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marzo ° 2016 N 25 5,50 €

IMMAGINI E VIOLENZA: UN’ATTRAZIONE FATALE?

TENDENZE Cinéphile Look . Quando il regista diventa un brand

DISCUSSIONI Da Apollo a Apple: i cinema chiudono. Che fare?

FOCUS Il cinema in Egitto

ANNIVERSARI A 50 anni da Django

EDITORIALE di GIANNI CANOVA

SOTTO UNA BUONA STELLA

iniziato bene il 2016 novità: entrando nel nostro quarto È per il cinema italiano. anno di vita, abbiamo pensato be- Per il cinema, ma ne di fare un lieve restyling alla gra- anche – ovviamen- fica e al rapporto fra la grafica e i te- te – per tutti coloro che lo amano. sti. Non solo. Da questo mese, 8½ Gli incassi lunari di Quo vado?, ma offre ai lettori un nuovo strumen- soprattutto le code fuori dai cine- to editoriale: una piccola Collection ma, il passaparola positivo, il ri- in cui di volta in volta raccoglie- verberarsi di curiosità e interes- remo, per aree tematiche omoge- se anche per altri titoli, sulla carta nee, i contributi, le analisi e le pro- meno attrattivi, sono indizi e se- vocazioni prodotte dalla testata. È gnali più che sufficienti a legitti- un modo, crediamo, per non di- mare, già di per sé, un cauto ma sperdere i contenuti pubblicati di prezioso ottimismo. numero in numero e per facilitare Accanto al nuovo film di Chec- il lettore nel compito – non sem- co Zalone, il 2016 ha però portato pre facile – di seguire il filo con- con sé, finalmente, anche la nuova duttore che lega i nostri servizi legge sul cinema, che aumenta le e le analisi che di mese in mese risorse del 60%, definisce l’auto- pubblichiamo sulla rivista. matismo dei finanziamenti e rein- A fine gennaio siamo stati invitati vestimenti nel settore, potenzia i a Foggia per partecipare all’inau- tax credit e gli incentivi per chi in- gurazione di una nuova sala cine- veste nell’audiovisivo, sostiene e matografica, aperta – così ci è sta- favorisce la creazione di nuove sa- to detto – anche grazie alle nostre le e aiuta il restauro delle sale stori- denunce contro l’analfabetismo che: un insieme di provvedimenti filmico degli italiani. che, uniti al momento propizio del È una bella notizia. E ci induce a box office, lascia presagire – era continuare con sempre maggior ora! – un’ottima annata. determinazione le battaglie e le Anche per noi di 8½ il nuovo an- sfide che abbiamo intrapreso. no si apre con qualche piccola Sommario

EDITORIALE SCENARI 16 DANZA MACABRA DAMMI IL ROSSO di Andrea Guglielmino 01 SOTTO UNA 06 ICONOGRAFIE 30 CLAMOROSE BUONA STELLA DELLA SOFFERENZA 18 LE CURVE DEL DOLORE RIVELAZIONI di Gianni Canova di Gianni Canova di Valerio Orsolini SUL SUCCESSO di Alberto Crespi 08 LO SPETTACOLO 20 JIHADISTI VIDEOMAKER RICORDI DELLA VIOLENZA di Bruno Ballardini PERCHÉ CI PIACE TENDENZE 04 PER ETTORE SCOLA AL SANGUE? 22 LA BANALITÀ DEL MALE di Felice Laudadio di Cristiana Paternò 32 SHOOTING LOOK IL PUNTO DI VISTA di Gianni Canova DEL SOCIOLOGO 24 LA STRAGE DELL’AURORA PEDAGOGIA E LA MASCHERA 34 IL RITROVAMENTO DELLA MORTE DI JOKER DEL “DEMIURGUS di Alberto Abruzzese di Luca Mastrantonio EGOTICUS” di Maurizio Di Rienzo 10 IL PUNTO DI VISTA 26 VOYEURISMO   DEL FILOSOFO  ELETTRONICO 36 BRAND DI SE STESSO DALLA CARITAS di Alessandro Gianni di Andrea Guglielmino AL PULP illustrazioni di Andy Ventura di Luca Maria Scarantino 28 IL TRAUMA DEL CRITICO 38 HOLLYWOOD LAVA 12 IL PUNTO DI VISTA a cura di Nicole Bianchi PIÙ BIANCO DELLA PSICOLOGA e Cristiana Paternò di Vanni Codeluppi GLI STANDARD DELLA COMUNITÀ 40 LIKE, SI GIRAAAAAA! di Elisa Diquattro di Margherita Bordino

14 IL PUNTO DI VISTA 42 LA VANITÀ? DEL FILMOLOGO NON È DA INTELLETTUALI VIOLENZA DOC di Valentina Neri di Giona A. Nazzaro 44 IL PARADISO DELLE SIGNORE di Chiara Gelato

46 L’ARMADIO DEL CINEGIORNALISTA di Ilaria Ravarino

48 L’EGEMONIA DELLA BRUTTEZZA 8½ di Andrea Guglielmino NUMERI, VISIONI disegni di Andy Ventura E PROSPETTIVE DEL CINEMA ITALIANO

Bimestrale d’informazione  Direttore Responsabile In Redazione Hanno collaborato e cultura cinematografica Giancarlo Di Gregorio Carmen Diotaiuti Alberto Abruzzese, Andrea Guglielmino Bruno Ballardini, Laura Bispuri, Direttore Editoriale Alice Bonetti, Margherita Bordino, Iniziativa editoriale realizzata Gianni Canova Coordinamento redazionale Vanni Codeluppi, Alberto Crespi, da Istituto Luce-Cinecittà Vice Direttore Responsabile DG Cinema Girolamo De Michele, in collaborazione con ANICA Cristiana Paternò Iole Maria Giannattasio Elisa Diquattro, Maurizio e Direzione Generale Cinema Di Rienzo, Federica D’Urso, Capo Redattore Coordinamento editoriale Chiara Gelato, Iole Maria Stefano Stefanutto Rosa Nicole Bianchi Giannattasio, Mimmo Gianneri, Alessandro Gianni, Diaa Hosny, FATTI GEOGRAFIE PUNTI DI VISTA Dossier di DG Cinema e ANICA 82 LA BELLEZZA 92 IDEOLOGIA ITALIANA DELL’ITALIA di Girolamo De Michele 50 I PRINCIPI ISPIRATORI 70 STENO (STEFANO VANZINA) di Nicole Bianchi DELL’INTERVENTO  COME SI DEVE MORIRE  94 FARE UN FILM È LOTTARE PUBBLICO NEL SETTORE  AMMAZZATI PER IL MIO PAESE CINEMATOGRAFICO DA “QUARTA PARETE”, LAVORI IN CORSO di Laura Bispuri E AUDIOVISIVO 25 OTTOBRE 1945. di Federica D’Urso, di Andrea Mariani 84 QUESTIONE DI SGUARDI Iole Maria Giannattasio, di Cristiana Paternò Francesca Medolago Albani 96 BIOGRAFIE FOCUS EGITTO di Roberto Silvestri ANNIVERSARI CINEMA ESPANSO 73 EGYPTIAN WAY OF LIFE 86 A 50 ANNI DA 58 BARBIE, DJANGO DIVA DAI MILLE VOLTI 78 UN CINEMA DIVERSO di Wendy Migliaccio PER L’EGITTO DEGLI 87 IL MITO E LA MATRICE ANNI 2000 di Mimmo Gianneri 60 BED & CINEMA di Diaa Hosny di Nicole Bianchi 90 IN THE DJUNGLE DEL CINEMA POPOLARE 62 IL CINEMA CONTRO INTERNET di M.G. LA GUERRA E NUOVI CONSUMI di Cristiana Paternò 80 SENZA PAROLE. IL CODICE VISUALE DISCUSSIONI DEGLI EMOJI di Carmen Diotaiuti 64 SBAM! TANTO I FILM LI GUARDO SUL TABLET di Alice Bonetti

66 APOLLO, APPLE E GLI SCHERMI RAPITI di Stefano Stefanutto Rosa

Felice Laudadio, Andrea Mariani, Progetto Creativo Stampa ed allestimento Direzione, Redazione, Luca Mastrantonio, Francesca 19novanta communication partners Arti Grafiche La Moderna Amministrazione Medolago Albani, Wendy Via di Tor Cervara, 171 Istituto Luce-Cinecittà Srl Migliaccio, Giona A. Nazzaro, Creative Director 00155 Roma Via Tuscolana, 1055 - 00173 Roma Valentina Neri, Valerio Orsolini, Consuelo Ughi Tel. 06722861 fax: 067221883 Ilaria Ravarino, Luca Maria Distribuzione in libreria [email protected] Scarantino, Roberto Silvestri, Designer Joo Distribuzione www.8-mezzo.it Andy Ventura Claudia Antonazzo, Giulia Arimattei, Via F.Argelati, 35 - Milano Matteo Cianfarani, Valeria Chiuso in tipografia il 29/02/16 Ciardulli, Lorenzo Mauro Di Rese, Registrazione presso il Tribunale Giulio Dallari, Maria José di Roma n° 339/2012 del 7/12/2012 Prieto Fernández RICORDI

PER ETTORE SCOLA RICORDI 4-5

di FELICE LAUDADIO

n anno fa, il 10 gen- Ettore aveva diretto più di chiun- ritto al dissenso, l’egualitarismo, sibile e dunque temibile risultato U naio, se ne anda- que altro, in nove film e in un film la partecipazione. E i giovani. Va- e temperatura e condizione del va Francesco Rosi, a episodi: 8½, tanto per evocare lori che, in linea con una coeren- tempo dell’indifferenza in cui vi- un pezzo importan- Fellini, al quale aveva dedicato za mai venutagli meno, stanno a viamo. Un tempo che forse Etto- te del cinema e della sua storia, l’ultima sua opera. fondamento dei suoi film, ne so- re, col suo termometro culturale, non solo italiana. Ettore Scola, Pochi sanno che l’Ettore Scola no anzi i principali ingredienti. sentiva sempre più estraneo. altro pilastro di quella stessa sto- privato era uomo dalle amicizie La sua scomparsa ci rende tut- Così negli ultimi anni, a parte il ria, lo ha raggiunto il 19 gennaio salde e lunghe nel tempo, alla cui ti molto tristi. Ma c’era qualco- film su Fellini, una superba re- di quest’anno. Li aspettava Fede- tenuta contribuiva con sobrie te- sa che covava sotto la sua franca gia lirica della Bohème e il suo at- rico Fellini per festeggiare il suo lefonate, sporadici incontri con- risata. Avevo notato che da qual- tivissimo impegno annuale per compleanno, il 20 gennaio, con i viviali e discretissime incursioni che tempo, nella sua vena d’inna- il Bif&st, del quale nel 2010 ave- suoi due grandi amici. Con la loro nelle “vite degli altri”, soprattutto ta ironia e di sottile disincanto, si va accettato d’essere il presiden- scomparsa il nostro cinema – che nei momenti del bisogno, quello stava incuneando una sotterra- te, s’era rifugiato nei classici del- grazie a Rosi, a Scola, a Fellini e a degli altri. Mai del proprio. Ed era nea screziatura composta da un la letteratura e del pensiero greco pochissimi altri si è imposto a li- umile. Ero con lui quando il diret- tanto di melanconia e da un tanto e latino e in poche, intime, fre- vello internazionale – diventa an- tore di questa rivista lo chiamò, di disillusione. Scola, come altri quentazioni con amici fidati e di cora più povero. Sembra banale a metà gennaio, per offrirgli una intellettuali della sua generazio- antica data. Ma senza mai perde- dirlo, ma è profondamente vero. laurea honoris causa. Ne fu so- ne, ha sempre creduto, operato re il contatto con la realtà e con Guardatevi intorno… briamente lusingato ma non dis- e lottato per “un mondo nuovo” la politica, nel senso più nobile di I tanti spettatori, baresi e non, che se sì. “Vedremo”, disse a Gianni da costruire con impegno, pas- questa parola, e senza mai rinun- in questi ultimi anni hanno avuto Canova, chissà... Talora sornione, sione, sacrificio, militanza, en- ciare ad occuparsi e preoccuparsi la possibilità di conoscere, di fre- e solo in apparenza cinico, Etto- tusiasmo, abnegazione, cultura. della sua stupenda famiglia della quentare, di parlare con Scola nel re possedeva un’inclinazione na- Ma le cose sono andate e stanno quale era, e si sentiva, il patriarca, suo ruolo di presidente del Bi- turale all’ironia e all’autoironia andando, secondo Scola, ben di- legatissimo ai suoi cinque nipoti f&st-Bari International Film Fe- che lo rendeva immune dai sen- versamente. Stanno vincendo, per i quali, sommessamente, stra- stival hanno avuto modo di ap- timentalismi e dalle chiacchie- diceva, i particolarismi, gli egoi- vedeva. Ma senza darlo a vedere. prezzare la sua semplicità, la sua re vuote o ipocrite. Chi a Bari ha smi, l’insensibilità, i fanatismi, il Un altro suo paradosso. naturale eleganza, la sua totale di- partecipato alle sue tante lezio- razzismo e una nuova, moderna Con lui perdiamo un amico, un sponibilità. E la sua intelligenza. ni di cinema sa di che parlo. Ani- ma non meno pericolosa, forma compagno, un complice, e le no- Mancherà a loro come già man- mato da una forte passione civile, di fascismo insieme ad una incul- stre telefonate quotidiane, ma ca, e tantissimo, a noi che non e capace di profondi e autentici tura sempre più diffusa e ad una perdiamo anche il presidente ar- potremo più contare sul nostro slanci di accesa indignazione po- carenza della memoria storica di tistico del Bif&st, straordinario capitano. Ma ritroveremo Scola litica e culturale, Scola si ritrova- portata impressionante quanto valore aggiunto per il Festival di negli eventi del tributo che, no- va permanentemente in prima devastante. Proprio quello che i Bari. Dopo questa edizione 2016, stro malgrado, stiamo preparan- linea nelle battaglie in difesa di suoi film, le sue storie, i suoi at- al cui programma Ettore ha atti- do per ricordarlo al Bif&st 2016. valori essenziali quali la libertà di tori hanno sistematicamente de- vamente lavorato negli ultimi 10 In parallelo con l’omaggio, già da pensiero, la solidarietà, la demo- nunciato – con uno sberleffo, un mesi, ne sarà il presidente onora- tempo previsto, al suo attore-fe- crazia, l’antifascismo, l’antirazzi- sorriso, una battuta o con un iro- rio. Ma l’onore sarà tutto nostro. ticcio, Marcello Mastroianni, che smo, il rispetto della Storia, il di- nico e sobrio j’accuse – come pos- SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale?

ICONOGRAFIE DELLA SOFFERENZA di GIANNI CANOVA

n un testo di sette o otto anni fa, ma ancora attualissi- lare fra immagini e violenza. Che effetto si propongono di scatenare I mo e per molti versi imprescindibile per capire cosa sta immagini simili? Probabilmente vogliono al contempo commuovere accadendo nel rapporto fra immagini e violenza, Susan ed eccitare, istruire e dare un esempio. Si può dire lo stesso delle im- Sontag notava come la fascinazione della violenza aves- magini mediatiche che documentano le violenze del nostro tempo? se ormai uguagliato se non addirittura superato la fascinazione dell’e- Che differenza c’è fra una decapitazione dipinta da Caravaggio e una rotismo. C’è in giro più voglia di vedere gente che soffre – scriveva in filmata dai fanatici jihadisti del Califfato e diffusa in diretta sul web? buona sostanza la grande studiosa americana – che di vedere gente Lo spettacolo della violenza anche più efferata allestito quotidiana- che gode. Il dolore degli altri ci eccita, ci attrae, ci incuriosisce. Come mente dal sistema mediatico è paragonabile allo spettacolo della vio- fosse il richiamo del sangue, o della foresta. Sarà capitato anche a voi lenza che si celebrava nell’antica Roma, quando le teste decollate ve- di essere alla guida della vostra auto e di ritrovarvi all’improvviso in nivano impalate ai lati della strada per ammonire i passanti ad essere coda perché c’è stato un incidente. Ma non nel vostro senso di mar- buoni cittadini, o nelle piazze parigine della Rivoluzione, quando le cia, in quello opposto. In teoria non c’è nessun ostacolo nella carreg- tricoteuses accorrevano ad assistere allo spettacolo della ghigliottina giata poco più avanti di voi. Eppure molti di quelli che vi precedono mentre erano intente a sferruzzare? Che differenza c’è fra ora e allora, rallentano. Frenano. Si sporgono. Per guardare. “Circolare, circolare, ammesso che ci sia? non c’è nulla da vedere!”, si sgola un poliziotto ormai rassegnato alla Questo numero di 8½ si apre su questi interrogativi. Lo fa senza la pre- vanità delle sue raccomandazioni. Gli automobilisti infatti frenano, tesa di dare risposte univoche e definitive, ma anche con l’ambizione e guardano. Ma cosa sperano di vedere dall’altra parte del guard-rail, di offrire qualche contributo non occasionale alla riflessione. Il mo- tra lamiere contorte e lampeggianti di autoambulanze? Cosa deside- do efferato con cui i nuovi terrorismi stanno producendo e diffonden- rano verificare? Forse, vogliono semplicemente godere della propria do immagini “dal vero” segnate dalla violenza più insostenibile ci dice immunità di fronte alla tragedia che ha colpito un altro, o gli altri. che le nuove guerre passano ormai – sempre più – anche dalla produ- Lo diceva chiaramente Elias Canetti: la radice prima del potere è la zione e dalla circuitazione di immagini. Le quali non sono più esor- sopravvivenza. Prima cosa: sopravvivere. Quando vediamo gli altri cizzabili con la compassione che suscitavano in noi le immagini dei morire, intimamente godiamo di essere loro sopravvissuti. Vale an- martirologi. Queste immagini suscitano piuttosto orrore, sconcerto, che per le immagini? Cerchiamo nella visione della violenza o della stordimento. Sono realizzate da professionisti consapevoli delle tec- morte un esorcismo che allontani il timore che anche noi possiamo niche con cui innescare il latente sadismo dello spettatore e calibrate esserne vittime? in modo che sadismo e patetismo si equilibrino. Forse, perfino in mo- “L’iconografia della sofferenza – scrive la Sontag – ha un lungo pedi- do che si neutralizzino reciprocamente. Ma con quale obiettivo, in vi- gree”: dal gruppo statuario che rappresenta il tormento di Laocoon- sta di quale reazione? Con quali effetti sulla vita quotidiana? Se è vero te e dei suoi figli alle innumerevoli versioni pittoriche e scultoree del- che le immagini della morte non sono la morte, è anche vero però che la passione di Cristo via via fino all’inesauribile catalogo visivo delle queste immagini alla morte ci vanno molto vicine. E a volte la produ- persecuzioni e delle violenze inflitte ai martiri cristiani, tutta la storia cono solo per poter esistere, esse stesse, in quanto immagini. dell’arte occidentale è segnata da un rapporto forte, recursivo e capil- SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale? 6 - 7

Dalla passione di Cristo alle violenze inflitte ai martiri cristiani, tutta la storia dell’arte occidentale è segnata da un rapporto recursivo e capillare fra immagini e violenza. Che effetto si propongono di scatenare? Lo stesso delle immagini mediatiche che documentano le violenze del nostro tempo? Che differenza c’è fra una decapitazione dipinta da Caravaggio e una filmata dai fanatici jihadisti del Califfato e diffusa in diretta sul web? LO SPETTACOLO DELLA VIOLENZA PERCHÉ CI PIACE AL SANGUE?

Il tema è approfondito dal punto di vista di quattro esperti - un sociologo, un filosofo, una psicologa e un filmologo - per focalizzare come nella società contemporanea sia percepito, subìto, affrontato e quale sia il riflesso sui nostri comportamenti in base all’offerta mediatica dell’orrore.

IL PUNTO DI VISTA DEL SOCIOLOGO

l dibattito attua- I le sullo scontro tra Occidente e islami- PEDAGOGIA smo terrorista non sfugge alla tradizionale opposi- zione tra amico e nemico, su cui si è da sempre fondata ogni for- ma di potere. La guerra altro non è che una variante della pace. Il DELLA terrorismo altro non è che rifiuta- re ogni mediazione e negoziazio- ne tra pace e guerra. È un punto di vista “classico” ma non ce n’è uno migliore, a meno di non trova- re un punto di vista sul potere in MORTE quanto tale e cioè sulla volontà di potenza dell’essere umano – per- sona, soggetto, gruppo, collet- tività, società – al di là dei valori di ALBERTO ABRUZZESE da lui elaborati per legittimare le sue azioni, la propria identità e sovranità. Amico e nemico, allo- ra, si specchiano uno nell’altro. Le retoriche sull’altro – anche quelle avanzate dall’umanitari- SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale? 8 - 9

smo più acceso o dal più cieco dando all’immaginario dell’in- cietà che adora filmare la propria società per soddisfare lo spetta- fondamentalismo – sono un ali- dustria culturale, allo spettacolo morte in diretta per farne un og- tore. È questa soddisfazione che bi per lo stato di necessità detta- di fiction, ai consumi del tempo getto di consumo. Questa spetta- cercano le persone quando si af- to dal desiderio di sopravvivenza libero, il piacere istintivo per la colarizzazione sfrutta, nega e de- follano sui piccoli e grandi scher- di un’identità contro l’altra. L’e- morte dal vivo provato dal “po- sacralizza un dolore che invece mi di morte. È la rimozione che fa motività di cui si nutre il deside- polo” e cioè da quella indoma- dovrebbe essere sacro’. Vi rispar- piacere. C’è dunque una scelta nel rio è dunque più forte di ogni ra- bile volontà di violenza repressa mio il resto, dove, com’è prevedi- consumo della rimozione e del gione messa in campo. dalle regole civili della cittadi- bile dalle premesse, si accusano i suo uso. Seguendo questa trac- In base a questo punto di vista – nanza. Nel popolo di una nazio- media di essere agenti di spetta- cia, potremmo inserire la fortuna così assente nel rumore di posi- ne e/o di una etnia c’è un tale colarizzazione dell’oscenità”. Al pubblica e privata delle immagi- zioni assunte, raccolte e sollecita- profondo risentimento per la contrario Maragliano, pur ragio- ni di terrorismo islamico e guer- te, dai media a proposito di Parigi propria sorte ricevuta, per la sua nando sul rapporto tra visibilità ra occidentale nel quadro di al- e quanti altri trascorsi episodi di esistenza di suddito, da gioire di e insieme rimozione della morte, tri fenomeni mediatici: penso al morte – mi pare ragionevole so- ogni rito sacrificale. ragiona in una direzione oppo- gioco d’azzardo, alla serialità e ai stenere la tesi che, per affronta- Niente di peggio che mettersi a sta. “Personalmente ho cercato videogiochi di ultima generazio- re il senso da attribuire all’odier- fare la morale sulle forme di dif- di dare una risposta ad un simi- ne, alla pornografia in rete. So- na sovraesposizione mediatica fusione e consumo delle scene le impegnativo interrogativo con no tutti fenomeni in vertiginosa della violenza e della sofferen- di sangue, dolore e morte di cui l’attraversare i pensieri di Ariès, crescita – qualitativa e quantitati- za umana, è necessario liberarsi il mondo abbonda sempre più, Elias, Morin sul tema della rimo- va – che manifestano il prepoten- degli stereotipi dell’umanesimo, forse, ma che soprattutto e certa- zione del senso di morte e l’asso- te desiderio personale di sottrar- dunque della lunghissima dura- mente sempre più rende visibili, ciarne l’analisi al tema della rap- si al tempo storico, alla società, al ta delle sue ideologie. Superata accessibili ad ogni età e sesso, in presentazione cinematografica, suo senso anzi ad ogni suo signi- la falsa coscienza umana su cui ogni luogo e momento. E comun- secondo un’angolazione che mi ficato. Forme di consumo spinte- tali ideologie, ivi comprese quel- que chi davvero dispone ancora ha indotto a cogliere nel cinema si al massimo di dissipazione del- le religiose, si fondano e su cui si di una morale certa, proponibi- un luogo di compensazione di un la civiltà e del soggetto moderno: fondano la società e la politica, le qui e ora, prima di esprimersi così drammatico ‘vuoto’. Per que- piattaforme espressive che si so- va riconosciuto che la percezio- farebbe bene a riflettere meglio sto ho parlato di una pedagogia no evolute per ridurre a nulla il ne della violenza e la percezione di quanto si faccia di fronte alla attiva della morte, attribuendone tempo sociale. Abbandonarlo al della sofferenza non sono stretta- complessità del giudizio da dare. il merito, guarda un po’, proprio ai suo destino. mente connesse tra loro o meglio Considero Roberto Maragliano media che così imbarazzano Pen- lo sono ma per così dire ignoran- uno tra i docenti di pedagogia nac, nel mio caso il cinema”. dosi a vicenda l’una con l’altra. Se più sensibili alla dimensione in- Credo che ci si possa spingere ci si vuole liberare di ciò che la fal- formativa e formativa dell’intrat- ancora più avanti, affrontando la sa coscienza ci detta bisogna ac- tenimento in rete, piattaforma crescente rimozione della mor- cettare l’idea che la sofferenza è espressiva che – per vocazione te narrata dai media. Narrazioni sentimento che prova chi subisce stessa dei linguaggi digitali, mul- sono le informazioni così come la violenza assai più di chi la im- timediali e interattivi – risulta as- le fiction televisive. Dunque è su pone. La certezza nei valori che sai più rivolta alla singola perso- queste manipolazioni narrative giustificano la violenza ottunde na piuttosto che direttamente al che dovremmo riflettere: le une la cognizione del dolore che essa soggetto socialmente irreggimen- e le altre rimuovono la morte o la produce non solo in campo ne- tato e corazzato. Recentemen- mico ma anche amico. te ha scritto questo su Facebook: Che la morte faccia spettacolo lo “Leggo su ‘Repubblica’ del 19.11.15 si sa da sempre: a partire dal mon- quanto sostiene Daniel Pennac do antico sino alla Rivoluzione in relazione ai tragici fatti di Pari- francese; ma – dopo che i regimi gi: ‘Purtroppo viviamo in una so- nazionali occidentali si sono “la- vati le mani” nel sangue delle lo- ro immani stragi novecentesche – lo stile della propaganda demo- cratica ha adottato varie forme censorie sulla sofferenza umana prodotta in pace e in guerra, affi- IL PUNTO DI VISTA DEL FILOSOFO

DALLA CARITAS AL PULP

di LUCA MARIA SCARANTINO

“…Ad illum animo inardescas, cu- pea: l’amore universale e inclu- mune e irrefutabile sentire. Su di ius imaginem videre desideras…”. sivo, la caritas in cui l’ego si apre, esse ha così preso forma una vera Roma, anno 599. Mentre l’Orien- si converte e si trascende nell’og- e propria comunità emozionale, te latino prepara il bando di tut- getto del proprio amore; e la rei- in cui questa violenza giustiziera te le immagini religiose, in Occi- ficazione dell’uomo, il disumano e catartica si mette fieramente in dente Gregorio Magno enuncia “tu no” che respinge ed esclude scena, con stili, finalità e tonalità in alcune lettere pastorali uno l’altro dalla comunità, lo isola, lo assai diverse e variabili: dalle on- dei tratti fondamentali della na- costringe al silenzio, lo priva di nipresenti raffigurazioni dell’in- scente cultura europea: la forza personalità, di parola, di vita. Lo ferno medievale alla spettacola- emotiva delle immagini e la loro violenta, direbbe Hannah Arendt. re serialità giustiziera nella Parigi capacità di “accendere” l’animo Nell’intreccio di questi due pro- rivoluzionaria, sino alle innume- di chi le contempla. cessi, la raffigurazione della vio- revoli declinazioni della violen- Da subito, questa carica emozio- lenza è stata a lungo utilizzata za individuale e collettiva di cui si nale si snoda lungo un duplice per intimorire e mantenere l’or- nutre la moderna società dell’im- binario: l’amore materno della dine, il controllo e la coesione magine – mentre viene sottrat- vergine e la bestialità del Cristo sociale. È avendo in mente l’im- ta allo sguardo pubblico la vio- in croce, la violenza primordia- magine archetipale del Cristo lenza più lurida e oscena, chiusa le dell’uomo crocifisso, gli oc- – l’uomo solo, morente nell’as- in campi recintati e inaccessibili chi spiritati, la corona che trafig- soluta incomunicabilità della ai bravi cittadini del Reich, con- ge la carne, le ferite che lacerano croce – che l’Occidente metterà finata all’interno degli stadi ci- il corpo. Inardescere, accendersi in scena le forme più orrende di leni, negli scantinati dei castel- di passione e fervore religioso, violenza santa e “purificatrice”, li medievali come nei sotterranei attraverso la visione del corpo rispecchiandosi nel truce spetta- dell’ESMA a Buenos Aires… straziato sulla croce. colo degli autodafé, nelle tortu- La moderna comunicazione di Entrano in tal modo nel codice re di volta in volta più atroci che massa riproduce questa condi- figurativo dell’Occidente due di- accompagnano i roghi, le bollitu- visione emotiva in perfetta con- namiche spirituali in conflitto, re, gli squartamenti; e che farà un tinuità con le raffigurazioni dei ma compresenti nel processo di uso pervasivo delle immagini co- dannati visibili nelle cappelle costruzione della cultura euro- me luogo di costruzione di un co- del Medioevo latino. In tempo di SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale? 10 - 11

guerra (ma quale tempo non lo È questa violenza sfrenata, per- è, specie nella società della co- vasiva e onnipresente, divenu- municazione globale?), scrive ta presenza naturale e banale Aldous Huxley, “i giornali sono dell’immaginario occidentale, pieni di notizie eccitanti, come che viene progressivamente de- se la vita fosse diventata un in- nunciata nel corso della moder- terminabile feuilleton”. È la volut- nità: dalle fucilazioni di Goya tà delle emozioni violente, che ci alla più recente cultura cinema- fa sentire partecipi di un più va- tografica, che portandone all’e- sto processo sociale: “emozioni stremo le conseguenze ne rivela di solidarietà, di vanto colletti- l’insensatezza, nel truculento re- vo, di odio, di ‘santa indignazio- alismo di Peckinpah come nel- ne’… Per coloro che non corrono la violenza pulp, esagerata e sur- un reale pericolo di venire uccisi reale di Tarantino, passando per o mutilati, la guerra è un tripudio la brutalità deviata e allo stesso emotivo, una specie di orgia, di saturnale… una guerra di breve durata rappresenta, per la mag- gior parte dei non combattenti, un piacere allo stato puro”.

di LUCA MARIA SCARANTINO

generale compiacimento di fron- te alle immagini di cadaveri, mu- tilazioni e varia disumanità spa- rate a tutta pagina da quotidiani e siti web a ogni cataclisma, omici- dio, o tsunami; quanto per la cre- scente legittimazione pubblica di quello spirito discriminatorio che credevamo appartenesse al pas- tempo strutturale di Apocalypse sato. È nelle immagini dei gendar- Now o Full Metal Jacket… Possia- mi europei che alzano i manga- mo concludere che la messa in nelli contro i bambini rifugiati ai scena della violenza è ormai tesa confini dell’Unione che ricompa- a mostrarne il nonsense, anziché re l’eterno conflitto europeo tra a farne uso come di un qualsiasi la sacralità della caritas (o, nella dispositivo comunicativo? Cer- sua versione moderna, dei dirit- tamente no, e non solo per il suc- ti umani) e la chiusura tribale nei cesso che riscuotono quelle raffi- confronti di chi non condivide lo gurazioni caricaturali di conflitti stesso sangue e lo stesso suolo. Se adolescenziali che sono gli odier- le immagini che ci giungono dai ni reality show; né per la crescen- confini orientali dell’Europa han- te circolazione di hate speeches no fatto il giro del mondo non è nel discorso pubblico e nei social per la congiuntura storico-socia- media, con il loro sinistro corre- le che documentano, ma perché do di immagini umilianti (quanti recano in sé l’annuncio di una ci- adolescenti sono oggi confrontati viltà europea che, di nuovo, si ri- a fenomeni del genere?); né per il volge contro se stessa. IL PUNTO DI VISTA DELLA PSICOLOGA

GLI osa spinge le per- C sone a cliccare su “quel” video o bra- mare di guardare “quel” servizio televisivo, soprat- tutto se viene anche annunciato come qualcosa che potrebbe ur- STANDARD tare la sensibilità? Quale parte in- conscia vibra in quel momento? Le immagini, come gli odori e i sa- pori, arrivano prima a contattare il nostro inconscio e quindi hanno un’azione immediata su di noi, van- DELLA no a pescare delle parti nascoste, a far vibrare le nostre parti in luce, co- me le nostre zone d’ombra. Alcune ricerche mostrano come l’esposizione a scene di violen- za modifichi in senso negativo la percezione della realtà, favorisca COMUNITÀ un’interpretazione del reale in chiave pessimistica. La variabilità delle risposte alle immagini vio- lente dipende dal grado e dal ti- po di elaborazione mentale che le di ELISA DIQUATTRO* persone vi dedicano. Nel sistema cognitivo i contenuti mediali vio- lenti innescano due tipi di mecca- nismo: in alcuni individui attivano risposte razionali, tese ad elabo- rare modelli di comportamento idonei a fronteggiare analoghe si- tuazioni di pericolo; in altri stimo- lano fantasie e pensieri ossessivi, che creano un clima psicologico di paura o preoccupazione.

