mar Elias vuole risponde ai bisogni di studi superiori dei cristiani, ma anche dei musulmani e dei drusi in Israele. L'università è accreditata come filiale dell'Università di Indianapolis, negli Stati Uniti ed è già riconosciuta dall'Associazione centrale nordamericana dei licei e delle università. L'università cattolica di Ibillin aprirà con i corsi di Scienze informatiche, di chimica e biologia, di comunicazione e del suo mercato. Il corpo insegnante iniziale è di 7 cattedratici e di 64 aggiunti.

Il muro viola l'Accordo fondamentale tra Santa Sede e Stato d'Israele, afferma Nunzio, mons. Sambi BETANIA, 31 ott 03 - La barriera di sicurezza, che Israele sta tracciando lungo i confini con i territori palestinesi, quando attraversa proprietà della Chiesa cattolica viola l'Accordo fondamentale sottoscritto tra la Santa Sede e lo Stato d'Israele, il 30 di dicembre del 1993. Mons. Pietro Sambi, nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina, ha chiesto al governo israeliano di modificare il tracciato della barriera allorché essa attraversa proprietà di congregazioni religiose. "L'articolo 4 dell'Accordo fondamentale - rileva l'arcivescovo - stipula che il governo d'Israele rispetterà e proteggerà la proprietà delle istituzioni cattoliche. Ciò non è rispettato". Osservazioni in tal merito sono state già inoltrate al ministero degli esteri israeliano. La barriera di sicurezza attraversa già terreni appartenenti ai francescani e alle Suore della carità di San Vincenzo de' Paoli. Il tracciato previsto interesserà poi anche a Betania proprietà dei passionisti e delle suore comboniane. Anche altri organismi protestano, come "Vox", che raccoglie la Commissione Giustizia e Pace di Gerusalemme, Ymca di Gerusalemme Est e della Palestina, il Consiglio delle Chiese del medio Oriente (Cemo). "Vox" lancia un appello di salvataggio del convento

89 delle Suore benedettine dell'Emmanuel, situato sulle colline che circondano Betlemme. La barriera di sicurezza israeliana taglia in due quelle colline e gli oliveti, tanto che il convento rimarrebbe in pratica isolato senza più contatti con le varie famiglie cristiane palestinesi della zona e con il monastero greco-cattolico melkita dell'Emmanuel.

A 10 anni dalla firma dell‘Accordo di principio tra Santa Sede e Stato di Israele, la sua messa in pratica è ancora lontana dall‘essere completata, afferma padre Jaeger GERUSALEMME, 24 dic 03 - A 10 anni, il prossimo 30 dicembre, dalla firma dell‟Accordo di principi tra la Santa Sede e lo Stato di Israele "siamo ancora all'inizio di un cammino". L'Accordo "si limita ad enunciare i grandi principi regolatori dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato, mentre la loro messa in pratica veniva rimandata ad una serie di accordi complementari da negoziarsi successivamente". E‟ quanto afferma padre David Jaeger, portavoce della Custodia di Terra Santa, ripercorrendo, in un‟intervista al Sir, la storia dell‟Accordo. "Questi negoziati – aggiunge Jaeger, parlando a titolo personale - hanno finora prodotto un solo Accordo nel 1997: il riconoscimento civile della personalità giuridica della Chiesa e degli enti ecclesiastici. Purtroppo questo non è stato ancora trasformato in legge dello Stato, così come l'Accordo fondamentale...". Questa attesa in cui vive la Chiesa si riflette, secondo il francescano, anche "sullo statuto fiscale e sulla tutela delle proprietà ecclesiastiche". "La Chiesa in Terra Santa – spiega - non potrebbe sostenersi senza le agevolazioni fiscali assicurate dai trattati e dalla Risoluzione 181 dell'Onu del 1947. Il 1° luglio di questo anno le due delegazioni si sono impegnate ad accelerare i negoziati per poter giungere all'accordo. Ma i negoziati sono ancora fermi". C‟è attesa anche per la restituzione del Cenacolo e delle proprietà alla Custodia. Circa la difficoltà di rilascio dei visti al personale religioso per padre Jaeger "si tratterebbe di applicare l'art.3, dell'Accordo fondamentale che afferma il diritto della Chiesa di 'dispiegare' il proprio personale.

―La Terra Santa ha bisogno di pellegrini‖: l‘appello del Patriarca Sabbah BETLEMME, 10 mar 04 - "La Terra Santa ha bisogno di pellegrini, adesso più che mai". E' l'appello rilanciato dal patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, nella grotta della Natività di Betlemme.

90 "In un clima di grande tensione e violenze – ha detto Sabbah, accendendo ieri la Fiaccola di San Benedetto patrono d'Europa - in tanti hanno paura di venire in Terra Santa, ma è proprio in questo momento che abbiamo bisogno di aiuto, di ricevere conforto, di vedere un sorriso amico". Il patriarca ha richiamato le confessioni religiose di tutto il mondo. "Molti si aspettano - ha detto – che qualcuno cali dall'alto la soluzione al conflitto arabo-israeliano. Ma sono le Chiese di tutto il mondo che promuovendo azioni molto più concertate potrebbero ottenere ciò che le forze politiche e governative, anche transnazionali non riescono a ottenere. La visita in Terra Santa della delegazione al seguito della Fiaccola di San Benedetto ha però acceso una nuova speranza". La delegazione della Fiaccola di San Benedetto sta visitando in questi giorni i luoghi santi. Al suo rientro, è prevista la sua partecipazione all'Udienza generale del papa di mercoledì 17 marzo.

Nuovo appello del Nunzio mons. Sambi a venire in Terra Santa GERUSALEMME, 7 apr ‟04 - “Venite in Terra Santa, i cristiani, gli israeliani e i palestinesi vi aspettano!”. A rilanciare ancora una volta questo pressante appello è Mons. Pietro Sambi, Nunzio Apostolico in Israele e nei Territori Palestinesi, che ha nuovamente esortato i cristiani nel mondo a scegliere questa martoriata terra per le feste pasquali “come discepoli di Cristo, testimoni di pace e come gesto di solidarietà umana”. Parlando il 1° aprile a un ricevimento presso il Ministero del Turismo israeliano, il presule ha affermato che un pellegrinaggio in Terra Santa sarà “un dono per il popolo palestinese ed israeliano”, ma anche un “grande dono” per i pellegrini stessi che ne trarrebbero un grande beneficio spirituale. Egli ha quindi esortato cristiani ed ebrei ad unire le loro forze per portare la pace in Terra Santa, una terra da cui oggi parte solo “un messaggio di violenza, distruzione e morte”. “Dobbiamo tutti fare uno sforzo – ha concluso - per dare ai popoli israeliano e palestinese il grande dono della pace e della sicurezza”.

Appello dei vescovi inglesi per la pace in Terra Santa DURHAM, 1° mag 04 - I vescovi dell‟Inghilterra e del Galles hanno lanciato un pressante appello per l‟immediato ripristino della Road Map in Medio Oriente, la fine degli omicidi "mirati" contro militanti palestinesi e degli attacchi suicidi contro i civili israeliani. In una

91 dichiarazione diffusa durante la loro plenaria nei giorni scorsi a Durham, i presuli deplorano l'ulteriore peggioramento della crisi mediorientale cui, rilevano, hanno contribuito le recenti uccisioni dei due leader di Hamas Yassin e Rantisi, come anche l'appoggio dato dal Presidente Bush al nuovo piano del Premier israeliano Ariel Sharon sul ritiro parziale degli insediamenti israeliani dalla striscia di Gaza. "Un ritorno ai negoziati e al primato del diritto internazionale è vitale per risolvere con equità l'attuale tragico impasse", sottolineano con forza i vescovi, che esortano quindi il governo britannico a usare "tutti i mezzi per ripristinare la Road Map accettata dalle due parti in conflitto e approvata dal Quartetto di mediatori internazionali". Un invito infine alla comunità cattolica a pregare per tutte le vittime del conflitto israelo-palestinese, nonché "per tutti coloro che stanno lavorando per la pace e la riconciliazione" in Medio Oriente.

La riapertura del negoziato tra Israele e Santa Sede non potrà che giovare alla ripresa dei pellegrinaggi, afferma Custode di Terra Santa, mentre prosegue il pellegrinaggio delle diocesi italiane in Terra Santa GERUSALEMME, 7 mag 04 - "Qualora fosse confermata, la notizia, riportata da vari giornali israeliani, della riapertura del negoziato tra Israele e Santa Sede non potrà che giovare alla ripresa dei pellegrinaggi in Terra Santa e al miglioramento delle condizioni dei cristiani". A parlare è il Custode di Terra Santa, padre Giovanni Battistelli, che all‟agenzia Sir dichiara: "mi auguro che il negoziato possa riprendere al più presto. Tra le questioni da discutere c‟è sicuramente quella delle proprietà ecclesiastiche e del rilascio dei visti al personale religioso. Intanto prosegue il pellegrinaggio delle diocesi italiane in Terra Santa. Questa settimana è la volta di Venezia guidata dal patriarca, card. . "Venite in pellegrinaggio in Terra Santa in segno di condivisione, solidarietà e pace" è l‟appello lanciato da Gerusalemme dal cardinale. "Desideriamo – ha aggiunto - condividere la situazione drammatica dei cristiani di Terra Santa che sono in grave difficoltà. Ma desideriamo anche pregare per la pace e per portare la nostra solidarietà. Tutti ci ringraziano per essere venuti, contro la paura diffusa in occidente che ha fatto dimenticare a molti il pellegrinaggio in Terra Santa. Ci poniamo nell‟atteggiamento di chi ascolta le ragioni sia degli israeliani che dei palestinesi e invoca la pace".

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Migliorare la formazione e rinnovarsi per rendere più incisiva la presenza e la missione profetica dei francescani: queste le priorità secondo il nuovo Custode di terra Santa, padre Pizzaballa ROMA, 18 mag 04 - Migliorare la formazione e rinnovarsi per rendere più incisiva la presenza e la missione profetica dei francescani in un contesto difficile e mutevole come quello della Terra Santa. Questo il compito prioritario che si è prefisso padre Pierbattista Pizzaballa, 39 anni, nominato la settimana scorsa a succedere a padre Giovanni Battistelli alla guida della Custodia Francescana di Terra Santa. In un‟intervista pubblicata sul sito dell‟Ordine, il nuovo Custode illustra le principali difficoltà e sfide con cui deve confrontarsi la Custodia. Tra queste la mancanza di personale, ma anche le sue divisioni linguistiche. Divisioni che possono essere facilmente esasperate dalle passioni alimentate dalla particolare “situazione ambientale” in cui si trovano ad operare, che invece, sottolinea, non devono prendere il sopravvento se i Frati vogliono continuare a svolgere liberamente il loro ruolo di profeti di riconciliazione e pace in Terra Santa. Per il nuovo Custode è anche necessario non lasciare che la presenza dei francescani in Terra Santa venga strumentalizzata: Quanto, infine, all‟impegno della Custodia a favore dei cristiani residenti in Terra Santa per fermare l‟emigrazione di massa registrata in questi ultimi anni, padre Pizzaballa, precisa che questo continuerà, ma che non può limitarsi ad aiuti materiali: “Noi Frati dobbiamo essere più solidali, meno assistenzialisti e più presenti”

Le conclusioni del Capitolo dei Frati Minori di Terra Santa del 2004 AMMAN, 31 lug 04 Più religiosi nei santuari principali, studiare nuovi modi di presentare all‟esterno degli stessi santuari che tengano conto delle nuove tecnologie informatiche, formazione anche in lingua araba. Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa sintetizza in questo modo le principali proposte emerse dal Capitolo dei Frati Minori di Terra Santa, che si è concluso ad Amman, in Giordania. In un‟intervista, padre Pizzaballa afferma: “Abbiamo discusso sul ruolo dei Luoghi Santi e sulla necessità di inviare più religiosi nei santuari principali. Dovremo inoltre studiare forme di illustrazione dei santuari che tengano conto delle nuove tecnologie informatiche”. Miglioramenti

93 sono previsti anche nel sistema di comunicazione e informazione: riviste, editoria, internet. Lo scopo è quello di far conoscere di più e meglio le differenti comunità ecclesiali nel mondo”. Circa la formazione: “Da diversi anni la maggior parte delle vocazioni vengono dai Paesi arabi. Per cui nel nostro iter di formazione dobbiamo tenere conto della possibilità, o forse necessità, di studiare almeno in parte anche l‟arabo. Lo studio delle lingue locali sarà parte integrante del cammino formativo. Per quanto riguarda la revisione delle strutture di governo, il Capitolo ha chiesto un maggior decentramento.

Nuovo appello a visitare la Terra Santa GERUSALEMME, 23 nov 04 – “Un appello per tutte le persone di fede: visitate la Terra Santa”. È questo il titolo del documento firmato la settimana scorsa a Gerusalemme da esponenti di diverse Chiese per invitare i cristiani di tutto il mondo a tornare a visitare la Terra Santa e contribuire così a fermare l‟esodo dei cristiani da questi luoghi. Tra i suoi firmatari il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa e il rappresentante vaticano Mons. Pietro Sambi. È la prima volta che i leader cristiani firmano insieme un documento del genere. “Ci sono molte cose che dividono noi cristiani, ma molte ci uniscono. La Terra Santa è una di queste”, ha detto padre Pizzaballa, facendo eco alla famosa frase di papa Giovanni XXIII. Mons. Sambi ha definito i pellegrinaggi nei Luoghi Santi “un autentico arricchimento e una vera gioia dello spirito”, affermando che essi costituiscono “un incoraggiamento spirituale e materiale alle piccole comunità cristiane” del posto. Molti cristiani palestinesi vivono infatti grazie al turismo religioso. In più, i pellegrini, ha detto mons. Sambi, possono creare “un‟atmosfera di pace” che può contribuire ad “allentare la situazione di tensione politica fra israeliani e palestinesi”. Il documento denuncia la fuga dei cristiani in Terra Santa, che oggi sono solo 1,6% della popolazione. “Con la partenza dei cristiani sparisce anche la visione cristiana della persona e della vita umana, proprio in una regione in cui questi valori sono in chiaro declino”, si legge nel testo.

Quaresima e Pasqua insieme ai greco-ortodossi GERUSALEMME, 2 mar.04 - “Il clima si è in qualche modo rasserenato. Non abbiamo voluto dare eccessivo peso alla vicenda delle caricature di Maometto e alle violenze che ne sono scaturite. Possiamo iniziare la Quaresima con lo spirito giusto di silenzio, di

94 preghiera e di digiuno”. A parlare è padre Pierre Grech, segretario generale della Conferenza dei vescovi latini della regione araba (Celra). Quaranta giorni che preludono la Pasqua che si arricchiscono di “forti significati ecumenici”. “Salvo le città di Betlemme, Haifa e Gerusalemme, dove la Quaresima comincia mercoledì delle Ceneri, nelle parrocchie dei Territori e della Cisgiordania quest‟anno essa sarà celebrata insieme ai greco-ortodossi, quindi una settimana più tardi ovvero l‟8 marzo. E di conseguenza anche la Pasqua sarà celebrata non il 16 aprile ma il 23”. “E‟ una scelta ecumenica molto pratica – spiega il segretario della Celra - che si basa sul fatto che molte famiglie sono miste con i coniugi di rito diverso. Così facendo molti nuclei familiari potranno festeggiare insieme la Pasqua. L‟accordo prevede anche che i greco ortodossi celebrino con i cattolici il Natale il 25 dicembre invece che il 7 gennaio. Un accordo fra vescovi che riguarda, tra gli altri, anche Cipro, la Giordania e l‟Egitto. In tal modo rispondiamo all‟appunto che alcuni ebrei e musulmani ci rivolgono quando sottolineano l‟incapacità dei cristiani a vivere insieme le feste più importanti”. Per quanto riguarda i riti della Settimana Santa, “questi saranno presieduti dal patriarca latino di Gerusalemme, mons. Sabbah” mentre ogni sabato sera di Quaresima avrà luogo una processione al Santo Sepolcro con la recita dei Vespri. La domenica mattina sempre al Sepolcro la messa pontificale. Dal Lunedì dell‟Angelo le celebrazioni, a partire da Emmaus, saranno a cura della Custodia di Terra Santa”.

Nuovo sito per il Patriarcato Latino di Gerusalemme GERUSALEMME, 2 giu. 06 - E‟ on line il nuovo sito del Patriarcato latino di Gerusalemme (www.lpj.org/newsite2006). Più ricco di notizie e di facile consultazione il sito presenta 8 sezioni: patriarca, vicari, curia, amministrazione, parrocchie, preti, bollettino e notizie. Ognuna di queste si suddivide in altre sottosezioni con una varietà di informazioni, tradotte in diverse lingue. Si va dall‟elenco e indirizzi delle parrocchie del Patriarcato, a quello dei sacerdoti, dalle iniziative in corso nelle varie comunità ecclesiali ai documenti, messaggi ed omelie del Patriarca del quale è descritta anche l‟attività pastorale. Sono disponibili una breve storia del Patriarcato latino, una galleria fotografica ed una sezione di news tradotte anche in italiano. Non mancano link ai siti delle scuole cristiane, al seminario patriarcale di Bejt Jala, alla Custodia e agli organismi di carità ed umanitari.

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Patriarchi e capi delle Chiese cristiane in Terra Santa propongono per lo Statuto di Gerusalemme ―il rispetto dei diritti fondamentali delle persone e delle comunità che vi abitano‖, libertà di culto e pieni diritti politici e sociali GERUSALEMME, 11 ott ‟06 - I patriarchi e i capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme si appellano alle “autorità locali, alla comunità internazionale e alle Chiese del mondo” affinché “trovino una visione comune per lo Statuto di Gerusalemme”. In un documento, riferisce l‟agenzia SIR, i leader religiosi chiedono che lo Statuto si basi sulle risoluzioni internazionali tenendo conto dei diritti dei due popoli, israeliani e palestinesi, e delle tre religioni monoteistiche, ebraismo, cristianesimo ed islam. “È tempo per una pace totale, giusta e definitiva – si legge nel testo – l‟avvenire della città deve essere deciso di comune accordo, con la collaborazione e la consultazione. Soluzioni imposte metteranno in pericolo la pace e la stabilità”. Sul futuro di Gerusalemme i firmatari della dichiarazione affermano che “diverse soluzioni sono possibili. La città potrebbe restare unificata, con una sovranità divisa, esercitata ugualmente da israeliani e palestinesi. Potrebbe anche essere divisa, se tale fosse il desiderio dei suoi due popoli, con due distinte sovranità, per arrivare ad una vera unità dei cuori nelle due parti della città”, mentre “il muro dovrebbe far posto alla tolleranza e alla fiducia reciproca”. Per lo Statuto speciale di Gerusalemme i capi religiosi propongono dei punti fermi: anzitutto, “il rispetto dei diritti fondamentali delle persone e delle comunità che vi abitano”, quindi libertà di culto, di movimento, pieni diritti politici e sociali (proprietà, sanità, istruzione e cultura), così come “libertà per le comunità religiose di possedere e gestire le opere necessarie al loro ministero come chiese, scuole, ospedali, ostelli”. “Gerusalemme – si legge nella dichiarazione - deve essere una città aperta e i suoi due popoli sono i guardiani della sua santità e sono loro che devono darle uno statuto che corrisponda al carattere di città santa, universale e locale. Una volta redatto lo statuto la comunità internazionale è chiamata a confermarlo con garanzie internazionali”.

Incontro tra cristiani e musulmani promosso per il Ramadan dalla Custodia di Terra Santa, in collaborazione con la Nunziatura Apostolica

96 GERUSALEMME, 22 ott 06 Per il secondo anno consecutivo, il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, in collaborazione con la Nunziatura apostolica, ha organizzato martedì scorso a Gerusalemme un incontro con i musulmani della città, in occasione del Ramadan. Ne ha dato notizia ieri sera la stessa Custodia, per la quale “questo incontro si iscrive nello spirito di San Francesco, che raccomandava ai frati che vivono tra i musulmani: „un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti a ogni creatura umana per amore di Dio‟”. Come riferisce l‟agenzia SIR, erano presenti all‟appuntamento, tra gli altri, il Gran Mufti, Sheikh Muhammad Hussein, il giudice che presiede la Corte suprema, Sheikh Tayseer At-Tamimi, e numerosi dignitari religiosi e civili. Durante l‟incontro, “si è insistito sulla buona intesa generale che regna tra i cristiani e i musulmani del Paese, abituati a vivere insieme da secoli e che continuano a sopportare le stesse difficoltà. Una convivialità – ha concluso la Custodia – che diventa, ai loro occhi, un esempio per il mondo sulla possibilità di un vivere insieme”. Dopo gli interventi, l‟incontro è proseguito con il pasto dell‟Iftar, che rompe il digiuno del Ramadan.

L‘aumento degli immigrati cattolici nei Paesi arabi al centro dell‘assemblea della CELRA del novembre 2006 TIBERIADE, 1 nov 06 - Sono gli immigrati cattolici nei Paesi arabi la nuova „frontiera‟ delle Chiese cristiane in Medio Oriente. “Nella sola Arabia Saudita ce ne sono più di un milione, specie dalle Filippine, Sri Lanka, India e Corea. In Kuwait sono 300mila. Altri stanno arrivando. A Cipro abbiamo aperto una casa di religiose dallo Sri Lanka per favorire l'accoglienza sull'isola”. Ad affermarlo è padre Pierre Grech, segretario generale della Conferenza episcopale dei vescovi latini nelle regioni arabe (Celra, in sigla). Del fenomeno si è discusso alla recente assemblea dell‟organismo sul Lago di Tiberiade, in Israele. “Crediamo che sia tempo di riformulare una nuova pastorale tagliata sui bisogni e le esigenze di questi cattolici di tradizioni diverse dalle mediorientali – spiega il religioso -. Abbiamo pensato di pubblicare una lettera pastorale rivolta agli immigrati lasciando ai vescovi la scelta di promuovere localmente iniziative per incontrarli. L'immigrazione cattolica è la nuova frontiera delle chiese mediorientali”. Ma se molti cristiani arrivano, tanti emigrano. Per questi, dichiara Grech “vogliamo rilanciare la missione e la riscoperta dell‟identità cristiana”. In questa direzione si colloca la proposta della Celra di istituire “gruppi di

97 preghiera, comunità di laici dediti allo studio e alla formazione biblica" e un programma di aiuti materiali come abitazioni per le giovani coppie e borse di studio”.

Nel 2006 Congresso dei commissari di Terra Santa GERUSALEMME, 18 nov. 06 - Si apre domani a Gerusalemme il congresso internazionale dei Commissari di Terra Santa. Provenienti da diversi Paesi i Commissari hanno il compito di tenere viva l‟attenzione sulla Terra Santa nel mondo. “Informazione, comunicazione e pellegrinaggio – afferma il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa – saranno tre dei tempi che affronteremo durante i lavori che dureranno fino al 26 novembre. Il mondo deve essere correttamente informato su quanto avviene in Terra Santa solo così è possibile ottenere il sostegno dell‟opinione pubblica e delle Istituzioni. Comunicare e informare dunque sono due urgenze di cui parleremo. Riguardo ai pellegrinaggi il recente conflitto tra Israele ed Hezbollah ha di fatto azzerato tutti quei progressi registrati fino alla scorsa estate quando erano molti i pellegrini che giungevano fin qui. Oggi possiamo parlare di lieve ripresa e credo che nel giro di un anno tutto possa tornare nella normalità, salvo che non si verifichino altre gravi crisi politiche”. Il convegno sarà aperto dal ministro generale dell‟Ordine, padre Rodriguez Carballo, e dal delegato apostolico, mons. Antonio Franco.

Progressi tra Santa Sede e Stato di Israele sulla questione della tassazione GERUSALEMME, 2 dic. 06 - “Progressi considerevoli” sarebbero stati fatti sulle tasse che riguardano le proprietà della Chiesa cattolica in Israele. Lo annota il quotidiano “Haaretz”. L‟argomento è ancora sub- judice nonostante i progressi riconosciuti, l‟anno scorso, dalla Commissione bilaterale di lavoro Santa Sede-Israele. Resta il fatto che la Chiesa continua a pagare varie imposte, mentre ne era stata esentata in passato, il che permetteva, tra l‟altro, di ricevere donativi dai fedeli integralmente usati per finanziare la vita e la testimonianza della Chiesa in Terra Santa. Secondo il giornale “Haaretz” che cita l‟ambasciatore d‟Israele presso la Santa Sede, Ben-Hur Oded, colloqui si sono svolti lunedì scorso “in un‟atmosfera di collaborazione molto costruttiva” tra il Cardinale Segretario di Stato e il Direttore Generale del Ministero degli Esteri israeliano. L‟accordo in discussione verte su

98 quattro punti, vale a dire, le tasse sulle proprietà, l‟accesso delle Chiesa ai tribunali israeliani, l‟esonero fiscale sui veicoli e quello sui redditi delle attività commerciali svolte dalle comunità cristiane. I colloqui si proseguiranno a metà dicembre e a gennaio.

Leader religiosi cristiani inglesi in pellegrinaggio in Terra Santa LONDRA, 7 dic ‟06 – Preghiere per i cristiani in Terra Santa. È quanto chiedono per questo periodo di Avvento i primati cattolico e anglicano e i capi della Chiesa battista e armena in Gran Bretagna che il prossimo 20 dicembre si recheranno in pellegrinaggio a Gerusalemme e Betlemme su invito delle Chiese locali. Della delegazione faranno parte il cardinale arcivescovo di Westminster Cormac Murphy- O'Connor, l‟arcivescovo di Canterbury Rowan William, della Chiesa d‟Inghilterra, il moderatore della Chiesa battista inglese David Coffey e il Primate della Chiesa armena in Gran Bretagna Nathan Hovhannisian. Al centro del pellegrinaggio saranno visite pastorali e incontri con le comunità cristiane locali con cui condivideranno momenti di preghiera e riflessione biblica. Durante la visita i quattro leader religiosi inglesi visiteranno anche la Grotta della Natività e parteciperanno alla celebrazione di una funzione ecumenica. Il rientro da Gerusalemme è previsto il 23 dicembre.

Conoscere le sfide cui sono sottoposti i cristiani in Terra Santa questi, secondo segretario del CELRA, gli obiettivi della visita del 2006 del Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Terra Santa GERUSALEMME, 22 dic 06 - “Conoscere le sfide anche di natura pastorale cui sono sottoposti i cristiani in Terra Santa, promuovere il dialogo interreligioso e incontrare i leader politici israeliani e palestinesi”. Sono gli obiettivi, per padre Pierre Grech, segretario generale della Conferenza dei vescovi latini delle regioni arabe (Celra), del prossimo incontro che vedrà in Israele e nei Territori palestinesi, dall‟11 al 18 gennaio 2007, i vescovi del Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Terra Santa, ospiti dell‟assemblea degli ordinari cattolici locali. “Si tratta – dice al Sir padre Grech – della settima visita qui in Terra Santa del Coordinamento che rappresenta il Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), la Commissione degli episcopati della

99 Comunità europea (Comece) insieme a vescovi da Austria, Inghilterra, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Svizzera e Usa. Come pellegrini intendono sostenere il processo di pace e di riconciliazione tra palestinesi e israeliani”. Anche quest‟anno sono in programma incontri con il premier israeliano Olmert e con quello palestinese, Abu Mazen, una visita a Gaza e a Nazareth. In agenda anche incontri con le comunità locali e con leader drusi, islamici ed ebrei. Alla fine della visita sarà diffuso un documento finale.

Il card. Lehmann spiega il senso di alcune osservazioni dei vescovi tedeschi di ritorno dalla Terra Santa BERLINO, 9 mar 07 - "Espressioni forti da non confondere con un giudizio globale dell'intera situazione". E‟ la risposta del card. Karl Lehmann, presidente dei vescovi tedeschi, ad Avner Shalev, del memoriale di Yad Vashem, che aveva criticato i commenti di alcuni vescovi sulla situazione dei palestinesi dopo il recente pellegrinaggio in Terra Santa. Lehmann spiega che “nei territori palestinesi non pochi vescovi hanno percepito una forte tensione per via della situazione opprimente, soprattutto presso i recinti di sicurezza e i muri di Betlemme”. “Questo si è tradotto in alcune espressioni forti. Alcune sicuramente non erano opportune", ammette ma che "non devono essere confuse con un giudizio globale dell'intera situazione che si basa su un esame ponderato dei contesti e di tutti i punti di vista”. "Anche coloro che si sono espressi con toni accesi circa la situazione dei territori autonomi non contestano in alcun modo la minaccia agli israeliani da parte del terrorismo" e "professano incondizionatamente il diritto all'esistenza e all'autodifesa dello Stato di Israele", ribadisce il cardinale. Per Lehmann "non è mai stata intenzione di alcuno ferire i sentimenti dei sopravvissuti alla Shoah o della popolazione ebraica in Israele. I vescovi tedeschi restano consapevoli della propria particolare responsabilità storica".

Messaggio di Pasqua delle Chiese locali di Gerusalemme GERUSALEMME, 4apr07 - “Celebrando la Risurrezione dobbiamo essere diligenti nel cercare la luce e nel costruire un futuro migliore per tutti noi, Palestinesi e Israeliani, musulmani, ebrei cristiani e drusi. Cerchiamo la luce che viene da Dio, illumina la Creazione, guida ogni vero credente nella sua ricerca, aiutandolo a trovare la libertà di Dio per tutto il suo popolo, insieme con la Sua pace e giustizia”. E‟ il

100 Messaggio per la Pasqua dei Patriarchi e dei Capi delle Chiese locali di Gerusalemme. Il messaggio è firmato, fra gli altri, dal Patriarca Latino di Gerusalemme Michel Sabbah, dal Patriarca Ortodosso Teofilo III, dal Patriarca Armeno Torkom I Manooghian; dagli Arcivescovi Copto- Ortodosso, Siro-Ortodosso, Etiope-Ortodosso, Maronita; dai Vescovi Anglicano, Luterano, Siro-cattolico, Greco-cattolico, Armeno cattolico, e dalla Custodia Francescana di Terrasanta. ”Gli ultimi mesi ci hanno mostrato molta della durezza e delle sofferenze che la gente ha dovuto sopportare, non solo in questa Terra. Molte di queste sono nate dalla disumanità dell‟uomo verso il suo prossimo, dalla privazione della dignità umana e dei diritti fondamentali. Nostro Signore sfida tutti noi: se vogliamo essere suoi discepoli dobbiamo prendere la nostra Croce e seguirlo”, si legge nel testo. I Patriarchi e i Capi delle Chiese locali di Gerusalemme non mancano di esprimere la loro preghiera a Dio “per il nuovo Governo di Unità dei Palestinesi, per il Governo israeliano e per l‟iniziativa dei paesi arabi, perchè possano lavorare per eliminare paura e oppressione, i muri, le barriere e le prigioni, cosicchè i cuori possano diventare pieni di fiducia e possano gioire della stessa libertà e della stessa dignità”. Un auspicio particolare infine. Mettere fine all‟embargo sugli aiuti ai Palestinesi, notando che molte comunità locali sono allo stremo, sulla soglia della disperazione, della fame e della miseria.

Il Patriarca Latino Sabbah critica la scelta della forza GERUSALEMME, 29 mag 07 - “I nostri capi politici sono soli, senza Dio, nella città di Dio, pongono la salvezza dei loro popoli nelle loro forze, confidando nel numero degli armati, sull‟odio e sull‟estremismo. I credenti di Gerusalemme, di tutte le religioni, possono, nel silenzio e in umiltà, possono liberarli dalle loro perplessità e debolezze e mostrare loro così le strade della vita di questa Terra Santa e della regione”. Lo ha detto nell‟omelia della Messa di Pentecoste, domenica a Gerusalemme, il patriarca latino Michael Sabbah, che ha anche amministrato il sacramento della Confermazioni ad un gruppo di ragazzi. “La vocazione della Chiesa di Gerusalemme – ha aggiunto facendo diretto riferimento alla Pentecoste – è quella di fare di questa solennità un evento che trasforma la vita di tutti i giorni. La nostra vocazione di piccola comunità è quella di dire ai nostri fedeli „amiamoci gli uni gli altri‟. Tutto il Paese ha bisogno dello Spirito e di

101 vita nuova fatta di sicurezza, pace e giustizia. Dio ci ha detto di essere fratelli e sorelle e noi possiamo esserlo”.

Solidarietà verso i poveri e impegno per la pace in Terra Santa: i 40 anni della Caritas di Gerusalemme GERUSALEMME, 17 set 07 Operare nell‟educazione, nella sanità, nel sostegno alle famiglie bisognose; impegnarsi attivamente per la riconciliazione e la pace in Terra Santa: sono stati questi i due binari principali dei primi 40 anni di vita della Caritas di Gerusalemme, che ieri ha festeggiato con diverse iniziative il 40° anniversario di fondazione. Nella Città Santa per le tre religioni vi sono stati eventi di carattere culturale per ricordare gli impegni e le realizzazioni concrete della Caritas di Gerusalemme, a partire dalla sua nascita, in uno dei momenti più tesi della storia del Medio Oriente: il 1967, anno della “guerra dei sei giorni”. Inoltre i responsabili della Caritas hanno presentato i progetti in corso e quelli in via di realizzazione, che toccano il settore abitativo (garantire case agli sfollati), sanitario (apertura di centri socio-sanitari nelle zone di maggiore povertà), educazione (sostegno a scuole e formazione di bambini e ragazzi), sociale (iniziative di riconciliazione fra i popoli israeliano e palestinese). In occasione dell‟anniversario, la Caritas di Gerusalemme ha rinnovato il suo appello per la pace, condizione basilare perché tutti i servizi sociali possano funzionare al meglio e per riportare i popoli israeliano e palestinese a una dignitosa condizioni di benessere. “La pace è possibile - si afferma - se tutti gli uomini di buona volontà rifiutano la violenza e preferiscono gettare ponti piuttosto che costruire barriere”. Insieme con la Chiesa locale ed i Vescovi della Terra Santa, la Caritas chiede: la fine della violenza; una reale sicurezza per palestinesi e israeliani; la costituzione di uno stato palestinese, internazionalmente riconosciuto; la soluzione del problema dei rifugiati; una distribuzione equa delle risorse, specialmente dell‟acqua; il rispetto delle risoluzioni dell‟Onu per la Terra Santa”.

Plenaria autunnale dei vescovi austriaci in Terra Santa MARIAZELL, 26 giu 07 - La prossima plenaria autunnale della Conferenza episcopale dell'Austria si svolgerà tra il 4 e il 10 novembre in Terra Santa, come "segno di solidarietà con i Cristiani del Paese che attraversano una situazione difficile". Lo hanno deciso i vescovi

102 austriaci a conclusione della loro ultima assemblea che si è svolta a Mariazell dal 18 al 20 giugno. La decisione è contenuta nella dichiarazione finale, nella quale è stato ribadito che "la presenza di comunità cristiane vive in Terra Santa è di grande importanza per tutta la Cristianità". "Se in Terra Santa restassero solo 'ricordi da museo' della storia di Gesù e della Chiesa primordiale, la fede cristiana sarebbe separata dalle sue radici". Con questo gesto, i vescovi intendono "incoraggiare i fedeli austriaci a compiere pellegrinaggi in Terra Santa. L'esistenza dell'ospizio austriaco nella città vecchia di Gerusalemme è un segno di quanto i cattolici austriaci siano sempre stati legati alla Terra Santa. Questo legame deve essere espresso ancora oggi", si ribadisce nella dichiarazione, poiché "la Terra Santa è per i cristiani anche un 'quinto Vangelo'".

Il prossimo marzo pellegrinaggio in Terra Santa dei vescovi elvetici LOSANNA, 31 ott ‟07 – Nel marzo 2007 una delegazione di vescovi svizzeri sarà in Terra Santa per un pellegrinaggio di solidarietà con i cristiani in Medio Oriente. I vescovi elvetici si aggiungono così agli episcopati di diversi Paesi occidentali che sempre più numerosi si stanno recando in Israele e Palestina per esprimere la vicinanza della Chiesa universale alle comunità cristiane di questa martoriata regione. L‟ultima visita in ordine di tempo è quella dei vescovi austriaci che hanno deciso di tenervi la loro prossima plenaria dal 4 e il 10 novembre. Lo scorso febbraio era stata la volta di una delegazione del Consiglio Permanente della Conferenza episcopale tedesca. A queste vanno aggiunte le ormai tradizionali visite annuali compiute dai vescovi del Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Terra Santa (composto dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee, Ccee, dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea, Comece, con presuli da Austria, Inghilterra, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Svizzera e Usa, ndr). Un forte plauso a queste iniziative è giunto dalla “Catholica Unio Internationalis”, l‟organizzazione cattolica internazionale impegnata, in collaborazione con Congregazione per le Chiese Orientali, nella promozione dei rapporti tra Chiese d‟Oriente e Chiese d‟Occidente. Riunita nei giorni scorsi a Würtzburg, in Gemania, per la sua 32ª assemblea generale, l‟organizzazione presieduta dal vescovo svizzero Pierre Bürcher, ha sottolineato l‟importanza di questi pellegrinaggi per

103 i cristiani in Medio Oriente la cui presenza si va assottigliando sempre di più e ha invitato i cristiani di tutto il mondo a intensificare il loro impegno e preghiera per la pace e l‟unità in queste terre.

Le difficoltà per i visti limitano attività della Chiesa, afferma padre Jaeger, Ofm GERUSALEMME, 12 nov 07 - Nonostante le reiterate promesse delle autorità israeliane, continuano le restrizioni per il rilascio di visti di ingresso e il rinnovo del permesso di soggiorno al personale ecclesiastico e religioso operante in Israele. A confermarlo è padre David Jaeger, portavoce della Custodia Francescana di Terra Santa a Gerusalemme, che rileva come questo causi “enormi problemi” per il funzionamento della Chiesa nel Paese. “Il vero problema - spiega il giurista francescano esperto di rapporti tra Chiesa e Stato di Israele – è che Israele non ha alcuna disposizione generale sulla concessione dei visti”. Sarebbero invece necessarie norme certe che permettano alla Chiesa di pianificare meglio le proprie attività. Padre Jaeger ricorda che l‟Accordo Fondamentale siglato nel 1993 tra Santa Sede e Israele riconosce alla Chiesa cattolica il diritto di svolgere le sue attività religiose, educative e caritative in Terra Santa e di dispiegare il proprio personale per le sue istituzioni. Queste norme avrebbero dovuto essere concordate nel marzo 1994, ma non sono ancora entrate in vigore. Mentre resta aperto il nodo dei visti, continuano i lavori della Commissione bilaterale permanente di lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele. Nei giorni scorsi si sono incontrati le delegazioni delle due parti al Ministero degli Esteri israeliano per proseguire i negoziati sulla Convenzione economica riguardante le materie fiscali e le proprietà. La prossima sessione della Commissione è prevista il 12 dicembre.

L‘arcivescovo coadiutore del Patriarcato latino di Gerusalemme auspica che ―L‘Europa abbia un ruolo politico forte‖ per la minoranza cristiana in Medio Oriente GERUSALEMME, 13 nov 07 - “Sono felice che la comunità internazionale mostri riguardo nei confronti della presenza cristiana in Medio Oriente”. E‟ quanto afferma all‟agenzia Sir l‟arcivescovo coadiutore del patriarcato latino di Gerusalemme, mons. Fuad Twal, in vista della discussione giovedì prossimo a Strasburgo sulla "situazione

104 delle comunità cristiane nella regione. Il presule ha però aggiunto che con il passare del tempo aumentano problemi e difficoltà per i cristiani di Terra Santa. Senza entrare in ambito politico – prosegue mons. Twal – “abbiamo problemi anche a svolgere la nostra attività pastorale”. “Non riusciamo – spiega quindi il presule – a portare avanti la nostra missione a favore della pace e della riconciliazione”. Secondo mons. Twal, è tempo che l‟Europa “cominci ad avere anche un ruolo politico forte” in favore della piccola comunità cristiana in Medio Oriente. L‟arcivescovo auspica, infine, una risoluzione che contenga “un richiamo ai diritti umani per le comunità cristiane” sottolineando “il diritto all‟accesso a tutti i luoghi Santi, alla dignità, al culto, alla libertà di coscienza”.

Le difficoltà nei visti di ingresso, la scuola, le tasse, l‘emigrazione dei cristiani al centro dell‘Assemblea degli ordinari di Terra Santa GERUSALEMME, 14nov07 - Si è chiusa oggi a Gerusalemme l‟assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts). Diversi i temi discussi dai rappresentanti dei diversi riti cattolici alla presenza del Nunzio apostolico, mons. Antonio Franco: le difficoltà nei visti di ingresso, la scuola, le tasse, l‟emigrazione dei cristiani. In un‟intervista al Sir (in uscita su www.agensir.it) padre Pierre Grech, segretario generale dell‟Aocts ha ricordato che “i visti di ingresso per i religiosi, religiose e preti, moltissimi dei quali provenienti da Paesi arabi, non vengono rilasciati da Israele e ciò crea gravi problemi all‟attività pastorale ordinaria della Chiesa. Sono stati avviati contatti con la controparte israeliana, resta da vedere con quali risultati. Ma certo il tempo delle dichiarazioni è finito”. A preoccupare gli Ordinari cattolici, secondo quanto riferito dal Segretario dell‟Aocts è anche “la diminuzione da parte di Israele dei fondi alle scuole” e “la sua volontà di imporre il pagamento di tasse sulla proprietà alla Chiesa” nonostante “le storiche esenzioni fiscali che la Chiesa già possedeva al momento della nascita dello Stato di Israele”. Nell‟intervista padre Grech si sofferma anche sui pellegrinaggi, “in grande ripresa” e sull‟emigrazione cristiana, “una ferita aperta”.

Gli Ordinari cattolici di Terra Santa preoccupati per la difficile situazione delle comunità cattoliche d‘Israele

105 GERUSALEMME 15 nov 07 Tempi duri per la Chiesa in Israele. L'Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa (AOCTS), conclusasi ieri a Gerusalemme, ha messo in luce le difficoltà che sacerdoti, religiosi e religiose cattolici affrontano oggi nel Paese dei cedri. Fra i temi più sentiti quello della difficoltà nel rilascio dei visti di ingresso in Israele. Un problema che – sottolinea padre Pierre Grech, segretario generale dell' AOCTS, in un'intervista al Sir - "crea gravi problemi all'attività pastorale ordinaria della Chiesa". "Sono stati avviati contatti con la controparte israeliana – aggiunge padre Grech - resta da vedere con quali risultati. Ma certo il tempo delle dichiarazioni è finito". Motivo di preoccupazione è anche la diminuzione, da parte di Israele, dei fondi destinati alle scuole cattoliche e la "volontà di imporre il pagamento di tasse sulla proprietà alla Chiesa", storicamente esente. E se i pellegrinaggi si rivelano in "grande ripresa", l'emigrazione cristiana resta per la comunità una "ferita aperta".

Delegazione ecumenica australiana in pellegrinaggio di solidarietà in Terra Santa GERUSALEMME, 12 dic ‟07 - Nonostante lo scetticismo diffuso, le Chiese cristiane in Medio Oriente continuano a sperare che il processo di pace riavviato dal vertice di Annapolis prosegua e si affidano alle preghiere dei cristiani nel mondo. È il sentimento espresso dai leader cristiani di Terra Santa a una delegazione delle Chiese australiane che nei giorni scorsi ha compiuto un pellegrinaggio di solidarietà durante il quale ha incontrato anche esponenti politici israeliani e palestinesi, organizzazioni pacifiste ed leader religiosi ebraici e musulmani locali. Della delegazione facevano parte, tra gli altri, mons. Francis Carroll, arcivescovo emerito di Canberra e il Primate anglicano australiano Philip Aspinall. Scopo dell‟iniziativa, organizzata dai Patriarchi e dai Capi delle Chiese di Gerusalemme, in collaborazione con il Consiglio ecumenico delle Chiese e il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, era appunto di esprimere il sostegno delle Chiese australiane al processo di pace e la loro solidarietà con i cristiani in Terra Santa. Essa è stata soprattutto un‟occasione per toccare con mano la difficile realtà in cui vive la popolazione nella regione. Un‟esperienza che ha profondamente colpito la delegazione. “Conoscere direttamente questa realtà è stato uno shock”, ha riferito all‟agenzia Cns mons. Francis Carroll che ha rimarcato anche l‟opera meritoria dei movimenti

106 pacifisti e per i diritti umani israeliani. “Ciò di cui ha più bisogno in questo momento la Terra Santa – ha quindi evidenziato il presule facendo eco alle richieste dei leader cristiani locali - sono le preghiere perché la fiamma della speranza accesa dalla conferenza di Annapolis rimanga accesa”. Per questo le Chiese australiane intendono promuovere una serie di iniziative volte a sensibilizzare l‟opinione pubblica del loro Paese per incoraggiarla a sostenere attivamente progetti solidarietà.

Segnali positivi dal Medio Oriente: aumentano i pellegrini in Terra Santa GERUSALEMME, 14 dic 07 - L‟assenza nelle prime pagine dei giornali di notizie drammatiche in Medio Oriente e i nuovi, importanti spiragli di pace dopo la recente conferenza di Annapolis, hanno avuto in questi ultimi giorni un effetto positivo sulle presenze di pellegrini in Terra Santa. Il dato confortante si aggiunge a quello, ancora più incoraggiante, relativo al 2007: si prevede infatti, secondo il Franciscan Pilgrims Office, che quest‟anno il numero complessivo di pellegrini sia addirittura superiore a quello del 2000. Il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ha sottolineato all‟agenzia Sir la tendenza positiva del 2007 ricordando che “nell‟anno del Grande Giubileo si era parlato di oltre un milione di pellegrini”. “Quest‟anno – ha aggiunto – sembra siano molti di più”. Nel 2008 si prevede, inoltre, un afflusso maggiore rispetto al 2007. La tendenza positiva ha molteplici riflessi: a beneficiare di questa migliore situazione generale in Medio Oriente, e in particolare in Terra Santa, è infatti anche l‟economia locale che, in gran parte, dipende dal turismo religioso.

Messaggio natalizio dei capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme, perché Dio possa ispirare i leader politici a raggiungere la pace GERUSALEMME, 18 dic 07 “La libertà e la fine dell‟occupazione”: è quanto auspicano i Patriarchi e i Capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme nel loro messaggio di Natale, diffuso ieri dall‟agenzia Sir. I 13 leader cristiani e cattolici ricordano che “il muro di separazione ha trasformato la città in grandi prigioni”. “Preghiamo per i governanti e i politici affinché Dio possa ispirarli nelle loro azioni”.

107 Davanti a problemi quali “la disoccupazione, la povertà e la frustrazione che molti continuano a sperimentare quotidianamente sulla propria pelle” è urgente “come cristiani pregare Dio per tutti coloro che ci sono vicino e che si stanno impegnando per le loro famiglie, per i bambini e gli anziani". I capi delle Chiese si dicono "felici del recente rilascio di prigionieri" da parte di Israele, e chiedono "la liberazione di altre migliaia che hanno gli stessi diritti di rientrare nelle loro famiglie". Rivolgendosi, infine, "ai fratelli e alle sorelle del mondo" li "ringraziano per i pellegrinaggi. Tramite questi conoscete le difficoltà dei vostri fratelli cristiani che vivono qui. La pace in Terra Santa ha bisogno dello sforzo di tutti, cittadini e politici, non importa se palestinesi, israeliani, musulmani o ebrei, cristiani o drusi. Cristo insegna che la pace supera tutti gli ostacoli".

Il Patriarca latino di Gerusalemme nella parrocchia di Gaza GERUSALEMME, 19 dic 07 - “Fratelli di Gaza, membri di Hamas, di Fatah e di tutti i movimenti politici, moderati e estremisti, noi preghiamo per voi. Che Dio vi doni la forza per camminare insieme verso l'unità del popolo”. E‟ l‟auspicio del patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Michel Sabbah, espresso dalla parrocchia cattolica di Gaza dove si è recato, domenica scorsa, per le celebrazioni in vista del Natale. Nell‟omelia, diffusa oggi dal Patriarcato, Sabbah ha invitato i fedeli “a pregare per tutti gli abitanti di Gaza, cristiani e musulmani, per tutti i dirigenti, e per tutti i membri dell‟Autorità palestinese in tutta la Palestina. Chiediamo per loro la luce, la saggezza e un ritorno verso l'unità”. Sabbah ha ammonito i responsabili di Gaza affinché “nessuno imponga il proprio modo di pensare, di credere, di vivere, di bere o mangiare. La nostra religione cristiana – ha aggiunto -, la nostra fedeltà a ogni persona umana e il nostro amore sono la sola fonte dei nostri obblighi”.

Natale in Terra Santa: il patriarca Sabbah fa il suo ingresso solenne a Betlemme. In ripresa i pellegrinaggi in Terra Santa BETLEMME, 24 dic 07 - E' iniziato stamattina il Natale di festa e di gioia, per Betlemme: col tradizionale appuntamento che richiama qui, ogni anno, tutta la popolazione locale, sia cristiana che musulmana, uno dei momenti più attesi: l'ingresso ufficiale del patriarca di Gerusalemme dei Latini, Michel Sabbah che attraversa la piazza della Mangiatoia, la piazza antistante la Basilica della Natività, colma di

108 gente. Dopo aver lasciato Gerusalemme, dove aveva ricevuto gli omaggi e gli auguri dei suoi fedeli, scortato da un corteo festoso di macchine, il patriarca ha varcato il muro di separazione che chiude la città palestinese, oltrepassando ben 3 porte: in questa occasione solenne infatti gode del diritto di passare per un'apertura straordinaria, che conduce a Betlemme passando per l'enclave della tomba di Rachele. Quindi accompagnato dai kawass e preceduto dalla fanfara degli scout, il patriarca è passato tra le ali festanti di folla che lo attendevano nella piazza della Natività. Pellegrini molti, da tutto il mondo. Questi ultimi mesi infatti sono stati segnati da una ripresa notevole dei pellegrinaggi, e gli alberghi sono pieni. Secondo il quotidiano israeliano "Jerusalem Post", sono circa 60.000 i pellegrini in arrivo in questi giorni di festività. E i cristiani locali vengono sia dalla Galilea, che dalla Cisgiordania Infatti nel mese di festività natalizie, che giunge fino al 20 gennaio, l'Epifania degli Ortodossi, sono facilitati, per tutti i cristiani, l'ingresso e l'uscita da Betlemme, solitamente condizionati dalla concessione di visti giornalieri o temporanei. 2.500 sono i biglietti distribuiti per la solenne Mezza di Mezzanotte in Santa Caterina, che sarà presieduta come tradizione dal patriarca Sabbah e sarà concelebrata dal nunzio apostolico mons. Antonio Franco.

Riaperta a Betlemme la Tv cristiana ―al Mahed‖ dopo l‘appello lanciato dai microfoni della Radio Vaticana per superare le difficoltà economiche BETLEMME, 3 gen 08 - Ridotta al silenzio per i debiti accumulati, ha ripreso le trasmissioni - dopo poche settimane di sospensione - l‟emittente “al Mahed”, (“La Natività”), l‟unica Televisione cristiana in Terra Santa. La stazione televisiva privata che sorge a pochi chilometri dalla Basilica della Natività a Betlemme è nata nel 1996 per iniziativa di un imprenditore greco-ortodosso Samir Qumsieh, fondatore e direttore da 11 anni di al Mahed. La Tv offre una programmazione variegata rivolta in particolare ai cristiani, non mancano però programmi mirati per i musulmani, oltre a trasmissioni di servizio per tutti i telespettatori, che sono circa un milione. Nonostante l‟ottimo seguito e gli attestati di stima meritati da istituzioni religiose, l‟emittente è arrivata nei mesi scorsi a indebitarsi fino a 63 mila dollari. Da qui l‟appello del suo direttore Qumsieh, lanciato dai nostri microfoni il primo novembre scorso, per

109 scongiurare la chiusura definitiva, “un disastro” - aveva lamentato - per la sopravvivenza dei cristiani in Terra Santa, dove nella sola Betlemme sono scesi dall‟85 a meno del 20% della popolazione. Dopo l‟appello è arrivata la pronta risposta di un associazione italiana di San Donato milanese “Concittadini di Terra Santa operatori di pace”, che ha aperto una raccolta per sostenere la Tv “al Mahed”, cui si è aggiunto un contributo di 15 mila euro da parte della presidenza della CEI, attinto dai fondi dell‟8 per mille. Questi interventi hanno permesso di riprendere le trasmissioni, oltre che attirare l‟attenzione su una realtà di grande rilievo mediatico per i cristiani di Terra Santa.

Prosegue il pellegrinaggio in Terra Santa dei giovani dell‘Azione Cattolica GERUSALEMME, 3 gen 08 - Prosegue in Galilea il pellegrinaggio del Forum Internazionale dell‟Azione Cattolica, che ha raccolto in Terra Santa circa 150 giovani, da 27 Nazioni. Un pellegrinaggio volto a costruire ponti di pace e fraternità, che ha avuto il suo culmine nella Giornata della pace, celebrata a Gerusalemme. Qui i pellegrini hanno ricevuto dal Patriarca Latino mons. Sabbah la lampada della pace, come segno dell'impegno che porteranno avanti, ciascuno nel proprio Paese. Molti di loro vengono da lontano, - diversi da Stati lacerati da divisioni e da guerre - e sono qui per la prima volta. Burundi, Mali, Nicaragua, Birmania, Bosnia, Filippine sono solo alcuni dei Paesi di provenienza dei partecipanti, che sono accompagnati nel loro pellegrinaggio anche da alcuni giovani arabi cristiani. Le prime quattro giornate, che si sono svolte tra Betlemme e Gerusalemme, sono state scandite dagli incontri volti ad illustrare la realtà di vita in Palestina, incontri avuti anche con il Patriarca Latino di Gerusalemme, col Nunzio Apostolico, e con il Custode di Terrasanta, padre Pierbattista Pizzaballa. Oggi, nella basilica dell'Annunciazione a Nazareth, si svolgerà la Messa celebrata da mons. Marcuzzo, Vicario Patriarcale per Israele, dopo la quale i giovani, provenienti da realtà di vita totalmente differenti, potranno raccontare e scambiarsi le proprie esperienze. Oltre alle visite previste per i prossimi giorni, nei santuari di Cafarnao, Tabgha, al monte delle Beatitudini, al Tabor e al Carmelo, assai importanti, infatti, sono i momenti di condivisione. Più di una metà del gruppo di pellegrini, che nei giorni scorsi erano stati alloggiati presso il Centro dell'AC di Betlemme, è accolto ora dalle famiglie cristiane di Nazareth e dei villaggi vicini. I giovani pellegrini -

110 incontratisi a Roma e partiti di là una settimana fa - dopo la Messa prefestiva dell'Epifania che celebreranno nella parrocchia latina di Haifa, ripartiranno alla volta di Roma, per partecipare, in S. Pietro, alla Solenne Messa del 6 gennaio presieduta da Benedetto XVI.

GIORDANIA

Ad Amman riunione della Commissione di coordinamento del dialogo tra islamici e cristiani AMMAN, 22 apr 98 - E' iniziata oggi ad Amman, in Giordania, una riunione della Commissione di coordinamento del dialogo tra islamici e cristiani. I commissari stanno valutando i lavori del Consiglio Islamico Mondiale, la Dawa, tenutosi, nello scorso febbraio al Cairo. Come precisa un comunicato dell'ISESCO, l'organizzazione islamica per l'educazione la scienza e la cultura, i lavori della commissione si concluderanno domani. L'organismo raggruppa responsabili di organizzazioni, di iniziative e di istituzioni islamiche. La riunione ad Amman avviene su invito dell'accademia reale Giordana per le ricerche sulla civiltà islamica della fondazione al Beit. L'ISESCO, che ha la propria sede a Rabat, ha presentato un proprio documento di lavoro, che fa il punto sulla attuale situaziOne del dialogo cristiano-islamico. Abdulaziz Othman, direttore dell'ISESCO, ha proposto la creazione di un meccanismo di dialogo inter-religioso, che possa assicurare il coordinamento sistematico tra le parti islamiche impegnate nel dialogo con quelle cristiane sui temi della civilta' della religione e della cultura.

Incontro di preghiera di tutti i cristiani in Giordania ZARQA, 10 gen 01 - Venerdì 7 gennaio, sul luogo del battesimo di Gesù, a qualche decina di chilometri da Amman, sul fiume Giordano, si è tenuto un incontro di preghiera di tutti i cristiani. E' la prima volta che si realizza nella Chiesa giordana un'iniziativa di tanto respiro: essa è stata appoggiata dai vescovi di tutti i riti, e per di più non ostacolata dalle autorità civili islamiche, che nella valorizzazione del luogo del Battesimo vedono una possibilità di sviluppo turistico del paese. I partecipanti sono stati numerosissimi, circa 20 mila. La gente era sistemata a formare attorno al luogo del culto un semicerchio di oltre un chilometro di lunghezza. La celebrazione è stata presieduta dai vescovi cattolici di rito latino e greco, il vescovo ortodosso e il vescovo anglicano. Presenti

111 anche i rappresentanti ufficiali delle chiese armena, copto-ortodossa, siriaco- ortodossa, maronita, caldea e luterana. Ha tenuto l'omelia il vescovo melchita George Elmour. Dopo la liturgia della Parola, tutti hanno rinnovato le promesse battesimali, mentre davanti all'altare venivano accese duemila candele, a rappresentare i duemila anni di luce portati dal cristianesimo nel mondo.Al termine sono state lanciate sette colombe bianche come augurio di pace.Hanno fatto seguito alla celebrazione i cori delle diverse chiese e ha suonato anche la banda dell'esercito giordano con le cornamuse. Le autorità civili si sono dette contente per come l'avvenimento di è svolto in modo ordinato: è stato definito un'ottima prova generale per quando verrà il Papa a marzo. Erano presenti varie televisioni, anche straniere. L'occasione è stata valutata come importantissima per la Chiesa Giordana, che ha testimoniato la sua fede, la sua unnità e, prima ancora, la su presenza. Su una popolazione di circa 5 milioni e mezzo, i cristiani giordani sono il 4 per cento, i cattolici un po' più dell'uno per cento, cioè 66 mila.

Celebrazione della Parola sul luogo del Battesimo di Gesù per la chiusura dell‘Anno Santo in Giordania AMMAN, 11 apr 01 - "L'anno del Grande Giubileo è ufficialmente concluso", ha sancito l'arcivescovo di Petra e Filadelfia, mons. Georges El-Murr, durante una celebrazione della Parola, il 6 aprile, sul luogo del Battesimo di Gesù. Mons. El-Murr ha presieduto la liturgia della preghiera insieme con l'arcivescovo armeno ortodosso in Giordania. Alla cerimonia, che è durata 2 ore, hanno preso parte, tra gli altri, esponenti del governo giordano e il governatore del distretto di South Ghour. Il governo di Amman considera il luogo del Battesimo di Gesù come uno dei più importanti, anche dal punto di vista turistico. E' in via di realizzazione un centro di accoglienza per turisti aperto per tutto l'anno. Il centro sarà inaugurato probabilmente nella prossima estate. L'anno giubilare in Giordania, come si ricorderà, era iniziato nello stesso luogo con la visita di Giovanni Paolo II, il 21 marzo 2000 durante il suo pellegrinaggio in Terrasanta. Con brevi parole l'arcivescovo El-Murr ha ribadito il luogo dove il Signore Gesù è stato battezzato è sacro per tutti i cristiani. Alla preghiera hanno partecipato più di 3 mila tra giordani, libanesi, siriani ed altri arabi cristiani oltre ad un gran numero di turisti, soprattutto italiani, che stavano visitando il luogo del Battesimo durante la celebrazione. Anche un gruppo di

112 musulmani giordani, che erano lì per una visita, hanno partecipato all'evento.

Il Principe Hassan insignito del ―Notre Dame Award” NOTRE DAME - Il Principe el Hassan bin Talal di Giordania è stato insignito del “Notre Dame Award” per il suo attivo impegno umanitario. Il prestigioso riconoscimento viene conferito, dal 1992, dall'omonima università cattolica statunitense a persone di qualsiasi nazionalità e religione che con le loro opere hanno saputo testimoniare al meglio la loro fede. "Un devoto figlio dell'Islam, ma anche un esempio di intellettuale musulmano socialmente impegnato", il Principe Hassan "è universalmente noto per la sua leadership intellettuale e culturale nel mondo arabo e per il suo impegno, ispirato dalla fede, nella promozione dei diritti umani universali". Così il Presidente dell'Università di Notre Dame, padre Edward Malloy, ha motivato l'assegnazione del premio al sovrano giordano. 56 anni, cresciuto ed educato in Gran Bretagna dove ha conseguito la Laurea in Orientalistica presso l'Università di Oxford, il Principe Hassan è conosciuto per il suo attivo impegno nel dialogo interreligioso e nella ricerca di una soluzione pacifica al conflitto israelo-palestinese. In questa qualità, ha tra l'altro partecipato a consultazioni con istituzioni cristiane quali il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso in Vaticano e il Centro Ortodosso del Patriarcato Ecumenico di Chambesy, in Svizzera. Il Principe Hassan è, tra l'altro, autore di diversi libri in inglese e francese sul Medio Oriente.La cerimonia di consegna del "Notre Dame Award” avrà luogo il 23 aprile nel campus dell'università. Tra i precedenti vincitori del premio, figurano l'ex Presidente statunitense Jimmy Carter, insieme alla moglie Rosalyn Carter, Madre Teresa di Calcutta e Jean Vanier, il famoso fondatore delle comunità dell'Arche, in Francia.

Sviluppare l'ecumenismo in Medio Oriente questo il fine del MECC organismo che riunisce i rappresentanti delle diverse confessioni cristiane mediorioentali AMMAN, 10 giu 03 - Sviluppare l'ecumenismo in Medio Oriente: questo il fine del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Mecc), organismo che riunisce i rappresentanti della Chiesa e delle diverse confessioni cristiane presenti nei paesi mediorientali. In un incontro tenutosi nella capitale giordana Amman, alla fine di maggio, i rappresentanti del

113 Mecc hanno chiesto ai cristiani di offrire una testimonianza di unità più forte in Medio Oriente. "Con il contributo di: cattolici, ortodossi, protestanti, evangelici, pentecostali – spiega il comunicato finale dell'incontro - possiamo essere una realtà significativa nei paesi arabi. Come cristiani siamo una minoranza, e non possiamo continuare a portarci sulle spalle antiche divisioni che ci allontanano dal comandamento di Cristo di vivere in unità perché il mondo creda". Il Mecc invita a sviluppare maggiormente la rete fra le comunità cristiane e promuovere il dialogo interreligioso, in special modo con i musulmani. "I paesi de Golfo si stano aprendo gradualmente a un processo di dialogo fra religioni e culture", osserva il documento.. Lo dimostra il fatto che attualmente in paesi come Bahrain e Qatar sono in costruzione alcune chiese che saranno utilizzate da tutte le comunità cristiane delle diverse confessioni. Il Mecc ribadisce che i cristiani in Medio Oriente trovano un collante specialmente nel servizio sociale, svolto in diversi paesi da numerosi gruppi. In Oman e Bahrain, ad esempio, è ben sviluppato un sistema di assistenza e solidarietà verso i più poveri, i carcerati e gli immigrati, in collaborazione con organizzazioni delle Chiese asiatiche da cui questi ultimi provengono. Un altro settore in cui i credenti in Cristo offrono un contributo riconosciuto ed apprezzato è quello delle strutture sanitarie e ambulatoriali, a disposizione di quanti non possono usufruire di assistenza medica.

