ANTOINE DE SAINT-EXUPÉRY

Prefazione di Ferruccio Parazzoli L’essenziale, il più delle volte, non ha peso. L’essenziale qui, in apparenza, non è stato che un sorriso. Un sorriso spesso è l’essenziale. Da un sorriso si è ripagati. Si è ricompensati da un sorriso. Si è rianimati da un sorriso. E la qualità di un sor- riso può far morire. Tuttavia, poiché questa qualità ci libe- rava così bene dall’angoscia dei tempi presenti, ci dava la certez- Prefazione

di Ferruccio Parazzoli

hi non ricorda la dedica che apre della vita”? L’essenziale è stato soltanto un le pagine de Il Piccolo Principe? sorriso, poiché “un sorriso è spesso l’essen- “Domando perdono ai bambini di ziale”. Talmente essenziale che può salva- Caver dedicato questo libro a una re la vita, come racconterà nella Lettera, persona grande… il migliore amico che io quando, durante la guerra di Spagna, dove abbia al mondo… questa persona grande Saint-Exupéry si reca come corrisponden- abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha te di guerra, viene fatto prigioniero da un molto bisogno di essere consolata: A LEO- gruppo di anarchici sotto il sospetto di spio- NE WERTH, quando era un bambino”. naggio, correndo il rischio di essere passa- Il 1943, quando Antoine Saint-Exupéry to per le armi. A salvarlo sarà il sorriso di pubblica a New York Il Piccolo Principe, umana partecipazione del miliziano al quale è lo stesso anno di Lettera a un ostaggio, chiede una sigaretta e al quale, ricevutala, entrambi dedicati all’amico Léon Wer- batte una mano sulla spalla. th, ebreo, ammalato, rimasto nella Fran- cia occupata dai tedeschi, dove rischia la Il sorriso richiama l’amicizia, la fraterni- deportazione e la morte. Dalla zona libera tà tra gli uomini. dal governo collaborazionista di Vichy, Tormentato dalla sorte di quelli che Saint-Exupéry parte per il Portogallo da ama e dai quali è lontano, – quei “quaranta dove raggiungerà gli Stati Uniti. milioni di ostaggi chiusi nelle catacombe È un viaggio penoso, per mare, di lui, dell’oppressione nella terra in cui hanno pilota, che, malgrado i pareri negativi dei pieno diritto di sviluppare le loro radici” – lo medici che lo dichiarano “non idoneo” a scrittore riprova tutta la solitudine che patì causa di una lussazione alla spalla, è reduce nel deserto, quel Sahara dove il Piccolo da missioni di ricognizioni di guerra sempre Principe troverà nell’incontro con l’aviato- più pericolose. re un sollievo alla sua nostalgia di amicizia. Precipitato con il suo aereo, trascorrerà Nei lunghi giorni di navigazione, durante giorni di fatiche e di sete in attesa dei soc- i quali si sentiva posare sull’animo “la not- corsi. E quando questi arriveranno, sarà un te dell’Europa”, circondato da rifugiati che corrersi incontro, uno scambio di sorrisi e “espatriavano fuggendo la miseria della pro- di abbracci. Ma già in altra occasione, nei pria gente per mettere al sicuro il loro dena- tre anni trascorsi nel Sahara, un altro gesto ro”, si apre nella pagina di Saint-Exupéry di mutua fratellanza viene a salvargli la vita uno dei temi più luminosi dei suoi scritti: e a confermare che l’Uomo è Uomo solo se la forza del sorriso. A spezzare la solitudine fratello all’Uomo, al di là di ogni divisione spirituale che lo circonda è il ricordo del sor- di razza e di nazionalità. È il beduino che, riso dell’amico Léon quando, nella Francia nell’arsura mortale della sabbia, “cammina non ancora “entrata nel silenzio” dell’occu- verso di noi, come un dio sul mare” e offre la pazione nazista, in una giornata felice “sen- sua acqua agli assetati. “Non ricorderò mai il za alcun perché”, condividono la gratuita tuo volto”, scriverà Saint-Exupéry in Terra allegria dell’amicizia insieme ad alcuni sco- degli uomini, “Sei l’Uomo e mi appari con nosciuti marinai che invitano al loro tavolo il volto di tutti gli uomini”. attorno a un bicchiere di Pernod. Il ricordo della solitudine nel deserto Che cosa li univa nel comune sorriso? Il cancellerà la solitudine dell’esule, nell’idea- Pernod, “la mitezza della giornata, il senso le Lettera all’amico lontano, con la frase in

II scuola e formazione cui è racchiuso il nucleo del messaggio di L’Umanesimo di Saint-Exupéry, che si Saint-Exupéry: “L’uomo è sollecitato innan- manifesta nell’insieme della sua opera, si zitutto da sollecitudini invisibili. L’uomo è esprime interamente in Cittadella: è una governato dallo Spirito”. E nella chiusa di costruzione interiore. L’uomo è considerato Terra degli uomini: “Solo lo Spirito, se sof- come una somma di valori da costruire, da fia sull’argilla, può creare l’Uomo”. consolidare, da difendere. Ne sorgono, di conseguenza, altri due Dal tema della solidarietà scaturisce temi che, ricorrenti nei suoi scritti, plasma- il grido che accompagna e fa da sottofon- no l’intensa e breve vita di Saint-Exupéry: do all’opera e alla vita di Saint-Exupéry: il rispetto per l’Uomo e la responsabilità di “Rispetto dell’Uomo! Rispetto dell’Uomo! ogni Uomo (la maiuscola, come per Spiri- Se il rispetto dell’Uomo si è radicato nel to, è spesso d’obbligo negli scritti di Saint- cuore degli uomini, gli uomini finiranno per Exupéry). “Essere uomo è precisamente fondare, di conseguenza, il sistema sociale, essere responsabile, una responsabilità che politico o economico sul presupposto di si traduce in una totale interdipendenza.”, questo rispetto”. Riportare l’uomo sul piano scriverà in Pilota di guerra dopo il ritorno dello Spirito. Come Péguy, come Malreaux, dalla pericolosa missione su Arras, da cui pochi altri scrittori hanno sentito come riporterà un’ala danneggiata, sorvolando a Saint-Exupéry l’urgenza dell’azione. Ma per settecento metri di altezza il parco dei tanks quanto urgente essa sia, non bisognerà mai nemici. “Ciascuno è responsabile di tutti. dimenticare “la vocazione che la deve gui- Ciascuno è il solo responsabile. Comprendo dare, altrimenti resterà sterile”. Dal rispetto per la prima volta uno dei misteri della reli- nasce la stima reciproca, il senso stesso del- gione da cui è uscita la civilizzazione che io l’onore e della dignità che impone di rendere rivendico come mia: portare i peccati degli il bene che si è ricevuto, “la lealtà nel gioco, uomini. E ciascuno porta i peccati di tutti il dono reciproco di una stima che impegna gli uomini”. La responsabilità in un uomo di la vita”. azione, non meno che di pensiero, coinvolge In Saint-Exupéry non si può separare ogni suo gesto, ogni suo atto, “poiché non esi- l’opera dalla vita. Cosa cerca lo scrittore e ste alcun atto che non coinvolga altri”. Uma- il pilota di Volo di notte? Cerca ancora “la nesimo vuol dire avere il medesimo senso di verità nelle stelle”, rivelarsi a se stesso in solidarietà in un destino generale, superiore un quieto eroismo senza compiacimenti, in ai destini particolari, l’Umanesimo ha per sua cui perfino la morte, che incontrerà nel suo esclusiva missione di chiarire e perpetuare la ultimo volo, forse abbattuto da un caccia primarietà dell’Uomo sull’individuo. tedesco, è solo un incidente sul lavoro.