Parto dall’osservazione di un post su un social network. Qualcosa di concreto, che succede a tutti, tutti i giorni, per poi capire me-

*psicologa-formatrice, esperta in terapie vibrazionali, si occupa di percorsi di consapevolezza psicologica.

Fondatrice di FormaMente Soc.Coop www.formamente.rg.it SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale? 12 - 13

IL PUNTO DI VISTA DELLA PSICOLOGA glio l’aspetto teorico. Mi colpisce avere giustizia e ragione, e rice- L’esposizione a scene di violenza mi di vita. Ciò che si può appren- il post di una testata giornalistica, vo questa risposta via mail: “Ab- in tv produce uno stato di attiva- dere dai modelli che ci vengono una di quelle che un tempo da- biamo controllato la tua segnala- zione fisiologica identificabile co- proposti dai media può rimane- vano una certa affidabilità. Oggi zione del contenuto condiviso da me Eccitazione. Una volta spenta re sommerso per riemergere solo osservo che, alcune testate, nella (nome della pagina). Grazie per il la tv lo stato di eccitazione inne- quando l’osservatore è arrabbiato versione online, propongono ar- tempo dedicato alla segnalazione scato permane e si riversa nelle si- o vuole averla vinta. L’utilizzo di ticoli e immagini forse impropo- di un contenuto che, secondo te, tuazioni di vita reale: l’individuo immagini positive o negative la- nibili nella versione cartacea. potrebbe non rispettare i nostri reagisce con maggiore aggressivi- vora nel nostro inconscio. Leggo con curiosità questa di- standard della comunità. Le se- tà verso gli altri e/o verso se stesso. dascalia che accompagna il link gnalazioni come la tua sono fon- La buona notizia è che proprio di un video: damentali per rendere questo so- Queste ricerche ci fanno riflette- come i modelli aggressivi posso- “Il medico entra nella stanza e ag- cial network sicuro e accogliente. re sulla forte influenza che hanno no accrescere l’aggressività, così gredisce il paziente: calci e pugni, Abbiamo analizzato la condivi- i media sul nostro vissuto perché i modelli non aggressivi possono fino a che non stramazza a terra, sione che hai segnalato per la pre- veicolano modelli, forniscono in- farla diminuire. Sta a noi svilup- morto. [VIDEO] (Attenzione, im- senza di violenza esplicita e ab- formazioni e producono cultura, pare uno spirito critico alla luce magini che potrebbero urtare la biamo stabilito che non viola i influenzano scale di valori e sche- delle teorie esposte. vostra sensibilità)”. nostri standard della comunità”. Il punto non è più la notizia, che La mia armatura da paladina del poteva rimanere tale senza dover bene viene in un attimo polveriz- vedere l’atto di violenza fino al zata. Mi prendo i ringraziamenti culmine. Ma, mi domando: è real- per una collaborazione che risul- mente una notizia che ha bisogno ta inutile, perché gli standard di di essere esplicitata con un video? “violenza” sono ben altri secon- A cascata, sotto il post, leggo i do la suddetta “comunità”. Ri- commenti incalzanti di alcu- mango basita e con un senso di ni lettori che, come me, avevano impotenza, che mi fa capire co- cliccato a suo tempo un “mi pia- me il concetto di “violenza” vada ce” su quella pagina, per avere nuovamente rivisto e riformulato ben altre informazioni. per l’intera “comunità”. Tra i commenti, qualcuno scrive che il video è preceduto da pub- Iniziano a riaffiorarmi studi di psi- blicità. Tutto cambia. Rifletto. cologia sociale e mi rendo conto Prendo atto dell’inevitabile, e or- che c’è ancora tanto lavoro da fare. mai sempre più diffuso, binomio Così, la domanda si rinnova: per- di derivazione televisiva: violen- ché questa attrazione fatale per le za=audience, a cui ci hanno abi- immagini con violenza? tuato sotto la falsa veste di crona- Ecco, in sintesi, come alcuni stu- ca giornalistica. Questo post mi di e teorie hanno cercato di spie- dà la possibilità di vedere come gare gli effetti dei contenuti vio- il fenomeno-violenza sul web sia lenti dei media: molto più “usa e getta”. Funziona così: cinque minuti di violenza, La Teoria della Catarsi. preceduta da uno spot pubblici- Gli spettatori si identificano con tario, e il gioco è fatto. i protagonisti delle scene violen- Mi addentro nella questione e vo- te per la necessità di scaricare, lutamente osservo l’andamen- attraverso di essi, le proprie ten- to della discussione: alcuni con- denze aggressive. sigliano di segnalare il post con contenuto violento ai gestori del La Teoria del Modellamento so- social network. Altri lettori consi- ciale di Bandura. derano il video in questione solo Le persone imparano non solo per cronaca e non così violento, giu- effetto di ciò che sperimentano stificando il fatto che ormai sia- direttamente, ma anche attraver- mo abituati a molto peggio. Altri so l’osservazione e l’imitazione di ancora si addentrano nei partico- modelli, ossia di rappresentazioni lari morbosi del video, descriven- semplificate della realtà che su- done i dettagli. Procedo, come scitano l’emulazione. consigliato da alcuni, alla segna- lazione del video ai gestori del so- La Teoria del Transfer di cial network in questione, certa di Eccitazione di Zillmann. IL PUNTO DI VISTA DEL FILMOLOGO

VIOLENZA DOC

di GIONA A. NAZZARO

aradossalmente, bi- P sognerebbe dichia- rare che la realtà non esiste. Ossia che la realtà è stata discontinuata dall’im- che tende a separare le cose del ci- magine che la riproduce. L’imma- nema in un regno della finzione e gine della realtà, infatti, non cor- in un regno della verità, ossia del risponde mai alla realtà in quanto reale. Una sorta di mondo assolu- tale, essendo più che altro un suo to. Al di là dei conflitti. segno, una sua eccezionalità. Un In realtà, come dimostra il caso a uno sguardo attento non sfugge suo momento unico e irripetibile. dei Lumière, il cinema nasce do- che oggi, più che mai, esiste una Di conseguenza, si giunge qua- cumentario e produce la finzio- vera e propria tassonomia dei ge- si inevitabilmente alla conclu- ne come sottogenere della realtà. neri “documentari”). sione che il documentario, in Laddove nel cinema di finzione quanto genere cinematografico esistono differenti tradizioni te- Questa molteplicità si offre og- che riproduce la realtà, non esi- stuali di messinscena, nel cinema gi come snodo politico vitale, e ste. Ciò che crea sempre proble- documentario si continua a igno- cruciale al tempo stesso, nel mo- ma, nelle riflessioni che si por- rare che esiste, per quanto appa- mento in cui si tenta di racconta- tano sul cosiddetto cinema del rentemente meno rapidamente re, meglio: mettere in scena, i cor- reale, è l’idea che il documenta- verificabile, una tradizione testua- tocircuiti del reale. I nodi in cui rio, essendo privo di messinsce- le altrettanto forte e strutturata. la contemplazione cede il passo na (luogo dove la finzione non all’osservazione e, eventualmen- esiste), sia, immediatamente, La rapidità delle trasformazio- te, a un intervento politico dettato un’immagine diretta, non ripro- ni del dispositivo di riproduzione dalla presenza e dalle articolazioni dotta della realtà e dunque del- ha solo fatto sì che l’approccio al di uno sguardo critico. la verità stessa che la alimenta. mezzo tecnico fosse ancora più di- Un’immagine non prodotta da retto e che gli sguardi sul mondo, Affrontato in tempi non sospet- nessun lavoro. pur moltiplicandosi, diventasse- ti da Ross McElwee in Six O’Clock Un equivoco di matrice idealista ro ancora più singolari (anche se News, il problema della violenza, SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale? 14 - 15

IL PUNTO DI VISTA DEL FILMOLOGO

e i corpi che filma, permettendo che la sua macchina sia abitata e posseduta mentre il suo sguardo continua a osservare implacabil- mente, lascia che la sua posizione di narratore privilegiato sia agita. Ciò che vediamo sullo schermo è la tensione di questa manipola- zione dei corpi oggetto e protago- nisti del film e ciò che lo sguardo del regista riesce a documentare di questo “conflitto” territoriale. Si tratta di una messa in perico- lo del lavoro del cineasta, un pas- che The Look of Silence sia lette- sare letteralmente dall’altra parte ralmente il film con il quale Op- come differenza filmica e non più penheimer corre ai ripari per come presunta verità assoluta. La ri-raccontare la medesima storia presenza dell’atto del filmare non dalla parte delle vittime. è più segno di una verità ma di una differenza; una differenza che non Se Eyal Sivan non ha torto nel di- si ricompone (più) dialetticamen- chiarare che il documentario è la te ma che si può esperire solo at- chiesa laica del cinema, e che l’u- traverso una violenza (quella del protagonista Kate si smarrisce nei nica cosa interessante è filmare il passaggio dall’altra parte) della meandri dell’immagine di Chri- male dalla parte di coloro che lo quale lo sguardo rende conto, per stine), Greene giunge al porre se commettono, allora Rosi offre di quanto riguarda lo spettatore, co- stesso, e l’eventuale spettatore, di questa posizione, con El Sicario, me mancanza. fronte alla domanda ineludibile: una formulazione di sconvol- perché vuoi vedere questo film? gente giustezza. Una mancanza che ci suggerisce, Perché lo stai vedendo? in fondo, che la verità è il falso pro- e della sua rappresentazione, si La mano dell’assassino traccia sul- blema per eccellenza del docu- fa più complesso nel momento Ed è esattamente questa domanda la carta ciò che non si può vedere mentario. Il “documentario” è una in cui da un lato c’è un moltipli- che Joshua Oppenheimer non si è e il fatto che il suo volto sia coper- posizione critica. Un’etica del fare carsi esponenziale delle possibi- posto a sufficienza mentre realiz- to induce uno stato di disagio, so- che trova il suo posto, nel mondo e lità di attingere a immagini non zava The Act of Killing e che invece spensione dell’incredulità, che fra i materiali del reale, come pos- censurate, orizzontali, e dall’al- Gianfranco Rosi ha affrontato con si riflette sullo statuto narrativo sibilità di uno sguardo chiamato a tro una sempre maggiore strut- straordinario acume filosofico e del film e per estensione del cine- rinnovarsi instancabilmente; co- turazione verticale, ossia ideolo- critico per El Sicario Room 164. ma stesso. Cosa stiamo vedendo? me posizione di una produzione gica, delle fonti e delle notizie. E Questa domanda sullo statuto del del lavoro; unica condizione pos- della loro immagine. Se l’idea di partenza di Oppenhei- documentario, che ne investe la sibile per continuare a corteggiare mer, realizzare un documentario verità data per scontata a priori, è lo “splendore del vero”. Robert Greene, nome di punta “impossibile” sull’immaginario una posizione etica problemati- della nuova onda del cinema “do- di assassini di massa permetten- ca e aperta, che permette al film di cumentario” statunitense, in Ka- do loro di mettersi in scena non nutrirsi di un’ambiguità che ne so- te Plays Christine (2016) mette in è priva di implicazioni appassio- stanzia la fondamentale “verità”. scena la ricostruzione del suici- nanti (ma la cosa la si può e po- dio di una anchorwoman di una teva osservare all’opera nel film Roberto Minervini con Louisia- televisione locale di Sarasota, in mai concluso dai nazisti su The- na – The Other Side procede nel- Florida. Fra indagine giornalisti- resienstadt), dall’altro fallisce nel la direzione opposta. Abbatten- ca e traslazioni soderberghiane (la momento in cui letteralmente co- do la barriera fra il suo dispositivo stringe coloro che hanno subìto la violenza a rivivere per la secon- da volta, per il film, ciò di cui so- no già stati vittime. Non è un caso DANZA MACABRA

La violenza come spettacolo al cinema: da Jacopetti allo Snuff movie

di ANDREA GUGLIELMINO Le numerosissime sale cinematografiche “ si pongono come serie di luoghi oscuri nei quali si celebrano le varie forme dell’attuale culto della morte. Dai film dell’orrore ai film gialli, ai film di fantasmi, ai film apocalittici, lo schermo cinematografico ci riserva innumerevoli scene di morte, migliaia di cadaveri, folle di fantasmi, atti a conferire brivido e sensazioni alle nostre giornate ritenute altrimenti insopportabilmente scialbe ”

parlare così è l’an- dove si sacrifica quotidianamen- decifrabili, dove la morte e la vio- non le attribuiscono alcuna fun- A tropologo Luigi te il nostro desiderio di vita altrui, lenza diventano irrintracciabili. zione di esemplarità esistenziale, Maria Lombardi che diventa, inarrestabilmente, Come avviene negli horror di Lu- senza tentativo di capirla, magari Satriani, nel libro desiderio di morte altrui. Non so- cio Fulci (da Zombi 2 a E tu vivrai accettarla, intrecciandola con la Nel labirinto – Itinerari metro- lo nella cronaca: pensiamo all’ab- nel terrore…L’aldilà, passando per vita. Dal 2000 al 2011 ha incon- politani’. Ben due capitoli sono bondanza di serie televisive che Paura nella città dei morti viven- trato particolarmente i gusti del dedicati parzialmente al rappor- trattano il tema da vicino. Il rap- ti), quando la cinepresa stringe pubblico la serie di film Final De- to tra l’antropologia della morte porto con la morte e la violenza talmente tanto sul dettaglio sof- stination (conta cinque capitoli, e il cinema (La città, la morte e si trasforma facilmente in pra- ferente, sulla ferita sanguinolen- l’ultimo del 2011), che si basava il trucco e il significativo Nostal- tica macabra di voyeurismo. La ta, sull’arto mutilato, sull’occhio moltissimo su questo concetto. gia della morte, dove viene ana- morte diventa spettacolo e, alle cavato, sulla piaga purulenta, da Il canovaccio vedeva un gruppo lizzato in particolare il film Ghost prese con gli obiettivi delle tecni- trasformare l’inquadratura in un di persone (solitamente studen- di Jerry Zucker): Satriani sotto- che riproduttive, viene rigettata e dipinto colorato e “boschiano”, ti e teenager, idealmente lontani linea la brama di informazione perde le sue connotazioni socia- con l’effetto di trascendere il do- dal “momento fatale”) sfuggire su eventi luttuosi e violenti, per li, le sue caratteristiche di even- lore e la sua estetica. Le immagini a un destino letale in un tragico transizione concettuale, da par- to che riguarda un intero gruppo, dei mass-media si impadronisco- incidente, per casualità. Ma poi, te della società moderna, che da un’intera comunità e – in defini- no della morte come di un acca- piano piano, Signora Morte (mai un lato allontana la morte come tiva – l’umanità intera, dato che dimento imprevedibile, ne pri- mostrata personificata), se li ri- concetto universale, ma dall’al- tutti dobbiamo affrontarla. Così vilegiano gli aspetti truculenti e prendeva tutti, con una serie di tro, proprio a fini di esorcismo, la le immagini di cadaveri, arricchi- ne trascurano il valore di destino violentissime concatenazioni di desidera visivamente, s’intende, te dal dettaglio della ferita e dello ineluttabile. La considerano così eventi che portavano al decesso – come evento “scioccante”. Gli strazio, si astraggono dal contesto ideologicamente un’eccezione violento – di ciascuno di loro. Le schermi diventano piccoli altari per diventare quadri surreali e in- che riguarda alcuni sfortunati e dinamiche erano quelle dei car- SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale? 16 - 17

toni animati di Wile E. Coyote, pellicole prenderà poi il nome di lo denunciò all’FBI mettendo- sempre stato oggetto di contro- dalla caduta di un peso dall’alto “Mondo movies”, in riferimento si a capo di una crociata contro versie: esistono casi di morte in all’impatto con la metropolitana, all’archetipo: pseudo-documen- la serie. Episodio – o forse trova- diretta, illegittimamente associa- solo che, chiaramente, i protago- tari che trovano il loro fulcro su ta di marketing – simile a quel- ti al genere (suicidi e omicidi in nisti perdevano sangue, interiora, argomenti sensazionalizzati, co- lo che capitò al nostro Ruggero presa diretta, su filmati di pubbli- e morivano. Però il pubblico ride- me le usanze esotiche interna- Deodato quando uscì Cannibal co dominio), ma i materiali au- va ugualmente, perché stava ca- zionali – e in particolare quelle Holocaust (1980), imparentato diovisivi pubblici veramente de- pitando ad altri. Ma la “finzione” sessuali più bizzarre – e scene di con i “Mondo” ma rivoluziona- finibili come tali sono, come si non sempre è scontata. E lo scher- morte e violenza uniche ma reali- rio nell’approccio, e che di fatto può immaginare, praticamente mo svolge la sua azione di “filtro” stiche. Dal 1978 con il film Le facce inaugurò il genere degli “shocku- introvabili. Né valgono gli esempi anche quando non è dichiarata. della morte il genere iniziò poi ad mentary” e del “found footage”. Il di alcuni assassini (tra i quali Ar- Se oggi ci si limita a “simulare” il approdare sempre più gradual- film è stato aspramente criticato min Meiwes, Charles Ng e Jeffrey documentario-verità con tecni- mente alla violenza e ai rituali di per le scene di violenza sugli ani- Dahmer) che hanno dichiarato di che narrative molto specifiche, morte delle tribù sottosviluppa- mali (vere. Particolarmente im- aver filmato i propri omicidi non come la camera a mano che fa te. Se ne vedono di ogni, dagli ani- pressionante lo sventramento di a scopo di lucro, ma per trarre ul- sembrare il film girato da qualcu- mali massacrati al sacrificio uma- una testuggine, poi regolarmen- teriore gratificazione futura dalle no direttamente al centro dell’a- no con orgia annessa di una setta, te consumata in pasto, dichiarò il loro gesta. Ciò che fa uno snuff, zione – The Blair Witch Project, all’esecuzione di un condannato regista) e, inizialmente, anche per insomma, sarebbe la finalità: le Rec, Trollhunter –, negli Anni ’70 in una camera a gas. Grandissi- quelle sugli “umani” (fasulle ma vittime verrebbero uccise solo e ‘80 il cinema d’exploitation mo successo anche per questa se- estremamente realistiche; restò e specificamente per eseguire la (quello, per farla breve, dove il rie che generò sequel fino al 1999, iconica l’immagine di una ragaz- ripresa, a scopo pornografico – contenuto “scioccante” appari- e trovò eredità ideale nella serie za indigena impalata). Complice e spesso, purtroppo, implicante va più importante della qualità Guinea Pig (dal 1984), il cui se- il fatto che il regista aveva impo- anche la pedofilia – e poi maga- visiva e narrativa) ha provato a condo episodio, l’efferato Flower sto al cast – tra cui un giovanissi- ri smerciarla sottobanco a costi vendere direttamente per veri al- of Flesh and Blood, dove viene fat- mo e sconosciuto Luca Barbare- proibitivi. Una delle più massic- cuni prodotti basati appunto sul- ta a pezzi una ragazza, divenne schi – di stare lontano dalle scene ce indagini sul tema fu effettuata le presunte riprese “dal vivo” di famoso quando l’attore Charlie per un po’: la vicenda finì addirit- nel 1994 dai giornalisti David Ke- scene violente e raccapriccianti. Sheen, avendolo visionato e cre- tura in tribunale nella convinzio- rekes e David Slater. A seguito Quanto ci fosse di reale è ancora dendo di trovarsi di fronte a un ne che qualcuno ci fosse rimasto delle ricerche venne pubblicato il oggetto di discussione. Il più co- autentico snuff-movie (ovvero secco sul serio, e il film fu ritirato libro Killing for culture: Death Film nosciuto esempio è certamente un filmato pornografico, ovvia- e censurato. from Mondo to Snuff. Mondo cane di Gualtiero Jaco- mente illegale, che prevede reali Il già citato snuff necessita una petti, tanto che questo genere di sequenze di omicidio e tortura), trattazione a parte. Il termine è LE CURVE DEL DOLORE

di VALERIO ORSOLINI

La violenza come spettacolo in tv: da Alfredino a Quarto Grado

alla seconda metà degli Anni ‘70 la televisione è obbliga- D ta a riformarsi, la concorrenza delle tv private costringe il servizio pubblico ad abbandonare lo stile pedagogico per uno più aggressivo, alla ricerca dell’ascolto. Nasce così l’infotainment, genere nuovo che unisce l’intrattenimento ad elementi propri del giornalismo. Comprende svariate tipologie di trasmissioni e format, da Mixer di Giovanni Minoli del 1980 fino alle attuali Striscia la notizia o Le iene, ma c’è un filone particolare che lentamente, inesora- bilmente, si guadagna sempre più spazio nei palinsesti: quello che rac- conta la violenza, e il dolore da essa generato, nei casi di cronaca nera. Sono le persone qualunque, come a Erba, Cogne, Garlasco, ma anche volti noti, come la contessa Vacca Augusta, a essere protagonisti. Effe- rati delitti compiuti nella riservatezza di insospettabili mura domesti- che diventano pubblici. La violenza in televisione non è mai mancata. Durante gli anni di piom- bo i telegiornali mostravano senza filtri i corpi straziati da sparatorie ed attentati terroristici: il corpo insanguinato del professor Bachelet sulle scale della Sapienza di Roma, i cadaveri dilaniati delle stragi di Piazza Fontana e della stazione di Bologna, in barba a fasce protette e tutela della privacy, ma tutto ciò era confinato nel mondo dell’informazione. Tutto cambia il 10 giugno del 1981, alle 19 circa un bambino di nome Alfredo Rampi, “Alfredino”, cade in un pozzo artesiano: parte la cor- sa contro il tempo. La mattina dopo la notizia è su tutti i mezzi di co- municazione, la Rai manda una telecamera sul posto, che per i giorni successivi racconterà ogni dettaglio dell’angoscioso tentativo di sal- varlo. Sui teleschermi si susseguono i pianti disperati dei genitori, i so- vrumani sforzi di chi tenta di calarsi nel pozzo largo pochi centimetri: le grida, prima, ed i flebili lamenti poi, di Alfredino arrivano in diretta grazie ad un microfono calato nel pozzo per facilitare le comunicazio- SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale? 18 - 19

Listino Prezzi della Morte

“A Chi l’ha visto non c’è cachet, rimborsano treni e hotel e come extra al massimo puoi usufruire di qualche pizzetta in un buffet. Idem ne- gli altri programmi Rai, nessuno ci ha mai offerto soldi. A Mediaset le cose funzionano molto diversamente. Esiste un tariffario abbastanza preciso. Si parte da 500 euro per i parenti alla lontana o gli amici di un indagato o un assassinato pa- gati da programmi come Domenica Live, Quarto grado, Mattino e Pomeriggio 5, per arrivare ai 30mila pagati alla moglie di Bossetti a Matrix, con varie sfumature di cachet nel mezzo”.