―Profeti di riconciliazione e di pace" è il tema del Capitolo della Custodia di Terra Santa del 2004 ad Amman AMMAN, 23 lug 04 - “Profeti di riconciliazione e di pace” è il tema del Capitolo della Custodia di Terra Santa che si sta svolgendo in questi giorni ad Amman, capitale della Giordania, sotto la presidenza di padre Stephan Ottenbreit, visitatore generale. Si tratta di un „capitolo elettivo‟ che dovrà eleggere il nuovo vicario ed i consiglieri del Custode e fare il punto sulla Custodia di Terra Santa presente in gran parte dei Paesi del medio Oriente. “Stiamo progettando le attività dei prossimi anni – dichiara il Custode, padre Pierbattista Pizzaballa – in particolare sono tre i punti di cui abbiamo discusso e che rappresentano le urgenze per la Custodia: la formazione iniziale e permanente, per adeguare la formazione tenendo conto della nuova realtà mediorientale e delle difficoltà politiche, una revisione delle strutture di Governo della Custodia, che è ampia poiché è presente in 12 Paesi attuando, laddove

114 è possibile il principio della sussidiarietà, ed infine migliorare la comunicazione con il mondo e all‟interno della Custodia”. Al capitolo ha partecipato anche il nunzio apostolico in Giordania e Iraq, mons. Fernando Filoni, che, aggiunge il Custode di Terra Santa, “ha invitato la Custodia francescana a farsi più presente in Iraq e contribuire così alla ricostruzione, non solo materiale, ma morale della popolazione e della comunità cristiana che lì vive”. Il Capitolo 2004 si è aperto giovedì 15 e terminerà sabato 31 luglio.

Le conclusioni del Capitolo della Custodia di Terra Santa AMMAN, 31 lug 04 - Più religiosi nei santuari principali, studiare nuovi modi di presentare all‟esterno degli stessi santuari che tengano conto delle nuove tecnologie informatiche, formazione anche in lingua araba. Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa sintetizza in questo modo le principali proposte emerse dal Capitolo dei Frati Minori di Terra Santa, che si è concluso ad Amman, in Giordania. In un‟intervista, padre Pizzaballa afferma: “Abbiamo discusso sul ruolo dei Luoghi Santi e sulla necessità di inviare più religiosi nei santuari principali. Dovremo inoltre studiare forme di illustrazione dei santuari che tengano conto delle nuove tecnologie informatiche”. Miglioramenti sono previsti anche nel sistema di comunicazione e informazione: riviste, editoria, internet. Lo scopo è quello di far conoscere di più e meglio le differenti comunità ecclesiali nel mondo”. Ma la vera sfida, riguarda soprattutto “la formazione e la revisione delle strutture di governo”. Circa la formazione: “Da diversi anni la maggior parte delle vocazioni vengono dai Paesi arabi. Per cui nel nostro iter di formazione dobbiamo tenere conto della possibilità, o forse necessità, di studiare almeno in parte anche l‟arabo. Lo studio delle lingue locali sarà parte integrante del cammino formativo. I Luoghi Santi restano ovviamente il luogo e l'ambiente necessario per tale formazione, ma non si esclude la possibilità di aprire qualche casa di formazione anche in Siria o Libano”. Per quanto riguarda la revisione delle strutture di governo, il Capitolo ha chiesto un maggior decentramento. “La Custodia si estende su 12 Paesi diversi ed è quindi necessario – ha concluso padre Pizzaballa - che le zone più lontane da Gerusalemme, o quelle con le quali la comunicazione è più difficile, abbiano una certa autonomia gestionale”.

115 Una comunità francescana sul Monte Nebo, in Giordania GERUSALEMME, 12 lug. 06 – Sul Monte Nebo (Giordania), dalla cui vetta Mosè vide la Terra Promessa senza poterla raggiungere, si erigerà canonicamente una comunità francescana. Lo ha confermato il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa OFM, nella sua lettera di sabato scorso indirizzata a tutti i religiosi della Custodia. “Da molto tempo in Custodia vi era il desiderio di fare qualcosa in quel centro così bello, oltre che importante ed estremamente significativo - ha scritto il francescano. L‟arrivo di nuovi missionari in Terra Santa ci ha permesso di rafforzare la nostra presenza in Giordania, nel nostro unico santuario legato ad un ricordo dell‟Antico Testamento e divenuto ormai meta continua di pellegrinaggi”. Nel 1932 la Custodia di Terra Santa ha acquisito le terre del Monte Nebo. Ogni anno sul luogo si svolgono campagne di scavi archeologici dirette e promosse dai francescani sotto la guida di fra‟ Michele Piccirillo. Ora, per la prima volta, nel convento adiacente al santuario verrà eretta canonicamente una fraternità che vivrà stabilmente sul monte santo. La comunità è formata da tre frati rappresentanti nazionalità e continenti diversi. L‟australiano fra‟ Fabiano, l‟italiano fra‟ Simone e il siriano fra‟ Salem. “Rivivranno la vita contemplativa e di preghiera – spiega la Custodia di Terra Santa, unitamente all‟accompagnamento dei pellegrini”. Sul Monte Nebo si trova l‟unico santuario della Custodia in Giordania e l‟unico che, alle porte della Terra Santa, è legato all‟Antico Testamento. Fedele alla sua missione di conservazione e preservazione dei luoghi santi, il Discretorio della Custodia di Terra Santa, dopo la sua riunione degli inizi del mese, ha voluto sottolineare il suo desiderio di vivere pienamente la sua vocazione anche in Giordania. Sul luogo, in futuro, la Custodia spera di allestire un centro di ospitalità e di ritiri spirituali, soprattutto per la Chiesa locale.

La Pontificia Missione per la Palestina aiuta i cristiani iracheni AMMAN, 31 gen ‟07 - La Chiesa cattolica è il primo punto di riferimento dei rifugiati cristiani dall‟Iraq quando arrivano in Giordania, afferma Ra‟ed Bahou, direttore dell‟Ufficio della Pontificia Missione per la Palestina ad Amman. Dal 1949 la speciale agenzia della Santa Sede con sede principale a New York, dirige e coordina tutte le organizzazioni e associazioni cattoliche impegnate negli aiuti alla Terra Santa. In questi ultimi anni gli aiuti sono rivolti anche ai

116 cristiani iracheni che a migliaia stanno fuggendo dall‟Iraq, diretti soprattutto verso la Turchia, Siria e appunto la Giordania, dove questo afflusso sta aumentando significativamente la consistenza numerica della comunità cristiana locale. Ad attirarli in questo Paese – spiega all‟agenzia Cns Ra‟ed Bahou - è la maggiore libertà, ma le condizioni di vita per loro non sono facili: mancano le case, il lavoro e il costo della vita è molto alto. La Pontificia Missione per la Palestina cerca di provvedere ai loro bisogni come può, anche se i mezzi sono limitati, spiega il responsabile: “Organizzazioni come la nostra possono offrire loro l‟essenziale, ma non riusciamo ad aiutare famiglie intere. Possiamo dare aiuti finanziari per uno o due mesi al massimo”. In collaborazione con due istituti di religiose, l‟agenzia è riuscita anche ad avviare una piccola scuola per un centinaio di bambini cristiani iracheni. La Pontificia Missione per la Palestina, che ha anche uffici in Vaticano, a Gerusalemme e a Beirut, opera in coordinamento con la “Catholic Near East Welfare Association” (Cnewa, in sigla), un altro ente cattolico con sede a New York che sostiene la missione pastorale della Chiesa in Medio Oriente. Fondata nel 1926 da Pio XI questa associazione offre assistenza umanitaria e promuove il dialogo ecumenico e interreligioso nella regione. L'assistenza tocca anche Paesi dell'Africa dell'Asia e dell'Europa dell'Est. Forte la presenza dell'associazione nel campo della comunicazione: il sito www.cnewa.org offre tutte e il bimestrale Cnewa World offrono informazioni e storie sulla situazione religiosa, sociale ed economica nella regione

EGITTO

Incontro delle POM del Medio Oriente

IL CAIRO, 15 dic 95 - I responsabili nazionali delle "Pontificie Opere Missionarie" di Libano, Siria, Egitto, Turchia e della Terra Santa, si sono recentemente incontrati al Cairo, per discutere delle attività, dell'organizzazione e delle prospettive future delle opere pontificie e, in particolare, dell'opera dell'infanzia missionaria, nella regione medio-orientale. all'incontro, promosso dal custode della Terra Santa padre Giuseppe Nazzaro ha preso parte anche il segretario generale dell'Opera dell'Infanzia Missionaria, padre Julio Botia. I partecipanti

117 sono stati unanimi nel riconoscere l'importanza decisiva per il medio oriente di "evangelizzare i bambini con i bambini" e quindi la priorità da accordare all'organizzazione e alla promozione dell'opera dell'infanzia missionaria. sono stati percio' approvate una serie di modifiche alla organizzazione locale delle pontificie opere missionarie. dall'inizio del 1996 la rivista libanese "alleluja", diffusa in diversi paesi, dedichera' in ogni numero pagine speciali all'animazione dell'opera dell' infanzia missionaria. questa iniziativa editoriale si aggiungera' ad altre, che prevedono la diffusione di materiale informativo.

Le commemorazioni in Egitto del Beato Daniele Comboni IL CAIRO, 7 ott 96 - Mons. Daniele Comboni, il vescovo missionario italiano beatificato il 17 marzo, è stato solennemente commemorato per la prima volta in Egitto con la celebrazione di Sante Messe nelle chiese cattoliche. Al Cairo, sabato scorso, nella basilica di nostra signora di heliopolis, padre David Glenday, attuale superiore generale dei missionari comboniani, ha presieduto la celebrazione con una trentina di sacerdoti. partecipavano alla liturgia sua beatitudine il patriarca Stephanos II, il Nunzio apostolico mons. Paolo Giglio, il vicario apostolico per i latini in Egitto mons. Egidio Sampieri, altri vescovi e numerosi religiosi dei due istituti fondati dal beato Comboni, i missionari del cuore di Gesù e le Pie Madri della Nigrizia. all'omelia padre Glenday ha ricordato come monsignor daniele comboni, nella sua opera di evangelizzazione, soggiornò in Egitto dal 1867 al 1870. Tre corali, una egiziana, una eritrea e un'altra sudanese, hanno animato la liturgia. I canti sono stati eseguiti anche in frances, in inglese, in arabo e in amarico. Le celebrazioni liturgiche in onore del Beato Daniele Comboni sono iniziate in alto Egitto, ad assuan, venerdì scorso, e sono continuate ieri nella parrocchia del cuore di gesu', situata nel quartiere Ramses del Cairo, e nel quartiere di Daher presso il Collegio dei Fratelli delle Scuole Cristiane.

Gli attacchi contro minoranza cristiana rendono difficili le relazioni amichevoli tra cristiani e musulmani, afferma vescovo di Minya IL CAIRO, 17 ott 97 - Il moltiplicarsi degli attacchi condotti dagli estremisti islamici contro membri della minoranza cristiana in Egitto sta rendendo difficili le relazioni sinora amichevoli tra cristiani e

118 musulmani. Lo ha detto mons. , vescovo di Minya, nel corso di un recente incontro con alcuni rappresentanti dell'"aiuto della chiesa che soffre" nella sede dell'organizzazione caritativa cattoolica a Koenigstein. Secondo il presule queste violenze sarebbero all'origine anche del recente aumento delle conversioni all'islam, che ormai superano il migliaio al mese. i cristiani costituiscono circa il 10 per cento della popolazione in Egitto. Di essi la maggioranza e' ortodossa. I cattolici, che pure sono un'esigua minoranza (sono appena 200 mila in tutto il paese), si sono sempre contraddistinti per il loro ruolo nell'ambito educativo e culturale, svolto con spirito ecumenico e di apertura al dialogo. Un esempio significativo di questo attivismo e' la positiva esperienza del "programma di sviluppo integrale" promosso proprio dalla diocesi di Minya e che vede impegnati complessivamente oltre 300 operatori. Piu' del 70 per cento degli iscritti e' di religione musulmana. tra le attività promosse figurano la valorizzazione della donna, la cura del bambino e l'insegnamento di nozioni di agricoltura, igiene e nutrizione.

Assalto a chiesa copta, dopo visita di Giovanni Paolo II a Monte Sinai AL-TOR, 3 mar 00 - Poche ore dopo che Giovanni Paolo II aveva lasciato il Monte Sinai, il 28 febbraio, poliziotti armati hanno assaltato l‟unica chiesa copta di Al-Tor, nel Sinai meridionale, appena consacrata. Dopo aver distrutto l‟Altare Maggiore, i poliziotti si sono impossessati dell‟arredo e delle vesti liturgiche. Nel frattempo, la stessa polizia fermava per tre ore il vescovo Macario accusandolo di aver fatto costruire la chiesa senza alcun permesso. Il vescovo aveva da poco concluso la liturgia per la dedicazione della chiesa. Appena rilasciato, il vescovo Macario ha raggiunto la chiesa devastata, ma la polizia gli ha impedito di entrarvi. Il vescovo, comunque, è rimasto davanti alla chiesa, sino alle 2 del mattino successivo, insieme a fedeli e a religiosi, che hanno protestato presso l‟amministrazione locale. Davanti alla chiesa di Al-Tor è giunto, di primo mattino, il segretario del governatore, che ha promesso al vescovo il rilascio dell‟autorizzazione ad edificare la chiesa. Nel Sinai del Sud le comunità copte delle 6 cittadine maggiori – Santa Caterina, Ras Sidr, Dahab, Taba, Noyabah, Sharm El-Shiek e Al-Tor – hanno a disposizione un‟unica chiesa per ciascuna. Di volta in volta, le autorità locali egiziane hanno sempre rinviato la concessione di permessi di

119 edificazione di nuove chiese. Come variante, ai copti vengono rilasciati permessi per aprire caffetterie e in queste celebrarvi le liturgie. Il vescovo Macario gira, dunqe, di località in località per celebrare in caffetterie. L‟aggressione della polizia nei confronti del vescovo Macario e contro la chiesa di Al-Tor viene giustificata dalle autorità locali come una applicazione del Decreto Hamayni, che, in Egitto, vieta ai cristiani di costruire o di riparare chiese senza il diretto placet del presidente Mubarak.

Rimandato incontro tra musulmani e cattolici sui temi dell‘educazione e del credo religioso per disaccordo su ‗mea culpa‘ di Giovanni Paolo II IL CAIRO, 12 mag 00 – I leader musulmani egiziani, in disaccordo con il recente mea culpa pronunciato dal Santo Padre, hanno rimandato la sessione di lavoro prevista per l‟inizio di maggio che prevedeva un confronto con i cattolici sui temi dell‟educazione e del credo religioso. L‟incontro prevedeva la partecipazione di esponenti dell‟Università Romana Angelicum e del Collegio Teologico dell‟Università di Azhar. “Abbiamo preso questa decisione perché i nostri colloqui avvengano nelle migliori condizioni possibili” ha spiegato il Vice Presidente del Comitato permanente di Azhar, Ali El-Samman. Alcuni musulmani, infatti, non hanno condiviso la scelta di Giovanni Paolo II di indicare soprattutto l‟antiebraismo tra le colpe della Chiesa, tralasciando le violenze subite dai seguaci di Allah soprattutto durante le Crociate. “A tal proposito abbiamo inviato una memoria al Papa, unitamente ad una specifica richiesta di rivalutare quel particolare momento storico. E‟ la prima volta che un organismo islamico si rapporta direttamente con il Vaticano” ha spiegato El-Samman. Pronta la risposta di Mons. Michael Fitzgerald, coordinatore del dialogo con i Musulmani presso il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso: “L‟idea di inserire il tema delle Crociate nel documento riguardante la richiesta di perdono ha una grande valenza. Cosa che è stata presa in considerazione anche dagli studiosi che hanno esaminato il mea culpa, anche se poi ci si è orientati sull‟antiebraismo, sull‟Inquisizione e sul Concilio Vaticano II.” ha specificato il Presule. “Non dimentichiamo che gli stessi esperti hanno approfondito anche la sezione relativa alle conquiste islamiche attraverso un attento esame dell‟excursus storico. D‟altra parte non è giusto un processo unilaterale. Questioni come queste vanno necessariamente affrontate da ambo le parti previo un

120 confronto ed una discussione costruttiva”. E‟ noto che nell‟ambito dell‟Azhar sono presenti diverse scuole di pensiero, alcune di loro hanno assunto posizioni molto critiche nei confronti del dialogo tra cattolici e mussulmani. “Comunque non possiamo interrompere il cammino comune fino ad oggi percorso” ha ribadito El-Samman.

I cristiani egiziani osservano tre giorni di preghiera per la pace nel mondo IL CAIRO, 3 ott 01 – In Egitto numerosi cristiani hanno osservato fino ad oggi tre giorni di preghiera e di digiuno totale per la pace nel mondo, nella speranza che le decisioni che prenderanno gli Stati Uniti per dominare il terrorismo non provochino una crescita di violenza e di vittime innocenti. L'iniziativa è partita da Maria Assad, eminente figura della Chiesa egiziana, per molti anni vice-presidente del Consiglio Mondiale delle Chiese a Ginevra. L'idea si è propagata a macchia d'olio ed è stata adottata da numerose comunità. Parrocchie e gruppi delle diverse denominazioni cristiane del paese (ortodossi, cattolici, protestanti). Papa Shenuda III, Patriarca copto-ortodosso di Alessandria, ha incoraggiato l'iniziativa, senza comunque adottarla ufficialmente. Numerosi vescovi e prelati di varie chiese, come anche un gran numero di fedeli hanno deciso di partecipare ai tre giorni di preghiera e digiuno dal 1° al 3 ottobre. "Noi desideriamo contribuire personalmente e attivamente alla ricerca della pace" ha dichiarato a Fides la signora Assad. "Solo ponendo degli atti e non limitandosi a delle vaghe speranze, potremo avere un'influenza sugli avvenimenti che stanno segnando il nostro avvenire e l'inizio di questo secolo e millennio. Speriamo che il mondo intero possa associarsi a questi gesti, per la ricerca positiva della pace". Preghiera e digiuno", ha aggiunto, "ci permetteranno di riflettere e di costruire la storia". Un membro della chiesa cattolica ha dichiarato: "Non dobbiamo dimenticare la forza della preghiera. I fedeli cristiani e ortodossi in particolare - che osservano più di 200 giorni all'anno di digiuno - conoscono per istinto i suoi benefici".

Tre riunioni dedicate al dialogo tra cristiani e musulmani ospitate al Cairo IL CAIRO 14 dic 01 – Tre riunioni dedicate al dialogo tra cristiani e musulmani saranno ospitate a Il Cairo tra il 17 e il 21 dicembre. Gli incontri si svolgeranno dapprima a livello locale e regionale, poi, a

121 livello internazionale. Promotore dell‟iniziativa è il Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc/Coe), che vuole discutere con i musulmani di religione e di violenza, sulla scia degli attentati terroristici negli Stati Uniti, l‟11 di settembre. Nella prima riunione personale del Consiglio Mondiale delle Chiese e una trentina di esponenti locali sia cristiani che musulmani analizzeranno il recente documento dello stesso Consiglio intitolato “Alleati nel dialogo: musulmani e cristiani lanciano un appello alla riflessione e all‟azione”. Nella seconda riunione si analizzerà invece il mondo arabo nel suo insieme e le sue relazioni con le altre culture dopo i violenti avvenimenti di settembre. La riunione sarà diretta dal Gruppo arabo sul dialogo tra cristiani e musulmani. Questo Gruppo opera in collaborazione con il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Cemo) e con lo stesso Consiglio Mondiale delle Chiese. Da ultimo, lo stesso Cemo e il Wcc/Coe condurranno un dibattito tra 25 specialisti del dialogo tra cristiani e musulmani. Gli specialisti giungeranno a Il Cairo dai paesi circonvicini, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dal Pakistan.

Il centenario dell‘arrivo al Cairo delle suore della Congregazione del Sacro Cuore IL CAIRO, 11 ott 02 - Le suore della Congregazione del Sacro Cuore, di origine spagnola, si preparano a celebrare il Centenario del loro arrivo a Il Cairo avvenuto nel 1903. Sette religiose di cinque nazionalità formarono la prima comunità. Attualmente le religiose sono 54 di cinque nazionalità, costituiscono una provincia autonoma con case nell'Alto Egitto e al Cairo, sono tutte impegnate nell'educazione, nel lavoro rurale, nella promozione della donna. A Il Cairo gestiscono due scuole: una nel quartiere di Hiliopolis, per bambini handicappati, e un'altra nel quartiere di Sakakini, con circa un migliaio di alunne. La scuola ha un buon riconoscimento sociale da parte delle famiglie che la frequentano, ed è rispettata dalla società e dal governo egiziano. Tuttavia il lavoro delle religiose è difficile perché la società in generale è contraria all'opera educativa della Chiesa e la donna è poco stimata. In passato ci sono stati due tentativi, falliti, di incendiare la scuola. Anche in queste difficili circostanze, le suore sono state comunque testimoni della radicalità della vita religiosa in un posto di frontiera.

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Ampliato il settore cristiano-islamico della biblioteca dell‘Istituto Domenicano per gli studi orientali IL CAIRO, 31 ott 02 – A Il Cairo è stato ampliato, nei giorni scorsi, il settore cristiano-islamico della biblioteca dell‟Istituto Domenicano per gli studi orientali. Alla inaugurazione è stato invitato, tra gli altri, mons. Michael Fitgerald, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo inter-religioso. "I Padri Domenicani hanno una lunga storia di iniziative fra le culture ha detto lo stesso presidente -. Con questo nuovo edificio della biblioteca, che io ho visitato, i religiosi aprono le ricchezze delle due culture, cristiana e musulmana, ad un numero ancora maggiore di studenti e di professori." "Da tanto tempo i Domenicani – ha aggiunto mons. Fitgerald, che è Missionario d'Africa - sono presenti con alcuni centri in vari paesi arabi, come Iraq e Iran per esempio. Questi centri culturali possono giocare un ruolo importante nella promozione del dialogo interreligioso per costruire la pace e l'armonia." La biblioteca inter-culturale de Il Cairo custodisce 90 mila volumi in arabo e nelle lingue occidentali, tutti i classici dell'Islam, ed è arricchita ogni anno con circa 1.600 nuovi titoli. L'Istituto Domenicano per gli Studi Orientali, fondato nel 1954, ha una sua pubblicazione, Melange, che è diffusa in circa 40 paesi fra cui Iraq, Iran Svezia, Stati Uniti e Benin. L'Istituto ha anche un suo sito Internet. Per ulteriori informazioni vedi www.ideo-ciaro.org

Cristiani in Egitto celebrano per la prima volta pubblicamente il Santo Natale IL CAIRO, 9 gen 03 – In Egitto, martedì scorso, i cristiani ortodossi copti hanno potuto celebrare pubblicamente per la prima volta la liturgia del Santo Natale. La giornata è stata decretata festiva su tutto il territorio nazionale dal presidente Hosni Mubarak. “E‟ una decisione che conviene alla situazione religiosa del paese”, ha detto durante l‟omelia il papa Scenuda III, Patriarca copto di Alessandria. La celebrazione liturgica ha avuto luogo nella cattedrale di San Marco a Il Cairo. Ad essa, tra gli altri, ha partecipato Gamal Mubarak, il figlio minore del presidente. La decisione di dichiarare la solennità del Natale festa civile in Egitto è stata salutata anche da Seif Al Islam Hassan el Banna, figlio di Hassan el Banna, fondatore dei Fratelli musulmani.

123 XIII Assemblea dei Patriarchi Cattolici d‘Oriente al Cairo IL CAIRO, 10 dic 03 - Inizia oggi in terra d‟Africa, al Cairo, la XIII Assemblea dei Patriarchi Cattolici d‟Oriente. Tema dei lavori: “La famiglia, responsabilità dello Stato e della Chiesa”. Ospiti del Patriarca d‟Alessandria per i copti cattolici, S. B. Stephanos II Ghattas, il Patriarca maronita Cardinale Nasrallah Sfeir, il Patriarca greco- melkita, S.B. Grégoire III Laham, il Patriarca latino di Gerusalemme, S.B. Michel Sabbah e il Patriarca siro-cattolico, S.B. Ignace Pierre VIII Abdel-Ahad. I lavori che si concluderanno il 13 dicembre prevedono, com‟è ormai consuetudine, una giornata ecumenica d‟incontro con i Patriarchi ortodossi che si colloca idealmente nel periodo d‟Avvento. Partecipa anche il Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, Card. Alfonso Lopez Trujillo con una relazione sul ruolo della comunità internazionale nella tutela della vita e della famiglia. Gli incontri saranno dedicati ad una lettura della situazione della famiglia nei vari paesi del Medio Oriente sotto i vari profili giuridici e pastorali, e tra i progetti figura l‟unificazione dei programmi di preparazione al matrimonio.

Progressi della fede tra i Nauer in Egitto IL CAIRO, 13 lug. 06 - Nella regione egiziana dell'Alto Nilo, abitata dai Nauer, in poco più di 20 anni vi è stato uno sviluppo della Chiesa cattolica e di confessioni cristiane. Una inchiesta ha rilevato che, da una condizione di appartenenza pressocché totale della popolazione alla religione tradizionale, si è giunti oggi al fatto che i fedeli possono disporre di una cappella in quasi ogni villaggio dell'Alto Nilo. Il cambiamento è avvenuto soprattutto per merito dei catechisti laici, quasi tutti uomini. Le donne, che pure affollano le chiese e partecipano fedelmente alla vita delle comunità, hanno ancora un ruolo marginale all'interno delle strutture pastorali. Recentemente, comunque, si stanno formando donne catechiste. Alle donne Nauer è tradizionalmente riconosciuto un posto fondamentale nella educazione dei figli.

Una minoranza non perseguitata, ma discriminata: cosi il direttore della Caritas Egitto descrive in un‘intervista all‘Apic la situazione della comunità cristiana egiziana IL CAIRO, 14 ago „06 “La minoranza cristiana in Egitto oggi non è propriamente oppressa o perseguitata, ma sicuramente è

124 discriminata”. Ad affermarlo, in un‟intervista all‟agenzia Apic, è il teologo gesuita Henri Boulad, attuale direttore della Caritas Egitto e vice presidente della Caritas Internationalis per il mondo arabo (Medio Oriente e Nord Africa). Nell'intervista padre Boulad denuncia un significativo peggioramento della situazione della libertà religiosa in Egitto rispetto a qualche decennio fa, quando "cristiani e musulmani convivevano in piena armonia, sia sul piano politico, sia su quello sociale". Il motivo - spiega - è indubbiamente la diffusione dell'islam radicale, in particolare della rigida corrente wahabita, attraverso i media e le iniziative sociali finanziate dall'Arabia Saudita, e il cui segno più visibile è rappresentato dal ritorno massiccio all'uso del velo islamico nella società egiziana. Questo fenomeno sta avendo pesanti ripercussioni sulla minoranza cristiana - circa sei milioni di fedeli, in stragrande maggioranza ortodossi su una popolazione di 75 milioni di abitanti - la cui consistenza numerica va progressivamente assottigliandosi, vuoi per l'aumento delle conversioni all'Islam, vuoi per l'emigrazione, più forte tra i cristiani che tra i musulmani. In questo contesto spiega padre Boulad il progresso del dialogo islamo- cristiano è particolarmente difficile: "Su un piano teologico esso non esiste, è in una fase di stallo. Mentre dietro alla convivialità di facciata della vita quotidiana, che pure c'è, esistono molte cose non dette". Secondo il gesuita, la comunità cristiana egiziana avrebbe molto da insegnare a quella europea: non solo la sua religiosità, l'ancora vivo senso di Dio, diffuso tra i cristiani non meno che tra i musulmani, ma proprio nei rapporti con il mondo islamico: "I cristiani in Egitto hanno acquisito nei confronti dell'Islam una lucidità e un realismo che manca in Occidente", dove "l'approccio all'Islam è o bianco, o nero: o si reagisce con candida ingenuità, o con l'ostracismo e il rifiuto che arriva al razzismo. Il rischio - ammonisce - è che con la scusa della tolleranza si introduca l'intolleranza".

La contraddittoria situazione legale rende difficile l‘opera della Chiesa, afferma Patriarca copto cattolico Naguib ROMA, 27 set 07 - Nel corso di una sua recente visita alla sede dell‟associazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Sua Beatitudine Antonios Naguib, Patriarca della Chiesa copta cattolica in Egitto, ha spiegato come la contraddittoria situazione legale del Paese stia ostacolando l'azione della Chiesa. Da un lato, infatti, la Costituzione garantisce la libertà religiosa e di coscienza, ma dall'altro lo stesso

125 testo costituzionale consacra il principio per cui l'Islam è la religione di Stato e la legge islamica è la "fonte fondamentale del sistema legale". Da questa ambigua situazione legale deriva, tra l'altro, la difficoltà ad ottenere licenze per costruire chiese. La Chiesa deve insistere molto per ottenere questi permessi - ha spiegato il Patriarca - a causa di una vecchia legge risalente al XIX secolo che ostacola la costruzione di edifici di culto per i cristiani. Il Patriarca Naguib ha, tuttavia, detto di sperare che presto le cose cambieranno, anche grazie alcune voci nella società egiziana favorevoli al riconoscimento di una parità di diritti per tutti i cittadini. Ad ogni modo, ha anche segnalato che attualmente c'è un trattamento molto arbitrario di tali questioni, la cui soluzione dipende in grande misura dalla buona volontà della persona responsabile. La stragrande maggioranza della popolazione egiziana (quasi 80 milioni di abitanti) è musulmana. La Chiesa copto-ortodossa conta circa 8 milioni di fedeli, mentre quella copto-cattolica solo 250.000. La Chiesa cattolica ha sette diocesi e un totale di 11 Vescovi e 150 sacerdoti. Nonostante rappresenti una minoranza, gestisce numerose scuole e istituzioni sociali, tutte aperte anche ai membri di altre religioni.

LIBANO

L‘Assemblea annuale dei Patriarchi e Vescovi libanesi del 1994 dedicata al tema "La famiglia e le sfide del futuro" ADMA, 12 dic 94 - Nel convento di Nostra Signora della Montagna ad Adma è iniziata oggi l'assemblea annuale dei patriarchi e dei vescovi libanesi. "La famiglia e le sfide del futuro" e' il tema di questa assemblea che si concluderà sabato, 17 dicembre. L'assemblea si è aperta con la celebrazione della Santa Messa da parte del cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, Patriarca dei maroniti. Nel suo discorso introduttivo, sua beatitudine ha quindi evidenziato l'importanza del tema scelto mentre si sta concludendo l'Anno internazionale della famiglia e ha inoltre sottolineato la significativa presenza del card. Jan Schotte, Segretario Generale del Sinodo dei vescovi, in questa penultima fase della preparazione dei lavori del Sinodo Speciale dei vescovi per il Libano. Il Patriarca ha inoltre ribadito l'importanza del rinnovamento spirituale tanto desiderato dal santo padre quando convocò l'assemblea, il 12 giugno del 1991, con l'auspicio del ritorno

126 ad un Libano sovrano, unito e libero. Nel suo intervento, il Nunzio apostolico in libano, mons. Puente, ha manifestato la sollecitudine del Santo Padre nei riguardi di tutta la popolazione del Libano, in modo speciale per i cattolici. Il cardinale Schotte, prendendo la parola, ha illustrato le diverse fasi preparatorie del Sinodo e ha espresso l'auspicio che venga pubblicato al più presto l'"instrumentum laboris", senza indicare la data.

In vista della visita di Giovanni Paolo II nel 1997 Radio "Voix de La Charité" lancia una speciale rubrica settimanale BEIRUT, 4 apr ‟97 - In vista della Visita pastorale del Santo Padre in Libano, prevista dal 10 all'11 maggio prossimo, Radio "Voix de La Charité" ha lanciato una speciale rubrica settimanale intitolata "Sinodo, revisione di vita". La trasmissione iniziata ieri, va in onda tutti i giovedi' alle 19.15 locali, con una replica il venerdì mattina. Al centro del programma vi sono tutte le informazioni e le iniziative relative alla visita e una serie di interviste con personalità religiose e politiche coinvolte nella sua preparazione e organizzazione. I fedeli e gli ascoltatori della "Voix de la Charité" potranno inoltre telefonare per esprimere le loro opinioni e chiedere informazioni sulla visita. da parte loro, i patriarchi e i vescovi libanesi hanno esortato i fedeli a prepararsi spiritualmente all'avvenimento, che, come è stato evidenziato durante la loro ultima assemblea plenaria, è di singolare importanza. a questo scopo essi hanno invitato tutte le diocesi e parrocchie libanesi a organizzare, durante le due settimane precedenti l'arrivo del papa, speciali celebrazioni eucaristiche, veglie di preghiera, riti penitenziali, ritiri spirituali e digiuni.

Nel 1996 primo congresso dei laici cattolici del Medio Oriente BEIRUT, 12 giu ‟96 - I laici cattolici del Medio Oriente, riuniti a Beirut per il loro primo congresso, hanno ascoltato oggi un gruppo di giovani in una tavola rotonda organizzata intorno a mons. Renato Boccardo, responsabile del Settore dei giovani nell'ambito del Pontificio Consiglio per i laici. I giovani, provenienti dalla Siria, dalla Palestina e dal Libano hanno riaffermato la loro fede in cristo guardando con ottimismo al futuro. Per attingere la forza nel seno della Chiesa universale, 2500 giovani libanesi, insieme alle altre delegazioni giovanili del Medio Oriente, raggiungeranno Parigi, il prossmo agosto,

127 per la Giornata mondiale della gioventù. Intanto, i movimenti e le associazioni giovanili cattoliche libanesi offrono il proprio impegno per arginare il dilagante consumismo, che sta intaccando le solide trazioni familiari libanesi.

Situazione della libertà di stampa in Libano non esaltante afferma Congresso dell‘Ucip riunito a Beirut BEIRUT, 26 nov ‟97 - Non è esaltante il quadro della stampa e dell'informazione in Libano così come viene delineato a Beirut, dove 50 giornalisti di una ventina di paesi animano, da domenica scorsa, il congresso dell'ucip, l'unione cattolica internazionale della stampa. "Informazione, etica e liberta'" e' il tema del congresso sul quale si stanno confrontando autorevoli colleghi. In Libano, dunque, la libertà di stampa appare limitata sia nell'espressione di opinioni che nell'oggetto degli articoli. E' stato così rilevato che nessun organo di informazione ha svolto una analisi sulle cause e sulle conseguenze della guerra civile durata 17 anni. La maggior parte delle notizie, poi, sono di informazione politica, mentre scarseggiano quelle sulla società civile e sui reali bisogni del paese.

Il ritorno di molti rifugiati non ha ricevuto la necessaria attenzione del governo, affermano vescovi libanesi al termine della loro Assemblea annuale del 1999 BKERKE22 gen 99 - I vescovi del Libano hanno lodato le recenti riforme sociali intraprese dal governo, ma hanno aggiunto di essere preoccupati che di esse possano beneficiare solamente certi settori della società. "C'è il timore che le riforme non riguarderanno tutti, ma favoriranno alcuni di coloro che hanno gia' la fortuna di essere protetti", hanno ammonito i vescovi in una dichiarazione emessa al termine della loro Assemblea di metà gennaio. Tale parzialità potrebbe invalidare l'insieme del processo delle riforme, che toccano anche il settore dei finanziamenti pubblici e, più in generale, la pubblica amministrazione. I vescovi hanno fatto notare che problemi sociali, come il ritorno di molti rifugiati alle loro case, non haricevuto la necessaria attenzione del governo. Questi problemi, hanno detto, devono invece avere la priorità, varando, ad esempio, un piano per che permetta ai rifugiati stessi di ritornare alle proprie case in tutte le regioni del Paese per evitare l'inurbamento in città già sovrappopolate. I vescovi hanno accolto favorevolmente l'iniziativa di

128 varare una nuova legge elettorale per l'elezione del parlamento auspicando che essa consideri tutti i cittadini alla stessa stregua e possa agevolare la formazione di circoscrizioni elettorali omogenee. Il rilievo dei presuli e' da mettere in relazione a quanto accadde nelle precedenti elezioni, dove l'opposizione cristiana lamento' irregolarità, fra cui brogli per evitare un compatto voto cristiano. I vescovi hanno anche dedicato la loro attenzione alle recenti tensioni militari tra musulmani e cristiani e ai problemi sollevati dalla presenza del l'esercito israeliano nel Libano meridionale e nella parte occidentale della valle della Bekaa. I recenti avvenimenti "stanno causando preoccupazione e meritano continua cautela", hanno commentato i vescovi aggiungendo come gli abitanti locali dovrebbero "sentire che il governo non li ha abbandonati: che essi sono suoi cittadini devoti, che si occupa di loro, specialmente in queste difficili circostanze".

Primo Congresso dei Patriarchi e Vescovi cattolici d'Oriente a Beirut BEIRUT, 16 mag 99 - I patriarchi ed i vescovi cattolici d'Oriente si riuniranno per la prima volta a congresso a Beirut dal 9 al 22 maggio. Parteciperanno, con i 7 patriarchi e con tutti i vescovi della regione, anche i Superiori e i Superiori Generali degli Istituti orientali. E' prevista anche la partecipazione di delegati delle Conferenze episcopali di Turchia, d'Iran, dell'Africa del Nord. Sono stati invitati esponenti ortodossi e protestanti. In tutto 200 persone di 27 Paesi. La Santa Sede sarà rappresentata dai cardinali Roger Etchegaray, quale Presidente del Comitato Centrale per il Giubileo, Achille Silvestrini, Prefetto della Congregazine per le Chiese Orientali e , Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-religioso. Scopo del congresso ecclesiale di Beirut, spiega il cardinale Etchegaray all'agenzia di stampa Apic/Kipa "è prima di tutto quello di rafforzare la comunione nel seno della Chiesa in Medio Oriente". "Le decisioni che saranno prese durante questo congresso - spiega ancora il porporato - potranno contribuire a preparare la sperata visita di Giovanni Paolo II in Terra Santa, ma la portata di questo incontro è ben più vasta, e mira ad incoraggiare la testimonianza comune, che debbono offrire le Chiese cattoliche locali alla soglia dell'Anno 2000". I punti in agenda dell'incontro dei patriarchi e dei vescovi d'Oriente sono il dialogo con gli ebrei e con i musulmani, la dispersione dei cristiani del Medio

129 Oriente nel mondo, lo statuto di Gerusalemme e la preparazione del Grande Giubileo.

Nel 1999 in tutto 326 i missionari libanesi che svolgono il proprio ministero all'estero BEIRUT, 7 giu 99 - Sono in tutto 326 i missionari libanesi che svolgono il proprio ministero all'estero. Il dato compare in un rapporto del Gruppo di Animazione Missionaria (GPA, in sigla), una sotto- commissione dell'Assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici del Libano. Il Gruppo promuove la cooperazione interecclesiale ed il suo centro operativo si trova a Montana, presso il centro di accoglienza delle suore di Nostra Signora degli Apostoli. Molti di questi missionari libanesi sono religiosi e religiose, appartenenti a tredici congregazioni maschili e ad una trentina di congregazioni femminili, e provengono da tutte le diocesi del Paese, ma di loro vi sono anche sacerdoti diocesani e laici provenienti dalle diocesi di Sarba e di Jbeil. Le loro destinazioni sono i Paesi del Medio Oriente, ma anche dell'Africa, dell'Europa, dell'America e dell'Australia dove lavorano presso dispensari, centri sociali, scuole o insegnano catechismo e teologia. La partenza più recente è quella di Manar Dagher, un laico diplomato in agraria, inviato dalla diocesi di Sarba al servizio della Chiesa in Bolivia, dove ha raggiunto un sacerdote lazzarista partito l'anno scorso.

"Il Libano, modello di coesistenza islamico- cristiana" tema del congresso dell'UCIP a Beirut nel 1999 BEIRUT, 10 giu 99 - Il giornalista svizzero Jacques Berset, 43 anni, redattore capo dell' Agenzia di stampa internazionale cattolica (Kipa- Apic) di Friburgo, è stato eletto a Beirut alla vicepresidenza dell' Unione cattolica internazionale della stampa (UCIP). E' nella capitale libanese che l'UCIP, presente in 120 paesi del mondo, concluderà sabato prossimo, 12 giugno, il suo Consiglio internazionale, apertosi il 5 giugno sotto il patronato del Patriarca maronita, il cardinale Nasrallah Sfeir. La cinquantina di giornalisti di 22 paesi si interrogano a Notre Dame di Mont Adama su "Il Libano, modello di coesistenza islamico- cristiana". L'incontro dei Beirut con le sue previste elezioni statutarie ha vissuto momenti di frizione, soprattutto quando i delegati statunitensi si sono rifiutati per ragioni di sicurezza di raggiungere la capitale libanese fermandosi a Roma. I membri del

130 consiglio dell'UCIP, dal canto loro, hanno respinto la proposta di svolgere le elezioni in due luoghi distinti, a Beirut e a Roma. Il sacerdote libanese Antoine Gemayel, presidente di UCIP Medioriente ha stigmatizzato "le voci fatte circolare per motivi politici", che descrivono il Libano come un paese di terrorismo, aggiungendo che " quello che succede nel sud, nei Territori Occupati da Israele, non può essere considerato alla stregua del terrorismo, ma un fenomeno analogo alla resistenza francese durante l'occupazione tedesca". Un invito a visitare proprio i Territori Occupati è giunto ai membri dell'UCIP dal presidente della Repubblica Emile Lahoud, che li ha ricevuti insieme al Primo ministro Salim El-Hoss e al Presidente del Parlamento Nabih Berri. L'invito è stato accolto.

Patriarchi e vescovi cattolici del Libano, riuniti per la loro 34ª Assemblea annuale nel 2000, chiedono ridispiegamento delle forze siriane e il rilancio del dialogo tra partiti libanesi BKERKE‟, 20 nov 00 – Le truppe siriane presenti in Libano si debbono "ridispiegare conformemente al documento di intesa nazionale, preludio ad un ritiro totale". Il governo di Beirut deve "rilanciare il dialogo tra i diversi partiti libanesi ed operare per risanamento economico che metta fine all'emigrazionegiovanile". Sono questi due punti principali del manifesto, diffuso sabato 18 novembre, dai patriarchi e dai vescovi cattolici in Libano (Apecl) che a Bkerké avevano concluso la loro 34.ma assemblea. Il manifesto riassume quelli che erano stati anche i punti enunciati dal patriarca Nasrallah Sfeir in apertura dei lavori. La presenza siriana in Libano è avvertita ogni giorno di più come un peso non solo dai cattolici, ma pure dagli ortodossi. Ricorre sempre più temuta la parola tedesca "Anschluss" "annessione" del Libano da parte della Siria.

All‘alba del terzo millennio, la speranza di tutti i libanesi è un‘autentica pace per il loro Paese, afferma Nunzio Antonio Maria Veglio in occasione dello scambio di auguri per il nuovo anno 2001 BEIRUT, 18 gen 01 – All‟alba del terzo millennio, la speranza di tutti i libanesi è un‟autentica pace per il loro paese. Lo ha rilevato il Nunzio Apostolico mons. Antonio Maria Veglio in occasione dello scambio di auguri di inizio d‟anno tra il presidente della repubblica libanese Emile Lahoud ed il corpo diplomatico accreditato a Beirut. Mons. Veglio è il

131 decano degli ambasciatori in Libano e, come tale, ha rivolto al presidente Lahoud, nel palazzo di Baabda, il loro augurio. Per raggiungere la pace autentica il Nunzio ha espresso alcuni voti. Prima di tutto il ritiro delle forze israeliane dai territori arabi del Libano Meridionale, poi la liberazione dei prigionieri libanesi detenuti in Siria ed, infine, il perfezionamento della democrazia libanese che, ha detto mons. Veglio, “può diventare un modello per tutta la regione”. Il Nunzio non ha mancato anche di esprimere l‟augurio che continuino a tornare in patria dalle regioni circostanti quanti hanno lasciato il Libano per diversi motivi, legati soprattutto alle difficoltà economiche e sociali.

La Caritas Libano si rinnova BEIRUT, 18 gen 02 – La Caritas Libano si rinnova. L'Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi Cattolici del Libano ha deciso di adeguare lo strumento della pastorale sociale alle nuove esigenze nel cosiddetto Paese dei Cedri. Ruolo pi¨ dinamico a favore dello sviluppo rurale, creazione di cooperative per settore e su base regionale, prioritÓ ai programmi di sviluppo e di microcrediti, senza ridurre i programmi umanitari. L'operazione, messa a punto dopo due anni di preparativi, vede la partecipazione di alcune Caritas europee, di una commissione sacerdotale speciale oltre all'istituto Reach Mass. Il progetto È stato presentato nel corso di un'assemblea speciale dei Patriarchi e Vescovi Cattolici del Libano, in presenza dei Patriarchi maronita, cardinale Sfeir, armeno cattolico, Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX, e siro cattolico, Sua Beatitudine Ignace Pierre VIII, nella sede del Patriarcato maronita a BkerkÚ.

Nel 2002 Giornata di Preghiera per la Pace anche a Beirut in concomitanza con la Giornata di Assisi BEIRUT, 25 gen 02 - Assisi 2002 anche nel Libano. Fedeli cristiani e musulmani hanno aderito all'invito del Comitato Nazionale Islamo- Cristiano per il Dialogo per unirsi ad una manifestazione religiosa nel centro storico di Beirut, in concomitanza con la Giornata di Preghiera per la Pace ad Assisi. Nel pomeriggio di ieri i cristiani si sono riuniti in preghiera nella cattedrale maronita di San Giorgio a Beirut, mentre i fedeli musulmani si sono ritrovati nella vicina Moschea dedicata all'emiro Mansur nel centro della capitale che porta ancora i segni della guerra terminata nel '90. Dopo le preghiere, dai due luoghi di

132 culto sono partiti i rispettivi cortei diretti verso la Piazza del Parlamento, dove hanno preso la parola personalità della società libanese. L'iniziativa si è conclusa con un messaggio rivolto al Papa, in cui i partecipanti esprimono la loro solidarietà con l'iniziativa di Assisi, e rinnovano il loro impegno a favore del dialogo interreligioso e della convivenza. Da notare che dal Libano sono giunti ad Assisi rappresentanti cattolici, ortodossi e musulmani tra cui, il Patriarca maronita, Card. Nasrallah Sfeir, il Patriarca greco ortodosso, S.B. Ignazio IV Hazim, una Delegazione del Catholicossato di Cilicia, e il Dr. Muhammad Sammak, in rappresentanza del Mufti del Libano.

Diocesi francesi in pellegrinaggio in Libano BEIRUT, 9 mar 02 - Delegati di 42 diocesi cattoliche francesi hanno iniziato il 6 di questo mese una visita della durata di una settimana in Libano. L‟iniziativa, dal titolo “Libano, terra di pellegrinaggi” è sorta in collaborazione tra l‟Associazione nazionale dei pellegrinaggi della Conferenza Episcopale francese e il Consiglio Episcopale per l‟Apostolato dei Laici in Libano. Il soggiorno che termina il 12 p.v. consentirà ai direttori diocesani per i pellegrinaggi in Francia accompagnati dal direttore nazionale, P. Philippe Blanc, di conoscere attraverso un fitto ciclo di conferenze e di visite la storia del Libano e delle varie Chiese Orientali ivi presenti. Nel salutarli, il Patriarca maronita Card. Sfeir ha espresso il suo apprezzamento per il fatto che la visita sia stata mantenuta nonostante l‟attuale tragica situazione in Medio Oriente: “Scegliere il Libano come méta di un pellegrinaggio non ha nulla di strano, ma farlo ora, nelle circostanze attuali, è un profondo atto di fede”.

Urgente un accordo di pace tra Israele e Palestinesi, afferma vescovo cattolico di Baalbek Mounged El-Hachem BEIRUT, 26 mar 02 - Mons. Mounged El-Hachem, di famiglia araba e da sette anni vescovo cattolico di Baalbek in Libano, afferma che è urgente un accordo di pace tra Israele e Palestinesi per fermare il terrorismo ed è molto allarmato per la permanenza dei cristiani in Medio oriente: “La loro presenza rischia di estinguersi a causa del conflitto”. Intervistato dall‟agenzia missionaria Misna, il presule ha detto: “E‟ una situazione grave, di incertezza, più che in passato. I cristiani qui si sentono minacciati più degli altri gruppi, musulmani ed ebraici, e diventano di giorno in giorno una minoranza più esigua, che

133 guarda sempre più all‟emigrazione”. Esistono statistiche di questo esodo? “In tutto il Medio oriente non abbiamo dati recenti: l‟ultimo censimento è del 1932. E sono cifre approssimative, per l‟estrema mobilità della popolazione. Ad esempio non si sa il numero dei siriani, dei palestinesi o dei curdi che vivono nel territorio libanese. Oggi, per dare una cifra, si dice che il numero dei cristiani in tutto il Medio oriente si aggira attorno al 3 per cento, mentre alla fine della prima guerra mondiale, nel 1918, i cristiani erano tra il 20 e il 25 per cento: un calo preoccupante, in poco più di 80 anni. In questa vasta zona mediorientale sono ad esempio Siria e Palestina, Libano, Iraq, Iran ed Egitto. Ma tale presenza cala pure nell‟intera Africa del nord”. “E‟ perciò importantissimo che in Medio oriente, culla delle tre religioni monoteiste, l‟ebraica, la cristiana e l‟islamica – osserva il vescovo libanese - sia mantenuta una presenza dei cristiani, al fine di una vera convivialità tra i credenti di queste tre religioni monoteiste. Sarebbe un fatto gravissimo per tutti l‟estinzione del cristianesimo in Medio oriente”. – Lei, mons. El-Hachem, parla addirittura di estinzione. E‟ questa la prospettiva? “Certo – egli replica – se la situazione continua a questo ritmo. Il Libano perderà, con l‟estinzione dei cristiani, la sua condizione di pluralismo, di democrazia e di libertà”. Quale soluzione vede, per questo terribile conflitto in Medio oriente tra israeliani e palestinesi? “La guerra – dice mons. El-Hachem - non risolve i loro problemi. Gli interessati debbono rendersi conto che l‟Europa, per la sua vicinanza al conflitto, gli Stati Uniti che comandano tutto e che possono fare pressioni sia su Israele che sui Palestinesi, ed ancor più le Organizzazioni internazionali che avevano creato Israele, soprattutto le Nazioni Unite e il loro Consiglio di Sicurezza, devono intervenire. Speriamo che vi riescano al più presto, evitando altri lutti e rovine”.

Delegazione italiana ospite della Commissione Missionaria Libanese BEIRUT, 12 giu 02 – La cooperazione missionaria tra l‟Italia e il Libano ha avuto una accelerazione dopo la visita a Beirut, dal 27 maggio al 3 giugno, di una delegazione italiana ospite della Commissione Missionaria Libanese. La delegazione italiana ha rappresentato l‟Ufficio nazionale per la cooperazione missionaria tra le Chiese della Conferenza episcopale (Cei). La delegazione libanese era, invece, espressione della Commissione episcopale per la cooperazione

134 missionaria tra le Chiese dell‟Assemblea dei Patriarchi e dei vescovi cattolici del Libano (Apecl). “Il primo frutto dell‟incontro libanese – come rileva il comunicato finale – è stata una migliore conoscenza reciproca”. “La seconda realtà vissuta insieme – annota ancora i comunicato – è stata la riflessione sul significato della missione oggi e le sue urgenze, le motivazioni dell‟azione missionaria, il suo inserimento nella pastorale ordinaria e la condivisione di esperienze di animazione fatte in Libano e in Italia. Il confronto è avvenuto soprattutto durante una tavola rotonda alla quale erano stati invitati a partecipare i principali responsabili delle Chiese, i Superiori Maggiori degli Ordini e delle Congregazioni religiose operanti in Libano e tutti gli amici della missione”. Rilevato il differente contesto tra la Chiesa d‟Italia e le Chiese del Libano, “gli interlocutori hanno assunto l‟impegno di aiutarsi reciprocamente”. La delegazione della Chiesa italiana, durante la settimana in Libano, ha avuto modo di incontrare i missionari italiani operanti nel Paese dei cedri. Il comunicato finale si chiude con l‟auspicio “che insieme, Chiesa d‟Italia e Chiese del Libano possano proseguire ad annunciare con coraggio Gesù Cristo, Sorgente di vita per l‟umanità”.

Vescovi libanesi esortano nuovamente lo Stato a vigilare sul rispetto delle libertà e dei diritti dell‘uomo in Libano BEIRUT, 9 ago 02 – I vescovi libanesi hanno di nuovo esortato lo Stato a “vigilare sul rispetto delle libertà e dei diritti dell‟uomo in Libano. L‟invito è contenuto nel messaggio pubblicato alla fine dell‟incontro mensile dei vescovi maroniti presieduto dal cardinale Nasrallah Sfeir nella residenza estiva di Dimane. L‟incontro ha avuto luogo, mercoledì scorso, nel primo anniversario della violenta repressione da parte dell‟esercito libanese nello Chouf di manifestazioni di festa da parte di giovani cattolici per l‟arrivo del patriarca Sfeir in visita nella regione. E‟ da ricordare che la crescente presenza drusa nello Chouf costrinse le famiglie cristiane ad abbandonare la regione. Successivi accordi hanno permesso il loro ritorno. Per questo il patriarca Sfeir volle visitare quelle comunità. Durante la manifestazione sono stati lanciate grida contro la presenza siriana in Libano, da qui la reazione violenta dell‟esercito, che arrestò numerosi giovani. Tre di loro sono ancora in carcere ed i vescovi nel loro comunicato ne auspicano la liberazione. “Questi arresti – annotano i presuli – hanno lasciato gravi conseguenze nei loro spiriti,

135 tanto che esse hanno snaturato la portata di questa visita, che era stata favorevolmente accolta dai cittadini desiderosi di riconciliazione e di pace”.

Le reliquie di Santa Teresa del Bambin Gesù in Libano BEIRUT, 7 set 02 - Dopo essere state portate in pellegrinaggio in più di venti Paesi, le reliquie di Santa Teresa del Bambin Gesù sono da domenica scorsa in Libano, dove resteranno fino al 29 settembre. Ieri il reliquiario contenente i resti della Santa di Lisieux è stato trasferito dal Convento di Santa Teresa di Sehaïlé, dove era stato calorosamente accolto domenica da una folla numerosa, al convento lazzarista di Bhersaf, da cui proseguirà il suo periplo nel paese fino alla fine del mese. Esso terminerà al convento di Santa Teresa di Deir Bechtar, dopo avere fatto tappa in 14 località, tra cui l'ospedale Saint- Louis di Jounieh e il Carmelo di Bécharré. Il giro del mondo delle reliquie di Santa Teresa del Gesù Bambino è iniziato nel 1994. L'anno scorso, dal 16 settembre al 17 dicembre, ha fatto tappa in Canada, dove sono state venerate da due milioni di pellegrini. Il reliquiario, del peso di 135 chilogrammi, alto un metro e mezzo e largo 85 centimetri, è un'opera d'arte in legno e in argento realizzata da un artigiano brasiliano nel 1927, due anni dopo la canonizzazione della Santa, proclamata Dottore della Chiesa dal Santo Padre nel 1997.

Festeggiati i 50 anni del prestigioso collegio gesuita di Notre- Dame di Jamhour BEIRUT, 25 gen 03 - In Libano, il prestigioso Collegio gesuita di Notre-Dame di Jamhour, celebra quest‟anno i suoi 50 anni di fondazione. L‟istituto, erede del collegio secondario dell‟Università di San Giuseppe di Beirut, è stato infatti inaugurato il 20 ottobre 1953. Cinquant‟anni segnati da trasformazioni, mutamenti e anche da eventi tragici come la guerra, ma soprattutto da grandi risultati. Dal collegio, che conta oggi 2.815 studenti, sono infatti uscite molte personalità illustri del mondo politico, culturale, religioso ed economico libanese. Una solida preparazione scientifica e letteraria, la formazione al senso civico e ai valori spirituali della fede cristiana, ma anche un approccio didattico all‟avanguardia: questi gli elementi forti del progetto pedagogico proposto dall‟istituto. Ai meriti dei metodi educativi dei collegi gesuiti è stata dedicata una conferenza organizzata la settimana scorsa, cui hanno partecipato numerosi ex alunni del

136 collegio di Notre-Dame. Ospiti d‟onore erano l‟Ambasciatore degli Stati Uniti in Libano Vincent Battle, ex alunno del Saint School di Manhattan, il presidente della Federazione francese degli ex alunni dei gesuiti, Eric de Langsdorff, e il Presidente del circolo degli ex allievi del Collegio della Santa Famiglia del Cairo, Khalil Nougaim. L‟incontro, caratterizzato da un clima molto conviviale, è stato soprattutto un‟occasione per evidenziare le forti similitudini della formazione accademica, sociale e spirituale che accomunano tutti gli ex alunni delle scuole gesuite nonostante le distanze geografiche. Ne è emerso uno stimolante dialogo di culture, in cui ciascuno dei tre ospiti ha potuto illustrare gli elementi caratterizzanti della comune formazione dalla propria prospettiva culturale. In questa ottica, l‟Ambasciatore Battle ha annunciato il prossimo gemellaggio tra il Collegio di Jamhour con il Saint Francis Xavier School. L‟auspicio, ha spiegato, è che lo scambio di studenti e docenti che ne deriverà, possa aiutare a superare i fossati tra le culture e i paesi.

Allarme della Caritas Libano per flusso di rifugiati dall‘Iraq BEIRUT, 12 mar 03 - Allarme di Caritas-Libano che sta registrando un aumento del flusso d‟immigrati clandestini provenienti dall‟Iraq, con una media di dieci famiglie al giorno in condizioni di “estrema vulnerabilità”. 40 volontari cercano di risolvere i problemi contingenti: alloggio, assistenza sanitaria, lavori saltuari, scuole per i bambini, domande all‟Alto Commissariato per i Rifugiati. Sono ormai 40 mila i rifugiati iracheni, cristiani e sciiti, che vanno ad aggiungersi ai profughi sudanesi arrivati nel 1994. Perché in Libano? La risposta è semplice: il costo è a portata di mano, 200 dollari a persona per il viaggio clandestino fino alla “terra del latte e del miele”. Gli sfollati segnalano anche che, vista la portata del fenomeno in crescita, le “tariffe” stanno calando. Situazione d‟allarme che ha indotto Caritas- Libano ad inviare in Siria, passaggio obbligato per i rifugiati via terra, assistenti sociali per formare il personale a gestire un eventuale scenario di crisi. Timori nascono anche dal fatto che il governo Sharon potrebbe approfittare dell‟attacco contro l‟Iraq per sferrare un attacco contro Hezbollah, presente nel sud del Libano. E questo potrebbe provocare un‟ulteriore ondata di sfollati, dal sud verso la capitale.

137 Esce in Libano una nuova traduzione in arabo del Nuovo Testamento BEIRUT, 14 mar 03 - È uscita a Beirut una nuova traduzione in arabo del Nuovo Testamento, dall‟ originale greco. La traduzione greco- araba è detta “interlineare” perché nel testo, ogni singolo paragrafo in greco è seguìto dalla sua traduzione in arabo. L‟opera è stata portata a termine da quattro padri antoniani, docenti alla facoltà di scienze bibliche presso l‟ateneo dell‟Ordine Antoniano Maronita a Baabda, nei pressi di Beirut. Il volume si rivolge anzitutto agli studiosi, ma vuole anche essere uno strumento di lavoro nel dialogo ecumenico e con i musulmani. Nella conferenza stampa di presentazione, il rettore dell‟università, P. Louis Rohban ha notato che l‟ “originale” greco è posteriore non solo alla tradizione orale aramaica ma anche a documenti anteriori scritti in aramaico, invitando quindi i presenti a riscoprire l‟aramaico, la lingua parlata da Cristo e tuttora usata nella liturgia maronita. Presente alla conferenza stampa il vescovo maronita di Sarba (n.d.t., al nord di Beirut), Mons. Guy Noujeim che ha trasmesso agli autori i rallegramenti del Patriarca maronita, il cardinale. Nasrallah Sfeir, per il loro contributo alla conoscenza della Parola di Dio.

Il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente su intervento in Iraq BEIRUT, 28 mar 03 - “Non si può prevedere quale impatto avrà la decisione unilaterale americana per la guerra sulle Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali, la loro credibilità e la loro efficacia nella soluzione dei conflitti attraverso accordi negoziati. Saranno molto indebolite, verrà scossa la loro autorità e minacciata la loro stessa esistenza”. E‟ quanto affermano 19 leader religiosi del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente in una dichiarazione diffusa a Beirut nei giorni scorsi, a poche ore dall‟inizio delle operazioni militari in Iraq. Tra i firmatari del documento S.B. Nasrallah Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti e S.B. Stephanos II Gattas, Patriarca dei Copti cattolici. In esso i leader cristiani, esprimono tutto il loro disappunto per il fallimento degli sforzi per la pace “sostenuti da milioni di persone nel mondo”. “Le Chiese – ricordano – hanno condannato questa guerra come immorale per il suo disprezzo dei principi della legalità internazionale, la sua ambivalenza verso i più basilari valori e diritti umani, le tragiche ripercussioni umane in Iraq e nel Medio

138 Oriente e anche perché minaccia di aggravare le tensioni tra le religioni, avallando la falsa tesi di un‟inevitabile scontro di civiltà, religioni e culture”. I leader cristiani mediorientali rivolgono quindi un pressante appello, da un lato, alle organizzazioni cristiane ed umanitarie ad essere pronte ad intervenire in aiuto delle vittime dei combattimenti e, dall‟altro, ai fedeli e ai cittadini della regione all‟unità, alla solidarietà e alla coesistenza fraterna. Fondata nel 1962 il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente riunisce 27 denominazioni cristiane.