ANTOINE DE SAINT-EXUPÉRY NELLA DESCRIZIONE DI RENÉ DELANGE «Era alto di statura (misurava 1 m. e 84), largo di spalle. Aveva una faccia rotonda e mobile, il naso all’insù, un’aria, a seconda dei casi, allegra o burbera. Tutta la società bene di Saint-Germain-des-Prés lo conosceva. Non che fosse il tipico letterato. Gli scrittori che incontrava abitualmente erano Pierre Bost, Jean Prévost, Drieu la Rochelle, Fer- nandez. Se si incontrava spesso con il suo editore, era perché Gaston Gallimard era suo amico. Più raramente an- dava a trovare Gide, ma lo si poteva incontrare a qualsiasi ora del giorno o della notte da Werth, o a “farsi un bic- chierino” con Léon-Paul Fargue, perché erano suoi amici. Era contemporaneamente ingenuo e grave, dolce e riser- vato. Una serata in sua compagnia era sempre un avvenimento. Con lui ci si riempiva sempre di idee nuove. Gui- dava la conversazione come pilotava l’aereo, con energia e con leggerezza, le sue acrobazie di idee sconcertavano chi lo stava ad ascoltare. Poteva parlare di tutto con uguale competenza: di letteratura, filosofia, sociologia, mecca- nica aerea, teoria della relatività, motori, cubismo, musica, cucina. Non si atteggiava, era semplice, aveva la gen- tilezza del gran signore. Quando aveva un po’ di soldi in tasca, prendeva un taxi dal mattino alla sera. Se si era in- vitati a cena a casa sua, arrivava all’ora di mettersi a tavola, si scusava di doversi assentare per qualche minuto e usciva di corsa a fare la spesa.»

scuola e formazione III Antoine De Saint-Exupéry Lettera a un ostaggio

I

uando nel 1940 ho attraversato il ratori, i conquistadores. In mancanza di un Portogallo per andare negli Stati esercito e di cannoni, era tutto il passato del Uniti, Lisbona mi è apparsa come Portogallo a sbarrare la strada. Chi avreb- Quna specie di paradiso chiaro e be osato annientarlo nella sua eredità di un triste. Vi si parlava allora di una invasione passato grandioso? imminente, e il Portogallo si aggrappava Così ogni sera vagavo malinconicamente all’illusione della sua fortuna. Lisbona, che attraverso le eccellenze di quella esposizio- aveva realizzato la più bella esposizione che ne d’un gusto estremo, in cui tutto sfiorava la ci fosse mai stata al mondo, sorrideva d’un perfezione, perfino la musica così discreta, sorriso un po’ pallido, simile a quello delle scelta con tanto gusto e che si diffondeva nei madri che, non avendo notizie di un figlio giardini dolcemente, senza arroganza, come andato in guerra, si sforzano di salvarlo con il canto semplice di una fontana. Si sarebbe la loro fiducia: “Poiché sorrido, mio figlio dunque distrutto nel mondo questo gusto deve essere …”. “Guardate, pareva dire meraviglioso della misura? Lisbona, quanto sono felice e piacevole e E però trovavo Lisbona, nel suo sorriso, quanto è bella la luce che mi invade…”. Il più triste delle mie città spente. continente intero incombeva sul Portogallo Ho conosciuto, e forse anche voi avete come una montagna selvaggia, greve delle conosciuto, quelle famiglie un po’ bizzarre sue tribù di predoni; Lisbona in festa sfidava che alla loro tavola tenevano apparecchiato l’Europa: “Possono forse prendermi di mira il posto di un morto. Negavano l’irrepara- quando io metto tanta cura a non nascon- bile. A me non sembrava che questa sfida dermi? Quando sono tanto vulnerabile?...”. fosse consolante. Dei morti bisogna fare dei Nel mio paese, le città, di notte, erano del morti. Allora, nel loro ruolo di morti, ritro- colore della cenere. Mi ero disabituato ad vano una diversa forma di presenza. Quelle ogni illuminazione e questa capitale risplen- famiglie, invece, ritardavano il loro ritorno. dente mi causava un vago malessere. Se un Ne facevano degli eterni assenti, dei con- quartiere è al buio, i diamanti in una vetrina vitati in ritardo per l’eternità. Barattavano troppo illuminata attirano i loschi figuri. Li si il lutto con una attesa priva di contenuto. avverte aggirarsi lì intorno. Contro Lisbona Quelle famiglie mi parevano sprofondate io sentivo pesare la notte dell’Europa, abi- in un malessere senza remissione, ben più tata da stormi erranti di bombardieri, come soffocante dell’afflizione. Del pilota Guillau- se avessero fiutato di lontano l’esistenza di met, l’ultimo amico che ho perduto e che si è quel tesoro. fatto abbattere in servizio aereo postale, Dio Ma il Portogallo ignorava l’appetito del mio! ho accettato di portare il lutto. Guil- mostro. Si rifiutava di credere ai cattivi pre- laumet non cambierà più. Non sarà mai più sagi. Il Portogallo parlava d’arte con una fidu- presente, ma non sarà neppure assente per cia disperata. Chi avrebbe osato annientar- sempre. Ho sacrificato il suo posto a tavola lo nel suo culto dell’arte? Aveva tirato fuori come un inutile trucco e ho fatto di lui un tutte le sue meraviglie. Chi avrebbe osato vero amico morto. annientarlo nelle sue meraviglie? Metteva in Ma il Portogallo si ostinava a credere alla mostra i suoi grandi uomini. In mancanza di felicità, mantenendole il posto a tavola, e le un esercito, in mancanza di cannoni, contro luminarie e la musica. Si recitava ad essere la ferraglia dell’invasore aveva eretto tutte felici, a Lisbona, affinché anche Dio ci cre- le sue sentinelle di pietra: i poeti, gli esplo- desse.