Da “Il Fatto Quotidiano” del 24/10/2015, di Selvaggia Lucarelli: estratto dell’intervista al legale di un famoso caso di cronaca nera, che chiede l’a- nonimato per non coinvolgere i suoi assistiti.

ni, la folla si raccoglie sul posto. sti nel 2015 si evince che la cronaca nera e giudiziaria, o come la Dopo un’incredibile diretta di 18 chiamano alcuni “la tv del dolore e della violenza”, occupa quoti- ore il bambino muore e la spera- dianamente tre ore dei palinsesti televisivi italiani… e funziona!!! ta favola di un salvataggio si tra- Il programma Storie vere nel 2013 parla di gente qualunque, persone sforma in tragedia, ma una trage- vere appunto, ma così non decolla: l’anno dopo cambia linea e comin- dia seguita da oltre 30 milioni di cia ad occuparsi di cronaca, lo share passa dal 14% al 19%. La durata telespettatori. raddoppia, da 30 minuti ad un’ora e, nel 2015, supera spesso il 20%. Il seme è piantato ormai, la televi- Il programma di cronaca per antonomasia, Chi l’ha visto?, è seguito da sione capisce che il dolore attrae più di 2.300.000 spettatori, con uno share che spesso passa il 10%, il lo spettatore e lo cattura. Poi l’I- doppio di quasi tutti i talk di politica, mentre Quarto grado si attesta talia è passata per gli Anni ‘80, la attorno al 7%, più o meno i risultati di Crozza nel Paese delle Meraviglie. tv berlusconiana, il Moige, e tutto Lo stesso studio di cui sopra denuncia (magari in maniera partigia- si è edulcorato, patinato. Adesso na) una minima presenza di giornalisti, tra conduttori, ospiti e opi- non è più possibile vedere le ve- nionisti, in quegli stessi programmi che trattano appunto di crona- re, crude, immagini di quegli an- ca, che raggiungono, nel migliore dei casi, il 20%, che scende al 5,9% ni sui nostri schermi ultrapiat- di Domenica Live. Questo non garantirebbe il rispetto di regole de- ti. Adesso non si mostrano più ontologiche di cui la categoria si fa garante, mentre si popola di opi- i corpi straziati o il sangue in tv. nionisti, criminologi, avvocati, e magari gli unici giornalisti sono Le facce vengono blerate, le vo- gli inviati spediti per settimane in posti isolati a cercare di costrui- ci alterate. Oggi l’attenzione si re quotidianamente servizi su novità inesistenti o per fare dirette al- concentra su dettagli morbosi, le 23 da sperdute località deserte, come la ormai famosa chiesa di macabre curiosità, insinuazioni Ca’Raffaello di Badia Tebalda, nella speranza che Guerrina Piscaglia e falsi misteri. La violenza in tv si materializzi improvvisamente dal buio circostante, magari pro- ha acquisito i tratti della fiction, prio nei due metri quadrati illuminati dalle luci della troupe di turno. ne ha sposato la ripetibilità, l’af- fezione alle vittime, ai personag- Non è chiaro in assoluto perché il pubblico si interessi così tanto delle gi e alle location e, giorno dopo disgrazie altrui, probabilmente per sentire meno il peso delle proprie giorno, è portato avanti il rac- in un’epoca dominata da una crisi, economica e valoriale, che sembra conto dell’evento, in attesa del- non avere fine. O magari è una ricerca istintiva della verità, la speranza la prossima prova schiacciante, ad oltranza che la giustizia prevalga. Per quanto riguarda i programmi della prossima sentenza (o della tv, però, sembra proprio che l’unica verità ricercata sia quella del dato “prossima puntata”). Auditel, e… che importa se il picco di ascolti arriva proprio mentre vie- In uno studio commissiona- ne comunicato ad una madre attonita il ritrovamento del corpo della to dall’Ordine dei Giornali- figlia senza vita. JIHADISTI VIDEOMAKER LA VIOLENZA COME SPETTACOLO NEL WEB

di BRUNO BALLARDINI

er la prima volta nel- Due giorni dopo, puntuale come me galassia di case di produzione prim’ancora, di aver validato la P la Storia, il 17 settem- in un media plan, usciva il docu- video e multimediali. Ad al-Fur- loro autenticità, controllo fonda- bre 2014, una guerra mentario Flames of War (“Fiam- qan, fondata il 31 ottobre 2006, si mentale per parare i tentativi di veniva preannuncia- me di guerra”) della durata di sono aggiunti via via nuovi grup- contro-propaganda da parte del ta da un trailer. Lo spot da 30”, dif- 55’14”, girato ed editato in modo pi media come l’al-Etisam Insti- nemico. Tutti i comandi regiona- fuso su internet da al-Hayat, una magistrale. In realtà, l’ISIS ave- tute, Aamaq Institute, al-Battar, li dello Stato Islamico in Iraq, o di delle due principali case di pro- va già iniziato a invadere inter- Dabiq Media, al-Khilafah, Ajnad, al-Qaeda nella terra Islamica del duzione dello Stato Islamico, mo- net con una produzione sempre al-Ghurabaa, al-Israa, al-Saqe- Maghreb (AQIM), come lo stes- strava scene di quello che sarebbe crescente. La vera dichiarazio- el, al-Wafaa, Nasaaim Audio Pro- so comando centrale di al-Qae- diventato presto il film più cele- ne di guerra all’Occidente era già ductions, e una manciata di altre da, si sono appoggiati su al-Fajr brato della nouvelle vague immi- stata mandata in onda: Clanging piccole sigle nelle province con- per la distribuzione dei loro pro- nente: il “cinema” dello Stato Isla- of the Swords (“Il clangore delle trollate, come al-Barakah e al- dotti, esattamente come avvie- mico. Più beffardo di una formale spade”) uscito il 17 maggio 2014 Khair. Chi ha coordinato e distri- ne nel nostro cinema. La sempre dichiarazione di guerra, ma anche e prodotto da al-Furqan, l’altra buito tutte le produzioni, fin dal maggior frequenza delle trasmis- perfettamente in linea con l’uso major ufficiale dell’ISIS. Ma la no- febbraio del 2006, e stata la rete sioni ha mostrato subito tutta la che l’ISIS avrebbe poi fatto dei me- stra stampa non ci fece caso. Ep- di al-Fajr. Si conosce molto po- potenza di fuoco dell’ISIS ma i no- dia, il trailer si concludeva con la pure, militarmente e mediatica- co di questa organizzazione, se stri media generalisti l’hanno per scritta in sovrimpressione: “Pros- mente, l’ISIS esisteva dal 2006 e non il fatto di aver smistato con così dire “scoperta” solo all’ini- simamente su questi schermi”. intorno ad esso ruotava un’enor- grande efficienza i materiali e, zio dell’estate del 2014 con i video SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale? 20 - 21

cui vengono alle- prio palinsesto, speculare a quello stiti maxi scher- delle nostre tv, con gli stessi for- mi nelle piazze mat (telegiornali, documentari principali delle culturali, cinema educativo, spot città. Il culmine, pubblicitari). Con questo com- si raggiunge con plesso dispositivo, migliaia e mi- gli abilissimi ta- gliaia di account Twitter hanno gli d’inquadratu- attaccato “a sciame” i nostri me- ra su impercet- dia travolgendoli letteralmente. tibili movimenti Oggi, il fronte mediatico del Ca- facciali “rubati” liffato sta riorganizzandosi ab- al pilota giorda- bandonando la centralizzazione degli sgozzamenti che, peraltro, gare anche tre macchine da presa; no Muath Safi Yousef al-Kasa- delle risorse a favore di case di costituiscono la parte meno si- 3) l’abbattimento del confine fra sbeh, su cui sarebbero state co- produzione regionali. gnificativa di tutta la produzione. sceneggiatura e realtà: Abu Mu- struite poi artificialmente, in post Per una completa filmografia Non si può ridurre tutto a “scene slim from Canada (“Il Musulma- produzione, le sue espressioni di della “prima stagione”, iniziata cruente e uso di effetti speciali”. no Canadese”) uscito nel luglio pentimento, prima di mandarlo nel maggio del 2014 e terminata a È evidente la mano di grandi pro- del 2014 è ufficialmente il primo al rogo in Healing of the Believers’ fine gennaio del 2015, corredata fessionisti. Oltre a tecniche di ri- esperimento di snuff movie. La Chest (“Guarire il petto dei cre- da schede e analisi dei video, ri- presa che la stampa ha definito sceneggiatura racconta la storia denti”) uscito il 3 febbraio 2015 mando al mio ultimo libro: “hollywoodiane”, oltre all’uso del fighter “venuto da lontano” e con al-Furqan; infine ISIS® il marketing dell’Apocalisse, degli stessi software con cui, nelle ovviamente il piano di lavorazio- 4) la creazione di un vero e pro- pubblicato da Baldini & Castoldi. scene del serial televisivo Fringe, ne stabilisce fin dall’i- venivano inserite scritte in 3D co- nizio che debba mori- me se fossero oggetti reali (vedi re. Il ragazzo “recita” Join The Ranks, “Unitevi alle trup- così la sua stessa morte pe”, prodotto da al-Hayat e usci- e ricompare nel finale to il 22 luglio 2014), le novità vere con voce filtrata da re- sono altre. Fra tutte: verbero, come se par- 1) la presenza costante di un ope- lasse dall’aldilà. Sono ratore video dietro ad ogni muja- numerosi gli esempi heddin, per portare letteralmente lo di questo genere par- spettatore in mezzo alla battaglia; ticolarmente gradito 2) l’abitudine registica di impie- al pubblico locale per LA BANALITÀ DEL MALE LA VIOLENZA COME SPETTACOLO NELLA REALTÀ di CRISTIANA PATERNÒ

on è tanto il naufra- no al boia o ai piedi della ghigliottina. Non sono forse stati proprio i N gio con spettatore giacobini a teatralizzare l’agone politico, e tagliare la testa agli sconfitti di Lucrezio, il tan- (ma in modo organizzato e razionale grazie all’invenzione “pulita” del to citato suave mari Dottor Guillotin), preludendo atrocemente alle decapitazioni che la magno, in cui è il sollievo dell’in- propaganda di Daesh fa rimbalzare oggi nella rete? Queste immagini ci columità di fronte alla tempesta a catturano, ci ipnotizzano, ci restano impresse indelebilmente nella re- darci un dolce piacere. Le disgra- tina, amplificano la loro portata a dismisura diventando appunto stru- zie ci attraggono davvero. È inne- mento di propaganda. Ci indignano e ci atterriscono, ma anche, sub- gabile anche se duro da ammet- dolamente, ci affascinano. Il confine tra il vero e il falso si fa sfumato e tere. Non solo al cinema, dove quasi sempre indistinguibile. la violenza, insieme al sesso (ma Poco dopo le aggressioni avvenute la notte di Capodanno a Colonia spesso anche di più) sembra es- in Germania, comincia a circolare un video, girato con un telefonino, sere la molla fondamentale che in cui si vede una donna bionda circondata da decine di uomini che la incolla lo spettatore allo scher- molestano e la stringono impedendole di muoversi: la donna è dispe- mo. Ma anche - anzi soprattutto rata e lo spettatore immagina di assistere a qualcosa di molto vicino - nella realtà. Ci fermiamo a os- a uno stupro di gruppo, il video diventa virale. Viene preso sul serio e servare le vittime di un incidente il telegiornale de La7 lo mostra come prova di quello che è accaduto stradale e non stacchiamo gli oc- a Colonia, come uno dei 516 casi di violenza della notte di San Silve- chi dai Tg che rimandano all’infi- stro, vari quotidiani online lo riprendono a loro volta. In effetti il fil- nito le nefandezze del quotidia- mato – che “sarebbe” stato registrato non a Colonia ma a Piazza Tahrir, no e gli orrori della Storia all’ora in Egitto, nel 2012 (però il condizionale è d’obbligo) – ha suscitato un di cena come un tempo i nostri interesse piuttosto morboso, anche perché non aggiungeva molto alla predecessori si affollavano attor- conoscenza dei fatti. Anzi, come ora sappiamo, disinformava. SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale? 22 - 23

Se l’omicidio ha esercitato il suo La finzione c’entra fino a un cer- esperimento sospeso perché i fascino perverso in tutte le epo- to punto e fare appello alla fun- “carcerieri” erano andati fuori che, la cultura di massa ha contri- zione catartica della rappresen- controllo. O come hanno mostra- buito a estetizzare a dismisura la tazione della sofferenza e della to le torture americane nel carce- violenza del crimine o della guer- morte non basta, come non ba- re di Abu Ghraib. Di questo no- ra con le sue narrazioni amplifi- stava spiegare tutto col senso di stro sadismo – di questa banalità cate dai media in un’inestricabile sollievo che prova chi non è diret- del male - i filosofi sono sempre commistione di realtà e rappre- tamente coinvolto: del resto nella stati coscienti. Ben prima della sentazione. Il libro di Maria Ta- tragedia greca, a proposito di ca- nascita della psicoanalisi hanno tar, Lustmord: Sexual Murder in tarsi, gli atti di sangue e le ucci- osservato l’eccitazione condivi- Weimar Germany (1995), analizza sioni erano lasciati rigorosamen- sa da tutti gli esseri umani per lo ad esempio una serie di omicidi te fuori scena. Le arti – non solo spettacolo della tortura e della avvenuti nella Germania pre-hit- il cinema che è storia fin troppo morte. Solo per lo spettacolo? leriana dal punto di vista della lo- recente – arrivano dopo e sfrutta- ro rappresentazione artistica, in- no, più o meno consapevolmen- vestigando le ragioni che hanno te, questo istinto verso il “luttuo- portato a “trasformare un corpo so” alla ricerca di un sentimento femminile mutilato in un ogget- del sublime che ha una potenza to che suscita fascino”. E ancor esponenziale rispetto alla quieta È dolce, mentre la superficie prima, a metà dell’Ottocento, e armoniosa visione del bello. Un “ lo scrittore inglese Thomas de sublime devastante che sconfina del vasto mare è agitata Quincey considerava l’omicidio dalla patologia ai territori della come una delle belle arti. politica, dove terrore e propagan- dai venti, contemplare da Il piacere che l’essere umano pro- da inestricabilmente si intreccia- va di fronte al dolore e al male no. Pensavamo di averlo messo a terra la gran fatica di altri; sembra insomma profondamen- tacere e addomesticato, questo non perché il soffrire di te legato alla natura umana: un’at- sadismo dello sguardo, di poter- trazione per il sangue e la soffe- lo agire solo grazie alla mediazio- qualcuno sia un piacere lieto, renza appena mitigata da secoli ne dell’arte, nella spettacolariz- di civilizzazione ma subito pronta zazione del male immaginario e ma perché è dolce capire a riesplodere quando il richiamo immaginato, ma ecco che ci sen- della violenza bussa alla nostra tiamo di nuovo trascinati, presi da che sventure sei esente. porta. Come in Revenant - Redivi- per i capelli e riportati nella bar- È dolce anche contemplare vo di Alejandro González Iñárritu barie da cui pensavamo di essere dove assistiamo in forma roman- definitivamente usciti. grandi contese di guerra zesca e iperbolica alla nascita del Siamo tutti sadici, almeno po- “ “contratto sociale” lungo l’estre- tenzialmente. Come hanno di- allestite per i campi senza mo limite della civiltà occiden- mostrato celebri esperimenti di tale, dove ancora vige lo stato di psicologia sociale, come quel- la tua parte di rischio. natura o dove è comunque molto lo di Zimbardo nell’universi- facile ripiombare in esso. tà-prigione di Stanford nel ‘71, (Lucrezio, De Rerum Natura) LA STRAGE DELL’AURORA E LA MASCHERA DI JOKER

di LUCA MASTRANTONIO

no dei più folli e neuroscienze, ventiquattrenne, ni e inizia a sparare uccidendo sul cruenti cortocircu- che attraverso la porta di emer- colpo dieci persone e ferendone U iti tra realtà e fin- genza esce e rientra con delle ar- una sessantina, due dei quali mo- zione cinematogra- mi e una maschera antigas, che riranno in seguito. I media che co- fica è avvenuto nella notte tra il assieme ai capelli tinti d’arancio- prono l’evento raccontano che 19 e il 20 luglio del 2012, a Den- ne gli dà un’aria stralunata. Ma l’assassino, secondo la versione ver, Colorado. Nel cinema Au- non desta sospetti perché anche della polizia, mentre viene arresta- rora è in programma l’antepri- altri spettatori hanno dei trave- to dice: “Sono il Joker”, alludendo ma dell’attesissimo Il Cavaliere stimenti in tema. Si pensa ad una al villain, il celebre cattivo e schi- Oscuro - Il ritorno, del regista Cri- trovata pubblicitaria. Purtroppo, zofrenico antagonista di Batman. stopher Nolan, a chiudere la tri- non è così. Da quel momento, rimbalzando logia dell’uomo pipistrello. In A meno di mezz’ora dall’inizio del da una testata all’altra, l’assassino prima fila c’è un ex studente di film, l’uomo lancia dei lacrimoge- diventa per tutti il “Joker dell’Au- SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale? 24 - 25

rora”. Anche per alcuni emuli del- la dell’assassino dell’Aurora “tra- Le cronache dell’epoca diedero ne, viene offerto un capro espia- la sua follia omicida, negli USA e in vestito da Joker”. Lo fa in un’in- risalto a scontri ed episodi cruen- torio: reale, come il regista che Europa (in Belgio). tervista in cui spiega perché non ti tra cui un omicidio a Lafayette, spettacolarizza la violenza, o im- Si tratta in realtà di un falso. Un vuole più vedere pubblicato il nell’Indiana. In realtà (come rico- maginario, come un personaggio equivoco nato dalla dichiarazio- suo romanzo degli esordi, Rage, struisce Seymour Stern in “D.W. di finzione da sacrificare, un fan- ne del commissario di polizia che con la sua trama ha ispirato Griffith’s 100th Anniversary The toccio da bruciare. di New York: l’assassino non ha azioni omicide in alcune univer- Birth of a Nation”, 2014, Friesen- Forse c’è qualcosa di più sottile e mai pronunciato quella frase. Al- sità americane. King punta il dito Press), nel processo a carico di un deformabile. Come la maschera lo psichiatra racconta che la tin- contro le armi automatiche, ma uomo bianco che, ubriaco, uccise del Joker, quella che non è stata ta dei capelli, più che un omag- non vuole essere responsabile di con un revolver un adolescente di indossata dall’assassino, né let- gio al Joker (che ce li ha verdi), è letterari pretesti criminali: il ro- colore, non fu mai citato il film. teralmente né simbolicamente, al una manifestazione di rabbia e manzo non è la causa, ma un ac- Furono i giornali a creare il col- cinema Aurora, ma continua a ve- aggressività. Ha scelto quel film, celeratore. Questo è il punto di legamento, che poi si cristallizzò nirgli idealmente applicata al vol- di cui appunta il titolo nel diario, vista di King sui pericoli emulati- in maniera suggestiva. È qualcosa to. Così da sottrarci alla vista della perché la première era molto af- vi delle opere di finzione violenta. che succede molto spesso. L’im- nostra cattiva coscienza – benché follata. Nella sua stanza fu trovata Un tema ricorrente. Basti pensa- pasto di crimine reale e funzio- innocenti, siamo turbati - quan- sì una maschera di Joker, ma la la- re a film come Arancia meccanica nale si cementa nell’immaginario do possiamo fare i conti con pos- sciò lì preferendo la maschera an- o Natural Born Killers, di Oliver collettivo. sibili moventi, cioè motivi, cioè ti-gas, per motivi tattici. L’assas- Stone che John Grisham, portò in Perché scattano così facilmente spiegazioni... O, peggio, quando sino si dice persino stupito che tribunale dopo la morte di un suo questi cortocircuiti? È compro- dobbiamo fronteggiare un orro- gli altri detenuti lo chiamino il amico per mano di due fanatici vato che ricondurre un fatto di re senza senso, un terrore senza “Joker”. Di lui dicono si comporti ossessionati dalla pellicola. cronaca a una narrazione presti- messaggio, un vuoto che ha svuo- come vivesse dentro un film, non giosa, e in sé dotata di senso (al- tato altre vite per niente. Quel- mostra rimorso per quello che ha Il problema dell’istigazione e meno narrativo), ha un impat- la maschera di Joker permette di fatto. Nel diario, prima della stra- dell’emulazione accompagna il to emotivo molto forte sul piano disumanizzare il mostro, di non ge, aveva scritto: “Il terrorismo cinema dagli albori, con molte della comunicazione; questo, in guardare in faccia l’assassino che non è il messaggio. Il messaggio è ambiguità. Nascita di una nazio- sede processuale, offre alla difesa ci precipita in un abisso presen- che non c’è messaggio”. ne, del 1915, di David Wark Griffith la possibilità di attenuare la gravi- tandosi come appartenente, bio- Anche lo scrittore Stephen King, scatenò violente proteste a sfon- tà della posizione dell’accusato, logicamente, allo stesso genere commentando il rapporto tra do razziale per l’apologia del Ku incapace di distinguere finzione e umano. opere di finzione e violenza, par- Klux Klan che molti vi trovarono. realtà. All’opinione pubblica, infi-

Un volto della finzione cinematografica come escamotage per rendere digeribile l’orrore: focus sul caso della strage di Denver, in occasione dell’anteprima de Il Cavaliere Oscuro, per mano di uno studente ventiquattrenne. VOYEURISMO

esperimento che sto ELETTRONICO L’ per descrivere ha co- me obiettivo quello di sondare la reazio- ne delle persone che navigano in Ricerca empirica sulla reazione dell’utente internet, quando si trovano di fron- di fronte a una scena di violenza domestica te a immagini e situazioni violente. vista attraverso una webcam. L’ambiente prescelto per l’osser- vazione è Omegle.com, una del- le chat internazionali più famose e di ALESSANDRO GIANNI usate della rete. Il meccanismo che la governa è classico: due utenti vengono selezionati casualmen- te e connessi attraverso una fine- stra di testo e due finestre video brano dimostrare l’esistenza di do include gli utenti che hanno collegate alle rispettive webcam. gazza-attrice dalla postazione un effetto di disinibizione socia- osservato con indifferenza, rima- L’idea consiste nella rappresenta- iniziale, scagliarla su un diva- le online: se si considera il solo nendo impassibili, spesso sbadi- zione di una scena di violenza do- no retrostante e fingere di pic- dato del voyeurismo, 58 parteci- gliando e guardando annoiati. Il mestica imprevista durante una chiarla duramente, obbligan- panti su 70 hanno scelto di guar- terzo e ultimo è infine l’insieme conversazione ordinaria, al fine do il partecipante connesso in dare la scena violenta, ne sono di- composto dai fortemente disini- di osservare azioni e reazioni de- chat ad una scelta fondamen- ventati spettatori. Una cifra che biti, coloro che hanno reagito ri- gli utenti sotto l’influenza attrat- tale: guardare o non guardare? sfiora la percentuale dell’83%. dendo, esaltandosi o dando segni tiva dell’immagine in movimen- Conclusa la messa in scena Valutando invece le emozio- di eccitazione erotico-sessuale. to e sotto l’influsso di due dei più di un minuto, l’attore usciva ni e gli atteggiamenti comunica- Il primo gruppo ha raggiunto un comuni aspetti sociali concessi dall’inquadratura e l’attrice tor- ti durante la fruizione della sce- totale di 16 individui, il secondo dalla navigazione online: l’anoni- nava nel primo piano, assicu- na, sono stati esclusi i 12 utenti 25 e il terzo 17, risultando le rispet- mato e la distanza spaziale tra os- rando di non essere stata ferita che hanno interrotto la visione e tive percentuali del 28, 43 e 29%. servato e osservatore. ed inviando un messaggio con- il gruppo restante è stato diviso A mio parere, unendo secon- Concretamente, l’esperimento si clusivo con l’obiettivo di tran- in 3 insiemi mutualmente esclu- do e terzo gruppo è possibi- è svolto così: un’attrice iniziava quillizzare, spiegare i motivi sivi. Il primo comprende i parte- le calcolare il numero dei sog- una chat con un utente sconosciu- dell’esperimento e inoltrare un cipanti che non sono stati disini- getti “desensibilizzati” nella to e, dopo pochi minuti di conver- link ad un questionario online. biti dal mezzo e che, mostrando sua interezza: è un totale di 42 sazione, irrompeva un attore fu- La scena è stata ripetuta 70 sincera preoccupazione, han- soggetti su 58, il 72% degli uten- rioso nel campo della webcam. Il volte. I dati raccolti nel cor- no dato prova di aver conserva- ti sono voyeur della violenza. “cattivo” doveva rimuovere la ra- so delle settanta prove sem- to empatia e sensibilità. Il secon- Le prove sperimentali, però, han- SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale? 26 - 27

no fornito elementi abbastanza il via ad un vero e proprio fenome- interessanti da permettere anche no di massa per il quale le persone, un’analisi qualitativa. Abbiamo in presenza di un evento raro o me- quindi ipotizzato un’ulteriore morabile, sostituiscono ai propri classificazione di cerchie più ri- renti da quelle di cui si è dotati nel occhi l’obiettivo elettronico. strette di spettatori, accomunate mondo reale. La più significativa Che sia un concerto, una compe- da un particolare contesto o com- di queste è, senza dubbio, l’anoni- tizione sportiva o un atto di ter- portamento. La cerchia genera- mato. Grazie ad esso, l’internauta rorismo o di violenza, sempre ta dalla fruizione di gruppo è, di sente di poter sfogare le proprie più individui decidono di guar- certo, una delle più interessanti. pulsioni scopiche, tenendosi al DISINIBIZIONE dare l’evento attraverso lo scher- Nel corso delle sperimentazioni sicuro dai giudizi e dalle respon- SOCIALE mo del proprio telefono cellulare. non sempre abbiamo avuto a che sabilità che implica l’etica sociale. inibiti Considerando nel particolare la fare con un solo utente alla volta. Esiste una vasta gamma di desensibilizzati lite violenta, anche solo su You- In 6 occasioni differenti il parteci- browser e applicazioni che disinibiti Tube.com è possibile trovare mi- pante ha coinvolto altri individui. mascherano l’indirizzo IP di gliaia di video raffiguranti scontri Le caratteristiche interessan- una connessione, come esi- e risse, ma la stragrande maggio- ti legate a questa variante so- ste la possibilità di presentar- ranza di questi si compiono tra no due: in primo luogo, 5 gruppi si con nomi utente artificio- individui dello stesso sesso. Il hanno reagito con sorpresa, ri- si o creare indirizzi email fasulli. maltrattamento di una donna da dendo e ironizzando; in secon- L’opportunità di separa- parte di un uomo prevede quan- do luogo, per la totalità delle vol- re le azioni compiute online tomeno l’intervento, è per questo te, la reazione della compagnia è da quelle compiute nel mon- motivo che credo sia possibile in- dipesa dalla reazione dell’uten- do reale si manifesta nella so- terpretare la scelta dei 3 altri uten- te principale. Se egli reagiva con spensione temporanea delle ti che hanno registrato la scena apprensione, il gruppo si inte- restrizioni morali e autorizza l’in- senza intervenire come un effet- ressava osservando con ansia e dividuo alla negazione degli ob- VOYEURISMO to di disinibizione legato, appun- preoccupazione, se egli reagiva blighi legati alla propria condotta. non guardare to, alla distanza e all’anonimato. sogghignando o facendo battu- Seguendo quindi un processo di guardare Sono consapevole che questa ri- te, il gruppo osservava divertito, dissociazione, la persona genera cerca abbia raccolto ed elabo- commentando a propria volta. un referente online di sé con pre- rato una quantità di dati troppo Queste reazioni sono significati- ferenze e caratteristiche distin- ridotta per permettere genera- ve perché capaci di evidenziare te, separato e indipendente: non lizzazioni su larga scala, ma ha il carattere omologante del rap- è un caso che alcuni dei più fa- quantomeno confermato l’esi- porto interpersonale interno a mosi browser abbiano già colto la stenza di comportamenti in ge- un gruppo e perché dimostrano tendenza e progettato una speci- nere solo ipotizzati e ha suggeri- lo scopo prettamente ludico e di- fica finestra di navigazione in in- to alcuni dei possibili mezzi per osservarli e analizzarli. simpegnato del navigare in com- cognito per permettere ai voyeur pagnia. Sono convinto che questi delle rete di agire nell’anonimato. 5 gruppi, oltre ad essere stati de- Un’ultima osservazione: di fron- sensibilizzati dall’ambiente vir- te alla ragazza picchiata, 4 par- tuale, siano stati alterati anche tecipanti all’esperimento han- dalla dislocazione delle proprie no estratto il proprio telefono responsabilità su altri individui. cellulare ed hanno iniziato a re- Pur considerando il numero li- gistrare la scena. In termini prati- mitato di compilazioni comple- ci, il motivo per cui 3 di questi ab- te, i questionari hanno dimostra- biano iniziato a riprendere non è to infine l’interesse dell’utente chiaro, mentre per il quarto lo sco- per la ricezione dell’immagi- po era quello di far avere alla ragaz- ne violenta e, soprattutto, la ten- za prove concrete con cui denun- denza a preferire quella otte- ciare l’aggressore. Trovo queste nuta da ambienti reali rispetto reazioni molto significative, per- a quella palesemente artefatta. ché dimostrano la mania del filma- Alla luce di questi elementi, sem- re, la mania di intrappolare imma- bra lecito affermare che l’ambien- gini per poi poterle condividere. te virtuale disinibisca l’utente La diffusione così ampia e capillare attraverso variabili sociali diffe- dei cosiddetti smartphone ha dato IL TRAUMA DEL CRITICO

a cura di NICOLE BIANCHI e CRISTIANA PATERNÒ

Pedro Armocida Fabio Ferzetti

1) Arancia meccanica (Stanley Ku- 1) Le scene più scioccanti che io ricordi in un film italiano so- brick, 1971): un po’ tutto il film per no quelle di tortura nel Salò (1976) di Pasolini. Tanto più che le vi- la violenza gratuita di Alex e com- di, per puro caso, in prima mondiale a Parigi, giovanissimo, a poche pagni ma in particolare per la se- settimane dall’assassinio, con tutto il sovraccarico emotivo che si quenza della “cura Ludovico”, può immaginare. Mai riuscito a guardarle nemmeno dopo, comunque. non esiste niente di più violento della violenza di Stato. 2) Per il 2015, quanto all’attualità, le immagini più scioccanti restano quelle degli spot che tutti i siti del mondo antepongono senza il mini- 2) “Charlie Hebdo”: sequenza mo scrupolo alle scene - choc dell’anno, presumibilmente cliccatissi- dell’uccisione di Ahmed, il poli- me. Molti ci avranno fatto l’abitudine, io non ci riesco. ziotto d’origine algerina, da parte di Chérif e Said. Il colpo di grazia del fanatismo.

Fulvia Caprara Marzia Gandolfi

1) Il documentario The Look of 1) Ida, sedotta, abbandonata, internata, è lei il corpo-immagine che an- Silence di Joshua Oppenheimer cora mi tormenta. Matta da slegare, Ida Dalser condivide con la Suor (2014). Angelica pucciniana il dramma “claustrale” e il desiderio di conoscere la sorte del figlio. Afferrata alle sbarre sogna una fuga impossibile e ca- 2) L’immagine shock in generale, de dolce dagli alberi, scardinando le categorie cliniche degli uomini e le ovvero non cinematografica, ma loro approssimazioni. Perché la Ida di Bellocchio, in Vincere (2008), alla purtroppo di cronaca, è per me maniera delle sue donne, è inconciliabile con la nomenclatura medica quella del bambino Aylan morto ma conciliabile col sentimento vivo, reale, indomito, eversivo. sulla spiaggia, quest’estate. 2) Le couverture “illustrate” dei “Cahiers du Cinéma”. Il numero di feb- braio 2015 usciva in edicola con una cover di Blutch che “commentava” l’attentato alla redazione di “Charlie Hebdo” e suggeriva la fragilità della Steve Della Casa nostra posizione di fronte al caos, il faticoso equilibrio del mondo in fac- cia al terrore. A novembre quella di Luz, disegnatore francese di “Char- 1) L’occhio tagliato di Buñuel (Un lie Hebdo”, perdeva equilibrio e colore ma non la volontà di lottare, affi- chien andalou, 1929), anche se in dandosi all’eroina di Miller, in lacrime e “furiosa” sulle strade di Parigi e realtà non è orrore ma allarga- nel deserto del reale. Una donna ferita e amputata che non crede al pa- mento surrealista della visione. radiso ma crede fermamente nelle seconde chance.

2) Nel mondo, il bambino che gal- leggia annegato sulla spiaggia. SCENARI Immagini e violenza: un’attrazione fatale? 28 - 29

10 giornalisti di settore indicano la propria immagine-choc nell’intera storia del cinema e, per l’anno 2015, hanno scelto, tra la visione cinematografica e quella offerta dall’attualità, la scena per loro più impressionante.

Francesco Pitassio

1) La prima inquadratura della seconda sequenza di Kiss Me Deadly (R. Aldrich, 1955): le gambe nude di una ragazza, affiancate ai due lati da quelle vestite di due uomini, si agitano, mentre fuori campo si sentono i suoi strilli di dolore e agonia. Potrei poi menzionare, almeno, Greed (E. Von Stroheim, 1923), Roma città aperta (R. Rossellini, 1945), Il miracolo (R. Rossellini, 1948), Shock Corridor (S. Fuller, 1960), The Texas Chainsaw Massacre (T. Hooper, 1974).

2) Nel mondo, l’immagine più traumatica che mi sovviene, per il fuo- Emiliano Morreale ri campo cui rimanda, è quella dei giovani socialisti turchi, tweetata da Madershahi Barajyikan: un selfie ritrae una ragazza in primo piano (l’au- 1) La mia immagine-trauma è il trice del tweet) e numerosi coetanei di ambo i sessi alle sue spalle. La fo- ghigno di Norman Bates nel finale tografia è stata scattata quasi un mese prima dell’attentato di Suruc, in di Psyco (1960). cui hanno perso la vita 33 persone.

