Le Armi Del Papa. L’Esercito Pontificio Tra Burocrazia Curiale E Nobiltà (1645-1740)

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Le Armi Del Papa. L’Esercito Pontificio Tra Burocrazia Curiale E Nobiltà (1645-1740) Le Armi del papa. L’esercito pontificio tra burocrazia curiale e nobiltà (1645-1740) Facoltà di Lettere e Filosofia Dipartimento di Storia, Antropologia, Religioni, Arte e Spettacolo Dottorato in Storia, Antropologia, Religioni Curriculum Storia moderna Dottorando XXXI ciclo Luca Giangolini Relatrice Correlatore Elena Valeri Giampiero Brunelli A.A. 2017/2018 Indice Premessa p. 6 Abbreviazioni p. 15 Parte prima. La curia nepotista e l’esercito nel contesto europeo dal 1649 al 1692 Capitoli 1. Istituzioni e politiche militari 1.1 Gli ordinamenti della prima età moderna p. 16 1.2 Le cariche militari nel dibattito curiale sul nepotismo p. 39 1.3 La difesa dello Stato: le fortezze e i corpi armati permanenti p. 65 1.4 Le comunità nel Seicento p. 79 1.5 La difesa dello Stato: l’ordinamento della milizia p. 82 2. L’evoluzione della guerra e la riduzione dell’impegno pontificio sul campo 2.1 Le campagne militari pontificie dal 1645 al 1692 p. 92 2.2 La nascita degli eserciti permanenti. Un confronto con le linee di sviluppo delle istituzioni militari tra Italia ed Europa p. 104 Parte seconda. I militari e i curiali dopo la fine del nepotismo: l’esercito dal 1692 al 1709 Capitoli 3. Il «trono militare»: l’amministrazione dei chierici 3.1 I poteri del commissario delle Armi p. 123 3.2 Le relazioni con i poteri locali: i cardinali legati p. 137 3 3.3 Le relazioni con i poteri locali: i governatori p. 142 3.4 I rapporti di forza tra curia, commissariato ed ufficiali p. 159 4. L’esercito tra riforme e permanenze 4.1 Le sfide della riorganizzazione sotto Innocenzo XII p. 175 4.2 La neutralità armata di Clemente XI: i generali p. 195 4.3 La neutralità armata di Clemente XI: la burocrazia curiale p. 204 4.4 La neutralità armata di Clemente XI: gli ufficiali p. 211 4.5 Le forme del servizio: l’influenza del modello francese p. 227 5. La guerra di Comacchio 5.1 Clemente XI: un papa guerriero per necessità p. 250 5.2 L’armata sul campo p. 253 5.3 La condotta delle operazioni p. 275 Parte terza. Il declino dello strumento militare. L’esercito dal 1709 al 1740 Capitoli 6. L’esercito nel pieno Settecento 6.1 La riforma del 1709: tra il merito e la grazia p. 288 6.2 La carriera di Bartolomeo Degli Oddi sino al 1722 p. 300 6.3 La crisi. L’esercito dal 1715 al 1733 e il caso del commissario Giacomo Sardini p. 310 6.4 Il collasso. I piani di riforma del 1734 e il generale Degli Oddi p. 322 6.5 La riforma militare di Benedetto XIV nel 1740 p. 335 7. Le strutture della socialità militare pontificia 7.1 Gli ufficiali del papa tra Sei e Settecento: analisi delle carriere (1692-1740) p. 344 7.2 Il ruolo della religione nell’esercito del papa (1692-1740) p. 367 4 7.3 Le ragioni del collasso. Cultura militare e curiale a confronto p. 376 7.4 Le «pre-riforme» mancate. L’organizzazione militare pontificia nel contesto italiano (1709-1740) p. 395 Conclusione p. 404 Appendice Gli ufficiali dell’esercito (1692-1740) p. 409 Bibliografia p. 413 5 Premessa «La guerra non è mestiero da preti, e in loro mano sta assai meglio il breviario che la spada». Con questo commento si concludeva un memoriale anonimo, che descriveva le vicende della guerra di Comacchio1. Lo Stato Ecclesiastico spendeva solo un terzo delle proprie entrate in spese militari e possedeva un esercito regolare molto piccolo rispetto alla popolazione del proprio territorio. Eppure, per tutto il corso del secolo nessun papa rinunciò mai alla presenza di un contingente militare sotto l’insegna pontificia. Per due volte nel corso del Settecento, i pontefici tentarono di resistere militarmente ad avversari di prima importanza: l’Austria nel 1708-9, la Francia rivoluzionaria nel 1796-7. Il decadimento del potenziale militare pontificio fu relativo, come fu quello di quasi tutti gli Stati italiani ad eccezione del Piemonte sabaudo. Non fu il risultato di una inferiorità delle strutture statuali. Si trattò di una conseguenza della creazione degli eserciti permanenti delle principali potenze europee durante la seconda metà del Seicento. Gli studi specialistici dedicati all’istituzione pontificia nel periodo compreso tra la fine della guerra di Castro e la crisi dello Stato della Chiesa causata dalla Rivoluzione francese sono in numero molto limitato. Il più completo di questi lavori è confinato nella dimensione più specialistica della storia militare ed è dominato da uno stile descrittivo. Nel 1914 lo stato maggiore dell’esercito italiano commissionò una serie di studi sulle istituzioni militari dell’Italia pre-unitaria. Il lavoro sugli ordinamenti pontifici fu intrapreso da Andrea Da Mosto2. L’approccio metodologico di questo testo è limitato alla descrizione dell’esercito secondo la tipizzazione classica della storia militare in strategia, tattica, organica e logistica, in ultimo si descrivevano le campagne in cui fu coinvolto durante tutta l’età moderna. Nel 1985 Virgilio Ilari scrisse un saggio sull’esercito pontificio nel Settecento, che concepì come 1 ASR, Soldatesche e Galere, 656, c. 1, f. 2v. 2 A. DA MOSTO, Milizie dello Stato Romano (dal 1600 al 1797), in «Memorie Storiche Militari», Fascicolo 2, Unione Arti Grafiche, Città di Castello 1914, pp. 193-580. 