IV scuola e formazione Lisbona doveva la sua atmosfera di mare addomesticato, mi sembrava entrare tristezza anche alla presenza di un certo anch’esso nel gioco. Sospingeva nel golfo numero di rifugiati. Non parlo degli esuli un’unica onda stanca, in cui si specchiava alla ricerca di asilo. Non parlo degli immi- lucente la luna, come lo strascico d’un abito grati in cerca di una terra da fecondare con il fuori moda. loro lavoro. Parlo di coloro che espatriavano Li ritrovai sul piroscafo, i miei rifugiati. fuggendo la miseria della propria gente per Anche da quel piroscafo emanava una leg- mettere al sicuro il loro danaro. gera angoscia. Quel piroscafo trasportava da Non avendo trovato un alloggio in città, un continente all’altro piante senza radici. Mi abitavo a Estoril, nei pressi del casino. Usci- dicevo: “Io voglio essere un viaggiatore, non vo da una guerra stressante: la mia squadra voglio essere un emigrante. Nel mio paese ho aerea, che per nove mesi non aveva smesso imparato tante cose che altrove mi saranno di sorvolare la Germania, nel corso dell’uni- inutili”. Ma ecco che i miei emigranti traeva- ca offensiva tedesca aveva perso i tre quarti no di tasca i loro piccoli biglietti da visita, i dei suoi equipaggi. Tornato a casa, avevo loro rimasugli di identità. Fingevano ancora conosciuto la cupa atmosfera della schiavi- di essere qualcuno, si aggrappavano con tut- tù e la minaccia della fame. Avevo vissuto la te le loro forze a un qualche significato. “Sa, io notte fitta delle nostre città. Ed ecco che, sono il tale, dicevano… sono della tale città… a due passi da casa, ogni sera il casino di l’amico del tale… Lei conosce il tale?”. Estoril si popolava di fantasmi. Silenziose E vi raccontavano la storia di un collega Cadillac, che avevano l’aria di andare verso o la storia di una responsabilità o la storia mete imprecisate, deponevano questi fan- di un errore o una qualsiasi altra storia che tasmi sulla sabbia fine del portico d’entrata. li potesse riallacciare a qualcosa. Ma, poi- Indossavano, come prima, gli abiti da sera. ché espatriavano, nulla di quel passato gli Sfoggiavano parati e perle. Si erano invitati sarebbe più servito. Era ancora tutto trop- gli uni gli altri a cene di comparse, durante le po caldo, troppo fresco, troppo vivo, come quali non avrebbero avuto nulla da dirsi. sono nei primi tempi i ricordi di un amore. Poi giocavano alla roulette o al bacca- Delle tenere lettere, si fa un pacchetto. Vi si rà, a seconda della loro ricchezza. Qualche aggiunge qualche ricordo. Si annoda tutto volta andavo a guardarli. Non provavo né con grande cura. E la reliquia da principio indignazione, né un sentimento di sarca- emana un incantesimo malinconico. Poi pas- smo, ma una vaga angoscia. Quella che vi sa una bionda dagli occhi azzurri e la reliquia afferra allo zoo davanti ai sopravissuti di una muore. Allo stesso modo, anche l’amico, la specie estinta. Si sistemavano serrati attor- carica, la città natale, i ricordi della propria no ai tavoli, in faccia ad un austero crou- casa, se non servono più, sbiadiscono. pier e si sforzavano di provare speranza, Lo sentivano chiaramente. Come Lisbo- disperazione, timore, invidia e gioia. Come na fingeva d’essere felice, così loro fingeva- i vivi. Giocavano delle fortune che, forse, in no di credere che sarebbero presto tornati. quello stesso momento, avevano perduto È dolce l’assenza del figliol prodigo! È una ogni valore. Usavano monete forse già fuo- falsa assenza perché, alle sue spalle, la casa ri corso. I valori delle loro casseforti erano paterna rimane. Essere assenti nella stanza garantiti da fabbriche forse già confiscate o attigua o all’altro capo del pianeta, non fa una minacciate da bombe già sul procinto d’es- differenza essenziale. La presenza dell’ami- sere lanciate. Emettevano tratte su Sirio. co che si è apparentemente allontanato, può Come se da un certo numero di mesi nulla essere più intensa della presenza reale. È la avesse cominciato a schiantarsi sulla terra, presenza della preghiera. Mai ho amato di si sforzavano, riannodandosi al passato, di più la mia casa di quand’ero nel Sahara. Mai credere alla legittimità della loro febbre, alla fidanzati si sono sentiti più vicini alla loro copertura dei loro assegni, all’eternità delle fidanzata dei marinai bretoni del XVI secolo, loro convenzioni. Era surreale. Pareva un quando, doppiato il Capo Horn, invecchia- balletto di pupazzi. Ma era triste. vano contro il muro dei venti contrari. Fin Senza dubbio non provavano nulla. Li dal momento della partenza, essi comincia- abbandonavo. Andavo a respirare in riva al vano già a tornare. È il loro ritorno che pre- mare. E quel mare, mare di villeggiatura, paravano quando issavano le vele con le loro