2) Nell’anno appena trascorso, è il corpo di Aylan Kurdi, il bambi- no siriano, sulla spiaggia vicino a Marina Sanna Bodrum. 1) Salò (1976) di Pasolini.

2) Nell’attualità mondiale, senz’al- Cristiana Paternò tro il piccolo Aylan morto sulla spiaggia di Bodrum, fotografato da 1) Il fotogramma che non sono Nilüfer Demi. mai riuscita a levarmi dalla men- te e dagli occhi e che ha continua- to a perseguitarmi e spaventarmi per anni è il ghigno di Jack Nichol- Mario Sesti son in Shining di Stanley Kubrick (1980) quando, chiusa dentro al 1) costretto ad assiste- bagno, c’è la moglie Wendy (Shel- re allo stupro della Girardot in Roc- ley Duvall) e lui, dopo aver abbat- co e i suoi fratelli (1960). tuto la porta a colpi di ascia, an- nuncia: “Here’s Johnny!”. 2) Nel cinema, i chitarristi heavy metal che guidano come battistra- 2) L’immagine più scioccante del da di violenza sanguinaria l’orda 2015, tra cinema e realtà, è quella barbarica di Mad Max (Mad Max: del film di Roberto Minervini Loui- Fury Road, 2015). siana e in particolare quella di un “buco” di droga praticato dal pro- tagonista alla giovane donna visi- bilmente incinta. DAMMI IL ROSSO I fuori onda di Hollywood Party

Da questo numero inizia una nuova rubrica di 8½ realizzata in collaborazione con il programma radiofonico di Rai Radio3 - Hollywood Party

CLAMOROSE RIVELAZIONI SUL SUCCESSO

di ALBERTO CRESPI

lamorose rivelazio- “Siamo un sindacato moderno e C ni a margine del suc- riformista, se c’è un dipendente cesso di Quo vado?, pubblico che non lavora deve es- l’ormai celeberrimo sere licenziato così come accade film di Checco Zalone. nel privato. Fare la satira su que- Dopo i mirabolanti incassi tota- sti atteggiamenti funziona per- lizzati nel gennaio del 2016, alcu- ché è come la satira sui politici ne isolate voci di protesta si erano che fanno finta di fare politica”. levate contro la satira che Genna- Il 15 gennaio era toccato ai “con- ro Nunziante e Luca Medici, au- corsisti”, in particolare a coloro tori del film, indirizzano sui la- che hanno partecipato al famige- voratori del pubblico impiego e rato “Concorsone” indetto tem- sulla cultura del posto fisso. Il 6 po fa dal Comune di Roma. La gennaio il leader della UIL, Car- loro portavoce Valeria della Val- melo Barbagallo, aveva commen- le aveva dichiarato che “ridere tato la rappresentazione dei di- dell’inefficienza della burocrazia pendenti pubblici fatta nel film non basta” e aveva invitato Zalo- con argomenti cristallini, ancora ne a scendere in piazza e a lottare in attesa di adeguata traduzione: con loro. Queste voci di dissenso DAMMI IL ROSSO I fuori onda di Hollywood Party 30 - 31

sono arrivate sui media, ma mol- un pelo, essendo nato a Cremo- te altre sono state censurate dal- na. Niente da fare per il bologne- la casta dei giornalisti. “Hollywo- se Gino Cervi: l’intera saga di Don od Party”, grazie alle sue fonti e ai Camillo, inno al consociativismo “fuori onda” della trasmissione, è cattocomunista, sarà bandita. in grado di dar voce al grido di do- lore che si leva dai ranghi dell’as- La nota associazione culturale del- sociazionismo ferito e deriso. la Capitale “Semo regazzi fatti cor Altro che “politicamente corret- pennello”, con sede in via dei Ro- se nel ridente scenario delle iso- un orso bianco non si masturba in to”: qui parla un Paese indignato, manisti, ha invece stigmatizzato il le Svalbard, a due passi dal Polo quel modo”. Nessuno, nemmeno che non ha più voglia di ridere! film per la scelta di far parlare in ro- Nord: la locale squadra di curling nei Paesi dell’Africa Centrale, ha manesco il rozzo italiota che man- è pronta a usarli come bocce in invece avuto nulla da ridire sulla In prima fila contro Zalone c’è, da al diavolo Checco, in modo as- quel simpatico sport invernale. masturbazione dell’elefante. Do- com’era facile immaginare, il pro- sai colorito, quando questi suona po una rapida ricerca online, si è fondo Nord-Est. Molti militanti il clacson a un semaforo norvegese. D’altro canto, il regista afroame- appurato che manca totalmente della Lega hanno chiesto ai leader ricano Spike Lee ha dichiarato (a una credibile letteratura scienti- del Carroccio di far passare quan- L’opera zaloniana non viene letta margine delle polemiche per l’as- fica sull’argomento. to prima un decreto legge che in modo univoco. L’Ambasciata senza di cineasti neri nelle no- proibisca ufficialmente l’uso nei di Norvegia in Italia ha protestato minations all’Oscar) che la rap- La polemica, ormai, si allarga a film di tutti i dialetti che si parla- per il modo in cui la patria di Ib- presentazione dei selvaggi che macchia d’olio e riguarda tutto il no a Sud della Linea Gotica. Un sen è rappresentata nel film: “Non catturano Zalone a inizio film è cinema comico italiano. Anche membro particolarmente zelante andiamo in giro con le chiappe di “puerile, razzista e degna del Ku- L’abbiamo fatta grossa, il nuovo del comitato direttivo del partito fuori, non facciamo le pippe agli Klux-Klan”, e ha ventilato l’ipo- film con Carlo Verdone e Antonio ha proposto di cancellare digital- orsi bianchi, ci stanno sul cazzo tesi di lasciare l’Academy quando Albanese, è nel mirino. Gli eredi mente da tutti i film italiani le im- i matrimoni gay e sappiamo be- assegnerà a Medici e Nunzian- di Tom Ponzi, il più famoso in- magini dei comici nati a Sud del nissimo come si cuociono que- te un doppio Oscar alla carriera vestigatore italiano, sarebbero Po. Rimarranno visibili solo i film gli schifosissimi spaghetti”, ha (a quest’ultima minaccia, Medi- in procinto di querelare Verdone con Gino Bramieri, Tino Scot- diplomaticamente puntualizza- ci e Nunziante hanno replicato: per “dileggio della professione e ti, Lino Toffolo, Renato Pozzetto to un portavoce dell’Ambascia- “Spike, stai sereno”). falso ideologico”. Il Sai, Sindaca- e Piero Mazzarella. Anche quelli ta. Medici e Nunziante sono stati to Attori Italiani, voleva invece con Ugo Tognazzi: s’è salvato per invitati a trascorrere qualche me- Non è mancato il disappunto da denunciare Albanese per vilipen- parte della galassia animalista. dio, in quanto nel film interpreta La Lac, Lega Abolizione Caccia, un attore smemorato. ha trovato il film “ripugnante”. La “Gli attori italiani sono famosi nel Fidc, Federazione Italiana della mondo per non dimenticare mai Caccia, ha ribattuto definendo il una battuta”, hanno dichiarato. film “ripugnante”. Quando han- no scoperto di essere per la pri- Avevano anche preparato una ma volta d’accordo da tre secoli memoria di accusa dettagliata, a questa parte, si sono chiuse en- ma pare che il caso sia rientrato: si trambe in uno sdegnoso silenzio. sono dimenticati di depositarla. Un attivista del WWF ha sotto- scritto la dichiarazione dell’Am- basciata norvegese: “Sono un esperto, e posso assicurarvi che hollywoodparty.rai.it TENDENZE Cinéphile Look

SHOOTING LOOK

Come si vestono i registi? C’è differenza fra gli abiti che indossano sul set e quelli che prediligono nella vita? Fin a che punto il loro look ha a che fare con le scelte artistiche e con lo stile di un autore? Anche i registi sono ormai diventati un brand?

di GIANNI CANOVA

n tempo, sul set, anche da Pupi Avati, da Vittorio molti ci andavano De Sica e da molti registi anche U in giacca e cravatta. in tempi più recenti e più vicini a Pasolini, ad esem- noi: Ettore Scola, ad esempio, è pio: in molte fotografie scattate ritratto in giacca e cravatta (e con sul set di Accattone (1961) o La ri- tanto di pipa in bocca in posa da cotta (1963) appare elegantissimo intellettuale engagé) sul set di La pur nello squallore del paesaggio famiglia (1987). circostante. E in giacca e cravat- Altri tempi. Tempi in cui anda- ta è ritratto pure in alcune istan- re sul set era come partecipare a tanee scattate tra i sassi di Mate- una cerimonia, a un rituale, a una ra durante le riprese di Il Vangelo liturgia laica. Ci si vestiva a festa, secondo Matteo (1964). Ma giacca per andarci. E si comunicava – già e cravatta d’ordinanza sono l’a- a partire dall’abito – il rispetto che bito “da lavoro” adottato spesso si doveva al rito e al sacerdote – il TENDENZE Cinéphile Look 32 - 33

regista – che lo officiava. Forse non lo. Ma quasi impossibile negarlo. Tra co- si è ancora ragionato abbastanza sul me ti presenti e quel che presenti di te, fra look dei registi. Sull’abito con cui eser- la tua immagine e le immagini che produ- citano la loro professione. Perché non ci, non può non esserci un legame, una cor- è soltanto questione di gusti, o di mode. A rispondenza, un’eco, un’affinità. In questo volte nella scelta dell’abito si coglie anche numero di 8½ proviamo a ragionare un po’ su uno scarto generazionale. Sul set di Accatto- questo. Con leggerezza, è ovvio. Ma senza ne, ad esempio, Pasolini – come si diceva – è prendere la questione sotto- in cravatta, ma il più giovane Bertoluc- gamba. Perché nell’era ci, al suo fianco, ha la giacca ma in cui la regia diventa la cravatta no. Incompatibi- professione di massa, le con il look “Nouvelle Va- e si fa pratica collet- gue”? Non proprio. Truffaut tiva, è quasi inevi- la cravatta spesso ce l’ave- tabile che il regista va, forse per emulazione tenda – attenzio- del suo maestro Hitchcock ne: barbarico an- che della cravatta aveva glismo in arrivo – fatto quasi una divisa. a brandizzare se Non erano ancora, quelli, stesso. A dotar- i tempi del self branding. si di un look, di Qualche regista anche un packaging, di italiano, certo, già usava un marketing. A il look per affermare con vendere la pro- più forza la propria iden- pria icona (e se tità. Lo faceva d’istinto, stesso…) pri- per fiuto, senza avere alle ma ancora che spalle costosi consulenti i film che pro- o esperti image makers. Ma duce. Nulla di con grande efficacia: gli sti- particolarmente vali di Blasetti, o la sciarpa di nuovo, per carità: Fellini, per dire i più noti, so- in fondo, il cul- no dettagli identificativi a mo- to dell’autoriali- do loro geniali. Un po’ come gli tà su cui negli ultimi occhialini di Woody Allen: marchi di decenni abbiamo un identità dal fortissimo potenziale ico- po’ tutti costruito al- nico, capaci da soli di trasformare un tari e officiato sacrifi- qualunque “director” in una figura più ci (umani?) altro non complessa, velocemente riconoscibi- è – forse – che un mo- le, ma anche facilmente identificabile e do “antico” di attuare memorizzabile. Un po’ come la capiglia- quello che oggi viene tura di Dario Argento, con quella franget- disinvoltamente defi- ta spiritica che incornicia due occhi spiri- nito come self banding. tati e ispirati, o come i maglioncini a V e le Lo praticano tutti. An- scarpe Clark di Nanni Moretti, così tenace- che quelli che fingo- mente fedele a se stesso – cioè immutabi- no di non farlo, quel- le e identico – nel corso degli anni e dei de- li che trovano nella cenni proprio a partire dal look. dissimulazione della Certo, non tutti i registi sono uguali. A dif- propria brandizzazio- ferenza di altre categorie professionali i cui ne il più forte marchio adepti si assomigliano un po’ tutti e si rico- di riconoscimento e di noscono a prima vista (gli architetti milane- identità. Un po’ come si, i commercialisti romani, gli avvocati sici- con i no-logo: non sono liani), tra i registi ci sono varie tribù che quasi un brand, quindi sono il sempre prescindono dalla provenienza geo- più potente e sfuggente fra grafica e si aggregano a partire da altri crite- tutti i brand possibili. ri: ed ecco allora i trasandati con cura (Gianni Amelio? Paolo Virzì?), i minimalisti meditativi (Gabriele Salvatores?), i dandy sornioni (Pao- lo Sorrentino?). Il look esteriore corrisponde anche a un’estetica filmica? Rinvia (o anticipa, prefigura e conferma…) uno stile? Difficile dir-

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ook who’s locked at to Brass (già si sente l’alone del Leone, mentre a sinistra peluria Frankesteiniano, lo avvolge come Cinecittà. Nel, fino- suo masticato sigaro cubano, ma più rada con pizzetto accennato fu per Alain Delon cui lo affidò il L ra inesplorato, soffit- non è escluso si tratti del mezzo rimanda a Marco Ferreri. Sugli sensibile Valerio Zurlini. to del sacro tempio Toscano, eterno compagno del occhi cerulei, probabilmente ri- Attenzione, una visione: nel sof- - Teatro 5 degli Studios nostrani è ghignante Pietro Germi o quel- produzioni di quelli magnetici di fitto del Teatro 5 di Cinecittà le appena avvenuta un’ incredibile lo più aromatico di Alberto Lat- Gillo Pontecorvo, sono posati astromaestranze trovano altro: scoperta. In un sarcofago di anti- tuada: ma no, di Lattuada ecco occhiali bianchi, pare il paio più un porta abiti fin de siècle XX che ca celluloide, ecco una composi- scorgersi solo i baffetti imperti- originale dei 55 collezionati da contiene vediamo cosa… giacca ta mummia aliena, già classificata nenti). Calma, le immagini clan- Lina Wertmüller; altri da sole, avorio, gilet porpora, pantaloni “demiurgus egoticus”, pratica- destine appena recapitateci in via dell’ epoca Ingridiana di Roberto bianchissimi, Borsalino, gemelli mente un Registandroide del XX telepatica non sono chiarissime Rossellini, sembrano malcon- e foulard paglierino (rubato secolo, di struttura Frankenstei- – questa nuova tecnologia antie- ci, adagiati nel sarcofago ancora a Franco Zeffirelli?), ma siamo niana, tanto raccapricciante quan- mail va perfezionata - ma noi pro- pieno di sorprese. Un momen- certamente di fronte a un infor- to emozionante. Fattezze ma- seguiamo nella disamina di tale to: chi ha trafugato le lenti scure, male abbigliamento di Giulia- gnificamente mostruose no Montaldo, maestro che oggi, nel 2036, ridefi- indossatore della estin- niscono in un corpo so- ta casa Anac, il cui look lo l’iconografico identikit totale globale sconfisse di grande parte di quella IL RITROVAMENTO in una epocale serata da eclettica vitalissima rivo- Otello alla Concordia, luzionaria genia di regi- quello à la rive gauche di sti italiani che imperver- DEL “DEMIURGUS Bernardo Bertolucci. sarono da fine Anni ‘30 a P.S.: Voci incontrolla- tutti i ’70, marcando con te giungono dal Centro un particolare - un colore, Sperimentale di Cine- un accessorio - la loro fir- EGOTICUS” matografia. Sotto la pri- ma su kolossal propagan- ma pietra della sua co- distici e residui Telefoni struzione posata nel bianchi, Neorealismo pu- 1935, due cybercinetom- ro e melodrammi, Neore- di MAURIZIO DI RIENZO baroli avrebbero trova- alismo rosa e commedia to un enorme armadio suprema, cinema comico, di zinco dalla cui serra- di costume e di genere. tura s’intravedono stra- Gli esami digitali e laser Stivaletti, occhialini e sciarpe che hanno fatto ni vestiti di prima epoca sul Reperto sono anco- punk. Gli esami di trac- ra in corso ma attendibili la storia della personalità di registi del nostro ce genetiche risalenti a indiscrezioni già indica- cinema, resi icona (anche) dalle loro scelte in materia quel tempo, rivelano l’i- no come sublime il mix di di abbigliamento: da Blasetti a Fellini, passando dentità complottistica elementi venuto alla luce. e preconizzatrice di un Il polimorfo di umana per Lina Wertmüller e Tinto Brass. gruppo di registi che in derivazione pare sia stato privato smettevano mar- svelato dai piedi al capo, sina, ghette e papillon così da potere certificar- per sperimentare un lo- ne la provenienza dai sin- ok poi lanciato decenni goli corpi degli Autori che furono. Registandroide del grande XX se- scudo intimo-mediatico di Pier dopo da Clash, ACDC, Sex Pistols: Dal basso: spiccano lavorati stiva- colo: a volte le mummie parlano… Paolo Pasolini? Bisogna ritrovar- fra loro accertate le insospettabili li di classico cuoio autarchico, in- ora viene il difficile, dallo sterno le! Proseguiamo verso la… cima: identità di Amleto Palermi, Au- dubitabilmente strausati dal mi- in su. Notiamo un foulard di clas- sulla capigliatura immarcescibi- gusto Genina, Giulio Antamo- tico Alessandro Blasetti, in cui se made in Luchino Visconti ac- le di Gianni Amelio è posata una ro, Giovanni Pastrone, Enrico riposano pantaloni d’ordinan- canto al collo semicoperto dalla coppola di derivazione guerra civi- Guazzoni, Giacomo Gentilo- za beige alla zuava, del tipo spes- sciarpa rossa di Federico Felli- le ispanica, ulteriore segno del più mo, Mario Camerini, Gennaro so conteso fra il Blasetti stesso e ni, che però lasciò in eredità a Et- battagliero dei fratelli Taviani, so- Righelli. E infine cosa dire della Ludovico Alessandrini (calzoni tore Scola (l’importanza di chia- vrastata però a incastro dal copri- pioniera femminista Elvira No- che anni dopo furono corretti nel marsi Federico si riverberò sugli capo Mastroiannesco di Snaporaz, tari che si è scoperto indossasse a taglio da Liliana Cavani). Im- amici); dal taschino della giacca alter ego felliniano. A lato il basto- volte sui suoi set eleganti abiti ma- peccabile la camicia bianchissi- cinocoreana istituita da Vittorio ne dell’ultimo Mario Monicel- schili, spacciandosi per Carlo Lu- ma dello stiloso Vittorio De Sica, Taviani spunta incredibilmen- li che aspetta invano un’altra ma- dovico Bragaglia? su cui stona una bizzarra cravat- te la fedele pipa di Mario Solda- no così indomita. Il cappotto, utile È proprio vero: nel cinema italiano ta di lana, purtroppo non l’unico ti. La barba? Divisa in due, parte per le prime notti di quiete vissu- i sarcofaghi non finiscono mai. accessorio che rimanda a Tin- destra bianca morbida di Sergio te da questo memorabile corpus BRAND DI SE STESSO

Testo di ANDREA GUGLIELMINO Illustrazioni di ANDY VENTURA

attaccatura parti- L’ colare ben si sposa con la basetta col- tivata ma non parti- colarmente curata. La pettinatura scapigliata che fa tanto bohémien ma riallaccia anche alle radici par- tenopee, con richiamo al classico stile da “guitto”. Le sopracciglia espressive, dotate quasi di autono- mia rispetto al resto della musco- latura facciale, di solito compres- sa in una cipigliosa espressione, hanno fatto di Paolo Sorrentino un esempio di look immediata- mente riconoscibile nel nostro ci- nema, anche più di quello dei suoi stessi attori (con l’eccezione natu- ralmente di Toni Servillo). Abbi- cchiali con montatu- namenti preferiti: sigaro e frac per O ra bianca, portati fin le occasioni di Gala. Non sarà una dalla giovane età, che Grande Bellezza, ma lo stile non gli si sono arricchiti nel manca certo. corso degli anni, in perfetta sinto- nia con la capigliatura argentata. Entrambi gli elementi esprimono autorità e un carattere forte, che ha permesso alla Wertmüller di diven- tare una delle più affermate – e ama- te – registe donne del nostro Paese. Completano il tutto abbellimenti l volto della Paura. Con il viso scavato e importanti ma non invasivi come gli I l’espressione profonda ma inquietan- orecchini e, spesso e volentieri, uno te, Argento sembra aver incarnato egli scialle di un rosso travolgente come stesso il sentimento di ansia e terrore un insolito destino nell’azzurro ma- che ha voluto comunicare con i film della sua car- re di agosto. riera. Ma in verità, osservando le sopracciglia inar- cate e i capelli radi, timidamente tirati in avanti a simulare un infoltimento, emerge la sua natura di persona riservata, sensibile, empatica e attenta alle emozioni altrui. Forse per questo sa come colpirle, al momento giusto, con un ben assestato colpo d’a- scia. Mise quasi rigorosamente nera, come le Tene- bre, con alternanze di grigio (come il velluto delle quattro mosche) o profondamente rossa, per i gior- ni di festa. TENDENZE Cinéphile Look 36 - 37

Anche se restano  per la maggior parte del tempo dietro  la macchina da presa, i registi hanno  la tendenza a “fare look”, e spesso questo li aiuta nella comunicazione della propria immagine anche al di là del prodotto filmico. Cosa li rende particolari, li caratterizza e ce li rende simpatici, antipatici, attraenti, autorevoli? Abbiamo cercato di individuarlo con la collaborazione dell’illustratore Andy Ventura, specializzato in “ritratti senza faccia”, che da qualche mese spopolano in rete. a figura del regista è in questo caso inseparabile da quella L dello sceneggiatore, suo fratello e compagno d’arte. Car- lo ed Enrico sono diventati un simbolo, “film dei Vanzi- na” è diventato sinonimo di commedia leggera e scanzo- nata, spesso associata indebitamente al “cinepanettone”, un termine in realtà nato successivamente all’uscita del loro celebre Vacanze di Natale (quello originale del 1983). Simili ma non identici, i due fra- telli potrebbero in verità entrare a far parte del cast di una delle loro pellicole. Enrico si concede sportivamente il vezzo del capello lungo (avendo la fortuna di possederne ancora tanti); Carlo più sobriamen- te opta per un caschetto. Insieme offrono un colpo d’occhio formida- bile. Anzi, Eccezzziunale… veramente.

o si nota di più nel- L la versione giova- nile - capello lun- go e scompigliato da fricchettone e baffetti marxi- sti (nel senso di Karl, ma anche di Groucho), che ne sottoline- avano la parziale adesione al fi- lone comico-oppure oggi, barba folta e seriosa e sguardo vispo ma severo? Comunque, resta un au- e anche acquisisse il potere dell’invisibilità come il pro- tarchico affrancato dalle mode, S tagonista del suo ultimo film, il regista di Mediterraneo scegliendo sempre il classico per resterebbe comunque riconoscibile, con gli occhiali ton- le occasioni mondane (le poche di da buon professore e il berretto da lavoro che aggiunge che frequenta, come il Festival di un tocco di energia. Le sopracciglia brizzolate aggiungono saggezza, e Cannes) e abiti da lavoro como- la pelata sotto il cappello permette di sbirciare la mente pulsante di un di come il maglione, spesso rosso autore intelligente e sempre con tanta voglia di osare e imparare. Uno come la proverbiale Palombella. che, insomma, non ha paura.

Per seguire Andy Ventura: www.facebook.com/Andy-Ventura-110288715661411/ HOLLYWOOD LAVA PIÙ BIANCO di VANNI CODELUPPI

Quanto è cambiata la figura n regista italiano, U quando esce un suo del regista italiano con l’adozione del modello film, oggi non può dettato dallo star system americano. evitare di parteci- Così si motivano le ormai imprescindibili pare a programmi televisivi di successo come Che tempo che fa, liturgie di promozione nelle chiese mediatiche, condotto da Fabio Fazio, o Por- da Che tempo che fa a Porta a porta, ta a porta, condotto da Bruno Ve- passando per il web e la scrittura di romanzi. spa. Anche un regista solitamen- te riservato come Nanni Moretti non può permettersi di ignorare questi fondamentali strumenti di promozione. I quali, infatti, co- stituiscono una parte importante della campagna di marketing atti- vata per l’uscita di qualsiasi film. Sino qualche decennio fa in Italia ciò non avveniva, perché si pen- sava che il film, con i suoi conte- nuti, fosse in grado di attirare da solo gli spettatori nelle sale. Og- gi invece si ritiene che sia neces- sario sfruttare anche la capacità di richiamo di figure che sono già parivano né i nomi degli attori, né note agli spettatori, come gli atto- tantomeno quelli dei registi. Di ri e il regista. Si adotta cioè quel solito erano presenti solamente modello basato sullo star system delle immagini a colori molto vi- che Hollywood ha messo a pun- vaci tratte da una scena chiave del to nel corso degli Anni ‘10 del No- film, generalmente firmate con il vecento. Prima del 1910, infatti, sui manifesti dei film non com- TENDENZE Cinéphile Look 38 - 39

marchio della casa di produzione oppure con il nome del produtto- re. Sul manifesto ad esempio di un film del 1913 – The Battle of El- all’interno delle diverse vetrine in derbush Gulch – non compariva- cui sono costretti ad esporsi nella no né i nomi degli attori (Lilian loro esistenza. Gish, Mae Marsh e Robert Har- Anche un regista, pertanto, oggi ron), né quello del regista (Da- ha la necessità di curare con at- vid Wark Griffith), nonostante tenzione la sua immagine per- questi fossero già conosciuti da sonale, esattamente come fa da parte del pubblico. È stato Char- Un Antonioni o un Bertolucci po- tempo qualsiasi attore importan- tevano certamente essere cono- te. Deve cioè costruirsi una de- sciuti, ma non erano considerati terminata identità e assicurarsi decisivi come gli attori per spin- che essa sia dotata di coerenza e gere gli spettatori ad andare nel- di notorietà. Inoltre, deve saperla le sale. Negli ultimi anni, però, comunicare in maniera continua- anche il regista è diventato im- tiva nel tempo. Per poter ottene- portante per la promozione del re questo risultato, è obbligato a suo film. È dunque vittima di quel saper sfruttare efficacemente di- processo che ho definito qualche versi canali di comunicazione: i anno fa “vetrinizzazione socia- giornali, le televisioni, le radio, il le”. Un processo le cui origini ri- web. Pertanto, ha la necessità di salgono alla nascita della vetrina essere presente il più possibile nell’Inghilterra dell’inizio del Set- in questi canali. Poiché realizza- re un film richiede molto tempo, può occupare lo spazio tra un film e l’altro con altre attività. Che cer- tamente consentono di guada- gnare denaro, ma sono soprattut- to strumenti utili per mantenere dal modello del “regista-Auto- attiva la propria presenza nel si- re” a quello del “regista-Brand”. lie Chaplin, l’anno successivo, stema mediatico. Così un regista E dunque si sta avverando an- il primo attore a essere utilizza- come Paolo Sorrentino, oltre ai che da noi quello che sosteneva to sui manifesti cinematografici film, ha realizzato spot pubblici- già negli Anni ’80 il pubblicitario per la sua notorietà. tari (Fiat Croma, Yamamay), cor- francese Jacques Séguéla nel vo- E così l’industria cinematografica tometraggi per aziende (Intesa lume Hollywood lava più bianco e hollywoodiana ha cominciato a Sanpaolo, Bulgari), serie televisi- cioè che anche un regista come promuovere i suoi film puntando ve (The young Pope), e ha scritto Woody Allen, esattamente come massicciamente sulla capacità di due romanzi (Hanno tutti ragio- una marca, avesse un logo che attrazione dell’immagine e della ne, Tony Pagoda e i suoi amici). E permetteva di identificarlo e che notorietà degli attori-divi. Ha cre- tutto ciò contribuisce ad alimen- nel suo caso erano i suoi incon- ato pertanto il modello dello star tare la sua immagine. Non è un fondibili occhiali. system e questo è stato rapida- caso dunque se negli ultimi an- mente imitato in tutto il mondo, ni hanno scritto romanzi anche a cominciare dall’Italia. Ma in una tecento. Grazie a tale invenzione, Paolo Virzì (Se non ci sono altre prima fase ciò ha riguardato sola- i negozianti hanno potuto cattu- domande), Ferzan Ozpetek (Ros- mente gli attori. Il regista era con- rare l’attenzione dei passanti uti- so Istanbul, Sei la mia vita) e Pupi siderato un artista e, in quanto ta- lizzando lo spazio intermedio tra Avati (Il ragazzo in soffitta). le, parte di un mondo differente. il negozio e la strada come se fos- Sembra dunque che anche in Ita- Era l’autore con la A maiuscola. se il palcoscenico di un teatro. I lia sia in corso un processo di pro- prodotti esposti all’interno del- fonda trasformazione del ruolo la vetrina sono stati così sempre del regista. Il quale sta passando più spettacolarizzati e valorizzati. In seguito, a causa della sempre maggiore importanza della pro- duzione di merci nella società, il processo di vetrinizzazione si è diffuso all’intero sistema sociale. E, di conseguenza, tutti hanno la necessità di mettersi “in scena” LIKE, SI GIRAAAAAA! di MARGHERITA BORDINO

Mister Rossellini…”, scriveva Ingrid Bergman a metà de- lore per adozione, Ferzan Ozpe- “ gli Anni ‘40 del secolo scorso: se a quei tempi una lette- tek, che con grande naturalezza ra era la prassi per raggiungere i propri cari o, perché no, esprime opinioni politiche e so- un regista di fama mondiale, oggi può bastare una mail o, ciali, parla della sua Istanbul e ne meglio ancora, un commento a un post o un messaggio privato su ca- mostra scatti su Instagram. nali quali Facebook, Twitter o Instagram. Negli ultimi decenni è cam- biata la comunicazione personale e questa rivoluzione ha coinvolto Ci sono delle vere e proprie sto- il singolo, la società e le diverse culture di tutto il mondo, delle volte rie-social, legate ad alcuni nostri abbattendo barriere, delle altre creandone di nuove. Nel cinema i so- registi: cial network permettono una campagna informativa celerissima per tempo, spazio e contenuti, sostituendo il vecchio passaparola, non del ITALY IN A DAY - Gabriele Sal- tutto sparito. Ma, i registi italiani quale canale preferiscono? Quale va- vatores, premio Oscar per Medi- lore gli attribuiscono? terraneo (1992), non ha alcun pro- I più noti raccontano sui loro profili principalmente se stessi, come filo social, eppure con la rete, e il forma di scoperta e di condivisione. Del nuovo anno è una notizia “un supporto televisivo, ha realizza- sacco bella”: si è iscritto su Facebook Carlo Verdone, che ha annun- to il film Italy in a Day – Un gior- ciato, in un video amatoriale, di aver ceduto anche lui al diario idea- no da italiani, primo esperimento to da Mark Zuckerberg e di essere pronto a condividere foto, ricordi e italiano di cinema collettivo. “Sa- momenti inediti legati a vita e carriera. In solo pochi giorni il profilo ha bato 26 ottobre (2013) prendi una superato 59mila Like, a oggi molti di più. telecamera, un cellulare e filma la I social network sono il principale luogo virtuale di aggregazione so- tua vita. Sei libero. Racconta chi ciale e tanti registi italiani hanno scelto di non farne a meno. Pier- sei, cosa ami, di cosa hai paura…”. francesco Diliberto-Pif, durante le riprese di In guerra per amore, Questo messaggio, divenuto vira- ha lanciato l’hashtag #PifSulSet, con cui, insieme al cast, ha condiviso le, ha permesso a Salvatores di fo- emozioni e sensazioni; i fratelli Tognazzi – Ricky, Maria Sole e Gian- tografare il Bel Paese attraverso lo marco – sempre su Twitter, ognuno a suo modo, raccontano le proprie sguardo dei veri protagonisti, gli storie, con immagini d’infanzia e del presente, frammenti della giorna- italiani. ta, tra famiglia e lavoro. Tra i registi più seguiti c’è Leonardo Pierac- cioni, confidenziale e diretto con i follower: scrive, risponde, replica BASTA TWITTER - Paolo Vir- e condivide l’amore smisurato per la figlia. Non è da meno Francesca zì per un lungo periodo è stato Archibugi, che non perde attimo per fare e condividere arte, dal cine- presente su Twitter, dove si è di- ma alla letteratura. Anche se il più seguito in assoluto è il regista, trico- vertivo, ha condiviso, raccontato, TENDENZE Cinéphile Look 40 - 41

Facebook, Twitter, Instagram di alcuni tra i più noti registi italiani. È appena nato il profilo di Carlo Verdone, già defunto quello di Paolo Virzì. Pieraccioni usa il suo spazio anche per parlare di sua figlia, Gabriele Salvatores cerca immagini in rete. Ma il più seguito è Ferzan Ozpetek.

scherzato e portato i follower sul set de Il capitale umano. Poco dopo si è stufato e ha chiuso l’account. Il motivo? Ha scoperto di perdere trop- po tempo: “È stata però una bella occasione per fare una delle cose più importanti che deve fare un cineasta, cioè ficcanasare”.