L‘esodo dei cristiani dal Libano al centro della 37ª Assemblea ordinaria dei vescovi e dei patriarchi maroniti del 2003 BEIRUT, 19 nov 03 - Il persistente esodo, soprattutto di giovani, dal Libano continua ad essere al centro delle attenzioni delle Chiese cristiane locali. Al problema, è stata dedicata la 37ª Assemblea ordinaria dei vescovi e dei patriarchi maroniti riunitasi la settimana scorsa a Bkerké. Il fenomeno dell‟emigrazione non è nuovo nella storia recente del Libano e sembrava avere raggiunto il culmine durante la guerra che ha insanguinato il paese dal 1975 alla fine degli anni ‟80, ma di fatto ha continuato a crescere anche in quest‟ultimo decennio. Dall‟inizio del conflitto si calcola che tra 600 e 900mila libanesi abbiano lasciato la madrepatria, una cifra impressionante se si considera che il Libano conta oggi tre milioni e 900mila abitanti. Non a caso, intervenendo ai lavori, il metropolita greco-ortodosso di Beirut Elias Audeh, ha parlato di una vera e propria “emorragia”, tanto più preoccupante, ha osservato, poiché il 75 per cento dei libanesi della diaspora non vogliono fare rientro in patria. Nell‟esaminare le diverse cause del fenomeno, i presuli hanno nuovamente chiamato in causa l‟attuale situazione politica in Libano. Nel documento finale, essi rilevano come la classe politica oggi al potere non sia riuscita a ristabilire la piena sovranità nazionale a causa dell'occupazione siriana. Per invertire l'attuale trend migratorio essi tornano quindi a chiedere la piena applicazione degli Accordi di Taef siglati nel 1989, considerata "come una condizione imprescindibile per il risanamento del clima politico del Paese". Secondo i presuli, poi, occorre affrontare l'attuale crisi economica per dare un futuro ai giovani costretti ad emigrare spesso per la mancanza di prospettive occupazionali. I presuli chiedono, infine, la riforma della legge sul servizio militare, poiché a causa della leva

139 molte famiglie della diaspora preferiscono non registrare i propri figli presso le rappresentanze libanesi all'estero, "allontanandoli progressivamente dalla madrepatria".

La sezione libanese dell‘Ucip denuncia la situazione della libertà di stampa in Libano BEIRUT, 13 gen 04 - La sezione libanese dell‟Ucip, l‟Unione internazionale della stampa cattolica, denuncia il peggioramento della situazione della libertà di stampa e più in generale della libertà di espressione in Libano. In un comunicato diffuso nei giorni scorsi, l‟organizzazione segnala in proposito diversi casi verificatisi nel corso del 2003, tra cui la censura di un libro del professore Adonis Acra in cui racconta dei suoi 13 giorni di detenzione illegale in carcere, la campagna contro il poeta Akl Awit e le vessazioni subite da un gruppo musicale libanese. A queste l‟Ucip-Libano aggiunge le minacce di chiusura di diverse stazioni televisive indipendenti del paese. Essa chiede quindi che venga garantita un maggiore pluralismo e democrazia nei media e nel panorama culturale libanese, oggi dominato dalla legge del profitto e condizionato da una logica spartitoria.

I 20 anni dell‘emittente ―Voix de la Charité‖ BEIRUT, 3 lug 04 - “Voix de la Charité”, la popolare emittente cattolica libanese e l‟unica radio cristiana in Medio Oriente, celebra quest‟anno i suoi 20 anni di trasmissioni. Essa venne infatti fondata nel 1984, durante la guerra in Libano. Nata come studio di registrazione per aspiranti musicisti cristiani, dopo varie vicissitudini in questi 20 anni la stazione è molto cresciuta diventando, come riferisce il suo attuale direttore padre Fadi Tabet, una delle più ascoltate radio del Paese. Oggi trasmette 24 ore su 24 in varie lingue, tra cui l‟inglese, raggiungendo anche la Siria, Cipro, Egitto, Giordania e la Terra Santa e può essere ascoltata in altre parti del mondo su Internet. Oltre all‟Angelus, l‟emittente trasmette tre volte al giorno il Rosario (di cui una in diretta dal Santuario mariano di Harissa) e Messe dal vivo da Bkerké, sede del Patriarcato Maronita. Nel palinsesto figurano anche programmi di musica liturgica e di musica cristiana.

140 Nel 2004 VIII Congresso internazionale degli Studi arabi cristiani a Kaslik BEIRUT, 22 set 04 - Si sono aperti lunedì a Kaslik, alla periferia della capitale libanese Beirut, i lavori del IX Simposio siriaco e dell'VIII Congresso internazionale degli Studi arabi cristiani. Ai due incontri, organizzati congiuntamente dall'Università dello Spirito Santo di Kaslik e dall'Università gesuita di San Giuseppe, partecipano 150 studiosi e ricercatori provenienti da diversi Paesi dell'Europa, dagli Stati Uniti e dall'India, oltre a un centinaio di studiosi libanesi e arabi. Essi si inseriscono nell‟ambito del dialogo tra le civiltà portato avanti dai due atenei cattolici libanesi quale risposta alla controversa teoria dello "scontro di civiltà" che tante polemiche ha suscitato nel mondo. Consapevoli dell‟importanza del dialogo tra le varie culture, le due università si propongono di fare conoscere la diversità e la ricchezza delle culture che ha sempre caratterizzato il Medio Oriente sin dall‟antichità, da quella greca a quella siriaca, araba, copta, persiana. Le oltre duecento relazioni, che saranno svolte fino al 25 settembre, presentano il frutto di approfondite decodificazioni di antichi manoscritti aramaici, copti, ebraici e greci in lingua siriaca e araba. I partecipanti cercheranno inoltre di svelare il mistero che avvolge alcune antiche icone, affreschi e iscrizioni semi-cancellate. Tra i temi trattati, la musica siriaca, il ruolo dei siriaci nell'esegesi biblica, i Turchi nelle cronache medievali siriache, il dialogo interculturale nella diaspora siriaca in Occidente, la preservazione dei manoscritti in Medio Oriente, la versione araba dei Vangeli nel VII secolo e il Corano, le versioni arabe del Testamentum Domini Nostri Jesu Christi del 1743.

Attentato contro l‘emittente “Voix de la Charité” BEIRUT, 13 maf g 05 - Vicinanza e solidarietà sono espresse in questi giorni a "La Voce della Carità", la radio-emittente cattolica di Beirut, fatta oggetto, sabato scorso, di un attentato. Il presidente della Commissione episcopale per le comunicazioni sociali, mons. Roland Aboujaoudé, ha convocato a Jal-Eddib, alla periferia di Beirut, i presidenti delle associazioni di stampa e dei giornalisti insieme al ministro dell'informazione. Nell'incontro è stato ribadito che ogni aggressione contro un singolo mezzo di informazione è sempre un attentato ala libertà e alla professione. Non è stato un caso, perciò, che alla riunione hanno partecipato anche i rappresentanti di tutte le

141 emittenti radiotelevisive libanesi: al-Manar dell'Hezbollah, Voce del Libano, Lbc, Nbn, Futura, Tele-Luce, Ani, Ntv, Radio Libano Libero. L'autorevole Ucip, l'Unione Cattolica Internazionale della Stampa, dalla propria sede di Ginevra ha già denunciato l'attentato alla sede de La Voce della Carità, che rappresenta, ha detto, il migliore esempio di convivialità in un paese multiconfessionale qual'è il Libano.

La comunità internazionale mantenga le sue promesse verso il Libano, chiedono patriarchi e vescovi libanesi a 39ª Assemblea annuale del 2005 BEIRUT, 23 nov. 05 - La comunità internazionale mantenga le sue promesse verso il Libano e verso i cristiani nel Paese, perché "la presenza cristiana in Libano è una condizione necessaria ed indispensabile per la prosperità e la difesa della presenza cristiana in tutto il Medio Oriente". E' l'appello contenuto nel messaggio conclusivo della 39.ma assemblea dei patriarchi e vescovi libanesi, svoltasi nei giorni scorsi nella sede del patriarcato a Bkerké. L'assemblea è stata dedicata alla formazione degli adulti, vista anche come uno strumento per promuovere una presenza più attiva dei cattolici nel futuro della società libanese. Il documento finale insiste in particolare sull'importanza dei centri di formazione teologica, diffusi in molte diocesi e accolti positivamente dai fedeli, consigliando come testo base per i cammini formativi il Catechismo della Chiesa. I presuli sottolineano poi il ruolo insostituibile della famiglia, della parrocchia e dei movimenti apostolici sorti in questi ultimi anni in Libano per la catechesi degli adulti, esprimendo preoccupazione per le difficoltà a cui è esposta oggi la famiglia cristiana nel Paese, minacciata dalla crisi economica, ma anche dalla diffusione delle unioni di fatto, del divorzio e dei matrimoni misti. Il documento si sofferma infine sul valore e i meriti dei mezzi di comunicazioni sociale. A questo proposito, i vescovi esprimono la loro solidarietà con la “Voix de la Charité”, l‟emittente cattolica libanese bersaglio a maggio di un‟autobomba. Essi interpretano come un "segno dei tempi" la presenza in Libano di oltre 70 periodici cristiani che, affermano, costituiscono una ricchezza enorme per il tessuto sociale libanese e per l‟intero mondo arabo ed esprimono quindi il desiderio di potere presto pubblicare un giornale cattolico a diffusione nazionale sul modello del quotidiano italiano “Avvenire”.

142 La guerra ha rovinato le emittenti cattoliche in Libano, conferma delegazione di SIGNIS BEIRUT, 1 nov. 06 – La guerra in Libano dell‟estate scorsa ha rovinato anche la vita delle emittenti locali cattoliche, come Télé Lumière e Radio Voix de la Charité. Lo ha constato una delegazione di Signis, l‟Associazione Cattolica Mondiale per le Comunicazioni, che ha visitato nei giorni scorsi il Paese dei cedri. La delegazione era composta da mons. Jean-Michel Di Falco, vescovo di Gap (Francia) e presidente del Consiglio europeo per i media, e da Marc Aellen. Segretario generale di Signis. Insieme a loro un seminarista della stessa diocesi di Gap. I danni maggiori alle due emittenti cattoliche libanesi consistono nell‟abbattimento delle torri di 100 metri con le antenne e nella demolizione degli edifici ospitanti le redazioni e gli uffici di Télé Lumière e di Radio Voix de la Charité. I danni a Télé Lumière sono stimabili in 4 milioni di dollari. Quanto a Radio Voix de la Charité, essa ha già subito un attentato il 6 maggio dell‟anno scorso con un danno di quasi 2 milioni di dollari alle apparecchiature. La guerra ha aggiunto un danno di altri 340 mila dollari.. Per testimoniare la vicinanza alle due emittenti libanesi dei professionisti cattolici dell‟audiovisivo, ma pure delle reti radiotelevisive di tutto il mondo, Signis sollecita un aiuto “indispensabile ed urgente”.

Il Patriarca Sfeir su situazione del Paese alla vigilia dell‘Assemblea straordinaria dei Patriarchi e dei vescovi cattolici del Libano BEIRUT, 12 mar 07 - “Finché i responsabili non cercheranno, in totale disinteresse, l‟interesse di tutti i cittadini, senza eccezioni, i nostri problemi non saranno risolti e la nostra speranza di vedere il Paese uscire dalla crisi resterà lontana”: è quanto ha affermato il Patriarca di Antiochia dei Maroniti, il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, alla vigilia dell‟odierna Assemblea straordinaria dei patriarchi e dei vescovi cattolici del Libano. L‟incontro coincide con l‟arrivo, nel Paese dei Cedri, del responsabile della Politica Estera della UE, Javier Solana, che si recherà anche a Riad e Damasco, mentre il presidente del Parlamento, Nabih Berri, e il leader dell‟opposizione, Saad Hariri, affermano ottimismo, preannunciando un prossimo terzo incontro bilaterale. “E‟ possibile trovare una soluzione ai problemi – ha spiegato il Patriarca Sfeir, citato da AsiaNews – solo se il dibattito si fonda sul bene di tutta la nazione e di tutti i suoi figli. Ciò presuppone

143 di mettere da parte tutti gli interessi privati, tutti gli obiettivi personali e tutti i fini a carattere unicamente settario”. Mons. Béchara Raï, vescovo di Jbeil dei Maroniti, ha definito la convocazione dell‟Assemblea in questo periodo come una “espressione di solidarietà della Chiesa cattolica in Libano verso tutti i cittadini” e “una nuova iniziativa per trovare un punto comune fra tutti le parti”.

Educazione e formazione al centro del VI Forum dell'informazione cristiana, in Libano BEIRUT, 28 nov 07 - Al via la sesta edizione del Forum dell'Informazione Cristiana in Medio Oriente, organizzato dall‟UCIP- Libano. L‟iniziativa, che si apre domani e si conclude martedì 4 dicembre, è stata presentata ieri in una conferenza stampa dal direttore dell‟UCIP-Libano, Padre Toni Khodr, che ha preso spunto dalla profonda crisi politico-istituzionale in cui si dibatte il "Paese dei cedri" e dal senso di smarrimento della popolazione per ribadire il ruolo centrale dell‟educazione: “La manifestazione culturale vuole essere un‟oasi di fronte alla minaccia di desertificazione intellettuale”. Non solo informazione al Forum - anche se i media saranno presenti in forze - ma anche educazione e cultura, in quanto il tema del l'incontro: “I media e le sfide dell‟educazione” si ispira al Messaggio di Benedetto XVI per la 41ma Giornata Mondiale dei Mezzi di Comunicazione Sociale: “I bambini e i media, una sfida per l‟educazione”. Nel corso della manifestazione si terranno anche delle tavole rotonde a cui parteciperanno i maggiori atenei del Libano, che si interrogheranno sul ruolo dell‟università nell‟educazione al senso civico, alla cultura dell‟informazione ed alla coesistenza tra le varie religioni. Ci sarà poi una mostra allestita per tutta la durata del Forum, in collaborazione con la Diocesi Caldea di Beirut, dal titolo “Dall‟Iraq al Libano…la stessa croce…lo stesso dolore”, che ha lo scopo di sensibilizzare i visitatori sul dramma dei rifugiati iracheni ed in modo particolare dei caldei, la cui comunità vive un‟autentica emorragia di fedeli. Prevista, infine, per il 4 dicembre, la proiezione di un documentario sulla situazione dei caldei tuttora presenti in Iraq, seguita da un dibattito. Al centro di tutta la settimana di iniziative resterà comunque la formazione. Verranno, infatti, impartiti corsi per l‟avvio di siti internet, distribuiti CD contenenti testi di carattere teologico-filosofico e organizzati incontri di formazione per l‟utilizzo dei nuovi software per la ricerca attinente alla biblistica.

144 SIRIA

Allo studio una ―GMG‖ araba in Siria ALEPPO, 22 lug 04 - Anche i giovani cristiani del Medio Oriente avranno presto una loro Giornata della Gioventù. Il progetto è stato preso in esame dal Comitato coordinatore per la pastorale giovanile del Medio Oriente, riunitosi la settimana scorsa ad Aleppo, in Siria, per discutere le iniziative della Chiesa rivolte ai giovani. Alla riunione, voluta dal vescovo libanese Mons. Georges Scandar, sono intervenuti rappresentanti da Siria, Libano, Egitto, Giordania, e Kuwait. In tutto 12 persone, tra cui anche padre Francis Kohn, responsabile della Sezione Giovani del Pontificio Consiglio per i Laici. L‟idea alla base dell‟incontro è stata che, in un contesto difficile come quello mediorientale dove la loro presenza è sempre più ridotta a causa dell‟emigrazione, i giovani cristiani hanno bisogno di un‟organizzazione migliore. In questo senso, è stata sottolineata la necessità rendere più efficiente la comunicazione tra i cattolici della regione e di rafforzare l‟opera di evangelizzazione tra i giovani. Si è quindi parlato della costituzione di un Comitato ufficiale di giovani per i Paesi arabi, di un coordinamento delle Commissioni per la pastorale giovanile e appunto dell‟organizzazione di una “Gmg araba”. La speranza è di riuscire ad organizzare l‟incontro prima della prossima Gmg di Colonia nel 2005. All‟iniziativa potrebbero aderire in futuro anche altri Paesi come l‟Iraq, l‟Iran, la Turchia il Sudan e la Terra Santa. Intanto, una prima anticipazione dell‟evento si è avuta con la “Giornata nazionale dei giovani cristiani” che ha visto riuniti la settimana scorsa sempre ad Aleppo 4mila giovani cattolici siriani, con la partecipazione di delegazioni cristiane dall‟Egitto, Libano e Giordania. L‟iniziativa, ripresa da diversi canali televisivi arabi, è stata, secondo quanto riferito padre Kohn, un grande successo.

Il salesiano don Tony Al Zghendi su GMG araba ALEPPO, 28 lug 04. - “Tanti giovani per una Chiesa bisognosa di pastori santi e di tanta preghiera”. Così si è espresso il salesiano don Tony Al Zghendi incaricato dal vescovo latino, mons. Armando Bortolaso prima e poi dal successore mons. Giuseppe Nazzaro, a rappresentare la comunità Latina in Siria. Don Al Zghendi è stato responsabile del comitato delle giornate della Gioventù Cristiana, svoltesi recentemente ad Aleppo. La maggior parte dei giovani è

145 arrivata dalle principali città siriane quali Damasco, Kaminshly, Kafroun, Aleppo, ma anche da Libano, dalla Giordania, dall'Egitto. Il primo giorno i 3500 giovani presenti sono stati accolti presso il Convento degli Armeni Cattolici e dalla comunità salesiana di Aleppo che ha animato la serata d‟apertura. Suggestiva la preghiera finale proposta con una danza delle candele. Il giorno seguente si sono svolte le catechesi in 10 chiese. L‟apice delle giornate è stata la messa di sabato 17 luglio a San Simone Stilita, 70 Km a nord di Aleppo, tra le rovine del quarto secolo, che un tempo erano luogo di alta spiritualità cristiana. “Questi giovani - ha commentato in proposito il responsabile salesiano - hanno non solo tanto entusiasmo ma anche una profonda spiritualità e ciò ci fa ben sperare per il futuro”.

I cristiani in Siria una comunità minoritaria, ma vitale, preoccupata dall‘evolversi della situazione in Medio Oriente, secondo reportage CNS DAMASCO, 5 nov 04 - Una comunità minoritaria, ma vitale e ben inserita nel contesto locale, preoccupata dall‟evolversi della situazione in Medio Oriente, ma nell‟insieme ottimista sul suo futuro. E‟ questo il quadro della situazione dell‟antica comunità cristiana siriana quale emerge da un reportage del corrispondente John Thavis, dell‟agenzia Cns, da poco rientrato da una visita nel Paese. Due sono le preoccupazioni dominanti oggi nelle Chiese locali: da un lato, la possibile penetrazione in Siria del fondamentalismo islamico, dopo la destabilizzazione dell‟area provocata dalla guerra nel vicino Iraq, dall'altro, il calo demografico dei cristiani, dovuto soprattutto alla forte emigrazione dei giovani. Nonostante queste preoccupazioni, i vescovi intervistati si dicono ottimisti per il futuro. "I cristiani stanno qui da secoli e sono complessivamente ben visti dai fratelli musulmani. Non c''è 'scontro di civiltà', perché condividiamo la stessa cultura", ha spiegato il vescovo armeno ortodosso di Aleppo Shahan Sarkisian. Un giudizio condiviso dai leader religiosi cattolici. Per l'arcivescovo melkita di Aleppo, Mons. Jean-Clement Jeanbart, il carattere laico del regime baathista siriano è stato un'efficace barriera contro il fondamentalismo islamico. Questo non ha sinora preso piede tra i musulmani in Siria, con i cui leader religiosi i vescovi hanno stabilito rapporti di dialogo e stima reciproca, come ha confermato l'arcivescovo melkita di Damasco, Mons. Isidore Battikha. Anche i rapporti ecumenici tra le varie Chiese cristiane del Paese sono molto

146 buoni e improntati alla massima collaborazione. Quanto alla vita della Chiesa locale, essa è molto attiva e caratterizzata da un'intensa partecipazione dei fedeli alle attività ecclesiali.

I cattolici siriani pronti ad ospitare 25 mila iracheni DAMASCO, 23 nov. 06 – Mons. Antoine Audo, Vescovo caldeo di Aleppo, ha fatto sapere che i cattolici in Siria stanno accogliendo 25 mila rifugiati iracheni. Il presule ha sottolineato che gli iracheni giunti a Damasco hanno ricevuto un “caloroso benvenuto” per il quale sono molto grati. Molti di questi rifugiati sono autorizzati a vivere nella capitale siriana senza visto e i cattolici offrono a loro alloggio ed accesso alle cure mediche, grazie al sostegno a loro offerto dall‟opera “Aiuto alla Chiesa che soffre”. Il vescovo Audo ha ringraziato questa istituzione che opera in Siria dalla caduta del regime di Saddam Hussein, nel 2003. “Sequestri, minacce di morte e imposizione del velo alle donne – ha elencato mons. Audo -. Per tutti questi motivi, la situazione è pericolosa per i cristiani. Abbandonano il paese perché hanno paura. I fanatici desiderano liberarsi definitivamente dei cristiani”, ha aggiunto il vescovo. Mons. Audo ha rivelato, tra l‟altro, che un sacerdote iracheno è fuggito dal paese dopo essere stato minacciato di morte al telefono cellulare. “Il sacerdote ha lasciato tutto e si sente ancora insicuro” commenta mons. Audo.

I musulmani in Medio oriente non sono offesi da tradizioni religiose cristiane, afferma missionaria francescana che ha trascorso una parte importante della sua vita in Siria ROMA, 21 dic 06 - “Quello che mi stupisce è l‟idea che qualcuno si è fatto qui in Italia che vivere il Natale possa essere di disturbo ai musulmani. Io ho vissuto 18 anni tra loro, e ogni Natale venivano a trovarci e a festeggiare con noi”. Lo dice suor Rosanna Marin, missionaria francescana che ha trascorso una parte importante della sua vita a Deir ez Zor, cittadina attraversata dal fiume Eufrate nel nordest della Siria. “Venivano a casa a farci gli auguri e noi offrivamo cioccolatini e caffé, qualche volta profumato con spezie, come vuole la regola dell‟ospitalità mediorientale. I bambini mussulmani guardavano ammirati il presepe” continua suor Rosanna, non capacitandosi che qualcuno pensi che gli islamici si possano sentire offesi dalle tradizioni religiose cristiane. “Questa condivisione della festa religiosa - prosegue - si ripeteva anche in occasione del Venerdì Santo. Poi, a

147 tempo debito, noi andavamo a trovarli per la festa di fine Ramadan, ricevendo lo stesso caloroso trattamento” dice la missionaria, ricordando anche che in Siria, dove i cristiani sono l‟8-10% e tra i musulmani la maggioranza è sunnita, Natale e Pasqua sono feste nazionali come quelle delle ricorrenze islamiche, e la domenica il lavoro inizia alle 10 di mattino per dare tempo ai cristiani di andare a Messa. Lo stato laico siriano garantisce la libertà di espressione religiosa e l'opinione pubblica musulmana, in una nazione che ha visto nascere le prime comunità cristiane, non percepisce il cristianesimo come un'entità estranea. In Siria vivono comunità cristiane cattoliche e ortodosse di rito siriaco, armeno, bizantino, nestoriano, caldeo e maronita oltre che cristiani protestanti e "nessuna di queste comunità teme nulla nel celebrare apertamente il Natale, perché essa è un'esperienza umana e spirituale che se trasmessa come tale, con sincerità, è una meravigliosa occasione di contatto umano" continua suor Rosanna. Viene il dubbio che da quando la missionaria ha lasciato 10 anni fa la Siria qualcosa sia cambiato, che inevitabilmente la convivenza di ieri sia stata soffocata dalla paura e alla tensione dei nostri giorni. "Telefono spesso in Siria e non credo che nulla sia cambiato" dice la religiosa dopo aver riflettuto se per caso avesse avuto qualche segnale preoccupante. "Posso dire invece, che Ziad, un ragazzo musulmano non vedente, va sempre a trovare per le feste natalizie e pasquali un nostro amico frate cappuccino e gli telefona tutte le domeniche, a mezzogiorno spaccato".

Il Gruppo di lavoro ―Islam‖ della Conferenza episcopale Svizzera in viaggio in Siria per favorire il dialogo interreligioso FRIBURGO, 23 mar 07 “Proprio per la sua nota storia religiosa, la Siria può contribuire all‟instaurazione della pace in Medio Oriente”: è quanto afferma, in un comunicato, il gruppo di lavoro “Islam” della Conferenza dei vescovi svizzeri (GTI), che per la prima volta, da domani al 31 marzo, si recherà in Siria. A guidare la delegazione sarà mons. Pierre Bürcher, vescovo ausiliare di Losanna, Ginevra e Friburgo. La popolazione totale della Siria è di 20 milioni di persone, di cui il 74% sono sunniti, il 10% aloiti e il 10% cristiani. Recentemente, Benedetto XVI ha qualificato il Paese come “terra di coesistenza pacifica e di tolleranza” tra le comunità cristiane e musulmane. E proprio per offrire il suo contributo al sostegno delle minoranze cristiane presenti in un Paese a maggioranza musulmana,

148 come in questo caso in Siria, la GTI si era recata l‟anno scorso in Iran. Un programma ricco di incontri a carattere religioso attende la delegazione svizzera: con il Patriarca greco melchita cattolico, Gregorio III; il Gran Mufti di Siria, Cheikh Ahmad Badreddine Hassoun; il nunzio apostolico a Damasco, mons. Giovanni Battista Morandini; il metropolita, Jeanbart ad Aleppo; e altri rappresentanti delle Chiese cattoliche, ortodosse e delle comunità protestanti, come pure dei rappresentanti delle comunità ebraiche, druse e musulmane sunnite e sciite presenti in Siria. L‟ordine del giorno prevede anche incontri con l‟ambasciatore della Svizzera in Siria, Jacques de Watteville, come pure una visita al ministero degli Esteri e al ministro degli Affari Religiosi, Salah Eddin Al-Ayyoubi. La GTI – si legge nel comunicato – realizza il suo mandato a “promuovere una migliore conoscenza tra cristiani e musulmani in Svizzera secondo l'impegno della Chiesa cattolica, nel rispetto delle differenze. Ma per conoscere, occorre incontrare. Nel contesto mondiale attuale – conclude il testo – nessun passo in questo senso è abbastanza”.

Il vescovo di Aleppo a Londra per chiedere aiuti per i rifugiati cristiani iracheni in Siria LONDRA, 23 nov 07 - Il vescovo caldeo di Aleppo, Antoine Audo, S.J., sarà nei prossimi giorni a Londra per chiedere aiuti urgenti a favore dei rifugiati cristiani iracheni in Siria. Dei circa 800mila cattolici caldei che vivevano in Iraq prima dell‟intervento militare americano, circa la metà si sono rifugiati nel Kurdistan iracheno o hanno cercato riparo in Giordania, in Libano e appunto in Siria. Secondo l‟Alto Commissariato ONU per i rifugiati, i cristiani costituiscono il 44% dei rifugiati in questo Paese, nonostante essi costituiscano appena il 4% della popolazione irachena. La maggior parte vivono in condizioni di estremo disagio, senza mezzi di sostentamento e possono contare solo sull‟aiuto di familiari o sui magri sussidi statali. Vescovo di Aleppo dal 1992, mons. Audo si sta adoperando attivamente per fare fronte a questa emergenza, anche con il sostegno finanziario della “Iraqi Christians in Need” (ICIN), un‟organizzazione umanitaria cattolica che raccoglie fondi per sopperire alle necessità dei cristiani iracheni. Durante il suo breve soggiorno nella capitale britannica, il presule gesuita interverrà, il 28 marzo, a un seminario presso il Centro per il cristianesimo e il dialogo interreligioso della London University. Nella stessa giornata sarà ospite dell'ICIN e celebrerà una Messa per la

149 comunità cristiana irachena di Londra nella chiesa dell'Immacolata Concezione. Giovedì terrà quindi una conferenza stampa presso la sede della Conferenza episcopale inglese e gallese insieme alla scrittrice cristiana irachena Suha Rassam, autrice del libro "Il cristianesimo in Iraq".

Siria: nasce, su iniziativa dei francescani della Custodia di Terra Santa, un centro giovanile nei pressi della "piccola Lourdes" DAMASCO, 26 dic 07 Un ponte d‟incontro tra culture e religioni. Questo vuole essere il nuovo centro per la gioventù che sorgerà a pochissimi chilometri dal santuario di Saidnaya, la “piccola Lourdes” dei cristiani di Siria e Giordania, custode dell‟icona di Maria che si crede dipinta da san Luca evangelista. Il progetto - informa l'Osservatore Romano - è stato illustrato a Roma dal noto archeologo padre Michele Piccirillo, dell'Ordine dei Frati Minori, e “vuole rispondere ad una necessità nata da un evento ritenuto disastroso per il futuro della comunità cristiana”. Più di due decenni fa, infatti, il governo siriano decise la nazionalizzazione delle scuole private, la maggior parte delle quali in mano ai religiosi. Il nuovo Centro di Saidnaya, a meno di trenta chilometri da Damasco, dovrebbe dunque diventare luogo d‟incontro naturale dei giovani della capitale, cristiani e non solo. Il primo passo è stato l‟acquisto del terreno sulla piana di Marrah. Qui sorgerà una cappella con annesso un piccolo convento per i padri francescani. Saranno poi attrezzati dormitori per un centinaio di ragazzi, refettorio, cucine e campi sportivi attrezzati. Da sempre in questi luoghi, ha spiegato padre Piccirillo, si incontrano cristiani e musulmani e oggi, come nei secoli passati, vi giungono in pellegrinaggio famiglie cristiane dal Vicino Oriente.

IRAQ

Anche i cristiani dell'Irak, nonostante la dura prova dell'embargo internazionale, vogliono celebrare il loro Giubileo ROMA, 22 feb 02 - Anche i cristiani dell'Irak, nonostante la dura prova dell'embargo internazionale, vogliono celebrare il loro Giubileo in stretta unione con il Papa. Sia partecipando, con la preghiera, al

150 "pellegrinaggio spirituale" in commemorazione di Abramo che il Santo Padre celebrerà, domani 23 febbraio, nell'Aula Paolo VI, sia con il pellegrinaggio reale di mille cristiani Caldei dell'Irak e della diaspora che verranno a Roma il prossimo 18 marzo, guidati dal Patriarca di Babilonia dei Caldei Sua Beatitudine I Bidawid. Lo ha annunciato lo stesso Patriarca in un'intervista all'Agenzia Fides. Il "pellegrinaggio spirituale" di Giovanni Paolo II ad Ur sarà accompagnato domani da una preghiera penitenziale nella cattedrale di San Giuseppe a Bagdad, alla quale prenderanno parte almeno duemila fedeli. "Vogliamo consolare in questo modo il nostro Santo Padre per la mancata visita, riconoscendo il suo amore per noi" ha commentato . "La notizia della decisione del Santo Padre ci era giunta proprio a conclusione dei tre giorni di digiuno che la nostra Chiesa ha fatto da lunedì 13 febbraio a mercoledì 15. Il nostro digiuno è stato coronato da una bella notizia. Ora verremo a Roma per manifestare il nostro affetto al Papa spero che il Santo Padre ci riceva per ascoltare la nostra gratitudine." Il Patriarca dei Caldei si è detto estremamente felice del "pellegrinaggio spirituale" del Papa, che testimonia ancora una volta tutto l'amore e il sostegno di Giovanni Paolo II al "popolo iracheno che soffre e sopporta da quasi 10 anni una situazione insostenibile".

Appello della Caritas per la sospensione immediata delle sanzioni contro l'Iraq BRUXELLES, 9 feb 01 - In un rapporto presentato il 5 febbraio a Bruxelles, i responsabili della Caritas Europa hanno lanciato un appello per la sospensione immediata delle sanzioni contro l'Iraq. E‟ opinione, infatti, che esse abbiano avuto un effetto contrario allo scopo per cui furono imposte dieci anni fa dall'Onu. Le sanzioni all‟Iraq non hanno condotto alla caduta del regime di Saddam Hussein, ma hanno solo inflitto terribili sofferenze fisiche e psicologiche al popolo iracheno, soprattutto ai bambini. Il rapporto di Caritas Europa fa seguito ad una visita compiuta ai primi di gennaio da una delegazione delle Caritas d'Europa e del Medio Oriente per verificare le conseguenze delle sanzioni sull‟Iraq. La visita è stata preceduta da un periodo di ricerca e di studio della documentazione disponibile fornita dai fautori e dagli oppositori alle sanzioni. La delegazione si è recata a Baghdad, a Mosul e a Najaf dove ha visitato, tra l'altro, diversi ospedali. Essa ha incontrato esponenti della Chiesa

151 cattolica irachena, segnatamente il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Sua Beatitudine Raphael I Bidawid, Mons. Poulos Dahdah per i cattolici di Rito Latino, Mons. Matthew Matoka della comunità sira cattolica, e Mons. Paul Cossa della comunità armeno-cattolica. I rappresentanti della Caritas hanno inoltre incontrato esponenti del regime iracheno e hanno avuto contatti con rappresentanti di organizzazioni. Alla delegazione il Patriarca Bidawid ha consegnato un messaggio nel quale denuncia con forza l'ingiustizia delle sanzioni le cui conseguenze, afferma, ricadono esclusivamente sul popolo iracheno. "I criteri applicati in materia di diritti umani sono diventati una parodia della giustizia quando si vedono le conseguenze delle sanzioni contro l'Iraq", rileva tra l'altro il Patriarca nella lettera. Secondo la Caritas anche il programma denominato "Petrolio contro cibo" non è un'alternativa valida alle sanzioni, perché di fatto non ha risolto la drammatica situazione alimentare e sanitaria in cui versa la popolazione irachena. In Iraq vi sono “segni della presenza di Gesù Cristo”, afferma mons. Jacques Isaak, segretario generale del Sinodo dei vescovi caldei a Baghdad

Gli appelli e le iniziative contro l‘intervento militare in Iraq

- Il primate inglese card. Cormac Murphy-O'Connor LONDRA, 7 set 02 - Il Cardinale arcivescovo di Westminster, Cormac Murphy-O'Connor, ha espresso preoccupazione sul possibile intervento occidentale contro l'Iraq, confermando le perplessità manifestate in queste settimane da numerosi esponenti religiosi in Gran Bretagna. In un commento pubblicato giovedì sul "Times" il Presidente della Conferenza episcopale inglese si chiede se il pur auspicabile cambio di regime in Iraq possa essere ottenuto con "un'azione militare esterna, ossia scatenando una guerra", senza prove "incontrovertibili e convincenti" sulla pericolosità del dittatore iracheno per la sicurezza mondiale. Nell'articolo il porporato ricorda le rigide condizioni per cui una guerra possa considerarsi effettivamente difensiva secondo la dottrina della Chiesa. Una è che "l'uso delle armi non deve produrre mali e disordini più gravi di quelli da eliminare". "Una guerra in Iraq - rileva il cardinale - causerebbe grandi distruzioni e sofferenze e avrebbe gravi implicazioni per il nostro Paese e per il

152 mondo". In particolare "vi sono motivi per temere che l'intervento militare possa aizzare il mondo arabo contro l'Occidente e minare gli sforzi per la pace tra Israele e il popolo palestinese". "L'intervento militare - si chiede quindi - servirà a stabilizzare o a destabilizzare la regione? Farà progredire o ritarderà la pace tra israeliani e palestinesi? Ha l'appoggio del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e, per quanto riguarda la Gran Bretagna, dell'Unione Europea? Se no quale sarà il suo effetto sugli sforzi per stabilire un ordinamento giuridico internazionale rispettato da tutte le Nazioni?". Senza risposte convincenti a queste domande, rileva, è difficile che l'opinione pubblica britannica posta sostenere le scelte dell'amministrazione americana e del governo britannico. Il cardinale Murphy-O'Connor conclude chiedendo se, come alternativa alla guerra, non sia più proficuo impiegare le risorse ad essa destinate in aiuti ai più poveri: "Se il terrorismo non può essere giustificato come un protesta contro la povertà, esso non può neanche essere sconfitto con la mera forza delle armi". Preoccupazioni sull'effetto destabilizzante nella regione di un eventuale attacco contro l'Iraq è stata espressa in questi giorni anche dai vescovi libanesi che hanno messo in evidenza i rischi di una balcanizzazione dell'area con inevitabili ripercussioni negative sul Libano.

- I religiosi degli Stati Uniti WASHINGTON, 17 ott 02 – Cresce l‟impegno delle religiose e dei religiosi degli Stati Uniti contro l'attacco all'Iraq. Un impegno cui tuttavia danno poco spazio i media nel Paese. Lo ha rilevato, in una conferenza stampa svoltasi l‟11 ottobre a Washington, suor Judy Cannon, direttrice associata dell‟ufficio delle missioni della Leadership Conference of Women Religious (Lcwr), che riunisce 1100 Superiore generali in rappresentanza di circa 76mila consacrate negli Stati Uniti. Alla conferenza stampa sono state presentate le varie iniziative di sensibilizzazione contro la guerra della stessa Lcwr, della Conferenza dei Superiori maggiori degli stati Uniti (Cmsm) e di altre organizzazioni cattoliche. Formando un gruppo di pressione contro la guerra, in queste settimane alcuni rappresentanti di tali organizzazioni hanno avvicinato molti parlamentari statunitensi, hanno visitato gli uffici della Camera dei Rappresentanti e del Senato, spiegando le argomentazioni contro la guerra e organizzando una veglia di preghiera venerdì scorso. Al presidente Bush inoltre è stata inviata

153 una lettera con diverse decine di firme, tra cui quella del presidente della Cmsm, padre Canice Connors, ed anche di esponenti di altre confessioni cristiane. "La spinta verso la guerra è generata dalla paura – ha affermato suor Carol Shinnick, delle School Sister of Notre Dame, direttore esecutivo della Lcwr -, paura che è stata attivata dall'attuale Amministrazione". La presidente della Lcwr, suor Ann Zollman, dal canto suo ha osservato che certamente il regime iracheno costituisce "un pericolo", ma nonostante tutto "vanno esplorate strade alternative alla guerra".

- I Patriarchi cattolici d'Oriente BEIRUT, 5 ott 02 - I Patriarchi cattolici d'Oriente sono fermamente contrari all'ipotesi di un attacco preventivo contro l'Iraq. In un comunicato diffuso venerdì, al termine di una riunione di cinque giorni a Beirut, il Consiglio dei Patriarchi delle Chiese maronita, melchita, copta, caldea, latina, siriaca e armena cattolica afferma che: "Niente giustifica una guerra contro l'Iraq, quali che siano i pretesti e le ragioni invocati". "Non ci può essere una guerra giusta - rilevano gli esponenti religiosi -, perché gli uomini possono scegliere: negoziare e giungere a delle soluzioni pacifiche o scatenare una distruzione generale". Essi condannano inoltre la politica dei due e pesi e due misure che caratterizza gli appelli all'applicazione delle risoluzioni dell'ONU. "Equità vuole che i Paesi della regione vengano trattati secondo lo stesso criterio". In questo senso, secondo i Patriarchi cattolici, anche Israele dovrebbe essere disarmata delle sue armi di distruzione di massa. Essi quindi denunciano le recenti dichiarazioni violentemente anti-islamiche di alcuni esponenti dell'estrema destra cristiana americana che definiscono "pericolose e insolenti verso i musulmani e per il conflitto israelo-palestinese". A quest'ultimo proposito essi rilevano come l'attuale condizione dei civili palestinesi è disumana e indicano nella fine dell'occupazione israeliana dei territori palestinesi l'unica via per la pace e la sicurezza nella regione.

- I vescovi degli Stati Uniti WASHINGTON, 14 nov 02 - Alla fitta agenda della plenaria dei vescovi degli Stati Uniti, in corso da lunedì a Washington, si è aggiunta in queste ultime ore l'adozione di una nuova dichiarazione sulla guerra contro l'Iraq alla luce degli ultimi sviluppi di questa settimana. Prima della scadenza dell'ultimatum imposto lunedì dal Consiglio di

154 Sicurezza dell'Onu, i vescovi vogliono ribadire con chiarezza la loro posizione sulla guerra che si sta profilando all'orizzonte. L'argomento è stato illustrato all'assemblea martedì dal cardinale John Bernard Law, nella sua qualità di Presidente della Commissione episcopale per la politica internazionale. La dichiarazione, ha spiegato ai confratelli l'arcivescovo di Boston, si baserà in larga parte sul testo della lettera inviata il 13 settembre a Bush dal Presidente della Conferenza episcopale Mons. Wilton D. Gregory. Nella lettera il vescovo di Belleville aveva sollevato diverse obiezioni sulla legittimità morale di un attacco preventivo contro l'Iraq. La nuova dichiarazione dovrà, tra l'altro, conciliare le posizioni dei vescovi fautori di un pacifismo assoluto con la linea di quelli che ritengono che non si possa trascurare il diritto degli Stati Uniti alla legittima difesa dalla minaccia terroristica. In questo senso il documento conterrà un forte richiamo ai principi della "guerra giusta". In ogni caso, ha precisato il cardinale Law, in essa sarà ribadita la loro ferma opposizione ad un'azione militare contro l'Iraq nelle attuali circostanze.

- L‘Unione Superiori Generali e l‘Unione Internazionale Superiore Generali ROMA, 11 gen 03 – La Commissione Giustizia Pace e Integrità della Creazione dell‟Unione Superiori Generali (Usg) e dell‟Unione Internazionale Superiore Generali (Uisg), si è rivolta al Presidente Bush per chiedergli di “accettare” l‟appello dei vescovi Usa contro l‟uso “preventivo” dell‟azione militare. In una lettera inviata da Roma in questi giorni, la Commissione fa proprie le preoccupazioni dei vescovi Usa e del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: “con loro, esprimiamo grave preoccupazione sulla moralità della invasione programmata, con il rischio di provocare un peggiore conflitto”. “Temiamo che una invasione dell‟Iraq possa creare una deplorevole polarizzazione religiosa, che potrebbe distruggere risultati preziosi del dialogo interreligioso. Temiamo inoltre che sia di stimolo per una rappresaglia contro la popolazione innocente dell‟Iraq e di paesi lontani”. L‟appello della Commissione prende come punto di partenza il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della Pace del Primo gennaio 2003 basato sull‟enciclica “Pacem in Terris” di Giovanni XXIII e definisce il Presidente Bush “come una delle persone di buona volontà a cui il Papa si rivolge”. “Rispettando il peso e la complessità delle vostre responsabilità – conclude il testo – noi ripetiamo le parole

155 di mons. Wilton Gregory (presidente dei vescovi Usa, ndr), che ha chiesto di fermare la preparazione di un‟invasione e avviare piuttosto una risposta globale e reale alla sfida dell‟Iraq che sia conforme ai tradizionali limiti morali dell‟uso della forza”. La lettera è firmata da suor Catherine Dolan, RSHM e da Josef Lapauw, CICM, i due Presidenti della Commissione stessa.

- I vescovi pakistani ISLAMABAD, 21 gen 03 - Un pressante appello “al Presidente Bush e a coloro che premono per la guerra a usare qualsiasi mezzo alternativo per risolvere il problema” e una dichiarazione di totale lealtà e solidarietà con i connazionali musulmani nel fare fronte alle conseguenze di un eventuale conflitto. Sono i due messaggi congiunti indirizzati dai leader cristiani del Pakistan, rispettivamente, al Presidente americano e ai cristiani pakistani per dire no ad una guerra “preventiva” contro l‟Iraq che rischia di destabilizzare la regione, provocare “una reazione globale di popoli che considerano l‟Iraq vittima di un‟aggressione” e “degenerare in un olocausto nucleare”. Nelle due lettere, firmate dall‟arcivescovo di Lahore, Mons. Lawrence John Saldanha e da Victor Azariah, Segretario generale del Consiglio delle Chiese del Pakistan, i leader cristiani pakistani si uniscono al Santo Padre e alle voci che si stanno levando sempre più numerose nella Chiesa e nel mondo contro un intervento militare in Iraq nelle attuali condizioni. Una guerra, annota il messaggio ai fedeli pakistani, che non è “una guerra contro il terrorismo internazionale, ma piuttosto un attacco contro un Stato sovrano”, che crea un precedente pericoloso nella comunità internazionale e sulle cui motivazioni crescono le perplessità negli stessi Stati Uniti e in Gran Bretagna. Nel mondo, afferma la lettera aperta al Presidente Bush, si chiede ad alta voce una "soluzione pacifica al problema" che passi attraverso il dialogo. Un aspetto di questo dialogo, aggiunge, "sarebbe di esaminare le cause della frustrazione che hanno portato al terrorismo". Non ultime le cause economiche, quelle che vedono "il 20 per cento della popolazione mondiale consumare l'80 per cento delle risorse" del pianeta. Ma anche cause politiche, come i conflitti irrisolti in Terra Santa o in Kashmir. Senza considerare che la guerra, come tutte le guerre, farà vittime soprattutto tra i civili, a dispetto degli "eufemismi semantici" come quello degli "attacchi chirurgici". Quel che è peggio, ammoniscono i leader cristiani pakistani, è che vi è la

156 forte probabilità che vengano usate armi biologiche e chimiche dalla parte perdente e che il conflitto si estenda oltre l'Iraq, con rappresaglie terroristiche che potranno raggiungere anche gli Stati Uniti. Di fronte alla prospettiva della guerra con le sue inevitabili ripercussioni interne in Pakistan, i leader cristiani esortano quindi i fedeli "ad affrontare il pericolo imminente con fede e coraggio cristiano" impegnandosi "ad essere agenti di pace e riconciliazione" e ribadiscono la totale lealtà della comunità cristiana pakistana alla Nazione.

- Il Consiglio Francescano internazionale e i vescovi indiani SAN PAOLO, 5 feb 03 - La Commissione di animazione del Consiglio Francescano internazionale per la giustizia, la pace e l‟integrità del Creato ha detto esplicitamente „no‟ alla guerra contro l‟Iraq. Riunita, nei giorni scorsi a San Paolo del Brasile, la commissione ha concordato con i “ pronunciamenti di Giovanni Paolo II e dei leader delle principali religioni del mondo”. “Pur riconoscendo gli eccessi dell‟attuale regime in Iraq – spiega una sua nota -, (...) tranne in caso di chiara aggressione da parte di Saddam Hussein, non crediamo che la guerra sia la risposta”. “Nello spirito di San Francesco, che salutava tutti con le parole „Possa il Signore darti la pace‟, preghiamo perché il nostro appello alla pace, che molti altri ripetono attraverso il mondo, sia ascoltato e seguito”. Un ulteriore no alla guerra è giunto anche dai vescovi indiani per i quali un conflitto armato contro un Paese come l‟Iraq sarebbe un colpo mortale e sfocerebbe sicuramente in una colossale tragedia. “Occorre che la comunità internazionale compia ogni sforzo - ha dichiarato monsignor Percival Fernandez, segretario generale della Conferenza episcopale indiana (Cbci) – per evitare questa tragedia e cerchi altre strade per una soluzione definitiva al problema della proliferazione delle armi”. Pur condannando severamente ogni forma di terrorismo “che viola i fondamentali diritti umani a vivere una vita libera e priva di paure”, la Cbci ha espresso il timore che il tentativo di porre fine alle attività ed alle organizzazioni terroristiche possa scatenare un conflitto armato di vaste proporzioni.

- I vescovi dell‘, del Giappone e delle Filippine JAKARTA/TOKYO/QUEZON CITY, 6 feb 03 - Ancora nuovi appelli dai vescovi asiatici contro la guerra in Iraq. In Indonesia, il Comitato permanente della Conferenza episcopale dell‟Indonesia ha indirizzato

157 nei giorni scorsi due lettere ai cattolici indonesiani e alla Conferenza episcopale irachena per esprimere l‟opposizione dei vescovi ad una guerra preventiva nel Golfo e ha indetto per la prossima domenica una giornata nazionale di preghiera per la pace. “L‟attenzione alle vittime e la posizione basata sulla fede espressa dal Vaticano e dalle Conferenze episcopali di Stati Uniti, Canada, Germania, Malesia, Singapore e Brunei ci spinge ad invitarvi tutti a pregare per la pace in Iraq e nell‟area”, si legge tra l‟altro nella prima lettera, firmata dal cardinale Julius Darmaatmadja e mons. Ignatius Suharyo, rispettivamente presidente e segretario generale della Conferenza episcopale indonesiana. Nella lettera all‟episcopato iracheno i vescovi esprimono la loro “profonda preoccupazione per il dolore e la sofferenza” del popolo iracheno e levano “preghiere di speranza, perché una nuova alba di pace possa regnare nel vostro Paese”, ricordando che “la guerra è contraria alla nostra fede nella sacralità della vita umana”. In Giappone, il vescovo ausiliare di Osaka, Mons. Goro Matsuura, nella sua qualità di presidente della Commissione episcopale della Giustizia e della Pace, ha indirizzato una lettera al Presidente Bush in cui lo esorta ad ascoltare le voci nel mondo che si oppongono ad “un‟invasione pianificata dell‟Iraq”. Dopo avere ribadito la solidarietà dei vescovi giapponesi con il popolo statunitense per gli attacchi terroristici dell‟11 settembre, il presule rileva come un‟azione militare contro l‟Iraq farebbe crescere rapidamente nel mondo i sentimenti anti-americani e aumentare i conflitti nel mondo. “Queste condizioni – osserva - sono lontane dalla pace”. Di qui il pressante appello ad “evitare questa guerra non necessaria e a cercare una soluzione pacifica al problema insieme alla comunità internazionale”. Dello stesso tenore l‟intervento del cardinale filippino Jaime Sin che in una lettera pastorale intitolata “Beati i Costruttori di Pace” esorta la Presidente Gloria Magacapal-Arroyo a non “appoggiare questa guerra ingiusta”.

- Il Presidente del CELAM SANTIAGO, 15 mar 03 – Il Presidente del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), mons. Jorge Jimenez, ha inviato una nota di apprezzamento per gli sforzi compiuti a sostegno della pace al presidente della Repubblica cilena Ricardo Lagos. Secondo il presule, infatti, Lagos si sta prodigando per evitare un eventuale conflitto in sede di Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Mercoledì scorso il

158 presidente cileno è intervenuto ad una riunione sull‟evangelizzazione delle grandi città tenutasi nella Casa per gli esercizi spirituali dei padri di Schöenstatt, a Santiago. Presenti oltre trenta vescovi, e tra questi otto cardinali, titolari delle più grandi aree urbane del continente. Mons. Jimenez ha ribadito nell‟occasione che l‟uso della forza deve rimanere la soluzione ultima e che l‟obiettivo del governo cileno deve avere due principali obiettivi: evitare la guerra e disarmare l‟Iraq. Sempre e comunque all‟interno di una decisione corale delle Nazioni Unite.

- I vescovi messicani CITTA‟ DEL MESSICO, 19 mar 03 – L‟arcivescovo di Città del Messico, card. ha reso noto che, qualora il governo optasse per la via del conflitto in Iraq, la Chiesa non sosterrà in alcun modo tale posizione. Intervistato al termine della messa domenicale, il porporato ha chiesto al presidente Fox a prendere una decisione, che prediliga la soluzione pacifica, in sede di Consiglio di Sicurezza dell‟Onu. “Solo attraverso il dialogo è possibile lavorare per il bene dell‟uomo e delle nazioni” ha detto l‟arcivescovo della capitale, sottolineando che “la soluzione bellica alimenterà nuovo terrorismo, per questo la Chiesa non può dare il suo avallo ad una decisione simile”. Il Card. Rivera Carrera ha ricordato, inoltre, che in più occasioni il popolo messicano si è espresso a favore della pace e che è volontà comune individuare soluzioni alternative all‟opzione bellica. Nel corso dell‟omelia, il primate ha colto l‟occasione per ricordare il suo predecessore, il card. Ernesto Corripio Ahumada, che oggi compirà 50 anni di vita sacerdotale.

La visita delle reliquie di Santa Teresa nel 2003 segno di una ―Parola di Dio‖ per l‘Iraq, afferma arcivescovo latino di Baghdad Jean Sleiman BAGHDAD, 14 feb 03 – La visita delle reliquie di Santa Teresa del Bambino Gesù è stato il segno di una “Parola di Dio” per l‟Iraq. Lo scrive ai confratelli carmelitani di tutto il mondo mons. Jean Sleiman, OCD, Arcivescovo di Baghdad dei Latini, raccontando gli effetti che durano ancora in queste settimane di paura, di una visita avvenuta oramai due mesi fa. Una visita ancora attuale perché “proclama la pace laddove abbondano le minacce di guerra”. “Se ci sarà la guerra. L‟affronteremo con grande serenità interiore”.

159 Mons. Sleiman riporta queste frasi pronunciate da diversi fedeli dopo il pellegrinaggio alle reliquie, per sottolineare l'effetto spirituale della presenza della santa e mistica. "Oggi e più che mai – osserva mons. Sleiman – i cristiani d'Iraq hanno bisogno di speranza. La loro vita, come quella dei loro compatrioti, negli ultimi decenni è stata segnata da sofferenze indicibili, accentuate dalle guerre, l'embargo e un avvenire incerto" e anche l'emigrazione è diventata "un'emorragia incontrollabile". Attraverso la santa, tutti i credenti possono riscoprire Dio come "amore e misericordia" e "Provvidenza e protezione nella situazione di disagio della gente".

Conferenza europea delle radio cristiane promuove un minuto di silenzio per la pace in Iraq PARIGI/KOENIGSTEIN, 25 mar 03 - Un minuto quotidiano di silenzio per la pace in Iraq. E‟ l‟invito rivolto alle emittenti membri dalla Conferenza europea delle radio cristiane (Cerc). Tutti i giorni alle 15.00 le 650 radio della Cerc interromperanno i programmi per invitare i loro 20 milioni di ascoltatori ad osservare un minuto di silenzio e raccoglimento. L‟iniziativa, spiega un comunicato di Rcf, la rete delle Radio cristiane di Francia, “traduce la volontà delle radio cristiane d‟Europa di esprimere la loro solidarietà e le loro preghiere per le vittime della guerra in Iraq, quali che esse siano”. Intanto anche l‟”Aiuto alla Chiesa che Soffre” (Aed), insieme a tutte le organizzazioni cattoliche e cristiane nel mondo, si sta mobilitando per venire in soccorso alla popolazione irachena vittima della guerra, in collaborazione con il Nunzio Apostolico a Bagdad, Mons. Fernando Filoni. L‟organizzazione benefica con sede a Koenigstein, in Germania, ha già messo a disposizione per l‟emergenza immediata 60mila euro. Gli aiuti saranno distribuiti direttamente dalla Chiesa locale. L‟Aed apporterà il suo sostegno finanziario anche nella fase della ricostruzione che inizierà dopo la fine delle operazioni militari.

Vescovi iracheni consacrano la Nazione al Cuore Immacolato di Maria BAGHDAD, 25 mar 03 – La nazione irachena è stata consacrata al Cuore Immacolato di Maria. La cerimonia ha avuto luogo, venerdì scorso, a Baghdad nella cattedrale caldea di San Giuseppe. E‟ stato infatti il patriarcato di Babilonia dei Caldei a patrocinare la consacrazione davanti alla statua di Nostra Signora di Francia Regina

160 della Pace. E‟ dal 1998 che questa statua è pellegrina nelle varie regioni dell‟Iraq. L‟iniziativa si deve al movimento di preghiera e di pace denominato “Madonne Pellegrine”. Sbocciato in Francia nel 1995, con 108 statue ed immagini mariane pellegrine di città in città, il movimento si è esteso in tutto il mondo. Si calcola che oggi siano 8 mila, in 120 nazioni, le statue e i quadri mariani intorno ai quali si prega. Alla consacrazione dell‟Iraq alla Vergine hanno partecipato vescovi cattolici ed ortodossi, numerosi sacerdoti, religiosi e religiose, domenicani soprattutto, ed alcuni fedeli. L‟atto è stato filmato e trasmesso da alcune emittenti televisive. Nonostante i bombardamenti in atto della capitale irachena, i pellegrinaggi della statuina mariana nelle varie chiese di Baghad continueranno nei prossimi giorni in segno di speranza.

Il Cardinale indiano Varkey Vithayathil chiede ―preghiere e digiuni per la rapida fine della guerra in Iraq‖ KOCHI, 27 mar 03 - “Preghiere e digiuni per la rapida fine della guerra in Iraq”. Li chiede il Cardinale Varkey Vithayathil, Presidente del Consiglio dei vescovi cattolici del Kerala, in India, in una nota in cui muove dure critiche all‟iniziativa militare anglo-americana. “Nessun problema umano, sociale ed economico – afferma il cardinale, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei siro- malabaresi, - è risolto con la guerra. Per cui nessun leader politico o religioso può far finta di ignorare la continua tragedia arrecata dall‟intervento in Iraq”, una guerra “ingiusta e immorale”. Nella nota il porporato esorta a pregare, in particolare, per i 4 milioni di connazionali che lavorano nel Golfo Persico (la metà proprio dal Kerala), una parte dei quali, come altri lavoratori stranieri, sono stati costretti a fare rientro in patria. Quella del Cardinale Vithayathil è solo una delle numerose voci dei leader cristiani asiatici levatesi in questa prima settimana di combattimenti per esprimere il proprio netto dissenso sulla guerra in corso nel Paese mediorientale. Il drammatico evolversi del conflitto è seguito con particolare attenzione e apprensione nei Paesi del continente, dove la Chiesa cattolica e le altre Chiese cristiane si sono mobilitate prima e dopo l‟inizio delle operazioni militari. Così dalla Tailandia, all‟India, al Pakistan, alle Filippine, al Vietnam, oltre naturalmente al Medio Oriente, si moltiplicano in queste ore gli appelli e le iniziative in ambito cattolico contro la guerra in. Per la pace in Iraq hanno pregato anche le Suore

161 Missionarie della Carità, riunite nei giorni scorsi a Calcutta per il loro VIII Capitolo generale che ha, tra l‟altro, confermato Suor Nirmala Joshi alla guida della Congregazione.

Dichiarazione dei leader religiosi del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente su guerra in Iraq BEIRUT, 28 mar 03 - “Non si può prevedere quale impatto avrà la decisione unilaterale americana per la guerra sulle Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali, la loro credibilità e la loro efficacia nella soluzione dei conflitti attraverso accordi negoziati. Saranno molto indebolite, verrà scossa la loro autorità e minacciata la loro stessa esistenza”. E‟ quanto affermano 19 leader religiosi del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente in una dichiarazione diffusa a Beirut nei giorni scorsi, a poche ore dall‟inizio delle operazioni militari in Iraq. Tra i firmatari del documento S.B. Nasrallah Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti e S.B. Stephanos II Gattas, Patriarca dei Copti cattolici. In esso i leader cristiani, esprimono tutto il loro disappunto per il fallimento degli sforzi per la pace “sostenuti da milioni di persone nel mondo”. “Le Chiese – ricordano – hanno condannato questa guerra come immorale () per il suo disprezzo dei principi della legalità internazionale, la sua ambivalenza verso i più basilari valori e diritti umani, le tragiche ripercussioni umane in Iraq e nel Medio Oriente e anche perché minaccia di aggravare le tensioni tra le religioni, avallando la falsa tesi di un‟inevitabile scontro di civiltà, religioni e culture”. I leader cristiani mediorientali rivolgono quindi un pressante appello, da un lato, alle organizzazioni cristiane ed umanitarie ad essere pronte ad intervenire in aiuto delle vittime dei combattimenti e, dall‟altro, ai fedeli e ai cittadini della regione all‟unità, alla solidarietà e alla coesistenza fraterna. Fondata nel 1962 il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente riunisce 27 denominazioni cristiane.

Il Cardinale Frédéric Etsou, arcivescovo di Kinshasa, su guerra in Iraq KINSHASA, 28 mar 03 - Anche dalla Chiesa in Africa, un continente dilaniato da guerre fratricide, si levano voci di ferma condanna contro l‟intervento militare in Iraq. Sul conflitto in corso in Medio Oriente è intervenuto il Cardinale Frédéric Etsou, arcivescovo di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. In un messaggio letto

162 personalmente alla radio diocesana, l‟arcivescovo ha sottolineato con forza che “la guerra è un male, soprattutto la guerra di aggressione è un male, un peccato”. Egli ha quindi ribadito che “Dio non vuole la guerra, perché non vuole la morte di nessuno. Vuole la vita, vuole la pace perché è il Dio della pace e il suo figlio Gesù Cristo risorto dai morti dice ai suoi discepoli e a tutti noi „la Pace sia con voi‟. Cristo dà la pace, una pace durevole”. Il Cardinale Etsou ha poi annunciato che sabato tutte le campane delle chiese di Kinshasa suoneranno per la pace ed ha chiesto ai sacerdoti e ai laici ai quali è affidata la cura di alcune parrocchie della capitale di invitare i fedeli a partecipare alle Messe e alle altre celebrazioni della Parola del mattino per pregare per la fine rapida del conflitto. “Un‟altra guerra che tutti temevamo è cominciata, ancora morti inutili e distruzioni materiali enormi per nulla – ha proseguito il porporato che ha mosso duri rimproveri a chi "ha invocato il nome di Dio per fare la guerra, mentre Dio dice: 'Non invocherai il nome del Signore tuo Dio per il male'".

La condanna dell‘intervento in Iraq del movimento ecumenico canadese Kairos, cui aderisce anche la CECC OTTAWA, 26 mar 03 - “Deploriamo la perdita di vite, la sofferenza umana e la distruzione ambientale che questo conflitto causerà e non crediamo che porterà la pace e la giustizia al popolo iracheno. La nostra fede in Dio ci spinge ad opporci a questa guerra ingiusta, non necessaria e distruttiva.” Con queste parole il movimento canadese Kairos, cui aderiscono tra gli altri la Conferenza episcopale canadese, la Conferenza dei religiosi del Canada e il Consiglio canadese delle Chiese, ha manifestato in una dichiarazione la sua ferma condanna dell‟iniziativa militare contro l‟Iraq. Nella dichiarazione viene espresso apprezzamento per il rifiuto del governo canadese di partecipare al conflitto “in quanto privo di una legittimazione internazionale”. In essa viene altresì ribadito l‟impegno delle Chiese ad aiutare il popolo iracheno nell‟immediato, ma anche nel dopo-guerra, un impegno, sottolinea da cui non potranno esimersi i Paesi che hanno inflitto questa distruzione. Analoghe parole di disappunto per la “tragica situazione” internazionale sono state espresse nei giorni scorsi dal Consiglio permanente dei vescovi canadesi che ha elogiato la posizione del governo del Paese.

163 Appello dell‘arcivescovo cattolico di Bassora, monsignor Gibrael Kassab per l‘emergenza umanitaria nella città BASSORA, 28 mar 03 - L‟arcivescovo cattolico di Bassora, monsignor Gibrael Kassab, ha lanciato un appello urgente attraverso la Caritas per l‟emergenza umanitaria nella città sotto assedio, nel timore di diffusione di malattie legate alla carenza di acqua potabile. "La mancanza di elettricità di questi giorni impedisce alla popolazione di attivare i sistemi di depurazione idrica – spiega alla MISNA Hanno Schaefer, coordinatore della Rete Caritas da Amman, in Giordania – e attualmente circa il 40 per cento degli abitanti di Bassora ha accesso all‟acqua potabile. Il rischio riguarda soprattutto i bambini: "Sono già denutriti e sottopeso – ha aggiunto – e sono esposti al rischio di malattie come la dissenteria, derivanti dall‟utilizzo di acqua non potabile". La Croce rossa è riuscita fino ad ora ad riattivare tre generatori per la produzione di energia elettrica che permettono di attivare gli impianti di depurazione dell‟acqua. Da La Caritas ha risposto all‟accorata richiesta del capo della chiesa cattolica locale e ha inviato dalla Giordania un carico di tavolette al cloro in grado di depurare oltre 1 milione e mezzo di litri di acqua, pari al fabbisogno di un giorno per 100mila persone.