scuola e formazione  mani pesanti. La via più breve dal porto della gli uomini della tal casa, di tale amico, di tale Bretagna alla casa della loro fidanzata pas- carica. Recitavano una parte, ma non era più sava per Capo Horn. Ma ecco che adesso i quella vera. Nessuno aveva bisogno di loro, miei emigranti mi apparivano come marinai nessuno avrebbe fatto ricorso a loro. Che bretoni ai quali fosse stata rapita la fidanzata meraviglia il telegramma che vi fa sussulta- bretone. Nessuna fidanzata bretone avreb- re, che vi fa alzare nel mezzo della notte, che be più acceso per loro un’umile lampada alla vi fa correre alla stazione: “Vieni! Ho bisogno sua finestra. Essi non erano più dei figlioli di te!”. A scoprire amici che ci aiutano, fac- prodighi. O erano dei figlioli prodighi senza ciamo presto. Quelli che ci chiedono di esse- una casa a cui ritornare. Allora comincia il re aiutati, li meritiamo lentamente. Certo, vero viaggio, che è al di fuori di se stessi. quei fantasmi nessuno li odiava, nessuno ne Come ricostruirsi. Come riavvolgere era geloso, nessuno li importunava. Ma nes- dentro di sé la pesante matassa dei ricordi? suno li amava del solo amore che conti. Mi Quel vascello fantasma era carico, come il dicevo: non appena arrivati, saranno accol- limbo, di anime nasciture. I soli che appa- ti da ricevimenti di benvenuto, da cene di rivano reali, che si aveva voglia di toccarli consolazione. Ma chi busserà alle loro porte con il dito, erano coloro che, integrati alla pretendendo di essere ricevuto: “Apri! Sono nave e nobilitati da funzioni vere, portava- io!”. Bisogna che un bimbo lo si allatti a lun- no i vassoi, lustravano i rami, lucidavano le go prima che faccia valere le sue pretese. scarpe e, con un vago disprezzo, servivano Bisogna che un amico sia coltivato a lungo quei morti. Non era la povertà che procu- prima che reclami l’amicizia come qualco- rava agli emigranti quel leggero disprezzo sa di dovuto. Bisogna essersi rovinato per del personale. Non era di denaro che essi generazioni a riparare il vecchio castello in mancavano, ma di sostanza. Non erano più rovina per imparare ad amarlo.

II

i dicevo dunque: “L’essenziale offre alla vista che una distesa uniforme di è che da qualche parte riman- sabbia o, più esattamente, poiché le dune ga ciò di cui si è vissuto. E le vi sono rare, uno sconfinato greto pietroso. Musanze. E la festa di famiglia. E Si è sommersi in permanenza in un assolu- la casa dei ricordi. L’essenziale è di vive- to stato di noia. E tuttavia invisibili divinità re per il ritorno…”. Mi sentivo minacciato vi costruiscono una rete di direzioni, pen- nella mia stessa sostanza dalla fragilità dei dii, segnali, una muscolatura viva e segre- poli lontani dai quali dipendevo. Rischiavo ta. Non c’è più uniformità. Tutto funge da di conoscere il deserto vero, e cominciai orientamento. E anche un silenzio non è a comprendere un mistero che mi aveva uguale a un altro silenzio. interpellato per lungo tempo. C’è un silenzio della pace quando le Ho vissuto per tre anni nel Sahara. Ho tribù sono riconciliate, quando scende la sognato anch’io, dopo tanti altri, sulla sua sera portando con sé la frescura, quando, magia. Chiunque abbia conosciuto la vita ammainate le vele, sembra di sostare in un sahariana, in cui tutto apparentemente porto tranquillo. C’è il silenzio del merig- non è che solitudine e privazione, rimpian- gio, quando il sole spegne le idee e il movi- ge quegli anni come i più belli che abbia mento. C’è un falso silenzio quando cessa vissuto. Le espressioni “nostalgia della il vento del Nord e l’apparizione di insetti, sabbia, nostalgia della solitudine, nostalgia strappati come polline alle oasi dell’inter- dello spazio” sono soltanto formule lettera- no, annuncia la tempesta dell’Est portatri- rie e non spiegano nulla. Ora, ecco che, per ce di sabbia. C’è il silenzio del complotto, la prima volta, a bordo di un piroscafo for- quando si percepisce che una tribù lontana micolante di passeggeri ammassati gli uni è in fermento. C’è un silenzio di mistero, sugli altri, mi sembrava di comprendere il quando tra gli Arabi si annodano indeci- deserto. frabili conciliaboli. C’è un silenzio carico Certo il Sahara, a perdita d’occhio, non di tensione quando tarda a

VI scuola e formazione tornare. Un silenzio penetrante quando, la zie ad alcuni amici che, perduti dietro di notte, si trattiene il respiro stando in ascol- me nella notte di Francia, cominciavano ad to. Un silenzio malinconico nel ricordare essermi essenziali. qualcuno che si ama. La Francia per me non era decisamente Tutto si polarizza. Ogni stella indica una una dea astratta, né un concetto storico, direzione vera. Sono tutte stelle comete dei ma piuttosto una carne da cui dipendevo, Re Magi. Servono tutte il loro dio. Questa una rete di legami che mi reggeva, un insie- indica la direzione di un pozzo lontano, me di polarità che fondavano le inclinazioni difficile da raggiungere. E la distesa che vi del mio cuore. Provavo il bisogno di sentire separa da quel pozzo grava su di voi come più solidi e più durevoli di me stesso colo- una muraglia. Quella indica la direzione ro di cui avevo bisogno per orientarmi. Per di un pozzo prosciugato. E la stella stessa conoscere dove ritornare. Per esistere. pare disseccata. E la distesa che vi separa Era in loro che risiedeva il mio paese dal pozzo prosciugato non è una strada in tutto intero ed esso viveva dentro di me discesa. Quell’altra serve da guida verso attraverso di loro. Per chi naviga in mare un’oasi sconosciuta, che i nomadi vi hanno un continente si riassume così nella sem- decantata, ma che la dissidenza vi impedi- plice luce di alcuni fari. Un faro non misura sce di raggiungere. E la sabbia che vi separa la lontananza. Semplicemente, la sua luce dall’oasi è per voi una morbida prateria da è presente negli occhi. E tutte le meraviglie fiaba. Quell’altra ancora indica la direzione del continente risiedono nella stella. di una bianca città del Sud, e pare saporo- Ed ecco, oggi che la Francia, in seguito sa come un frutto in cui affondare i denti. all’occupazione totale, è entrata nel silenzio Tal’altra, la direzione del mare. con tutto il suo carico, come una nave a luci Infine, dei poli quasi irreali calamitano spente della quale si ignora se sopravviverà da molto lontano quel deserto: una casa oppure no ai pericoli del mare, la sorte di d’infanzia che resta viva nella memoria. Un quelli che amo mi tormenta più gravemente amico di cui non si sa più nulla, se non che di una mia malattia. Mi scopro minacciato è vivo. nella mia essenza dalla loro fragilità. Così ti senti teso e vivificato dal campo Colui che stanotte ossessiona la mia di forze che ti attrae o ti respinge, ti sol- memoria ha cinquant’anni. È ammala- lecita o ti resiste. Eccoti ben fondato, ben to. Ed è ebreo. Come potrà sopravvivere determinato, ben installato al centro di al terrore tedesco? Per immaginare che direzioni cardinali. respira ancora ho bisogno di crederlo igno- E poiché il deserto non offre alcuna ric- rato dall’invasore, riparato in segreto dal chezza tangibile, e non vi è nulla da vedere né bel baluardo di silenzio dei contadini del da sentire nel deserto, e poiché la vita interio- suo villaggio. Soltanto in questo caso credo re, lungi dall’addormentarsi, si fortifica, si è che viva ancora. Soltanto in questo caso, costretti a riconoscere che l’uomo è animato errando lontano dall’impero della sua ami- innanzitutto da sollecitazioni invisibili. L’uo- cizia, che non ha frontiere, m’è consentito mo è governato dallo Spirito. Nel deserto io di sentirmi non emigrante, ma viaggiatore. valgo quanto valgono le mie divinità. Perché il deserto non è là dove lo si crede. Così, se mi sentivo ricco, a bordo del mio Il Sahara è più vivo di una capitale e la città piroscafo triste, di direzioni ancora fertili, più brulicante si svuota se i poli essenziali se abitavo un pianeta ancora vivo, era gra- della vita vengono smagnetizzati.