GO INSTAGRAM GO - Christian De Sica è, invece, molto social. Presente su Facebook e Twitter, con profili ufficiali gestiti da lui e dal- lo staff, ma anche su Instagram, il social network fotografico per ec- cellenza con il fascino della “polaroid 2.0”: qui De Sica è seguito da ol- tre 100mila follower e non manca giorno in cui non condivida scatti o clip in compagnia di amici e colleghi, da casa, set o luoghi di vacanza.

IL CASO PASOLINI - Gabriele Muccino ha postato qualche mese fa, sulla sua pagina Facebook, parole dure nei confronti di Pier Paolo Pasolini, a quarant’anni dalla sua scomparsa. “So che quello che sto per dire suonerà impopolare e forse chissà, sacrilego? Ma per quanto io ami Pasolini pensatore, giornalista e scrittore, ho sempre pensato che Pasolini regista fosse fuori posto, anzi, semplicemente un non re- gista”, inizia così il commento del regista italiano, ormai californiano. Parole che hanno suscitato polemiche e critiche, e si sono ritorte con- tro Muccino che, dopo mezza giornata, le ha sostituite con un nuovo post di giustificazione.

I social network, queste meravigliose creature che accompagnano la giornata di personaggi noti, e non solo, delle volte sono luogo di in- contro, confronto o promozione, delle altre sono nemici o, peggio an- cora, possono avere lo stesso effetto di un cane che si morde la coda. Per i social non esistono, infatti, vere istruzioni per l’uso: sono indi- spensabili ma da “agitare” con cautela. Trucco&parrucco: come sono i registi davanti allo specchio. La parola a chi cura make up e hair styling in Italia, tra anteprime e red carpet.

di VALENTINA NERI

er chi è concentra- to sulla visione d’in- P sieme di un film è LA VANITÀ? davvero poca cosa il proprio aspetto. Dopo mesi pas- sati a ideare, studiare e pianifica- re un’opera d’ingegno comples- sa come solo un film può essere NON È DA i registi non vogliono certo darsi in pasto a photocall e red carpet. Ma la promozione è l’anima an- che della Settima Arte, non solo del commercio generico, e i ci- neasti non possono sottrarsi al INTELLETTUALI battage pubblicitario. Benché ne farebbero a meno, si vedono co- stretti a passare per le esperte ma- ni di make up artist e hair stylist, cui spetta il delicato compito di prepararli per affrontare stampa, telecamere e pubblico. Ma qual è il loro rapporto con la propria im- magine? Sono davvero così diffi- denti nei confronti di phon e ci- pria? Eccezion fatta per Pedro Almodóvar, la truccatrice e par- rucchiera freelance Francesca TENDENZE Cinéphile Look 42 - 43

ci durante il make up ma bisogna essere bravi a capire le loro pri- orità, su tutte la velocità. “Dan- no l’impressione di avere altro su cui concentrarsi, senza dub- bio il film - continua Manzo – ma prestano anche attenzione a non dare a vedere che si vogliono far il nuovo film diretto da Stefano belli, sembrano voler preservare Mordini. Amante del cinema, vie- un’aria da intellettuali, che coz- ne ripagato con la stima di molti: zerebbe con una propensione al- Mario Martone, Mimmo Calopre- la vanità. L’ho notato anche con sti, Paolo Sorrentino, Matteo Gar- Antoine Fuqua (The Equalizer), rone sono solo alcuni degli artisti che non incarna nemmeno l’a- che fanno toccare i propri capelli attenzioni e loro sono sempre sui spetto da intellettuale eppure ci solo a lui. “Questi registi hanno un set”. Concretezza e un pizzico di tiene a fare un trucco velocissi- legame con la loro immagine non ironia è l’identikit che fa dei registi mo, quasi avesse paura di essere molto diverso da quello degli atto- Michele Magnani, Global senior giudicato altrimenti”. È come se ri, ma non si tratta di vanità, ben- artist MAC Cosmetics: “Se c’è un i registi di tutto il mondo avesse- sì di un marchio di fabbrica. Dif- difetto o un’imperfezione che vo- ro stabilito un codice non scritto ficilmente cambiano immagine gliono attenuare sono loro stessi a per cui al lancio del film l’autore – spiega D’Antonio - solo Saverio segnalarla e questo aiuta moltissi- può e deve lasciare che l’attenzio- Costanzo tende a tagliarsi i capel- mo il lavoro, oltre al fatto che non ne sia catalizzata solo sull’opera. li più corti di tanto in tanto”. I cam- hanno l’esigenza di sentirsi belli: a Non fanno eccezione i più giova- biamenti diventano accettabili nel differenza degli attori non vivono Manzo conferma che di norma i ni, neanche nel caso siano attori. caso in cui registi e attori decidano sulla riconoscibilità fisica, ma sul- cineasti si fanno solo opacizza- Silvio Muccino per la promozio- di utilizzare il look per sottolinea- lo stile del loro cinema”. Non sono re un po’ l’incarnato per evitare ne di Un altro mondo si è fatto da re un cambiamento del personag- gelosi della loro immagine ma non di risultare lucidi nelle interviste parte lasciando che fossero il film gio. Laura Morante ha usato l’e- amano vedersi troppo diversi. For- video. “Se devono incontrare la e le sue coprotagoniste al centro scamotage in Assolo, dove anche tunatamente alcuni si sottopon- stampa chiedono la copertura della scena. “Isabella Ragonese e i capelli sottolineano il passaggio gono al make up in modo scher- delle occhiaie e poco più. Riesco Maya Sansa tenevano in alta con- da donna timorosa a consapevole zoso. Ferzan Ozpetek si lascia a sbizzarrirmi di più con i capel- siderazione i gusti di Silvio, che e sicura. Rarissimi i colpi di testa: andare a battute sui trucchi, facen- li: Almodóvar ad esempio li vuole non lesinava consigli sia su ac- Francesca Comencini per il red do di quel momento necessario drittissimi in testa, ma al 90% non conciature che sulle mise da in- carpet di A casa nostra al Festival di un modo utile a sdrammatizzare la vogliono che mi concentri troppo dossare”. Roma volle rasarsi quasi a 0. “Era tensione prima di un red carpet o su di loro, registi stranieri inclu- Più articolati i racconti di chi i re- bella ma non era più lei. – ricorda di interviste importanti. si. Ad esempio l’inglese Simon gisti li frequenta nella doppia ve- D’Antonio – Non dovendo com- Curtis, autore di Woman in Gold, ste di amici e clienti di lunga da- parire di continuo in video i regi- preferisce che mi dedichi alla mo- ta, come Roberto D’Antonio, hair sti potrebbero essere più inclini a glie, l’attrice Elizabeth McGowan. stylist delle star e vero punto di ri- cambiare, ma preferiscono porta- JJ Abrams, il regista del nuovo ferimento per molti cineasti, che a re avanti un’ immagine: sanno che Star Wars – Il risveglio della forza, lui si rivolgono per trovare il taglio le scelte radicali richiedono cure e è un vero gentleman con le don- più adatto per un personaggio. C’è ne ma non si riesce a convincerlo: lui dietro ai primi film di Rena- vuole solo un po’ di cipria, men- to De Maria e Pappi Corsicato, tre l’autore di Life, Anton Corbi- lui volò a Londra per parlare con jn, è interessato a quello che c’è il parruccaio Peter Owen per le dentro ai prodotti, da buon vega- ciocche turchine della fata Nico- no non vuole parabeni e siliconi letta Braschi in Pinocchio. E sem- in quello che gli si mette in fac- pre lui ha studiato il look di Ric- cia”. Insomma non fanno capric- cardo Scamarcio per Pericle il nero, arola d’ordine: pra- P ticità. L’imperativo delle registe sul set in materia di look si chiama comfort. Una tendenza dettata dalle necessità, certo. Ma con infinite variabili e sfumatu- re. Perché, oltre a raccontare chi lo porta, l’abito indossato per di- rigere la troupe significa anche al- tro. Ha a che fare con i ricordi e la sensibilità di ciascuna regista, ma è anche il modo silenzioso, diret- to, immediato di comunicare con le maestranze e con gli attori, di dialogare con il film. di CHIARA GELATO Come per Costanza Quatriglio, per cui è lo stesso film a dettare lo stile: “Quando ho girato il cor- to dell’Onu (Zero Hunger Challen- ge, ndr) con i bambini, volevo es- sere un riferimento immediato, quindi mi sono vestita in modo riconoscibile, fin dai provini: per quelle riprese ho scelto il colore vivo del mare. Nei documentari, invece, indosso da sempre la tuta dell’invisibilità, che significa l’ar- te del mimetizzarsi. Lì i colori non devono distrarre e neanche lo sti- le. È il caso di film come Trian- gle o 87 ore”. A far da collante tra i diversi titoli, il must della co- modità e la passione per gli in- dumenti multitasche, tutti rigo- rosamente lavabili, perché “mi piace sporcarmi sul set”. Ogni film ha il suo oggetto emblema- tico, come “una giacca particola- re che è diventata per tutti noi il simbolo di Con il fiato sospeso”. O una misteriosa linea di continui- tà: “Per Triangle mi sono concen- trata sulle righe, ne ho indossate per tutte le riprese! Per terramat- ta;, invece, abbiamo girato molti notturni e lì portavo sempre un vecchissimo maglioncino verde mezzo fluorescente super pop!”.

Tra i privilegi del set, per France- sca Comencini c’è l’opportuni- tà di vestire liberamente, “perché quando giro non sento alcuna ne- Il look delle registe sul set: comodità, cessità estetica. Anche la donna leggerezza ma anche scaramanzia nei racconti che si dichiara più libera, ne ri- di Costanza Quatriglio, Francesca Comencini, sente. Ecco, io vivo il set come una parentesi in cui trascendo me Giorgia Farina, Roberta Torre stessa”. Il tocco, sul set come nel- e Laura Bispuri. la vita, è riconoscibile: “Sono di- ventata donna negli Anni ’70 e ho TENDENZE Cinéphile Look 44 - 45

un po’ di femminilità bisogna lasciarla fuori dal set. Non perché si è a contatto con un mondo di uomini – che, anzi, gradirebbero la regista ‘restaurata’ – ma per comodità: spesso fa freddo o si sta in ginocchio per parlare con gli attori. In compenso mi rifaccio sulle attrici! Anche perché i miei due film (Amiche da morire e Ho ucciso Napoleone, ndr) hanno protagoniste femminili con cui abbiamo giocato sul look. Già in fase di riprese ‘punto’ dei vestiti del set, che poi puntualmente re- quisisco! Così alla fine mi rimane un capo, che vale anche come reli- quia del film”.

Roberta Torre, invece, ha un suo personalissimo setting dress code: “Por- to tessuti leggerissimi, morbidi, caldi. E indosso pantaloni che mi faccio cucire apposta dalla sarta. Sono pantaloni alla turca, senza cuciture. Li associo a maglioni comodi e larghi. Quando giro voglio stare libera da tutto, perché sul set mi muovo moltissimo. Poi ho una borsa che uso da secoli, con delle grandi tasche dove ogni cosa ha un suo posto, primo fra tutti il copione, che faccio rimpicciolire. Prima di uscire metto la crema idratante a litri, perché sul set si secca la pelle. I capelli, me li sistemano al parrucco. E poi, massaggi mattina e sera. Il mio, è un metodo collau- datissimo!”. Il segreto? “Ho studiato questo look per non sentire nulla addosso, per coltivare la leggerezza. Le scarpe, poi, sono un capitolo a parte. Sul set utilizzo solo le MBT, che hanno una suola ad onda. Quando stai in piedi, ti massaggiano schiena e gambe. Sono esteticamente racca- priccianti, ma non importa, perché non ti fanno sentire la fatica. Nel mio ultimo film, I baci mai dati, ho contagiato l’intera troupe! Tutti dondola- vano, persino il direttore della fotografia”.

Un unico stile, nella vita come sul set, per Laura Bispuri. “Quando gi- ro, la sola cosa a cui rinuncio sono i tacchi. Poi, certo, tutto dipende dal film: ho girato Vergine giurata sulle montagne dell’Albania, in luoghi dove non c’era nemmeno il riscaldamento. Quando, inaspettatamen- te, è caduta la neve, non abbiamo avuto scelta: ci siamo dovuti bardare, strato su strato”. A volte poi, a stare a stretto contatto con i suoi perso- naggi, alla regista capita anche di sviluppare una certa capacità mime- tica: “In fase di riprese tendo a prendere le sembianze del mio prota- gonista, a somigliargli nel look e nello stile. Impressionante, divento identica a loro! Me ne sono accorta rivedendo le foto dei set. Una vol- mantenuto questo look nel tem- ta ho girato un corto con un ragazzino rumeno: a rivedere quegli scatti po. A pensarci, oggi vesto allo stes- sembriamo due bambini!”. so modo di quando avevo 25 anni! Mi piace avere un’identità legata Ma il cinéphile look passa anche per le scelte scaramantiche e gli ac- a quel momento. E poi è uno stile cessori imprescindibili. A ciascuno il suo, però nessuno sembra farne che torna periodicamente di mo- a meno. Dalle sciarpe della Comencini, perché “mi piace tenere una da!”. Gonne e tacchi banditi, an- pezzetta intorno al collo, mi fa sentire protetta”, ai portafortuna di che perché “ho un modo di cam- Laura Bispuri, oggetti irrinunciabili, nella vita come sul set. “Ho sem- minare legato alle scarpe basse. E pre con me uno zaino arancione che mi ricorda i tempi della Columbia sono sempre di corsa! In compen- University – racconta Giorgia Farina - e poi la catenina di mia nonna so, porto i capelli lunghi. Penso di con la mano di Fatima. Ma c’è anche una felpa gialla dei Sex Pistols che essere una regista femminile, an- utilizzo solo il primo e l’ultimo giorno di set”. Per Costanza Quatriglio che se indosso pochissimo le gon- imprescindibile è “una maglietta turchese che ho usato per girare L’i- ne. Coltivo nel mio modo di fare sola. L’ho messa tante di quelle volte che ormai è slavatissima! Ma il ve- sul set delle modalità che sono so- ro oggetto scaramantico è un ciondolino di corallo che apparteneva lo mie, di donna”. a mia nonna. Una volta, mi ricordo, lo persi sul set, in una spiaggia di coralli e sassolini piccolissimi, a Favignana. Quando, l’indomani, tor- Scarpe da ginnastica, pile e pan- nai in spiaggia a cercarlo, lo riconobbi, magicamente, sul bagnasciu- taloni larghi, il look da riprese ga, mentre il mare se lo stava portando via. Per me quello è il ciondolo di Giorgia Farina: “Purtroppo della sfida all’impossibile”. L’ARMADIO

DEL CINEGIORNALISTA

Nicolas Winding Refn va in conferenza in accappatoio, ciabatta ai festival in infradito e Johnny Depp si porta la birretta da casa: a quali criteri di eleganza, quindi, dovrebbe rifarsi il cronista? Osservazione e analisi dei codici di abbigliamento dei critici cinematografici: sciatti, pauperisti, elegantoni, austeri, alternativi. Anche se il miglior accessorio da indossare è… il badge del colore giusto (per entrare prima e dappertutto). di ILARIA RAVARINO

Devo andare a comprarmi qualcosa, non ho niente da “ mettere - mi disse una volta una collega nei frettolosi sa- luti del dopo proiezione -; intendo, non ho nessun vesti- to da giornalista”. Non era mica un vezzo il suo. Era una sacrosanta necessità: trovare una divisa a una categoria, quella del giornalista e critico cinematografico, che per definizione non ne ha. Un po’ è una condizione dettata da ragioni ambientali: nel buio della sala, siamo onesti, i giornalisti potrebbero essere tutti in pigiama. E la natura informale degli incontri impone un dress code tarato sul carat- tere dell’ospite: ma se Nicolas Winding Refn va in conferenza in ac- cappatoio, Quentin Tarantino ciabatta ai festival in infradito e Johnny Depp si porta la birretta da casa, a quali criteri di eleganza dovrebbe ri- farsi il cronista? E così, l’assenza di un codice estetico universale ren- de il mondo della moda da cinegiornalista particolarmente, diciamo, scoppiettante. Il primo, e più diretto, approccio al problema consiste nell’indossar- lo. Il merchandising delle distribuzioni tiene conto della cronica man- canza di abbigliamento “da campo” e provvede copiosamente. Tra cappellini, magliette, spille e borse griffate col logo dei film ci si po- trebbero rivestire da capo a piedi i redattori di imdb. Così combinato, il giornalista brand-victim rende manifesta, a chi ancora non avesse capito che lavoro faccia, la sua appartenenza alla schiatta dei cultori del cinema. C’è sempre la possibilità che venga scambiato per un fan o un attrezzista di scena, ma fa parte dei (moderati) rischi del mestie- TENDENZE Cinéphile Look 46 - 47

re. La maglietta brandizzata è però è più vivace. Il colpo d’occhio ge- un evergreen cui nessun giornalista nerale è d’effetto: più o meno co- sa rinunciare, specialmente in ca- me incontrare allo stesso party mera da letto: un film non sarà mai Oriana Fallaci e Miley Cyrus. Ma abbastanza brutto da non poterlo il gap generazionale si riflette an- indossare almeno come pigiama. che, e soprattutto, nelle situazioni La giacca, e i tacchi, sono i por- di rappresentanza. Più castigata, al ti sicuri cui approdare in cerca di limite del cimiteriale, la divisa del quella credibilità che la t-shirt dei giornalista di lungo corso rispon- Muppets in certi ambienti non può de sul palco a un criterio: scompa- dare. Ma attenzione: i tacchi, in rire al servizio dell’ospite. E farlo particolare se alti, sono una scelta più in fretta possibile, che poi toc- precisa che è anche spia dello sta- ca lavorare per davvero. Per il gior- tus del giornalista. Chi li porta, in nalista acerbo il palco rappresenta genere, è assunto e lavora in una invece spesso un’occasione irripe- redazione, se non è assunto ha tibile: ci sale così di rado che vale la un collegamento tv, se non lavo- pena tirare fuori il vestito da festa, ra in tv è l’inviata di un femmini- la cravatta, la scollatura sbarazzi- le e in ogni caso o si muove in taxi na, nella segreta speranza che la o non si muove affatto. Pochissi- performance garantisca, almeno, me freelance si avventurano oltre un decente acchiappo. la scarpa da ginnastica, e quando E poi ci sono loro. I puristi. La osano il tacco è in occasioni dav- mise del critico duro e puro è un vero speciali, tipo il proprio ma- passepartout per ogni stagione, trimonio. Lo urban clothing del fatto di pochi capi basic, unisex, freelance da battaglia, partico- buoni per ogni epoca. La sciar- larmente rarefatto in occasione petta. Gli occhiali (consentita, delle trasferte, più che al deside- con moderazione, la personaliz- rio di rappresentanza risponde zazione della montatura). Il ma- a un bisogno: la sopravvivenza. glione a collo alto. Il pantalone Borsoni multitasca, anfibi, tessu- con risvolto. Colori: grigio An- ti incompatibili col ferro da stiro, tonioni, blu Kieslowski. O il sep- tutto accartocciabile in un pra- piato, che va con tutto. tico bagaglio a mano all’interno Quando ho incontrato di nuovo la del quale vestiti e cavi formano mia collega eravamo entrambe al un bolo indistinto. È la corrente Festival di Cannes. “Alla fine la di- dei maso-pauperisti: anche l’ab- visa da giornalista l’hai trovata?”, bigliamento deve comunicare la le ho chiesto, invidiandole quel- sofferenza che patiscono sul lavo- la meravigliosa gonna verde a pal- ro, nel caso in cui qualche editore loncino. “No”, mi ha riposto lei al- volesse mettersi la mano sulla co- zando le spalle, “ho rinunciato”. Ai scienza. L’anticonformismo, in un festival, del resto, il problema non ambiente un pizzico provinciale si pone. Qualsiasi cosa si indossi, come il nostro, serve al massimo a abbiamo tutti una consapevolez- far rientrare il giornalista nell’am- za: niente veste il giornalista me- bigua categoria del personaggio: glio di un badge del colore giusto. “il tatuato”, “il motociclista”, “l’al- ternativo”, “il coatto”. Presentar- si ai David con una benda sull’oc- chio in stile Bowie, da noi, non se lo possono permettere nemmeno quelli di “Rolling Stone”. L’eleganza è una variabile declina- ta in modo molto diverso, non tan- to in base al genere quanto all’età. Prendiamo le feste. Se presso gli over 40 l’austerità pare la cifra di- stintiva - gonne al ginocchio, giac- ca e camicia, rarissimi e indimen- ticabili azzardi pitonati -, around 30 l’interpretazione del “glamour”

TENDENZE Cinéphile Look 48 - 49 FATTI Dossier di DG Cinema e ANICA

I PRINCIPI ISPIRATORI DELL’INTERVENTO PUBBLICO NEL SETTORE CINEMATOGRAFICO E AUDIOVISIVO di Federica D’Urso, Iole Maria Giannattasio, Francesca Medolago Albani

Con la riforma della normativa sul cinema, la riflessione del Governo e dell’industria attinge a questi presupposti per elaborare un sistema di sostegno efficiente ed efficace ono in corso i lavori che porteranno alla riforma della normativa sul cinema in Italia: all’inizio di quest’anno ai fini di un sano sviluppo di un settore S infatti il Governo ha presentato il testo di riforma in un collegato alla legge di stabilità. L’obiettivo del Governo è che si evolve rapidamente nell’ambito quello di aggiornare la regolamentazione alla luce delle evoluzioni del mercato cinematografico e delle novità relative al vivace contesto del del contesto globale e il cui ruolo strategico settore audiovisivo in cui l’industria cinematografica si inserisce. Questa è per noi l’occasione per riflettere su alcuni principi generali che ispirano e motivano l’intervento pubblico nel settore cinemato- assume un’importanza sempre più evidente. grafico e audiovisivo. La riflessione del Governo e dell’industria at- tinge a questi principi per elaborare un sistema di sostegno che sia efficiente ed efficace ai fini di un sano sviluppo di un settore che si evolve rapidamente nell’ambito del contesto globale e il cui ruolo strategico assume un’importanza sempre più evidente. Fra gli argomenti più interessanti oggetto di dibattito si approfon- diranno di seguito il principio dell’eccezione culturale e il tema dell’ampliamento della competenza del MiBACT dal settore stret- tamente cinematografico al più ampio settore audiovisivo. FATTI Dossier di DG Cinema e ANICA 50 - 51

do, per la prima volta, un soste- gno automatico alle opere non cinematografiche. La previsio- SINTESI ne è contenuta all’articolo 8 del decreto-legge “Valore Cultura” dell’8 agosto 2013, n.91, conver- tito in legge 7 ottobre 2013, n.112. DEL QUADRO L’applicazione delle norma è ini- ziata nel marzo del 2015 con la pubblicazione del decreto mini- steriale attuativo. NORMATIVO L’attuale quadro normativo sul Nel quadro normativo sul set- cinema fa essenzialmente riferi- tore audiovisivo, il ruolo delle mento a due testi normativi: emittenti televisive è regolamen- * Il decreto legislativo 22 genna- tato dall’articolo 44 del decreto ATTUALE io 2004, n. 28, cosiddetta “Legge legislativo 31 luglio 2005 “Testo Urbani”, che, con i relativi decre- unico dei servizi media audio- ti attuativi, peraltro aggiornati visivi e radiofonici” che deter- nel corso del 2015, costituisce il mina il tempo di trasmissione testo di riferimento per la gestio- che le emittenti nazionali devo- ne di tutti fondi diretti a favore no destinare alla programma- dei diversi segmenti della filie- zione di opere europee realizza- ra e definisce criteri e parametri te da produttori indipendenti e per il riconoscimento della na- l’investimento nella produzione, zionalità italiana dei film, ai fini finanziamento, pre-acquisto o dell’accesso a tutti i benefici di acquisto delle stesse. legge. I sostegni diretti sono ali- Il successivo decreto inter-mini- mentati dal FUS, Fondo Unico steriale MiBAC-MiSE del 22 feb- per lo Spettacolo, istituito dalla braio 2013 stabilisce le sotto-quote legge 30 aprile 1985, n. 163 di riserva da destinare a program- * La legge 244/2007, art. 1, commi mazione e investimento in opere 325-343 e relativi decreti attuativi, di espressione originale italiana. che introduce il tax credit e ne de- finisce criteri e limiti di applica- La revisione cinematografica, os- zione nelle diverse declinazioni. sia il rilascio del cosiddetto “vi- sto censura” per la proiezione in Come è noto, nel 2013, il credi- pubblico è normata dalla legge 21 to d’imposta è stato esteso an- aprile 1962, n. 161, e dal successi- che ai produttori indipendenti di vo Regolamento di Esecuzione, opere audiovisive, introducen- D.P.R. 11 novembre 1963, n. 2029

Il principio dell’eccezione culturale, va detto in partenza, non ha nulla a che fare con la diversità culturale. Molta confusione esiste su questo TUTTO HA INIZIO argomento, anche con un po’ di ingenuità coltivata da chi non gradi- sce molto la parola “eccezione”, perché intuitivamente suggerisce una zona franca senza dotarla del fascino del pluralismo, della varietà, del- CON IL PRINCIPIO la - appunto - diversità. DELL’ECCEZIONE CULTURALE In realtà proprio di zona franca si tratta. L’eccezione culturale attiene alla più elementare delle problematiche giuridiche: da una parte vi so- no delle regole generali e dall’altra dei casi particolari per i quali si sta- bilisce che quelle regole non valgono. Le regole cui ci si riferisce in que- o OMC Organizzazione Mondia- sto caso sono quelle del libero le del Commercio). Accanto a scambio commerciale, scritte in quello per le merci, per la prima trattati internazionali multilate- volta nel 1994 vengono firmati il rali. Il trattato generale di libe- Trattato sui Servizi, GATS (Ge- ro scambio per le merci si chia- neral Agreement on Trade in Ser- ma GATT (General Agreement vices) e il TRIPS (Trade-Related on Tariffs and Trade), gestito e Aspects of Intellectual Property rivisto periodicamente fin dal Rights), sugli aspetti commerciali 1947 in seno all’ONU e, dal 1995, dei diritti di proprietà intellettua- da un’organizzazione dedicata, il le (marchi e brevetti industriali, WTO (World Trade Organisation prevalentemente).