6 propedeutico al suo successivo lavoro sulle riforme attuate tra il 1792 e il 17933. Pur essendo un ottimo strumento di avvio alla ricerca, che sintetizza le fonti note con alcuni dati raccolti dal fondo Soldatesche e Galere dell’Archivio di Stato di Roma, sinora non è mai stato iniziato uno studio sistematico delle carte della burocrazia militare pontificia presente nel vasto fondo del commissariato delle Armi e della sezione «Soldati» del fondo Segreteria di Stato dell’Archivio segreto vaticano4. L’obiettivo della presente ricerca è stato esaminare un’istituzione nel momento di transizione nel periodo cosiddetto delle «pre-riforme»5 sino all’ascesa al soglio di Benedetto XIV (1740- 1758). L’indagine perciò ha preso avvio dal 1692 con l’inizio del pontificato di Innocenzo XII (1692-1700). Le riforme di papa Pignatelli comportarono l’abolizione del nepotismo nella sua forma istituzionale. Con esso decadde la carica di capitano generale di Santa Chiesa, di norma concessa ai parenti dei pontefici. Da questo momento in avanti il controllo politico ed amministrativo dell’esercito fu completamente affidato ai chierici della curia romana. L’interesse si è concentrato sulla comprensione di come furono riorganizzati gli ordinamenti emersi dalle riforme del 1692, una volta archiviate definitivamente le politiche militari espansive ed animate dallo spirito di crociata. Allo stesso tempo, venne meno l’impegno volto alla creazione di una “identità” specifica del «soldato di Santa Chiesa»6, che aveva caratterizzato la politica pontificia nei confronti dei propri soldati. Lo studio politico- istituzionale ha esaminato i cambiamenti occorsi dopo l’abolizione del generalato di Santa Chiesa, così come le connessioni tra l’amministrazione militare e gli altri uffici della curia 3 V. ILARI, L’esercito pontificio nel XVIII secolo fino alle Riforme del 1792-3, in «Studi Storico militari 1985», SME ufficio storico, Roma 1986, pp. 555-664. 4 Sulla consistenza dei fondi citati, cfr. G. BRUNELLI, Cultura politica e mentalità burocratica nei carteggi dell'organizzazione militare pontificia (1560-1800), in Offices, écrit et papauté (XIIIᵉ -XVIIᵉ siècle), Collection de l'École française de Rome 386, École française de Rome, Roma, 2007, pp. 309-10. 5 M. VERGA, Tra Sei e Settecento: un’«età delle pre-riforme»?, in «Storica», 1(1995), pp. 89-121. 6 Per una panoramica della figura del soldato di Santa Chiesa, G. BRUNELLI, Identità dei militari pontifici in età moderna. Questioni di metodo e uso delle fonti, in C. DONATI - B.R. KROENER (a cura di), Militari e società civile nell’Europa dell’età moderna (secoli XVI-XVIII), Atti della XLVII settimana di Studio Trento, 13-17 settembre 2004, Il Mulino, Bologna 2007, pp. 313-50; ID., “Soldati di Santa Chiesa”. La politica militare dello Stato pontificio tra Cinque e Seicento, in «Dimensioni e problemi della ricerca storica», 1(1994), pp. 38-55. 7 romana. In questo caso lo studio ha dovuto confrontarsi con la mancanza, ad esempio, di studi specifici sulle forme e le pratiche del nepotismo nel Settecento. La ricerca ha inteso indagare come lo Stato della Chiesa si sia adattato a forme dell’organizzazione sviluppate in altre realtà politiche e come siano state interpretate ed adattate al contesto romano al passaggio tra Seicento e Settecento; una volta conclusasi la fase propositiva della prima età moderna come delineata da Giampiero Brunelli in ambito militare, e più in generale dalle indagini di Paolo Prodi7. Lo studio degli ordinamenti pontifici permette di osservare – limitatamente ad un particolare contesto – alcuni fenomeni in corso nella curia romana nella temperie generale della «crisi della coscienza europea», riprendendo il celebre titolo del volume di Paul Hazard8. In particolare si cita il problema del nepotismo – e dei favoriti –, un fenomeno caratterizzante e profondamente radicato nello scenario politico romano. La soppressione delle cariche del cardinal nipote e degli altri parenti dei pontefici non mise fine ad una pratica che fu visibile soprattutto nei pontificati Albani, Orsini e Corsini. Si è osservato come la fine del nepotismo istituzionale influenzò le reti clientelari romane legate al mondo militare. A questo riguardo, attraverso l’analisi particolare dell’istituzione si possono verificare alcune caratteristiche del nepotismo settecentesco e le forme assunte in un contesto politico-istituzionale generale ormai mutato. La Chiesa dovette per necessità di adattarsi nel difficile periodo compreso tra il 1680 e il 1750. Fu una fase di crisi internazionale del prestigio della Chiesa che si riverberava nelle condizioni dello Stato: il collegio cardinalizio era impoverito e dominava la fazione «zelante», che proponeva una riforma morale e disciplinare del clero.
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