III

n qual modo, dunque, la vita costrui- quali avvenimenti segreti sono plasmate le sce le linee di forza di cui viviamo? Da tenerezze particolari e, attraverso di esse, dove viene la forza che mi attira ver- l’amor di patria? I so la casa dell’amico? Quali sono gli I veri miracoli, quanto poco rumore istanti capitali che hanno fatto di questa fanno! Gli avvenimenti essenziali, quanto presenza uno dei poli di cui ho bisogno? Di sono semplici! Nel momento in cui voglio

scuola e formazione VII raccontarli, c’è così poco da dire, che devo Così assaporavamo questa intesa muta e riviverli in sogno e parlarne a quell’amico. questi riti quasi religiosi. Cullati dall’andiri- È stato qualche giorno prima della vieni della sacerdotale cameriera, i marinai guerra, sulle rive della Saone, dalle parti di e noi trincavamo come fedeli di una stessa Tournus. Per pranzare avevamo scelto un Chiesa, anche se non avremmo saputo dire ristorante con la veranda di legno che s’af- quale. Uno dei due marinai era olandese. facciava sul fiume. Con i gomiti appoggiati L’altro tedesco. Quest’ultimo tempo prima su di un rustico tavolo, che i clienti avevano era fuggito dal nazismo, perché persegui- inciso con il coltello, avevamo ordinato due tato come comunista, o come trotskysta, o Pernod. Il medico ti aveva vietato l’alcool, come cattolico, o come ebreo. (Non ricordo ma tu nelle grandi occasioni infrangevi i più in nome di quale etichetta quell’uomo divieti. E quella era una grande occasione. era perseguitato). Ma in quel momento il Non sapevamo perché, ma lo era. Ciò che ci marinaio era ben altra cosa di un’etichetta. rallegrava era più impalpabile della qualità A contare era il contenuto. La pasta uma- della luce. Avevi dunque deciso per il Per- na. Era, molto semplicemente, un amico. nod delle grandi occasioni. E siccome due E tra amici si andava d’accordo. Tu eri marinai, a qualche metro da noi, stavano d’accordo. Io ero d’accordo. I marinai e la scaricando un battello, abbiamo invitato i cameriera erano d’accordo. D’accordo su marinai. Li abbiamo chiamati dall’alto della che cosa? Sul Pernod? Sul senso della vita? veranda. E sono venuti. Sono venuti sen- Sulla mitezza della giornata? Non avrem- za esitare. Noi avevamo trovato naturale mo saputo dirlo neppure noi. Ma l’accordo invitare dei compagni, a causa forse del- era così pieno, così solidamente stabilito in l’invisibile festa che era dentro di noi. Era profondità, affondava le sue radici in una talmente evidente che avrebbero accettato bibbia tanto evidente nella sua sostanza, l’invito! E così abbiamo trincato! che, benché in formulabile per mezzo delle Il sole era buono. Il suo miele tiepido parole, noi avremmo accettato volentieri di dilagava sui pioppi dell’altra riva e la pianu- fortificare quella veranda, di sostenervi un ra fino all’orizzonte. Noi eravamo sempre assedio e di morire dietro a una mitraglia- più allegri, sempre senza saperne il perché. trice per salvare quella sostanza. Eravamo sicuri che il sole illuminava, che Quale sostanza?... È proprio questo il fiume scorreva, che il pasto era il pasto, che è difficile da definire! Rischio di non che i marinai avevano risposto all’invito, cogliere l’essenziale, ma soltanto dei rifles- che la cameriera ci stava servendo con gar- si. L’insufficienza delle parole potrebbe bata gentilezza, come se presiedesse ad lasciar sfuggire la mia verità. Finirei per una festa eterna. Eravamo pienamente in essere oscuro se affermassi che avremmo pace, bene installati al riparo del disordi- combattuto facilmente per salvare una cer- ne, in una civiltà definitiva. Gustavamo una ta qualità del sorriso dei marinai, e del tuo sorta di stato perfetto, in cui ogni desiderio sorriso, e del mio sorriso e del sorriso della era esaudito, in cui non avevamo più nul- cameriera, un certo miracolo del sole che la da confidarci. Ci sentivamo puri, giusti, da tanti milioni di anni si era tanto adopera- luminosi e indulgenti. Non avremmo sapu- to per arrivare, attraverso noi, alla qualità to dire quale verità ci appariva in tutta la di un sorriso così ben riuscito. sua evidenza. Ma il sentimento che ci domi- L’essenziale, il più delle volte, non ha nava era ben quello della certezza. D’una peso. L’essenziale qui, in apparenza, non è certezza quasi orgogliosa. stato che un sorriso. Un sorriso spesso è Così l’universo, attraverso noi, dava pro- l’essenziale. Da un sorriso si è ripagati. Si va della sua buona volontà. La condensa- è ricompensati da un sorriso. Si è rianimati zione delle nebulose, il consolidamento dei da un sorriso. E la qualità di un sorriso può pianeti, la formazione delle prime cellule, il far morire. Tuttavia, poiché questa qualità lavoro gigantesco della vita che sviluppò la ci liberava così bene dall’angoscia dei tem- cellula fino ad arrivare all’uomo, tutto era pi presenti, ci dava la certezza, la speran- confluito felicemente per sfociare, attra- za, la pace, oggi, per tentare di esprimermi verso noi, a tale qualità del piacere! Come meglio, ho bisogno di raccontare anche la risultato non era poi così male. storia di un altro sorriso.