Gli aiuti di emergenza della Caritas per l‘Iraq BAGHDAD, 28 mar 03 - Con il supporto dell'ufficio di coordinamento della Caritas Iraq ad Amman (Giordania) che si mantiene in contatto con i14 Centri Caritas in Iraq, sono stati messi a disposizione della popolazione irachena i primi aiuti di emergenza. Su richiesta dell'Arcivescovo di Bassorah, Mons. Gibrael Kassab sono stati forniti alla popolazione della città al sud dell'Iraq medicine e kit di pronto soccorso e una prima fornitura di compresse di cloro per la depurazione dell'acqua. Anche a Baghdad i collaboratori della Caritas continuano il loro lavoro nonostante i bombardamenti. Come riferisce l'Arcivescovo cattolico di Baghdad, mons. Jean Benjamin Abi Sulaiman, le chiese della città sono aperte a cristiani e musulmani in cerca di rifugio. Gli aiuti a disposizione dei Centri della Caritas Irak (medicine, ambulanze, compresse per la depurazione dell'acqua, generatori per la corrente, coperte e vestiti) saranno sufficienti per circa due o tre settimane. Caritas Irak è stata fondata nel 1992 e fa parte di Caritas Internationalis le cui 154 agenzie lavorano in più di 200 paesi.Nonostante l'attuale chiusura delle frontiere dei Paesi vicini,

164 sono in corso i preparativi per accogliere i rifugiati iracheni ed evitare così una catastrofe umanitaria. Nei campi di accoglienza dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) in Giordania si aspettano fino a 95 mila rifugiati. Anche i vescovi giordani metteranno a disposizione le loro strutture per i rifugiati. In Siria, secondo prime stime, nelle scorse settimane sono arrivati circa 40 mila cittadini iracheni che vengono assistiti da Caritas Siria. Gli uffici delle Nazioni Unite non sono ancora in grado di registrare questi rifugiati che attualmente si trovano nel paese come clandestini. Secondo la "Anatolian Development Foundation" che collabora con Caritas Turchia, alla frontiera fra Iraq e Turchia sono accampati in condizioni precarie altri 40 mila rifugiati iracheni che vengono respinti dai militari turchi. Intanto l'Organizzazione di Diritto pontificio "Aiuto alla Chiesa che soffre" ha messo a disposizione della Nunziatura Apostolica di Baghdad i primi aiuti per circa 20.000 euro.

I vescovi polacchi su intervento in Iraq VARSAVIA, 4 apr 03 - La partecipazione di un contingente delle forze speciali polacche alla guerra in Iraq divide l‟episcopato in Polonia. In un‟intervista all‟agenzia cattolica polacca Kai, il Cardinale arcivescovo di Cracovia Franciszek Macharschi ha rilevato come dall‟11 settembre “l‟umanità si senta ferita”, ma “che la guerra non può in alcun caso essere un mezzo per arrivare alla pace”. “Dobbiamo difenderci dall‟odio e dalla barbarie che sono più contagiosi delle attuali epidemie”, ha ammonito il cardinale, che ha anche sottolineato che se “non ha senso cercare un colpevole della guerra in Iraq”, “nessuno dovrebbe restare indifferente al conflitto”. Sulla stessa linea Mons. Smigielski, vescovo di Sosnoviec, per il quale “la guerra non è degna di uomini civili”. Diverso invece il giudizio di un altro autorevole esponente della Chiesa polacca, Mons. Tadeusz Pieronek, Rettore della Pontificia Accademia Teologica di Cracovia, per il quale politici democraticamente eletti hanno il dovere “di difendere dalle minacce”. “Da un punto di vista morale – ha dichiarato il vescovo al quotidiano “Gazeta Wyborcza” - anche se una sola persona giusta muore la guerra è un male. Tuttavia se c‟è una reale minaccia da armi chimiche, biologiche e di distruzione di massa e queste sono nelle mani di persone che le hanno già usate, questo ci minaccia tutti”. Dello stesso tenore l‟opinione espressa da Mons. Zycinsky, vescovo di

165 Lublino, che ha ricordato come la condotta del dittatore iracheno abbia dimostrato l‟illusorietà di una soluzione pacifica.

Inizia nuovo esodo di cristiani dall‘Iraq NINIVE, 9 apr 03 - Sono oltre 10mila i cristiani di Baghdad rifugiatisi nella città di Ninive nel nord dell'Iraq, poco distante da Mosul. Lo riferiscono fonti della Chiesa locale contattate dall'Agenzia Fides. "La città conta circa 25mila abitanti e con l'aggiunta di altri 10mila, oltre a quelli che continuano ad arrivare – spiega la fonte -, la situazione umanitaria peggiora di ora in ora. La città che è abitata essenzialmente da cristiani, ha poche riserve di cibo e medicinali e tutti gli abitanti stanno raccogliendo viveri e generi di prima necessità per gli sfollati. È un momento difficile ma la solidarietà è molto forte.".

L‘arcivescovo latino di Baghdad, Jean Benjamin Sleiman, su emergenza umanitaria BAGHDAD, 12 apr 03 - Dagli ultimi contatti risulta che tutti i collaboratori dei vari uffici Caritas Iraq sono illesi, e non sono stati registrati danni agli edifici della Caritas né agli edifici ecclesiastici. Secondo quanto riferisce Hanno Schäfer, responsabile della Caritas nella capitale irachena, sia i centri Caritas che le parrocchie ospitano molte persone alla ricerca di un posto sicuro. I saccheggi avvengono ormai anche nei quartieri residenziali di Baghdad, e queste persone non vogliono lasciare i rifugi di fortuna per paura del caos che domina la città. La situazione umanitaria è ormai critica: in seguito al numero crescente di persone ferite anche l'assistenza di base non sempre può essere garantita. La Caritas sta fornendo antibiotici e anestetici dai depositi dell'ufficio di Amman in Giordania. L'arcivescovo latino di Baghdad, mons. Jean Benjamin Sleiman, dice che a Bassorah, nel sud dell'Iraq, c'è costante bisogno di compresse di cloro per la depurazione dell'acqua. Ad una prima fornitura stanno seguendo altri trasporti organizzati dall'uffico Caritas di Amman per garantire l'approvvigionamento con acqua pulita alla popolazione duramente provata. Anche nel nord dell'Iraq la situazione rimane tesa. A causa dei continui nuovi arrivi di rifugiati interni, ormai è particolarmente difficile garantire l'approvvigionamento per queste persone, visto che anche le risorse delle famiglie che li ospitano si stanno esaurendo. La Caritas ha fornito coperte e cherosene, dal momento che in queste regioni montuose il freddo è intenso.

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Prima Pasqua di guerra in Iraq BAGHDAD, 25 apr „03 – Nessun danno all‟orfanotrofio delle Missionarie della Carità a Baghdad. Lo ha confermato l‟ambasciatore indiano nella capitale irachena, secondo il quale anche le quattro religiose sono salve e proseguono nella loro opera di assistenza e aiuto per i 20 ragazzi dell‟istituto. Le notizie fornite dal diplomatico rappresentano l‟unico contatto dell‟ultimo mese: infatti l‟ultima comunicazione delle religiose con la Casa generale risale al 19 marzo quando venne reso noto che le suore di Madre Teresa avevano deciso di restare a Baghdad. Con il passare dei giorni, inoltre, si apprendono altri particolari sulla situazione. La Pasqua, ad esempio, è stata festeggiata dalla comunità cattolica ed è trascorsa in maniera relativamente tranquilla, come ha confermato all‟agenzia “Vidimus Dominum” Mons. Sleiman, vescovo di Baghdad dei Latini. Si è trattato – ha detto – di una “Pasqua di speranza” e “non ancora di una Pasqua di pace”. La celebrazione è avvenuta alla presenza di diversi soldati statunitensi. Intanto, alla mobilitazione delle Chiese nel mondo a sostegno del popolo iracheno, si è unita anche la Provincia dei Frati Minori Conventuali della Corea del Sud. In una lettera alla Congregazione, il Provinciale della Corea del Sud, padre Filippo Park, annuncia che la Provincia coreana ha deciso di inviare un religioso in Iraq, mentre è in corso una colletta per comprare i medicinali che sono più urgenti al momento. Nella lettera padre Park esorta quindi i confratelli a gesti concreti di solidarietà con il popolo iracheno, aderendo attivamente all'iniziativa necessaria per uscire dall'indifferenza e dalla passività. Ma sottolinea anche che oltre all'aiuto materiale, è altrettanto necessaria la preghiera. "Abbiamo voluto portare ciò a vostra conoscenza – scrive il Provinciale alla Congregazione - e ringrazieremmo tanto quanti volessero aderire a questa nostra iniziativa. Ricapitolando, il metodo di adesione è duplice: la preghiera e colletta per comperare medicinali".

La campagna dell‘ACS per le vittime della guerra in Iraq SANTIAGO, 10 giu 06 – Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) ha reso noto che la campagna a sostegno delle vittime della guerra in Iraq procede a passo spedito e “grazie alla straordinaria generosità del popolo cileno, è stato possibile inviare sul posto medicinali e generi di prima necessità”. Il due giugno scorso l‟Acs ha inviato suoi rappresentanti a

167 Baghdad e a Mosul per un incontro con la squadra cattolica che lavora sul posto. Il Direttore del Dipartimento per i progetti, Helmut Steindl, e la responsabile dell‟area medio orientale, Marie-Ange Siebrecht, si sono incontrati con il Nunzio apostolico in Iraq, mons. Fernando Filoni, che, come è noto, non si è mai allontanato dal paese durante il conflitto. “Abbiamo voluto esprimere la solidarietà di Aiuto alla Chiesa che Soffre e dei tanti benefattori nei confronti dei fratelli cristiani che patiscono gli effetti della guerra. Attraverso la visita si è cercato di individuare le strade migliori per sostenere questa gente” hanno spiegato i due esponenti di Acs. L‟organismo è al fianco della minoranza cristiana irachena, stimata attorno al 3 per cento della popolazione, fin dal 1998.

I cristiani iracheni per la prima volta a convegno dopo la caduta di Saddam Hussein KOSINJAK, 23 set 03 - I cristiani iracheni per la prima volta a convegno dopo la caduta di Saddam Hussein. Si è aperto infatti, nella città Kosinjak che è vicina del Arbil nel Kurdistan iracheno il primo convegno cristiano, della durata di 5 giorni. Vi partecipano cristiani di tutte le regioni dell‟Iraq e rappresentati delle comunità cristiane di Egitto, Giordania e Libano. Il convegno è stato organizzato dalla Chiesa di Egitto (Dobar), la più grande comunità cattolica del medio Oriente. Kosinjak è stata scelta per la posizione sicura e tranquilla. Al convegno sono anche presenti come osservatori alcuni rappresentanti del governo della zona autonoma curda. Lo scopo del convegno è la ricerca della pace e della convivenza di tutti gli iracheni di qualunque religione ed etnia, cristiani e musulmani, arabi e curdi, turcomanni e armeni. I partecipanti hanno condannato le persecuzioni del regime di Saddam Hussein contro il popolo iracheno. L'arcivescovo caldeo di Arbil, Yacoub Denha Scher, ha parlato sulla convivenza con i musulmani, e ha ringraziato i curdi musulmani per la pacifica convivenza durante i tempi difficili dell‟embargo e della guerra.

Si susseguono atti di intimidazione contro cristiani da parte di gruppi di fondamentalisti islamici MOSUL, 11 ott 03 – C‟è allarme nella comunità cattolica di rito caldeo in Iraq: si susseguono atti di intimidazione contro cristiani da parte di gruppi di fondamentalisti islamici e la comunità teme la risorgenza

168 dell‟estremismo violento in questa fase di ricostruzione del paese. L‟ultimo episodio che ha seminato scompiglio e preoccupazione è avvenuto all‟inizio di ottobre a Mosul, nel Nord Iraq, dove un fedele caldeo è stato ucciso nel suo negozio, attaccato da una granata. Si chiamava Safa Sabah Khoshi, ed era proprietario di un negozio di generi alimentari e alcolici. Nell'esplosione è rimasto ucciso, mentre suo cugino Meyaser karim Khoshi è gravemente ferito. Commentando il grave episodio, padre Nizar Seeman, sacerdote caldeo di Karakosh, villaggio nei pressi di Mosul, ha dichiarato all‟Agenzia Fides: “Noi cristiani siamo preoccupati per la crescita del fondamentalismo islamico, specialmente nella zona di Mosul. E‟ un fenomeno presente fra i musulmani sciiti ma anche fra i sunniti, dove si fa strada la corrente wahabita finanziata dall‟Arabia Saudita, che fa presa soprattutto sui giovani disoccupati, che diventano facile preda di questi movimenti estremisti”. “E‟ una situazione inaccettabile. Finche il governo provvisorio tollererà questi atti, i caldei saranno oggetto di attacchi e moriranno molti innocenti. Mentre i gruppi musulmani intendono imporre con la forza la loro visione fondamentalista dell‟Islam, noi cristiani vogliamo costruire un nuovo Iraq laico e secolare, in cui ci sia spazio per tutti e nessuno sia discriminato o perseguitato a causa della sua fede", afferma all'Agenzia Fides un'altra fonte della Chiesa caldea in Iraq. Il fondamentalismo, spiegano le fonti, è cresciuto all'indomani della caduta del regime dispotico di Saddam Hussein, prendendo, ad esempio, di mira i venditori di liquori, con intimidazioni e minacce. Bere o vendere alcol infatti è proibito dalla fede islamica ma no è vietato dalla legge civile irachena. La comunità caldea è molto attiva e laboriosa e, dopo la caduta del regime, ha avviato negozi di artigianato, attività commerciali, piccoli alberghi: questa laboriosità viene mal sopportata da molti musulmani. Per questo nei mesi scorsi i cattolici caldei sono stati vittime di diversi attacchi: nel maggio 2003 a Bassora due venditori di alcolici sono stati uccisi nei loro esercizi commerciali, e pochi giorni dopo altri due cristiani hanno perso la vita a Baghdad, dove alcun depositi di alcolici sono stati distrutti. Eppure la comunità caldea non viola le leggi vigenti nel paese, e inoltre aiuta molta gente attraverso le parrocchie caldee a cui i fedeli versano regolari contributi. Le chiese cristiane infatti, con la loro rete Caritas, assistono molte famiglie musulmane nei quartieri poveri delle città irachene, in tutto il paese.

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Cristiani iracheni spaventati da clima di insicurezza e violenza, afferma mons. Sleiman BEIRUT, 30 ott 03 - I cristiani in Iraq si sentono liberi di praticare la loro fede e di partecipare alle messe, ma l‟attuale clima di insicurezza e violenza li spaventa. Lo afferma Mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei Latini, in un‟intervista rilasciata a Beirut all‟agenzia Cns. “Penso che molti cristiani iracheni sognino di partire”, anche se ora è più difficile, rileva il presule di origine libanese, “ma questo paese non può fare a meno del cristianesimo, altrimenti sarebbe un deserto”. “Il Medio Oriente e altri paesi hanno bisogno di Cristo ora più che mai”, aggiunge. Dalla fine della guerra, spiega, la Chiesa è diventata un punto di riferimento per gli iracheni che si rivolgono ad essa per cibo e lavoro: adesso deve quindi dare più aiuto “non solo spirituale, ma anche sociale ed economico”. Parlando dell‟attuale situazione politica in Iraq, mons. Sleiman spiega che il principale problema è l‟insicurezza e l‟anarchia che hanno sopraffatto la riconquistata libertà. Gli iracheni, dice, vivono oggi “in un vuoto politico”. Mancano ancora vere e proprie forze di polizia, tribunali e tutte le istituzioni vitali per uno stato, una situazione, osserva, molto “pericolosa” per una società. L‟intervista si conclude comunque con una nota di ottimismo: nonostante le attuali difficoltà, afferma il presule, “dobbiamo restare ottimisti. La situazione deve migliorare” e “se il nuovo Iraq rispetterà i diritti umani, tutti si sentiranno più liberi e protetti”.

Si intensifica la pressione dell‘estremismo islamico sulla comunità cristiana di Mosul BAGHDAD, 19 dic 03 - Si intensifica la pressione dell‟estremismo islamico sulla comunità cristiana di Mosul, nel nord Iraq. Secondo fonti dell‟agenzia Fides, la settimana scorsa, un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione di notte nella sede del Patriarcato Caldeo di Mosul. Gli assalitori non hanno commesso atti violenti, ma hanno minacciato i presenti. L‟episodio si aggiunge ad una lunga serie di atti intimidatori, tra le quali lettere minatorie fatte scivolare sotto la porta del Vescovato Caldeo. Le missive minacciavano di morte i cristiani se non si fossero convertiti all‟Islam. Alcune di queste invitavano a telefonare ad un numero di telefono, dove una voce registrate continuava a invitare alla conversione o a morire. I leader religiosi

170 cristiani hanno lanciato un appello ai cittadini di Mosul perché gli estremisti siano isolati dal resto della popolazione. Come spiega all‟agenzia Fides una fonte locale, “È l‟unica strada percorribile”, perché se si chiede la protezione delle truppe americane si rischia “di attizzare ancora di più l‟odio degli estremisti e di essere visti come dei traditori dell‟Iraq. “Grazie a Dio” - continua la fonte - abbiamo un buon rapporto con i capi musulmani. Ci siamo rivolti a loro perché non prevalga una visione estremista della religione e sia possibile continuare a vivere in pace l‟uno accanto all‟altro. Il senso del nostro messaggio a tutti gli abitanti di Mosul, è proprio questo: non permettete ad una minoranza di estremisti di danneggiare l‟immagine secolare di tolleranza religioso e di convivenza pacifica della città”.

Partiti cristiani chiedono una equa rappresentanza di tutte le minoranze etniche e religiose nel futuro governo iracheno BAGHDAD, 17 feb 04 - Nel corso di un convegno, tenutosi ieri a Baghdad, 5 partiti di ispirazione cristiana, composti da caldei cattolici, da assiri ortodossi, da armeni e da siriaci, hanno chiesto “equa rappresentanza di tutte le minoranze etniche e religiose”, nel futuro governo iracheno. Al convegno hanno partecipato esponenti delle più potenti tribù irachene, oltre ad alcune personalità religiose delle comunità sunnite e sciite. I partecipanti hanno sottolineato che sulla questione delle elezioni e del futuro assetto politico del paese, è necessario un compromesso che rispecchi la volontà di tutte le componenti del mosaico iracheno. I cristiani sono preoccupati che in un futuro assetto del paese, maggioranze etniche o religiose soffochino le minoranze. Per questo, alla fine del convegno, i partiti cristiani hanno chiesto di poter essere presenti nel futuro parlamento e nel futuro governo transitorio, che sarà varato dopo il passaggio dei poteri da parte della coalizione, nel prossimo 30 giugno.

La presenza dei religiosi in Iraq ―è una questione di amore, solo amore‖, afferma presidete dell‘USG ROMA, 8 lug 04 - Le parole di Mons. Pierre Claverie, vescovo di Orano, pronunciate nel 1996 dopo l‟assassinio per mano dei fondamentalisti islamici dei sette monaci trappisti ad Algeri, possono senz‟altro venire riprese e adattate al significato dell‟impegno della vita consacrata di oggi in Iraq. Lo rileva fratel Alvaro Rodriguez Echeverria, Presidente della Unione Superiori Generali (Usg), nella

171 lettera inviata ai religiosi oggi operanti in Iraq. “Noi – rilevò Mons. Claverie riferendosi ai sette martiri – non abbiamo interessi da salvaguardare o un‟influenza da preservare. Neppure siamo spinti da motivazioni masochistiche o suicide. Non cerchiamo potere. Rimaniamo in come fratelli accanto agli altri, offrendo un aiuto in piena amicizia”. Ed è un atteggiamento radicato nella fede in Cristo, “nuovamente crocifisso nella carne di migliaia di innocenti”. Proprio “la forza, la vitalità, la speranza, i frutti della Chiesa”, osservava il vescovo domenicano, provengono da questo atteggiamento di vicinanza e di compassione verso coloro che soffrono, radicato a sua volta nel sacrificio di Cristo. Riprendendo queste parole, fratel Alvaro Rodriguez aggiunge – rivolto ai religiosi in Iraq – che “voi anche siete un avamposto del nostro Messia crocifisso”. La presenza nel Paese arabo dunque “è una questione di amore, solo amore, e di una passione che come quella di Gesù vi offre la possibilità di creare spazi di vita per i piccoli gruppi di cristiani, per i quali la vostra presenza è indispensabile e di conforto, ma anche per tutti gli iracheni, senza guardare alle differenze religiose o etniche”.

―I problemi dei cristiani che vivono in Iraq sono gli stessi di tutta la popolazione irachena‖, afferma Nuzio apostolico Filoni BAGHDAD, 23 lug 04 - "I problemi dei cristiani che vivono in Iraq sono gli stessi di tutta la popolazione irachena. La cosa più urgente per tutti resta il ripristino della sicurezza". E' il pensiero del nunzio apostolico in Giordania e Iraq, mons. Fernando Filoni, per il quale i recenti attentati di cui sono stati vittime negozi di alcoolici, solitamente gestiti da cristiani, "non sono riconducibili a vera e propria intolleranza religiosa ma ad episodi di delinquenza frutto più che altro di mancanza di sicurezza". "I problemi più gravi da risolvere adesso – dice mons. Filoni – sono proprio quelli della sicurezza e del lavoro. Si può dire che quasi tutte le famiglie qui hanno avuto feriti e morti e si confrontano con problemi seri quali la mancanza di acqua e di elettricità che non consentono la normalizzazione del Paese. Senza dimenticare che molti hanno avuto la loro abitazione danneggiata se non distrutta". Per aiutare l'Iraq, ha concluso il Nunzio, "la Chiesa ha fatto e sta facendo molto con una serie di programmi di assistenza e di solidarietà ma ripeto, la cosa più urgente è ripristinare la sicurezza. Se c'è questa, c'è elettricità, se c'è l'elettricità c'è il lavoro e dunque la ricostruzione dell'Iraq. È chiaro che nella situazione in cui si dibatte

172 questo Paese, dove tutto è insicuro, qualsiasi ci si metta a fare viene boicottata e rovinata. Per rinascere l'Iraq ha bisogno di sicurezza".

Due attentati terroristici vicino a chiese cristiane nel quartiere di Doura a Baghdad BAGHDAD, 9 nov 04 – Due attentati terroristici sono avvenuti nel tardo pomeriggio di ieri vicino ad altrettante chiese cristiane nel quartiere di Doura a Baghdad. Le chiese sono una di rito siro- ortodosso e l‟altra degli assiri-nestoriani, due dei gruppi cristiani dell‟Iraq, minoritari rispetto ai caldei. Gli attentati sono stati confermati dal nunzio apostolico in Iraq, monsignor Fernando Filoni. Stando alle poche informazioni raccolte finora dal nunzio, due esplosioni – una apparentemente provocata da un‟autobomba, l‟altra forse da un ordigno – hanno danneggiato seriamente la chiesa dei siro-ortodossi, senza tuttavia provocare vittime all‟interno, e la casa delle „Piccole sorelle di Gesù‟ di Charles de Foucault. Pochi dettagli invece sulla deflagrazione avvenuta vicino alla chiesa degli assiri- nestoriani. Secondo fonti sanitarie irachene i due attentati avrebbero provocato 3 morti e una quarantina di feriti. “Non sono in grado di confermare questo bilancio – ha detto mons. Filoni -. Abbiamo appreso che all‟interno delle due chiese non ci sono comunque state vittime, ma non possiamo escludere che vi possano essere nei dintorni”. I due attentati terroristici vanno ad aggiungersi agli altri cinque, nel solo mese di ottobre, contro altrettante chiese, e agli altri dei mesi precedenti. Ad agosto i morti furono 11. Recentemente una suora domenicana in Iraq scriveva alla sua superiora che “molte chiese e conventi sono minacciati dopo il 4 agosto, quando delle chiese sono state bombardate (6 a Baghdad e a Mossul). Queste minacce, in un certo senso, limitano la nostra attività. Nelle celebrazioni e nelle preghiere ci ricorderemo di tutte le vittime dell‟11 settembre negli Stati Uniti e delle vittime in Iraq”.

50° anniversario della missione delle Piccole Sorelle di Gesù in Iraq BAGHDAD, 14 giu 05 Nel nord dell'Iraq e a Baghdad sono in corso i festeggiamenti per il 50esimo anniversario della missione delle Piccole sorelle di Gesù nel Paese. Le celebrazioni, che prevedono diversi eventi, si chiuderanno a fine luglio.

173 A Mosul, l'arcivescovo siro-cattolico, Georges Casmoussa, e quello siro-caldeo, , hanno concelebrato l'Eucaristia nel monastero di San Giorgio. Dopo la celebrazione, è stata inaugurata una mostra fotografica dedicata alla presenza delle suore di Charles de Foucauld non solo in Iraq ma in tutto il mondo. Fondatrice dell‟ordine, nel 1939, è Magdeleine Hutin, la quale desiderava seguire i passi di de Foucauld soprattutto in Africa del nord. Suor Najeeba Jesus, che vive a Mosul, racconta la storia di questa costante presenza di missione cattolica in Iraq. “Quando la piccola sorella Magdeleine è venuta a conoscenza di cristiani in Medio Oriente, che vivevano fianco a fianco con i fratelli musulmani in un unico Paese, ha sentito nel suo cuore il desiderio di andare da loro”. “Dopo aver visitato Libano, Palestina Siria, è venuta in Iraq due volte, nel 1952 e nel 1954; qui l‟ha accolta l‟allora patriarca caldeo Mar Yousif Ghaneema”. “Nel 1955 – continua suor Najeeba Jesus - Magdeleine manda 2 suore a Aqra, nella regione di Nineveh, dove cristiani e curdi vivono insieme. Le Piccole Sorelle aprono così il loro primo convento, conducendo una vita semplice e umile”. Le Piccole Sorelle di Gesù hanno continuato a scegliere di essere presenti laddove ci sono povertà, emarginazione e violenza. L'ordine conta oggi oltre 1.300 suore. Di queste, 18 sono irachene, ma solo 9 si trovano in Iraq, le altre lavorano in Libano, in Italia e in Francia. L'ordine è presente anche in Afghanistan, dove dal 1994 al 2002 è stata l'unica presenza cattolica.

Nuova iniziativa per l‘Iraq dell‘organismo della Chiesa canadese Sviluppo e Pace MONTREAL, 21 gen 06 - Dopo due anni di assiduo lavoro a favore della popolazione irachena, l‟organismo di solidarietà internazionale della Chiesa canadese “Sviluppo e pace” lancia un nuovo vasto progetto di promozione della pace in Iraq e nella regione. Realizzato grazie a un finanziamento di 1,7 milioni di dollari dell'Agenzia canadese per lo sviluppo internazionale (Acdi), il progetto è rivolto ai giovani di tutte le comunità irachene e a una quindicina di ong locali impegnate nell'opera di pacificazione dell'Iraq. Le organizzazioni civili locali sono infatti in prima linea nell'assistenza alla popolazione e nell'opera di ricostruzione del tessuto sociale iracheno da cui dipende la possibilità di una effettiva democratizzazione del paese. Il progetto

174 si propone di dare un ulteriore concreto sostegno a tale processo, offrendo una specifica formazione ai membri di queste ong. Tre sono, in particolare, gli obiettivi: rendere più efficace la loro azione per la risoluzione pacifica dei conflitti e lo sviluppo sociale, sostenere iniziative di sviluppo democratico in tutto il paese, sviluppare la capacità di mobilitazione dei giovani favorendo il dialogo e la creazione di una rete pacifista in Iraq e nei Paesi vicini. Al progetto collabora il "Forum per lo sviluppo, la cultura e il dialogo”, una ong araba con sede a Beirut attivamente impegnata nel campo della promozione della pace in Medio Oriente. La nuova iniziativa di “Sviluppo e pace” è un ulteriore tappa del suo vasto programma di aiuti alla ricostruzione dell'Iraq lanciato nel novembre 2003. Grazie alle generose offerte dei cittadini canadesi, essa è riuscita a realizzare nel paese 18 progetti, che si aggiungono agli oltre 300 progetti di sviluppo a lungo termine realizzati nel sud del mondo.

Mons. Sleiman su nuovi attacchi a chiese cristiane BAGHDAD, 31 gen. - “Abbiamo vissuto un giorno molto brutto e reso più confuso da notizie che in qualche modo si stanno rivelando non fondate. Non ho conferma di chiese di Baghdad attaccate in quanto luoghi di culto cristiano. So di esplosioni in vie in cui ci sono anche delle chiese. E so che c‟è stata una deflagrazione in un ristorante molto vicino alla nunziatura apostolica”. Lo ha dichiarato il patriarca latino di Baghdad, mons. Jean Benjamin Sleiman commentando la notizia che, domenica scorsa, a Baghdad e a Kirkurk erano state attaccate, rispettivamente, le chiese di San Giuseppe, e di Santa Maria. “Di Kirkurk non ho notizie – ha detto ieri mons. Sleiman -, ma da quello che sento stamattina qui in città invece che di attacchi a chiese si parla di esplosioni nei pressi di luoghi cristiani. C‟è molto subbuglio per la ripresa del processo a Saddam e questo ha coinciso con una certa recrudescenza di attentati dinamitardi e rappresaglie. Ma non credo che ciò riguardi la comunità cristiana e cattolica irachena. Per esempio non ho notizie certe su attacchi diretti ad una chiesa di San Giuseppe. Qui ce ne sono tre e nessuna ha avuto danni”. “Viviamo in un clima di paura e di confusione – ha concluso – ma escludo ogni contrasto con la minoranza cristiana che da sempre è impegnata a dare all‟Iraq un futuro di pace, sicurezza e stabilità. Se i cristiani dovessero lasciare questo Paese sarebbe un danno

175 inimmaginabile per tutto il popolo iracheno”. In Iraq attualmente vive una comunità di circa 800mila cristiani suddivisi in vari riti e confessioni.

Vigilanza fuori dalle chiese di Baghdad per i riti della Settimana Santa 2006 BAGHDAD, 12 apr 06 - Ci saranno anche dei giovani disarmati a vigilare, insieme alle forze dell‟ordine, le chiese cattoliche durante le celebrazioni, a Baghdad, del triduo pasquale. "In questo modo – dice al Sir il vescovo caldeo ausiliare di Baghdad. Mons. – vogliamo trasmettere tranquillità e dare un segno di pace in questo tempo privilegiato di preghiera e raccoglimento". "I nostri giovani collaboreranno a segnalare persone non conosciute dalla comunità o autovetture sospette che intendono fermarsi davanti i luoghi di culto". "La Settimana Santa – dichiara il vescovo – si è aperta domenica scorsa con la processione delle Palme. Le chiese erano colme di fedeli e il tutto si è svolto senza problemi di sicurezza. Adesso ci attende il triduo pasquale ma abbiamo grande fede in Dio che tutto possa andare per il meglio senza problemi. Questa Pasqua – aggiunge l'ausiliare di Baghdad – sarà inoltre caratterizzata dalla processione dentro la cattedrale durante la quale sarà proclamata la Resurrezione del Cristo e poco prima della Messa sarà letta una preghiera della pace. La Resurrezione di Cristo sia auspicio di rinnovamento per tutto l‟Iraq e speranza di sicurezza e di pace".

Non si arresta esodo cristiani dall‘Iraq LONDRA, 4 ago 06 - Non si arresta l‟esodo dei cristiani dall‟Iraq, dove la guerra civile continua a mietere le sue vittime quotidiane. A confermarlo nei giorni scorsi alla sezione inglese dell‟ “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (Acs) è stato il vescovo ausiliare caldeo di Baghdad Andreos Abouna. In questi tre anni, ha riferito il presule che tiene aggiornata l‟organizzazione caritativa sull‟evoluzione della situazione religiosa nel Paese, la popolazione cristiana si è quasi dimezzata: dal milione circa di fedeli (poco meno del 4% della popolazione irachena) presente prima dell‟inizio della guerra nel 2003 si è oggi passati ad appena 600mila. In particolare, i cattolici di rito caldeo, la comunità cristiana più numerosa in Iraq, sono oggi meno di 500mila contro gli 800mila di tre anni fa. La maggior parte si riversa sui Paesi vicini: Turchia, Siria e Giordania.

176 Secondo mons. Abouna difficilmente faranno rientro in patria: anche se la comunità cristiana non è più esposta delle altre agli attentati e agli attacchi, essa si sente sempre pi¨ vulnerabile e insicura e chi pu= va via, lasciando indietro chi non ha i mezzi per farlo. Questi del resto sono i sentimenti prevalenti in tutta la popolazione irachena, esacerbata dalle violenze e dalla mancanza di sicurezza e di fiducia in un processo che doveva creare una nuova era di pace, democrazia e legalità “La costituzione e gli sviluppi politici di questi ultimi 18 mesi - ha detto mons. Abouna - in concreto non hanno aiutato per nulla”.

Non si placa il calvario della comunità cristiana in Iraq MOSUL, 16 gen ‟07 – Non si placa il calvario della comunità cristiana di Mosul in Iraq. Il 2007 si è aperto con un‟escalation di minacce e uccisioni. La cronaca di queste ultime due settiimane parla ancora di di rapimenti, intimidazioni e assassini. Gli ultimi due episodi risalgono a pochi giorni fa. Alcuni cristiani del luogo raccontano AD Asianews che lo scorso 9 gennaio la giovane segretaria di una clinica medica di Mosul è stata uccisa senza motivo apparente, mentre stava rientrando a caso nella piccola cittadina di Bartella. Il giorno successivo, un uomo della parrocchia di San Paolo è stato assassinato sulla soglia di casa, mentre resisteva ad un tentativo di rapimento. Negli ultimi 15 giorni – continuano le fonti - decine di famiglie cristiane, che ancora resistono alla tentazione di emigrare, hanno ricevuto intimidazioni telefoniche, in cui si chiede loro di pagare un “contributo alla resistenza [sunnita], pena la vita”. A questo si aggiungono le minacce fisiche e i sequestri di persona a scopo di lucro. Nel mirino anche le chiese. I parroci locali hanno vissuto il Natale sotto continua minaccia. A questo si aggiungono le difficoltà materiali: insicurezza nelle strade, mancanza di elettricità, carburante e il freddo da cui nonriesce a trovare scampo. Ormai i cristiani di Mosul sono ormai giunti alla conclusione che nessunsarà mai in grado di aiutarla. Motivo in pèiù per emigrare: secondo fonti della diocesi in mediacristiano al giorno lascia la città per nonritorno. L'insicurezza e i rapimenti dominano anche Baghdad. A causa di ciò nelle scorse settimane il Patriarcato caldeo ha trasferito in Kurdistan, il Babel College e il Seminario maggiore di San Pietro

Drammatica la situazione dei cristiani afferma responsabile dell‘Aiuto alla Chiesa che soffre

177 KÖNIGSTEIN, 25gen07 - La disperata lotta per la sopravvivenza della comunità cristiana in Iraq è tutta nella testimonianza di Marie-Ange Siebrecht, responsabile della Sezione Africa-Asia di Aiuto alla Chiesa che soffre (ACS). Di ritorno dal suo recente viaggio nel nord del paese, Siebrecht ha segnalato che la situazione è “drammaticamente peggiorata” rispetto alla sua visita precedente che risale a maggio 2003. “I segnali di speranza sono ridotti al lumicino. La gente chiede continuamente aiuto e lo fa rivolgendosi a Dio attraverso la preghiera. Non possiamo lasciarli morire così” ha detto la rappresentante di Acs. “I seminaristi di Bagdad hanno lasciato la città e si sono trasferiti, per motivi di sicurezza, nei prefabbricati di Ainkawa (città a nord dell‟Irq ndr). Alcuni sacerdoti sono stati sequestrati lo scorso anno dopo una delle più feroci ondate di violenza” ha spiegato Siebrecht, aggiungendo che: “Nella capitale migliaia di cristiani vivono nel terrore, minacciati dagli integralisti mussulmani. Superano ogni tipo di pericolo per raggiungere le chiese e partecipare alla messa”. Quasi la metà dei cristiani iracheni ha lasciato il paese (circa 600 mila), ma ACS continua ad inviare aiuti ai fedeli rimasti. L‟azione dell‟organismo internazionale, fondato da padre Werenfried van Straaten, si estende anche alla Siria, alla Giordania e alla Turchia.

Trasferita da Baghdad l'Università cattolica caldea BAGHDAD, 22 feb 07 - In Iraq, il Babel College, l'unica Università teologica dell'Iraq, è stata trasferita da Baghdad ad Ankawa nel Kurdistan. Lo ha reso noto il suo rettore, mons. Jacques , del Patriarcato caldeo. Il trasferimento si è reso necessario per le crescenti difficolta che l'università incontrava nella capitale irachena. "Inizialmente abbiamo avuto problemi a trovare una sede, ma non potevamo permetterci di chiudere - spiega il rettore -. Il Babel è una fonte di speranza e un punto di incontro non solo per la Chiesa caldea, ma anche per quella siro-ortodossa, assira e per tutte le altre denominazioni presenti in Iraq”. “Il trasferimento è stato doloroso – racconta mons. Isaac -, ma ora ne iniziamo a cogliere anche gli aspetti positivi sulla comunità locale di Ankawa". Per questo è in esame l‟ipotesi di “mantenere la sede di Ankawa del Babel College anche quando la situazione sarà normalizzata, e aprirne un‟altra di nuovo a Baghdad”. Quello, invece, che non è previsto “neppure lontanamente”, è un un trasferimento del Patriarcato caldeo dalla capitale. “Le difficoltà a Baghdad sono enormi - aggiunge mons. Isaac

178 -, ma abbandonare i fedeli rimasti e che coraggiosi affollano le Messe sarebbe dare un colpo mortale al morale di tutta la comunità. È adesso che dobbiamo rimanere, partecipare alle loro sofferenze, adesso c‟è bisogno di noi e se dobbiamo morire con loro, come sacerdoti o vescovi, siamo pronti a farlo”.

Premio UCIP al mensile cattolico iracheno "Pensiero cristiano" BAGHDAD, 16mar07 – Il mensile cattolico iracheno “ Pensiero cristiano” (Al-Fikr Al-Masihi) è stato premiato con la Medaglia d‟Oro 2007 dall‟Unione Cattolica Internazionale della Stampa (UCIP). La rivista, pubblicata in arabo, continua ad uscire nonostante la crisi che attraversa l‟Iraq ed è diventata un punto di riferimento non solo per i cristiani in quanto in quanto il proprio target sono tutti gli strati sociali iracheni indipendentemente indipendentemente dai parametri economici, dal livello sociale e dall‟età delle persone. “Pensiero cristiano” è stata fondata nel 1964 ed è l‟unica, nel panorama editoriale, ad essere sopravvissuta sino ad oggi in un‟area dove i cristiani rappresentano soltanto il 3 per cento della popolazione. La Medaglia d‟Oro dell‟UCIP premia, ogni tre anni, individui, gruppi od istituzioni che si segnalano per la promozione della libertà d‟opinione. “Pensiero cristiano” ritirerà il premio durante il Congresso mondiale dell‟UCIP previsto, dal 3 al 10 giugno prossimi, a Sherbrooke, nel Québec canadese.

A Baghdad Settimana Santa tra i pericoli BAGHDAD, 31mar07 - “Abbiamo previsto un intenso programma liturgico per la prossima Pasqua ma non sappiamo se potremo celebrarlo. Qui la morte è dietro l‟angolo”. Lo dice candidamente l‟ausiliare caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni che esprime anche “tristezza per l‟esodo dei cristiani dal Paese”. “Siamo amareggiati – dice in un‟intervista al SIR - viviamo in una situazione di cui non si vede la fine, le cui vittime sono i malati, gli anziani, i bambini, molti resi orfani dalle violenze inenarrabili provocate da autobomba, kamikaze e criminali". Tuttavia, afferma, “la Pasqua rinsalderà la nostra certezza in un avvenire giusto, di tolleranza e di riconciliazione". La mancanza di sicurezza ha costretto il Patriarcato caldeo ad anticipare la celebrazione della Veglia pasquale al pomeriggio del Sabato Santo, “è troppo pericoloso uscire di notte” spiega il vescovo. Stante ciò tutti gli appuntamenti della Settimana

179 Santa verranno resi noti ai fedeli, domani Domenica delle Palme. “Speriamo - aggiunge mons. Warduni - che la fede dia ai nostri cristiani il coraggio necessario per superare le difficoltà e partecipare ai riti. Per tutti la Settimana Santa è tempo di digiuno. Il nostro digiuno è la sofferenza in cui viviamo. La offriamo non solo per l'Iraq ma per tutto il mondo".

Dal 2003 la metà dei cristiani ha abbandonato le proprie case FRIBURGO, 7 nov 07 - I cristiani in Iraq vivono nella paura, ma animati da solidarietà ecumenica. Lo ha detto l‟arcivescovo latino di Baghdad, mons. Jean Benjamin Sleiman, aggiungendo che in alcuni quartieri della capitale, così come a Bassora e a Mossul, i cristiani rimasti vivono nel terrore quotidiano. Parlando della nuova Costituzione irachena, il presule ha sottolineato, quindi, che ci sono elementi nuovi, come il riferimento alla libertà di coscienza, ma anche punti rimasti inalterati. L‟arcivescovo ha citato, ad esempio, l‟articolo 2, nel quale si afferma che “ogni legge che contraddice la Sharia è nulla”. L'Iraq - ha aggiunto - è strutturato "antropologicamente in una forma tribale e questa è una grossa difficoltà per i diritti dell'uomo, perchè questi ultimi presuppongono un uomo libero". Il presule ha poi ricordato che dei 700 mila cristiani che abitavano in Iraq prima dell‟intervento militare statunitense, nel marzo del 2003, circa la metà si sono rifugiati in Giordania, Siria, Libano, nei pressi di Mossul e nel Kurdistan iracheno. Ultimamente, in questa area, la crisi si è aggravata: la regione curda, considerata in passato un rifugio sicuro, è teatro infatti di tensioni. Ad alimentarli sono gli attacchi dei ribelli curdi in territorio turco e l‟eventualità, prevista dal parlamento di Ankara, di operazioni militari turche su larga scala contro postazioni di guerriglieri. Proprio sul Kurdistan, il Papa ha lanciato, domenica scorsa all‟Angelus, un appello ricordando che numerose popolazioni, tra cui anche cristiani, “hanno trovato rifugio” in questa regione per sfuggire “all‟insicurezza ed al terrorismo”. La questione dei profughi e degli sfollati desta poi preoccupazione in tutto il Paese arabo: il continuo dramma delle violenze, l‟instabilità politica e la fragilità economica continuano infatti a rendere tutto l‟Iraq uno Stato insicuro, un Paese abbandonato da molti iracheni. Sono almeno due milioni quelli fuggiti all‟estero secondo l‟ONU. E‟ elevato anche il numero degli sfollati interni: la Mezzaluna Rossa irachena, nell‟ultimo rapporto, rende noto che sono oltre 2,3 milioni, in maggioranza donne e

180 bambini, le persone che hanno lasciato le loro case per sfuggire alle violenze.

I vescovi cattolici del Medio Oriente, riuniti a Parigi, sulla difficile condizione dei cristiani in Iraq PARIGI, 29 nov 07 - rla di emorragia mons. Georges Casmoussa, arcivescovo di Mosul, riferendosi all‟esodo che quotidianamente priva l‟Iraq di molti dei suoi figli, in fuga dalle violenze. Nel suo intervento, tenuto a Parigi nel corso della tavola rotonda dal titolo “Cristiani d‟Iraq: voci, realtà, sfide”, il presule ha sottolineato che la violenza minaccia tutte le comunità ma i cristiani, in quanto minoranza, si sentono particolarmente vulnerabili. “La Siria ha accolto non meno di 1,2 milioni di iracheni, tra cui decine di migliaia di cristiani; persone che hanno perso tutto e con pochissimi risparmi per sostenersi” ha raccontato mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo. In Giordania - ha aggiunto mons. Salim Sayegh, vicario del Patriarcato latino di Amman - il governo passa da un atteggiamento severo all‟indulgenza, e i rifugiati si confrontano sempre più con l‟esigenza di ottenere permessi di soggiorno. Suona come un grido di allerta, infine, l‟intervento di mons. Francois Yakan, vescovo caldeo di Istanbul. Ricordando che la Turchia accoglie circa 10.000 rifugiati iracheni, il presule ha sottolineato infine che "bisogna agire e reagire, domandare ai nostri governi di avere un atteggiamento responsabile riguardo alle politiche sul Medioriente”. Segnali positivi arrivano nelle ultime settimane dal progressivo rientro in Iraq di un numero crescente di profughi. In queste ore - riferisce l‟agenzia Asianews - un convoglio di autobus messo a disposizione dal governo di Baghdad permette a 800 rifugiati in Siria di tornare a casa in un clima di maggiore sicurezza. Secondo i dati diffusi dal governo iracheno a metà novembre sarebbero migliaia i rientri quotidiani incoraggiati da incentivi di natura economica. Tra i motivi del rientro, l‟Alto Commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) invita a non trascurare il peso delle difficili condizioni economiche che grava sui rifugiati in terra straniera.

I capi delle Chiese cristiane irachene proclamano il 25 dicembre giorno di festa BAGHDAD, 21 dic 07 Nei giorni scorsi si è tenuta a Baghdad la riunione del Consiglio dei capi delle Chiese cristiane presieduta dal

181 card. Mar Emmanuel III Delly. I media locali, che riferiscono la notizia, parlano di diversi punti affrontati dai 14 leader presenti: “la situazione dei cristiani in Iraq e all‟estero; la posizione ufficiale delle Chiese circa l‟emigrazione e la necessità di aiutare la popolazione a restare nel Paese; preservare le proprietà delle chiese e dei fedeli, specialmente quelli che sono stati costretti a lasciarle”. Come sottolinea l‟agenzia Sir, dalla riunione è arrivato anche un secco rifiuto del cosiddetto progetto della “Piana di Ninive”, che prevede la nascita di un‟enclave cristiana nella piana in questione, in quanto per i capi religiosi, “non considera il fatto che i cristiani non vivono solo in quella zona, e che devono continuare a farlo in ogni parte del Paese a fianco delle diverse componenti della società irachena”. Non è mancato poi un cenno “all‟influsso negativo delle nuove organizzazioni religiose che in Iraq si definiscono chiese e che con il loro aggressivo proselitismo creano problemi con la componente musulmana”. Intanto dal consiglio dei Ministri iracheno arriva la notizia che il 25 dicembre 2007 è ufficialmente giorno di festa per la ricorrenza del Natale che segue di soli pochi giorni quest'anno la festa islamica del Sacrificio.

PENISOLA ARABICA

Cristiani arrestati per possesso di bibbie e diffusione del Vangelo RIAD, 3 lug ‟98 - Quattro cattolici filippini e un olandese sono stati arrestati il 22 giugno in Arabia Saudita per possesso di bibbie e diffusione del Vangelo. Lo riferisce l'agenzia Fides che ha ricevuto conferma della notizia da fonti della Conferenza episcopale filippina. E' la seconda volta che dei cittadini filippini vengono arrestati in Arabia Saudita per motivi religiosi. Nel 1995 ebbe risonanza mondiale il caso del filippino Donnie Lama, arrestato nell'ottobre di quell'anno con l'accusa di fare proselitismo e rilasciato dopo 18 mesi di prigionia per la vivace reazione dell'opinione pubblica internazionale. Durante la detenzione nel carcere di al Malaz della capitale saudita, Lama subì violenze fisiche e psicologiche perché si convertisse all'islam. Ai cristiani identificati in Arabia Saudita sono inflitti di norma dai due ai sei mesi di carcere e l'espulsione dal paese. L‟ arabia saudita continua ad interdire il possesso di bibbie e di libri cristiani, così come ogni incontro di preghiera.

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Arrestati quattro cristiani dalla polizia religiosa saudita RIAD, 4 feb 00. - Quattro filippini cristiani, che con altri fedeli meditavano la Bibbia in una casa privata, sono stati arrestati a Riad, nel mese scorso, dalla polizia religiosa saudita. Tuttora rimangono detenuti e sotto interrogatorio nella capitale. La notizia è stata confermata da un diplomatico filippino. Sono stati invece rilasciati tre donne e cinque bambini, che facevano parte del gruppo di lettura biblica. Secondo il diplomatico sono 16 in tutto i cristiani filippini fermati nel mese di gennaio per partecipare alla lettura biblica denominata “Sessione di studio della Bibbia”. In Arabia Saudita la legge non vieta che non musulmani possano discutere in pubblico, tuttavia una direttiva verbale governativa del 1997 fa divieto ai cristiani di riunirsi in privato nelle loro case.

Liberati 14 cristiani arrestati nel 2001 RIAD, 6 feb 02 - Dopo circa sei mesi di prigione, è finito il calvario dei 14 cristiani arrestati in Arabia Saudita nell‟estate scorsa. Tra il 20 e il 30 gennaio, dodici di loro sono stati espulsi dal paese con le loro famiglie, dopo il trasferimento al carcere di Breman, dove soggiornano detenuti con il foglio di via. Secondo organizzazioni umanitarie che hanno seguito la vicenda, anche gli ultimi due cristiani etiopi sarebbero stati rilasciati ed espulsi il 2 febbraio. I cristiani, accusati di propagazione della fede, erano stati arrestati dalla polizia religiosa saudita fra luglio e settembre a Jeddah. Sono tutti immigrati impiegati in compagnie saudite e si riunivano nelle proprie abitazioni per incontri di preghiera. Hanno diverse nazionalità: un indiano, tre eritrei, otto etiopi, un nigeriano, un filippino. Christian Solidarity Worldwide (Csw), associazione che difende i cristiani nel mondo, informa che i prigionieri non hanno mai ricevuto accuse formali, non hanno avuto permesso di incontrare esponenti dei loro consolati, hanno subito il carcere in condizioni disumane. L'organizzazione Middle East Concern ricorda che, dopo l'amnistia generale concessa a dicembre 2001 dal re saudita Fahd per la fine del Ramadan, le autorità avevano promesso ai cristiani il rilascio, poi negato, in occasione del Natale. Con l'amnistia erano tornati in libertà oltre 12mila prigionieri, ma non i cristiani. In un articolo riportato dal sito web Arabia on-line, un principe della famiglia reale saudita, afferma che la presenza cristiana nella società

183 arabica è "un'autentica forza, tutela la diversità e aiuta a mantenere una visione equilibrata". Ma la versione radicale dell'Islam applicata in Arabia Saudita proibisce manifestazioni pubbliche di culto non islamico. Funzionari sauditi dicono che ai cristiani è consentito incontrarsi in privato per la preghiera; ma la polizia religiosa spesso arresta quanti lo fanno.

Norme restrittive per i non musulmani in Arabia Saudita RIAD, 15 feb 02 – In una località segreta, ogni domenica sera, un giovane sacerdote celebra la Santa Messa. Il fatto è inconsueto, dato che i cristiani in Arabia Saudita, vivono la loro fede nelle catacombe e la notizia ha fatto il giro del mondo fino ad arrivare agli organi di stampa statunitensi (martedì scorso la storia del presbitero è stata riportata da The New York Times). Il giornale newyorkese ha spiegato che manifestare il proprio credo in terra saudita ha un significato particolare, se non altro perché l'Islam è la religione ufficiale, la costituzione del paese fonda le sue radici nel Corano e il proselitismo è punito con il carcere. La conversione di un mussulmano ad altra religione è considerata apostasia, punibile con la morte se il fedele non si pente. I non musulmani corrono il rischio di essere arrestati o esiliati. Il Dipartimento di Stato Usa, nel suo rapporto 2001 sulla libertà religiosa in Arabia Saudita, è stato franco: "La libertà religiosa non esiste". La situazione coinvolge molti americani che prestano servizio in loco grazie all'aiuto di cappellani militari. I religiosi devono svolgere la loro attività in segreto anche se sono militari e difendono la patria da minacce esterne. I soldati che portano la croce o la stella di David, devono nasconderla. Dalle norme restrittive non sono esonerati né i diplomatici né gli impiegati delle imprese straniere. Durante le cerimonie eucaristiche la polizia locale vigila all'esterno dei luoghi di culto (un altare improvvisato con un crocifisso) per tutelare, solo apparentemente, i fedeli. In realtà sono lì per identificare nomi e volti dei partecipanti. "Quando ci domandano che cosa stiamo facendo, gli rispondiamo che l'ambasciatore ha organizzato una riunione per conterranei. Io la definisco la chiesa delle catacombe" ha rivelato un diplomatico cattolico.

Liberati due cristiani egiziani in Arabia Saudita RIAD, 29 nov 03 - Due egiziani cristiani arrestati a Riad, il 25 ottobre scorso, sono stati recentemente rilasciati dopo l‟intervento di un

184 principe saudita. I due cristiani, Sabry Awad Gayed e Eskander Guirguis Eskander, erano accusati di evangelizzare i non-cristiani e di aver aperto un luogo di culto non musulmano. L‟intervento del Principe Sultan Abdul Aziz Al-Saud ha portato al loro rilascio dopo che la polizia non era riuscita a produrre alcuna prova a sostegno dell‟accusa mossa nei loro confronti. I due egiziani hanno dichiarato che, durante tutto il periodo di detenzione, sono stati trattati bene. Dei due egiziani, Gayed lavora come pediatra e si trova in Arabia Saudita da cinque anni. Eskander invece, è un falegname. Insieme, in una casa, organizzavano incontri di preghiera per gli arabi cristiani. Al momento dell‟arresto avevano in mano la Bibbia che essi hanno detto essere la propria Bibbia personale. La polizia religiosa [Al-Muttawa] li ha arrestati con l‟accusa che essi stessero facendo proselitismo. Analoghi raduni di cristiani in casa dei due erano già stati oggetto di indagine due anni fa. Ma la polizia non era intervenuta dato che i 150 partecipanti erano tutti cristiani. Dopo la loro liberazione, i due hanno ricevuto il permesso di rimanere nella capitale. In moltissimi altri casi documentati, il sospetto di proselitismo porta automaticamente l‟espulsione o alla prigionia. Secondo Middle East Concern, un‟organizzazione a favore della libertà religiosa in Medio Oriente, il principe Sultan Abdul Aziz, che ricopre la cariche di secondo Vice- Primo Ministro e di Ministro della Difesa, si è interessato alla questione dopo aver ricevuto pressioni via lettera da parte di cristiani che lavorano in Arabia. Dopo aver personalmente rivisto il caso, il principe ha dato ordine di rilasciarli. In Arabia Saudita non vi è libertà religiosa, se non per l‟Islam, che è religione di stato. É proibito costruire chiese e anche radunarsi per pregare. La presenza massiccia di stranieri che lavorano nel paese, porta a chiudere un occhio su possibili raduni in case private. Recentemente la stampa saudita ha attribuito al Principe la seguente dichiarazione: "Diciamo ai cristiani: all‟interno di casa vostra, voi e le vostre famiglie fate quel che volete, adorate chiunque volete. Ma qui in Arabia Saudita [considerata "Terrasanta dell‟Islam" – ndr] non c‟è mai stata e non ci sarà mai una chiesa".

Arrestato cristiano indiano RIAD, 1 giu 04 - Un cristiano indiano impiegato in Arabia Saudita, originario dello stato del Karnataka, è stato percosso e torturato per aver pregato Gesù Cristo. Responsabile del fatto è la "Muttawa", la

185 polizia religiosa saudita, che circa sei mesi fa ha arrestato Brian Savio O'Connor, conducendolo nella prigione di Ali Hira, nella capitale Riad. Secondo i famigliari di O'Connor, l'uomo è stato tenuto in carcere per sei mesi e soggetto a punizioni disumane e torture: appeso a testa in giù, colpito da scariche elettriche, deriso, picchiato, costretto ad abiurare la sua fede. Secondo i familiari, l'uomo si troverebbe oggi nel carcere di Olaya con alcune costole rotte. Ufficialmente la Muttawa ha incriminato O'Connor di uso di droga e di aver pregato Gesù Cristo, accuse per le quali l'uomo rischia la pena di morte. La sua famiglia, afferma che le prove relative alla droga sono state fabbricate dalla polizia e che l'uomo è un buon cristiano. Raymond e James O'Connor, fratelli di Brian, hanno inviato un lettera al Presidente dell'India, all'Ufficio del Primo Ministro, all'Ambasciata Indiana in Arabia Saudita, chiedendo un passo diplomatico ufficiale del governo indiano per difendere un proprio cittadino e farlo rilasciare. I famigliari sottolineano che la polizia saudita ha anche tentato di convertire Brian all'Islam, minacciandolo di morte in caso contrario. Alcune organizzazioni per la difesa dei diritti umani e della libertà religiosa, in India e nel mondo hanno manifestato protesta e sconcerto per il caso di O'Connor e per gli altri casi di cristiani che soffrono l'assenza di libertà religiosa in Arabia Saudita.

Preoccupazione e amarezza nella comunità cattolica indiana per il caso di Brian Savio O‘Connor NEW DELHI, 5 giu 04 - C‟è preoccupazione e amarezza nella comunità cattolica indiana per il caso di Brian Savio O‟Connor, il cattolico indiano torturato e imprigionato in Arabia Saudita per la sua fede cristiana. La Conferenza episcopale dell‟India ha preso contatti con l‟Ambasciata dell‟Arabia Saudita a New Delhi, ma non ha avuto alcuna risposta. I vescovi allora stanno seguendo la strada istituzionale, e hanno chiesto al governo indiano di compiere un passo diplomatico presso le autorità saudite. Intanto in India, specialmente nello stato del Karnataka - dove i familiari di O‟Connr vivono ore di attesa e di pena - la Chiesa invita alla preghiera i fedeli. Anche l‟Unone Cattolica di Tutta l‟India, una sorta di Azione Cattolica, ha inviato un lettera di protesta al Re saudita chiedendo il rilascio di O‟Connor. “La libertà religiosa - ha detto il presidente dell‟Unione John Dayal - fa parte della civiltà contemporanea. Appartiene ai diritti riconosciuti dalle Nazioni Unite per tutti gli essere umani” O‟Connor è stato percosso e

186 torturato per aver pregato Gesù Cristo. Responsabile del fatto è la “Muttawa”, la polizia religiosa saudita, che circa sei mesi fa lo ha arrestato conducendolo nella prigione di Ali Hira, nella capitale Riad. Secondo i famigliari di O‟Connor, l‟uomo è stato tenuto in carcere per sei mesi e soggetto a punizioni disumane e a torture.

Condannato cristiano indiano in Arabia Saudita RIAD, 28 ott 04 - Dieci mesi di prigione e trecento frustrate. Questa la condanna emessa dal tribunale di Riad contro Brian Savio O'Connor, un cattolico indiano accusato di diversi reati tra cui quello di "diffusione del cristianesimo" in Arabia Saudita. La sentenza è stata emessa il 20 ottobre scorso. L'Azione Cattolica indiana (All India Catholic Union) e l'analoga istituzione protestante (All India Christian Council) hanno già chiesto al Re Saudita la liberazione di O'Connor e l'interessamento del governo indiano.Il responsabile delle due organizzazioni, John Dayal, ha ribadito che le accuse contro il cattolico indiano sono tutte false e che O'Connor è stato torturato dalla polizia saudita.

Liberato cristiano indiano MUMBAI, 4 nov 04 - Brian Savio O'Connor, il cattolico indiano condannato a Riad a dieci mesi di prigione e a trecento frustate, è stato messo in libertà a fine ottobre. Oggi si trova a Mumbai. La sentenza contro il giovane, accusato di diversi reati tra i quali quello di diffusione del cristianesimo, era stata emessa a Riad il 20 ottobre. L'Azione cattolica indiana (All India Catholic Unione) e l'analoga istituzione protestante (All India Christian Council) avevano subito intensificato la loro azione per la liberazione del giovane rivolgendosi allo stesso re saudita e al governo indiano. Il responsabile delle due organizzazioni, John Dayal, a più ripreso aveva ribadito l'innocenza dell'indiano sottolineando che il giovane era stato torturato dalla Muttawa, la polizia religiosa saudita.

L'arcivescovo di Lahore in Pakistan, Lawrence Saldanha, chiede scarcerazione di 40 cattolici pakistani detenuti a Riyad LAHORE, 18 mag 05. - L'arcivescovo di Lahore in Pakistan, Lawrence Saldanha, ha chiesto ancora al governo di intervenire presso il governo saudita per la scarcerazione a Riyad di 40 cattolici pakistani. Come è noto, il 23 aprile la polizia saudita ha arrestato i 40 cattolici

187 pakistani, perché partecipavano in un appartamento alla celebrazione della Santa Messa. Nello stesso appartamento la polizia sequestrava alcuni libri di preghiere, santini ed altro. Mons. Saldanha si è già rivolto al governo saudita perché assicuri il "rispetto della libertà religiosa". Il governo pakistano a tutt'oggi ha taciuto, anche di fronte alle sollecitazioni venute da organizzazioni pakistane ed internazionali per i diritti umani. Negli ultimi anni l'Arabia Saudita ha avuto mano pesante nei confronti di cattolici, soprattutto lavoratori provenienti dall'India o dalle Filippine. A novembre, dopo pressioni internazionali, Riyad liberò un giovane cattolico indiano condannato a 10 mesi di prigione e a trecento frustate.

Ramadan cristiano in Kuwait KUWAIT CITY, 12 nov 03 - Ramadan cristiano nel Golfo Persico. Un centinaio di cittadini musulmani a tavola dall‟unico pastore kuwaitiano, Emmanuele Al-Gharìb. La serata tradizionale, che raduna i digiunanti a fine giornata durante il mese di Ramadan, si è svolta all‟interno della sala di preghiera della comunità evangelica a Kuwait City. A fare gli onori di casa il Rev. Al-Gharìb con la consorte, e tra gli ospiti cristiani e musulmani, il Nunzio Apostolico Mons. Giuseppe De Andrea, l‟Ambasciatore d‟Egitto, il Capo Gabinetto dell‟Emiro del Kuwait, religiosi, intellettuali oltre alla stampa. Al termine della serata, brevi saluti del Nunzio e del diplomatico egiziano e dell‟intellettuale kuwaitiana Firyàl Al-Ghirbàlli sul tema della fratellanza islamo-cristiana. Unanime l‟apprezzamento per l‟iniziativa giunta alla sua quarta edizione e per lo spirito di tolleranza vigente nell‟Emirato. Sui 2,500,000 abitanti, la stragrande maggioranza è islamica (sunniti 45%; sciiti 30%; altri 10%). 14% appartengono ad altre religioni, i cristiani autoctoni sono qualche centinaio, mentre i cattolici espatriati sono circa 154.000. Kuwait è un Vicariato Apostolico con a capo il Vescovo Francis Adeodatus Micallef. Nel territorio del Vicariato ci sono quattro parrocchie servite da quattro sacerdoti diocesani, sei sacerdoti religiosi e tredici religiose. Sei gli istituti cattolici di educazione.