LA BATTAGLIA DELLA FRANCIA ALL’URUGUAY ROUND DEL 1994

Fin dal 1957, con il Trattato di Ro- ma, si stabilisce che l’Unione Eu- ropea ha competenza esclusi- va sulla politica commerciale del Vecchio Continente, motivo per il quale di tanto in tanto sorgo- no questioni in sede di negoziato tra gli indirizzi comunitari e i de- siderata particolari di singoli Pa- esi membri. Esattamente in que- sta posizione si incunea il tema dell’eccezione culturale: la Fran- cia nel 1994, al termine dell’Uru- guay Round, ottiene che si estrag- ga l’audiovisivo - in quanto materia culturale e, quindi, com- petenza esclusiva degli Stati mem- bri - dall’arena dei servizi su cui si sta discutendo il trattato di libero scambio. È la data di nascita di quel princi- pio, su cui 19 anni dopo si scatena una nuova battaglia, stavolta in se- de di negoziato bilaterale. Sempre al veto della Francia si deve infatti furiosa maratona politica a col- turale (in tutti i sensi), ottenendo il carve-out (sottrazione, appunto) pi di affermazioni, tentennamen- nuovamente ragione sulle ragioni dei servizi audiovisivi dal mandato ti, concessioni, smentite di singoli della meccanica, dell’agricoltura, all’UE a trattare l’accordo USA-UE Paesi, in un’Europa commerciale della chimica, dell’interesse degli sul commercio e gli investimenti, completamente a digiuno dei te- USA di Obama ad avere mano li- il famigerato TTIP (Transatlantic mi economici dell’audiovisivo, ri- bera anche nel redditizio settore Trade and Investments Partner- mane fermo sulla sua posizione dei servizi audiovisivi. Che nell’era ship), i cui negoziati sono partiti un solo Stato che sull’audiovisi- digitale significano tutte le piatta- nel giugno 2013. Al termine di una vo ha costruito una battaglia cul- forme di distribuzione online. FATTI Dossier di DG Cinema e ANICA 52 - 53 AIUTI PUBBLICI COMPATIBILI CON IL TRATTATO DI ROMA SOLO tà culturale e attività economica e industriale, un’ibridazione porta- SE PROMUOVONO LA CULTURA trice di grande valore ma anche di una complessità che non sempre si può (o si vuole) capire quando si cercano soluzioni semplici. La Comunicazione Cinema di fine 2013, che la Commissione Grazie, sempre, alla Francia. Però go termine. Il principale è quello Europea ha approvato dopo un - perché un però c’è - siamo si- di costringere un’area dal grande lungo periodo di consultazioni ri- curi che al mondo audiovisivo potenziale di crescita economi- vedendo la precedente del 2001, europeo, e all’industria in parti- ca ed occupazionale per l’Euro- è il documento ufficiale recente colare, veramente convenga ri- pa, come è l’audiovisivo (senza più importante per comprendere manere estraneo alle grandi que- più distinzioni tra cinema in sala il presupposto teorico dell’inter- stioni economiche e commerciali e servizi di distribuzione tv e onli- vento pubblico a sostegno delle globali? L’ultimo anno ci dimo- ne), per lo più rappresentato dal- imprese. Per quanto vi si richia- stra in parte il contrario: dal lan- le migliaia di piccole e medie im- mi, infatti, l’importanza dell’in- cio della Strategia della nuova prese attive nella produzione e dustria audiovisiva europea per la Commissione Europea sul Mer- distribuzione indipendente, in crescita economica dell’Europa e cato Unico Digitale, nel maggio una dimensione ristretta, scono- il suo ruolo predominante su sca- 2015, i nodi stanno piano piano sciuta nei suoi fondamentali eco- la globale, ribadisce che il regime venendo al pettine, mettendo nomici e industriali ai burocra- degli aiuti pubblici all’audiovisi- sempre più in evidenza come la ti europei, governata con logiche vo può essere compatibile con il zona franca così strenuamente autocratiche estranee all’anda- Trattato solo se promuove la cul- protetta corra altri tipi di rischi, mento dei mercati globali. Piaccia tura. Si basa, quindi, sul principio meno evidenti nell’immedia- o non piaccia, l’audiovisivo vanta di eccezione rispetto alle regole to, ma perniciosi nel medio-lun- invece una duplice natura: attivi- generali sugli aiuti di Stato.

L’INTERVENTO FINANZIARIO

DELLO STATO NELL’AUDIOVISIVO nione ha competenza per svol- gere azioni intese a sostenere, co- ordinare o completare l’azione È ISPIRATO ALLA FUNZIONE degli Stati membri”, declinato poi nell’art. 167. L’intervento anche finanzia- DI PROMOZIONE CULTURALE rio dello Stato nell’audiovisivo è quindi ispirato alla funzione fon- damentale di promozione cultu- rale e pertanto rientra nelle com- E quindi si è già detto il fondamentale perché dell’intervento dello Sta- petenze del MiBACT. Le linee to nell’audiovisivo. Non si può trascurare che sia scritto nella Costi- guida che storicamente hanno tuzione Italiana, sin dai Principi Fondamentali, all’articolo 9: “La Re- aggiornato strumenti e formule di pubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e intervento, dagli aiuti diretti agli tecnica”. La legge cinema in vigore oggi in Italia richiama anche gli ar- incentivi fiscali, hanno sempre ticoli 21 e 33, con le relative connessioni all’arte, alla libertà di espres- riaffermato il principio di fondo, sione, all’istruzione in tutti i suoi gradi. Come appena ricordato, inve- agganciando a parametri e dispo- ce l’azione dell’UE in ambito culturale è complementare a quella degli sitivi di “culturalità” (dal concet- Stati membri (principio di sussidiarietà), disciplinata dall’articolo 6 to di Interesse Culturale Naziona- del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE): “l’U- le al test di eleggibilità culturale per accedere ai benefici fiscali) dino, ovvero per promuovere la sponibili prodotti audiovisivi, e namento complessivo: essendo ogni azione di sostegno. cultura della socialità e l’avvici- quindi produce cultura in varie riconosciuto che la componen- Questo è il nodo cruciale nel mo- namento alle opere cinematogra- forme e formati - a fare un’”attivi- te economica è fondamentale e mento in cui si pensa a una rifor- fiche da parte delle giovani gene- tà culturale” a 360 gradi? Questa che le imprese sono le unità che ma: se “culturale” è un’impresa di razioni, quanto si può estendere estensione non sarebbe affatto muovono il sistema e il mercato, esercizio cinematografico perché questo “pensiero laterale”? È pos- nuova nel panorama delle policy e quindi la creazione e circolazio- programma prodotto cultura- sibile superare concettualmente europee: il caposaldo del siste- ne delle opere, può essere forse le (quale è l’audiovisivo) e, con- il limite per cui è il singolo pro- ma francese è proprio questo. Un questo il momento di mettere a temporaneamente, è elemento dotto a essere culturale, avvici- sistema non è tale – o non regge - fuoco diversamente, di riforma- necessario per mantenere viva la nandoci al punto essenziale per se ogni componente non concor- re, anche gli obiettivi dell’azione vita culturale di un centro citta- cui è l’impresa - che fa e rende di- re in modo armonico al funzio- stessa dello Stato?

NEL LINGUAGGIO DEL MERCATO IL TERMINE ‘AUDIOVISIVO’ SI ESPANDE IN FUNZIONE DELL’EVOLUZIONE TECNOLOGICA

Fra gli argomenti più interessan- evolve, si moltiplica sono quindi ti oggetto del dibattito sulla ri- la tecnica di produzione e gli stru- forma del sistema di intervento menti di diffusione del prodotto, statale emerge quello dell’op- più che il prodotto stesso. portunità di estendere l’oggetto Da punto di vista del mercato dal solo settore cinematografico quindi, la tendenza ormai con- al più ampio settore audiovisivo. solidata vede una progressiva Per audiovisivo, nel linguag- emancipazione del prodotto, o gio del mercato, si intende tut- opera audiovisiva, dalla sua piat- ta la produzione di immagini in taforma di distribuzione, che movimento destinata non pri- sempre più diventa marginale ri- oritariamente, o, meglio, non spetto al destino distributivo e necessariamente alla sala cine- commerciale del prodotto. Lo matografica. Nel tempo il peri- stesso film, in altri termini, rag- metro dell’”audiovisivo” si è de- giunge il pubblico attraverso la finito ed espanso in funzione sala cinematografica, la televisio- dell’evoluzione tecnologica, ov- ne, il supporto per home video, la vero della nascita e, in taluni ca- piattaforma web, senza più una si, della sparizione delle diverse gerarchia consolidata fra i diver- piattaforme di diffusione, della si canali e senza una stretta iden- trasformazione e moltiplicazio- tificazione con un canale specifi- ne dei supporti e delle tecniche co: il film non è necessariamente di veicolazione dei contenuti. Ne solo l’opera che esce al cinema, la consegue che, in termini genera- fiction non più necessariamente li, il cinema non è che un sottoin- solo l’opera che esce in televisio- sieme dell’audiovisivo. ne e così via. Ciò che diventa quin- Va tuttavia rilevato che le tenden- di centrale nella nuova configu- ze generali dell’evoluzione tecno- razione del mercato è il prodotto logica, ma anche delle prassi di in quanto tale, la sua qualità, e su mercato, sono mosse essenzial- questa nuova consapevolezza sia mente dal transito delle tecniche l’industria sia le istituzioni stanno sia di realizzazione che di frui- orientando le proprie strategie di zione dal paradigma analogico a azione ed intervento. quello digitale: ciò che cambia, si FATTI Dossier di DG Cinema e ANICA 54 - 55 SUL FRONTE GIURIDICO LA DEFINIZIONE DI ‘OPERA AUDIOVISIVA’ NELL’AMBITO DELLA NORMATIVA ITALIANA

Sul fronte giuridico e regolamen- to, che per la prima volta ci si ci- nizione di opera audiovisiva, in at- tervento di questo Ministero in un tare, il primo tentativo di definire menta nella definizione dei con- tesa del testo della legge di riforma ambito diverso da quello stretta- l’opera audiovisiva risale al Rego- torni dell’articolata nebulosa che di settore, va rintracciata nel De- mente cinematografico, ovvero lamento AGCom contenuto nel- costituisce l’opera audiovisiva: il creto MiBACT di attuazione della nel settore audiovisivo appunto. la Delibera 30/2011/CSP, relativo tentativo pionieristico fu interes- Legge n. 112/2013, che convertiva In assenza di una normativa e di alla limitazione temporale dei di- sante, almeno nelle intenzioni, il Decreto Legge “Valore cultura”, un apparato definitorio dedicato ritti secondari. Si tratta di un re- considerando che fino ad allora, n. 91/2013. Tale Decreto Ministe- al prodotto audiovisivo, e anche golamento dell’Autorità per le Ga- il 2011!, nessuno aveva proposto riale, pubblicato nel marzo 2015, in assenza di una esplicita attri- ranzie nelle Comunicazioni, a cui una definizione di opera audiovi- contiene le disposizioni applica- buzione di competenza in merito è affidato il compito di garantire il siva, né a livello statale né a livello tive per l’estensione del tax credit a questo prodotto, nel Decreto si rispetto delle norme relative al set- comunitario. In quel caso comun- ai produttori indipendenti di ope- è resa necessaria la definizione di tore delle comunicazioni, con par- que la definizione di questa tipolo- re audiovisive. Assieme alla Legge un perimetro che circoscrivesse ticolare riferimento al comparto gia di opera si rendeva funzionale da cui discende, si tratta di un te- l’area oggetto di sostegno. Ne de- televisivo. È quindi con un regola- all’individuazione dei diritti pri- sto molto significativo nella storia riva quindi la prima definizione di mento di un’autorità indipenden- mari e secondari sull’opera stessa normativa del settore la cui com- “opera audiovisiva” nell’ambito te, ovvero con uno strumento che e non ambiva ad assumere un va- petenza è attribuita alla Direzio- della normativa italiana, che vale nella gerarchia normativa occupa lore definitorio di per sé. ne Generale Cinema del MiBACT, qui la pena di riportare integral- un posto decisamente subordina- Una più recente ed esaustiva defi- perché segna la data del primo in- mente (art. 2, comma 1, lettera a): “Per ‘opera audiovisiva’ si intende la registrazione di immagini in movimento, anche non accompagnate da suoni, realizzata su qualsiasi supporto, con contenuto narrativo, documentaristico o di animazione, tutelata dalla normativa vigente in materia di diritto d’autore, destinata al pubblico dal titolare dei diritti di utilizzazione”.

L’opera audiovisiva è quindi in- piattaforma su cui viene veicolata. all’interno di questa definizione dividuata sulla falsariga della tra- Ne deriva che nell’insieme delle sono candidate a ricadere tutte dizionale definizione di “ope- opere audiovisive rientrano non le opere che abbiano le caratteri- ra cinematografica”, da cui si solo le opere cinematografiche stiche citate, indipendentemen- distingue essenzialmente per la stesse, ma anche le opere televi- te dalla piattaforma di distribu- sua destinazione: mentre l’ope- sive, le opere per il web e qualsia- zione o diffusione attraverso cui ra cinematografica è tale in quan- si altra opera costituita da imma- raggiungeranno il pubblico, oltre to prioritariamente destinata alla gini in movimento, caratterizzata che, come già esplicitamente re- fruizione nella sala cinematografi- da una struttura narrativa o do- cita il testo del decreto, indipen- ca, l’opera audiovisiva è destinata cumentaristica e in qualche mo- dentemente dal supporto su cui al pubblico senza ulteriori specifi- do destinata al pubblico. È evi- saranno realizzate. cazioni in merito alla tipologia di dente che, in prospettiva futura, L’ESTENSIONE ALLE OPERE AUDIOVISIVE DEL SOSTEGNO PUBBLICO GESTITO DAL MIBACT

L’estensione del sostegno pubbli- co gestito dal MiBACT alle opere audiovisive è uno degli argomen- ti più scottanti nel dibattito sulla riforma del sistema. Va ricordato che tecnicamente fino ad ora la competenza sul prodotto audio- visivo non era esplicitamente at- L’INTERVENTO DIRETTO tribuita a nessun Ministero e, del resto, finora non se ne era posta la necessità, in assenza di sostegni DELL’UNIONE EUROPEA A FAVORE pubblici a favore di tale oggetto. Per precisione, è d’obbligo ricor- DELLL’INDUSTRIA AUDIOVISIVA dare un unico precedente tentati- vo da parte del MiBACT di inter- venire sul prodotto audiovisivo, attraverso un progetto di soste- gno alle emittenti televisive loca- li per la realizzazione di contenuti autotpodotti, che si sostanziò nel A differenza di quanto è avvenuto, I principi ispiratori di MEDIA nascono infatti dalla volon- 2002 con il Decreto Ministeriale almeno sinora, a livello statale, gli tà, espressa dalla Commissione Europea a valle di un ap- n. 147/2002, ma che non ebbe mai interventi a favore del settore at- profondito studio del mercato dei media realizzato negli effettiva applicazione. L’orienta- tuati da parte del livello territoria- anni ’80 e le cui evidenze principali sono state confermate mento dell’Amministrazione, an- le superiore, ovvero l’Europa, e di dalle analisi periodiche realizzate successivamente, di pro- nunciato con il DL Valore Cultu- quello inferiore, ovvero le Regioni muovere lo sviluppo dell’intera industria europea dell’im- ra e le sue applicazioni, è ormai e gli enti locali, sin dalla loro ori- magine in movimento, con l’obiettivo di renderla compe- chiaro e quindi l’estensione della gine si rivolgono indistintamente titiva con quella americana. Quest’ultima, infatti, vantava competenza del MiBACT a tutto al cinema e all’audiovisivo. All’o- alla fine del secolo scorso e, nonostante alcuni buoni risul- ciò che riguarda l’audiovisivo dal rigine di questo orientamento ci tati della politica europea in questa direzione, continua at- punto di vista del prodotto è or- sono le motivazioni e gli obiettivi tualmente a mantenere una presenza molto significativa su mai assodata. La prospettiva fu- che ispirano l’intervento di questi tutti i mercati: dalla sala cinematografica con una quota di tura vede quindi l’aprirsi di op- soggetti nel settore, che non coin- mercato pari a circa il 50% nella maggioranza dei paesi eu- portunità di sostegno al prodotto cidono totalmente con quelli che ropei, ai palinsesti televisivi con note serie di straordinario audiovisivo in quanto tale, qualsi- muovono il sostegno erogato dal- successo, all’offerta web con piattaforme on demand lega- asi sia il suo veicolo di diffusione lo Stato. li in grado di contrastare e competere con le proposte dei o distribuzione. Diversamente da quanto avvie- media più tradizionali. Il cambio di prospettiva è altresì ne nel caso dello Stato, l’inter- L’obiettivo dell’Unione Europea è quindi lo sviluppo di significativo perché rappresen- vento diretto a favore del settore un’industria audiovisiva forte e stabile, in grado di produr- ta un importante passo verso la promosso dall’Unione Europea re contenuti di qualità e di penetrare il mercato interno in consapevolezza da parte delle fin dalle sue origini, ovvero dal misura significativa, al fine di promuovere le identità cultu- istituzioni, che si allineano così 1991 quando nacque il primo Pro- rali europee attraverso l’audiovisivo. Per perseguire questo alle tendenze del mercato, che gramma MEDIA – attualmente fine tanto complesso, che riguarda essenzialmente la co- sempre più il prodotto esiste in- sottoprogramma di Europa Crea- struzione di una consapevolezza culturale europea attra- dipendentemente dai veicoli e le tiva, è rivolto al settore audiovisi- verso l’arte e l’intrattenimento, la prima esigenza è quella tecniche di sfruttamento, dalle vo nel suo complesso, di cui il ci- di raggiungere la maggior parte della popolazione, in tutte tecnologie e i supporti su cui vie- nema è un sottoinsieme, accanto le fasce sociodemografiche. È quindi evidente che l’intera ne realizzato e dalle prassi com- alle fiction televisive, i documen- industria dell’audiovisivo debba essere oggetto di soste- merciali adottate per valorizzarlo tari, le opere di animazione, le gno, sia sul fronte cinematografico che su quello televisivo, sul mercato. opere multimediali. sia poi sulle piattaforme digitali. FATTI Dossier di DG Cinema e ANICA 56 - 57

vono fondi specifici di sostegno al settore: alcune di esse hanno investito in fondi regionali per un periodo per poi decidere di ridi- mensionare e sospendere l’inter- vento, altre invece, alla luce dei risultati positivi dell’investimen- to, hanno deciso nel tempo di au- mentarne il volume e di ampliare l’area di azione del proprio sup- porto. Nello specifico, le motivazioni che, a partire dal 2003 con l’isti- tuzione del primo Fondo regiona- le italiano, hanno spinto le ammi- nistrazioni regionali a investire in audiovisivo sono di diversa natu- ra e nascono da esigenze e carat- teristiche specifiche di ciascun territorio. In una prima fase la maggioranza di queste iniziative era ispirata a obiettivi di tipo cul- turale, che avevano a che fare con la promozione, il recupero e la va- lorizzazione delle identità loca- li attraverso le opere audiovisive. A questa ispirazione, paragonabi- le allo spirito con lo Stato centra- le investe nel settore, si sono pre- sto affiancate iniziative regionali fondate su obiettivi di natura più specificamente economica, sul modello dei fondi regionali tipi- A differenza di quanto avviene ci delle regioni del Centro e Nord per i fondi di sostegno nazionali e Europa: si tratta di iniziative che sovranazionali, mossi da una mo- come fine hanno lo sviluppo in- tivazione che ha a che fare con la dustriale del territorio, che si ar- valorizzazione dell’opera audio- ticola in una serie di incentivi ri- visiva in quanto prodotto cultu- volti allo sviluppo di imprese e rale e frutto di un impegno ob- professionalità specializzate re- bligatorio dell’amministrazione sidenti sul territorio, all’aumen- pubblica nel sostegno to del tasso occupazionale loca- al settore, i fondi re- le, all’afflusso di capitali presso gionali nascono da una le strutture di ricezione presenti volontà politica loca- sul territorio, oppure all’incenti- le che a fronte di un in- vo all’immagine e di conseguenza vestimento si aspetta ai flussi turistici. LE REGIONI INVESTONO di ottenere un ritorno In quest’ottica, è evidente che, che, di qualsiasi natu- dal punto di vista delle Regioni, ra sia, deve giustificare la destinazione prioritaria dell’o- SECONDO ESIGENZE l’investimento stesso. pera sostenuta, sia essa il cinema A differenza dello Sta- o qualsiasi altra piattaforma, di- to, le Regioni non so- venta irrilevante, considerando E CARATTERISTICHE no tenute a investire che gli obiettivi dell’investimen- nel settore audiovisivo: to, qualsiasi sia la loro specifici- se lo fanno è perché ne tà, possono essere ugualmente DI CIASCUN TERRITORIO traggono un vantaggio. raggiunti attraverso il sostegno a Questo è il motivo per ogni tipologia di opera, sia essa cui non tutte promuo- cinematografica o audiovisiva. CINEMA ESPANSO BARBIE,

di WENDY MIGLIACCIO DIVA Innovativa, emancipata, trasgressiva eppure rassicurante. Capace di assimilare le mode e le trasformazioni della società senza tradirsi mai. In poche parole, un’icona. DAI MILLE Di stile, di bellezza, di femminilità: il suo vero nome è Barbara Millicent Robert, ma tutti la conoscono come Barbie. VOLTI Una storia lunga 56 anni raccontata nella mostra Barbie. The Icon al Museo delle Culture di Milano. CINEMA ESPANSO 58 - 59

arbie nasce nel 1959 da versato trasversalmente tutto il B un’intuizione di Ruth mondo dell’arte, compresa la set- Handler, moglie di El- tima. Da Marilyn Monroe a Audrey liot, cofondatore del- Hepburn, da Grace Kelly a Cher, la la casa di giocattoli Mattel: fino a Mattel ha riprodotto in versione quel momento le bambole rappre- Barbie molte delle più celebri star sentavano per lo più neonati che del cinema. Non solo: la stessa Bar- le bambine si divertivano a cocco- bie è diventata protagonista di film lare e accudire. Il 9 marzo invece i per il cinema e per la tv. negozi accolgono questa bella ra- In 56 anni di vita ha rappresentato 50 gazza, dallo sguardo languido e il nazionalità diverse e ha raccontato i corpo da pin-up, coperta solo da cambiamenti del mondo filtrando- BARBIE, un costume zebrato. Ed è chiaro li attraverso i suoi occhioni dipinti, fin da subito che Barbie non si ac- con coraggio e leggerezza. Ha lotta- contenta di essere un comune pas- to contro il razzismo e il sessismo, satempo per bambine, ma vuole ha ammorbidito le proprie forme raccontare una storia in continuo per non sembrare troppo perfetta e divenire: la sua e, allo stesso tem- ha perso i capelli per incoraggiare le po, quella del mondo femminile in bambine malate di cancro. tutta la sua complessità. Barbie è circondata da una numero- Barbie infatti è frivolezza e impe- sa compagnia di amici e parenti, ma gno, famiglia e indipendenza, bel- non ha mai voluto essere ingabbia- lezza e personalità. Da quando è ta in definizioni o status. Può esse- nata ha seguito passo dopo passo i re fidanzata, amica, moglie, sorella DIVA cambiamenti della moda, degli usi, e madre ma allo stesso tempo riesce MA DAVVERO AL CINEMA dei costumi e del lavoro femmini- ad essere semplicemente se stessa, le. In oltre 50 anni di vita Barbie ha con una straordinaria modernità in È UNO SCEMPIO? intrapreso oltre 150 carriere: è sta- grado di anticipare i tempi. di Gianni Canova ta astronauta, soldato, giocatrice di Lo dimostra anche il rapporto dif- basket, popstar e persino presiden- ficilmente classificabile con Ken, Mereghetti, nel suo Dizionario dei film, le assegna te degli Stati Uniti d’America. Non più amico che amante, che di Bar- quasi sempre una sola stellina (il minimo!), az- si è mai trattato semplicemente di bie è sempre stato una semplice zardando solo in rari casi la stellina e 1/2 (Barbie giocare con i vestiti, con gli accesso- spalla e mai un co-protagonista. Fairytopia, 2004; Barbie Pollicina, 2009). Leggen- ri o con le acconciature: le versioni Ma come per ogni diva che si ri- do le schede dedicate ai singoli film, i giudizi sono di Barbie legate alle professioni la- spetti anche Barbie non è riusci- sempre molto severi: si parla di insulsaggine, me- vorative hanno ispirato milioni di ta a sfuggire alla crisi di mezza età: diocrità, scempio. In alcuni casi, senza mezzi ter- DAI MILLE bambine, incoraggiandole a segui- nel 2014 le vendite della bambo- mini, si arriva a usare espressioni come “orribile re i loro sogni e ad essere ambiziose, la sono crollate. La causa va rin- film in orribile animazione digitale”. per puntare in alto e credere in loro tracciata nelle nuove sembianze Tutto vero? Boh. Quel che è certo è che dal 2001 al stesse indipendentemente dalle co- dell’intrattenimento per bambini, 2015 Barbie è stata protagonista di una trentina di strizioni e dai pregiudizi. sempre più orientati verso la vir- film, tutti usciti direttamente in DVD, che l’hanno Il mondo della moda l’ha sempre tualità. Film d’animazione, vide- portata a misurarsi con l’immaginario avventuro- considerata una modella d’ecce- ogiochi e social network hanno so più disparato: è stata moschettiera e ballerina, zione: dal 1985 Barbie inizia a col- conquistato un posto da protago- ha fatto Il lago dei cigni e Lo Schiaccianoci, ha inter- laborare con stilisti prestigiosi nisti nello svago dei più giovani, pretato Raperonzolo e la Sirenetta, con una dutti- che vogliono vestirla con creazio- relegando Barbie ad un ruolo più lità e perfino un mimetismo davvero sorprenden- ni preziose e personalizzate. Cu- marginale. In un mondo popola- ti. Vero esempio di star contemporanea, disposta riosando tra i 448 pezzi esposti al to da aspiranti starlette e fashion VOLTI a riplasmare la propria identità su quella delle ico- Mudec appare immediatamente blogger Barbie non poteva certo ne della storia dell’immaginario infantile, è diven- evidente il legame fortissimo tra stare a guardare. La bella eroina è tata una diva per il pubblico femminile under 10. Barbie e la moda. Dagli Anni ‘50 ad infatti riuscita ad affermarsi anche Non c’è quasi bambina tra i sei e i dieci anni che oggi la bambola della Mattel ha in- sui social: ha un account Insta- non abbia rivisitato i classici seguendo le sue orme dossato 1 miliardo di abiti per 980 gram ufficiale, @barbiestyle, con e le sue storie. Scempio? Forse. Ma il fenomeno è milioni di metri di stoffa, seguen- un milione di seguaci raggiunti lo più complesso di quanto non sembri a prima vista, do le tendenze dei vari decenni, scorso 12 ottobre. e andrebbe studiato invece che esorcizzato con osando e sperimentando. Perché nessuno può mettere Bar- un’aggettivazione sprezzante. Anche perché pure Non solo moda: Barbie ha attra- bie in un angolo. questo è uno esempio - ci piaccia o no - di cinema espanso. Che magari fa orrore al critico militante, ma funziona alla perfezione per il suo target di ri- ferimento. Il che dovrebbe quanto meno indurci a qualche ragionamento e a qualche cautela. BED CINEMA & di NICOLE BIANCHI L’opportunità di guardare un film comodamente a letto ma al cinema. Luciano Stella ci racconta Hart, nuovo spazio multiartistico che deriva dalla ristrutturazione dello storico Ambasciatori di Napoli. Senza che i cinefili più integralisti possano storcere il naso, è garantita una fruizione di altissima qualità, nel rispetto del rito del buio più assoluto, ma sorseggiando un calice d’annata sul matrimoniale. CINEMA ESPANSO 60 - 61

uando e come è na- non pensiamo a un letto con le dai 25 ai 70 anni; man mano stia- ta l’idea di Hart? lenzuola, ma a un enorme sofà, mo mettendo a punto la macchi- Q Vi siete ispirati in tutto e per tutto nello stile del- na, nel suo piccolo complicata: a qualcosa di già le poltrone, dove ci sono le stes- le maschere in sala sono anche le esistente? se copertine delle altre sedute e persone che servono a tavola, du- Ho viaggiato molto e visto l’E- si poggia poi la testa alla spalliera rante la proiezione quelli del bar lectric Cinema di Londra (esiste con dei cuscinoni. in sala lavorano, nel silenzio ne- da 100 anni), l’Astor Lounge Film cessario ma non potendo non es- di Berlino, così l’esercizio si è po- Come avete ovviato al ‘perico- sere presenti. sto l’obiettivo di avere una strut- lo’ della distrazione per quello tura più ricca, diversificata, accan- che può accadere intorno, co- Che tipo di programmazione to alla riflessione sul futuro delle me il bar, o come avete consi- contate di fare? mono-sale, sempre più appesan- derato il pericolo del sonno, in Abbiamo iniziato con Dio esiste tite dall’aspetto economico e da virtù della comodità del letto? e vive a Bruxelles, poi a gennaio considerare con un nuovo desti- Se la persona è stanca, si addor- abbiamo aperto l’anno con Fas- no; l’idea di base è stata in seno per menta dappertutto, quindi non sbender nel Macbeth; inoltre recu- molto tempo. Questo è un discor- temiamo succeda per via del let- periamo film che il mercato qual- so che, per me, vale anche per la ri- to. Per quel che riguarda il cibo, che volta può aver un po’ strizza- progettazione delle multisale: oggi naturalmente non si mangiano to, quindi paradossalmente an- vanno ripensati gli spazi, non più spaghetti con le vongole, ma cibo che il ‘cinefilo fondamentalista’ solo cinematografici. gourmet accompagnato da una può recuperare un titolo impor- cantina di vini significativa, quin- tante. Quanti letti/posti si contano di non è una degustazione al tavo- esattamente, come si fruisce il lo, ma un ‘mangiare light’. Non avete mai pensato che po- film nella nuova sala, come so- tesse sembrare una scelta un no disposti i matrimoniali? La sala cinematografica è sino- po’ troppo azzardata, soprat- Possiamo contare 110 posti – pol- nimo di buio: la sala di Hart co- tutto per un ‘cinefilo puro’? trone e divani - di cui 5 letti da 3 me ci fa i conti? Ma chi sono i ‘cinefili puri’? Ri- posti ciascuno; i letti sono in pri- Molto bene! La sala ha anzitutto spondo da spettatore: piango ma fila. Ogni divano, poltrona o una luce tradizionale con grandi per Nemo, mi piacciono Moretti letto, è provvisto di un tavolino lampadari – l’allestimento è tipo e Batman, quindi sono uno spet- per la consumazione, perché den- Anni ’30 - poi c’è un soffitto me- tatore trasversale e come tale tro il cinema ci sono un ristorante raviglioso in cui abbiamo investi- amo anche la musica: da spetta- e una cucina, quindi la formula è to, dove c’è una volta con una re- tore, dunque, poter avere un luo- cibo&cinema, ma anche musica, gia di giochi di colore, che creano go dove la visione cinematografi- perché c’è anche una grande peda- l’atmosfera rispetto a quello che ca è perfetta - volendo ho anche il na da club musicale, con la sala in- sta per succedere, ma con l’ini- piacere di una degustazione o di sonorizzata appositamente. zio della proiezione diventa tutto una recita pianoforte&poesia in buio: abbiamo una cabina digitale stile Beat Generation - mi sem- Lo spettatore come ‘si siede’? e un dolby magnifico, con l’inso- bra una proposta culturale in cui Può mettersi sotto le coperte, norizzazione che abbiamo fatto si anche la ‘purezza cinéphile’ può appoggiarsi a un guanciale? sente perfettamente, così come trovare un proprio appagamento; C’è un equivoco sul termine ‘let- perfetta è la proiezione tutta. Hart è un posto di grande ricchez- to’: lo spettatore, ovunque sieda, za tecnologica, di grande fascino ha un poggia piedi davanti a sé, Quanto, dal giorno dell’apertu- d’ambiente, con bistrot a pranzo che è anche una scatola in cui può ra - inizio dicembre - sta frut- e brunch la domenica. Hart lavo- mettere la borsa o quel che desi- tando questa nuova versione ra dalla mattina alla sera: questa è dera, lì dentro si trova anche una dello spazio? E che tipo di pub- la vera sfida imprenditoriale! Vo- copertina di pile. Lo spazio da- blico frequenta la struttura? lesse Dio ne facessero altri di luo- vanti a ciascuno è molto grande, C’è un grandissimo interesse da ghi così in Italia! perché l’Ambasciatori aveva 350 parte della gente, il pubblico è posti. Quando parliamo di letto molto trasversale: un successo IL CINEMA CONTRO LA GUERRA