VIII scuola e formazione IV

u nel corso di un reportage sul- d’attenzione di quegli uomini mi sembrava la guerra civile spagnola. Avevo completamente svanita. Avrei quasi preferi- avuto l’imprudenza di assistere to, come contatto umano, una prova di osti- F non visto, verso le tre del mattino, lità. Ma non mi onorarono di alcun segno di in una stazione merci, a una spedizione di collera o anche soltanto di disapprovazione. materiale segreto. L’agitazione degli addetti Tentai a più riprese di protestare in spagno- e una certa oscurità sembravano giocare a lo. Ma le mie proteste caddero nel vuoto. Mi favore della mia indiscrezione. Ma suscitai il guardavano senza reagire, come se guardas- sospetto di alcuni miliziani anarchici. sero un pesce cinese in un acquario. Avvenne tutto molto semplicemente. Aspettavano. Che cosa aspettavano? Il Non avevo ancora fatto caso al loro avvi- ritorno di qualcuno di loro? L’alba? Pensavo: cinamento agile e silenzioso, quando me li “Forse aspettano d’aver fame…”. trovai stretti tutt’intorno come si stringono Mi dicevo: “Adesso commetteranno una le dita di una mano. La canna dei loro fucili sciocchezza! È assolutamente ridicolo!…”. mi sfiorò leggermente il ventre e il silenzio Il sentimento che provavo – più che un sen- mi parve solenne. Alzai infine le braccia. timento di angoscia – era il disgusto dell’as- Osservai che fissavano non il mio viso, surdo. Pensavo: “Se si scaldano, se si deci- ma la mia cravatta. (La moda di un sobborgo dono ad agire, mi spareranno”. anarchico sconsiglia questo oggetto d’arte). I Ero, sì o no, davvero in pericolo? Igno- miei muscoli si contrassero. Aspettavo la sca- ravano ancora che non ero un sabotatore, rica, era il tempo dei giudizi sommari. Ma non né una spia, ma un giornalista? Che i miei ci fu nessuna scarica. Dopo alcuni secondi di documenti di identità si trovavano in alber- vuoto assoluto, nel corso dei quali le squadre go? Avevano preso una decisione? Quale? degli uomini al lavoro mi sembravano danza- Non sapevo nulla di loro, se non che fuci- re in un altro universo una sorta di balletto di lavano senza troppi scrupoli di coscienza. sogno, con un leggero movimento della testa, Le avanguardie rivoluzionarie, di qualsiasi i miei anarchici mi fecero cenno di precederli partito siano, danno la caccia non agli uomini e ci mettemmo in marcia, senza fretta, lun- (esse non valutano l’uomo per quello che è), go i corridoi di smistamento. La mia cattura ma ai sintomi. La verità dell’avversario appa- era avvenuta in perfetto silenzio e con una re loro come una malattia epidemica. Per un straordinaria economia di movimenti. Come sintomo dubbio si spedisce la persona conta- si muove la fauna sottomarina. giata al lazzaretto dell’isolamento. Al cimite- Mi fecero scendere in un sotterraneo tra- ro. Perciò mi sembrava sinistro quell’interro- sformato in posto di guardia. Male rischiara- gatorio per monosillabi vaghi, che piovevano ti da una malandata lampada a petrolio, altri su di me di quando in quando, e di cui non miliziani sonnecchiavano con il fucile fra le comprendevo nulla. Sulla mia pelle si giocava gambe. Scambiarono qualche parola con una roulette russa. Anche per questo pro- gli uomini della mia pattuglia senza lasciar vavo lo strano bisogno, al fine di far pesare trasparire alcun sentimento. Uno di loro mi la mia presenza reale, di gridar loro qualcosa perquisì. su di me, che avesse a che vedere con il mio Io parlo spagnolo, ma non conosco il cata- destino. La mia età, per esempio! Perché è lano. Compresi tuttavia che mi chiedevano i impressionante l’età di un uomo. Essa rias- documenti. Li avevo dimenticati in albergo. sume tutta la sua vita. La sua maturità si è Risposi: “Hotel… Giornalista…”, senza ren- compiuta poco a poco, vincendo tanti ostaco- dermi conto se il mio linguaggio dicesse loro li, ammansendo tante pene, superando tante qualcosa. I miliziani si passarono di mano in disperazioni, guarendo tante gravi malattie, mano la mia macchina fotografica come corpo affrontando tanti rischi, la maggior parte dei del reato. Alcuni di loro, che stavano sbadi- quali è sfuggita alla coscienza. L’età di un gliando, accasciati su sedie sbilenche, si alza- uomo è maturata attraverso tanti desideri, rono annoiati e si addossarono al muro. tante speranze, tanti rimpianti, tanti oblii, L’impressione dominante era quella del- tanto amore. L’età di un uomo rappresenta la noia. Della noia e del sonno. La capacità un bel carico di esperienze e di ricordi! Mal-