Cresce la Comunità cattolica negli Emirati Arabi ABU DHABI, 5 dic 07 - Cresce in misura costante la comunità dei cattolici negli Emirati Arabi. Nel 2004 il vicariato apostolico d‟Arabia, eretto nel 1888 per sopperire alle esigenze di un‟esigua comunità,

188 contava oltre un milione e trecentomila fedeli, suddivisi in venti parrocchie curate da appena quarantacinque sacerdoti tra secolari e regolari. “E‟ impressionante l‟incremento registrato negli ultimi anni, con le nostre sole forze non riusciamo a tenervi testa” ammette don Tony Kuruvilla, salesiano. Il religioso si dice sorpreso della “dedizione incontrata tra gli immigrati delle più disparate nazionalità, motivo di gioia e sprone al mio zelo pastorale”. Le cifre della comunità di San Michele a Sharja, in cura ai Frati Cappuccini, confermano questa tendenza: sono indiani, filippini, africani, cinesi ed arabo-cristiani i 65 mila fedeli della più grande parrocchia del vicariato apostolico d‟Arabia. Una comunità cosmopolita che impone un ripensamento delle linee d‟azione pastorali. Se fino a dieci anni fa si celebrava secondo rito latino e l‟inglese era la lingua franca, oggi la parrocchia prevede liturgie settimanali secondo la tradizione siro–malabarese e siro-malankarese. L‟afflusso dei fedeli alle funzioni ed alle attività catechetiche pone un problema di sovraffollamento delle strutture. “Mi sono spesso chiesto il motivo di un tale attaccamento alla fede” riflette don Kuruvilla “temo che su di esso influisca il clima d‟accerchiamento che incombe sui cristiani”.

KUWAIT

Il card. Sepe consacra nuovo vicario apostolico del Kuwait KUWAIT CITY 3 set 05 – Di fronte all‟individualismo del mondo moderno, la Chiesa deve presentarsi come “un faro di comunione”, ha affermato ieri a Kuwait City il cardinale , Prefetto della Congregazione per l‟Evangelizzazione dei Popoli. Il porporato ha presieduto nella cattedrale la solenne concelebrazione eucaristica per la consacrazione episcopale del nuovo Vicario apostolico del Kuwait, il comboniano padre Camillo Ballin. Monsignor Ballin, nominato a questo incarico il 14 luglio scorso, subentra così a monsignor Francis Micallef, dell‟Ordine dei Carmelitani Scalzi, il quale aveva presentato la rinuncia al governo pastorale per motivi di salute. Dopo aver salutato tutti i presenti in lingua araba, il cardinale Sepe ha ricordato il servizio pastorale reso da monsignor Mícallef, che per 24 anni ha guidato la Chiesa del Kuwait “con fede, impegno e tanta carità”. In seguito, il porporato si è soffermato a descrivere i compiti propri del vescovo e gli impegni che dovrà assumere. “Il Vescovo è chiamato a far fiorire

189 nella Chiesa frutti maturi di comunione” ha ribadito il cardinale Sepe. “Occorrerà, perciò, promuovere anche in questa Comunità di Kuwait City, ricca di tante nazionalità, lingue, culture e riti, la spiritualità della comunione, la quale va costruita giorno dopo giorno, nell'amore e nella verità, coscienti che la verità senza amore genera conflitti e divisioni, e l'amore senza verità produce falsità”, ha aggiunto. Nato nel 1944 e originario di Fontaniva, nella diocesi di Vicenza, monsignor Ballin è attualmente Direttore del Centro di Studi Arabi e Islamici “Dar Comboni” al Cairo ed insegnante nel Seminario maggiore interrituale. E‟ stato ordinato sacerdote come religioso dei Missionari Comboniani nel 1969. Successivamente è stato parroco nella capitale egiziana e in seguito missionario a Khartoum, in Sudan, dove fra il 1989 e il 2000 ha iniziato un progetto di formazione per gli insegnanti di religione cattolica. Dal 1980 al 1989 è stato Superiore di Delegazione e Superiore provinciale della sua Congregazione religiosa. Il Vicariato apostolico del Kuwait conta 4 parrocchie con più di 150 mila fedeli su una popolazione di quasi 3 milioni di abitanti. 2 i sacerdoti diocesani, 8 quelli religiosi. 13 le religiose. Nel corso del 2004 si sono registrati a Kuwait City 495 battesimi.

SOMALIA E GIBUTI

La Chiesa in Somalia è ancora viva, afferma l‘Amministratore apostolico di Mogadiscio Giorgio Bertin MOGADISCIO, 13 feb 98 - La Chiesa in Somalia è ancora viva. È il convincimento espresso dall'AMMINISTRATORE apostolico di Mogadiscio, il Frate Minore italiano Giorgio Bertin. Certamente vi sono delle ferite, che stentano a rimarginarsi, come la cattedrale di Mogadiscio ancora rovinata dopo il bombardamento del 1991 e preda di vandali. Ma la Chiesa e' ancora sentita tra la gente somala. "Siamo ancora presenti precisa padre bertin nelle zone di soccorso. Lavoriamo strettamente con le opere caritative come Caritas Internationalis". A causa della guerra civile hanno lasciato mogadiscio e non sono più tornati 6 preti, 50 suore e tre catechisti.

La presenza cattolica in Somalia è apparentemente insignificante, ma in realtà viva afferma l‘Amministratore apostolico di Mogadiscio, mons.Giorgio Bertin

190 MOGADISCIO, 15 giu 02 - Quattro suore della Consolata, una quarantina di fedeli. È questa la piccola comunità cattolica di Mogadiscio, capitale della Somalia, un paese che da più di 10 anni non ha più governo, né altre istituzioni statali. "Una presenza cattolica apparentemente insignificante, ma in realtà viva", dice all'Agenzia Fides l'Amministratore Apostolico di Mogadiscio, Giorgio Bertin: "In occidente, non bisogna dimenticare l'esistenza della Chiesa cattolica in Somalia. È vero, qui è difficile trovare una presenza organizzata di noi cattolici, molti dei fedeli vivono la fede a livello individuale, ma la loro testimonianza, in un paese a stragrande maggioranza musulmana, è importante. Pensate, in particolare, alle 4 Suore: un'esistenza silenziosa, ma attiva; pur vivendo isolate dal resto del mondo, dato che non hanno neanche il telefono"

Mons. Bertin su uccisione della volontaria italiana Annalena Tonelli GIBUTI, 11 ott 03 - “È stata una vera e propria esecuzione. Non si è trattato affatto di una rapina” dice all‟Agenzia Fides mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e delegato apostolico di Mogadiscio, parlando dell‟uccisione di Annalena Tonelli, avvenuta domenica 5 ottobre a Borama (Somaliland). Mons. Bertin è appena tornato da Hargheisa dove il corpo della volontaria italiana era stato portato subito dopo la sua morte, e racconta a Fides i particolari della sua morte. “Le modalità dell‟uccisione sono evidenti: si è trattato di un vero e proprio agguato mirato per uccidere chi dava fastidio spiega il vescovo -. Annalena era una persona limpida: un suo sì era un sì e un suo no era un no. Si è trovata di fronte ad un ambiente oserei dire mafioso che lei ha combattuto con la forza della testimonianza cristiana” continua mons. Bertin. Per l‟omicidio della volontaria italiana le autorità hanno arrestato due persone. “Uno - chiarisce mons. Bertin - era un impiegato dell‟ospedale che era stato licenziato da Annalena per via del suo comportamento disonesto. Il secondo aveva visto la sua assunzione rifiutata perché era ben conosciuto per la sua corruzione. Entrambi potrebbero aver agito per vendetta, ma non escludo altre piste, compresa quella dell'estremismo islamico".

Dopo l‘attacco statunitense in Somalia il vescovo di Gibuti invita a non mettere benzina sul fuoco

191 GIBUTI, 11 gen 07 - “Un atto che rischia di gettare ulteriore benzina su una situazione esplosiva”. Con queste parole mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, ha commentato i raid aerei americani compiuti lunedì nel sud della Somalia. “Non mi sembra che questo attacco rafforzi il sostegno della popolazione somala al fragile Governo di Transizione e all‟Etiopia”, ha dichiarato il presule all‟agenzia Fides. “Seminare morte e distruzione, al di là degli aspetti etici, è controproducente anche per chi vuole lottare contro il terrorismo”. Riferendosi più in generale agli attuali sviluppi della situazione in Somalia, mons. Bertin ha sottolineato che: “La comunità internazionale deve creare la cornice all‟interno della quale devono essere i somali a tracciare la politica per riportare la pace in Somalia”. “Solo i somali, conclude, “sanno quali sono i passi necessari per stabilizzare il Paese. A patto però che la comunità internazionale appoggi i loro sforzi e non sfrutti le divisioni dei somali per altri fini”. Secondo quanto riferito ai giornalisti dal primo ministro dell'Etiopia, Meles Zenawi, il cui governo appoggia militarmente l'esecutivo di transizione somalo, venti terroristi di 'al Qaeda' erano il bersaglio dei raid aerei statunitensi nel sud della Somalia. Otto sono stati uccisi, cinque sono stati catturati dai militari etiopici, gli altri sette sono riusciti a fuggire. L‟agenzia missionari Misna, da parte sua, fa sapere che, sempre ieri, 11 presunti terroristi in fuga dalla Somalia sono stati arrestati in Kenya.

La vicinanza dei vescovi dell'Africa orientale ai popoli del Corno d'Africa NAIROBI, 10mar07 - I vescovi dell‟Amecea, l‟Associazione delle Conferenze episcopali dell‟Africa Orientale, continuano a guardare con trepidazione alla situazione politica e militare del Corno d‟Africa, in particolare della Somalia. Dopo la plenaria a Nairobi, sempre nella capitale del Kenya, ha avuto luogo, il 7 e l‟8 marzo, la riunione dell‟esecutivo dell‟Amecea. In un comunicato, diffuso al termine della riunione, i vescovi hanno voluto esprimere la loro solidarietà a mons. Giorgio Bestini, frate minore italiano, vescovo di Gibuti ed Amministratore Apostolico della Somalia. “Vogliamo assicurare a te e a tutto il popolo della Somalia che preghiamo per la pace e per la riconciliazione – dice il comunicato dei vescovi -, cosicché ci può essere più speranza per avere pienezza di vita”. Firmano il

192 comunicato, tra gli altri, i cardinali Pengo arcivescovo di Dar- es-Salaam, Zubeir Wako arcivescovo di Karthoum e il presidente dell‟Amecea,mons. Paul Bakyenga.

La notizia che Benedetto XVI ha deciso di destinare al dispensario medico di Caritas Somalia a Baidoa la colletta della Messa in „Coena Domini‟, motivo di consolazione afferma Amministratore Apostolico di Mogadiscio, mons.Giorgio Bertin MOGADISCIO, 3apr07 – La popolazione di Mogadiscio esce finalmente dalle proprie abitazioni per seppellire i propri morti, dopo 5 giorni di intensi combattimenti tra le truppe etiopiche, appoggiate da quelle del cosiddetto Governo di Transizione, e i miliziani legati alle Corti Islamiche. “In questi tristi giorni, in cui violenti scontri sconvolgono ancora una volta Mogadiscio, provocando tanti morti, feriti e profughi tra la popolazione civile e mettendo in serio pericolo il processo di pacificazione della Somalia, - rileva intanto un comunicato dell'Amministratore Apostolico di Mogadiscio mons. Giorgio Bertin - è per noi motivo di consolazione la notizia che Papa Benedetto XVI ha deciso di destinare al dispensario medico di Caritas Somalia a Baidoa la colletta della Messa in „Coena Domini‟, che verrà da Lui celebrata il Giovedì Santo, nella Cattedrale romana di S. Giovanni in Laterano, all'inizio del Triduo Pasquale. In tale scelta - aggiunge mons. Bertin - leggiamo l'attenzione e la sollecitudine del Santo Padre per le sofferenze della popolazione somala, in particolare gli umili, i poveri, i senza voce, insieme ad un omaggio a tutti coloro che, hanno donato la loro vita durante questi quasi vent‟anni di guerra civile per i poveri e per la pace in questo martoriato paese, siano essi cristiani (ricordiamo in particolare il sacrificio più recente a Mogadiscio, quello di Suor Leonella) o appartenenti ad altra fede. Il gesto del Papa - conclude mons. Bertin presidente anche di Caritas Somala - inserisce ancor più la nostra piccola opera di Baidoa nella comunione di carità della Chiesa universale. Desideriamo condividere la nostra gioia per tale attenzione con il resto della famiglia Caritas nel mondo intero, nella speranza che in Somalia sorga presto l'alba della pace”. I combattimenti degli ultimi giorni sono stati i più violenti degli ultimi 15 anni. I morti sono centinaia anche se è al momento impossibile fornire una stima precisa. Tra le vittime si registra anche il primo soldato ugandese della forza di pace dell‟Unione Africana. Per cercare di trovare una soluzione alla crisi somala, oggi, si riunisce a Il Cairo il

193 gruppo di contatto internazionale sulla Somalia. Del gruppo di contatto fanno parte l‟Unione Europea, Italia, Norvegia, Svezia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Unione Africana e Lega Araba. Intanto, mons. Giorgio Bertin, Amministratore Apostolico di Mogadiscio e presidente di Caritas Somalia, ha diffuso oggi un comunicato.

Sempre peggiore la situazione in Somalia, afferma vescovo di Gibuti MOGADISCIO, 21nov07 – Nella capitale Mogadiscio le scaramucce sono all‟ordine del giorno e la gente non può far nulla. Lo ribadisce mons. Giorgio Bertin, il vescovo francescano di Gibuti, che di Mogadiscio è l‟Amministratore Apostolico. Un‟altra conferma che giunge da mons. Bertin è che le truppe fedeli al governo di transizione appoggiate da soldati etiopici combattono da giorni contro la milizia antigovernativa. Recenti stime assommano a 24 mila gli abitanti che hanno lasciato la capitale somala, che è senza acqua, cibo, medicine, e elettricità. La maggior parte delle vittime degli scontri sono i civili e il numero di senzatetto è raddoppiato in pochi mesi. Per il vescovo di Gibuti è difficile vedere una soluzione. (Cisa-JP BODJOKO)

Il vescovo di Gibuti felice per le parole del Papa sulla Somalia MOGADISCIO, 22nov07 – “Siamo profondamente grati per l‟appello del Santo Padre che ha richiamato l‟attenzione della comunità internazionale sulla drammatica situazione del popolo somalo”. Questo il commento di mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e Amministratore Apostolico di Mogadiscio, al richiamo fatto nell‟Udienza Generale di ieri da Papa Benedetto XVI sulla grave situazione in Somalia afflitta dall‟insicurezza sociale e dalla povertà. “Il totale degli sfollati e dei rifugiati somali – ricorda mons. Bertin - ha raggiunto la cifra di 1 milione di persone, delle quali 400mila sono gli sfollati di più vecchia data. Nelle ultime tre settimane da Mogadiscio sono scappate almeno 200mila persone”. Intanto, i leader religiosi somali riuniti ad Hargheisa, la capitale dell‟auto proclamata Repubblica indipendente del Somaliland, hanno pubblicato una dichiarazione per la risoluzione del conflitto e la costruzione della pace. “Si tratta di un documento molto importante - dice mons. Bertin-. Uno dei punti che più mi hanno colpito è quello nel quale si afferma di accettare le altre religioni. Al momento – aggiunge il

194 vescovo - non ho informazioni precise sui leader religiosi che hanno elaborato il messaggio. Posso comunque dire che in Somalia si distinguono due correnti islamiche. La prima, è quella tradizionale legata al sufismo e alle confraternite religiose. Si tratta di un islam che vuole la pace e con il quale il dialogo è possibile. L‟altra, più recente, è la corrente ideologica, legata a una parte politica, che preme per un visione estremista della religione. Con la prima corrente religiosa si può e si deve dialogare per riportare la pace in Somalia. Anche in una situazione difficile come quella somala – rileva infine mons. Mortin - la collaborazione tra cattolici e musulmani è possibile”. Come è noto, il Presidente della Somalia, Abdullahi Yusuf, ha nominato Nur “Adde” Hassan Hussein, nuovo Premier del Governo di Transizione Nazionale, in sostituzione di Ali Mohamed Gedi che si è dimesso il 29 ottobre. La nomina dovrà ora essere approvata dal Parlamento.

Chiuso a Mogadiscio l‘ospedale delle Suore della Consolata MOGADISCIO, 19 dic 07 - “Diversi missili e colpi di mortaio hanno colpito l‟ospedale, abbiamo evacuato tutti i pazienti e i circa cento bambini che ospitiamo nel villaggio per orfani che sorge accanto alla struttura”. Lo ha detto il medico italiano Claudio Croce, del Villaggio per bambini „Sos Children‟ di Mogadiscio, un complesso che comprende un villaggio e un ospedale pediatrico. “Ieri sera, dopo una giornata di intensi combattimenti tra esercito etiope e milizie antigovernative, i soldati sono entrati all‟interno dell‟ospedale e hanno setacciato i magazzini e i reparti dell‟ospedale – ha raccontato Croce – in cerca di armi e munizioni”. I bombardamenti, secondo il medico, non hanno causato danni gravi alla struttura che, gestita per anni dalle suore missionarie della Consolata, rimane comunque chiusa perché inagibile. “La situazione è molto tesa e chi abita in questa parte della città, Huriwa a nord di Mogadiscio – dice Croce – sta cercando di mettersi in salvo in tutti i modi, perché la zona è considerata una roccaforte dei ribelli ed è sotto il fuoco perenne dell‟esercito”. La situazione di insicurezza, per la popolazione civile, è costante e nelle ultime settimane chi ha potuto ha lasciato la città: “ Ieri uno dei nostri infermieri Mohammed Ahmed Abdi, stava cercando di scappare con la sua famiglia, ma sua moglie e due dei suoi figli sono rimasti uccisi nell‟esplosione di un ordigno” racconta il medico del nosocomio, uno dei pochi ancora operativi nella capitale somala.

195 “Tanto più a lungo l‟ospedale resterà chiuso - dice - tanto più sarà la gente a soffrirne”. Sia nel corso dei combattimenti del 1991, che portarono alla caduta del dittatore Siad Barre, che durante tutta la successiva guerra civile, l‟ospedale - con reparti di maternità, pediatria e impegnato in altri servizi umanitari - non era mai stato colpito dai missili. Nel 2003 la struttura, gestita sul posto dalle suore italiane missionarie della Consolata, aveva anche aperto una scuola per infermieri in cui insegnava suor Leonella Sgorbati, la missionaria italiana uccisa nel settembre 2006 da ignoti mentre attraversava la strada che divide l‟ospedale e il Villaggio dei bambini. Dopo la sua morte, le altre missionarie della Consolata della struttura hanno dovuto lasciare Mogadiscio: erano state le uniche „occidentali‟ a non abbandonare mai la Somalia, neanche nei momenti più difficili provocati dal caos seguito alla caduta di Barre nel ‟91.

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GIOVANNI PAOLO II E LA CELRA

VISITA AD LIMINA DEI VESCOVI DEL CELRA

Discorso di Papa Giovanni Paolo II ai Vescovi della CELRA, ricevuti in udienza il17 marzo 2001, in occasione della visita ad limina

È con grande emozione che conservo il ricordo dei miei pellegrinaggi Sono felice di accogliervi in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum, che esprime la vostra comunione con il Successore di Pietro. Il mio augurio è che, nei vostri incontri con il Vescovo di Roma e con i suoi collaboratori, possiate trovare il necessario incoraggiamento per dare rinnovato dinamismo spirituale e nuovo slancio apostolico al popolo per il quale avete ricevuto l'incarico pastorale. Ringrazio Sua Beatitudine Michel Sabbah, Patriarca di Gerusalemme dei Latini per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome vostro. Esse esprimono la profondità del vostro impegno al servizio dell'annuncio del Vangelo. Attraverso voi, Vescovi latini delle regioni arabe, mi unisco, col pensiero e con il cuore, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, come anche a tutti i fedeli delle vostre Diocesi, che, in

196 situazioni diverse, rendono una coraggiosa testimonianza al Signore Gesù. Dio li sostenga e li guidi ogni giorno! È con grande emozione che conservo il ricordo dei pellegrinaggi che ho avuto la gioia di compiere nel corso dell'anno giubilare nella terra in cui Dio si è manifestato agli uomini, dal Sinai fino a Gerusalemme, la Città Santa dove il Cristo è morto e risorto per la salvezza dell'umanità. Chiedo a Dio di concedermi la grazia di poter continuare, prossimamente, il mio cammino di pellegrino recandomi in Siria, nei luoghi che evocano la conversione dell'Apostolo Paolo e lo slancio missionario delle prime comunità cristiane.

La famiglia cattolica in Terra Santa Come ho già scritto nella Lettera apostolica Novo Millennio ineunte che ho rivolto a tutta la Chiesa alla conclusione del grande Giubileo, è giunto il tempo in cui "ciascuna Chiesa, riflettendo su ciò che lo Spirito ha detto al Popolo di Dio in questo speciale anno di grazia, ed anzi nel più lungo arco di tempo che va dal Concilio Vaticano II al grande Giubileo, compia una verifica del suo fervore e recuperi nuovo slancio per il suo impegno spirituale e pastorale" (n. 3). È fondamentale, infatti, che le comunità cristiane prendano il largo risolutamente, forti delle grazie ricevute dal Signore durante l'anno giubilare e animate da una speranza solidamente radicata nella contemplazione del volto di Cristo. Un anno fa si concludeva il Sinodo pastorale che vedeva riuniti, per la prima volta, i membri di tutte le comunità cattoliche della Terra Santa. Vi incoraggio vivamente a portare a termine il programma pastorale emerso dal vostro cammino ecclesiale: "Fedeli a Cristo, corresponsabili nella Chiesa, testimoni nella società".

Il volto d'amore di Dio tra le nazioni Le vostre comunità, che vivono come realtà minoritarie in società la cui cultura e vita quotidiana sono profondamente segnate dalla presenza di altre religioni, devono continuare instancabilmente ad approfondire la loro identità cristiana per mantenerne l'autenticità evangelica. Esse non devono mai dimenticare che il cristiano trae la sua identità personale ed ecclesiale dal suo intimo rapporto con Cristo, che aiuta a vivere ogni situazione e illumina le proprie scelte, e non dal proprio agire o dalle scelte personali in seno alla società. In questo modo esse potranno aprirsi agli altri senza timore e contribuire a far risplendere il volto d'amore di Dio tra le nazioni. Ricordino

197 sempre che volgere lo sguardo a Cristo, Verbo Incarnato, e camminare con Lui per le vie della santità, porta a rifiutare ogni forma di mediocrità e di religiosità superficiale per penetrare sempre più profondamente il suo mistero! La testimonianza resa a Cristo e la partecipazione all'edificazione del suo Corpo esigono che si sviluppi un'autentica comunione anche all'interno della Chiesa, in particolare attraverso rapporti sempre più fiduciosi tra Pastori e fedeli, e attraverso una ordinaria collaborazione pastorale tra le diverse comunità cattoliche, in una generosa apertura di spirito e di cuore. Le parrocchie e le famiglie siano focolari viventi di unità e amore autentico! In effetti "fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo" (Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, n. 43). È realizzando questa comunione che la Chiesa si manifesta come segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano (cfr Lumen gentium, n. 1).

Indispensabile continuare a impegnarsi per garantire la formazione dei laici In questa stessa prospettiva, i laici sono invitati a prendere parte in modo sempre più attivo alla vita e alla testimonianza della Chiesa, per rispondere in modo effettivo a chiunque domandi ragione della speranza che è in loro (cfr 1 Pt 3, 15). La presa di coscienza da parte dei laici della loro vocazione e della loro missione è fonte di consolazione e di profonda gioia. È opportuno, dunque, testimoniare loro una fiducia che li stimoli a vivere fedeli al Vangelo e al Magistero della Chiesa, e ad assumersi le responsabilità che spettano loro, partecipando attivamente alla vita delle loro comunità ai diversi livelli. Inoltre, il loro impegno nella gestione degli affari pubblici, laddove sia possibile, riveste una grande importanza, specialmente nel campo della giustizia e della pace. È dunque indispensabile continuare a impegnarsi per garantire la formazione dei laici al fine di aiutarli ad acquisire vere competenze, anche per quanto riguarda la vita sociale, economica e politica. Impegnandosi nella ricerca intellettuale e nello studio, essi contribuiranno anche a sviluppare una vera cultura cristiana, in collaborazione con le altre Chiese, proponendo così alla società la visione cristiana dell'uomo e dei principi che possono guidare l'azione di coloro che si mettono al servizio dei loro fratelli.

198 L'accompagnamento pastorale degli studenti universitari cattolici è importante per aiutarli a tradurre la loro fede nella loro cultura e a occupare il loro posto nella missione della Chiesa.

La missione dei sacerdoti Nel vostro ministero al servizio della comunione nella Chiesa, i sacerdoti sono i vostri primi collaboratori. Attraverso voi, li saluto cordialmente invitandoli ad avere una fiducia incondizionata in Colui che li ha chiamati e che non cessa di stare al loro fianco per guidarli nel compito di annunciare il Vangelo e di educare la fede dei fedeli. Di fronte alle grandi sfide dell'evangelizzazione, non abbiano paura di puntare tutta la loro vita su Cristo e di abbandonarsi a Lui con generosità! Spalancando il loro cuore all'amore di Dio, mettendosi all'ascolto dei loro fratelli, diventeranno sempre più uomini della speranza e dell'incontro con Dio. Pertanto, i sacerdoti devono incessantemente tornare alla fonte del loro ministero per ritrovarvi nuovo slancio apostolico. La loro attività missionaria produrrà frutto nella misura in cui rafforzeranno la loro vita spirituale attraverso la celebrazione e la frequenza assidua ai sacramenti dell'Eucaristia e della Riconciliazione, luoghi privilegiati della comunione. Grazie a un'intensa vita di preghiera personale e comunitaria, anima della vita sacerdotale e condizione di ogni vita pastorale fruttuosa e fedele allo Spirito, essi entreranno in un dialogo sempre più intimo con il Signore, che, per loro missione, devono annunciare ai fratelli. Acquisendo una grande familiarità personale con la Parola di Dio, accolta con cuore docile e nella preghiera, essi potranno annunciare il Vangelo in modo autentico e portare i fedeli a una conoscenza sempre più profonda del mistero di Dio.

La formazione permanente La formazione permanente, in particolare attraverso la lettura, gli incontri di riflessione e di preghiera, come anche la partecipazione a programmi di insegnamento teologico e pastorale, rappresenta, per ogni sacerdote, un dovere fondamentale al fine di restare fedele alla sua identità e alla sua missione nella Chiesa e per la Chiesa. Cari fratelli nell'Episcopato, conosco il vostro zelo nel sostenere le vocazioni sacerdotali e religiose, e nel trasmettere l'appello di Cristo. Vi incoraggio a continuare nel vostro impegno nella formazione iniziale dei candidati al sacerdozio. Siate solleciti nell'assicurare loro

199 una buona formazione intellettuale, teologica, biblica e spirituale! Ma, è indispensabile che ciò si fondi su una formazione umana "che li aiuti ad acquisire una maturità personale e che li renda attenti alla complessità culturale nella quale saranno chiamati a svolgere il ministero" (Esortazione apostolica Una speranza nuova per il Libano, n. 62).

L'educazione cattolica Cari fratelli nell'Episcopato, la presenza della Chiesa negli ambienti scolastici ed educativi riveste un'importanza particolarmente significatica. Le scuole cattoliche sono luoghi in cui i giovani possono acquisire una formazione per preparare il loro avvenire. Esse sono anche il luogo del dialogo di vita tra giovani di tradizioni religiose e ambienti sociali diversi. Vi incoraggio a favorire sempre maggiormente, in collaborazione con le altre comunità cattoliche, un rinnovamento della catechesi e a sviluppare una pastorale fondata su valori solidi, per contribuire a formare il tipo di uomo e di donna di cui la Chiesa e la società hanno bisogno.

Il dolore delle divisioni La divisione tra cristiani è un'infedeltà alla volontà del Signore che oscura la loro identità di discepoli di Cristo. Ora che abbiamo appena varcato le soglie del terzo millennio, dobbiamo manifestare con determinazione l'impegno della Chiesa cattolica a favore della promozione dell'unità, consapevoli che se non cerchiamo ardentemente di essere fedeli alla preghiera intensa del Signore "che tutti siano uno", rischiamo di indebolire la nostra identità cristiana e la nostra credibilità nell'annunciare il Vangelo di pace e di riconciliazione. La divisione dei cristiani separa spesso persone che vivono l'una accanto all'altra tutti i giorni, che si amano e che, su alcuni punti essenziali, condividono una stessa fede in Cristo e nel Battesimo; ciò è causa di grandi sofferenze nelle famiglie. Queste situazioni difficili non devono scoraggiare ma stimolare ad agire con convinzione a favore della comunione e del perdono. In tutte le regioni arabe, la Chiesa latina deve continuare coraggiosamente i suoi sforzi di incontro fraterno e di collaborazione con le altre Chiese e Comunità ecclesiali, certa che il dialogo ecumenico potrà progredire solo se esso coinvolgerà la vita concreta dei fedeli. Il desiderio ardente dell'unità sia presente nel vostro cammino personale, in particolare nel portare

200 avanti la vostra riflessione e il vostro impegno nelle questioni di interesse comune, nella preghiera e agendo insieme ogni volta che ciò sia possibile! L'apertura ecumenica dell'anno giubilare a Betlemme è stata motivo di grande speranza che deve permettere di far crescere un clima fraterno tra le Chiese e Comunità ecclesiali, per progredire verso l'unità tanto attesa, nella serenità, nella fiducia e nella stima reciproca.

La comunità cristiana in Medio Oriente Le condizioni in cui deve vivere la comunità cristiana in Medio Oriente, soprattutto in Terra Santa, non permettono sempre ai suoi membri di condurre una vita personale e familiare come essi desidererebbero per se stessi e per i loro figli. Incoraggio vivamente i cristiani ad avere fiducia in loro stessi e a restare saldamente attaccati alla terra che fu anche quella dei loro antenati. Ripeto a tutti loro con forza: "Non temete di preservare la vostra presenza e il vostro patrimonio cristiani nel luogo stesso in cui il Salvatore è nato!" (Omelia a Betlemme, 22 marzo 2000, n. 5). La permanenza dei cristiani a Gerusalemme e nei Luoghi Santi della Cristianità è particolarmente importante, poiché la Chiesa non può dimenticare le sue radici. Essa deve testimoniare la vitalità e la fecondità del messaggio evangelico nella terra della Rivelazione e della Redenzione. Cari fratelli nell'Episcopato, affinché i fedeli possano continuare a vivere serenamente in queste situazioni, Voi avete compiuto degli sforzi lodevoli nel trasmettere loro motivazioni profonde, evangeliche ed ecclesiali, in modo che essi non cedano alla tentazione di abbandonare la propria terra ma siano sempre più certi dell'importanza della loro presenza e della bellezza della loro testimonianza. Non vi rassegnate al pensiero di un'inevitabile partenza! Sono consapevole dei sacrifici e dell'ascesi che ciò richiede per le famiglie e le persone che accettano generosamente di resistere alla tentazione di cercare altrove un benessere economico e una tranquillità sociale. In nome della Chiesa sono loro caldamente riconoscente. Esse possono contare sul sostegno della grazia di Dio e su un fratello nella fede che le guarda con ammirazione. Vi incoraggio altresì nel vostro zelo apostolico verso i cattolici, sempre più numerosi, originari da altri Paesi e giungono nella vostra regione molto spesso per trovare un lavoro; essi hanno bisogno di un aiuto pastorale specifico. La loro testimonianza di fede vissuta coraggiosamente in mezzo agli uomini e alle donne del vostro

201 Paese è una manifestazione dell'universalità della salvezza in Gesù Cristo.

Le sofferenze delle popolazioni Conosco le grandi difficoltà che devono affrontare le popolazioni della vostra regione. Vorrei in particolare esprimere ancora una volta la mia vicinanza e il mio affetto a tutti coloro che soffrono e sono vittime della violenza. Con voi soffre e patisce tutta la Chiesa, nella speranza di poter gioire presto con voi della realizzazione di un unico desiderio al quale non si può rinunciare: la pace! "La Terra Santa deve essere la terra della pace e della fraternità. Così Dio vuole!" (Appello per la pace, 2 ottobre 2000). Gli avvenimenti che si svolgono attualmente in Terra Santa, e che seguo con attenzione, sono preoccupanti e mettono a dura prova le speranze di pace. Auspico vivamente che i negoziati possano riaprirsi rapidamente, mettendo al centro di ogni preoccupazione il rispetto della dignità di ogni uomo che ha il dirittto di vivere, nel proprio territorio, in pace e sicurezza. Ciò si realizzerà solamente nel rispetto delle leggi internazionali e con il rifiuto della violenza che non può che inasprire gli odi e i sentimenti di rancore, accentuando ancora più profondamente i divari tra le persone e le comunità. In tali circostanze, è più che mai necessario un appello al dialogo e all'incontro, all'amore che ciascuno sente per i propri fratelli e per tutti gli uomini, al fine di non trascurare alcuna possibilità di aprire uno spiraglio verso una pace giusta e duratura. L'importanza che riveste questa speranza non permette di cedere alla tentazione dello scoraggiamento.

Il dialogo interreligioso è anche un mezzo privilegiato per progredire sulla via della pace La Chiesa latina che si trova in Terra Santa e nelle regioni limitrofe deve rendersi disponibile per essere sempre portatrice e ispiratrice di sentimenti di comprensione reciproca, di dialogo e di solidarietà. È attraverso una vera educazione alla pace che i cuori potranno infine aprirsi e le menti impegnarsi decisamente nell'edificazione di società fondate sulla fraternità e il rispetto reciproco nella giustizia. Il dialogo interreligioso è anche un mezzo privilegiato per progredire sulla via della pace. La ricerca di un dialogo vero e fiducioso con l'Ebraismo e con l'Islam è una delle grandi urgenze alle quali la Chiesa non può sottrarsi, per il bene di tutti i popoli della regione. Una tale

202 disposizione deve anche contribuire a garantire una vera libertà religiosa, affinché nessuno possa essere oggetto di discriminazione ed emarginazione a causa del proprio credo religioso, e che lo statuto speciale accordato a una religione non danneggi le altre. Vorrei infine ricordare ancora una volta le situazioni drammatiche che conoscono altri Paesi della vostra regione. In Iraq l'embargo continua a mietere vittime, troppi innocenti pagano le conseguenze di una guerra nefasta i cui effetti continuano a ricadere sulle persone più deboli e indifese. Il flusso di profughi dal Sudan verso l'Egitto è in forte aumento. Urge dunque trovare delle soluzioni per accogliere dignitosamente le persone rifugiate e per permettere a queste popolazioni una buona integrazione, oltre a fornire un'assistenza spirituale ai numerosi cristiani che si trovano tra di esse. Il mio pensiero va anche alla comunità cattolica in Somalia, che in passato è stata vittima di numerose violenze, nella speranza che si possa finalmente riprendere un'attività ecclesiale normale in questo Paese. A tutte queste comunità, a tutti i popoli della regione esprimo nuovamente l'attenzione e l'affetto che nutre per loro il Successore di Pietro.

Affido voi e le vostre Diocesi all'intercessione della Vergine Maria Cari fratelli nell'Episcopato, alla fine del nostro incontro vi esprimo la mia viva gratitudine per il lavoro pastorale che ciascuno di voi svolge con devozione e profondo amore per la Chiesa, al servizio del popolo che gli è stato affidato, spesso trovandosi ad affrontare situazioni molto difficili e a volte nella solitudine. Ritornando a casa vostra, portate a tutti i fedeli cattolici, siano essi di rito latino o orientale, il saluto e l'affetto del Papa. Egli vi accompagna con la sua preghiera e vi invita a coltivare sempre più i legami d'amore e di collaborazione tra le comunità cattoliche. Che questo augurio sia il migliore incoraggiamento per il vostro rientro nelle vostre Chiese particolari! Affido voi e le vostre Diocesi all'intercessione della Vergine Maria, Regina della Pace. Ella vi protegga e vi guidi nel vostro cammino! A ciascuno di voi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli laici delle vostre Diocesi, imparto di cuore particolare benedizione apostolica.

203 I VIAGGI APOSTOLICI

Sei i paesi appartenenti alla Celra, visitati da Giovanni Paolo II: il Libano dal 10 all‟11 maggio 1997; l‟Egitto in occasione del Pellegrinaggio giubilare al Monte Sinai sulle orme di Mosè e della Sacra Famiglia dal 24 al 26 febbraio 2000; Giordania, Israele e Territori Autonomi Palestinesi per il Pellegrinaggio giubilare in Terra Santa dal 20 al 26 marzo 2000. Infine la Siria, dal 5 al 9 maggio 2001, per il Pellegrinaggio Giubilare “sulle orme di San Paolo Apostolo”.

Viaggio apostolico di Giovanni Paolo II in Libano (Beirut) 10 - 11maggio 1997 (91° viaggio internazionale)

CERIMONIA DI BENVENUTO Aeroporto di Beirut—10 maggio 1997

Allah iuberekum! (Dio vi benedica!) Esprimo, altresì, la mia gratitudine alle massime Autorità dello Stato, in particolare a Sua Eccellenza il Signor Presidente del Parlamento e a Sua Eccellenza il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri. Sono grato per la loro calorosa accoglienza ai Patriarchi e ai Vescovi cattolici, come pure agli altri Capi religiosi cristiani, musulmani e drusi, alle Autorità civili e militari, e a tutti gli amici libanesi. Saluto i figli e le figlie di questa terra che hanno voluto prendere parte a questa cerimonia attraverso la radio o la televisione. Allah iuberekum! (Dio vi benedica!) Paolo VI Come non ricordare innanzitutto lo scalo che il Papa Paolo VI volle fare a Beirut, il 2 dicembre 1964, mentre si recava a Bombay? Egli manifestava in tal modo la sua particolare attenzione verso il Libano, mostrando che la Santa Sede stima ed ama questa terra e i suoi abitanti. Oggi, con grande emozione, bacio la terra libanese in segno di amicizia e di rispetto. Vengo a casa vostra, cari Libanesi, come un amico che viene a visitare un popolo che vuole sostenere nel suo quotidiano cammino. Come amico del Libano vengo a incoraggiare i

204 figli e le figlie di questa terra d'accoglienza, questo Paese di antica tradizione spirituale e culturale, desideroso d'indipendenza e di libertà. Al limitare del terzo millennio, il Libano, pur conservando le sue ricchezze specifiche e la propria identità, deve essere pronto ad aprirsi alle nuove realtà della moderna società e ad occupare il suo posto nel concerto delle Nazioni.

Il Libano è chiamato a volgersi risolutamente verso l'avvenire Durante gli anni di guerra, con tutta la Chiesa ho seguito attentamente i momenti difficili attraversati dal popolo libanese e mi sono associato con la preghiera alle sofferenze che esso sopportava. In numerose circostanze, sin dall'inizio del mio pontificato, ho invitato la comunità internazionale ad aiutare i Libanesi a ritrovare la pace, all'interno di un territorio nazionale riconosciuto e rispettato da tutti, e a favorire la ricostruzione di una società di giustizia e di fraternità. A giudicare umanamente, numerose persone sono morte invano a causa del conflitto. Alcune famiglie sono state separate. Alcuni Libanesi sono dovuti andare in esilio, lontano dalla loro patria. Persone di cultura e di religione differenti, che vivevano rapporti di intesa e di buon vicinato, si sono trovati separati e persino duramente contrapposti. Questo periodo, che è finalmente passato, resta presente nel ricordo di tutti e lascia numerose ferite nei cuori. Tuttavia, il Libano è chiamato a volgersi risolutamente verso l'avvenire, liberamente determinato dalla scelta dei suoi abitanti. In questo spirito, vorrei rendere omaggio ai figli ed alle figlie di questa terra che, nei periodi travagliati che ho appena ricordato, hanno dato l'esempio della solidarietà, della fraternità, del perdono e della carità, mettendo persino in pericolo la loro vita. Rendo omaggio, in particolare, all'atteggiamento di numerose donne, tra le quali anche madri di famiglia, che sono state fautrici di unità, educatrici alla pace ed alla convivialità, indomite sostenitrici del dialogo tra i gruppi umani e tra le generazioni.

L'impegno comune e di tutti per la pace Da questo momento, ognuno è invitato ad impegnarsi per la pace, per la riconciliazione e la vita fraterna, realizzando per la sua parte gesti di perdono e lavorando al servizio della comunità nazionale, affinché mai più la violenza abbia la meglio sul dialogo, la paura e lo scoraggiamento sulla fiducia, il rancore sull'amore fraterno. In questo

205 nuovo Libano che a poco a poco state rifondando, occorre dare un posto ad ogni cittadino, in particolare a quanti, animati da un legittimo sentimento patriottico, desiderano impegnarsi nell'azione politica o nella vita economica. Da questo punto di vista, la condizione previa ad ogni azione effettivamente democratica è costituita dal giusto equilibrio tra le forze vive della Nazione, secondo il principio di sussidiarietà che esige la partecipazione e la responsabilità di ciascuno nelle decisioni. D'altronde, la gestione della "res publica" poggia sul dialogo e sull'intesa, non per far prevalere interessi particolari o per mantenere privilegi, ma perchè ogni azione sia un servizio ai fratelli, indipendentemente dalle differenze culturali e religiose.

L'Assemblea speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi Il 12 giugno 1991 annunciai la convocazione dell'Assemblea speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi. Dopo numerose tappe di riflessione e di condivisione all'interno della Chiesa Cattolica in Libano, essa si è riunita nel novembre e nel dicembre 1995. Oggi, sono venuto presso di voi per celebrare solennemente la fase conclusiva dell'Assemblea sinodale. Porto ai cattolici, ai cristiani delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, e a tutti gli uomini di buona volontà, il frutto dei lavori dei Vescovi, arricchito dai dialoghi cordiali con i delegati fraterni: l'Esortazione apostolica post sinodale "Una speranza nuova per il Libano". Questo documento, che firmerò stasera davanti ai giovani, non è una conclusione, nè un punto d'arrivo del cammino intrapreso. Al contrario, è un invito per tutti i Libanesi ad aprire con fiducia una pagina nuova della loro storia. E' il contributo della Chiesa universale ad una più grande unità nella Chiesa cattolica in Libano, al superamento delle divisioni tra le differenti Chiese e allo sviluppo del Paese, al quale tutti i Libanesi sono chiamati a partecipare.

INCONTRO CON I GIOVANI Basilica di Nostra Signora del Libano (Harissa) 10 maggio 1997

Cari Giovani del Libano! Sono particolarmente lieto di incontrarvi questa sera, nel corso del mio viaggio apostolico nel vostro Paese. (…) Sono particolarmente sensibile alle parole che, tramite i vostri portavoce, mi andrete ad indirizzare con franchezza e fiducia. Comprendo le aspirazioni che vi

206 animano e la vostra impazienza di fronte alla situazione quotidiana che vi sembra di non poter cambiare. Scopro così i volti di ragazzi e ragazze che, con tutto l'ardore e lo slancio della loro giovinezza, hanno il profondo desiderio di guardare verso il futuro, pregando il Signore di dare loro forza e coraggio, di comunicare loro il suo amore e la sua speranza, come chiedemmo nella preghiera di apertura della nostra celebrazione. Costantemente, negli scorsi anni, vi ho sostenuto con la preghiera, implorando Cristo di assistervi nel cammino verso la pace e nella vita personale e sociale.

I pellegrini di Emmaus Stiamo per ascoltare il racconto evangelico sui discepoli di Emmaus. La loro esperienza può aiutarvi, perchè assomiglia a quella di ciascuno di voi. Rattristati dagli avvenimenti della Settimana santa, disorientati dalla morte di Gesù e delusi per non poter realizzare le loro attese, i due discepoli decidono di lasciare Gerusalemme il giorno di Pasqua e di ritornare al loro villaggio. La speranza suscitata da Cristo nel corso dei tre anni del suo ministero in Terra santa sembra essersi annullata con la sua morte. Tuttavia, camminando lungo la strada, i pellegrini di Emmaus ricordano il messaggio del Signore, messaggio d'amore e di carità fraterna, messaggio di speranza e di salvezza. Essi conservano nel cuore il ricordo dei fatti e dei gesti da Lui compiuti durante la sua vita pubblica, dalle rive del Giordano fino al Golgota, passando per Tiro e Sidone. Entrambi si ricordano delle parole e degli incontri col Signore, che manifestava la sua tenerezza, la sua compassione ed il suo amore nei confronti di ogni essere umano. Tutti erano colpiti dal suo insegnamento e dalla sua bontà. Aldilà della bruttura del peccato, Cristo sapeva cogliere la bellezza interiore dell'essere creato ad immagine di Dio. Sapeva percepire il desiderio profondo di verità e la sete di felicità che abitano nell'anima di ogni persona. Col suo sguardo, con la mano tesa e la parola di conforto, Gesù chiamava ciascuno a rialzarsi dopo aver sbagliato, perchè ogni persona ha un valore che supera ciò che essa ha fatto e non c'è peccato che non possa venir perdonato. Ricordando tutto questo, i discepoli incominciano così a meditare la Buona Novella recata dal Messia.

207 La morte è vinta, la via della vita eterna è definitivamente aperta Lungo il cammino sulla strada di Emmaus, mentre riflettono sulla persona di Cristo, sulla sua parola e sulla sua vita, i discepoli sono raggiunti dal Risorto stesso, che rivela loro la profondità delle Scritture e fa loro scoprire il disegno di Dio. Gli avvenimenti di Gerusalemme la morte sulla croce e la risurrezione recano la salvezza ad ogni uomo. La morte è vinta, la via della vita eterna è definitivamente aperta. Ma i due uomini non riconoscono ancora il Signore. Il loro cuore è ottenebrato e turbato. Solo al termine della strada, quando Gesù spezza per loro il pane, quando ripete il gesto della Cena, memoriale del suo sacrificio, i loro occhi si aprono per accogliere la verità: Gesù è risorto; li precede per le vie del mondo. La speranza non è morta. Subito, ritornano a Gerusalemme ad annunciare la Buona Notizia. Forti di queste promesse, anche noi sappiamo che Cristo è vivo e realmente presente in mezzo ai suoi fratelli, tutti i giorni e fino alla fine dei tempi.

Cari giovani, non abbiate paura di lasciarvi raggiungere da Cristo Cristo ripercorre senza sosta questo cammino di Emmaus, questo cammino sinodale con la sua Chiesa; infatti, la parola "sinodo" significa camminare insieme. Ha rifatto questo cammino con i pastori della Chiesa cattolica del Libano, nel corso dell'Assemblea Speciale che si è tenuta a Roma in novembre e dicembre 1995. Cari giovani, egli vuole rifarlo anche con voi. Con voi, perchè il Sinodo dei Vescovi per il Libano è stato fatto proprio per voi: il futuro siete voi. Quando voi svolgete il vostro compito quotidiano, nello studio o nel lavoro, quando servite i fratelli, quando condividete insieme i dubbi e le speranze, quando meditate la Scrittura, da soli o nella Comunità, quando voi partecipate all'Eucaristia, Cristo vi raggiunge; cammina al vostro fianco; è vostra forza, vostro cibo e vostra luce. Cari giovani, nella vita di tutti i giorni, non abbiate paura di lasciarvi raggiungere da Cristo, sul modello dei discepoli di Emmaus. Nella vita personale, nella vita ecclesiale, il Signore vi accompagna e infonde in voi la sua speranza. Cristo ha fiducia in voi, perchè siate responsabili della vostra esistenza e di quella dei vostri fratelli e sorelle, del futuro della Chiesa nel Libano e del futuro del vostro Paese. Viva la pace. Oggi e domani, Gesù vi invita a lasciare i vostri sentieri per fare la strada con

208 lui, uniti con tutti i fedeli della Chiesa cattolica e con tutto il popolo libanese.

Allora accettate di seguire Cristo? (...) Se accettate di seguire Cristo e di lasciarvi afferrare da lui, Egli vi mostrerà che il mistero della sua morte e risurrezione è la chiave di lettura per eccellenza della vita cristiana e della vita umana. Infatti, in ogni esistenza, vi sono dei tempi in cui Dio sembra fare silenzio come nella notte del Giovedì santo; tempi di sgomento come il giorno del Venerdì santo, in cui Dio sembra abbandonare quelli che ama; tempi di luce come l'alba del mattino di Pasqua, che ha visto la vittoria definitiva della vita sulla morte. Sull'esempio di Cristo, che ha consegnato la sua vita nelle mani del Padre, è ponendo la vostra fiducia in Dio che voi farete grandi cose. Perchè, se contiamo unicamente su noi stessi, i nostri progetti fanno apparire troppo spesso interessi particolari e parziali. Ma tutto può cambiare quando si conta anzitutto sul Signore, che viene a trasformare, purificare e pacificare l'essere interiore. I cambiamenti ai quali aspirate nella vostra terra necessitano anzitutto e soprattutto di cambiamenti nei cuori. In realtà, spetta a voi far cadere i muri che hanno potuto erigersi durante i periodi dolorosi della storia della vostra Nazione; non innalzate nuovi muri nel vostro Paese! Al contrario, è vostro compito costruire dei ponti tra le persone, tra le famiglie e tra le diverse comunità. Nella vita quotidiana, vi auguro di porre gesti di riconciliazione, per passare dalla diffidenza alla fiducia! E' vostro compito anche far sì che ogni Libanese, in particolare ogni giovane, possa partecipare alla vita sociale, nella casa comune. Così nascerà una nuova fraternità e si intrecceranno solidi legami, poiché per la costruzione del Libano l'arma principale e determinante è quella dell'amore. Attingendo dall'intimità con il Signore, sorgente dell'amore e della pace, sarete a vostra volta artigiani di pace e d'amore. Da questo, ci dice l'Apostolo, saremo riconosciuti come suoi discepoli.

Giovani, firmerò davanti a voi l'Esortazione apostolica post- sinodale Voi siete la ricchezza del Libano, voi che avete sete di pace e di fraternità, e che avete il desiderio di impegnarvi ogni giorno per questa terra alla quale siete profondamente attaccati. Con i vostri genitori, i vostri educatori e tutti gli adulti che hanno responsabilità

209 sociali ed ecclesiali, siete chiamati a preparare il Libano di domani, per farne un popolo unito, con la sua diversità culturale e spirituale. Il Libano è un'eredità colma di promesse. Impegnatevi ad acquisire una solida educazione civica e morale, per essere pienamente consapevoli delle vostre responsabilità nella ricostruzione nazionale. Tra gli elementi che creano l'unità in seno ad una nazione, vi è il senso del dialogo con tutti i fratelli, nel rispetto delle sensibilità specifiche e delle differenti storie comunitarie. Lungi dall'allontanare le persone le une dalle altre, questo atteggiamento fondamentale di apertura è uno degli elementi morali essenziali della vita democratica ed uno degli strumenti essenziali dello sviluppo delle solidarietà, per ricomporre il tessuto sociale e per dare nuovo slancio alla vita nazionale. Per manifestarvi la mia stima e la mia fiducia, tra qualche istante, al termine dell'omelia, firmerò davanti a voi l'Esortazione apostolica post-sinodale. Con le vostre riflessioni voi avete apportato un notevole contributo alla preparazione dell'Assemblea, nella quale voi siete stati anche rappresentati ed ascoltati. Oggi, io vi scelgo come testimoni privilegiati e come depositari del messaggio di rinnovamento di cui la Chiesa ed il vostro Paese hanno bisogno. Vi esorto a prendere con ardore parte attiva all'attuazione degli orientamenti dell'Assemblea sinodale. Con i Patriarchi e i Vescovi, pastori del gregge, con i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e con l'intero popolo cristiano, voi avete il compito di essere i testimoni del Risorto con la parola e con tutta la vostra vita. Nella comunità cristiana, ciascuno di voi è chiamato ad assumere una parte di responsabilità. Ascoltando Cristo che vi chiama e che vuole assicurare la riuscita della vostra esistenza, risponderete alla vostra vocazione particolare, nel sacerdozio, nella vita consacrata o nel matrimonio. In ogni stato di vita, impegnarsi a seguire il Signore è fonte di grande gioia.

Imploriamo la Vergine Maria, Nostra Signora del Libano La chiesa in cui ci troviamo è posta in cima al monte: essa è visibile per gli abitanti di Beirut e della regione, e per i visitatori che giungono nella vostra terra; allo stesso modo, possa anche la vostra testimonianza essere per i vostri amici un esempio luminoso! Non dimenticate la vostra identità cristiana e la vostra condizione di discepoli del Signore. E' la vostra gloria; è la vostra speranza; è la vostra missione. Ricevete l'Esortazione come un dono che la Chiesa

210 universale fa alla Chiesa nel Libano ed al vostro Paese, con la certezza che il vostro dinamismo e il vostro coraggio daranno luogo a trasformazioni profonde in voi e nell'intera società. Abbiate fede e speranza in Cristo. In Lui, non sarete delusi. Imploriamo la Vergine Maria, Nostra Signora del Libano, di vegliare sul vostro Paese e sui suoi abitanti, e di assistervi con la sua tenerezza materna, perchè siate i degni eredi dei santi della vostra terra. Contribuirete così a far rifiorire il Libano, Paese che fa parte dei Luoghi santi che Dio ama, perchè è venuto a porvi la sua dimora e a ricordarci che dobbiamo costruire la città terrena con lo sguardo fisso sui valori del Regno.

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA A CONCLUSIONE DEL SINODO DEI VESCOVI Spianata della base navale (Beirut) 11 maggio 1997

Oggi, io saluto il Libano (...) Già da lungo tempo, desideravo venire tra voi, e per tante ragioni! Giungo nel vostro paese solamente oggi, per concludere l'Assemblea speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi. Quasi due anni fa, l'Assemblea sinodale svolse i propri lavori a Roma. Ma la sua parte solenne, la pubblicazione del documento post-sinodale, ha luogo ora, qui in Libano. Queste circostanze mi permettono di essere nella vostra terra, per la prima volta, e di dirvi l'amore che la Chiesa e la Sede Apostolica nutrono verso la vostra nazione, verso tutti i Libanesi: verso i cattolici dei differenti riti maronita, melkita, armeno, caldeo, siro, latino, verso i fedeli appartenenti alle altre Chiese cristiane, come i musulmani e i drusi, che credono nell'unico Dio. Dal profondo del cuore, vi saluto tutti, in questa circostanza così importante. Vogliamo ora presentare a Dio i frutti del Sinodo per il Libano.

Tiro e Sidone. In questa assemblea straordinaria, vogliamo dichiarare davanti al mondo l'importanza del Libano, la sua missione storica, compiuta attraverso i secoli: paese di numerose confessioni religiose, il Libano ha mostrato che queste differenti confessioni possono vivere insieme nella pace, nella fraternità e nella collaborazione; ha mostrato che si può rispettare il diritto di ogni uomo alla libertà religiosa; che tutti

211 sono uniti nell'amore per questa patria che è maturata nel corso dei secoli, conservando l'eredità spirituale dei padri, specialmente del monaco san Marone.. Siamo qui nella regione che i piedi di Cristo, Salvatore del mondo, calcarono duemila anni fa. La Sacra Scrittura ci informa che Gesù andò a predicare al di là dei limiti della Palestina d'allora, che visitò anche il territorio delle dieci città della Decapoli in particolare Tiro e Sidone e che vi compì dei miracoli. Fratelli e Sorelle Libanesi, il Figlio stesso di Dio fu il primo evangelizzatore dei vostri avi. Si tratta di un privilegio straordinario. Parlando di Tiro e di Sidone, non posso tralasciare di menzionare le grandi sofferenze conosciute dalle loro popolazioni. Chiedo oggi a Gesù di mettere fine a questi dolori e imploro da Lui la grazia di una pace giusta e definitiva in Medio Oriente nel rispetto dei diritti e delle aspirazioni di tutti.

Il Libano è dunque un paese biblico Ascoltando l'odierno Vangelo, il Vangelo delle otto Beatitudini contenute nel Discorso della Montagna, non possiamo dimenticare che l'eco di queste parole di salvezza, pronunciate un giorno in Galilea, è giunto presto fin qui. Gli autori dell'Antico Testamento si rivolgevano spesso nei loro scritti verso i monti del Libano e dell'Ermon, che vedevano all'orizzonte. Il Libano è dunque un paese biblico. Trovandosi molto vicino ai luoghi dove Gesù compì la sua missione, fu tra i primi paesi a ricevere la Buona Novella, la Buona Novella che i vostri avi hanno ricevuto dalla bocca del Salvatore. Certamente, i vostri avi hanno appreso mediante la predicazione evangelica, in particolare attraverso le missioni di san Paolo, la storia della salvezza, gli avvenimenti che si sono succeduti dalla domenica delle Palme al Venerdì Santo, alla Domenica di Pasqua. Il Cristo fu crocifisso, deposto nella tomba, ma risuscitò il terzo giorno. Il Mistero pasquale di Gesù Cristo costituisce il cuore stesso della storia della salvezza, come mostra bene, durante la Messa, l'acclamazione paolina dopo la consacrazione: "Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta". Tutta la Chiesa attende la sua venuta, in Oriente ed in Occidente. I figli e le figlie del Libano attendono la sua nuova venuta nella gloria. Tutti noi viviamo l'Avvento degli ultimi tempi della storia e tutti cerchiamo di preparare la venuta di Cristo, di edificare il Regno di Dio da lui annunciato.

212 Ritornarono al Cenacolo e vi rimasero in preghiera La prima lettura di questa liturgia, tratta dagli Atti degli Apostoli, ci ricorda il periodo seguente all'Ascensione di Cristo al cielo, quando gli Apostoli, secondo la sua raccomandazione, ritornarono al Cenacolo e vi rimasero in preghiera, con la Madre di Gesù ed i fratelli e le sorelle della comunità primitiva che fu il primo nucleo della Chiesa (cfr At 1, 12-14). Ogni anno, dopo l'Ascensione, la Chiesa rivive questa prima novena, la novena allo Spirito Santo. Gli Apostoli, riuniti nel Cenacolo con la Madre di Cristo, pregano perchè si compia la promessa loro fatta dal Cristo risorto: "Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni" (At 1, 8). Questa prima novena apostolica allo Spirito Santo è il modello di ciò che fa la Chiesa ogni anno. La Chiesa prega così: "Veni, Creator Spiritus!." "Vieni, o Spirito creatore, visita le nostre menti, riempi della tua grazia i cuori che hai creato. Ripeto con emozione questa preghiera della Chiesa universale insieme con voi, cari Fratelli e Sorelle, figli e figlie del Libano. Noi abbiamo fiducia: lo Spirito Santo rinnoverà la faccia della vostra terra, rinnoverà la pace sulla terra.

Si è parlato spesso del "Libano martire" Nella Lettera che leggiamo oggi, san Pietro scrive: "Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perchè anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perchè lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi" (1 Pt 4, 13-14). Si è parlato spesso del "Libano martire", soprattutto durante il periodo della guerra che ha segnato il vostro paese più di dieci anni fa. In questo contesto storico, le parole di san Pietro possono ben applicarsi a tutti coloro che hanno sofferto in terra libanese. L'Apostolo scrive: "Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi" perchè lo Spirito di Dio riposa su di voi, ed è lo Spirito della gloria (cfr Ibid.). Non dimentico che siamo radunati nelle vicinanze del cuore storico di Beirut, la Piazza dei Martiri; ma voi l'avete chiamata anche Piazza della Libertà e Piazza dell'Unità. Ne sono certo, le sofferenze degli anni passati non saranno vane; esse fortificheranno la vostra libertà e la vostra unità. Oggi, la parola di Gesù ispira la nostra preghiera. Preghiamo perchè coloro che piangono siano consolati, perchè i misericordiosi ottengano misericordia (cfr Mt 5, 5.7), perchè, ricevendo il perdono del Padre, tutti accettino a loro volta di

213 perdonare le offese. Preghiamo perchè i figli e le figlie di questa terra siano felici d'essere artefici di pace e d'essere chiamati figli di Dio (cfr Mt 5, 9). Se, attraverso la sofferenza, partecipiamo alla passione di Cristo, avremo anche parte alla sua gloria. Spirito di Dio, la tua forza riunisca tutti i figli di questa terra Lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù Cristo, è uno Spirito di gloria. Preghiamo oggi perchè questa gloria divina avvolga tutti coloro che in terra libanese conoscono la sofferenza. Preghiamo perchè essa divenga un germe di forza spirituale per voi tutti, per la Chiesa e per la nazione, affinché il Libano possa svolgere il proprio ruolo nel Medio Oriente, tra le nazioni vicine e con tutte le nazioni del mondo. Spirito di Dio, infondi la tua luce ed il tuo amore nei cuori per portare a compimento la riconciliazione tra le persone, in seno alle famiglie, tra vicini, nelle città e nei villaggi ed in seno alle istituzioni della società civile! Spirito di Dio, la tua forza riunisca tutti i figli di questa terra perchè camminino insieme con coraggio e tenacia sulla strada della pace e della convivialità, nel reciproco rispetto per la dignità e la libertà delle persone, in vista del pieno sviluppo di ciascuno e del bene dell'intero paese! Spirito di Dio, concedi alle famiglie libanesi di sviluppare i doni di grazia del matrimonio! Concedi ai giovani di formare la loro personalità con fiducia e di prendere coscienza delle loro responsabilità nella Chiesa e nella città! Spirito di Dio, fa' che i fedeli del Libano consolidino l'unità di ciascuna delle Chiese patriarcali, dell'intera Chiesa cattolica nel Libano! Aiutali a compiere nuovi passi sul cammino della piena unità di tutti coloro che hanno ricevuto il dono di credere in Cristo Salvatore! Spirito di Dio, Tu che sei chiamato "Consolatore, Sorgente viva, Fuoco, Carità", manifesta in questo popolo i frutti attesi dall'Assemblea sinodale! Spirito di luce e d'amore, sii per i figli e le figlie del Libano sorgente di forza, di vigore spirituale, specialmente in quest'ora storica, alle soglie del terzo millennio cristiano! Vieni Spirito di Dio.Veni Sancte Spiritus! Amen.

214 REGINA COELI Spianata della base navale (Beirut) 11 maggio 1997

Affido a Nostra Signora del Libano tutti i figli e le figlie del Paese La Madre del Signore, presente ai piedi della Croce e nel Cenacolo della Pentecoste, raccolga nella fede, nella speranza e nell'amore i suoi figli che vivono in questo Paese o sparsi nel mondo! Assista i Pastori nel loro ministero! Sostenga la fedeltà orante e il servizio caritativo dei monaci e delle monache, dei religiosi e delle religiose! Accompagni i laici nella loro vita ecclesiale e nel servizio alla società! Irrobustisca le famiglie nell'unità dell'amore e nella dedizione alla loro missione educativa! Guidi i giovani sulle strade della vita! Nella sua materna tenerezza, Maria dia conforto ai poveri, a quanti soffrono nel corpo o nello spirito, ai prigionieri e ai rifugiati! Nostra Signora del Libano, veglia sull'intero popolo di questa terra così provata! A te lo affida il Successore di Pietro, qui giunto per portare a tutti un messaggio di fiducia e di speranza. Possa avverarsi, sulla soglia del nuovo millennio cristiano, il messaggio profetico di Isaia: "Ancora un poco e il Libano si cambierà in un frutteto e il frutteto sarà considerato una selva" (Is 29, 17)! Concedi, o Vergine Santissima, a questo popolo antico e pur sempre giovane di mantenersi degno erede della sua illustre storia, costruendo con dinamismo il suo avvenire nel dialogo con tutti, nel rispetto reciproco dei diversi gruppi, nella concordia fraterna! Regina della pace, proteggi il Libano! Regina della pace, noi ti preghiamo, ascoltaci! Grazie per la vostra partecipazione così numerosa, gioiosa e affettuosa. Dio benedica il Libano!