di CRISTIANA PATERNÒ

È nata come reazione tà del mondo del cinema e della porto permettendogli di partire to diversi film, ha collaborato alla ai fatti dell’11 settembre cultura, tra cui membri dei Gol- per la Germania, dove ha inizia- costruzione di una sala cinema- den Globe e dell’Academy e tutti to l’attività di guest professor alla tografica in Palestina, la lavora- la Fondazione vincitori delle passate edizioni del Universität der Künste di Berlino. to alla diffusione della consape- Cinema for Peace, premio. Ai Weiwei è uno dei più Nata come reazione agli eventi volezza contro l’antisemitismo in attiva sui temi importanti artisti contemporanei dell’11 settembre, negli ultimi 15 Germania, ha creato una videote- ed è stato anche autore di docu- anni Cinema for Peace ha raccol- ca del genocidio e fondato ‘Help del pacifismo, mentari, censurati e proibiti in Ci- to oltre 10 milioni di euro raggiun- Haiti Home’ insieme a Sean Penn. dell’ambiente na. Nel 2011 poi è stato arrestato, gendo circa 10 miliardi di contatti. Nel 2015 il documentario The Voi- e dei diritti umani incarcerato per 81 giorni e quin- Tra i suoi attivi sostenitori ci sono ces of Srebrenica, prodotto da Ci- di tenuto agli arresti domiciliari personaggi dello spettacolo come nema for Peace col sostegno del col sostegno per aver criticato il suo governo e Angelina Jolie, Nicole Kidman, Ju- Ministero degli Esteri tedesco, è di artisti, cineasti portato l’attenzione internazio- lia Roberts, Charlize Theron, Leo- stato mostrato a Potocari in oc- e politici. nale su alcuni casi di violazione nardo DiCaprio, George Clooney, casione del ventesimo anniver- dei diritti umani con la sua opera. Sean Penn, Richard Gere, Ben Af- sario del massacro. Ban Ki-moon Ci sono state forti proteste inter- fleck e Brad Pitt, ma anche perso- si è congratulato con Cinema for nazionali e la Fondazione Cine- nalità come il segretario generale Peace con queste parole: “Ogni stato l’artista cine- ma for Peace ha reso visita all’ar- dell’Onu Ban Ki-moon, il Premio volta che vi impegnate con la co- È se Ai Weiwei a pre- tista a Pechino e l’ha sostenuto Nobel Mikhail Gorbaciov, Bill e munità artistica a promuovere siedere alla scor- con una serie di iniziative sia pres- Hillary Clinton, Desmond Tutu i diritti umani e la giustizia, aiu- sa Berlinale la giuria so la Fondazione Beyeler a Basi- e il Dalai Lama. La fondazione ha tate le Nazioni Unite nella loro della quindicesima edizione del lia, nell’ambito di Art Basel, sia al organizzato centinaia di eventi e missione di pace”. Cinema for Peace Award: una Martin-Gropius-Bau di Berlino. realizzato campagne su temi cal- giuria molto particolare ed este- Solo nel luglio 2015 le autorità ci- di come la guerra, l’ambiente e l’e- Maggiori informazioni sul sito sa che comprende 150 personali- nesi gli hanno restituito il passa- mergenza rifugiati. Ha finanzia- www.cinemaforpeace.com

DISCUSSIONI

SBAM! TANTO I FILM LI GUARDO SUL TABLET

di ALICE BONETTI

oltanto uno scher- ore dalla diffusione della noti- sati quale fosse la loro opinione. S mo. È questo ciò che zia internet sia stato invaso da I meneghini doc, over 30 soprat- rimarrà dell’Apol- petizioni e proteste, la chiusu- tutto, sono i più sconcertati dal- lo, storico cinema ra dell’Apollo sembra, in realtà, la chiusura del cinema: la sala milanese, che chiuderà i batten- aver diviso l’opinione pubblica: era per loro “un luogo magico, ti per lasciare spazio a un gigan- si tratta di un sacrificio in onore di aggregazione e di ritrovo” e tesco cubo di cristallo, un Apple della modernità o un mero “pro- in molti avanzano la necessità di Store. La Soprintendenza ha pro- cesso di standardizzazione” del- trovare un nuovo spazio al cine- messo di erigere uno degli scher- le grandi città? Uno schiaffo al- ma Apollo provando a “riutiliz- mi della sala all’ingresso del futu- la cultura o un segno inevitabile zare sale parrocchiali in disu- ro negozio. Magra consolazione: dei tempi che cambiano? Quel so o sale storiche del cinema la decisione dell’Immobiliare Ci- che è certo è che la storia del d’essai milanese come l’Or- nematografica di vendere lo sta- cinema Apollo è soprattutto la chidea, il De Amicis o lo Gno- bile all’azienda di Cupertino re- storia di Milano e della sua gen- mo, in modo da realizzare un sta un boccone amaro da digerire. te e ci è quindi sembrato dove- piccolo distretto del cinema Tuttavia, benché sin dalle prime roso chiedere ai diretti interes- di qualità”. DISCUSSIONI A Milano i cinema chiudono. Che fare? 64 - 65

vero e proprio luogo di culto, san- cinematografica nelle sale? For- tuario delle moderne tecnologie se è presto per dirlo ma di sicuro, di comunicazione. E tra i fedeli come ha detto recentemente un c’è chi confessa: “fosse succes- malinconico Woody Allen, “sarà so qualche anno fa mi sarebbe un’esperienza molto diversa dispiaciuto che un cinema sto- da quando ti alzavi la mattina rico chiudesse…ma adesso che e non stavi più nella pelle per- mi sono convertito a Apple, l’i- ché sapevi che più tardi sare- dea di avere uno Store sotto sti andato al cinema. Le sale casa è un sogno che diventa re- erano grandi e bellissime, la Molti cinefili rimpiangeranno l’A- si dei LED di vetrine tutte ugua- altà”. E proprio nel flusso di pa- gente aspettava in coda sotto pollo per l’importanza che dava li a se stesse. Cosa ha fatto sì che role celebratrici di questa mani- la pioggia e l’intera esperien- a una certa tipologia di cinema: il modello piccolo borghese dei festa schizofrenia targata Apple, za aveva qualcosa di magico. “la perdita di una sala come saldi di fine stagione e della tv se- ecco emergere il commento più Ora è un’altra cosa”. E così il questa significa la scomparsa rale (forse sarebbe meglio dire sincero e lapidario: “tanto i film fatto che un Apple Store pren- di tanti film d’autore che nei streaming serale?) trasformasse li guardo sul tablet quindi ben derà il posto di un cinema stori- multisala non programmano. le nostre città in “non-luoghi” in venga l’Apple store”. SBAM! co come l’Apollo alla lunga non Una città che non solo permet- cui vivere? Domande un po’ naif Eccola qui la cruda verità, quel- sconvolgerà più nessuno. Cini- te, ma incoraggia la chiusura di che lasciano il tempo che trova- la a cui nessun cinefilo purista e camente in molti dicono: “ri- cinema e teatri è irresponsabi- no, direte voi, e che si infrango- nostalgico vuole davvero crede- cordate il Teatro Smeraldo le. I danni ci saranno e si conte- no di fronte alle considerazione re. Perché sì, ormai i film si ve- e il nuovo Eataly? Tutti a gri- ranno dopo”. In un mercato ci- decisamente più pragmatiche di dono anche sui tablet, sugli iPad dare allo scandalo e poi... tut- nematografico dominato sempre molti dei giovani intervistati che e su tutti quei micro schermi che ti da Eataly. Ora tutti a grida- di più dai multisala e dai kolossal ci ricordano come tutto questo invadono le nostre case. Ma più re alla morte della cultura, ma ipertecnologici è diffi- cile scommettere sul cinema d’essai anche se esempi ben riusci- ti esistono e in questo A Milano chiude lo storico cinema senso viene ricordato Apollo per fare spazio a un Apple Store. il Beltrade di Milano: monosala rilanciata ha intervistato spettatori comuni negli ultimi anni gra- 8½ zie all’operazione di e illustri per capire meglio. restyling dell’associa- zione Barz and Hippo, che ha deciso di puntare la pro- in fondo sia solo “l’esempio dei che l’esperienza cinematografica fra qualche mese saranno tut- grammazione solo su documen- tempi che cambiano. 60 an- in sé, a essere cambiato è prima ti all’Apple store a comprare il tari o film con tematiche ambien- ni fa i teatri diventarono cine- di tutto il pubblico. I suoi interes- nuovo iPhone7”. Tristemente tali e sociali. ma e oggi i cinema diventano si e le sue esigenze sono muta- vero. Darwin e la sua maledetta C’è poi chi riflette su come le cit- Gap, Banana Republic, Eataly, te nel corso degli anni e così l’i- evoluzione. E strappa un sorriso tà in cui viviamo si stiano ormai H&M, Zara e perché no Ap- dea stessa di esperienza filmica amaro pensare che in fondo Ap- trasformando “in vere e proprie ple”. Già perché no? È solo un’al- si è trasformata nel tempo. Que- ple è quasi l’anagramma di Apel- Disneyland, con strade, ne- tra pagina di storia d’altronde. sti piccoli schermi, che diventa- le… che era il figlio di Apollo, no? gozi, centri commerciali tutti Quel che è certo è che la chiusu- no sempre più grandi nella qua- uguali. Tra qualche anno non ra del cinema Apollo renderà ap- lità dell’immagine, porteranno riusciremo più a distinguere pagati e soddisfatti una categoria alla scomparsa dell’esperienza New York da Londra e Parigi decisamente in auge negli ultimi da Milano”. Esagerati? Non poi anni: i Mac-addicted o Mac-fana- così tanto. La vita di strada, quel- tici, che dir si voglia. Per loro Ap- la magnifica costellazione fatta di ple non è solo un marchio ma una caffè, bar, librerie, cinema e tea- vera e propria religione (sarà un tri, che così tanto rappresenta- caso che il simbolo dell’azienda va l’Italia e l’Europa, ha lasciato sia proprio una mela addentata?) il posto a un’apparente vitalità, e l’Apple Store, ovviamente, non che dura solo fino allo spegner- è solo un semplice negozio ma un APOLLO, APPLE

E GLI SCHERMI RAPITI

di STEFANO STEFANUTTO ROSA

el centro di Mila- ziose rassegne. “Nel 2015 ha fatto soldi e energie. I soldi li abbiamo dita all’Apple perché la trattativa no c’erano una vol- oltre 306mila presenze con un in- ripresi, ma noi viviamo di inizia- riguarda i privati. Ma una politica N ta i cinema Excel- casso di 2 milioni di euro. L’Apol- tive per il cinema e questo è uno culturale non dovrebbe indirizza- sior, Mignon, Astra, lo è un’impresa sana, la chiusura stop che fa male”. re le scelte di spazi di interesse col- Mediolanum, Ambasciatori, Pa- di questo presidio culturale, rife- In rete la protesta si è fatta subito lettivo e progettare un centro del- squirolo, President, Corallo, Cor- rimento importante per i milanesi, sentire, in poco tempo oltre 15.000 la città che non sia solo la vetrina so, Ariston, Manzoni e Cavour. Al costituisce una grave perdita per la le firme raccolte per dare una nuo- di grandi marchi? E perché non un loro posto ora centri commer- città” dice Lionello Cerri, socio va sede all’Apollo. “Chi ama il cine- intervento pubblico sul cambio di ciali perché più redditizi. Riman- al 50% nella gestione del cinema. ma ritiene che sia un’espressione destinazione d’uso di sale cinema- gono in piedi solo l’Arlecchino e L’altra metà fa riferimento alla so- culturale necessaria alla crescita di tografiche che funzionano? E an- l’Odeon, quest’ultimo nel 2017 cietà proprietaria dei locali che so- ogni cittadino, e dunque da proteg- cora perché non una politica fi- ridimensionato per farne un’ap- no stati venduti all’Apple, per far- gere come il teatro, le sale da con- scale che incentivi e non penalizzi pendice del grande magazzino La ne uno store. “Abbiamo accettato certo, i musei”, aggiunge Cerri. l’esercizio cinematografico? Rinascente. Sparirà entro l’estate nostro malgrado la decisione per- Dalla giunta di Milano il generi- Ad alcuni milanesi importanti - anche l’Apollo che da un decennio ché costretti, quando fai una so- co impegno a trovare una siste- un architetto, un regista, un atto- programma nelle sue 5 sale film di cietà in due al 50%. mazione alternativa per l’Apollo, re e un giornalista - abbiamo chie- qualità e d’autore accanto a pre- Nell’Apollo abbiamo investito ma nessun intervento sulla ven- sto che cosa ne pensino.

Le quattro testimonianze sono a cura di Stefano Stefanutto Rosa DISCUSSIONI A Milano i cinema chiudono. Che fare? 66 - 67

a ragazzo era fanta- re di qualsiasi civiltà: la cultura. D stico andare in cor- È vero, il consumo del cinema va so Vittorio Ema- ripensato, non sarà più la sala il Gabriele Salvatores nuele, una sorta di momento centrale. Le nostre cit- Broadway, magari senza avere tà dovrebbero munirsi, come già un’idea precisa di quale film ve- avviene nelle capitali europee, “Chiuderlo dere, ma bastava leggere il pro- di cityplex facilmente accessibi- gramma delle tante sale che s’af- li: cinema con due, tre sale, con facciavano sul corso. Il centro era schermi non enormi, comode è da sciocchi” allora pieno di persone, di giova- e tecnicamente molto avanza- ni. Oggi sono rimasti solo l’Apol- te. Perché uno zoccolo duro del lo e l’Odeon che presto verrà ridi- pubblico cinematografico esiste, mensionato. Ed è difficile trovare e ci sarà sempre la voglia di stare anche un teatro. Così la sera dopo in una caverna buia e vedere pro- le 10 il centro è quasi deserto. Mi iettati i propri incubi e i propri so- fa ancora più specie che un cine- gni, e scambiarli per veri, come ci ma venga ceduto e trasformato raccontava Platone. in uno store di una multinazio- Al cinema Apollo sono andati tut- nale, ancora una volta americana, ti i miei film degli ultimi dieci an- e non ci vengano a dire, come ha ni, a cominciare dalle anteprime. fatto qualche assessore comuna- Mi fa pensare a una di quelle sale le, che la Apple fa cultura. Sareb- che un tempo il pubblico sceglie- be come sostenere che il tram che va perché si fidava della program- ci porta in libreria fa cultura. Mi mazione, come se quel cinema aspettavo che l’attuale giunta po- svolgesse una funzione editoria- nesse più attenzione alla cultura. le. Chiuderlo è da sciocchi, per- Se Milano vuole diventare, co- ché pochi paesi come il nostro me si va ripetendo da tempo, hanno creato il loro mito con la ancor di più dopo l’Expo, il mo- cultura e in particolare con il ci- tore trainante dell’Italia, anche nema a partire dagli Anni ’60 in in rapporto con le capitali euro- poi. Insomma quanto accade mi pee, non può dimenticare il cuo- sembra folle o forse molto lucido.

Antonio Albanese po’ come una chiesa e quando tecnologia ci porta lentamen- una chiesa viene sconsacrata di te a questa necessità. Ma se non solito viene adibita comunque a abbiamo punti di riferimento o “Una sala è come spazio culturale, di incontro. Per spazi la cosa si fa triste. un’attività commerciale al posto Dovrebbero entrare in vigore leg- una chiesa” dell’Apollo si poteva allora, forse gi che non consentano con que- con l’aiuto del Comune, trovare sta facilità il cambio d’uso di una un’altra sistemazione. sala cinematografica. Come accaduto per il Teatro E poi il cinema va visto solo in sa- Smeraldo è sempre un dolore ve- la perché ci sono dei signori regi- dere un punto di riferimento spa- sti che realizzano immagini per rire, perché si crea un vuoto. il grande schermo sviluppando Apollo è un cinema Il teatro, come il cinema, è uno un’idea e un’atmosfera nel mi- L’ con più sale, piace- spazio sacro. Allo Smeraldo ho gliore dei modi. vole e importante, visto Giorgio Gaber, la compa- Se poi qualcuno vuole vedere che puoi facilmen- gnia catalana La Fura dels Baus, un film nel palmo di una mano, te raggiungere in metropolitana, Enzo Jannacci. perdendo la vista, capendo po- che propone sempre buoni film, Una perdita incredibile, co- co, non riconoscendo una pro- e ti dà la possibilità di fare una me quando ha chiuso la galleria fondità, uno sguardo… beh, è passeggiata, di mangiare qualco- Mazzotta, che ospitava mostre questione di gusti. sa perché non è ghettizzato, non bellissime, davanti al Piccolo Te- Non perché la tecnologia mi por- sta in periferia. Capisco i mec- atro. Più passa il tempo, più noi ta a quello e io mi adatto, lo faccio canismi economici, ma consi- avremo bisogno di incontro fi- solo quando le cose mi piacciono dero la sala cinematografica un sico e di fermento corporale, la e mi fanno godere. Stefano Boeri “Il Comune doveva negoziare”

a vicenda dell’Apol- Finché sono stato assessore al- e culturale dell’autorevolezza. L lo andava gestita in la Cultura di Milano avevo cer- La moria dei cinema ha tra le modo diverso per cato di gestire la vicenda Apple cause anche una certa pigrizia di una semplice ragio- in modo differente, offrendogli idee da parte dell’esercizio e del- ne: l’Apollo non è in deficit, come uno spazio straordinario come la distribuzione. Perché non pro- è invece successo per la gran par- il secondo Arengario in cambio porre in sala maratone delle serie te dei cinema che hanno chiuso, della possibilità di espandere nel tv americane? Perché non crea- è gestito con intelligenza e ha un secondo Arengario, una parte del re un distretto dei cinema d’es- pubblico fidelizzato. Quando un Museo del Novecento. sai composto da 4/5 sale, tra loro soggetto come Apple arriva a Mi- Un’amministrazione che si con- vicine, e con una bigliettazione lano, anche se si tratta di un pri- fronta con un soggetto come Ap- unica o integrata. vato che ha tutta la libertà di per- ple non può pensare che si tratti Certo il cinema compete con al- mettersi una contrattazione con di un qualsiasi centro commer- tre modalità di fruizione, ma re- altri privati in autonomia, occor- ciale, così come non può ritenere sta un’esperienza unica e irri- re che un’amministrazione co- che l’Apollo sia l’equivalente di nunciabile come dimostra il munale intervenga, almeno ne- un negozio di scarpe. Sono que- successo Zalone. Il problema goziando il fatto che la perdita di stioni sulle quali un’amministra- non è allora il cinema in sé ma il una struttura di alto profilo cul- zione, anche se priva di un potere fatto che mancano nuove idee, turale e sociale come l’Apollo è formale e giuridico, ha un pote- che la politica non se ne occupa una penalizzazione per la città. re importante sul piano politico e che gli operatori sono distratti. DISCUSSIONI A Milano i cinema chiudono. Che fare? 68 - 69

Paolo Mereghetti ome fermare questa C strage di cinema? Il Comune di Milano “Così il centro città dovrebbe modifi- care le proprie regole sul cambio di destinazione d’uso delle sale. Dopo decenni di rigidità assolu- si spopola” ta, sull’ondata di un innamora- mento collettivo del liberismo e di una liberalità assoluta, entram- bi per me sbagliati, la stragrande maggioranza dei cinema di cor- so Vittorio Emanuele si sono tra- Così si ritiene che il cinema non sformati in centri commerciali. sia solo un’attività commercia- L’assessore alla Cultura di Milano In altri comuni, come Bologna, le più o meno redditizia, ma che Filippo Del Corno sulla chiusura non è così semplice cambiare la abbia un valore di produzione dell’Apollo si è trincerato dietro destinazione d’uso dei cinema. culturale, di vivibilità della città. un’asserzione di liberismo asso- Inoltre il Comune dovrebbe in- luto: è il mercato che lo chiede. tervenire con provvedimenti a Questa politica dello struzzo ha sostegno della sala. A Bologna portato alla desertificazione di i cinema non pagano più alcu- una via centralissima che alle 9 ne imposte, riscosse in altre cit- di sera è buia e si spopola quando ra dei multiplex che è avvenuta tà, come l’IMU, la tassa sull’inse- negozi e grandi magazzini chiu- nella totale mancanza di regole. gna, sui rifiuti. Si dovrebbe allora dono. Credo che il mercato, in Allora si sosteneva che tante sa- attuare una legislazione coeren- una civiltà complessa come quel- le avrebbero corrisposto a tan- te affinché le attività culturali la occidentale, debba essere sot- ti titoli diversi, a tante possibili- non siano confinate nelle peri- toposto a limiti e regole. tà differenti. E ora ci ritroviamo ferie, favorendo la loro sopravvi- Non dimentichiamoci poi la poli- con solo tre film che inondano le venza nei centri cittadini affolla- tica attuata dal governo naziona- sale dei multiplex. ti di banche e grandi magazzini. le di sinistra nel favorire l’apertu- Quando dicevamo quello che sa- rebbe accaduto, passavamo allo- ra per pericolosi nemici della li- bertà, e invece avevamo ragione. La sala non attrae più il pubbli- co, sostiene qualcuno. Come la mettiamo con gli incassi dei film di Checco Zalone? La verità è che un certo tipo di cinema non è in crisi e un altro sì. Steno (Stefano Vanzina) Come si deve morire ammazzati da “Quarta parete”, 25 ottobre 1945.

sei mesi dalla liberazione del Paese e poco me- erale sul potere estetizzante del cinema nella rappresentazi- A no di due dalla fine ufficiale del secondo conflit- one della violenza: un “Pietro Koch muore pensando eviden- to mondiale, i fantasmi della guerra e del fascis- temente a certo cinismo Metro Goldwyn di alcuni personaggi mo si materializzano ancora tra le pieghe della interpretati da Cesar Romero”. Chiudendo sulla morte “con finzione cinematografica e altrimenti cominciano a cristalliz- perfetto stile” di Anna Magnani in Roma città aperta, Steno si zarsi in un immaginario memoriale condiviso, soggetto a pro- ferma a un passo dalla morale, ma la sua riflessione affonda in cessi di revisione, manipolazione e creazione, secondo criteri due sostanziali questioni. Entrambe rimandano a due rispet- estetizzanti otre che d’opportunità. Stefano Vanzina, che fin tivi “rimossi” della cultura italiana. La prima riguarda una fal- dai tempi delle prime caricature su “La Tribuna Illustrata” si sa tendenza a considerare il gusto del macabro e in generale firmava Steno, è già collaboratore di Mario Mattioli – preva- del “terrorifico” come marginale nella cultura italiana mod- lentemente come sceneggiatore – quando tenta su “Quarta erna – per lo meno quella visiva e spettacolare (per esempio, parete” un’originalissima riflessione sull’estetica della morte solo recentemente si sono ripercorse criticamente le radici violenta nel cinema, con un sarcasmo e un gusto macabro che culturali pervasive e diffuse di un’estetica del cinema orrorif- non poteva che venir dal “Marc’Aurelio”, dove pure era già ico italiano) –, la seconda riguarda il rimosso per eccellenza: comparso come vignettista. L’ipotesi, raffinatissima nei riferi- la complessissima elaborazione della violenza del fascismo, menti e assai scrupolosa nel dar conto del costume dell’epoca e soprattutto della guerra civile con la maturazione della Re- – il “cadaverismo la cui documentazione in rotocalco dilaga sistenza. Il distacco innegabile con cui Steno affronta l’argo- settimanalmente dagli ebdomadari ‘gialli’ che fanno capo a mento è impressionante, ma anche intelligentemente dosato Crimen, che si potrebbe anche definire ‘La Domenica del gius- e strategicamente efficace. L’argomento è scottante. Il clima tiziere’” – è retta da un’argomentazione assai seria sulla funzi- in quei mesi è ancora tesissimo e la diffusione di quel “cadav- one della storia nella definizione di un’estetica della violen- erismo” di cui parla è sintomatico di un’aria di morte che si za e viceversa sul potenziale riflessivo e auto-riflessivo di una respira nelle città e nelle province italiane, ancora alle prese tale estetica: un potenziale che si riverbera nel gesto plastico con i “conti in sospeso”. L’elaborazione della morte e della vi- del “morto ammazzato”. Dalla Grecia classica nella morte di olenza che si avvia in quei mesi e che passa, nel nostro Paese, Ettore, all’epoca romantica della morte guascona di Cirano. anche attraverso una complessa estetizzazione – per esempio Che dire dunque dei giorni dell’immediato dopoguerra italia- nei rotocalchi e attraverso la funzione mediatrice del cine- no, dove l’immagine “spettacolare” dei corpi appesi in piazza- ma – non è però tanto catartica e clamorosa, come nell’antica le Loreto produce un problema non (ancora) etico, ma estet- Grecia, quanto piuttosto sotterranea, strisciante: scorre som- ico: è sufficientemente cinematografica la morte di Starace? messamente e surrettiziamente per sedimentarsi, progressiv- Con un acume notevole Steno riflette sull’impatto scenico e amente, sul carattere degli italiani. per l’appunto “spettacolare” delle morti di quelle che l’autore Steno, futuro, massimo artigiano della commedia italiana, lo chiama “le ultimissime belve della tragedia europea” e in gen- sa benissimo.

di Andrea Mariani IN QUESTO NUMERO UN ARTICOLO ESTRATTO DALLA RIVISTA “QUARTA PARETE”

n° 4, 25 ottobre 1945

articolo a firma di Steno (Stefano Vanzina) FOCUS di ROBERTO SILVESTRI EGITTO

DENOMINAZIONE: REPUBBLICA ARABA D’EGITTO,

SUPERFICIE: 1.002.450 KM² POPOLAZIONE: 89.824.976 DENSITÀ: 84 AB./ KM² CAPITALE: IL CAIRO VALUTA: STERLINA EGIZIANA LINGUA UFFICIALE: ARABO

FORMA DI GOVERNO: REPUBBLICA PRESIDENZIALE FOCUS Il Caso Egitto 72 - 73

n Egitto il cinema colo continuo e fiammeggiante, I arriva dalla Fran- perfino orientalista: con le dive cia quasi subito. adorate della canzone, le scanda- Nel 1896. E fa col- lose danze del ventre di Taheya po. Se è tunisino il primo lungo- Carioca e Naima Akef (su coreo- metraggio arabo della storia, e se grafie del Berkeley del Nilo, Wa- non è egiziano, ma turco, il regista li el Dine Sameh), le armonie or- del primo film egiziano della sto- chestrali arabesque ritoccate da ria, Alessandria e Il Cairo domi- contaminazioni occidentali, i neranno comunque per decenni remake hollywoodiani, i dram- l’immaginario dell’Occidente e mi rurali appassionanti, i dell’Oriente arabo, del Maghreb, di Kamal al-Cheikh (come Vita o del Mashreq e oltre. Anche per- morte del 1954), le storie d’amo- ché l’indipendenza (formale) re intrise di nazionalismo e valori dell’Egitto arriva prima, già nel piccolo-borghesi che cercavano 1922. Si festeggiò con uno spetta- di eludere, con allusioni sottili,