scuola e formazione IX grado i tranelli, gli scossoni, i dissesti, si è con- mentre un istante prima mi apparivano lon- tinuato ad andare avanti, alla meno peggio, tani da me più di una specie antidiluviana, un po’ bene e un po’ male, come una vecchia ecco che ora nascevano a una vita vicina. carretta. E ora, grazie ad una ostinata com- Provavo una straordinaria sensazione di binazione di circostanze favorevoli, siamo presenza. Proprio questo: di presenza! Ne arrivati a questo punto. Abbiamo trentasette avvertivo la parentela. anni. E la vecchia carretta, a Dio piacendo, Il giovane che mi aveva sorriso e che un porterà ancora avanti il suo carico di ricordi. istante prima non era che una funzione, un Dunque mi dicevo: “Ecco dove sono arrivato. attrezzo, una sorta di insetto mostruoso, ora si Ho trentasette anni…”. Mi sarebbe piaciuto rivelava un po’ goffo, quasi timido, di una timi- caricare i miei giudici di questa confidenza… dezza meravigliosa. Non che quel terrorista ma avevano smesso di interrogarmi. fosse meno brutale di un altro! Ma l’apparizio- È stato allora che avvenne il miracolo. Oh! ne in lui dell’uomo ne metteva in luce la parte un miracolo molto discreto. Non avevo siga- vulnerabile! Ci diamo grandi arie, noi uomini, rette. Poiché uno dei miei carcerieri stava ma, nel segreto del nostro cuore, conosciamo fumando, lo pregai con un gesto di darmene l’esitazione, il dubbio, la sofferenza. una, e abbozzai un vago sorriso. L’uomo dap- Nessuno aveva parlato. E tuttavia tutto prima si stirò, si passò lentamente una mano era stato risolto. Quando mi allungò la siga- sulla fronte, alzò gli occhi non più in direzione retta, per ringraziarlo, posai la mano sulla della mia cravatta, ma in direzione del mio vol- spalla del miliziano. E, una volta rotto il to e, con mia grande sorpresa, abbozzò anche ghiaccio, anche gli altri miliziani ridiventa- lui un sorriso. Fu come il levarsi del sole. rono uomini, e io entrai nel sorriso di tutti Quel miracolo non risolse il dramma. loro come in un paese nuovo e libero. Semplicemente lo cancellò, come la luce Entrai nel loro sorriso come, in un’altra l’ombra. Non ci fu più alcun dramma. Quel circostanza, nel sorriso dei nostri salvatori miracolo non modificò nulla di ciò che era del Sahara. I colleghi, quando ci trovarono sotto i nostri occhi. La malandata lampada a dopo giorni di ricerche, avendo atterrato il petrolio, un tavolo con carte sparse, gli uomi- meno lontano possibile, camminavano verso ni addossati al muro, il colore degli oggetti, di noi a grandi passi, facendo oscillare ben l’odore, tutto continuò ad essere come pri- visibili a braccia tese gli otri dell’acqua. Del ma. Ma ogni cosa fu trasformata nella sua sorriso dei salvatori, se ero un naufrago, del stessa sostanza. Quel sorriso mi liberava. sorriso dei naufraghi, se ero un salvatore, mi Era un segno così definitivo, così evidente ricordo come di una patria in cui mi sentivo nelle sue conseguenze, irreversibile come immensamente felice. l’apparizione del sole. Apriva un’era nuova. Il vero piacere è il piacere conviviale. Il Nulla era cambiato, e tutto era cambiato. Il salvataggio non era che l’occasione di questo tavolo con le carte sparse era diventato vivo. piacere. L’acqua non ha il potere di incanta- La lampada a petrolio era diventata viva. I re, se non è innanzitutto il dono della buona muri erano vivi. La noia che trasudava dagli volontà degli uomini. oggetti morti di quel sotterraneo, come per Le cure prodigate al malato, l’accoglien- incanto, era svanita. Era come se un sangue za offerta all’esule, lo stesso perdono non invisibile avesse ricominciato a circolare, hanno valore che grazie al sorriso, al di sopra riannodando tutte le cose in un medesimo delle lingue, delle caste, dei partiti. Siamo i corpo, restituendo loro un significato. fedeli di una stessa Chiesa, il tale con le sue Neppure gli uomini si erano mossi, ma, usanze, io con le mie.

V

uesta qualità della gioia non è forse me all’ingrasso. La prosperità e il benessere il frutto più prezioso della nostra non bastano ad appagarci. Per noi che fum- civiltà? Per i nostri bisogni mate- mo educati nel culto del rispetto dell’uomo, Qriali ci potrebbe bastare anche una importano molto gli incontri semplici, che si tirannia totalitaria. Ma noi non siamo bestia- trasformano talvolta in feste meravigliose…

 scuola e formazione Rispetto dell’uomo! Rispetto dell’uomo!... zione di una stella, se si fa assorbire troppo Questa è la pietra di paragone! Quando il dai problemi della scalata, rischia di dimenti- nazista rispetta esclusivamente chi gli somi- care quale stella lo guida. Se agisce per agire, glia, non rispetta altri che se stesso. Rifiuta non andrà da nessuna parte. Se la respon- le contraddizioni creatrici, distrugge ogni sabile delle sedie di una chiesa si preoccupa speranza di crescita, getta le fondamenta per principalmente di tenere in ordine le sedie, sostituire per mille anni l’uomo con il robot rischia di dimenticare che è a servizio di un di un formicaio. L’ordine per l’ordine castra dio. Così, a rinchiudermi in una passione l’uomo del suo potere essenziale, che è di partigiana, rischio di dimenticare che una trasformare il mondo e se stesso. La vita crea politica ha senso soltanto se è a servizio di l’ordine, ma l’ordine non crea la vita. una certezza spirituale. Nei momenti felici Al contrario di lui, a noi sembra che la abbiamo assaporato una certa qualità delle nostra ascesa non sia compiuta, che la verità relazioni umane: quella è per noi la verità. di domani si nutra dell’errore di ieri, e che le Qualunque sia l’urgenza dell’azione, non ci contraddizioni da superare siano l’alimento è consentito di dimenticare la vocazione che stesso della nostra crescita. Noi riconoscia- la deve guidare, altrimenti essa resterà ste- mo come nostri simili anche coloro che sono rile. Noi vogliamo fondare il rispetto dell’uo- differenti da noi. Ma quale strana parentela! mo. Perché allora dovremmo odiarci vivendo Essa si fonda sull’avvenire, non sul passato. nel recinto dello stesso campo? Nessuno di Sul fine, non sull’origine. Siamo gli uni per gli noi detiene il monopolio della purezza delle altri come pellegrini che, per strade diverse, intenzioni. Io posso combattere in nome del- ci incamminiamo verso lo stesso appunta- la mia strada, ma questa stessa strada potrà mento. essere scelta anche da un altro. Posso criti- Oggi però il rispetto dell’uomo, condizione care il suo modo di ragionare. I modi di ragio- della nostra ascesa, è in pericolo. I fallimen- nare non sono rigidamente fissati. Ma devo ti del mondo moderno ci hanno precipitato rispettare quell’uomo sul piano dello Spirito, nelle tenebre. I problemi sono incoerenti, le se è in marcia verso la stessa stella. soluzioni contraddittorie. La verità di ieri è Rispetto dell’uomo! Rispetto dell’uomo!... morta, quella di domani è ancora da costrui- Se il rispetto dell’uomo è radicato nel cuore re. Nessuna sintesi valida si intravvede, e degli uomini, gli uomini finiranno per fondare ognuno di noi non detiene che una piccola di conseguenza il sistema sociale, politico o parte della verità. In mancanza di una evi- economico sul presupposto di questo rispet- denza che le imponga, le religioni politiche to. Una civiltà si fonda innanzitutto sulla fanno appello alla violenza. E, dividendoci sostanza. Ed essa nell’uomo è prima di tutto sui metodi, rischiamo di non riconoscere che desiderio cieco di un certo calore. E allora siamo in cammino verso lo stesso fine. l’uomo, di errore in errore, trova la strada che Il viaggiatore che scala montagna in dire- conduce al fuoco.