INCONTRO CON I PATRIARCHI E I VESCOVI Residenza patriarcale maronita di Bkerké 11 maggio 1997

Un Sinodo per l'Asia minore Abbiamo parlato e abbiamo citato molte persone. Vorrei sottolineare che la conclusione attuale dell'Assemblea Sinodale per il Libano segna un ulteriore passo nel cammino sinodale, se si può dire così. Non è

215 solo un Sinodo tradizionale, ma anche un Sinodo regionale. Il Sinodo per il Libano è un Sinodo regionale, non solo per il Paese, ma anche un po' per l'Asia minore. (…) Spero che abbia servito bene il Sinodo dei Vescovi in questo periodo decisivo, perché‚ è stato il primo e perché‚ l'idea sinodale acquisterà sempre più senso e farà un grande progresso. Questo vuol dire che se la Chiesa di Roma non è una Chiesa sinodale, tuttavia si attribuisce un'importanza sempre maggiore al Sinodo dei Vescovi. Si tratta di una Chiesa sinodale in un senso differente, ma in ogni caso è una Chiesa sinodale in cui il Sinodo dei Vescovi svolge un ruolo importante. Questo ci spinge ad avvicinarci ai nostri fratelli ortodossi. In questo spirito attendo le Loro Beatitudini questo pomeriggio: ci incontreremo e parleremo con i Patriarchi Ortodossi che hanno voluto partecipare a questa solennità e hanno voluto partecipare anche al Sinodo almeno attraverso i loro rappresentanti. Sono stato particolarmente contento di questo incontro. Grazie di tutto.

CERIMONIA DI CONGEDO Aeroporto di Beirut 11 maggio 1997

L'amore di voi tutti verso la patria Il mio ringraziamento si estende alle Autorità civili e militari, ai responsabili delle varie Chiese e Comunità ecclesiali, per le premure dimostratemi nel corso dei due giorni trascorsi in questo bel Paese, così caro al mio cuore. Esprimo pure la mia viva gratitudine e la mia riconoscenza ai membri dei servizi di sicurezza e a tutti i volontari che, con generosità, efficacia e discrezione, hanno contribuito alla riuscita di questa visita. Nel corso delle celebrazioni e dei diversi incontri che ho potuto avere, ho constatato l'amore profondo che i cattolici libanesi e tutti i loro connazionali hanno verso la loro patria, come pure il loro attaccamento alla sua cultura e alle sue tradizioni. Sono rimasti fedeli alla loro terra e al loro patrimonio in numerose circostanze, e continuano a manifestare ancora oggi la stessa fedeltà. Li esorto a proseguire su tale via, offrendo in questa regione e nel mondo un esempio di convivialità tra le culture e le religioni, in una società dove ogni persona e tutte le diverse comunità sono considerate sullo stesso piano.

216 Il mio appello. Prima di lasciare il vostro suolo, rinnovo il mio appello alle Autorità e all'intero popolo del Libano, affinché si sviluppi un nuovo ordine sociale fondato sui valori morali essenziali, con la preoccupazione di garantire la priorità della persona e dei gruppi umani nella vita nazionale e nelle decisioni comunitarie; tale attenzione all'uomo, che appartiene per natura all'anima libanese, porterà frutti di pace nel paese e nella regione. Esorto i dirigenti delle nazioni al rispetto del diritto internazionale, in particolar modo nel Medio Oriente, affinché siano garantite la sovranità, l'autonomia legittima e la sicurezza degli Stati, e siano rispettati il diritto e le comprensibili aspirazioni dei popoli. Nel salutare gli sforzi della comunità internazionale nella regione, auspico che il processo per cercare una pace giusta e duratura continui ad essere sostenuto con determinazione, coraggio e coerenza. Faccio voti inoltre che gli sforzi vengano proseguiti e intensificati, in modo da sostenere la crescita del Paese e il cammino del Libano verso una società sempre più democratica, nella piena indipendenza delle sue istituzioni e nel riconoscimento delle sue frontiere, condizioni indispensabili per garantirne l'integrità. Ma nulla potrà essere fatto se tutti i cittadini del Paese non si impegneranno, ciascuno per la sua parte, sulla via della giustizia, dell'equità e della pace nella vita politica, economica e sociale, come pure nella condivisione delle responsabilità in seno alla vita sociale.

Il saluto e la mia gratitudine Desidero ancora una volta esprimere la mia viva gratitudine ai Patriarchi, ai Vescovi libanesi, al clero, ai religiosi e alle religiose, come pure ai laici della Chiesa cattolica che con intensità hanno preparato la mia venuta. A tutti loro ho consegnato l'Esortazione apostolica post-sinodale, perchè li guidi e li sostenga nel cammino spirituale e negli impegni a fianco dei loro fratelli. Sensibile all'accoglienza dei cattolici libanesi, dei quali ho potuto apprezzare la vitalità pastorale, vorrei assicurarli del mio affetto e della mia profonda comunione spirituale e invitarli ad essere testimoni misericordiosi dell'amore di Dio e messaggeri di pace e di fraternità. Il mio rispettoso saluto si rivolge pure ai Capi delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, a tutti i cristiani delle altre confessioni, ai credenti dell'Islam, auspicando che tutti proseguano nel dialogo religioso e nella collaborazione, per manifestare che le convinzioni religiose sono

217 sorgente di fraternità e per testimoniare che una vita conviviale è possibile, per amore di Dio, dei fratelli e della patria.

Pellegrinaggio giubilare al Monte Sinai (Egitto) sulle orme di Mosè e della Sacra Famiglia 24—26 febbraio 2000 (90° Viaggio internazionale)

Discorso durante la cerimonia di benvenuto Aeroporto internazionale del Cairo 24 febbraio 2000

As-salámu 'aláikum - La pace sia con voi! Attendo da molti anni di poter celebrare il bimillenario della nascita di Gesù Cristo recandomi in pellegrinaggio a pregare sui luoghi legati in modo speciale agli interventi di Dio nella storia. Il mio pellegrinaggio giubilare mi porta oggi in Egitto. Grazie, signor Presidente, per avermi dato la possibilità di venire qui e di andare dove Dio ha rivelato il suo nome a Mosè e ha offerto la sua Legge quale segno della sua grande misericordia e dell'amore verso le Sue creature. Apprezzo molto le sue cordiali parole di benvenuto. Questa è la terra di una civiltà che ha 5.000 anni, conosciuta in tutto il mondo per i suoi monumenti e per la sua conoscenza della matematica e dell'astronomia. Questa è la terra nella quale diverse culture si sono incontrate e mescolate, rendendo l'Egitto famoso per la sua saggezza e il suo sapere. In tempi cristiani, la Città di Alessandria, dove fu fondata la Chiesa dall'Evangelista Marco, discepolo di Pietro e di Paolo, ha donato noti scrittori ecclesiastici come Clemente e Origene e grandi Padri della Chiesa come Atanasio e Cirillo. La fama di santa Caterina di Alessandria sopravvive nella devozione cristiana e nel nome di molte chiese in tutte le parti del mondo. L'Egitto, con sant'Antonio e san Pacomio, fu il luogo di nascita del monachesimo, che ha svolto un ruolo essenziale nel tutelare le tradizioni spirituali e culturali della Chiesa.

"L'Egitto non è la terra natale nella quale viviamo, ma la terra natale che vive in noi"

218 L'avvento dell'Islam ha portato splendide opere d'arte e insegnamenti che hanno esercitato un'influenza determinante sul mondo arabo e sull'Africa. Il popolo d'Egitto ha perseguito per secoli l'ideale dell'unità nazionale. Le differenze di religione non hanno mai costituito un ostacolo, ma piuttosto una forma di arricchimento reciproco al servizio dell'unica comunità nazionale. Ricordo bene le parole di Papa Shenouda III: "L'Egitto non è la terra natale nella quale viviamo, ma la terra natale che vive in noi". L'unità e l'armonia della nazione sono un valore prezioso che tutti i cittadini dovrebbero tutelare e che i responsabili politici e religiosi devono continuamente promuovere nella giustizia e nel rispetto dei diritti di tutti. Signor Presidente, il suo impegno per la pace nel Paese e in tutto il Medio Oriente è ben noto. Lei ha avuto una funzione importante nel far progredire il processo di pace nella regione. Tutti gli uomini e le donne ragionevoli apprezzano gli sforzi compiuti finora e sperano che la buona volontà e la giustizia prevalgano, affinché tutti i popoli di questa area unica del mondo vedano i propri diritti rispettati e le loro legittime aspirazioni soddisfatte. La mia visita al Monastero di Santa Caterina, ai piedi del Monte Sinai, sarà un momento di preghiera intensa per la pace e l'armonia interreligiosa. Fare del male, promuovere la violenza e lo scontro in nome della religione è una contraddizione terribile e una grande offesa a Dio. Tuttavia, la storia passata e presente ci offre molti esempi di questo abuso della religione. Dobbiamo tutti operare per rafforzare l'impegno crescente a favore del dialogo interreligioso, un grande segno di speranza per i popoli del mondo. As-salámu 'aláikum - La pace sia con voi! Così saluto tutti voi. Questa è la preghiera che elevo per l'Egitto e per il suo popolo. he l'Altissimo benedica la vostra terra con la concordia, la pace e la prosperità!

SANTA MESSA NEL PALAZZO DELLO SPORT CAIRO—25 febbraio 2000

"Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio" (Mt 2, 15) Il Vangelo di oggi ci ricorda la fuga della Santa Famiglia in Egitto, dove venne a cercare rifugio. "Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo"" (Mt 2, 13). In tal modo, Cristo "che si è fatto uomo per rendere l'uomo capace di ricevere la

219 divinità" (Sant'Atanasio di Alessandria, Orationes contra Arianos, 2, 59), ha voluto rifare il percorso che fu quello della chiamata divina, il cammino che il suo popolo aveva intrapreso, affinché tutti i suoi membri diventassero figli nel Figlio. "Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio" (Mt 2, 14-15). La Provvidenza conduceva Gesù lungo le vie che un tempo gli Israeliti avevano percorso per andare verso la terra promessa, sotto il segno dell'agnello pasquale, celebrando la Pasqua. Anche Gesù, l'Agnello di Dio, fu chiamato dall'Egitto dal Padre, per compiere a Gerusalemme la Pasqua dell'alleanza nuova e irrevocabile, la Pasqua definitiva, la Pasqua che dona al mondo la salvezza. "Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio". Così parla il Signore, che ha fatto uscire il suo popolo dalla condizione di schiavitù (cfr Es 20, 2) per concludere con esso sul monte Sinai un'alleanza. La festa della Pasqua rimane per sempre il ricordo di questa liberazione. Commemora questo evento, che resta presente nella memoria del popolo di Dio. Quando gli Israeliti partirono per il loro lungo viaggio, sotto la guida di Mosè, non pensavano che il loro pellegrinaggio attraverso il deserto fino alla terra promessa sarebbe durato quarant'anni. Lo stesso Mosè, che aveva condotto il suo popolo fuori dall'Egitto e l'aveva guidato per tutto quel tempo, non entrò nella terra promessa. Prima di morire, la contemplò dall'alto del monte Nebo e poi affidò il popolo al suo successore Giosuè.

Vivere pienamente la Legge di Dio Mentre i cristiani celebrano il bimillenario della nascita di Gesù, noi dobbiamo fare questo pellegrinaggio nei luoghi in cui ebbe inizio e si sviluppò la storia della salvezza, storia d'amore irrevocabile fra Dio e gli uomini, presenza del Signore della storia nel tempo e nella vita degli uomini. Siamo venuti in Egitto, sulla via lungo la quale Dio guidò il suo popolo, con a capo Mosè, per condurlo fino alla terra promessa. Ci mettiamo in cammino, illuminati dalle parole del libro dell'Esodo: abbandonando la nostra condizione di schiavitù, andiamo verso il Monte Sinai, dove Dio ha suggellato la sua alleanza con la casa di Giacobbe, per mezzo di Mosè, nelle mani del quale ha deposto le tavole del Decalogo. Quanto è bella questa alleanza! Essa ci dimostra che Dio non cessa di rivolgersi all'uomo per comunicargli la vita in

220 abbondanza. Ci pone in presenza di Dio ed è l'espressione del suo amore profondo per il suo popolo. Essa invita l'uomo a volgersi a Dio, a lasciarsi coinvolgere dal suo amore e a realizzare le aspirazioni alla felicità che porta in sé. Se accoglieremo nello spirito le tavole dei dieci comandamenti, vivremo pienamente della legge che Dio ha posto nei nostri cuori e parteciperemo alla salvezza che l'Alleanza conclusa sul Monte Sinai fra Dio e il suo popolo ha svelato, e che il Figlio di Dio ci offre mediante la redenzione.

Con l'Apostolo Paolo, rendo grazie a Dio In questa terra d'Egitto, che ho la gioia di visitare per la prima volta, il messaggio della nuova Alleanza è stato trasmesso, di generazione in generazione, attraverso la venerabile Chiesa copta, erede della predicazione e dell'azione apostolica dell'evangelista san Marco che, secondo la tradizione, subì il martirio ad Alessandria. In questo giorno eleviamo a Dio una fervente azione di grazie per la ricca storia di questa Chiesa e per l'apostolato generoso dei suoi fedeli che, attraverso i secoli, a volte fino al dono del sangue, sono stati i testimoni ardenti dell'amore del Signore. (…) Che la fraternità fra tutti i discepoli del Signore, così ben manifestata qui, sia un incoraggiamento a proseguire nei vostri sforzi per costituire comunità unite nell'amore, fermenti di concordia e di riconciliazione! Troverete così la forza e il conforto, in particolare nei momenti di difficoltà o di dubbio, per rendere a Cristo, nella terra dei vostri avi, una testimonianza sempre più ardente. Con l'Apostolo Paolo, rendo grazie a Dio, Padre di nostro Signore Gesù Cristo, pregando per voi in ogni momento, affinché cresciate nella fede, vi manteniate saldi nella speranza e diffondiate ovunque la carità di Cristo (cfr Col 1, 3-5).

Il Signore è il principio di unità e di forza per la missione In questo anno giubilare, ricordandoci che Cristo "è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa" (Col 1, 18), dobbiamo cercare con sempre maggiore ardore di procedere risolutamente lungo le vie dell'unità voluta da Lui per i suoi discepoli, in spirito di fiducia e di fraternità. In tal modo la nostra testimonianza comune renderà gloria a Dio e sarà più credibile agli occhi degli uomini. Prego il Padre celeste affinché, con tutte le Chiese e le Comunità ecclesiali, che saluto qui con rispetto, si sviluppino rapporti sereni e fraterni, nella carità e buona

221 volontà. Un simile clima di dialogo e di avvicinamento contribuirà a trovare soluzioni ai problemi che ostacolano ancora la piena comunione. Favorirà anche il rispetto della sensibilità propria di ogni comunità, come pure del suo modo specifico di esprimere la fede in Cristo e di celebrare i Sacramenti, che le Chiese devono reciprocamente riconoscere come amministrati in nome dello stesso Signore. Auspico che, celebrando in questo pellegrinaggio la Pasqua del Signore, possiamo vivere la Pentecoste, in cui tutti i discepoli riuniti con la Madre di Dio accolgono lo Spirito Santo, che ci riconcilia con il Signore ed è il principio di unità e di forza per la missione, facendo di noi un solo corpo, immagine del mondo futuro!

Accogliendo oggi questo slancio spirituale e apostolico. Fin dalle origini, la vita spirituale e intellettuale si è sviluppata in maniera considerevole nella Chiesa in Egitto. Possiamo ricordare qui gli illustri fondatori del monachesimo cristiano, Antonio, Pacomio e Macario, e tanti altri Patriarchi, confessori, pensatori e dottori che sono gloria della Chiesa universale. Ancora oggi i monasteri sono centri vivi di preghiera, di studio e di meditazione, nella fedeltà all'antica tradizione cenobitica e anacoretica della Chiesa copta, ricordando che è il contatto fedele e prolungato con il Signore ad essere il fermento della trasformazione delle persone e dell'intera società. Così la vita con Dio fa risplendere la luce sui nostri volti di uomini e illumina il mondo di una luce nuova, la viva fiamma dell'amore. Accogliendo oggi questo slancio spirituale e apostolico che è stato trasmesso loro dai Padri nella fede, possano i giovani essere attenti alla chiamata del Signore che li invita a camminare alla sua sequela, e rispondere con generosità, accettando di impegnarsi nel sacerdozio e nella vita consacrata attiva o contemplativa! Mediante la testimonianza della loro vita di uomini e donne totalmente dediti a Dio e ai propri fratelli, fondata su un'esperienza spirituale intensa, possano le persone consacrate manifestare l'amore senza limiti del Signore per il mondo!

Cristiani e musulmani al servizio della collettività È questo amore gratuito e senza esclusione che la Chiesa cattolica intende tradurre con l'impegno presso il popolo egiziano negli ambiti dell'educazione, della sanità e delle opere caritative. La presenza attiva della Chiesa nella formazione intellettuale e morale della

222 gioventù costituisce un'antica tradizione del Patriarcato copto cattolico e del Vicariato latino. Mediante l'educazione dei giovani ai valori umani, spirituali e morali fondamentali, nel rispetto della coscienza di ognuno, le istituzioni educative cattoliche desiderano apportare il loro contributo alla promozione della persona, in particolare della donna e della famiglia; esse intendono anche favorire relazioni amichevoli con i musulmani affinché i membri di ogni comunità si sforzino sinceramente di capirsi a vicenda e di promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace, il rispetto e la libertà. È un dovere per tutti i cittadini partecipare attivamente, in spirito di solidarietà, all'edificazione sociale, al consolidamento della pace fra le comunità e alla gestione onesta del bene comune. Per realizzare questa opera comune che deve avvicinare i membri di una stessa nazione, è giusto che tutti, cristiani e musulmani, nel rispetto delle diverse opinioni religiose, mettano le loro competenze al servizio della collettività, a tutti i livelli della vita sociale.

Riceviamo oggi in modo rinnovato la legge divina Unendoci al cammino di fede di Mosè, nel corso del pellegrinaggio giubilare che compiamo in questi giorni, siamo invitati ad avanzare verso la montagna del Signore, ad abbandonare le nostre schiavitù per procedere lungo il cammino di Dio. "E Dio, vedendo così le nostre buone decisioni e constatando che gli attribuiamo ciò che compiamo... ci darà in cambio ciò che gli è proprio, i doni spirituali, divini e celesti" (San Macario, Omelie spirituali, 26, 20). Per ognuno di noi, l'Oreb, il "monte della fede", è chiamato a diventare "il luogo dell'incontro e del patto reciproco, in un certo senso "il monte dell'amore"" (Lettera sul pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza, n. 6). È lì che il popolo si è impegnato a vivere aderendo pienamente alla volontà divina, e che Dio l'ha assicurato della sua benevolenza eterna. Questo mistero d'amore si realizza pienamente nella Pasqua della nuova Alleanza, nel dono che il Padre fa di suo Figlio per la salvezza dell'umanità intera. Riceviamo oggi in modo rinnovato la legge divina, come un tesoro prezioso! Diventiamo come Mosè uomini e donne che, al tempo stesso, intercedono presso il Signore e trasmettono agli uomini la legge che è una chiamata alla vera vita, libera dagli idoli e rende ogni esistenza infinitamente bella e infinitamente preziosa! Da parte loro, i giovani attendono con impazienza che facciamo scoprire loro il volto di Dio, che mostriamo loro il cammino da seguire, la via

223 dell'incontro personale con Dio e gli atti umani degni della nostra filiazione divina, un cammino certo impegnativo, ma un cammino di liberazione, l'unico a poter colmare il nostro desiderio di felicità. Quando siamo con Dio sul monte della preghiera, lasciamoci pervadere dalla sua luce, affinché il nostro volto risplenda della gloria di Dio e inviti gli uomini a vivere di questa felicità divina, che è la vita in pienezza! "Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio". Possa ogni uomo udire la chiamata del Dio dell'Alleanza e scoprire la gioia di essere figlio!

DISCORSO DURANTE L'INCONTRO ECUMENICO NELLA NUOVA CATTEDRALE DI NOSTRA SIGNORA D'EGITTO Il Cairo, 25 febbraio 2000

«La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13, 14) Con la benedizione di san Paolo, che ci conduce direttamente al cuore del mistero della comunione trinitaria, saluto tutti voi con profondo affetto e nei vincoli di amore che ci uniscono nel Signore. È per me una grande gioia essere pellegrino nel Paese che ha offerto ospitalità e protezione a nostro Signore Gesù Cristo e alla Santa Famiglia. Come è scritto nel Vangelo di san Matteo: «Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall'Egitto ho chiamato mio figlio» (Mt 2, 14-15). L'Egitto è stato dimora per la Chiesa fin dalle origini. Fondata sulla predicazione apostolica e sull'autorità di san Marco, la Chiesa di Alessandria divenne presto una delle comunità guida del primo cristianesimo. Vescovi venerabili con sant'Atanasio e san Cirillo hanno reso testimonianza della fede nel Dio Uno e Trino e in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, come lo hanno definito i primi Concili Ecumenici. Fu nel deserto dell'Egitto che nacque il monachesimo, sia in forma comunitaria che solitaria, sotto la paternità spirituale di sant'Antonio e di san Pacomio. Grazie a loro e al grande impatto dei loro scritti spirituali, la vita monastica divenne parte del nostro patrimonio comune. Nel corso degli ultimi decenni quello stesso carisma monastico è rifiorito e irradia un messaggio spirituale, vitale ben oltre i confini dell'Egitto.

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La Chiesa in Egitto ha affrontato pesanti sacrifici e continua a farlo Oggi rendiamo grazie a Dio poiché siamo più che mai consapevoli del nostro patrimonio comune, nella fede e nella ricchezza della vita sacramentale. Abbiamo anche in comune quella venerazione filiale della Vergine Maria, Madre di Dio, per la quale sono famose la Chiesa Copta e tutte le Chiese orientali. «Quando si parla di un patrimonio comune si devono iscrivere in esso non soltanto le istituzioni, i riti, i mezzi di salvezza, le tradizioni che tutte le comunità hanno conservato e dalle quali esse sono state plasmate, ma in primo luogo e innanzitutto questa realtà della santità» (Lettera Enciclica, Ut unum sint, n. 84). Per tutelare fedelmente e diffondere questo patrimonio, la Chiesa in Egitto ha affrontato pesanti sacrifici e continua a farlo. Quanti martiri appaiono nel venerabile Martirologio della Chiesa Copta, che risale alle terribili persecuzioni degli anni 283-284! Hanno reso gloria a Dio in Egitto attraverso la loro testimonianza, determinata fino alla morte! Fin dall'inizio, questa tradizione e questo patrimonio apostolici comuni sono stati trasmessi e spiegati in varie forme, tenendo conto dello specifico carattere culturale dei popoli. Tuttavia, nel V secolo, fattori teologici e non, combinati con una mancanza di amore e di comprensione fraterni, portarono a dolorose divisioni nell'unica Chiesa di Cristo. Sorsero fra i cristiani sfiducia e ostilità, in contraddizione col fervente desiderio di nostro Signore Gesù Cristo che pregò «perché tutti siano una cosa sola» (Gv 17, 21).

L'unità rientra esplicitamente nell'ambito delle preoccupazioni del primato del Vescovo di Roma Ora, nel corso del XX secolo, lo Spirito Santo ha riavvicinato le Chiese e le Comunità cristiane in un movimento di riconciliazione. Ricordo con gratitudine l'incontro fra Papa Paolo VI e Sua Santità Papa Shenouda III, nel 1973 e la Dichiarazione Cristologica Comune che essi firmarono in quell'occasione. Rendo grazie a quanti hanno contribuito a quell'importante risultato, in particolare alla Fondazione pro Oriente di Vienna e alla Commissione Mista Internazionale fra la Chiesa Cattolica Romana e la Chiesa Copta Ortodossa. A Dio piacendo, questa Commissione Mista Internazionale e la Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico fra la Chiesa Cattolica Romana e la Chiesa Ortodossa presto torneranno a operare

225 normalmente, in particolare a proposito di alcune questioni ecclesiologiche fondamentali che necessitano di chiarimenti. Ripeto quanto ho scritto nella mia Lettera Enciclica Ut unum sint, ossia che ciò che riguarda l'unità di tutte le Comunità cristiane rientra esplicitamente nell'ambito delle preoccupazioni del primato del Vescovo di Roma (cfr n. 95). Per questo, desidero rinnovare l'invito a tutti «i responsabili ecclesiali e ai loro teologi ad instaurare con me e su questo argomento un dialogo fraterno, paziente, nel quale potremmo ascoltarci al di là di sterili polemiche, avendo a mente soltanto la volontà di Cristo per la sua Chiesa» (ibidem, n. 96). Riguardo al ministero del Vescovo di Roma, chiedo allo Spirito Santo di donarci la sua luce, illuminando tutti i Pastori e i teologi delle nostre Chiese, affinché possiamo cercare insieme le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri (cfr Omelia, 6 dicembre 1987, n. 3; Ut unum sint, n. 95).

Cari Fratelli, non c'è tempo da perdere al riguardo! La nostra comunione nell'unico Signore Gesù Cristo, nell'unico Spirito Santo e nell'unico Battesimo rappresenta già una realtà profonda e fondamentale. Questa comunione ci permette di recare una testimonianza comune della nostra fede in molti modi e, di fatto, esige che cooperiamo nel portare la luce di Cristo al mondo, che ha bisogno di salvezza. Questa testimonianza comune è quanto mai importante all'inizio di un nuovo secolo e di un nuovo millennio che lanciano enormi sfide alla famiglia umana. Anche per questo motivo, non c'è tempo da perdere! Come condizione fondamentale di questa testimonianza comune, dobbiamo evitare qualsiasi cosa possa condurre ancora una volta alla sfiducia e al disaccordo. Abbiamo concordato di evitare qualsiasi forma di proselitismo, o metodi e atteggiamenti che sono in antitesi con le esigenze dell'amore cristiano o con ciò che dovrebbe caratterizzare le relazioni tra le Chiese (cfr Dichiarazione Comune, di Papa Paolo VI e Papa Shenouda III, 1973). Ricordiamo che la vera carità, fondata sulla totale fedeltà all'unico Signore Gesù Cristo e nel reciproco rispetto per le tradizioni e le pratiche sacramentali di ciascuno, è un elemento essenziale di questa ricerca della comunione perfetta (ibidem).

226 Non ci conosciamo a sufficienza: troviamo modi per incontrarci! (...) Cerchiamo forme adatte di comunione spirituale, come la preghiera unita al digiuno, gli scambi e l'ospitalità reciproci fra monasteri. Troviamo forme di cooperazione pratica, in particolare oggi, in risposta alla sete spirituale di così tante persone, per risollevarle dall'afflizione, nell'educazione dei giovani, nel garantire condizioni di vita umane, nel promuovere il rispetto reciproco, la giustizia e la pace e nel favorire la libertà religiosa come diritto umano fondamentale. 6. All'inizio della settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, il 18 gennaio, ho aperto la Porta Santa della Basilica di San Paolo fuori le Mura e ne ho varcato la soglia insieme ai rappresentanti di numerose Chiese e Comunità Ecclesiali. Insieme a me, Sua Eccellenza Amba Bishoi della Chiesa Copta e i rappresentanti della Chiesa Ortodossa e della Chiesa Luterana hanno sollevato il Libro dei Vangeli verso i quattro punti cardinali. È stata un'espressione profondamente simbolica della nostra missione comune nel nuovo millennio: insieme dobbiamo testimoniare il Vangelo di Gesù Cristo, il messaggio salvifico di vita, amore e speranza per il mondo.

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA AL MONTE SINAI Monastero di Santa Caterina, 26 febbraio 2000

Qui il Popolo di Dio si è accampato (cfr Es 19, 2) In quest'anno del Grande Giubileo la nostra fede ci spinge a divenire pellegrini sulle orme di Dio. Contempliamo la via che ha percorso nel tempo, rivelando al mondo il mistero magnifico del suo amore fedele per tutta l'umanità. Oggi, con grande gioia e profonda emozione, il Vescovo di Roma è pellegrino sul Monte Sinai, attratto da questa montagna santa che si erge come monumento maestoso a ciò che Dio ha qui rivelato. Qui ha rivelato il suo nome! Qui ha dato la sua Legge, i Dieci Comandamenti dell'Alleanza! Quanti sono giunti in questo luogo prima di noi! Qui il Popolo di Dio si è accampato (cfr Es 19, 2); qui il profeta Elia ha trovato rifugio in una caverna (cfr 1 Re 19, 9); qui il corpo della martire Caterina ha trovato il riposo eterno; qui schiere di pellegrini nel corso dei secoli hanno scalato quella che San Gregorio di Nissa definì la «montagna del desiderio» (Vita di Mosè, II, 232); qui generazioni di monaci hanno vegliato e pregato. Noi seguiamo umilmente le loro orme, sul «suolo santo» dove il Dio di Abramo, di

227 Isacco e di Giacobbe ha ordinato a Mosè di liberare il suo popolo (cfr Es 3, 5-8). "Sono Colui che sono" Dio si rivela in modi misteriosi, come il fuoco che non consuma, secondo una logica che sfida tutto ciò che conosciamo e che ci aspettiamo. E‟ il Dio che al contempo vicino e lontano; è nel mondo, ma non di esso. E‟ il Dio che viene ad incontrarci, ma che non sarà posseduto. Egli è «IO SONO COLUI CHE SONO», il nome che non è alcun nome! IO SONO COLUI CHE SONO: l'abisso divino nel quale essenza ed esistenza sono una cosa sola! E‟ il Dio che è l‟Essere in sè stesso! Di fronte a tale mistero, come possiamo non «toglierci i sandali» come Egli ordina, e non adorarlo su questo suolo santo? Qui, sul Monte Sinai, la verità di «chi è Dio» è divenuta fondamento e garanzia dell'Alleanza. Mosè entra nell'«oscurità luminosa» (Vita di Mosè, II, 164), e in questo luogo gli viene data la legge scritta «dal dito di Dio» (Es 31, 18). Che cos'è questa legge? È la legge della vita e della libertà! Presso il Mar Rosso il popolo aveva sperimentato una grande liberazione. Aveva visto la forza e la fedeltà di Dio, aveva scoperto che Egli è il Dio che in realtà rende libero il suo popolo, come aveva promesso. Tuttavia, ora sulla sommità del Sinai, questo stesso Dio suggella il suo amore stringendo l'Alleanza alla quale non rinuncerà mai. Se il popolo osserverà la Sua legge, conoscerà la libertà per sempre. L'Esodo e l'Alleanza non sono semplicemente eventi del passato, essi sono il destino eterno di tutto il Popolo di Dio!

Tutte le false divinità che lo riducono in schiavitù L'incontro fra Dio e Mosè su questo Monte racchiude al cuore della nostra religione il mistero dell'obbedienza che rende liberi, che trova il suo compimento nell'obbedienza perfetta di Cristo nell'Incarnazione e sulla Croce (cfr Fil 2, 8; Eb 5, 8-9). Anche noi saremo veramente liberi se impareremo a obbedire come ha fatto Gesù (cfr Eb 5, 8). I Dieci Comandamenti non sono l'imposizione arbitraria di un Signore tirannico. Essi sono stati scritti nella pietra, ma innanzitutto furono iscritti nel cuore dell'uomo come Legge morale universale, valida in ogni tempo e in ogni luogo. Oggi come sempre, le Dieci Parole della legge forniscono l'unica base autentica per la vita degli individui, delle società e delle nazioni; oggi come sempre, esse sono l'unico futuro della famiglia umana. Salvano l'uomo dalla forza distruttiva

228 dell'egoismo, dell'odio e della menzogna. Evidenziano tutte le false divinità che lo riducono in schiavitù: l'amore di sé sino all‟esclusione di Dio, l'avidità di potere e di piacere che sovverte l'ordine della giustizia e degrada la nostra dignità umana e quella del nostro prossimo. Se ci allontaneremo da questi falsi idoli e seguiremo il Dio che rende libero il suo popolo e resta sempre con lui, allora emergeremo come Mosè, dopo quaranta giorni sulla montagna, «risplendenti di gloria» (san Gregorio di Nissa, Vita di Mosè, II, 230), accesi della luce di Dio!

«Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!» (Mc 9, 7) Osservare i Comandamenti significa essere fedeli a Dio, ma significa anche essere fedeli a noi stessi, alla nostra autentica natura e alle nostre più profonde aspirazioni. Il vento che ancora oggi soffia dal Sinai ci ricorda che Dio desidera essere onorato nelle sue creature e nella loro crescita: Gloria Dei, homo vivens. In questo senso, quel vento reca un invito insistente al dialogo fra i seguaci delle grandi religioni monoteistiche nel loro servizio alla famiglia umana. Suggerisce che in Dio possiamo trovare il punto del nostro incontro: in Dio, l'Onnipotente e Misericordioso, Creatore dell'universo e Signore della Storia, che alla fine della nostra esistenza terrena ci giudicherà con giustizia perfetta. La lettura del Vangelo che abbiamo appena ascoltato suggerisce che il Sinai trova il suo compimento in un'altra montagna, il Monte della Trasfigurazione, dove Gesù appare ai suoi Apostoli risplendente della gloria di Dio. Mosè ed Elia stanno con Lui per testimoniare che la pienezza della rivelazione di Dio si trova nel Cristo glorificato. Sul Monte della Trasfigurazione, Dio parla da una nube, come ha fatto sul Sinai. Tuttavia, ora Egli dice: «Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!» (Mc 9, 7). Ci ordina di ascoltare Suo Figlio perché «nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11, 27). In tal modo, impariamo che il vero nome di Dio è PADRE! Il nome che supera tutti gli altri nomi: ABBA! (cfr Gal 4, 6). In Gesù apprendiamo che il nostro vero nome è FIGLIO, FIGLIA! Impariamo che il Dio dell'Esodo e dell'Alleanza rende libero il suo Popolo perché è costituito da figli e figlie, creati non per la schiavitù, ma per «la libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8, 21).

229 Il Sinai sta al centro della verità sull'uomo Perciò, quando san Paolo scrive che noi «mediante il corpo di Cristo» siamo «stati messi a morte quanto alla legge» (Rm 7, 4), non intende dire che la Legge del Sinai sia passata. Vuol significare che i Dieci Comandamenti ora si fanno udire attraverso la voce del Figlio prediletto. La persona resa libera da Gesù Cristo è consapevole di essere legata non esternamente da una moltitudine di prescrizioni, ma interiormente dall'amore che si è profondamente radicato nel suo cuore. I Dieci Comandamenti sono la legge della libertà: non la libertà di seguire le nostre cieche passioni, ma la libertà di amare, di scegliere ciò che è bene in ogni situazione, anche quando farlo è un peso. Non obbediamo a una legge impersonale; ciò che è richiesto è di arrendersi amorevolmente al Padre mediante Cristo Gesù nello Spirito Santo (cfr Rm 6, 14; Gal 5, 18). Rivelando se stesso sul Monte e consegnando la sua Legge, Dio ha rivelato l'uomo all'uomo. Il Sinai sta al centro della verità sull'uomo e sul suo destino.

Pellegrinaggio giubilare in Terra Santa 20 - 26 marzo 2000 (91° Viaggio internazionale in Giordania, Israele e Territori Autonomi palestinesi)

GIORDANIA

Discorso durante la cerimonia di benvenuto Aeroporto "Queen Alia" - Amman 20 Marzo 2000

Un pellegrinaggio religioso La mia visita nel vostro Paese e l'intero viaggio che oggi sto iniziando sono parte del religioso Pellegrinaggio giubilare che sto compiendo per commemorare il Bimillenario della Nascita di Gesù Cristo. Dall'inizio del mio ministero come Vescovo di Roma, ho provato il grande desiderio di celebrare questo evento mediante il recarmi a pregare in alcuni dei luoghi legati alla storia della salvezza - luoghi che ci parlano della lunga preparazione di quel momento attraverso i tempi biblici, luoghi dove nostro Signore Gesù Cristo ha di fatto vissuto, o che sono

230 connessi con la sua opera di redenzione. Sono già stato in Egitto e al Monte Sinai, dove Dio rivelò il suo nome a Mosè e gli affidò le tavole della Legge dell'Alleanza.

Il processo di ricerca della pace deve continuare Oggi sono in Giordania, una terra a me familiare per le Sacre Scritture: una terra santificata dalla presenza di Gesù stesso, dalla presenza di Mosè, Elia e Giovanni il Battista e dei santi e dei martiri della Chiesa primitiva. La vostra è una terra famosa per la sua ospitalità e l'apertura a tutti. Sono qualità del popolo giordano che ho sperimentato molte volte nei colloqui col defunto Re Hussein, e che sono state confermate nel mio incontro con Sua Maestà in Vaticano, nel settembre dello scorso anno. Maestà, so quanto lei si preoccupi per la pace nella sua terra e nell'intera regione e quanto sia importante per Lei che tutti i Giordani - Musulmani e Cristiani - si considerino un solo popolo e una sola famiglia. In quest'area del mondo vi sono gravi e urgenti questioni concernenti la giustizia, i diritti dei popoli e delle nazioni che devono essere risolte per il bene di tutti coloro che sono coinvolti e come condizione per una pace duratura. Per quanto difficile, per quanto lungo, il processo di ricerca della pace deve continuare. Senza pace, non vi può essere uno sviluppo autentico per questa regione, né una vita migliore per i suoi popoli, né un futuro più luminoso per i suoi figli. E' per questo che il provato impegno della Giordania nel garantire le condizioni necessarie alla pace è così importante e degno di lode.

La mia visita rafforzi il dialogo già fecondo fra Cristiani e Musulmani Costruire un futuro di pace richiede una sempre più matura comprensione e una sempre più pratica cooperazione fra i popoli che riconoscono l'unico, il vero, indivisibile Dio, il Creatore di tutto ciò che esiste. Le tre storiche religioni monoteistiche includono la pace, il bene e il rispetto per la persona umana fra i loro più importanti valori. Spero vivamente che la mia visita rafforzi il dialogo già fecondo fra Cristiani e Musulmani che si sta portando avanti in Giordania, in particolare attraverso il Royal Interfaith Institute. La Chiesa Cattolica, senza dimenticare che la sua principale missione è di ordine spirituale, è sempre desiderosa di cooperare con singole nazioni e persone di

231 buona volontà nel promuovere e nel far avanzare la dignità della persona umana. Lo fa in particolare nelle sue scuole e programmi educativi, e mediante le sue istituzioni caritative e sociali. La vostra nobile tradizione di rispetto per tutte le religioni garantisce la libertà religiosa che rende ciò possibile, e che in effetti è un diritto umano fondamentale. Quando ciò accade, tutti i cittadini si sentono uguali, e ciascuno, ispirato dalle proprie convinzioni spirituali, può contribuire all'edificazione della società come casa condivisa di tutti.

VISITA AL MONASTERO SUL MONTE NEBO 20 Marzo 2000

Rendo grazie a Dio per il dono ineffabile di Gesù Cristo Qui, sulle alture del Monte Nebo, comincio questa fase del mio pellegrinaggio giubilare. Penso alla grande figura di Mosè e all‟Alleanza che Dio strinse con lui sul Monte Sinai. Rendo grazie a Dio per il dono ineffabile di Gesù Cristo, che suggellò la nuova Alleanza con il proprio sangue e portò la Legge a compimento. A Lui che è "L‟Alfa e l‟Omega, il primo e l‟ultimo, l‟inizio e la fine" (Ap. 22,13), dedico ogni passo di questo viaggio nella terra che fu Sua. In questo primo giorno, sono particolarmente lieto di salutare lei, Padre Ministro Generale, e di rendere onore alla testimonianza magnifica offerta nel corso dei secoli a questa terra dai figli di san Francesco mediante il servizio fedele della Custodia nei luoghi santi. Sono anche lieto di salutare il Governatore di Madaba e il Sindaco della città. Che le benedizioni dell‟Onnipotente ricadano sugli abitanti di questa zona! Che la pace dei cieli riempia il cuore di quanti si uniscono a me lungo il mio cammino di pellegrino!

Discorso allo Stadio di Amman 21 marzo 2000

«Una voce grida: "Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio."» (Is 40,3) Le parole del profeta Isaia, che l'Evangelista applica a Giovanni Battista, ci ricordano il cammino che Dio ha tracciato nel corso del tempo nel suo desiderio di educare e di salvare il suo popolo. Oggi, come parte del mio pellegrinaggio giubilare che mi porta a pregare in alcuni dei luoghi legati agli interventi salvifici di Dio, la Divina

232 Provvidenza mi ha condotto in Giordania. (…) Il Successore di Pietro è pellegrino in questa terra benedetta dalla presenza di Mosè ed Elia, dove Gesù stesso ha insegnato e operato miracoli (cfr Mc 10, 1; Gv 10, 40-42), dove la Chiesa primitiva ha reso testimonianza con la vita di numerosi santi e martiri. In questo anno del Grande Giubileo tutta la Chiesa, e specialmente oggi la Comunità cristiana di Giordania, sono spiritualmente unite in un pellegrinaggio alle origini della nostra fede, un pellegrinaggio di conversione e di penitenza, di riconciliazione e di pace.

Cerchiamo una guida che ci indichi il cammino (...) E qui ci viene incontro la figura di Giovanni il Battista, una voce che grida nel deserto (cfr Lc 3, 4). Egli ci indicherà la via da seguire affinché i nostri occhi possano «vedere la salvezza di Dio» (cfr Lc 3, 6). Guidati da lui, percorriamo il nostro cammino di fede per vedere in modo più chiaro la salvezza realizzata da Dio attraverso una storia che risale ad Abramo. Giovanni il Battista è stato l'ultimo della serie di profeti che ha mantenuto viva e alimentato la speranza del Popolo di Dio. Con lui il tempo della pienezza è giunto. Il seme di questa speranza è stata la promessa fatta ad Abramo quando fu chiamato ad abbandonare tutto ciò che gli era familiare e a seguire un Dio che non aveva ancora conosciuto (cfr Gn 12, 1-3). Nonostante la sua ricchezza, Abramo era un uomo che viveva nell'ombra della morte, poiché non aveva figli né terra propria (cfr Gn 15, 2). La promessa sembrava vana, poiché Sara era sterile e la terra apparteneva ad altri. Abramo tuttavia ripose ancora di più la sua fede in Dio: «Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza» (Rm 4, 18).

E attraverso Abramo la promessa divenne una benedizione Per quanto impossibile potesse sembrare, Isacco nacque a Sara e Abramo ricevette una terra. E attraverso Abramo e i suoi discendenti, la promessa divenne una benedizione per «tutte le famiglie della terra» (Gn 12, 3; 18,18). Tale promessa fu suggellata quando Dio parlò a Mosè sul Monte Sinai. Ciò che accadde tra Mosè e Dio sulla montagna sacra plasmò la storia successiva della salvezza come un‟Alleanza di amore tra Dio e l'uomo - un'alleanza che esige obbedienza ma che promette libertà. I Dieci Comandamenti scolpiti nella pietra sul Sinai - ma inscritti nel cuore umano dall'inizio della creazione - sono la divina pedagogia dell'amore, poiché indicano

233 l'unico cammino sicuro per il compimento del nostro anelito più profondo: l'insopprimibile ricerca dello spirito umano del bene, della verità e dell'armonia. Il popolo camminò per quarant'anni prima di raggiungere questa Terra. Mosè, «con il quale il Signore parlava faccia a faccia» (Dt 34, 10), morì sul Monte Nebo e fu sepolto «nella valle, nel paese di Moab... nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba» (Dt 34, 5-6). Ma l'Alleanza e la Legge che egli ricevette da Dio vivono per sempre.

«Io sono con te per salvarti» Attraverso i tempi i profeti dovettero difendere la Legge e l'Alleanza contro coloro che ponevano le norme e i regolamenti umani al di sopra della volontà di Dio, e pertanto imponevano una nuova schiavitù al popolo (cfr Mc 6, 17-18). La stessa città di Amman - la Rabbah dell'Antico Testamento - ricorda il peccato di re Davide nel causare la morte di Uria e prendere sua moglie Betsabea, per il cui peccato fu qui che cadde Uria (cfr 2 Sam 11, 1-17). «Ti muoveranno guerra» - dice Dio a Geremia nella Prima Lettura che abbiamo ascoltato oggi - «ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti» (Ger 1, 19). Per aver denunciato il mancanze nell'osservare l'Alleanza, alcuni profeti, tra cui il Battista, pagarono con il proprio sangue. Ma, in forza della divina promessa - «io sono con te per salvarti» - essi rimasero saldi «come una fortezza, come un muro di bronzo» (Ger 1, 18), proclamando la Legge della vita e della salvezza, l'amore che non viene mai meno. Nella pienezza del tempo, presso il fiume Giordano Giovanni il Battista indica Gesù, colui sul quale lo Spirito Santo discende come una colomba (cfr Lc 3, 22), colui che battezza non con l'acqua, ma «in Spirito Santo e fuoco» (Lc 3, 16). I cieli sono aprti e udiamo la voce del Padre: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» (Mt 3, 17). In Lui, il Figlio di Dio, si compiono la promessa fatta ad Abramo e la Legge donata a Mosè.

Gesù è la realizzazione della promessa (...) La sua morte sulla Croce e la sua Risurrezione conducono alla vittoria definitiva della vita sulla morte. Attraverso la Risurrezione vengono spalancate le porte del paradiso, e noi possiamo di nuovo camminare nel Giardino della Vita. In Cristo Risorto otteniamo la sua «misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla

234 sua discendenza, per sempre» (Lc 1, 54-55). Gesù è il compimento della Legge. Solo Cristo Risorto rivela il pieno significato di quanto è accaduto presso il Mar Rosso e sul Monte Sinai. Egli rivela la vera natura della Terra Promessa, dove «non ci sarà più la morte» (Ap 21, 4). Essendo «il primogenito di coloro che risuscitano dai morti» (Col 1, 18), il Signore Risorto è la meta di ogni nostro pellegrinaggio: «l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine» (Ap 22, 13).

Il Sinodo Pastorale delle Chiese in Terra Santa Negli ultimi cinque anni, la Chiesa in questa regione ha celebrato il Sinodo Pastorale delle Chiese in Terra Santa. Tutte le Chiese Cattoliche insieme hanno camminato con Gesù e hanno riascoltato la sua chiamata, tracciando il cammino da percorrere in un Piano Pastorale Generale. In questa solenne Liturgia sono lieto di ricevere i frutti del Sinodo come segno della vostra rinnovata fede e del vostro generoso impegno. Il Sinodo ha comportato un'esperienza profondamente sentita di comunione con il Signore, e anche di intensa comunione ecclesiale, come i discepoli riuniti intorno agli Apostoli alla nascita della Chiesa (cfr At 2, 42; 4, 32). Il Sinodo ha fatto chiaramente capire che il vostro futuro risiede nell'unità e nella solidarietà. Prego oggi, ed esorto l'intera Chiesa a pregare con me, affinché il lavoro del Sinodo porti a un rafforzamento dei vincoli di amicizia e di collaborazione tra le comunità Cattoliche locali in tutta la loro ricca varietà, tra tutte le Chiese Cristiane e le Comunità Ecclesiali, e tra i Cristiani e le altre grandi religioni che qui fioriscono. Che le risorse della Chiesa - le famiglie, le parrocchie, le scuole, le associazione laicali, i movimenti giovanili - pongano l'unità e l'amore come il loro obiettivo supremo! Non esiste modo più efficace per partecipare socialmente, professionalmente e politicamente, all'opera di giustizia, di riconciliazione e di pace, che il Sinodo ha auspicato.

Ai Vescovi e ai sacerdoti dico … (...) siate buoni Pastori secondo il Cuore di Cristo! Guidate il gregge che vi è stato affidato lungo il cammino che conduce ai verdi pascoli del Suo Regno! Rafforzate la vita pastorale delle vostre comunità attraverso una nuova e più dinamica collaborazione con i religiosi e i laici. Nelle difficoltà del vostro ministero affidatevi al Signore. Avvicinatevi a Lui nella preghiera, ed Egli sarà la vostra luce e la vostra gioia. L'intera Chiesa vi ringrazia per la vostra dedizione e per

235 la missione di fede che svolgete nelle vostre Diocesi e nelle vostre parrocchie. A voi, Religiosi e Religiose, esprimo l'immensa gratitudine della Chiesa per la vostra testimonianza del primato di Dio in tutte le cose! Continuate a risplendere come fari dell'amore evangelico che supera ogni barriera! Ai laici dico: non abbiate paura di occupare il vostro proprio posto e responsabilità nella Chiesa! Siate testimoni coraggiosi del Vangelo nelle vostre famiglie e nella società!

Sulle orme di Abramo e di Mosè In questo anno del Grande Giubileo, tutto il popolo di Dio pellegrino ritorna in spirito ai luoghi legati alla storia della nostra salvezza. Dopo aver seguito le orme di Abramo e di Mosè, il nostro pellegrinaggio ha ora raggiunto la terra dove il nostro Salvatore Gesù Cristo ha vissuto e viaggiato durante la sua vita terrena. «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del figlio» (Eb 1, 1-2). Nel Figlio si sono compiute tutte le promesse. Egli è Redemptor Hominis, il Redentore dell'uomo, la speranza del mondo! Tenendo presente tutto ciò, l'intera Comunità cristiana di Giordania sia sempre più salda nella fede e generosa nelle opere di servizio amorevole! Che la Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, vi guidi e vi protegga nel vostro cammino! Amen.

Visita a WADI AL-KHARRAR, nella Valle del Giordano 21 marzo 2000

Nel Vangelo di san Luca leggiamo che «la Parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati» (3, 2-3). Qui, sul Fiume Giordano, del quale entrambe le sponde sono visitate da schiere di pellegrini che rendono onore al Battesimo del Signore, anch'io innalzo il mio cuore in preghiera:

Gloria a te, o Padre, Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe! Tu hai mandato i tuoi servi, i profeti, a proclamare la tua parola di amore fedele e a chiamare il tuo popolo al pentimento.

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Sulle sponde del Fiume Giordano, hai suscitato Giovanni il Battista, una voce che grida nel deserto, inviato per tutta la regione del Giordano, a preparare la via del Signore, ad annunziare la venuta di Cristo.

Gloria a te, o Cristo, Figlio di Dio! Sei venuto presso le acque del Giordano per essere battezzato per mano di Giovanni. Su di te lo Spirito è disceso come una colomba. Sopra di te si sono aperti i cieli, e si è udita la voce del Padre: «Questi è il mio Figlio, il Prediletto!». Dal fiume benedetto dalla tua presenza sei partito per battezzare non solo con acqua ma con fuoco e Spirito Santo.

Gloria a te, o Spirito Santo, Signore e Datore di vita! Per la tua potenza la Chiesa è battezzata, scendendo con Cristo nella morte e risorgendo insieme a lui a nuova vita. Per tuo potere, siamo liberati dal peccato per diventare i figli di Dio, il glorioso Corpo di Cristo. Per tuo potere, ogni paura è vinta, e viene predicato il Vangelo dell'amore in ogni angolo della terra, per la gloria di Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, a Lui ogni lode in questo Anno Giubilare e in tutti i secoli a venire. Amen.

237 ISRAELE

Discorso durante la cerimonia di benvenuto Aeroporto "BEN GOURION" - Tel Aviv 21 marzo 2000

Questa terra benedetta Ieri, dalle alture del Monte Nebo ho visto attraverso la Valle del Giordano questa terra benedetta. Oggi, è con profonda emozione che calpesto il suolo della Terra sulla quale Dio scelse di “piantare la sua tenda” (Gv 1, 14; cfr Es 40, 34-35; 1 Re 8, 10-13) e permise all'uomo di incontrarlo in modo più diretto. In quest'anno in cui si celebra il bimillenario della nascita di Gesù Cristo, ho provato il forte desiderio di venire qui e di pregare nei luoghi più importanti che, fin dai tempi antichi, hanno assistito agli interventi di Dio e ai miracoli che ha compiuto. “Tu sei il Dio che opera meraviglie, manifesti la tua forza fra le genti” (Sal 77, 15).

Un viaggio spirituale del Vescovo di Roma alle origini della nostra fede La mia visita è sia un pellegrinaggio personale sia un viaggio spirituale del Vescovo di Roma alle origini della nostra fede nel “Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe” (Es 3, 15). È parte di un pellegrinaggio più ampio di preghiera e di rendimento di grazie che mi ha già portato al Sinai, il Monte dell'Alleanza, il luogo della rivelazione decisiva che ha plasmato la storia successiva della salvezza. Ora, avrò il privilegio di visitare alcuni luoghi strettamente legati alla Vita, alla Morte e alla Resurrezione di Gesù Cristo. A ogni passo del cammino sono mosso da un vivo senso di Dio che ci ha preceduti e ci guida, che desidera che Lo onoriamo in spirito e verità, che riconosciamo le nostre differenze e il fatto che ogni essere umano è creato a immagine e somiglianza dell'Unico Creatore del cielo e della terra.

Pace e giustizia: urgenti necessità Tutti noi sappiamo quanto sia urgente la necessità di pace e di giustizia, non solo per Israele, ma anche per tutta la regione. Sono cambiate molte cose fra la Santa Sede e lo Stato di Israele da quando il mio Predecessore Papa Paolo VI venne qui nel 1964. L'instaurarsi di relazioni diplomatiche fra noi nel 1994 ha suggellato gli sforzi volti ad

238 aprire una nuova era di dialogo su questioni di interesse comune come la libertà religiosa, i rapporti fra Chiesa e Stato, e più in generale, fra Cristiani ed Ebrei. Ad un altro livello, l'opinione mondiale segue con molta attenzione il processo di pace che coinvolge tutti i popoli della regione nella difficile ricerca di una pace duratura, con giustizia per tutti. Con la nuova apertura reciproca, i Cristiani e gli Ebrei devono compiere sforzi coraggiosi per rimuovere tutte le forme di pregiudizio. Dobbiamo lottare per presentare sempre e ovunque il vero volto degli Ebrei e dell'Ebraismo, come anche dei Cristiani e del Cristianesimo, e ciò a ogni livello di mentalità, di insegnamento e di comunicazione (cfr Incontro con la comunità ebraica della città di Roma, 13 aprile 1986, n. 5).

Prego per il dialogo tra Ebrei, Cristiani e Musulmani Il mio viaggio è dunque un pellegrinaggio, in spirito di umile gratitudine e speranza, alle origini della nostra storia religiosa. È un tributo alle tre tradizioni religiose che coesistono in questa terra. Attendevo da lungo tempo di incontrare i fedeli delle comunità cattoliche nella loro ricca varietà e i membri delle varie Chiese e comunità cristiane presenti in Terra Santa. Prego affinché la mia visita contribuisca ad accrescere il dialogo interreligioso che porterà gli Ebrei, i Cristiani e i Musulmani a individuare nelle rispettive credenze e nella fraternità universale che unisce tutti i membri della famiglia umana, la motivazione e la perseveranza per operare a favore di quella pace e di quella giustizia che i popoli della Terra Santa non possiedono ancora e alle quali anelano tanto profondamente. Il salmista ci ricorda che la pace è un dono di Dio: “Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore” (Sal 85, 8). Che la pace sia il dono di Dio alla terra che Egli scelse come propria! Shalom.

VISITA A AL-MAGHTAS 22 Marzo 2000

Dio vi benedica tutti! Sono grato per questa opportunità di visitare un luogo tanto permeato di storia. Per migliaia di anni, quest'area intorno a Gerico è stata un habitat umano. Qui vicino troviamo le vestigia della città più antica del mondo. Tuttavia, la sua memoria diviene ancora più ricca se ci

239 riferiamo alle Sacre Scritture che descrivono Gerico come luogo che reca l'impronta non solo dell'uomo, ma di Dio stesso. Con gli occhi dell'animo vedo Gesù avvicinarsi alle acque del fiume Giordano, non lontano da qui, per essere battezzato da Giovanni il Battista (cfr Mt 3,13); vedo Gesù andare verso la Città Santa dove morirà e resusciterà; lo vedo aprire gli occhi del cieco lungo la strada (cfr Lc 18, 35-43). Oggi Gerico è divenuta una florida oasi nel deserto. Che questa città tanto ricca di memoria sia anche ricca di promesse! Che il suo sviluppo annunci la speranza di quel futuro più pacifico che gli abitanti di questo luogo e tutti i popoli di questa Terra desiderano da così lungo tempo! Dio vi benedica tutti!

TERRITORI AUTONOMI PALESTINESI

Discorso durante la cerimonia di benvenuto Eliporto di Betlemme—22 marzo 2000

"Qui dalla Vergine Maria è nato Gesù Cristo" (...) queste parole, inscritte nel luogo in cui, secondo la tradizione, Gesù è nato, sono la ragione del Grande Giubileo dell'Anno 2000. Sono la ragione della mia visita odierna a Betlemme. Sono la fonte della gioia, della speranza e della buona volontà che, per due millenni, hanno riempito infiniti cuori umani al solo sentire il nome "Betlemme". Persone da ogni dove si volgono verso questo angolo unico della terra con una speranza che trascende tutti i conflitti e le difficoltà. Betlemme - dove il coro degli Angeli cantava: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini." (Lc 2, 14) - si presenta, in ogni luogo e in ogni epoca, come la promessa del dono della pace da parte di Dio. Il messaggio di Betlemme è la Buona Novella della riconciliazione fra gli uomini, della pace ad ogni livello della relazioni fra individui e nazioni. Betlemme è il crocevia universale dove tutti i popoli possono incontrarsi per edificare insieme un mondo che sia all'altezza della nostra dignità umana e del nostro destino. Il Museo della Natività, inaugurato di recente, mostra come la celebrazione della nascita di Cristo sia divenuta parte della cultura e dell'arte dei popoli ovunque nel mondo.

240 I diritti del popolo palestinese La Santa Sede ha sempre riconosciuto che il popolo palestinese ha il diritto naturale ad avere una patria e il diritto a poter vivere in pace e tranquillità con gli altri popoli di quest'area (cfr Lettera Apostolica Redemptoris anno, 20 aprile 1984). A livello internazionale, i miei Predecessori ed io abbiamo ripetutamente proclamato che non si sarebbe potuto porre fine al triste conflitto in Terra Santa senza salde garanzie per i diritti di tutti i popoli coinvolti, sulla base della legge internazionale e delle importanti risoluzioni e dichiarazioni delle Nazioni Unite. Dobbiamo tutti continuare ad adoperarci e a pregare per il successo di ogni sforzo autentico volto a portare la pace in questa Terra. Solo con una pace giusta e duratura - non imposta ma garantita mediante negoziato - le legittime aspirazioni palestinesi saranno soddisfatte. Solo allora la Terra Santa vedrà la possibilità di un nuovo futuro luminoso, non più sprecato in rivalità e conflitti, ma saldamente basato sulla comprensione e sulla cooperazione per il bene di tutti. L'esito dipende in larga misura dalla coraggiosa disponibilità dei responsabili del destino di questa parte del mondo ad assumere nuovi atteggiamenti di compromesso e di accettazione delle esigenze di giustizia.

La promessa di pace fatta a Betlemme Cari Amici, sono pienamente consapevole delle grandi sfide che le Autorità e il Popolo palestinesi hanno di fronte in ogni campo dello sviluppo economico e culturale. In modo particolare, rivolgo le mie preghiere a quei palestinesi - musulmani e cristiani - che sono ancora privi di una casa propria, del posto che corrisponde loro nella società e della possibilità di una normale vita lavorativa. Auspico che questa mia visita odierna al Campo Profughi Dheisheh serva a ricordare alla comunità internazionale la necessità di un'azione decisiva per migliorare la situazione del popolo palestinese. Mi ha fatto particolarmente piacere l'unanime accettazione da parte delle Nazioni Unite della Risoluzione su Betlemme 2000, che impegna la Comunità internazionale a contribuire al progresso di quest'area e al miglioramento delle condizioni di pace e di riconciliazione in uno dei luoghi più amati e significativi della terra. La promessa di pace fatta a Betlemme diventerà una realtà per il mondo solo quando la dignità e i diritti di tutti gli esseri umani creati a immagine di Dio (cfr Gn 1, 26) verranno riconosciuti e rispettati. Oggi e sempre il popolo palestinese

241 è presente nelle mie preghiere a Colui nelle cui mani è riposto il destino del mondo. Possa l'Altissimo illuminare, sostenere e guidare tutto il popolo palestinese lungo il cammino della pace!

Omelia alla Santa Messa "Manger Square" di Betlemme 22 Marzo 2000

"Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio" Le parole del profeta Isaia annunciano la venuta del Salvatore nel mondo. Quella grande promessa si è compiuta qui, a Betlemme. Per duemila anni, generazione dopo generazione, i cristiani hanno pronunciato il nome di Betlemme con profonda emozione e gioiosa gratitudine. Come i pastori e i Magi, siamo venuti anche noi a trovare il Bambino “avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2, 12). Come molti pellegrini prima di noi, ci inginocchiamo pieni di stupore e in adorazione di fronte al mistero ineffabile che qui si è compiuto. Nel primo Natale del mio ministero di Successore dell'Apostolo Pietro espressi pubblicamente il mio grande desiderio di celebrare l'inizio del mio Pontificato a Betlemme, nella grotta della Natività (cfr Omelia della Messa di Mezzanotte, 24 dicembre 1978, n. 3). Allora ciò non fu possibile; e non è stato possibile fino a questo momento. Oggi, però, come posso non lodare il Dio di ogni misericordia, le cui vie sono misteriose e il cui amore è senza fine, per avermi condotto qui, nell'anno del Grande Giubileo, nel luogo in cui è nato il Salvatore? Betlemme è al centro del mio pellegrinaggio giubilare. I sentieri che ho seguito mi hanno condotto a questo luogo e al mistero che esso proclama.

La gioia annunciata dall'angelo non è qualcosa che appartiene al passato “Non temete, ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2, 10-11). La gioia annunciata dall'angelo non è qualcosa che appartiene al passato. È una gioia di oggi, dell'oggi eterno della salvezza di Dio, che comprende tutti i tempi, passato, presente e futuro. All'alba del nuovo millennio siamo chiamati a comprendere più chiaramente che il tempo ha un senso perché qui l'Eterno è entrato

242 nella storia e rimane con noi per sempre. Le parole di Beda il Venerabile esprimono chiaramente questo concetto: “Ancora oggi, e ogni giorno sino alla fine dei tempi, il Signore sarà continuamente concepito a Nazareth e partorito a Betlemme” (In Ev. S. Lucae, 2; PL 92, 330). Poiché in questa città è sempre Natale, ogni giorno è Natale nel cuore dei cristiani. Ogni giorno siamo chiamati a proclamare il messaggio di Betlemme al mondo - “la buona novella di una grande gioia”: il Verbo Eterno, “Dio da Dio, Luce da Luce”, si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr Gv 1, 14).

Il grande mistero della Kenosi divina Il bambino appena nato, indifeso e totalmente dipendente dalle cure di Maria e di Giuseppe, affidato al loro amore, è l‟intera ricchezza del mondo. Egli è il nostro tutto! In questo bambino, il Figlio che ci è stato dato, noi troviamo riposo per le nostre anime e il vero pane che non viene mai meno, il Pane Eucaristico annunciato anche dal nome stesso di questa città: Beth-lehem, la casa del pane. Dio è nascosto nel Bambino; la divinità è celata nel Pane della Vita. Adoro te devote latens Deitas! Quae sub his figuris vere latitas! Il grande mistero della Kenosi divina, l'opera della nostra redenzione che si dispiega nella debolezza: non è una verità facile. Il Salvatore è nato di notte, al buio, nel silenzio e nella povertà della grotta di Betlemme. “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”, dichiara il profeta Isaia (9, 1). Questo è un luogo che ha conosciuto il “giogo” e il “bastone” dell'oppressione. Quante volte si è udito in queste strade il grido degli innocenti! Anche la grande chiesa edificata sul luogo in cui è nato il Salvatore appare come una fortezza percossa dalle contese del tempo. La culla di Gesù sta sempre all'ombra della Croce. Il silenzio e la povertà della nascita a Betlemme sono una cosa sola con il buio e il dolore della morte sul Calvario. La culla e la Croce sono lo stesso mistero dell‟amore che redime; il corpo che Maria ha posto nella mangiatoia è lo stesso corpo sacrificato sulla Croce.

Il suo Regno non è il dispiegamento di forza Dov'è dunque il dominio del “Consigliere ammirabile, Dio potente e Principe della pace” di cui parla il profeta Isaia? Qual è il potere al quale si riferisce Gesù stesso quando afferma: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt 28, 18)? Il Regno di Cristo “non è di

243 questo mondo” (Gv 18, 36). Il suo Regno non è il dispiegamento di forza, di ricchezza e di conquista, che sembra forgiare la storia umana. Al contrario si tratta del potere di vincere il Maligno, della vittoria definitiva sul peccato e sulla morte. È il potere di guarire le ferite che deturpano l'immagine del Creatore nelle sue creature. Quello di Cristo è il potere che trasforma la nostra debole natura e ci rende capaci, mediante la grazia dello Spirito Santo, di vivere in pace gli uni con gli altri e in comunione con Dio. “A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 12). È questo il messaggio di Betlemme, oggi e sempre. È questo il dono straordinario che il Principe della Pace ha portato nel mondo duemila anni fa.

"La pace sia con voi! Non temete!" In questa pace saluto tutto il popolo palestinese, consapevole come sono dell'importanza di questo momento nella vostra storia. Prego affinché il Sinodo Pastorale appena conclusosi, al quale hanno partecipato tutte le Chiese cattoliche, vi infonda coraggio e rafforzi tra voi i vincoli dell‟unità e della pace. In tal modo sarete testimoni sempre più efficaci della fede, edificando la Chiesa e servendo il bene comune. Offro il bacio santo ai cristiani delle altre Chiese e Comunità Ecclesiali. Saluto la comunità musulmana di Betlemme e prego per una nuova era di comprensione e di cooperazione tra tutti i popoli della Terra Santa. Oggi guardiamo ad un momento di duemila anni fa, ma nello spirito abbracciamo tutti i tempi. Siamo riuniti in un solo luogo, ma includiamo il mondo intero. Celebriamo un Bambino appena nato, ma ci stringiamo a tutti gli uomini e le donne di ogni luogo. Oggi, dalla Piazza della Mangiatoia, proclamiamo con forza in ogni tempo, luogo e ad ogni persona: “La pace sia con voi! Non temete!”. Queste parole riecheggiano in tutte le pagine della Scrittura. Sono parole divine pronunciate da Gesù stesso dopo essere risorto dai morti: “Non temete”! (Mt 28, 10). Sono le medesime parole che la Chiesa oggi rivolge a voi. Non temete di preservare la vostra presenza e il vostro patrimonio cristiani nel luogo stesso in cui il Salvatore è nato.

Abbagliati dal mistero del Verbo Eterno Nella grotta di Betlemme, per usare le parole di san Paolo della Seconda Lettura di oggi, è “ apparsa infatti la grazia di Dio” (Tt 2, 11). Nel Bambino che è nato, il mondo ha ricevuto “la misericordia

244 promessa ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre” (cfr Lc 1, 54-55). Abbagliati dal mistero del Verbo Eterno fattosi carne, lasciamo da parte ogni timore e diventiamo come gli angeli, glorificando Dio che offre al mondo tali doni. Con il coro celeste cantiamo “un canto nuovo” (Sal 96, 1). “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2, 14). O Bambino di Betlemme, Figlio di Maria e Figlio di Dio, Signore di tutti i tempi e Principe della Pace, “lo stesso ieri, oggi e sempre” (Eb 13, 8): mentre avanziamo verso il nuovo millennio, guarisci le nostre ferite, rafforza i nostri passi, apri il nostro cuore e la nostra mente alla “bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge” (Lc 1, 78). Amen.

DISCORSO IN OCCASIONE DELLA VISITA AL CAMPO PROFUGHI DI DHEISHEH 22 Marzo 2000

Prego che la mia visita rechi un po' di consolazione Ritengo importante che questa visita a Dheisheh sia inclusa nel mio pellegrinaggio al luogo in cui è nato Gesù Cristo, nel bimillenario di quell'evento straordinario. È significativo che qui, vicino a Bethehem, io possa incontrare voi, profughi e sfollati, e i rappresentanti delle organizzazioni e delle agenzie che partecipano a un'autentica missione di misericordia. Durante tutto il mio Pontificato mi sono sentito vicino al popolo palestinese nella sua sofferenza. Saluto ognuno di voi e spero e prego che la mia visita rechi un po' di consolazione nella vostra difficile situazione. A Dio piacendo, essa contribuirà ad attirare attenzione sulla vostra continua sofferenza. Siete stati privati di molte cose che rappresentano necessità fondamentali della persona umana: abitazioni adeguate, assistenza sanitaria, educazione e lavoro. Soprattutto, però, avete il triste ricordo di ciò che avete dovuto abbandonare: non solo beni materiali, ma anche la libertà, la vicinanza dei parenti, il vostro ambiente e le tradizioni culturali che hanno alimentato la vostra vita personale e familiare. È vero che si sta facendo molto, qui a Dheisheh e negli altri campi, per soddisfare le vostre esigenze, in particolare attraverso la Relief and Works Agency delle Nazioni Unite. Sono particolarmente lieto per l'efficace

245 presenza della Pontificia Missione per la Palestina e di numerose altre organizzazioni cattoliche. Resta però ancora molto da fare.

Lancio un appello per una maggiore solidarietà internazionale Le condizioni degradanti in cui i profughi spesso devono vivere, il protrarsi di situazioni che sono difficilmente tollerabili anche nelle emergenze o per un breve periodo di tempo, il fatto che le persone sfollate siano costrette a rimanere per anni negli insediamenti: è questa la dimensione della necessità urgente di trovare una soluzione giusta alle cause che stanno alla base del problema. Solo un impegno risoluto da parte dei Capi in Medio Oriente e di tutta la comunità internazionale, ispirato da una visione superiore della politica come servizio al bene comune, potrà rimuovere le cause della vostra situazione attuale. Lancio un appello per una maggiore solidarietà internazionale e per la volontà politica di affrontare questa sfida. Chiedo a tutti coloro che stanno operando sinceramente per la giustizia e la pace di non scoraggiarsi. Mi rivolgo ai Capi politici, affinché realizzino gli accordi già raggiunti e proseguano verso la pace alla quale anelano tutti gli uomini e le donne ragionevoli, verso la giustizia che è un loro diritto inalienabile.

Non dovete pensare che la vostra situazione attuale vi renda meno importanti agli occhi di Dio! Cari giovani, continuate a lottare, attraverso l'educazione, per occupare il posto che vi spetta nella società, nonostante le difficoltà e gli ostacoli che dovete affrontare a causa del vostro status di profughi. La Chiesa cattolica è particolarmente lieta di servire la nobile causa dell'educazione attraverso il lavoro estremamente prezioso della Bethlehem University, fondata a seguito della visita del mio predecessore Papa Paolo VI nel 1964. Cari fratelli e sorelle, cari profughi, non dovete pensare che la vostra situazione attuale vi renda meno importanti agli occhi di Dio! Non dimenticate mai la vostra dignità di suoi figli! Qui a Bethlehem il Figlio Divino fu deposto entro una mangiatoia in una stalla; i pastori dei campi vicini furono i primi a ricevere il messaggio celeste di pace e di speranza per il mondo. Il disegno di Dio si è compiuto in mezzo all'umiltà e alla povertà. Probabilmente i pastori di Bethlehem erano i vostri predecessori, vostri antenati. (…) La solidarietà autentica e concreta verso i bisognosi non è un favore che si concede: è un'esigenza della nostra

246 comune umanità e un riconoscimento della dignità di ogni essere umano. Rivolgiamoci con fiducia al Signore, chiedendogli di ispirare coloro che occupano un ruolo di responsabilità, affinché promuovano la giustizia, la sicurezza e la pace senza esitare e in modo estremamente concreto. Attraverso le sue organizzazioni sociali e caritative, la Chiesa resterà al vostro fianco e continuerà a sostenere la vostra causa dinanzi al mondo. Che Dio benedica tutti voi!

Discorso durante la visita al Presidente dell‘Autorità Palestinese, Yasser Arafat Palazzo Presidenziale - Betlemme

La Chiesa è vicina a tutti i popoli, per la pace in Medio Oriente Oggi, il nostro incontro dimostra l‟impegno della Chiesa cattolica a operare incessantemente, vicina a tutti i popoli, per la pace in Medio Oriente. La Chiesa comprende le aspirazioni dei diversi popoli e insiste, insiste sul fatto che il dialogo è l‟unica via per fare di quelle aspirazioni una realtà piuttosto che un sogno. Le sono grato per il riconoscimento che mi ha conferito oggi. So che anche Lei è convinto che solo il dialogo paziente e coraggioso aprirà la strada al futuro che il suo popolo giustamente desidera. Affidando questa grande sfida a Dio Onnipotente, invoco su di Lei, sulla sua famiglia e sul popolo palestinese le abbondanti benedizioni del cielo.

ISRAELE

CAPPELLA DEL CENACOLO Gerusalemme—23 marzo 2000

―Questo è il mio Corpo‖ Riuniti nella Sala Superiore, abbiamo ascoltato il racconto evangelico dell'Ultima Cena. Abbiamo udito le parole che emergono dalle profondità del mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio. Gesù prende il pane, lo benedice e lo spezza, poi lo dà ai suoi discepoli dicendo: “Questo è il mio Corpo”. L'alleanza di Dio con il suo popolo sta per culminare nel sacrificio del suo Figlio, il Verbo Eterno fattosi carne. Le

247 antiche profezie stanno per compiersi: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato... Ecco, io vengo per fare, O Dio, la tua volontà” (Eb 10, 5-7). Nell'Incarnazione, il Figlio di Dio, di Colui che è uno con il Padre, è divenuto uomo e ha ricevuto un corpo dalla Vergine Maria. Ora, nella notte prima della sua morte, dice ai suoi discepoli: “Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi”. Le parole pronunciate qui duemila anni fa. È con profonda emozione che ascoltiamo ancora una volta le parole pronunciate qui, nella Sala Superiore, duemila anni fa. Da allora, sono state ripetute, generazione dopo generazione, da quanti condividono il sacerdozio di Cristo mediante il Sacramento dell‟Ordine Sacro. In tal modo, Cristo stesso ripete costantemente queste parole, attraverso la voce dei suoi sacerdoti, in ogni angolo del mondo. “Questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza; versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”. Obbedendo al comandamento di Cristo, la Chiesa ripete queste parole ogni giorno nella celebrazione dell'Eucaristia. Parole che emergono dalle profondità del mistero della Redenzione. Nella celebrazione della cena pasquale nella stanza al piano superiore, Gesù prese il calice colmo di vino, lo benedisse e lo diede ai suoi discepoli. Faceva parte del rito pasquale del Vecchio Testamento. Tuttavia Cristo, il Sacerdote della nuova ed eterna alleanza, usò queste parole per proclamare il mistero salvifico della sua Passione e della sua morte. Sotto le specie del pane e del vino, ha istituito i segni sacramentali del Sacrificio del suo Corpo e del suo Sangue.

"Con la tua croce e la tua resurrezione salvaci, o Salvatore del mondo" (...) In ogni Santa Messa, proclamiamo questo "mistero della fede", che per duemila anni ha alimentato e sostenuto la Chiesa, mentre compie il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, proclamando la croce e la morte del Signore fino a quando verrà (cfr Lumen gentium, n. 8). In un certo senso, Pietro e gli Apostoli, nelle persone dei loro Successori, sono tornati oggi nella stanza al piano superiore, per professare la fede perenne della Chiesa: "Cristo è morto, Cristo è risorto, Cristo ritornerà". Infatti, la prima lettura della Liturgia di oggi ci riporta alla vita della prima comunità cristiana. I discepoli "erano assidui nell'ascoltare

248 l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (At 2, 42).

Fractio panis L'Eucaristia è sia un banchetto di comunione nella nuova ed eterna alleanza, sia il sacrificio che rende presente la potenza salvifica della croce. Fin dall'inizio il mistero eucaristico è sempre stato legato all'insegnamento e alla sequela degli Apostoli e alla proclamazione della Parola di Dio, annunciata prima dai Profeti e ora, una volta per tutte, in Cristo Gesù (cfr Eb 1, 1-2). Ovunque vengono pronunciate le parole “questo è il mio Corpo” e invocato lo Spirito Santo, la Chiesa viene rafforzata nella fede degli Apostoli e nell'unità che ha l‟origine e il vincolo nello Spirito Santo. San Paolo, l'Apostolo delle genti, ha compreso chiaramente che l'Eucaristia, in quanto condivisione del Corpo e del Sangue di Cristo, è anche un mistero di comunione spirituale nella Chiesa. “Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo” (1 Cor 10, 17). Nell'Eucaristia, Cristo, il Buon Pastore, che ha dato la sua vita per il gregge, resta presente nella sua Chiesa. Che cos'è l'Eucaristia se non la presenza sacramentale di Cristo in quanti condividono l'unico pane e l'unico calice? Questa presenza è la più grande ricchezza della Chiesa. Mediante l'Eucaristia, Cristo edifica la Chiesa. Le mani che hanno spezzato il pane per i discepoli durante l'Ultima Cena si sarebbero distese sulla croce per riunire ogni popolo intorno a Lui nel Regno eterno del Padre. Attraverso la celebrazione dell'Eucaristia, Egli non cessa mai di portare uomini e donne a essere membri effettivi del suo Corpo.

"Cristo è morto, Cristo è risorto, Cristo ritornerà" Questo è il “mistero della fede” che proclamiamo in ogni celebrazione eucaristica. Gesù Cristo, il Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza, ha redento il mondo con il proprio sangue. Risorto dai morti, è andato a preparare un luogo per noi nella casa del Padre. Nello Spirito che ci ha reso figli amati di Dio, nell'unità del Corpo di Cristo, attendiamo il suo ritorno con gioiosa speranza. Quest'anno del Grande Giubileo è un‟opportunità speciale per i sacerdoti per crescere nella considerazione del mistero che celebrano sull'altare. Per questo motivo desidero firmare la Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo di quest'anno qui, nella Sala Superiore, dove fu istituito l'unico

249 sacerdozio di Gesù Cristo, che tutti noi condividiamo. Celebrando questa Eucaristia nella Stanza Superiore a Gerusalemme, siamo uniti alla Chiesa di ogni tempo e di ogni luogo. Uniti al Capo, siamo in comunione con Pietro e con gli Apostoli e con i loro Successori nel corso dei secoli. In unione con Maria, con i Santi, con i Martiri e con tutti i battezzati che hanno vissuto nella grazia dello Spirito Santo, diciamo con forza: Marana tha! “Vieni Signore Gesù!” (cfr Ap 22, 20). Conduci noi e tutti coloro che hai scelto alla pienezza della grazia nel tuo Regno eterno! Amen.

SALUTO AL PRESIDENTE DELLO STATO D'ISRAELE, SIGNOR EZER WEIZMAN, NEL PALAZZO PRESIDENZIALE DI GERUSALEMME 23 Marzo 2000

La storia, come dicevano gli antichi, è Magistra vitae, maestra di vita Le sono molto grato, signor Presidente, per l'accoglienza che mi ha riservato in Israele. Entrambi portiamo in questo incontro lunghe storie. Lei rappresenta la memoria ebraica che va oltre la storia recente di questa terra fino al viaggio unico del suo popolo attraverso i secoli e i millenni. Vengo come una persona la cui memoria cristiana risale a duemila anni fa, alla nascita di Gesù in questa stessa terra. La storia, come dicevano gli antichi, è Magistra vitae, maestra di vita. È per questo che dobbiamo essere decisi a guarire le ferite del passato affinché non si riaprano più. Dobbiamo operare per una nuova era di riconciliazione e di pace fra gli Ebrei e i Cristiani. La mia visita costituisce il pegno che la Chiesa cattolica farà tutto il possibile per garantire che questo non sia solo un sogno, ma una realtà. Sappiamo che la vera pace in Medio Oriente sarà solo il frutto della comprensione reciproca e del rispetto fra tutti i popoli della regione: Ebrei, Cristiani, Musulmani. In questa prospettiva, il mio pellegrinaggio è un viaggio della speranza: la speranza che il XXI secolo porti una nuova solidarietà fra i popoli del mondo, nella convinzione che lo sviluppo, la giustizia e la pace non si ottengono se non per tutti. Edificare un futuro più luminoso per la famiglia umana è un compito che ci riguarda tutti. È per questo che sono lieto di salutarvi, Ministri del Governo, membri della Knesset e

250 Rappresentanti Diplomatici di molti Paesi, che dovete prendere e attuare decisioni che influiranno sulla vita dei popoli. È mia fervida speranza che un autentico desiderio di pace ispiri tutte le vostre decisioni. Con questa mia preghiera, invoco abbondanti benedizioni divine su di Lei, Presidente, sul suo Paese e su tutti voi che mi avete onorato della vostra presenza. Grazie.

VISITA AI RABBINI CAPI D'ISRAELE A HECHAL SHLOMO 23 Marzo 2000

"Siete i nostri fratelli maggiori" È con grande rispetto che vi faccio visita qui oggi e vi ringrazio per avermi ricevuto a Hechal Shlomo. Questo incontro ha un significato veramente unico, che - spero e prego - condurrà a maggiori contatti fra Cristiani ed Ebrei, volti a raggiungere una comprensione sempre più profonda del rapporto storico e teologico fra le nostre rispettive eredità religiose. Personalmente, ho sempre desiderato essere annoverato fra coloro che, da entrambe le parti, operano per superare i pregiudizi e per garantire un riconoscimento sempre più ampio e pieno del patrimonio spirituale condiviso dagli Ebrei e dai Cristiani. Ripeto ciò che ho detto in occasione della mia visita alla comunità ebraica di Roma, ossia che noi Cristiani riconosciamo che l'eredità religiosa ebraica è intrinseca alla nostra fede: "siete i nostri fratelli maggiori" (cfr. Incontro con la Comunità ebraica della città di Roma, 13 aprile 1986, n. 4). Speriamo che il popolo ebraico riconosca che la Chiesa condanna totalmente l'antisemitismo e ogni forma di razzismo perché in radicale contrasto con i principi del cristianesimo. Dobbiamo cooperare per edificare un futuro nel quale non vi sia più antigiudaismo fra i Cristiani e anticristianesimo fra gli Ebrei. Abbiamo molto in comune. Insieme possiamo fare molto per la pace, per la giustizia e per un mondo più fraterno e umano. Che il Signore del cielo e della terra ci conduca a un'era nuova e feconda di rispetto reciproco e di cooperazione, a beneficio di tutti! Grazie.

251 DISCORSO IN OCCASIONE DELL'INCONTRO INTER-RELIGIOSO AL PONTIFICIO ISTITUTO "NOTRE DAME" DI GERUSALEMME 23 Marzo 2000

Illustri rappresentanti ebrei, cristiani e musulmani, In questo anno in cui si celebra il bimillenario della nascita di Gesù Cristo, sono veramente lieto di aver potuto esaudire il mio grande desiderio di compiere un viaggio nei luoghi della storia della salvezza. Mi commuove profondamente seguire le orme degli innumerevoli pellegrini che prima di me hanno pregato nei luoghi santi legati agli interventi di Dio. Sono pienamente consapevole del fatto che questa terra è santa per gli Ebrei, per i Cristiani e per i Musulmani. Perciò la mia visita non sarebbe stata completa senza questo incontro con voi, illustri capi religiosi. Grazie per il sostegno che la vostra presenza qui, questa sera, offre alla speranza e alla convinzione di così tante persone di entrare in una nuova era di dialogo inter-religioso. Siamo consapevoli che è necessario e urgente stabilire vincoli più stretti fra tutti i credenti per garantire un mondo più giusto e pacifico. Per tutti noi Gerusalemme, come indica il nome, è la “Città della Pace”. Forse nessun altro luogo al mondo trasmette il senso di trascendenza e di elezione divina che percepiamo nelle sue pietre, nei suoi monumenti e nella testimonianza delle tre religioni che vivono una accanto all'altra entro le sue mura. In questa coesistenza non tutto è stato o sarà facile. Tuttavia, dobbiamo trovare nelle nostre rispettive tradizioni religiose la saggezza e la motivazione superiore per garantire il trionfo della comprensione reciproca e del rispetto cordiale.

"Gloria a Dio nel più alto dei cieli" (Lc 2, 14) Siamo tutti d‟accordo nel ritenere che la religione debba essere incentrata in modo autentico su Dio e che i nostri primi doveri religiosi siano l'adorazione, la lode e il rendimento di grazie. La sura iniziale del Corano afferma: “Lode a Dio, Signore dei mondi” (Corano 1, 1). Nei canti ispirati della Bibbia udiamo la chiamata universale: “Ogni vivente dia lode al Signore. Alleluia” (Sal 150, 6). Nel Vangelo leggiamo che, quando Gesù nacque, gli angeli cantarono: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli” (Lc 2, 14). Ora che molti sono tentati di gestire la propria vita senza far riferimento a Dio, la chiamata a riconoscere il Creatore dell'universo e il Signore della storia è essenziale per garantire il benessere degli individui e il corretto

252 sviluppo della società. Se autentica, la devozione a Dio implica necessariamente l'attenzione verso gli altri esseri umani. In quanto membri dell'unica famiglia umana e amati figli di Dio, abbiamo dei doveri reciproci che, come credenti, non possiamo ignorare. Uno dei primi discepoli di Gesù scrisse: “Se uno dicesse “Io amo Dio” e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4, 20). Amare i propri fratelli e le proprie sorelle implica un atteggiamento di rispetto e di compassione, gesti di solidarietà, cooperazione al servizio del bene comune. Quindi, la preoccupazione per la giustizia e per la pace non è estranea al campo della religione, ma ne è veramente un elemento essenziale.

"Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te" Dal punto di vista cristiano, non spetta ai capi religiosi proporre formule tecniche per la soluzione dei problemi sociali, economici e politici. Essi hanno soprattutto il compito di insegnare le verità di fede e la giusta condotta, di aiutare le persone, incluse quelle che hanno responsabilità nella vita pubblica, a essere consapevoli dei propri doveri e ad adempierli. Come capi religiosi, aiutiamo le persone a condurre una vita completa, ad armonizzare la dimensione verticale del loro rapporto con Dio con quella orizzontale del servizio al prossimo. Tutte le nostre religioni conoscono, in una forma o nell'altra, la Regola d'oro: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”. Per quanto questa regola sia una guida preziosa, l'amore autentico per il prossimo va oltre. Si basa sulla convinzione che quando amiamo il nostro prossimo mostriamo amore verso Dio e quando gli facciamo del male offendiamo Dio. Ciò significa che la religione è nemica dell'esclusione e della discriminazione, dell'odio e della rivalità, della violenza e del conflitto. La religione non è e non deve diventare un pretesto per la violenza, in particolare quando l'identità religiosa coincide con l'identità etnica e culturale. Religione e pace vanno insieme! La credenza e la pratica religiose non si possono separare dalla difesa dell'immagine di Dio in ogni essere umano.

La Chiesa cattolica desidera perseguire un dialogo inter- religioso sincero e fecondo Attingendo alle ricchezze delle nostre rispettive tradizioni religiose, dobbiamo diffondere la consapevolezza che i problemi di oggi non si

253 risolveranno se non ci conosceremo e rimarremo isolati gli uni dagli altri. Conosciamo tutti le incomprensioni e i conflitti del passato e sappiamo che ancora gravano pesantemente sui rapporti fra Ebrei, Cristiani e Musulmani. Dobbiamo fare tutto il possibile per trasformare la consapevolezza delle offese e dei peccati del passato in una ferma determinazione a edificare un nuovo futuro nel quale non ci sarà altro che la cooperazione feconda e rispettosa fra noi. La Chiesa cattolica desidera perseguire un dialogo inter-religioso sincero e fecondo con le persone di fede ebraica e i seguaci dell'Islam. Questo dialogo non è un tentativo di imporre agli altri la nostra visione. Esso esige che tutti noi, fedeli a ciò in cui crediamo, ascoltiamo con rispetto l'altro, cerchiamo di discernere quanto c'è di buono e di santo nel suo insegnamento e cooperiamo nel sostenere tutto ciò che promuove la pace e la comprensione reciproca.

I bambini, un segno di speranza I bambini e i giovani ebrei, cristiani e musulmani, presenti qui, sono un segno di speranza e un incentivo per tutti noi. I membri di ogni nuova generazione sono un dono divino al mondo. Se tramandiamo loro tutto ciò che di nobile e di buono è presente nelle nostre tradizioni, essi lo faranno fiorire in una fraternità e in una cooperazione più intense. Se le varie comunità religiose nella Città Santa e nella Terra Santa riusciranno a vivere e a lavorare insieme in amicizia e in armonia, apporteranno benefici enormi non solo a se stessi, ma anche alla causa della pace in questa regione. Gerusalemme sarà veramente una Città di Pace per tutti i popoli. Allora ripeteremo le parole del Profeta: “Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri” (Is 2, 3). Impegnarci di nuovo in questo compito e farlo nella Città Santa di Gerusalemme significa chiedere a Dio di vegliare sui nostri sforzi e di condurli a buon fine. Che l'Onnipotente benedica con abbondanza i nostri sforzi comuni!

SANTA MESSA PER I GIOVANI Korazim, Monte delle Beatitudini, 24 marzo 2000

"Considerate la vostra vocazione, fratelli" (1 Cor 1, 26)

254 Oggi queste parole di san Paolo sono rivolte a tutti noi che siamo giunti qui sul Monte delle Beatitudini. Siamo seduti su questa collina come i primi discepoli e ascoltiamo Gesù. In silenzio ascoltiamo la sua voce gentile e pressante, gentile quanto questa terra stessa e pressante quanto l'invito a scegliere fra la vita e la morte. Quante generazioni prima di noi si sono commosse profondamente udendo il Discorso della Montagna! Quanti giovani nel corso dei secoli si sono riuniti intorno a Gesù per apprendere le parole di vita eterna, proprio come oggi voi siete riuniti qui! Quanti giovani cuori sono stati ispirati dalla forza della sua personalità e dalla avvincente verità del suo avvincente messaggio! È meraviglioso che siate qui!

Giovani del Medio Oriente! Questo grande raduno è come una prova generale per la Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Roma nel mese di agosto! Il giovane che ha parlato ha promesso che avrete un‟altra montagna, il Monte Sinai! Giovani di Israele, dei Territori Palestinesi, della Giordania e di Cipro, giovani del Medio Oriente, dell'Africa e dell'Asia, dell'Europa, dell'America e dell'Oceania! Saluto ognuno di voi con affetto e amore! I primi che udirono le Beatitudini di Gesù serbavano nel cuore il ricordo di un altro monte, il Monte Sinai. Proprio un mese fa, ho avuto la grazia di recarmi là, dove Dio parlò a Mosè e Gli diede la Legge scritta “dal dito di Dio” (Es 31, 18) su tavole di pietra. Questi due monti, il Sinai e il Monte delle Beatitudini, ci offrono la mappa della nostra vita cristiana e una sintesi delle nostre responsabilità verso Dio e verso il prossimo. La Legge e le Beatitudini insieme tracciano il cammino della sequela di Cristo e il sentiero regale verso la maturità e la libertà spirituali.

I Comandamenti del Sinai I Dieci Comandamenti del Sinai possono sembrare negativi: “Non avrai altri dèi di fronte a me;... Non uccidere; Non commettere adulterio; Non rubare; Non pronunziare falsa testimonianza...” (Es 20, 3, 13 -16), Essi sono invece sommamente positivi. Andando oltre il male che nominano, indicano il cammino verso la legge d'amore che è il primo e il più grande dei Comandamenti: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente... Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22, 37, 39). Gesù stesso afferma di non essere venuto per abolire la Legge, ma per darle

255 compimento (cfr Mt 5, 17). Il suo messaggio è nuovo, ma non distrugge ciò che già esiste. Anzi sviluppa al massimo le sue potenzialità. Gesù insegna che la via dell'amore porta la legge al suo pieno compimento (cfr Gal 5, 14). Ed ha insegnato questa verità importantissima su questa collina, qui in Galilea.

Perché occorre un cambiamento del cuore "Beati voi", dice "Beati i poveri in spirito, i miti e i misericordiosi, gli afflitti, coloro che hanno fame e sete della giustizia, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati! Beati voi!". Le parole di Gesù possono sembrare strane. È strano che Gesù esalti coloro che il mondo considera in generale dei deboli. Dice loro: "Beati voi che sembrate perdenti, perché siete i veri vincitori: vostro è il Regno dei Cieli!". Dette da lui che è "mite e umile di cuore" (Mt 11, 29), queste parole lanciano una sfida che richiede una metanoia profonda e costante dello spirito, una grande trasformazione del cuore. Voi giovani comprenderete il motivo per cui è necessario questo cambiamento del cuore! Siete infatti consapevoli di un'altra voce dentro di voi e intorno a voi, una voce contraddittoria. È una voce che dice: "Beati i superbi e i violenti, coloro che prosperano a qualunque costo, che non hanno scrupoli, che sono senza pietà, disonesti, che fanno la guerra invece della pace e perseguitano quanti sono di ostacolo sul loro cammino". Questa voce sembra avere senso in un mondo in cui i violenti spesso trionfano e pare che i disonesti abbiano successo. "Sì" dice la voce del male "sono questi a vincere. Beati loro!" Gesù offre un messaggio molto diverso (...) Non lontano da qui egli chiamò i suoi primi discepoli, così come chiama voi ora. La sua chiamata ha sempre imposto una scelta fra le due voci in competizione per conquistare il vostro cuore, anche ora, qui sulla collina, la scelta fra il bene e il male, fra la vita e la morte. Quale voce sceglieranno di seguire i giovani del XXI secolo? Riporre la vostra fiducia in Gesù significa scegliere di credere in ciò che dice, indipendentemente da quanto ciò possa sembrare strano, e scegliere di non cedere alle lusinghe del male, per quanto attraenti possano sembrare. Dopo tutto, Gesù non solo proclama le Beatitudini. Egli vive le Beatitudini. Egli è le Beatitudini. Guardandolo, vedrete cosa significa essere poveri in spirito, miti e misericordiosi, afflitti, avere fame e sete della giustizia, essere puri di cuore, operatori di pace,

256 perseguitati. Per questo motivo ha il diritto di affermare "Venite, seguitemi!". Non dice semplicemente, "Fate ciò che dico". Egli dice "Venite, seguitemi!".

"Ti basta la mia grazia." Voi ascoltate la sua voce su questa collina e credete a ciò che dice. Tuttavia, come i primi discepoli sul mare di Galilea, dovete abbandonare le vostre barche e le vostre reti e questo non è mai facile, in particolare quando dovete affrontare un futuro incerto e siete tentati di perdere la fiducia nella vostra eredità cristiana. Essere buoni Cristiani può sembrare un'impresa superiore alle vostre forze nel mondo di oggi. Tuttavia Gesù non resta a guardare e non vi lascia soli ad affrontare tale sfida. È sempre con voi per trasformare la vostra debolezza in forza. CredeteGli quando vi dice: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12, 9)! I discepoli trascorsero del tempo con il Signore. Giunsero a conoscerlo e ad amarlo profondamente. Scoprirono il significato di quanto l'Apostolo Pietro disse una volta a Gesù: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68). Scoprirono che le parole di vita eterna sono le parole del Sinai e le parole delle Beatitudini. Questo è il messaggio che diffusero ovunque.

Ora, all'alba del terzo millennio, tocca a voi Al momento della sua Ascensione, Gesù affidò ai suoi discepoli una missione e questa rassicurazione: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 18-20). Da duemila anni i seguaci di Cristo svolgono questa missione. Ora, all'alba del terzo millennio, tocca a voi. Tocca a voi andare nel mondo e annunciare il messaggio dei Dieci Comandamenti e delle Beatitudini. Quando Dio parla, parla di cose che hanno la più grande importanza per ogni persona, per le persone del XXI secolo non meno che per quelle del primo secolo. I Dieci Comandamenti e le Beatitudini parlano di verità e di bontà, di grazia e di libertà, di quanto è necessario per entrare nel Regno di Cristo. Ora tocca a voi essere coraggiosi apostoli di quel Regno! Giovani della Terra Santa, giovani del mondo, rispondete al Signore con un cuore aperto e volenteroso! Volenteroso e aperto come il cuore della figlia più grande di Galilea, Maria, la Madre di Gesù. Come rispose? Disse: “Eccomi, sono la serva del

257 Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1, 38). O Signore Gesù Cristo, in questo luogo che hai conosciuto e che hai tanto amato, ascolta questi giovani cuori generosi! Continua a insegnare a questi giovani la verità dei Comandamenti e delle Beatitudini! Rendili gioiosi testimoni della tua verità e apostoli convinti del tuo Regno! Sii con loro sempre, in particolare quando seguire te e il Vangelo diviene difficile e arduo! Sarai tu la loro forza, sarai tu la loro vittoria! O Signore Gesù, hai fatto di questi giovani degli amici tuoi: tienili per sempre vicino a te! Amen!

SALUTO AL TERMINE DELLA SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA AI GIOVANI GIUNTI DA TUTTO IL MONDO 24 marzo 2000

Ognuno di voi deve essere messaggero del Vangelo delle Beatitudini Al termine di questa gioiosa Celebrazione Eucaristica, voglio ringraziare tutti voi, cari giovani, venuti numerosi da vicino e da lontano, come discepoli di Gesù, per ascoltare la sua parola. Partendo da questo Monte delle Beatitudini, ognuno di voi deve essere messaggero del Vangelo delle Beatitudini. Saluto in particolare i giovani neo-catecumenali che sono qui in gran numero da tutte le parti del mondo. A tutti dico, Cristo vi accompagni per le strade del mondo. Vi accompagni anche Maria che - come ricorderò domani a Nazareth - col suo fiat cooperò al grande mistero dell'Incarnazione, di cui l'Anno Giubilare celebra i Duemila anni. Dio vi benedica! Ringrazio quanti hanno partecipato alla preparazione di questa Messa meravigliosa. Dio vi benedica tutti! (…) Dalla sua bocca avete sentito che cosa vuol dire essere veramente beati; che cosa vuol dire osservare i comandamenti e vivere secondo lo spirito delle Beatitudini. Non abbiate paura di dire "sì" a Gesù e di seguirlo come suoi discepoli. Allora i vostri cuori si riempiranno di gioia e voi diventerete una Beatitudine per la Polonia e per il mondo. Ve lo auguro di tutto il mio cuore. Ai giovani di lingua ebraica, dico: siate costruttori di pace. Dio sia con voi! Ai giovani di lingua araba, dico: siate costruttori di pace. Dio sia con voi!

258 SANTA MESSA NELLA BASILICA DELL'ANNUNCIAZIONE Nazareth — 25 Marzo 2000

«Ecco l'ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola» 25 marzo 2000, solennità dell'Annunciazione nell'Anno del Grande Giubileo: oggi gli occhi di tutta la Chiesa sono rivolti a Nazareth. Ho desiderato tornare nella città di Gesù, per sentire ancora una volta, a contatto con questo luogo, la presenza della donna della quale sant'Agostino ha scritto: «Egli scelse la madre che aveva creato; creò la madre che aveva scelto» (cfr Sermo 69, 3, 4). Qui è particolarmente facile comprendere perché tutte le generazioni chiamino Maria beata (cfr Lc 2, 48).

«Ecco, io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà» Siamo qui riuniti per celebrare il grande mistero che si è compiuto qui duemila anni fa. L'evangelista Luca colloca chiaramente l'evento nel tempo e nello spazio: «Nel sesto mese, l'Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» (Lc 1, 26-27). Per comprendere però ciò che accadde a Nazareth duemila anni fa, dobbiamo ritornare alla lettura tratta dalla Lettera agli Ebrei. Questo testo ci permette di ascoltare una conversazione tra il Padre e il Figlio sul disegno di Dio da tutta l'eternità. «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà» (10, 5-7). La Lettera agli Ebrei ci dice che, obbedendo alla volontà de Padre, il Verbo Eterno viene tra noi per offrire il sacrificio che supera tutti i sacrifici offerti nella precedente Alleanza. Il suo è il sacrificio eterno e perfetto che redime il mondo.

Maria, la più autentica figlia di Abramo Il disegno divino è rivelato gradualmente nell'Antico Testamento, in particolare nelle parole del profeta Isaia, che abbiamo appena ascoltato: «Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (7, 14). Emmanuele: Dio con noi. Con queste parole viene preannunciato l'evento unico che si sarebbe compiuto a Nazareth nella pienezza dei

259 tempi, ed è questo evento che celebriamo oggi con gioia e felicità intense. Il nostro pellegrinaggio giubilare è stato un viaggio nello spirito, iniziato sulle orme di Abramo, «nostro padre nella fede» (Canone Romano; cfr Rm 4, 11-12). Questo viaggio ci ha condotti oggi a Nazareth, dove incontriamo Maria, la più autentica figlia di Abramo. È Maria, più di chiunque altro, che può insegnarci cosa significa vivere la fede di «nostro padre». Maria è in molti modi chiaramente diversa da Abramo; ma in maniera più profonda «l'amico di Dio» (cfr Is 41, 8) e la giovane donna di Nazareth sono molto simili.

Maria e Abramo Entrambi ricevono una meravigliosa promessa da Dio. Abramo sarebbe diventato padre di un figlio, dal quale sarebbe nata una grande nazione. Maria sarebbe divenuta Madre di un Figlio che sarebbe stato il Messia, l'Unto del Signore. Dice Gabriele «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce... il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre... e il suo regno non avrà fine» (Lc 1, 31-33). Sia per Abramo sia per Maria la promessa giunge del tutto inaspettata. Dio cambia il corso quotidiano della loro vita, sconvolgendone i ritmi consolidati e le normali aspettative. Sia ad Abramo sia a Maria la promessa appare impossibile. La moglie di Abramo, Sara, era sterile e Maria non è ancora sposata: «Come è possibile?», chiede all'angelo. «Non conosco uomo» (Lc 1, 34). Come ad Abramo, anche a Maria viene chiesto di rispondere «sì» a qualcosa che non è mai accaduto prima. Sara è la prima delle donne sterili della Bibbia che a concepire per potenza di Dio, proprio come Elisabetta sarà l'ultima. Gabriele parla di Elisabetta per rassicurare Maria: «Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio» (Lc 1, 36). Come Abramo, anche Maria deve camminare al buio, affidandosi a Colui che l'ha chiamata. Tuttavia, anche la sua domanda «come è possibile?» suggerisce che Maria è pronta a rispondere «sì», nonostante le paure e le incertezze. Maria non chiede se la promessa sia realizzabile, ma solo come si realizzerà. Non sorprende, pertanto, che infine pronunci il suo fiat: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38). Con queste parole Maria si dimostra vera figlia di Abramo e diviene la Madre di Cristo e Madre di tutti i credenti.

260 Nazareth: «La scuola del Vangelo» Per penetrare ancora più profondamente questo mistero, ritorniamo al momento del viaggio di Abramo quando ricevette la promessa. Fu quando accolse nella propria casa tre ospiti misteriosi (cfr Gn 18, 1- 15) offrendo loro l'adorazione dovuta a Dio: tres vidit et unum adoravit. Quell‟incontro misterioso prefigura l'Annunciazione, quando Maria viene potentemente trascinata nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Attraverso il fiat pronunciato da Maria a Nazareth, l'Incarnazione è diventata il meraviglioso compimento dell'incontro di Abramo con Dio. Seguendo le orme di Abramo, quindi, siamo giunti a Nazareth per cantare le lodi della donna «che reca nel mondo la luce» (inno Ave Regina Caelorum). Siamo però venuti qui anche per supplicarla. Cosa chiediamo noi pellegrini, in viaggio nel Terzo Millennio Cristiano, alla Madre di Dio? Qui, nella città che Papa Paolo VI, quando visitò Nazareth, definì «La scuola del Vangelo. Qui s'impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare nel senso, tanto profondo e misterioso, di quella semplicissima, umilissima, bellissima apparizione» (Allocuzione a Nazareth, 5 gennaio 1964) prego innanzitutto per un grande rinnovamento della fede di tutti i figli della Chiesa. Un profondo rinnovamento di fede: non solo un atteggiamento generale di vita, ma una professione consapevole e coraggiosa del Credo: «Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine, et homo factus est».

Maria, la Theotókos, la grande Madre di Dio A Nazareth, dove Gesù «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 52), chiedo alla Santa Famiglia di ispirare tutti i cristiani a difendere la famiglia contro le numerose minacce che attualmente incombono sulla sua natura, la sua stabilità e la sua missione. Alla Santa Famiglia affido gli sforzi dei cristiani e di tutte le persone di buona volontà a difendere la vita e a promuovere il rispetto per la dignità di ogni essere umano. A Maria, la Theotókos, la grande Madre di Dio, consacro le famiglie della Terra Santa, le famiglie del mondo. A Nazareth, dove Gesù ha iniziato il suo ministero pubblico, chiedo a Maria di aiutare la Chiesa ovunque a predicare la «buona novella» ai poveri, proprio come ha fatto Lui (cfr Lc 4, 18). In questo «anno di grazia del Signore», chiedo a Lei di insegnarci la via dell‟umile e gioiosa obbedienza al Vangelo nel servizio dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, senza preferenze e senza pregiudizi. «O

261 Madre del Verbo Incarnato, non disprezzare la mia preghiera, ma benigna ascoltami ed esaudiscimi. Amen»

PAROLE DURANTE L'INCONTRO CON I CONSOLI GENERALI 25 Marzo 2000

Sono lieto di incontrarvi e di incoraggiarvi Venite da Paesi diversi e rappresentate popoli e sistemi politici differenti, ma siete tutti, senza eccezione, impegnati a servire la stessa grande causa: la promozione della pace e della comprensione tra i popoli e le nazioni. In questo ambito importante nessun risultato o conquista - per piccoli che possano sembrare - mancheranno di avere effetti positivi sull'intera famiglia umana. Vi incoraggio ad apportare al vostro lavoro tutta l'energia di un ideale profondamente sentito: quello della costruzione di un mondo che poggi saldamente su fondamenta solide di pace, di giustizia e di rispetto dei diritti e della dignità dell'uomo. Possa Dio, che è la sorgente della nostra pace, benedire abbondantemente ogni sforzo profuso per assicurare un'era di sincera comprensione e collaborazione tra le nazioni della terra! Dio benedica voi e le vostre famiglie!

DISCORSO DURANTE L'INCONTRO ECUMENICO NEL PATRIARCATO GRECO-ORTODOSSO DI GERUSALEMME— 25 marzo 2000

La via della riconciliazione e della pace È fonte di grande gioia sapere che i Capi delle Comunità cristiane nella Città Santa di Gerusalemme s'incontrano spesso per affrontare questioni di comune interesse per i fedeli. Lo spirito fraterno che prevale fra di voi è un segno e un dono ai Cristiani della Terra Santa mentre accolgono le sfide che hanno di fronte. Occorre forse che io dica che sono profondamente incoraggiato dall'incontro di questa sera? Esso conferma che abbiamo iniziato il cammino per conoscerci meglio gli uni gli altri, con il desiderio di superare la sfiducia e la rivalità ereditate dal passato. Qui a Gerusalemme, nella Città dove nostro Signore Gesù Cristo morì e risuscitò da morte, le sue parole risuonano con una speciale risonanza, soprattutto le parole che disse la notte prima di morire: «perché tutti siano una sola cosa... perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17, 11. 20-21). E‟ in

262 risposta alla preghiera del Signore che noi siamo qui insieme, tutti seguaci dell'unico Signore malgrado le nostre dolorose divisioni, e tutti consapevoli che la sua volontà obbliga noi, come le Chiese e le Comunità Ecclesiali che rappresentiamo, a percorrere la via della riconciliazione e della pace.

L'incontro tra Paolo VI e Athenagoras I Questo incontro mi ricorda lo storico incontro, qui a Gerusalemme, tra il mio Predecessore Papa Paolo VI e il Patriarca Ecumenico Athenagoras I. E‟ stato un evento che ha gettato le fondamenta di una nuova era di contatti fra le nostre Chiese. Negli anni che sono trascorsi abbiamo imparato che la strada verso l'unità è una via difficile. Ciò non deve scoraggiarci. Dobbiamo essere pazienti e perseveranti, e continuare ad andare avanti senza vacillare. Il caloroso abbraccio di Papa Paolo e del Patriarca Athenagoras appare come un segno profetico e una fonte d'ispirazione, che ci sospinge verso nuovi sforzi per corrispondere alla volontà del Signore.

Una legittima diversità che non è contraria all'unità del Corpo di Cristo La nostra aspirazione a una più piena comunione fra i Cristiani assume un significato speciale nella Terra della Nascita del Salvatore e nella Città Santa di Gerusalemme. Qui, la presenza delle diverse Chiese e Comunità, desidero riaffermare che il tratto ecclesiale di universalità rispetta pienamente la legittima diversità. La varietà e la bellezza dei vostri riti liturgici, e delle vostre tradizioni e istituzioni spirituali, teologiche e canoniche, testimoniano la ricchezza dell'eredità divinamente rivelata e indivisa della Chiesa universale, così come si è sviluppata attraverso i secoli in Oriente e in Occidente. Esiste una legittima diversità che non è in alcun modo contraria all'unità del Corpo di Cristo, ma piuttosto rafforza lo splendore della Chiesa e contribuisce enormemente al compimento della sua missione (cfr Ut unum sint, n. 50). Nessuna di queste ricchezze deve andare perduta nell'unità più piena alla quale aspiriamo.

Chiediamo al Signore di ispirare un nuovo spirito di armonia Durante la recente Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, in questo Anno del Grande Giubileo, molti di voi si sono uniti in preghiera per una maggiore comprensione e cooperazione fra tutti i

263 seguaci di Cristo. Lo avete fatto nella consapevolezza che tutti i discepoli del Signore insieme hanno una comune missione di servire il Vangelo in Terra Santa. Più uniti saremo in preghiera attorno a Cristo, più coraggiosi diventeremo nell'affrontare la dolorosa realtà umana delle nostre divisioni. Il pellegrinaggio della Chiesa attraverso questo nuovo secolo e il nuovo millennio è il cammino tracciato per essa dalla sua intrinseca vocazione all'unità. Chiediamo al Signore di ispirare un nuovo spirito di armonia e di solidarietà fra le Chiese nell'affrontare le difficoltà pratiche che assediano la Comunità cristiana a Gerusalemme e nella Terra Santa. La cooperazione fraterna fra i Cristiani in questa Città Santa non è una mera opzione; essa ha un suo proprio significato nel comunicare l'amore che il Padre ha per il mondo inviando il suo unigenito Figlio (cfr Gv 3, 16). Solo in uno spirito di reciproco rispetto e sostegno la presenza cristiana può fiorire qui in una comunità viva con le sue tradizioni e fiduciosa di far fronte alle sfide sociali, culturali e politiche di una situazione in evoluzione. Solo essendo riconciliati fra loro, i Cristiani possono svolgere pienamente il loro ruolo facendo di Gerusalemme la Città della Pace per tutti i popoli. In Terra Santa, dove i Cristiani vivono accanto ai seguaci dell'Ebraismo e dell'Islam, dove vi sono quasi ogni giorno tensioni e conflitti, è essenziale superare la scandalosa impressione suscitata dai nostri dissensi e dalle nostre controversie. In questa Città dovrebbe essere soprattutto possibile per Cristiani, Ebrei e Musulmani vivere insieme in fraternità e libertà, in dignità, giustizia e pace.

«Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo» (Gv 10, 9) Cari Fratelli in Cristo, è stata mia intenzione conferire una dimensione chiaramente ecumenica alla celebrazione della Chiesa Cattolica dell'Anno Giubilare 2000. L'apertura della Porta Santa nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, alla quale così numerose Chiese e Comunità Ecclesiali erano rappresentate, ha simboleggiato il nostro attraversare insieme la «porta» che è Cristo: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo» (Gv 10, 9). Il nostro cammino ecumenico è proprio questo: un cammino in Cristo e attraverso Cristo il Salvatore verso la fedele realizzazione del piano del Padre. Con la grazia di Dio, il Bimillenario dell'Incarnazione del Verbo sarà «un tempo favorevole», un anno di grazia per il movimento ecumenico. Nello spirito dei Giubilei dell'Antico Testamento, questo è per noi un

264 tempo provvidenziale per rivolgerci al Signore e per chiedere perdono per le ferite che i membri delle nostre Chiese hanno inferto gli uni agli altri lungo i secoli. Questo è il tempo per chiedere allo Spirito di Verità di aiutare le nostre Chiese e Comunità a impegnarsi in un dialogo teologico sempre più fecondo, che ci renderà capaci di crescere nella conoscenza della verità e di giungere alla pienezza della comunione nel Corpo di Cristo. Dallo scambio d'idee il nostro dialogo diventerà poi uno scambio di doni: una più autentica condivisione dell'amore che lo Spirito incessantemente riversa nei nostri cuori.

DISCORSO AL GRAN MUFTÌ DI GERUSALEMME E DI TERRA SANTA, SHEIKH AKRAM SABRI—26 Marzo 2000

Vivere in armonia e collaborazione e rendere testimonianza al Dio Unico Desidero esprimerle i miei ringraziamenti, nella sua qualità di Presidente del Comitato Supremo Islamico, per avermi accolto nel "Haram al-Sharif", collegato al ricordo di Abramo, che per tutti i credenti è un modello di fede e di sottomissione a Dio Onnipotente. La mia visita, come ben sapete, è essenzialmente un pellegrinaggio religioso e spirituale. Il pellegrinaggio nei luoghi sacri è una caratteristica comune a molte tradizioni religiose, in particolare alle tre religioni abramitiche. Ringrazio Dio onorato da ebrei, cristiani e musulmani. Gerusalemme è la Città Santa per eccellenza. Essa è parte del patrimonio comune delle nostre religioni e dell'intera umanità. Possa Dio Onnipotente concedere la pace a tutta questa amata regione, affinché tutti i popoli che la abitano possano godere dei propri diritti, vivere in armonia e collaborazione e rendere testimonianza al Dio Unico attraverso atti di bontà e di solidarietà umana! Grazie a tutti!

PREGHIERA AL MURO OCCIDENTALE DI GERUSALEMME Dio dei nostri padri, tu hai scelto Abramo e la sua discendenza perché il tuo Nome fosse portato alle genti: noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti nel corso della storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli,

265 e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci in un'autentica fraternità con il popolo dell'alleanza. Per Cristo nostro Signore. R. Amen. Domenica, 26 marzo 2000

SALUTO AL PATRIARCA ARMENO ORTODOSSO SUA BEATITUDINE TORKOM II MANOUKIAN 26 marzo 2000

Preghiamo più intensamente affinché il Signore ci conceda il dono dell'unità È per me un grande piacere visitarla nella sua residenza dopo avere avuto la gioia di incontrarla a Roma in occasione della memorabile visita di Sua Santità Karekin I nel dicembre 1996. Ripeto di cuore le parole che rivolsi allora al Patriarca Catholicos di tutti gli Armeni: "Possano la grazia e la cordialità del nostro incontro diventare come una "lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori" (cfr 2 Pt 1, 19)". Il nostro incontro oggi è un ulteriore passo avanti che il Signore ci ha concesso per il rafforzamento dei vincoli tra la Chiesa cattolica e la Chiesa apostolica armena. In questo Anno Giubilare, quando preghiamo più intensamente affinché il Signore ci conceda il dono dell'unità, possa la nostra amicizia essere come una preghiera che sale a Dio come incenso, come il profumo del sacrificio della sera offerto sulla Croce dal suo Figlio prediletto! Beatitudine, visitando la sua casa mi sento come un fratello tra fratelli che insieme cercano di costruire la Chiesa di Cristo. La ringrazio per il suo gentile benvenuto e chiedo al Signore Risorto di concedere a lei e a tutto il clero e i fedeli della Chiesa apostolica armena in Terra Santa i suoi doni di prosperità, gioia e pace.

SANTA MESSA NELLA CHIESA DEL SANTO SEPOLCRO Gerusalemme—26 marzo 2000

«Credo... in Gesù Cristo... concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto... il terzo giorno risuscitò dai morti»

266 Seguendo il cammino della storia della salvezza, così come narrato dal Credo Apostolico, il mio pellegrinaggio giubilare mi ha condotto in Terra Santa. Da Nazareth, dove Gesù fu concepito dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, sono giunto a Gerusalemme, dove «patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto». Qui, nella Basilica del Santo Sepolcro, mi inginocchio davanti al luogo della sua sepoltura: «Ecco il luogo dove lo avevano deposto» (Mc 16, 6). La tomba è vuota. È una testimone silenziosa dell'evento centrale della storia umana: la Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Per quasi duemila anni la tomba vuota ha reso testimonianza alla vittoria della Vita sulla morte. Con gli apostoli e gli evangelisti, con la Chiesa di ogni tempo e luogo, anche noi rendiamo testimonianza e proclamiamo: «Cristo risuscitato dai morti, non morirà più; la morte non ha più potere su di Lui» (cfr Rm 6, 9).

Il Signore della Vita era morto (...) ora regna, vittorioso sulla morte, sorgente di vita eterna per quanti credono. In questa chiesa, «Madre di tutte le Chiese» (san Giovanni Damasceno), porgo i miei cordiali saluti a sua Beatitudine il Patriarca Michel Sabbah, agli Ordinari delle altre Comunità cattoliche, a Padre Giovanni Battistelli e ai Frati Minori della Custodia di Terra Santa, come pure ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli laici. (...) Qui, dove nostro Signore Gesù Cristo è morto per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi (Gv 11, 52), il Padre delle misericordie rafforzi il desiderio di unità e di pace fra quanti hanno ricevuto il dono della vita nuova vita mediante le acque salvifiche del Battesimo.

«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2, 19) L'evangelista Giovanni ci racconta che dopo che Gesù risuscitò dai morti, i discepoli si ricordarono di queste parole e credettero (cfr Gv 2, 22). Gesù le aveva pronunciate affinché fossero un segno per i suoi discepoli. Quando visitò il Tempio insieme ai discepoli scacciò i cambiavalute e i mercanti dal luogo santo (cfr Gv 2, 15). Nel momento in cui i presenti protestarono domandando : «Quale segno ci mostri per fare queste cose?», Gesù rispose: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». L'evangelista osserva che Egli «parlava del tempio del suo corpo» (Gv 2, 18-21). La profezia contenuta nelle parole di Gesù si compì a Pasqua, quando «il terzo

267 giorno risuscitò dai morti». La Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo è il segno che l‟eterno Padre è fedele alla sua promessa e fa nascere nuova vita dalla morte: «la risurrezione del corpo e la vita eterna». Il mistero si riflette chiaramente in questa antica Chiesa dell'Anastasi, che ospita sia il sepolcro vuoto, segno della Risurrezione, sia il Golgota, luogo della Crocifissione. La Buona Novella della Risurrezione non può mai essere scissa dal mistero della Croce. San Paolo nella seconda Lettura ascoltata oggi dice: «noi predichiamo Cristo crocifisso» (1Cor 1, 23). Cristo, che si è offerto come sacrificio della sera sull'altare della Croce (cfr Sal 141, 2), si è ora rivelato come «potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Cor 1, 24). Nella sua Risurrezione, i figli e le figlie di Adamo sono stati resi partecipi della vita divina che era sua dall'eternità, con il Padre, nello Spirito Santo.

«Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù» (Es 20, 2) L'odierna liturgia quaresimale ci presenta l'Alleanza che Dio strinse con il suo popolo sul Monte Sinai, quando diede i Dieci Comandamenti della Legge a Mosè. Il Sinai rappresenta la seconda tappa di quel grande pellegrinaggio di fede iniziato quando Dio disse ad Abramo: «Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò» (Gn 12, 1). La Legge e l'Alleanza sono il sigillo delle promessa fatta ad Abramo. Attraverso il Decalogo e la legge morale inscritta nel cuore umano (cfr Rm 2, 15), Dio sfida radicalmente la libertà di ogni uomo e di ogni donna. Rispondere alla voce di Dio che risuona nel profondo della nostra coscienza e scegliere il bene è l‟uso più sublime della libertà umana. Significa veramente scegliere tra la vita e la morte (cfr Dt 30, 15). Camminando sulla via dell'Alleanza con Dio Santissimo, il popolo divenne custode e testimone della promessa, la promessa di una autentica liberazione e della pienezza di vita. La Risurrezione di Gesù è il sigillo definitivo di tutte le promesse di Dio, il luogo di nascita di una umanità nuova e risorta, il pegno di una storia segnata dai doni messianici della pace e della gioia spirituale. All'alba di un nuovo millennio, i cristiani possono e devono guardare al futuro con salda fiducia nella potenza gloriosa del Risorto di fare nuove tutte le cose (cfr Ap 21, 5). Egli è Colui che libera ogni creatura dalla schiavitù della caducità (cfr Rm 8, 20). Mediante la Risurrezione, Egli apre la

268 via al riposo del grande Sabbath, l'Ottavo Giorno, quando il pellegrinaggio dell‟umanità giungerà al termine e Dio sarà tutto in tutti (1 Cor 15, 28). Qui, presso il Santo Sepolcro e il Golgota, mentre rinnoviamo la nostra professione di fede nel Signore Risorto, possiamo forse dubitare che nella potenza dello Spirito della Vita ci verrà data la forza per superare le nostre divisioni e operare insieme al fine di costruire un futuro di riconciliazione, di unità e di pace? Qui, come in nessun altro luogo al mondo, udiamo ancora una volta il Signore dire ai suoi discepoli: «abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» (cfr Gv 16, 33).

All'alba di un nuovo Millennio, c'è un grande bisogno di gridare dai tetti la buona novella Risplendente della gloria dello Spirito, il Signore Risorto è il Capo della Chiesa, suo Mistico Corpo. Egli la sostiene nella missione di proclamare il Vangelo della salvezza agli uomini e alle donne di ogni generazione fino a quando ritornerà nella gloria! Da questo luogo, dove per primi alle donne e agli Apostoli fu fatta conoscere la Risurrezione, esorto tutti i membri della Chiesa a rinnovare la loro obbedienza al comandamento del Signore di portare il Vangelo fino ai confini della Terra. All'alba di un nuovo Millennio, c'è un grande bisogno di gridare dai tetti la buona novella che «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16). «Signore... Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6, 68). Oggi, come umile Successore di Pietro, desidero ripetere queste parole mentre celebriamo il Sacrificio Eucaristico in questo luogo, il più sacro al modo. Con l'intera umanità redenta, faccio mie le parole che Pietro il pescatore ha rivolto a Cristo, Figlio del Dio vivente: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna». Christós anésti. Cristo è risorto! Egli è veramente risorto! Amen.

269 ANGELUS Gerusalemme—26 marzo 2000

O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria! Questi sono stati giorni di profonda emozione, giorni in cui la nostra anima si è commossa non solo al ricordo di ciò che Dio ha fatto ma per la sua stessa presenza, poiché ha ancora una volta camminato con noi nella Terra della Nascita, Morte e Resurrezione di Cristo. A ogni passo di questo Pellegrinaggio Giubilare, Maria è stata con noi, illuminando il nostro cammino e condividendo le gioie e i dolori dei suoi figli e delle sue figlie. Insieme a Maria, Mater dolorosa, stiamo all'ombra della Croce e piangiamo con lei per il dolore di Gerusalemme e per i peccati del mondo. Stiamo con lei nel silenzio del Calvario, e vediamo il sangue e l'acqua scorrere dal costato trafitto di suo Figlio. Prendendo coscienza delle terribili conseguenze del peccato, siamo spinti a pentirci dei nostri propri peccati e dei peccati dei figli della Chiesa in ogni epoca. O Maria, concepita senza peccato, aiutaci lungo il cammino della conversione! Insieme a Maria, Stella matutina, siamo stati colpiti dalla luce della Resurrezione. Ci rallegriamo con lei perché il Sepolcro vuoto è diventato il grembo della vita eterna, dove Colui che è risorto dai morti ora siede alla destra del Padre. Insieme a lei, rendiamo infinitamente grazie per il dono dello Spirito Santo che il Signore risorto ha fatto discendere sulla Chiesa nella Pentecoste e che riversa continuamente nel nostro cuore, per la nostra salvezza e per il bene della famiglia umana. Maria Regina in caelum assumpta. Dal Sepolcro di suo Figlio, guardiamo alla tomba dove Maria giacque riposando in pace, in attesa della sua gloriosa Assunzione. La Liturgia Divina celebrata presso la sua tomba a Gerusalemme fa dire a Maria: “Anche dopo la morte, non sarò lontana da te”. E nella Liturgia i suoi figli rispondono: “Vedendo la tua tomba, o santa Madre di Dio, ci sembra di contemplarti. O Maria, tu sei la gioia degli angeli, il conforto degli afflitti. Ti proclamiamo la roccaforte dei Cristiani e soprattutto Madre”. Nel contemplare la , quasi al termine di questo viaggio, vediamo il vero volto della Chiesa, radiosa in tutta la sua bellezza, splendente di “gloria divina che rifulge sul volto di Cristo” (2 Cor 4, 6). O Avvocata, aiuta la Chiesa a essere sempre più simile a te, suo elevato modello. Aiutala a crescere in fede, speranza e amore, mentre ricerca e compie la volontà di Dio in tutte le cose (cfr Lumen gentium, n. 65).