VI

senza dubbio per questa ragio- la che appartenga alla mia patria interiore. ne, amico mio, che ho tanto biso- Con te non ho da discolparmi, non ho da gno della tua amicizia. Ho sete di giustificarmi, non ho da dimostrare nul- Èun compagno che, al di sopra dei la; con te trovo la pace come a Tournus. ragionamenti, rispetti in me il pellegrino di Al di sopra delle mie parole maldestre, al quel fuoco. Ho bisogno talora di assaporare di sopra dei ragionamenti che mi possono in anticipo il calore promesso, e di riposare tradire, tu consideri in me semplicemente un poco, al di là di me stesso, in quello che l’Uomo. Tu onori in me l’ambasciatore di sarà il nostro appuntamento. convinzioni, di costumi, di amori partico- Sono così stanco delle polemiche, dei lari. Se differisco da te, lungi dal danneg- veti, dei fantasmi! A casa tua posso entrare giarti, ti accresco. Tu mi interroghi come si senza indossare una uniforma, senza dover interroga un viandante. recitare un Corano, senza rinunciare a nul- Io che provo, come tutti, il bisogno di

scuola e formazione XI essere riconosciuto, in te mi sento puro e ti francesi, come d’uno stesso albero, e io vengo da te. Sento il bisogno di andare là servirò la tua verità, come tu avresti servito dove sono puro. Non hai imparato a cono- la mia. Per noi francesi all’estero si tratta, scermi dai miei discorsi e dai miei compor- in questa guerra, di sbloccare la provvista tamenti. È di avermi accolto così come sono di sementi gelate dalla neve dalla presen- che, quando è stato necessario, ti ha reso za dei tedeschi. Si tratta di soccorrervi. Si indulgente verso i miei comportamenti e tratta di farvi liberi nella terra in cui avete il i miei discorsi. Ti so disponibile ad acco- diritto fondamentale di sviluppare le vostre gliermi così come sono. Cosa me ne faccio radici. Siete quaranta milioni di ostaggi. È di un amico che mi giudica? Se accolgo alla sempre nelle catacombe dell’oppressione mia tavola un amico che zoppica, lo invito a che si preparano le verità nuove: quaranta sedersi, non gli chiedo di ballare. milioni di ostaggi meditano laggiù sulla loro Amico mio, ho bisogno di te come di una nuova verità. Noi ci sottomettiamo in anti- sommità dove si respira! Ho bisogno, ancora cipo a questa verità. una volta, di sedere assieme a te a un tavolo Perché siete voi che ci ammaestrerete. con le assi sconnesse in un piccolo ristoran- Non spetta a noi portare la fiamma spiri- te in riva alla Saone, di invitarvi due marinai, tuale a coloro che già la nutrono della loro e di bere insieme nella pace di un sorriso propria sostanza, come d’una cera. Voi non simile alla luce. leggerete forse i nostri libri. Non ascoltere- Se combatterò ancora, combatterò un te i nostri discorsi. Le nostre idee, forse, le po’ per te. Ho bisogno di te per credere vomiterete. Noi non fondiamo la Francia. meglio alla possibilità di quel sorriso. Ho Possiamo soltanto servirla. Qualsiasi cosa bisogno di aiutarti a vivere. Ti vedo così abbiamo fatto, non avremo diritto ad alcu- debole, così vulnerabile, trascinare i tuoi na riconoscenza. Non c’è paragone tra il cinquant’anni per ore e ore sul marciapiedi libero combattimento ed essere annientati davanti a una povera salumeria, tremante nella notte. Non c’è paragone tra il mestie- al precario riparo di un cappotto liso, per re di soldato e il mestiere di ostaggio. Voi sopravvivere ancora un giorno. Tu così siete i santi. francese, ti sento doppiamente in pericolo di morte, perché francese e perché ebreo. Sento tutta l’importanza di una comunione Traduzione e note di Mario Bertin che non autorizza più diverbi. Noi siamo tut- Immagine di copertina di Eva Kaiser

NOTE BIOGRAFICHE 29 giugno 1900. Antoine-Jean-Baptiste-Marie-Roger de Saint-Exupéry nasce a Lione. È il discendente di una delle famiglie nobili più antiche di Francia. Fin dall’infanzia, è robusto, allegro e franco, turbolento e sognatore. A sei an- ni scrive versi e, allo stesso tempo, si appassiona di meccanica. 1914. Al termine della scuola primaria, entra nel col- legio dei Maristi a Friburgo. 1917. Consegue il baccalaureato. Studia violino. 1919. Viene bocciato all’esame di am- missione all’Ecole Navale. 1920. Frequenta l’Accademia di Belle Arti. 1921. Compie il servizio militare nell’Aeronau- tica. Ottiene il brevetto di pilota civile e poi quello di pilota militare. Prime esperienze di volo. 1923. Fine del servizio militare. Accetta un impiego di controllore della produzione alle Tuileries de Boiron e, in autunno, di contabile a Pa- rigi. 1924. Cambia lavoro. Fa il rappresentante di una fabbrica di autoveicoli, ma in 18 mesi ne vende soltanto uno. 1925. Collabora con la rivista “Navire d’Argent”. 1926. Entra nella Compagnie Aérienne Française come pilota sul- le rotte Tolosa-Casablanca e Casablanca-Dakar. 1928. Trascorre l’intero anno a Cap Juby (Marocco). Primo servizio notturno sulla rotta Rio de Janeiro-Buenos Aires. Scrive Courrier Sud. 1931. La Compagnie Aérienne Française fal- lisce. Pubblica, con grande successo Vol de Nuit. 1935. Viene assunto da Air France. 1936. Inizia la guerra di Spa- gna. Saint-Exupéry viene inviato sul fronte della Catalogna come corrispondente del “L’Intransigeant”. 1939. Pub- blica Terra degli uomini. Come pilota di guerra si rifiuta di abbandonare il fronte. Durante l’occupazione di Parigi, emigra a New York. Confida: “Non c’è posto per me in un mondo dominato da Hitler”.1942 . Pubblica Pilota di guer- ra. 1943. Pubblica Il Piccolo Principe e Lettera a un ostaggio. Torna al suo stormo e intraprende azioni di guerra con base successivamente ad Algeri, Alghero e infine a Borgo (Corsica).31 luglio 1944. Il suo Lightning viene abbattu- to, durante una missione sul Mediterraneo, da un caccia tedesco.

XII scuola e formazione