270 O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!

Visita di Giovanni Paolo II in Siria Pellegrinaggio Giubilare ―sulle orme di San Paolo Apostolo‖ 5-9 maggio 2001 (93° Viaggio internazionale IN Grecia, Siria, Malta)

Discorso durante la cerimonia di benvenuto Aeroporto internazionale di Damasco 5 Maggio 2001

Vengo come pellegrino di fede Al mio arrivo a Damasco, questa «perla dell'Oriente», sono profondamente consapevole di visitare una terra molto antica, che ha svolto un ruolo vitale nella storia di questa parte del mondo. Il suo contributo letterario, artistico e sociale alla fioritura della cultura e della civiltà è noto. Sono particolarmente grato a Lei, signor Presidente, e ai membri del Governo, per aver reso possibile la mia visita in Siria e La ringrazio per le cordiali parole di benvenuto che mi ha rivolto. Saluto le autorità civili, politiche e militari cortesemente presenti e gli illustri membri del Corpo Diplomatico. Vengo come pellegrino di fede, proseguendo il mio pellegrinaggio giubilare in alcuni luoghi legati in modo particolare all'autorivelazione di Dio e alle Sue azioni salvifiche (cfr Lettera del Papa sul pellegrinaggio ai luoghi santi legati alla storia della salvezza, n. 1). Oggi Dio mi consente di continuare questo pellegrinaggio qui, in Siria, a Damasco, e di salutare tutti voi in amicizia e fraternità. Saluto i Patriarchi e i Vescovi che sono qui in rappresentanza della comunità cristiana siriana. Rivolgo un saluto affettuoso a tutti i seguaci dell'Islam che vivono in questa nobile terra. La pace sia con tutti voi! As-salámu 'aláikum! In realtà il mio pellegrinaggio giubilare, che segna i duemila anni della nascita di Gesù Cristo, è cominciato un anno fa, con la commemorazione di Abramo, al quale la chiamata di Dio giunse non lontano da qui, nella regione di Haran. In seguito, mi sono potuto recare sul Monte Sinai, dove furono dati a Mosè i Dieci Comandamenti. E poi ho realizzato un'indimenticabile visita in Terra Santa, dove Gesù compì la sua missione salvifica e fondò la sua Chiesa. Ora rivolgo il pensiero e il cuore alla figura di Saulo di Tarso, il

271 grande Apostolo Paolo, la cui vita venne trasformata per sempre sulla via di Damasco. Il mio ministero di Vescovo di Roma è legato in modo particolare alla testimonianza di San Paolo, coronata dal martirio a Roma.

Pace, tensioni e conflitti Come posso dimenticare il contributo magnifico della Siria e della regione circostante alla storia del cristianesimo? Fin dall'inizio del cristianesimo vi erano fiorenti comunità. Nel deserto siriano fiorì il monachesimo cristiano; e nomi di siriani quali sant'Efrem e san Giovanni Damasceno sono impressi per sempre nella memoria cristiana. Alcuni miei predecessori nacquero in quest'area. Penso anche alla grande influenza culturale dell'Islam siriano, che sotto la guida dei Califfi Omayyadi raggiunse le coste più lontane del Mediterraneo. Oggi, in un mondo sempre più complesso e interdipendente, è necessario un nuovo spirito di dialogo e di cooperazione fra cristiani e musulmani. Insieme riconosciamo il Dio unico e indivisibile, il Creatore di tutto ciò che esiste. Insieme dobbiamo proclamare al mondo che il nome dell'unico Dio è «un nome di pace e un imperativo di pace» (Novo millennio ineunte, n. 55). Mentre la parola «pace» echeggia nel nostro cuore, come possiamo non pensare alle tensioni e ai conflitti che da tempo affliggono la regione del Medio Oriente? Spesso sono sorte speranze di pace solo per poi essere distrutte da nuove ondate di violenza! Lei, signor Presidente, ha saggiamente confermato che una pace giusta e globale è nel miglior interesse della Siria. Ho fiducia nel fatto che sotto la sua guida la Siria non lesinerà sforzi per promuovere un'armonia e una cooperazione sempre maggiori fra i popoli della regione, al fine di recare benefici duraturi non solo alla sua terra, ma anche ad altri Paesi arabi e a tutta la comunità internazionale. Come ho pubblicamente dichiarato in altre occasioni, è ora di «ritornare ai principi della legalità internazionale: interdizione dell'acquisizione dei territori mediante la forza, diritto dei popoli a disporre di se stessi, rispetto delle risoluzioni dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e delle Convenzioni di Ginevra, per non citare che i più importanti» (Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 13 gennaio 2001, n. 3).

272 Promuovere i principi di coesistenza pacifica Tutti noi sappiamo che la pace reale si può raggiungere solo se esiste un nuovo atteggiamento di comprensione e rispetto fra i popoli della regione, fra i seguaci delle tre religioni abramitiche. Passo dopo passo, con coraggio e discernimento, i responsabili politici e religiosi della regione devono creare le condizioni per lo sviluppo al quale i loro popoli hanno diritto, dopo tanti contrasti e tanto soffrire. Fra queste condizioni, è importante che il modo in cui i popoli della regione si considerano evolva e che a ogni livello della società si insegnino e si promuovano i principi di coesistenza pacifica. In questo senso, il mio pellegrinaggio è anche un'ardente preghiera di speranza: speranza che fra i popoli della regione la paura si trasformi in fiducia e il disprezzo in stima reciproca, che la forza lasci spazio al dialogo e che prevalga il desiderio autentico di servire il bene comune.

INCONTRO ECUMENICO NELLA CATTEDRALE GRECO- ORTODOSSA DELLA DORMIZIONE DELLA VERGINE MARIA Damasco, 5 maggio 2001

Il glorioso passato del Patriarcato di Antiochia "Quando giunse e vide la grazia del Signore, (Barnaba) si rallegrò... esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore" (At 11, 23). Tale era la meraviglia gioiosa dell'apostolo ad Antiochia, dove era stato inviato dalla Chiesa di Gerusalemme. Tali sono anche la mia gioia e il mio messaggio oggi. Questa visita in Siria mi riporta, in effetti, all'aurora della Chiesa, al tempo degli Apostoli e delle prime comunità cristiane. Completa i pellegrinaggi in terra biblica che ho potuto effettuare all'inizio dell'anno 2000. Mi offre anche la gioiosa occasione di incontrarvi in Siria e di rendervi le visite che avete fatto alla Chiesa e al Vescovo di Roma. (...) Costruita sul fondamento degli Apostoli Pietro e Paolo, la Chiesa in Siria non ha tardato a manifestare una straordinaria fioritura di vita cristiana. Non senza motivo il Concilio di Nicea riconobbe il primato di Antiochia sulle Chiese metropolitane della regione. Menzionando qui in modo particolare Ignazio di Antiochia, Giovanni Damasceno e Simeone, come possiamo non ricordare i numerosi confessori e martiri che hanno fatto risplendere, in questa regione, gli esordi della Chiesa con la loro fedeltà alla grazia, fino all'effusione del sangue! Quanti monaci e monache si sono ritirati in solitudine, popolando i deserti e le

273 montagne della Siria di eremi e di monasteri, per vivervi una vita di preghiera e di sacrificio, a lode di Dio, al fine, come diceva Teodoro di Edessa, "di acquisire lo stato di bellezza" (Discorso sulla contemplazione)! Quanti teologi siriani hanno contribuito allo sviluppo delle Scuole teologiche di Antiochia e di Edessa! Quanti missionari sono partiti dalla Siria per dirigersi verso l'Oriente, proseguendo così quel grande movimento di evangelizzazione che ebbe luogo in Mesopotamia e anche oltre, fino al Kerala, in India. La Chiesa in Occidente non è forse ampiamente debitrice ai numerosi Pastori di origine siriana che vi assunsero il ministero episcopale, ossia il ministero di Vescovo di Roma? Che Dio sia lodato per la testimonianza e l'irradiamento dell'antico Patriarcato di Antiochia! Nel corso dei secoli, purtroppo, l'illustre Patriarcato di Antiochia perse la sua unità; è auspicabile che i diversi Patriarcati attualmente esistenti ritrovino le vie più adatte a condurli alla piena comunione.

Cercare l'unità con coraggio e prudenza Fra il Patriarcato greco-ortodosso e il patriarcato greco-cattolico di Antiochia è stato avviato un processo di riavvicinamento ecumenico per il quale rendo grazie al Signore di tutto cuore. Esso deriva al contempo dal desiderio del popolo cristiano, dal dialogo fra teologi, come pure dalla collaborazione fraterna fra Vescovi e Pastori dei due Patriarcati. Esorto tutte le persone coinvolte a continuare questa ricerca dell'unità, con coraggio e prudenza, con rispetto ma senza confusione, traendo dalla Divina Liturgia la forza sacramentale e lo sprone teologico necessari a questo percorso. La ricerca dell'unità fra il Patriarcato greco-ortodosso e il patriarcato greco-cattolico di Antiochia s'inscrive chiaramente nel quadro più ampio del processo di riunione fra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse. Perciò tengo a formulare nuovamente il mio sincero auspicio che la Commissione mista internazionale per il dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse possa proseguire le sue attività, nel modo più appropriato. Più questo dialogo affronterà questioni centrali, più sarà laborioso. Ciò non deve meravigliare, e tanto meno far stancare. Chi potrebbe impedirci di riporre la nostra speranza nello Spirito di Dio che non cessa di risvegliare la santità fra i discepoli della Chiesa di Cristo? Tengo a ringraziare vivamente il Patriarca Ignazio IV, per il contributo positivo ed efficace che il Patriarcato di Antiochia e i suoi rappresentanti non hanno mai smesso di apportare al progresso di

274 questo dialogo teologico. Parimenti, sono grato al Patriarca Gregorio III e al suo predecessore, il Patriarca Maximos V, per il loro costante contributo al clima di fraternità e di comprensione, necessario per il buono sviluppo di questo dialogo.

Un luogo di pace e di sicurezza Nel corso dei tempi, e soprattutto all'inizio del ventesimo secolo, comunità armene, caldee e assire, costrette a lasciare le proprie città e i propri villaggi di origine dinanzi alla violenza e alla persecuzione, raggiunsero i quartieri cristiani di Damasco, Aleppo, Homs e altre località della regione. Fu dunque in Siria che esse trovarono un rifugio, un luogo di pace e di sicurezza. Ringrazio il Signore Dio per l'ospitalità che la popolazione siriana ha offerto, in diverse occasioni, ai cristiani perseguitati della regione. Superando qualsiasi divisione ecclesiale, questa ospitalità era il pegno di un riavvicinamento ecumenico. Era il Cristo del Venerdì Santo che si riconosceva e si voleva accogliere nel fratello perseguitato. Da allora, per convinzione come anche per necessità, i cristiani della Siria hanno imparato l'arte della condivisione, della convivialità e dell'amicizia. Il riavvicinamento ecumenico a livello delle famiglie, dei bambini, dei giovani e dei responsabili sociali, è promettente per il futuro dell'annuncio del Vangelo in questo Paese. Spetta a voi, Vescovi e Pastori, seguire con saggezza e coraggio questa felice dinamica di riavvicinamento e di condivisione. La cooperazione di tutti i cristiani, sia essa sul piano della vita sociale e culturale, della promozione del bene della pace o dell'educazione dei giovani, manifesta chiaramente il grado di comunione già esistente fra di essi (cfr Enciclica Ut unum sint, n. 75).

La Chiesa cattolica si è dichiarata favorevole alla celebrazione comune della festa pasquale In virtù della successione apostolica, il sacerdozio e l'Eucaristia uniscono di fatto mediante vincoli molto stretti le nostre Chiese particolari che si chiamano, e amano chiamarsi Chiese sorelle (cfr Decreto Unitatis redintegratio, n. 14). "Questa vita di Chiese sorelle, noi l'abbiamo vissuta durante secoli, celebrando insieme i Concili ecumenici, che hanno difeso il deposito della fede da ogni alterazione. Ora, dopo un lungo periodo di divisione e incomprensione reciproca, il Signore ci concede di riscoprirci come Chiese sorelle, nonostante gli ostacoli che nel passato si sono frapposti tra di noi. Se oggi, alle

275 soglie del terzo millennio, noi ricerchiamo il ristabilimento della piena comunione, è all'attuazione di questa realtà che dobbiamo tendere ed è a questa realtà che dobbiamo far riferimento" (Ut ununt sint, n. 57).. Solo qualche settimana fa, abbiamo avuto la grande gioia di poter celebrare nello stesso giorno la festa di Pasqua. Ho vissuto questa felice coincidenza dell'anno 2001 come un pressante invito della Provvidenza, rivolto a tutte le Chiese e Comunità ecclesiali, affinché ripristinino senza indugio la celebrazione comune della festa pasquale, festa fra tutte le feste, mistero centrale della nostra fede. I nostri fedeli insistono, a giusto titolo, affinché la celebrazione di Pasqua non sia più un fattore di divisione. Dal Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica si è dichiarata favorevole a ogni tentativo in grado di ristabilire la celebrazione comune della festa pasquale. Questo processo appare tuttavia più laborioso del previsto. Occorre forse prevedere tappe intermedie o differenziate, per preparare le menti e i cuori all'applicazione di un computo accettabile per tutti i cristiani d'Oriente e di Occidente? Spetta ai Patriarchi e ai Vescovi del Medio Oriente assumersi insieme questa responsabilità verso le loro comunità, nei diversi Paesi di questa regione. Dal Medio Oriente potrebbero nascere e diffondersi un nuovo slancio e una nuova ispirazione a tale proposito.

SANTA MESSA NELLO STADIO ABBASSYINE DAMASCO, 6 maggio 2001

"Saulo, Saulo perché mi perseguiti?" (...) Egli rispose: "Chi sei, o Signore?" E la voce: "Io sono Gesù, che tu perseguiti! Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare" (At 9, 4-6). È da pellegrino che sono venuto oggi a Damasco, per ravvivare la memoria dell'avvenimento che ebbe luogo qui, duemila anni fa: la conversione di San Paolo. Mentre si reca a Damasco per combattere e imprigionare coloro che professano il nome di Cristo, giunto alle porte della città, Saulo fa l'esperienza di una straordinaria illuminazione. Lungo la via, Cristo risorto si presenta a lui e, sotto l'influsso di questo incontro, si produce in lui una profonda trasformazione: da persecutore diventa apostolo, da oppositore del Vangelo, ne diviene missionario. La lettura degli Atti degli Apostoli ricorda con abbondanza di particolari questo avvenimento che ha cambiato il corso della storia: quest'uomo "è per

276 me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli d'Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome" (At 9, 15-16).

L'incontro nella fede con il Risorto L'avvenimento straordinario che si è verificato non lontano da qui è stato decisivo per il futuro di Paolo e della Chiesa. L'incontro con Cristo ha trasformato radicalmente l'esistenza dell'Apostolo, poiché l'ha colpito nell'intimo del suo essere e lo ha aperto pienamente alla verità divina. Paolo ha accettato liberamente di riconoscere questa verità e di impegnare la propria vita nella sequela di Cristo. Accogliendo la luce divina e ricevendo il Battesimo, il suo essere profondo è divenuto conforme all'essere di Cristo; così la sua vita è stata trasformata ed egli ha trovato la sua felicità riponendo la sua fede e la sua fiducia in Colui che lo ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirevole luce (cfr 2 Tm 1, 12; Ef 5, 8; Rm 13, 12). L'incontro nella fede con il Risorto è infatti una luce lungo il cammino degli uomini, una luce che sconvolge l'esistenza. Sul volto splendente di Cristo, la verità di Dio si manifesta in modo evidente. Teniamo, anche noi, lo sguardo fisso sul Signore! O Cristo, luce del mondo, effondi su di noi e su tutti gli uomini quella luce proveniente dal cielo che ha avvolto il tuo Apostolo! Illumina e purifica gli occhi del nostro cuore per insegnarci a vedere ogni cosa alla luce della tua verità e del tuo amore per l'umanità!

Sulla nostra strada, la Parola di Dio è una lampada che risplende La Chiesa non ha altra luce da trasmettere al mondo se non la luce che gli viene dal Signore. Noi che siamo stati battezzati nella morte e nella risurrezione di Cristo, abbiamo ricevuto l'illuminazione divina e ci è concesso di essere figli della Luce. Ricordiamo la bella esclamazione di San Giovanni Damasceno che sottolinea l'origine della nostra vocazione ecclesiale comune: "Mi hai fatto venire alla luce adottandomi come tuo figlio e mi hai inscritto fra i membri della tua Chiesa santa e immacolata" (Trattato De fide orthodoxa,1)! Sulla nostra strada, la Parola di Dio è una lampada che risplende; essa ci consente di conoscere la verità che rende liberi e che santifica. "Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti

277 al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani" (Ap 7, 9).

San Paolo, pioniere e ispiratore di qualsiasi missione Questo brano della liturgia di oggi, tratto dal libro dell'Apocalisse, ci mostra, a suo modo, l'opera che si è realizzata attraverso il ministero apostolico di San Paolo. Infatti, questi ha avuto un ruolo essenziale nell'annuncio del Vangelo fuori dai confini del Paese di Gesù. Tutto il mondo allora conosciuto, a cominciare dai Paesi intorno al Mediterraneo, è divenuto terra dell'evangelizzazione paolina. E possiamo dire che, in seguito, nel corso dei secoli fino ai nostri giorni, l'immenso sviluppo dell'annuncio evangelico ha costituito, in un certo modo, il seguito logico del ministero dell'Apostolo delle Genti. Ancora oggi, la Chiesa porta in sé i frutti della sua attività apostolica e fa riferimento costante al ministero missionario di San Paolo, divenuto, per intere generazioni di cristiani, pioniere e ispiratore di qualsiasi missione. Sull'esempio di Paolo, la Chiesa è invitata a volgere il suo sguardo fino agli estremi confini del mondo, per proseguire la missione affidatale di trasmettere la luce del Risorto a tutti i popoli e a tutte le culture, nel rispetto della libertà delle persone e delle comunità umane e spirituali. La moltitudine immensa degli uomini di ogni origine è chiamata a rendere gloria a Dio. Poiché, come dice Sant'Efrem: "I tesori che ci dai, non hai alcun bisogno di comunicarceli. Non hai bisogno che di una cosa: che dilatiamo il nostro cuore per portare i tuoi beni, consegnandoti la nostra volontà e ascoltandoti con le nostre orecchie. Tutte le tue opere risplendono delle corone intrecciate dalla saggezza della tua bocca, che dice: Tutto questo è molto buono" (Diathermane, 2, 5-7).

Dio ama tutti gli uomini e li invita a formare una sola famiglia Come Paolo, i discepoli di Cristo sono di fronte ad una grande sfida: devono trasmettere la Buona Novella con un linguaggio adeguato ad ogni cultura, senza perderne la sostanza né snaturarne il senso. Non abbiate paura dunque di testimoniare anche voi con la parola e con tutta la vostra vita fra i vostri fratelli e le vostre sorelle questa gioiosa novella: Dio ama tutti gli uomini e li invita a formare una sola famiglia nella carità, poiché sono tutti fratelli! Questa gioiosa novella deve esortare tutti i discepoli di Cristo a ricercare con ardore le vie dell'unità, perché facendo propria la preghiera del Signore "che tutti

278 siano uno", rendano una testimonianza sempre più autentica e credibile. Mi rallegro vivamente delle relazioni fraterne che già esistono fra i membri delle Chiese cristiane del vostro Paese e vi incoraggio a svilupparle nella verità e nella prudenza, in comunione con i vostri Patriarchi e i vostri Vescovi. All'alba del nuovo millennio, Cristo ci chiama e andare gli uni verso gli altri nella carità che fa la nostra unità. Siate orgogliosi delle grandi tradizioni liturgiche e spirituali delle vostre Chiese d'Oriente! Esse appartengono al patrimonio dell'unica Chiesa di Cristo e costituiscono dei ponti fra le diverse sensibilità. Fin dagli albori del cristianesimo, la vostra terra ha conosciuto una vita cristiana fiorente. Sulla scia dell'eredità spirituale di Ignazio di Antiochia, di Efrem, di Simeone o di Giovanni Damasceno, i nomi di molti Padri, monaci, eremiti e tanti altri santi che sono la gloria delle vostre Chiese, rimangono presenti nella memoria viva della Chiesa universale. Con il vostro attaccamento alla terra dei vostri padri, accettando generosamente di vivere qui la vostra fede, anche voi, oggi, testimoniate la fecondità del messaggio evangelico che è stato trasmesso di generazione in generazione.

Ebrei e Musulmani Con tutti i vostri concittadini, senza distinzione di appartenenza comunitaria, continuate incessantemente nei vostri sforzi in vista dell'edificazione di una società fraterna, giusta e solidale, dove ciascuno sia pienamente riconosciuto nella sua dignità umana e nei suoi diritti fondamentali. Su questa terra santa, Cristiani, Musulmani ed Ebrei sono chiamati a lavorare insieme, con fiducia e audacia, e a far sì che arrivi presto il giorno in cui ogni popolo vedrà rispettati i suoi diritti legittimi e potrà vivere nella pace e nell'intesa reciproca. Possano i poveri, gli ammalati, le persone disabili e gli emarginati essere sempre, fra di voi, dei fratelli e delle sorelle rispettati e amati! Il Vangelo è un potente fattore di trasformazione del mondo. Attraverso la vostra testimonianza di vita, che gli uomini di oggi possano scoprire la risposta alle loro aspirazioni più profonde e i fondamenti della convivialità all'interno della società!

Fratelli e sorelle, non vi stancate di cercare il volto di Cristo Famiglie cristiane, la Chiesa conta su di voi e ha fiducia in voi per comunicare ai vostri figli la fede che avete ricevuto, attraverso i secoli, dopo l'Apostolo Paolo. Rimanendo unite e aperte a tutti,

279 difendendo sempre il diritto alla vita fin dal concepimento, siate focolai di luce, pienamente conformi al disegno di Dio e alle autentiche esigenze della persona umana! Date un posto importante alla preghiera, all'ascolto della Parola di Dio e alla formazione cristiana, dove troverete un sostegno efficace per rispondere alle difficoltà della vita quotidiana e alle grandi sfide del mondo di oggi. La partecipazione regolare all'Eucaristia domenicale è una necessità per qualsiasi vita cristiana fedele e coerente. È un dono privilegiato dove si realizza e si annuncia la comunione con Dio e con i fratelli. Fratelli e sorelle, non vi stancate di cercare il volto di Cristo che si manifesta a voi. È in Lui che troverete il segreto della libertà vera e della gioia del cuore! Lasciate vibrare nel più profondo di voi stessi il desiderio di fraternità autentica fra tutti gli uomini! Mettendovi con entusiasmo al servizio degli altri troverete un senso alla vostra vita, poiché l'identità cristiana non si esprime nell'opposizione agli altri, ma nella capacità di uscire da sé per andare verso i fratelli. L'apertura al mondo, con lucidità e senza timore, fa parte della vocazione del cristiano, consapevole della propria identità e radicato nel suo patrimonio religioso che esprime la ricchezza della testimonianza della Chiesa.

Leviamo lo sguardo verso la Croce di Cristo per scoprirvi la fonte della nostra speranza! "Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv 10, 27-30). Sono le parole del Vangelo di oggi, con le quali Gesù Cristo stesso ci mostra il meraviglioso dinamismo dell'evangelizzazione. Dio che, molte volte e in diversi modi, aveva parlato ai Padri attraverso i profeti, alla fine ha parlato attraverso suo Figlio (cfr Eb 1, 1-2). Questo Figlio, della stessa sostanza del Padre, è il Verbo di vita. È Lui stesso a dare la vita eterna. È venuto perché avessimo la vita e l'avessimo in abbondanza (cfr Gv 10, 10). Alle porte di Damasco, nel suo incontro con Cristo risorto, San Paolo ha appreso questa verità e ne ha fatto il contenuto della sua predicazione. La meravigliosa realtà della Croce di Cristo, sulla quale si è realizzata la Redenzione del mondo, si è presentata davanti a lui. Paolo comprese questa realtà e ad essa dedicò tutta la sua vita. Fratelli e sorelle, leviamo lo sguardo verso la Croce di Cristo

280 per scoprirvi la fonte della nostra speranza! In essa troviamo un autentico cammino di vita e di felicità. Contempliamo il volto amorevole di Dio che ci offre suo Figlio per fare di tutti noi "un cuore solo e un'anima sola" (At 4, 32). Accogliamolo nella nostra vita per trarne ispirazione e realizzare il mistero di comunione che incarna e manifesta l'essenza stessa della Chiesa.

REGINA COELI Damasco, 6 maggio 2001

Cari Fratelli e Sorelle di Damasco e di tutta la Siria prima di concludere questa Liturgia eucaristica con una preghiera alla Regina del Cielo, Madre di Cristo risorto, desidero rivolgere i miei cordiali ringraziamenti a tutte persone riunite qui, attorno a questo altare, per offrire al Signore la nostra azione di rendimento di grazie e per elevargli le nostre ardenti suppliche. So che tutti i cristiani in Siria nutrono un grande amore filiale e una profonda venerazione per la Vergine Maria, Madre di Gesù, rispettata anche dai nostri fratelli musulmani. Mi dispiace vivamente che il mio programma tra voi, in questi giorni troppo brevi, non mi permetta di recarmi in pellegrinaggio, per pregare, in tutte le chiese dedicate alla Madre di Dio, in questa grande e nobile città di Damasco. Devo a limitarmi alle due cattedrali patriarcali dedicate alla Dormizione. Avrei anche voluto che il mio pellegrinaggio sulle orme di san Paolo mi offrisse l'occasione di recarmi nei venerabili santuari della Vergine Maria Madre di Dio, come quello di Saïdnaya, qui vicino, o quelli di Homs, Aleppo, Tartus e altri. Non dimentico che secondo una pia tradizione è stato nei pressi di Tartus che l'apostolo Pietro, mentre si recava da Gerusalemme ad Antiochia seguendo la costa del Mediterraneo, avrebbe consacrato una cappella alla Vergine Maria, che sarebbe stato il primo santuario mariano della Siria. Come ben sapete, tra qualche giorno, lasciando questa città e il vostro Paese, mi recherò, sempre sulle orme di San Paolo, a Malta, dove esiste un'icona molto nota di Nostra Signora di Damasco, piamente conservata e venerata nella chiesa greco-cattolica di La Valletta, capitale dell'isola. Davanti ad Ella, mi ricorderò di voi e le trasmetterò le vostre preghiere e le vostre speranze, chiedendole, come faccio qui ora, d'intercedere presso il suo Figlio Divino per tutti voi e per tutte le vostre famiglie.

281 INCONTRO CON I PATRIARCHI ED I VESCOVI DELLA SIRIA NEL PATRIARCATO GRECO-MELKITA DAMASCO, 6 maggio 2001

Ogni pellegrinaggio è un'occasione per ritornare alle fonti della nostra fede Il mio pellegrinaggio sulle orme di San Paolo, amati Fratelli, mi conduce oggi in Siria, a Damasco, ed è con grande gioia che mi trovo in mezzo a voi. (…) Ogni pellegrinaggio è un'occasione per ritornare alle fonti della nostra fede, per consolidare il nostro amore verso Cristo e la Chiesa e per lanciarci nuovamente nella missione che Gesù ci ha affidato. Qui, su questa terra benedetta da Dio dalla presenza, nel corso dei secoli, di testimoni eminenti che, con la loro vita e i loro scritti, sono figure della tradizione di tutta la Chiesa, la storia santa si legge come un libro aperto sul paesaggio, sui siti biblici e sui santuari cristiani. Tuttavia questo pellegrinaggio vuole essere evidentemente anche un incontro con gli uomini e le donne che abitano in questa terra, in particolare con i nostri fratelli e sorelle nella fede nell'unico Signore, vissuto Egli stesso in Medio Oriente, che ci ha rivelato il volto del Padre di ogni tenerezza. Non è forse su questa terra, nella città di Antiochia, che è uno dei fari dell'Oriente, che i discepoli di Gesù di Nazareth sono stati chiamati per la prima volta "cristiani" (At 11, 26), ossia coloro che professano che Cristo è il Signore, il Messia di Dio, e che essi sono membra del suo Corpo? È dunque con profonda gioia che vi rivolgo lo stesso saluto di Cristo dopo la risurrezione: "Pace a voi!" (Gv 20, 19).

Avete imparato a unire i vostri sforzi La situazione della Chiesa cattolica in Siria è di una grande diversità, per la simultanea presenza di molteplici Chiese che rappresentano altrettante grandi e ricche tradizioni dell'Oriente cristiano. Pazientemente, superando pian piano un secolare ripiegamento dovuto alle contingenze storiche, le vostre comunità e i vostri fedeli si sono aperti gli uni agli altri. Pur restando fermamente radicati nel vostro patrimonio ecclesiale e anche valorizzandolo, avete imparato a unire i vostri sforzi. L'Assemblea della Gerarchia cattolica in Siria, o, più ampiamente, il Consiglio dei Patriarchi del Medio Oriente, simboleggiano questo coordinamento indispensabile che vi

282 invito a proseguire, a estendere e a intensificare ulteriormente, malgrado le difficoltà che ne risulteranno, per un migliore servizio pastorale ai fedeli a voi affidati e per una reale condivisione dei tesori spirituali delle vostre rispettive tradizioni. Se è vero, infatti, che la comunione è innanzitutto un dono di Dio alla sua Chiesa, è anche certo che a questo dono devono corrispondere, da parte nostra, il discernimento, il rispetto, la stima reciproca e la pazienza. Questi diversi elementi fanno sì che la diversità concorra all'unità; testimoniano la cattolicità della Chiesa e soprattutto glorificano il nome di Dio e servono all'annuncio del Vangelo, rendendo sempre più credibile la parola dei fratelli uniti nella fede e nell'amore. Questa comunione fra le istanze delle vostre diverse Chiese non toglie nulla, anzi al contrario, alla comunione episcopale che regna in seno ai vostri rispettivi Sinodi. È un'espressione della più ampia comunione cattolica che va sempre ripresa e ravvivata.

Fedeli alla gioia di celebrare l'Eucaristia Nel considerare le realtà concrete che contrassegnano la vita delle vostre comunità, vorrei invitarvi a ripartire da Cristo, a fondare su di Lui tutta la vostra vita. Ritornando a Lui, attingendo ogni giorno alla fonte viva della sua Parola e dei suoi Sacramenti, la Chiesa trova la forza che la fa vivere e che la sostiene nella sua testimonianza. L'esempio di San Paolo, nella lettera ai Galati: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2, 20), ci fa comprendere sempre di più questo mistero della presenza di Cristo nella nostra vita: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20). Presenza consolatrice che ci tranquillizza e ci rassicura lungo la nostra strada, poiché Cristo è con noi, presenza esigente che ci obbliga a non tenere per noi il tesoro che abbiamo ricevuto: "Guai a me se non predicassi il vangelo!" (1 Cor 9, 16). Cari Fratelli, troveremo così un cammino di vita spirituale forte, un cammino di santità, da proporre a tutti i battezzati delle nostre comunità. Fedeli alla gioia di celebrare l'Eucaristia, che ha costituito e ha riunito la comunità cristiana dalla Risurrezione del Signore, i credenti vi trovano il nutrimento per la loro fede: riunendosi attorno alla mensa della Parola e del Pane di vita, superano la dispersione del quotidiano e si fortificano, scoprono sempre di più la loro identità di figli di Dio e la consolidano per essere testimoni autentici nella Chiesa e nel mondo. Nella misura in cui è radicata nella preghiera, nell'ascolto attento della Parola e nel gusto

283 per la liturgia, la nostra vita si apre ampiamente agli appelli dello Spirito per diffondersi e annunciare coraggiosamente il Vangelo della pace (cfr Ef 6, 15) e renderne testimonianza in tutte le realtà familiari, culturali e sociali della vita della città umana. San Paolo, colto dalla grazia della chiamata di Cristo, ha testimoniato, più di chiunque altro, la novità cristiana e l'ha abbondantemente insegnata. Egli stesso si è lasciato portare verso una vita interamente nuova, tutta dedita a Cristo e all'annuncio del Vangelo.

Gli Apostoli Pietro e Paolo hanno operato qui per radunare l'unica famiglia di Cristo Ricordiamo, infatti, che è in Siria che la Chiesa di Cristo scoprì il suo autentico carattere cattolico e assunse la sua missione universale. Gli Apostoli Pietro e Paolo, ciascuno secondo la propria grazia, hanno operato qui per radunare l'unica famiglia di Cristo, accogliendo fedeli provenienti da culture e nazioni diverse. È con soddisfazione che possiamo vedere svilupparsi la collaborazione fra le Chiese e le Comunità ecclesiali. Essa non può che contribuire a servire la riconciliazione e la ricerca dell'unità. Possa, questo riavvicinamento, aiutarvi a testimoniare con maggiore credibilità Gesù Cristo, morto e risorto per "riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Gv 11, 52). Che questa collaborazione contribuisca anche a rendere più bella e più autentica la Chiesa di Cristo, di fronte ai fedeli delle altre religioni! Da parte loro, i fedeli apprezzano enormemente le occasioni che vengono offerte loro di partecipare ad una preghiera ecumenica comune. Una simile apertura dovrà prevalere sempre più e promuovere tutte quelle iniziative in cui le Chiese possono cooperare in tutti i campi. In effetti la divisione dei cristiani è un ostacolo al Vangelo. Inoltre, "l'ecumenismo non è soltanto una questione interna delle Comunità cristiane. Esso riguarda l'amore che Dio destina in Gesù cristo all'insieme dell'umanità, e ostacolare questo amore è un'offesa a Lui e al suo disegno di radunare tutti in Cristo" (Ut unum sint, n. 99). Avendo vissuto così vicino ai credenti musulmani per secoli, i cristiani di Siria colgono immediatamente l'intimo legame esistente fra l'unità della comunità e la testimonianza che nasce dalla comunione fraterna.

284 Di certo, ai Pastori non mancano le preoccupazioni (...) La più pressante è, senza alcun dubbio, l'emigrazione di tante famiglie cristiane e di molti giovani. Tutti sperano di trovare altrove un futuro più agiato. Sono certo che ognuno di voi si è posto spesso l'angosciosa domanda: che cosa posso fare? Potete fare molto. Innanzitutto, offrendo il vostro contributo alla costruzione di una patria economicamente prospera, dove ogni cittadino abbia gli stessi diritti e doveri davanti alla legge, dove tutto il popolo desideri vivere una pace equa all'interno delle sue frontiere e con tutti i suoi vicini. Contribuire ad accrescere la fiducia nel futuro della vostra patria è uno dei maggiori servizi che la Chiesa può rendere alla società. Incoraggiare i cristiani alla solidarietà, nella condivisione delle difficoltà e nelle sofferenze del vostro popolo, costituisce un altro strumento d'azione. La vostra influenza sui giovani è grande: parlate al loro cuore generoso spiegando, correggendo, incoraggiando, e soprattutto inculcando loro, con il vostro esempio personale, la convinzione che i valori cristiani del cuore e della mente possono rendere felice l'uomo più di tutti i beni materiali. Trasmettete ai giovani un ideale umano e cristiano e fate scoprire loro, come diceva l'autore dell'epistola a Diogneto, che "Dio ha assegnato loro un posto così sublime e a essi non è lecito abbandonarlo" (VI, 10). In questo spirito, il dialogo inter-religioso e la collaborazione reciproca, in particolare fra cristiani e musulmani, sono un contributo importante alla pace e all'intesa fra gli uomini e fra le comunità. Devono portare anche a una testimonianza comune a favore del pieno riconoscimento della dignità della persona umana. Amati Fratelli in Cristo! Non posso concludere queste parole di conforto fraterno in modo migliore che facendo mie le raccomandazioni di san Paolo agli Anziani della Chiesa di Efeso: "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue" (At 20, 28).

INCONTRO CON IL CLERO, I RELIGIOSI E I LAICI IMPEGNATI DELLE CHIESE ORTODOSSE E CATTOLICHE DAMASCO, CATTEDRALE SIRO-ORTODOSSA, 6 maggio 2001

Celebrare la luce inestinguibile della Santissima Trinità All'approssimarsi della sera del giorno del Signore, siamo riuniti in

285 questo luogo sacro, la Cattedrale Siro-Ortodossa di San Giorgio, per celebrare la luce inestinguibile della Santissima Trinità. La pienezza della luce del "Signore Dio, Colui che è, che era e che viene" (Ap 1, 8) risplende sul volto di Gesù Cristo (cfr 2 Cor 4, 6). Mediante Lui, nello Spirito Santo, rendiamo gloria a Dio, per la nostra sublime eredità di fede e per la chiamata al ministero di verità e di amore che ci rende servi del Vangelo. Il mio cuore è pieno di gratitudine verso Dio che mi ha permesso di giungere a Damasco come pellegrino sulle orme di San Paolo. Fu proprio sulla via di Damasco che l'Apostolo delle Genti fu chiamato da Gesù Cristo, ricevette la luce dello Spirito Santo e fu battezzato. Qui, lo Spirito Santo ci ha ora riuniti per questa preghiera comune, per ascoltare la Parola di Dio, per implorare il suo perdono per i nostri peccati e le divisioni e per lodare la sua infinita misericordia. Nella pace di Cristo Risorto preghiamo con un solo cuore e con una sola mente, desiderosi di ascoltare il grande mistico e teologo siriano Ab al-Faraj, che esorta i credenti a "distruggere nella profondità del cuore le radici dell'ostilità fra cristiani" (Libro della Colomba, IV).

La gioia della Pasqua è sbocciata sul legno della Croce (...) Qui a Damasco al discepolo Anania fu detto durante una visione di seguire Saulo, il persecutore della Chiesa. Nonostante i dubbi e le paure Anania obbedì al Signore e senza esitazione chiamò il nemico dei cristiani "fratello" (At 9, 17). Qui osserviamo due caratteristiche essenziali della missione della Chiesa: obbedienza coraggiosa alla Parola di Dio e volontà di perdonare e di riconciliarsi. Quando Dio agisce, l'impossibile diviene possibile. Abbiamo il compito di dire "sì" alla volontà salvifica di Dio e di accettare con tutto il nostro essere il suo disegno misterioso. Quando Anania lo chiamò, Paolo stava pregando (cfr At 9,11). In un certo senso si stava preparando a ricevere la missione che lo avrebbe vincolato per sempre alla Croce: "io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome" (At 9,16). Vi sono altre due caratteristiche della nostra chiamata alla sequela di Cristo: preghiera e resistenza di fronte alle difficoltà. Forse, oggi più che mai, queste saranno le caratteristiche della nostra fedeltà a Dio: pregare, portare la Croce, obbedire alla volontà di Dio e onorare tutti come fratelli o sorelle. Nel seguire questo cammino, ripercorreremo le orme di una "gran numero di testimoni" (cfr Eb 12, 1), inclusi

286 innumerevoli monaci e suore venuti prima di voi in queste terre. Grazie alla Divina Provvidenza tutto il Medio Oriente è profondamente segnato dalla cultura del monachesimo siriano e dalla sua ardente testimonianza.

La grande schiera di quanti seguirono l'Agnello Qui a Damasco desidero rendere omaggio a tutta la tradizione siriana con la sua ricca unità nella diversità. I santi Paolo, Ignazio di Antiochia, Efrem, Giovanni Crisostomo, Simeone lo Stilita, Giovanni Damasceno e molti altri, sono maestri luminosi per tutti noi. In loro vediamo che l'obbedienza di fede e la sofferenza della croce non smettono mai di recare frutti di salvezza. La creatività meravigliosa della vostra tradizione si rivela nella figura di Sant'Efrem di Nisibi, l'"arpa dello Spirito Santo", le cui opere sono state prontamente tradotte in tutte le lingue dell'antichità cristiana. Che questi scambi di doni non cessino mai! Spero con fervore che i cristiani aprano ancora una volta il loro cuore ovunque ai tesori spirituali e dottrinali delle Chiese della tradizione siriana! Nella grande schiera di quanti seguirono l'Agnello c'è stato il santo incomparabile del vostro Paese, Simeone lo Stilita, che fu ai suoi tempi un'icona vivente di santità e ora è venerato dalla Chiesa in tutto il mondo. La sua preghiera era incessante e la sua carità universale, poiché accoglieva chiunque si recasse da lui da vicino e da lontano, il più grande e il più piccolo. Inoltre recava sul corpo le ferite del Signore Crocifisso (cfr Teodoreto di Ciro, Historia religiosa, n. 26). Nella biografia, scritta da uno dei suoi discepoli quindici anni dopo la sua morte, la straordinaria vocazione di San Simeone è descritta in questi termini: "per mezzo delle sofferenze del suo servo, Dio desiderava risvegliare il mondo dal suo profondo torpore". Il mondo di oggi ha bisogno di essere risvegliato all'amore di Dio e al suo piano salvifico. La lettura del Vangelo ci ha esortato: "Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura" (Gv 4, 35). E' ora di mietere il raccolto perché il cuore dell'uomo ha sempre fame della "via, la verità, la vita" (Gv 14,6). Una testimonianza più unita da parte dei cristiani è essenziale se il mondo del terzo millennio deve credere (cfr Gv 17, 21). Che lo Spirito Santo acceleri il giorno della nostra unione completa!

287 INCONTRO CON LA COMUNITÀ MUSULMANA NEL CORTILE DELLA GRANDE MOSCHEA OMAYYĀDE DAMASCO, 6 maggio 2001

Cari Amici Musulmani, As-salámu 'aláikum! Di cuore rendo lode a Dio Onnipotente per la grazia di questo incontro. Vi sono molto grato per la vostra calorosa accoglienza nella tradizione dell'ospitalità tanto cara al popolo di questa regione. (…) Il mio pellegrinaggio giubilare è stato caratterizzato da numerosi incontri importanti con i capi musulmani al Cairo e a Gerusalemme e ora sono profondamente commosso per il fatto di poter essere vostro ospite nella Grande Moschea degli Omayyādi, tanto ricca di storia religiosa. La vostra terra è cara ai cristiani: qui la nostra religione ha vissuto momenti fondamentali della sua crescita e del suo sviluppo dottrinale, e qui vi sono comunità cristiane che hanno vissuto in pace e armonia con i loro vicini musulmani per molti secoli. Ci incontriamo nei pressi di quella che sia i cristiani sia i musulmani considerano la tomba di Giovanni Battista, noto come Yahya nella tradizione musulmana. Il figlio di Zaccaria è un personaggio che riveste un'importanza fondamentale nella storia del cristianesimo, poiché da Precursore preparò la via a Cristo. La vita di Giovanni, dedicata interamente a Dio, è stata coronata dal martirio. Possa la sua testimonianza illuminare tutti coloro che qui venerano la sua memoria, affinché essi possano - e affinché anche noi possiamo - comprendere che il grande compito della vita è la ricerca della verità e della giustizia di Dio!

Sia i musulmani sia i cristiani hanno cari i loro luoghi di preghiera Il fatto che il nostro incontro avvenga in questo famoso luogo di preghiera ci ricorda che l'uomo è un essere spirituale, chiamato a riconoscere e a rispettare la priorità assoluta di Dio in ogni cosa. I cristiani e i musulmani concordano sul fatto che l'incontro di Dio nella preghiera è il nutrimento necessario per la nostra anima, senza il quale il nostro cuore appassisce e la nostra volontà non cerca più il bene ma cede al male. Sia i musulmani sia i cristiani hanno cari i loro luoghi di preghiera, come oasi in cui incontrano il Dio Misericordioso lungo il cammino per la vita eterna, e i loro fratelli e le loro sorelle nel vincolo della religione. Quando, in occasione di matrimoni o funerali o

288 di altre celebrazioni i cristiani e i musulmani portano un silenzioso rispetto alle preghiere dell'altro, recano testimonianza di ciò che li unisce senza nascondere o negare ciò che li separa. È nelle moschee e nelle chiese che le comunità musulmane e cristiane forgiano la loro identità religiosa ed è lì che i giovani ricevono una parte significativa della loro educazione religiosa. Quale senso di identità viene instillato nei giovani cristiani e nei giovani musulmani nelle nostre chiese e moschee? Auspico vivamente che i responsabili religiosi e gli insegnanti musulmani e cristiani presentino le nostre due grandi comunità religiose come comunità in un dialogo rispettoso e mai più come comunità in conflitto. È importante che ai giovani vengano insegnate le vie del rispetto e della comprensione, affinché non siano portati ad abusare della religione stessa per promuovere o giustificare odio e violenza. La violenza distrugge l'immagine del Creatore nelle Sue creature e non dovrebbe mai essere considerata il frutto delle convinzioni religiose.

La fecondità del dialogo interreligioso Auspico vivamente che l'incontro odierno, nella Moschea degli Omayyādi, sia segno della nostra determinazione a portare avanti il dialogo interreligioso tra la Chiesa cattolica e l'Islam. Questo dialogo ha acquisito maggiore slancio negli ultimi decenni; e oggi possiamo essere grati per il cammino finora percorso. Ai massimi livelli, la Chiesa cattolica in questo compito è rappresentata dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Per oltre trent'anni il Consiglio ha inviato un messaggio ai musulmani in occasione dell'Îd al-Fitr al termine del Ramadan e sono lieto che questo gesto sia stato accolto da molti musulmani come un segno di crescente amicizia tra noi. Negli ultimi anni il Consiglio ha istituito un comitato di collegamento con le Organizzazioni Islamiche internazionali, nonché con l'al-Azhar in Egitto, che ho avuto il piacere di visitare lo scorso anno. È importante che i musulmani e i cristiani continuino a esplorare insieme questioni filosofiche e teologiche, al fine di ottenere una conoscenza più obiettiva e completa delle credenze religiose dell'altro. Una migliore comprensione reciproca certamente porterà, a livello pratico, a un modo nuovo di presentare le nostre due religioni, non in opposizione, come è accaduto fin troppo nel passato, ma in collaborazione per il bene della famiglia umana. Il dialogo interreligioso è più efficace quando nasce dall'esperienza del "vivere

289 gli uni con gli altri", ogni giorno, in seno alla stessa comunità e cultura. In Siria, i cristiani e i musulmani hanno vissuto per secoli fianco a fianco ed è stato portato incessantemente avanti un ricco dialogo di vita. Ogni individuo e ogni famiglia conosce momenti di armonia e momenti in cui il dialogo viene meno. Le esperienze positive devono rafforzare le nostre comunità nella speranza della pace; e non si dovrebbe permettere alle esperienze negative di minare tale speranza. Per tutte le volte che i musulmani e i cristiani si sono offesi reciprocamente dobbiamo cercare il perdono dell'Onnipotente e offrire il perdono gli uni agli altri. Gesù ci insegna che dobbiamo perdonare le offese altrui se vogliamo che Dio perdoni i nostri peccati (cfr Mt 6, 14).

Credenti e membri della famiglia umana Come membri della famiglia umana e come credenti, abbiamo degli obblighi verso il bene comune, la giustizia e la solidarietà. Il dialogo interreligioso porterà a molte forme di cooperazione, soprattutto nel compiere il dovere di assistere i poveri e i deboli. E' questo che testimonia l'autenticità del nostro culto di Dio. Nel percorrere il cammino della vita verso il destino celeste, i cristiani sentono la vicinanza di Maria, Madre di Gesù; e anche l'Islam rende omaggio a Maria e la saluta come "eletta tra tutte le donne del mondo" (Corano, III, 42). La Vergine di Nazareth, Signora di Saydnâya, ci ha insegnato che Dio protegge gli umili e "ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore" (Lc 1, 51). Possano i cuori dei cristiani e dei musulmani volgersi gli uni verso gli altri con sentimenti di fraternità e amicizia, affinché l'Onnipotente ci benedica con la pace che solo il cielo può dare! All'Unico Dio Misericordioso sia lode e gloria in eterno. Amen.

PREGHIERA PER LA PACE NELLA CHIESA GRECO-ORTODOSSA DI QUNEITRA Damasco, 7 maggio 2001

Saluto i religiosi francescani della Custodia di Terra Santa (...) incaricati di gestire questa casa, e le religiose e i laici oggi presenti. Sono lieto di ricordare con voi l'Apostolo Paolo, in questa casa voluta dal mio predecessore Papa Paolo VI per raccogliere il tesoro di fede, di spiritualità e di ardore missionario dell'Apostolo delle

290 Genti che, sulla via di Damasco, ha accettato di accogliere la luce di Cristo. Avendo scoperto la verità tutt'intera, l'Apostolo Paolo ha da principio vissuto tre giorni nel silenzio e nelle tenebre della fede prima di essere battezzato, di scoprire la comunità cristiana locale e di partire per annunciare il Vangelo. Il centro ha per vocazione quella di proporre la spiritualità paolina agli uomini e alle donne che vogliono fermarsi un momento nella loro vita cristiana, per vivere più pienamente la loro vita battesimale e la loro vocazione nella Chiesa. L'Apostolo Paolo ci ricorda che la missione prende vita nell'accoglienza della luce di Cristo, dalla quale proviene l'intera rivelazione, nella contemplazione silenziosa e amorosa dei misteri divini e nell'accettazione umile e fiduciosa della missione affidata dalla Chiesa. Possano le persone che beneficiano dello spazio spirituale offerto da questa casa camminare ogni giorno sulle orme dell'Apostolo delle Genti! Con la benedizione apostolica.

INCONTRO CON I GIOVANI NELLA CATTEDRALE GRECO-CATTOLICA DAMASCO, 7 maggio 2001

Voi siete la mia speranza, voi siete la speranza della Chiesa Quando i Cardinali mi hanno eletto sulla Cattedra di San Pietro, ho parlato ai giovani e ho detto loro: voi siete la mia speranza, voi siete la speranza della Chiesa. Dopo ventitré anni vi ripeto con una convinzione più grande: voi siete la speranza della Chiesa! Oggi voglio aggiungere: voi siete la speranza della Siria! Speranza della pace, dell'unità e della civiltà dell'amore. Voi siete la speranza. "La pace sia con voi!" Vi rivolgo, questa sera, il saluto pasquale del Signore risorto ai suoi discepoli. Sono felice di incontrarvi al termine del mio pellegrinaggio sulle orme dell'Apostolo Paolo in Siria. Ringrazio i giovani che mi hanno salutato a nome vostro. Appartenete a confessioni cristiane diverse, ma, tutti assieme, volete mettervi all'ascolto dell'unico Signore e camminare verso di Lui: che la vostra presenza qui sia il segno del vostro impegno comune a partecipare, con la grazia di Cristo, alla promozione della piena unità visibile fra tutti i cristiani!

"Se moriamo con lui, vivremo anche con lui" Il brano della lettera a Timoteo che abbiamo ascoltato è per voi un

291 incoraggiamento: "Se moriamo con lui, vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, anch'egli ci rinnegherà; se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso" (2 Tim 2, 11-13). Cari giovani, vivete in un'epoca in cui abbondano le domande e le incertezze, ma Cristo vi chiama e suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualche cosa di grande e di bello, la volontà di perseguire un ideale, il rifiuto a lasciarvi andare alla mediocrità, il coraggio di impegnarvi, con perseverante pazienza. Per rispondere a questa chiamata, ricercate costantemente l'intimità con il Signore della vita, mantenendovi fedelmente alla sua presenza con la preghiera, la conoscenza delle Scritture, l'incontro eucaristico e il sacramento della Riconciliazione. Edificherete e fortificherete così "il vostro essere interiore" come dice l'Apostolo Paolo. Il rapporto cuore a cuore con il Signore costituisce anche il segreto di un'esistenza che porta frutto, perché organizzata attorno a ciò che è centrale per qualsiasi essere umano, il dialogo con Colui che è nostro Creatore e nostro Salvatore. Così, la vostra vita non sarà superficiale, ma profondamente radicata nei valori spirituali, morali e umani che sono la colonna vertebrale di qualsiasi essere e di qualunque esistenza. Ricordate che non è possibile essere cristiani rifiutando la Chiesa fondata su Gesù Cristo; che non è possibile dirsi credenti senza compiere i gesti della fede; che non è possibile dirsi uomini e donne spirituali senza lasciarsi modellare da Dio nell'ascolto umile e gioioso del suo Spirito e in una disponibilità alla sua volontà.

Quale strada prendere? Che cosa fare della mia vita? Chi seguire? Sarete in grado, allora, di compiere la scelta e di impegnarvi con tutte le vostre forze. Forse, oggi, vi ponete delle domande quali: Quale strada prendere? Che cosa fare della mia vita? Chi seguire? Non abbiate paura di prendervi del tempo per riflettere con gli adulti al fine di considerare seriamente le scelte che dovete fare e che presuppongono di ascoltare Cristo, che vi invita a seguirlo sulle strade esigenti di una testimonianza coraggiosa al servizio dei valori per i quali vale la pena di vivere e di dare la propria vita: la verità, la fede, la dignità dell'uomo, l'unità, la pace, l'amore. Con il sostegno di Cristo e della sua Chiesa, diventerete ogni giorno di più uomini e donne

292 liberi e responsabili della propria vita, che vogliono partecipare attivamente alla vita della loro Chiesa, alle relazioni fra le comunità religiose e umane, e alla costruzione di una società sempre più giusta e più fraterna. Il Signore Gesù chiede ai suoi discepoli di essere dei segni nel mondo; di essere, là dove vivono e lavorano, degli strumenti visibili e credibili della sua presenza di salvezza. Non è solo con le parole, ma soprattutto attraverso uno stile di vita particolare, con un cuore libero e uno spirito creativo che farete scoprire ai giovani della vostra generazione che Cristo è la vostra gioia e la vostra felicità. Bisogna quindi evitare lo scarto, diffuso oggi, che fa sì che la fede non passi nella vita e che la vita faccia a meno della fede. L'essere e l'esistenza del cristiano devono essere unificati attorno al loro nucleo centrale, l'adesione a Gesù Cristo; egli potrà così incessantemente ripetere, con l'Apostolo: "So infatti a chi ho creduto" (2 Tim 1, 12).

"Vogliamo vedere Gesù" Come i pagani che supplicavano Filippo dicendogli: "Vogliamo vedere Gesù" (Gv 12, 21) o la persona intravista da Paolo nella sua visione, "Aiutaci" (At 16, 9), gli uomini di oggi, nella loro ricerca a tentoni, vogliono, spesso senza saperlo, conoscere Cristo, l'unico Salvatore. Cari giovani, vi invito oggi a dire Gesù Cristo con coraggio e fedeltà, in particolare ai giovani della vostra generazione. E non solo a dire Gesù Cristo, ma anche e soprattutto a farlo vedere. Nel vedervi vivere, i vostri concittadini devono potersi chiedere che cosa vi guida e che cosa costituisce la vostra gioia. Allora, potrete rispondere loro: "Venite e vedrete". La Chiesa conta molto su di voi perché Cristo sia conosciuto meglio e amato di più. Come gli Apostoli e le donne al mattino di Pasqua, la vostra missione, che è la missione di tutti i battezzati, nasce dall'incontro con il Signore risorto (cfr Gv 20, 11-21, 25); l'amore ci spinge a trasmettere questa buona novella che trasforma la nostra vita e i destini del mondo.

La radicale esperienza del mistero della Passione della Risurrezione Cari giovani, il futuro del cristianesimo nel vostro Paese è legato al riavvicinamento e alla collaborazione fra le Chiese e le Comunità ecclesiali che vi vivono. Ne siete consapevoli e già state lavorando a questo. La convivialità di cui fate felicemente esperienza nella vita di ogni giorno, nei vostri quartieri, nelle vostre scuole o istituti di

293 formazione, nei vostri gruppi o attività giovanili, vi è cara. Essa vi prepara fin d'ora a guardare assieme al vostro futuro di cristiani in Siria. Approfondite maggiormente ciò che vi unisce. Meditate assieme il Vangelo, invocate lo Spirito Santo, ascoltate le testimonianze degli Apostoli, pregate nella gioia e nell'azione di grazie. Amate le vostre comunità ecclesiali. Vi trasmettono la fede e la testimonianza che i vostri antenati hanno pagato ad un prezzo spesso molto caro. Contano sul vostro coraggio e sulla vostra santità, fondamento di qualsiasi autentica riconciliazione. Che la preghiera di Cristo "che tutti siano uno" riecheggi nei vostri cuori, come un invito e una promessa! Il vostro Paese si caratterizza anche per la convivialità fra tutte le componenti della popolazione. Apprezzo questa convivialità solidale e pacifica, e auspico che tutti possano sentirsi parte attiva della comunità all'interno della quale sia loro possibile, nella libertà, apportare il loro contributo al bene comune. Cari giovani, dovete dare al mondo Dio che avete scoperto. La logica cristiana è veramente "originale"! nessuno può conservare questo dono se, a sua volta, non lo offre. È la stessa logica che ha vissuto con voi il divino Maestro, che si è abbassato e umiliato fino al sacrificio supremo. Per questo è stato esaltato e ha ricevuto il Nome che è al di sopra di ogni altro nome (cfr Fil 2, 5-11). La fecondità autentica di qualsiasi esistenza passa attraverso questa radicale esperienza del mistero della Passione della Risurrezione.

CERIMONIA DI CONGEDO ALL'AEROPORTO INTERNAZIONALE DAMASCO, 8 maggio 2001

Prendendo congedo dall'antica terra di Siria (...) sono colmo di un senso di gratitudine. Rendo grazie prima di tutto a Dio Onnipotente per avermi permesso di proseguire il mio pellegrinaggio giubilare di fede nel bimillenario della nascita di Gesù Cristo. Sono grato a San Paolo, che è stato il mio compagno di viaggio a ogni passo di questo cammino. Sono particolarmente grato a lei, Signor Presidente, e ai membri del Governo, che mi avete accolto con cuore aperto e mi avete porto la mano dell'amicizia. Il popolo siriano è famoso per la sua ospitalità, e in questi giorni ha fatto sentire un pellegrino a casa propria. Non dimenticherò questa cortesia. (...) Prego affinché la lunga tradizione siriana di rapporti armoniosi tra cristiani e musulmani continui e diventi sempre più forte, per

294 testimoniare al mondo che la religione, come adorazione di Dio Onnipotente, getta il seme della pace nel cuore delle persone. Esaudendo i desideri più profondi dello spirito umano, essa arricchisce e unisce la famiglia umana nel suo cammino attraverso la storia.

Il mondo guarda al Medio Oriente con speranza e preoccupazione La Siria è una terra antica con un glorioso passato. Tuttavia, per alcuni aspetti la vostra è ancora una nazione giovane che, in un periodo di tempo relativamente breve e in circostanze difficili, ha realizzato molto. La mia preghiera di pellegrino è che la Siria proceda con fiducia e serenità verso un nuovo e promettente futuro, e che il vostro Paese prosperi in un'era di benessere e di tranquillità per tutto il suo popolo. La Siria è una presenza fondamentale nella vita dell'intera regione, i cui popoli hanno vissuto a lungo la tragedia della guerra e del conflitto. Affinché si apra la porta della pace, però, devono essere risolte le questioni fondamentali della verità e della giustizia, dei diritti e delle responsabilità. Il mondo guarda al Medio Oriente con speranza e preoccupazione, attendendo con grandi aspettative qualsiasi segno di dialogo costruttivo. Restano molti e gravi ostacoli, ma il primo passo verso la pace deve essere la salda convinzione che una soluzione è possibile entro i parametri del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite. Rinnovo l'appello a tutte le popolazioni coinvolte e ai loro responsabili politici, affinché riconoscano che lo scontro non ha avuto successo e mai lo avrà. Solo una pace giusta può creare le condizioni necessarie allo sviluppo economico, culturale e sociale al quale hanno diritto i popoli della regione. (…) Possa il vostro futuro essere colmo delle benedizioni di Dio Onnipotente! Che la Sua pace sia sempre con voi: As-salámu „aláikum!

DISCORSO DI BENEDETTO XVI AI VESCOVI DELLA C.E.R.L.A Udienza del 18/01/2008

CITTA' DEL VATICANO, 18 GEN. 2008 (VIS). Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Vaticano i Presuli della Conferenza dei Vescovi Latini nelle Regioni Arabe (C.E.L.R.A.), presieduta da Sua Beatitudine Michel Sabbah, Patriarca di Gerusalemme dei Latini. Nel

295 suo discorso il Papa ha ricordato che la Conferenza "comprende una grande varietà di situazioni. Più frequentemente, i fedeli, originari di numerosi paesi, sono raggruppati in piccole comunità, in società composte maggiormente da credenti di altre religioni".

Il Santo Padre ha assicurato di "condividere le preoccupazioni e le speranze" di queste persone ed ha affermato che in tali regioni "lo scatenarsi costante della violenza, l'insicurezza, l'odio rendono molto difficile la convivenza, facendo talvolta temere per l'esistenza delle vostre comunità". Questa situazione, ha detto il Papa ai Vescovi "è una seria sfida al vostro servizio pastorale, che vi invita a rafforzare la fede dei fedeli ed il loro senso fraterno, affinché tutti possano vivere nella speranza fondata sulla certezza che il Signore non abbandona mai coloro che si rivolgono a Lui".

"E' comprensibile che le circostanze spingano talvolta i cristiani a lasciare il loro Paese per trovare una terra accogliente che permetta loro di vivere in condizioni migliori. Tuttavia, occorre incoraggiare e sostenere fermamente coloro che scelgono di rimanere fedeli alla propria terra, affinché essa non divenga un sito archeologico privato di vita ecclesiale". Al riguardo il Papa ha garantito tutto il suo appoggio alle iniziative dei Vescovi "per contribuire alla creazione di condizioni socio-economiche che aiutino i cristiani che restano nel proprio paese" ed ha invitato "tutta la Chiesa ad offrire un vigoroso sostegno a tali sforzi". "La vocazione dei cristiani nel vostro Paese riveste un'importanza essenziale. Artefici di pace e di giustizia, i cristiani costituiscono una presenza viva di Cristo, venuto per riconciliare il mondo con il Padre e riunire tutti i suoi figli dispersi. Così si deve sempre più riaffermare e promuovere una comunione autentica ed una collaborazione serena e rispettosa fra i cattolici di diversi riti. Sono infatti questi ultimi, segni eloquenti per gli altri cristiani e per tutta la società".

Successivamente Benedetto XVI ha ricordato che per i cattolici in questi territori "L'incontro dei membri di altre religioni, Ebrei e Musulmani, è (...) una realtà quotidiana. Nei vostri paesi, la qualità dei rapporti fra i credenti assume un significato particolare, poiché essi sono contemporaneamente testimonianza resa al Dio unico e contributo all'instaurazione di rapporti fraterni fra le persone e le

296 diverse componenti delle vostre società. E' anche necessaria" - ha ribadito il Pontefice - "una migliore conoscenza reciproca per favorire maggiore rispetto della dignità umana, dell'uguaglianza dei diritti e doveri degli individui e una attenzione rinnovata alle esigenze di ciascuno, particolarmente i più poveri". Al riguardo il Papa ha vivamente auspicato che "un'autentica libertà religiosa sia ovunque effettiva e non vengano ostacolati i diritti di ciascuno a praticare liberamente la propria religione o a cambiarla. Si tratta di un diritto fondamentale di ogni essere umano".

Infine il Papa ha ribadito che priorità dei Vescovi deve essere "il sostegno delle famiglie cristiane, che devono affrontare molteplici sfide, come il relativismo religioso, il materialismo e tutte le minacce contro i valori morali familiari e sociali" ed ha elogiato l'impegno delle comunità cattoliche nel settore educativo, sanitario e dell'assistenza ai bisognosi da parte delle istituzioni e dei religiosi e religiose. "Desidero esprimere nuovamente" - ha concluso il Pontefice - "la mia vicinanza con tutte le persone che nella vostra regione, soffrono di molteplici forme di violenza. Voi potete contare sulla solidarietà della Chiesa universale. Faccio appello anche alla saggezza di tutti gli uomini di buona volontà, in particolare di coloro che hanno responsabilità nella vita collettiva, affinché privilegino il dialogo fra tutte le parti, affinché cessi la violenza, si instauri ovunque una pace vera e duratura, e si stabiliscano rapporti di solidarietà e di collaborazione".

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