Con più di 3.000 lungometraggi prodotti in la ferrea censura sociale e mora- le impostata e imposta dal 1918 80 anni, e una ricca tradizione letteraria, dagli inglesi e dall’Islam letterali- musicale e teatrale alle spalle, l’Egitto è sta. Non si potevano attaccare né tuttora una capitale del cinema mondiale le autorità politiche né quelle re- ligiose né i capi di stato stranieri. ed è l’unica industria cinematografica I conflitti anti-feudali erano ban- araba, per quantità, qualità e strutture, diti e così l’inneggiare al comuni- che esporta film al di qua e al di là dei smo e alle moltitudini in lotta per la libertà. Due film storici con- Paesi di cultura islamica. tro la tirannia e la corruzione nel lontano passato ebbero problemi per le allusioni palesi al presente EGYPTIAN WAY

consolatori della virilità messa in discussione, nei quali comunque OF LIFE le donne finivano abbandonate, ammazzate, stuprate, suicide o in manicomio, e i confini tra le clas- si sociali erano invalicabili come dispotico (Lasheen di Fritz Kramp muri. L’equivalente egiziano dei del 1938 fu poi sbloccato, men- “”, ma la conno- DENOMINAZIONE: REPUBBLICA ARABA D’EGITTO, tre Laila, figlia del deserto di Bahi- tazione lisergica promette e man- ga Hafez del 1937 fu proibito). Si tiene una lussuria visiva più nar- soprannominò Opium Cinema cotizzante, surreale e “ambrata”. SUPERFICIE: 1.002.450 KM² POPOLAZIONE: 89.824.976 quel che si realizzò, di leggero, Poi, cacciato il re Faruk, garante in Egitto tra il 1938 e il 1945. Film di una indipendenza solo forma- DENSITÀ: 84 AB./ KM CAPITALE: IL CAIRO ² ambientati negli hotel di lusso, le da Sua Maestà britannica, le in- VALUTA: STERLINA EGIZIANA LINGUA UFFICIALE: ARABO in vacanza, alla Borsa, alle corse vettive suadenti ma inattuate del di cavalli, al casinò. Melodrammi “socialismo arabo” nasseriano FORMA DI GOVERNO: REPUBBLICA PRESIDENZIALE continuarono a tutelare la mora- alismo contadino di Kamal Se- lità patriarcale. lim, Niazi Mostafà, Ahmed Ba- Ne sa qualcosa il più famoso e drakhan e Mohamed Karim degli amato cineasta egiziano della sto- Anni ‘30. Quello surreale, dan- ria, Yussef Chahine (1926-2008), zante e “alla Cocaina” (dal titolo che ha sempre fatto scalpore e di un suo film) di Togo Mizrahi spesso rischiato il carcere per il negli Anni ‘40 (caratterizzati an- contenuto laico e libertario del- che dalle sperimentazioni lingui- le sue immagini, d’ogni genere e stiche, fuori genere, addirittura stile. Saranno i suoi allievi (an- nella fantascienza, Magici occhi, che esuli, come Maghed el Ma- di Ahmad Jalal). Quello neorea- dhi) a scoprire quel che si na- lista, metropolitano, impegnato e sconde nell’inconscio collettivo perfino zavattiniano di Salah Abu dell’Egitto ribelle, che non teme Seif, Yussef Chahine (con stria- lo scontro di piazza. Fino alle pe- ture di fellinismo), Tewfiq Selah santi e certosine interferenze più e Henry Barakat degli Anni ‘50. che censorie del wahabismo sau- La ‘nouvelle vague’ misteriosa di dita tra XX e XXI secolo, diventa- Chadi Abdel Salam e Hussein Ka- to padrone dell’audiovisivo egi- mal Anni ‘60. Ali Badrakhan e At- ziano dopo il boom del petrolio tiat el Abnoudi, censuratissima, del 1973 e per più di un ventennio, ovvero la crisi nera degli Anni ‘70. prima che il governo militare di Mohamed Khan e Atef al-Tayeb, Abd al Fattah al Sisi, deposto l’o- cioè il neo-neorealismo critico diato Mubarak, annientasse i Fra- degli Anni ‘80. Il realismo magico telli musulmani (Qatar), conge- degli Anni ‘90 di Sharif Arafa (che lasse i Salafiti (Arabia Saudita) e trasforma il comico in un tribu- sganciasse il cinema dal controllo no politico e l’attore Adil Amam soffocante dei petrodollari cora- in un Alberto Sordi meno acco- nici e dei sunniti drastici. modante con il Potere), di Yusri Videocassette e tv cavo quasi di- struggono il cinema de Il Cairo quando Ryad e gli Emirati diven- tano padroni del gioco. Le sale che erano 450 negli Anni ‘50, per 20 milioni di abitanti, diventano 150 negli Anni ‘80, per 80 milio- ni di abitanti… Cinema “della de- mocrazia e della libertà”, dunque diversamente represso, è stato via via quello del patriarca Mohamed Bayumi, delle tante registe don- ne e degli orientalisti “stranieri” degli Anni ‘10 e ‘20; del proto re- FOCUS Il Caso Egitto 74 - 75

Nasrallah e di Asma al Bakry, gli ti essenziali, punta soprattutto allievi di Chahine. E lo street sty- a esprimere il cambiamento, mi le teenager da XXI secolo di el Ba- sembra che non ci sia arte come il tout e Abdallah, che precedono la cinema che punti di più a chiari- rivoluzione, comunque irrever- re la mobilità estrema degli esseri intelligenza le sconsigliava di esa- sibile, del 2011. Troppo commer- e delle cose”. L’astrattismo, ricor- gerare con la recitazione, non al- ciale, troppo popolare, troppo dava Apollinaire, non è una sorta trettanto divina come le perfor- comico e “radiofonico” diran- di elogio semiotico dell’arte isla- mance vocali che il cinema, anzi, no i critici (soprattutto maghre- mica ossessionata dalle dinami- tende necessariamente a sempli- bini) dell’imperialismo visuale che metamorfosi floreali? ficare. Eppure il divismo cano- egiziano, come di quello india- Gli egiziani e gli arabi adorano ro classico leggermente conta- no. Irritati da una rappresentazio- dunque il cinema, la musica e la minato da valzer e rumba (nelle ne così piatta e stereotipata della danza. Intanto perché il piacere performance di Mohamed Ab- personalità umana. Da un disin- del movimento e delle immagi- del Wahab e Chadia, Badr La- teresse sospetto per i valori vi- ni in movimento sono intrinseci ma e Laila Murad, delle libanesi sivi dell’immagine. Da una stra- alla cultura araba. Altro che ico- Asmahan e Nur el Hoda e del li- bordante, inquietante presenza noclastia. Si dice “ombre cinesi”, banese Farid El Atrache, di Abdel simbolica della donna, nel com- eppure è pionieristica la passione Halim Hafez e Shaba, anche lei li- portamento e intenzionalmen- desertica per le storie raccontate banese …) e modificato in star sy- te troppo attiva, diva e padrona sotto le tende dai beduini con le stem sul modello hollywoodiano, della fiction… Eppure. Conoscia- dita, le marionette (qaraqoz) e la ha traghettato il cinema egiziano, mo poco di questo tesoro imma- luce… Il canto e la danza sono poi da lusso aristocratico-borghese a ginario a due passi da noi e psi- al centro di un teatro popolare consumo massa. È stato infatti il cologicamente più complesso e basato sulle suggestioni di canta- carattere cosmopolita, moderni- liberatorio di quanto non sembri, storie dalle antiche radici andalu- sta e femminista ante litteram del come spiega Yusra, l’ultima super se (hakawati) e sul balletto, cora- Paese durante la Belle Époque, ad star: “Attraverso i film e le dichia- le e promiscuo, che adorna feste e attivare gli ingegni locali più in- razioni lottiamo contro un pote- celebrazioni, sacre e laiche, e qua- ventivi di una società civile na- re molto forte. Non siamo solo lunque appuntamento extra lavo- zionalista, viva e intraprendente, molto coraggiose e schiette, e un rativo. La riproduzione musicale e ad attirare, specialmente nel- tempo ve ne renderete conto, ma su disco, nata nel 1904, la radio, la Alessandria di Ipazia e Archi- abbiamo successo”. Canti e dan- esplosa nel 1934, e il cinema sono- mede, Durrel e Kavafis, Ungaretti ze fanno parte della vita, “non so- ro, qui perfezionato nel 1935, sono no come i capelli nella minestra” dunque stati oggetto di un diabo- conferma Salah Abu Seif. L’imma- lico desiderio consumistico. I so- gine è tendenzialmente idolatrica li sei film musicali della leggenda- se osa rappresentare a tutto ton- ria cantante Om Kalthum, girati do l’essere umano che è copia di quasi controvoglia dalla star tra il ciò che sta nel più alto dei cieli? 1936 e il 1947, non hanno distrutto Niente affatto. Va separata l’im- né costruito il suo mito. “La voce magine blasfema di Dio da quella della stella dell’Oriente fa vibrare mentale, metaforica, imprecisata. l’anima anche se non si compren- L’ebraismo non fondamentalista, dono le parole delle sue canzoni”, oltre che “Charlie Hebdo”, le se- come spiegava il compositore so- para nettamente, anche con il di- vietico Kachaturian. E conquista- segno, o con i nomi, el o pesel è una va tutti, nei concerti dal vivo, co- cosa, temunah un’altra. E il teolo- me nelle riproduzioni. Ma la sua go modernista islamico, lo sceic- co azharista Mohammad Abduh, nel 1891 appoggia il nascente ci- nema scrivendo su Al Waqai: “bi- sogna eguagliare il livello estetico dell’Occidente”. E nel 1928 su “Al Manar”, Rida sentenzia: “L’Islam non è mai stato contro l’immagi- ne che esprime la bellezza dell’es- sere umano in movimento”. E nel 1966 Salah Stétié attribuisce all’Islam perfino una certa prio- rità cinetica: “Se è vero che l’ar- te musulmana, per alcuni aspet- l’Egitto, prima ancora di ottene- riforma agraria (l’ezbe, il latifon- re una indipendenza sostanziale, do, non si tocca!) e impediva di è stato il solo Paese colonizzato trattare argomenti tabù: nomi- capace di creare una forte indu- nare i comunisti, non temere gli stria nazionale del cinema che ha omosessuali e le idee sovversi- potuto pianificare più di una doz- ve, offendere l’Islam e la famiglia, zina di film l’anno tra il 1925, con accennare a Israele e agli ebrei, la fondazione della società di pro- maltrattare i popoli afro-asiatici duzione Misr (in arabo vuol dire in lotta per l’indipendenza e per Egitto), e il 1934, grazie agli studi il non-allinamento (e questo mi e Marinetti, artisti e tecnici, ope- Misr voluti da Tal’al Tharb a Gi- sembra sensato). Ma decisero per ratori, inventori e ingegneri da za, sulla strada per le piramidi Sa- esilio (nell’Iraq di Saddam) Tafiq Francia, Turchia, Cipro, Grecia, qqara (saranno poi nazionalizzati Saleh (il più perseguitato dalla Germania, Ungheria, Armenia, da Nasser). E poi trenta, quaran- censura) e Abu Seif, o, Chahine, Austria, Russia, Malta e soprat- ta, sessanta film all’anno. Dietro per l’alta arte del compromes- tutto Italia... c’è la banca Misr, cuore strategico so, dopo la caduta di Nasser - Già. Proprio italiane sono alcu- del partito liberale indipendenti- annientato dalla sconfitta nella ne figure chiave del cinema egi- sta Wafd, che tutelava gli interessi guerra dei Sei Giorni e tradito dal- ziano, come Alvise Orfanelli della borghesia mercantile e degli la burocrazia. I registi di La ter- (1902-1961), che animò ad Ales- industriali del sale, cotone, zuc- ra, Révoltés e Il processo, alle prese sandria nel 1917 la prima casa di chero e altre imprese manifattu- con il neoliberalismo capitolardo produzione locale, quando il no- riere. Con la fine della monarchia di Sadat e con il dispotismo cre- stro cinema, dopo Cabiria, era il e la rivoluzione guidata dal Mo- scente di Mubarak, resistettero più spettacolare, audace e bello vimento degli ufficiali liberi, do- comunque. È del 1972 Gli ingan- al mondo, e che fu poi il maestro po il 1952, l’Egitto ha dato voce e nati, di Tafiq Saleh, dal romanzo di Yussef Chahine. Il napoletano cuore con il suo cinema, politico del palestinese Ġassān Kanafānī d’Egitto Mario Volpi (1894-1968), per decreto, alla grande utopia Riǧāl fī al-šams (Uomini sotto il autore con Istephan Rosti, del popolare panarabista e panafrica- sole). Prodotto in Siria narra, con primo film sonoro, secondo Sa- na, nazionalista e anticoloniale, asciutto bianco e nero, e stile re- mir Farid, anche se imperfetto e della redistribuzione equa del- alistico allucinato, l’odissea mor- tecnicamente, Enshaudat el Foua- le ricchezze, grazie ai suoi tre leg- tale di tre palestinesi sfruttati più dad, “Canzoni del cuore” (1931), gendari cineasti, narratori fasci- dai fratelli sauditi che dai nemi- e il visionario alessandrino Togo nosi di melodrammi popolari, ma ci di Israele. Chahine, da Djamila Mizrahi, figlio di ricchi romani, radicali e “realisti” dentro, Yussef l’algerina (1958) a Il Passero (1973) studi in Germania, Francia e Ita- Chahine, Tafiq Saleh e Salah Abu a Alessandria… perché? (1978) ren- lia, fondatore della Egyptian Film Seif. Tutti e tre dal 1956 al 1970 al de omaggio alla forza e alla co- Company, che sarà fino al 1948 e fianco del Nasser anti imperiali- scienza rivoluzionaria delle don- alla nascita dello stato di Israele, sta e contro il Nasser sessuofobi- ne affiancandosi al lavoro di Abu uno dei grandi maestri della com- co e che non attuava la promessa Seif che nel 1959 in Io sono libe- media farsesca di derivazione te- atrale (con gli attori Ali Al Kassar e Fawzi al-Ghazaerly) e del mu- sical classico (con Leila Murad e Um Kalthoun) ma poi, rientra- to nell’Italia postfascista dei suoi antenati, fu colpevolmente di- menticato, qui e lì (forse perché ebreo?). Senza la spinta autore- vole di Roberto Rossellini, poi, il talento new wave dell’alessandri- no Shadi Abdelsalam non avreb- be mai scodellato il gioiello più poetico sull’archeologia faraoni- ca e anche l’unico film d’arte fi- nanziato interamente dallo stato egiziano, cioè La mummia, il ca- polavoro nubiano del 1969. Non dimentichiamo comunque che FOCUS Il Caso Egitto 76 - 77

ra aveva affrontato il problema aveva espulso dai posti di com- della distruzione del patriarcato, mando produttrici e registe “ca- obiettivo non solo femminile. Nel paci di fare qualunque cosa pro- 1969, scosso dal Maggio parigi- prio come gli uomini”, ecco che il no, il Gruppo del Nuovo Cinema cinema egiziano ha scodellato in- (Mohamed Khan, Atef al Tayeb e vece numerose cineaste di qualità Daul Abdel Sayed ne saranno gli commerciale e intellettuale come esecutori rigorosi negli Anni ‘80) le pioniere del muto Aziza Amir, lancia un appello che non verrà la libanese Assia Dagher, Bahi- dimenticato: scrutare la società ja Hafidh (o Bahiga Hafez), Fat- da tutti i punti di vista. Il pan-rea- ma Rushdi, Mary Queeny e Ami- lismo, come programma minimo, na Mohamed, le antenate delle ai confini del fantasy, non tollera documentariste e delle registe di più tabù né top secret. È cinema e di fiction tv di oggi, an- il manifesto del cinema di que- cora più “fuori schema”, come sti giorni. Non dimentichiamo Attiat el Abnoudi (suo il proibi- che, con più di 3.000 lungome- tissimo corto Hesan, 1971), Nadia traggi prodotti in 80 anni, e una Hamza, Nadia Salem, Ines Daghi- ricca tradizione letteraria, mu- di e Asma Al Bakri. sicale e teatrale alle spalle, di cui sono simbolo lo scrittore premio Nobel Naguib Mahfouz, il com- positore anti accademico Sayyid Darwish e il regista teatrale Taw- fiq al Hakim, l’Egitto è tuttora una capitale del cinema mondiale (ha saputo anche anticipare la rivol- ta del 2011, con le opere profeti- che dei giovani Ahmad Abdallah e Ibrahim El Batout) ed è l’unica industria cinematografica araba, per quantità, qualità e strutture, che esporta film al di qua e al di là dei Paesi di cultura islamica, a cui ha imposto per decenni la pro- pria lingua, stile e moda, l’egyptian way of life. Quando, dagli Anni ‘30 agli Anni ‘70, perfino Hollywood UN CINEMA DIVERSO PER L’EGITTO DEGLI ANNI 2000

di DIAA HOSNY * Filo diretto da Il Cairo. Il punto di vista critico.

to comunità straniere, per lo più nordeuropee, appartenenti a con- Ahmad Abdalla El- fessioni cristiane differenti. Per- A Sayed, che viene dal corsi paralleli di personaggi del cinema indipen- quartiere ma senza legami diretti, dente degli Anni’ rivelano, tutto in un solo giorno, 90, sconvolse nel 2009 i critici e una realtà molto diversa, il decli- i festival internazionali con il suo no di un pezzo storico della cit- magnifico esordio. Girato in di- tà che ha perso la sua gloria, tran- gitale e stampato in 35mm, Helio- ne briciole di ricordi. Quel che fa polis si ambienta nel quartiere est unico ed eccellente il film di Ah- de Il Cairo, noto anche come Misr med Abdallah è il ritmo visivo che Al-Jadida (Nuovo Egitto). Collo- collega i personaggi, con dolcezza cato in una zona desertica, in dire- e fluidità, attraverso connessio- zione del canale di Suez, risorse, ai ni e sconnessioni di montaggio, primi del Novecento, grazie al ba- senza perdere di vista l’evoluzio- rone belga Empain che ne ha fatto ne drammatica della situazione. un gioiello architettonico arabo-i- Abdallah dà molto spazio al silen- slamico. È stato per decenni sim- zio, proibito nel cinema egizia- bolo della convivenza e tolleran- no, per radiografare la crisi psico- za multietnica della capitale, un logica e lo stato di alienazione dei luogo cosmopolita che ha accol- personaggi. Ex montatore e stu- dente di musica, Abdallah viene dalla sperimentazione amatoria- le, non dall’Accademia, fa cinema per piacere, come dimostra il suc- cessivo Microfono (2010). Un film sulla musica giovanile rivoluzio- naria, sull’arte di strada, sui graffi- tisti, insomma sulla potenza vira- FOCUS Il Caso Egitto 78 - 79

to il mondo virtuale dei social me- dia, diffondendo in rete fumetti e vignette satiriche che colpiscono, l’acqua è contaminata, i prodot- come Pop Art, il comportamento ti alimentari vengono trattati con dei politici, le idee repressive e gli materiali cancerogeni, le elezioni arcaici metodi coercitivi. L’occhio sono falsificate e manipolate dal- attento di Ahmed Abdallah ave- la corruzione, i servizi sanitari so- va colto in Microfono i sintomi di no pessimi ma lo spirito della ri- vano e assurdo. La tecnologia ha un’eruzione giovanile imminente. voluzione s’agita già nei cuori dei dato una boccata d’ossigeno a chi Nel 2013 Ahmed Abdallah ha rac- giovani ribelli che protestano at- si sente prigioniero di un regime contato la rivoluzione del 25 gen- traverso sit-in e manifestazioni. Il che non può più ostacolare la co- naio in Farsh wa ghata, “Stracci e mosaico è intricato e complicato municazione tra cittadini e verità. brandelli”. Un giovane, strappa- perché la sceneggiatura parte dal- Il film di El Batout è come il mano- le della cultura underground che to al carcere, è incaricato di con- la guerra in Iraq, all’inizio degli An- scritto drammatico degli avveni- il potere teme e cerca in ogni mo- segnare una lettera alla famiglia ni ‘90, vissuta da personaggi che menti più importanti accaduti in do di arginare, negando ai giova- di un collega cristiano, poi ucci- si trovano tra Iraq ed Egitto. Tutti Egitto tra la rivoluzione del 1919 a ni artisti ogni spazio pubblico e la so durante gli scontri. Il fuggiti- gli effetti negativi della presenza quella del 2011 (gli egiziani si ribel- possibilità di infiammare un pub- vo, finalmente libero, scopre che militare straniera in Iraq sconvol- lano solo a inizio secolo?). A pre- blico. Il film è l’ingresso nella mo- l’oppressione e l’ingiustizia sono gono anche l’Egitto, con la grande scindere dall’esito negativo di en- dernità del cinema egiziano, grazie all’esterno come all’interno della differenza che qui non c’è inter- trambe le sommosse, registrare e all’accurato lavoro di montaggio prigione, e che la rivoluzione vie- vento esterno, ma è la corruzione documentare eventi storici con il tra suono e immagine, che rende ne imbrigliata piano piano da fal- e l’oppressione politica interna a cinema può aiutare a ricostruire la il ritmo, pulsante e incalzante, ve- si conflitti settari aizzati per divi- distruggere il Paese e a colpire i più memoria e la coscienza di un po- ro protagonista dell’opera. Il film dere la società. Sarà ucciso anche deboli e poveri. A frammentare polo e anticipare le ondate di cam- è stato criticato perché la testarda lui, in uno scontro fratricida, nel ancora di più la struttura del film, biamento, senza dover aspettare ribellione giovanile contro il vec- quartiere cristiano del collega. El Batout usa tecniche inconsuete, il prossimo secolo. Nel suo nuo- chio mondo non è costruttiva. Ep- Il film è quasi senza dialoghi. Gli come l’improvvisazione attoriale, vo film d’azione, a retrogusto me- pure proprio quella rabbia, quelle eventi non hanno bisogno di com- esaltata dall’uso dei piani sequen- taforico, Al-Ott (“Il gatto”, 2015), musiche e quei graffiti heavy metal menti, spiega Abdallah, sono elo- za, o il ricorso a materiali di reper- El Batout amalgama invece cro- saranno i protagonisti della rivolu- quenti abbastanza per esprimere torio (riprese dal fronte iracheno o naca e magia. I trafficanti in or- zione culturale che ha accompa- il disastro dell’Egitto oggi. Il nuo- del movimento di protesta Kifaya, gani umani di bambini rapiti non gnato l’insurrezione popolare del vo millennio e la rivoluzione han- Basta, contro il regime di Hosni potrebbero essere fermati senza 25 gennaio 2011. E anche se la rivo- no liberato soggetti “tabù”, que- Mubarak) armoniosamente inte- l’intervento soprannaturale di una luzione non ha modificato lo zoc- stioni vietate finora al cinema grati al contesto drammatico. Sul creatura che controlla gli eventi e colo duro del regime, nessuno può egiziano, come l’aids, l’ateismo, “25 gennaio 2011” El Batout ha gi- spinge due eroi proletari ad affron- negare l’irreversibilità delle alter- la Storia non ufficiale, l’omoses- rato El-Shetta Elly Fat, L’inverno tare il “gatto”, il boss della gang. native artistiche e culturali che si sualità, le molestie sessuali in fa- del malcontento), raccontandoci Quel personaggio di straordinaria sono imposte sin dai primi giorni miglia, la violenza sulle donne... la rivoluzione attraverso tre per- potenza è il simbolo dell’antica e dei moti sui muri di piazza Tahrir etc. Argomenti estranei al cinema sonaggi emblematici: un informa- sadica divinità egizia del Male, che e sopra i palchi che i manifestan- commerciale (commedie, dram- tico, giovane attivista dei diritti controlla gli animi degli egiziani e, ti hanno costruito per diffondere mi d’azione, musical) ma che il umani; la sua fidanzata, giornalista come fossero burattini, li spinge musiche e canti di lotta. La rivo- riflusso rivoluzionario e il dete- televisiva spudoratamente filo go- alla violenza fratricida, diverten- luzione del 25 gennaio ha influen- rioramento della situazione eco- vernativa; l’ufficiale di polizia che dosi a eccitarli con il miraggio del zato la cultura e le arti della nuo- nomica hanno per il momento interroga e tortura i rivoltosi un po’ denaro, del potere e della fama. va generazione, ispirato canzoni completamente bloccato. come in Brazil di Terry Gillian l’im- originali, fino alla Mahraghanat Salva però dalla monotonia e dalla piegato del Ministero degli Interni (musica festosa), lo stile che ha superficialità del cinema di consu- che straziava candidamente i so- conquistato le periferie con il suo mo un altro talento che ha affian- spetti mentre nella stanza accan- strepito e i ritmi veloci, a dispetto cato Abdallah, Ibrahim El Batout, to i suoi bambini giocavano tran- dei detrattori. L’arte dei graffiti, dai il primo a girare in digitale e a da- quillamente. El Batout confonde muri delle piazze, ha contamina- re struttura drammatica inusua- la continuità spazio-temporale le a Ain Shams (2008). Anche qui attraverso un montaggio fluido un incrocio di personaggi, isola- che nell’unità dell’evento mescola ti nel crogiolo dei loro problemi e passato e presente, la piazza con il interessi, svela una rete di corru- carcere e gli studi televisivi, senza zione, radicata in un Paese dove mai spiazzare lo spettatore. Il se- condo protagonista del film è lo schermo, televisivo, del compu- ter o del portatile. Siamo di fron- te a una rivoluzione in diretta, na- *membro dell’associazione critici egiziani scondere la verità dei fatti è ormai La traduzione è di Muhammad Abdel-Kader. INTERNET E NUOVI CONSUMI

SENZA PAROLE.

IL CODICE VISUALE

DEGLI EMOJI

di CARMEN DIOTAIUTI Si chiamano emoji e sono quei simboli pitto- grafici entrati a pieno titolo nelle comunicazio- ni online mediate dagli smartphone. Inizialmen- una faccina che ri- di manga e . Volti, oggetti, te confinati a una pigra deriva giovanilistica del È de fino alle lacrime cibi, luoghi o animali che vengo- la parola dell’anno no aggiunti ai messaggi per enfa- linguaggio, l’esplosione d’uso dell’ultimo anno li secondo l’Oxford tizzarne il senso, oppure utilizzati ha sdoganati dal pregiudizio e aperto la strada Dictionaries che, nel designare in sequenza per esprimere con- a diversificati, quanto inaspettati, utilizzi. Dalle il termine che meglio raffigura le cetti e rappresentare visivamen- tendenze dell’anno trascorso, per te emozioni, sentimenti e attività. campagne promozionali (Star Wars) alla tradu- la prima volta ha fatto cadere la Complice l’avvenuta integra- zione di romanzi (Moby Dick) o di serie tv (Game scelta su un pittogramma. L’ico- zione nelle tastiere dei dispo- of Thrones). Segni grafici che ritrovano la loro na individuata sta a rappresenta- sitivi smartphone, la frequen- re l’intera categoria degli emoji za d’uso è triplicata rispetto allo radice di condensazione espressiva del linguag- dei quali, da una ricerca fatta dal- scorso anno. Un’esplosione che gio. È nato un nuovo codice? la SwiftKey, risulta essere il sim- ha sfatato ogni pregiudizio sui bolo più utilizzato nel corso del limiti d’uso e aperto la strada a 2015. Un termine preso in presti- diversificati, quanto inaspetta- to dal giapponese che unisce le ti, impieghi, che ne avvalorano a parole “immagine” e “carattere” pieno titolo il carattere di varia- e rappresenta quella categoria di bile espressiva del linguaggio. simboli pittografici il cui utilizzo sembrava inizialmente confinato a una pigra deriva giovanilistica del linguaggio. Una serie di segni grafici codificati dall’Unicode Consortium, la cui rappresen- tazione si ispira alle forme tipiche INTERNET E NUOVI CONSUMI 80 - 81

Da Hillary Clinton, che ha chie- del linguaggio in cui il significato sto feedback al suo elettorato in viene ricondotto all’uso e in cui forma di emoji, a Emoji Dick, 735 la traduzione intersemiotica del pagine illustrate in cui ogni singo- concetto corrisponde a un codice la espressione dell’epico roman- zo di Herman Melville, Moby Di- ck, è tradotta nel suo corrispettivo pittografico. Ma non è l’unica sin- golare traduzione in circolazione. fortemente influenzato da spa- zio e tempo, come vuole la teoria cui popolarità, secondo il lingui- dei giochi linguistici di Ludwig Su YouTube esiste una versione sta David Crystal, sta nello sfor- Wittgenstein. Una tensione co- video che riassume in simboli gli zo cognitivo richiesto e nell’im- stante verso lo spazio della me- eventi della terza stagione di Ga- plicita sfida che li rende piacevoli tafora, in cui l’emoji, come og- me of Thrones, interamente realiz- sia per il lettore che per l’autore. getto rappresentato, ritrova la zata con un telefonino e dall’al- Neanche Hollywood poteva far- sua radice di condensazione lusivo titolo Game of Phones.Il si scappare l’occasione di sfrutta- espressiva del linguaggio. filmato è opera dell’artista ameri- re una delle mode del momento, cana Cara Rose DeFabio, autri- e ha annunciato per il luglio 2017 ce anche di Melroji Place, versio- l’uscita in sala di The Emoji Movie, ne della popolare soap Anni ’90 film d’animazione prodotto dal- Melrose Place sottotitolata nel più la Sony Pictures e moderno dei linguaggi smartpho- diretto da Anthony Leondis, già ne e presentata all’Emoji Art & regista di Lilo & Stitch 2 e del corto Design Show, la mostra dedi- Kung Fu Panda: i segreti dei maestri. VEDI ANCHE: cata ad installazioni artistiche in Game of Phones pittogrammi. Gli emoji sono sta- youtu.be/l0SYKT4FgGU ti, inoltre, ampiamente utilizza- corpo. Fin qui potrebbero esse- ti nelle ultime campagne promo- re considerati una sorta di surro- zionali, a partire da Star Wars - Il Adottati per velocizzare le nostre gato paralinguistico, un po’ co- risveglio della forza che, in accordo interazioni e rispondere al biso- me le emoticon di cui sono diretti con Twitter, ha lanciato un set di gno di mettere in scena emozio- discendenti. Ma gli emoji sono ni anche complesse come sar- molto di più. Il loro senso non è casmo, ironia o frustrazione, gli sempre univoco e se può essere emoji facilitano quel processo di facilmente intuitivo, ad esempio,

icone dedicate ai protagonisti del film. Così, durante il periodo di comprensione ed empatia che cogliere una richiesta di compli- lancio della pellicola, nel digitare nelle conversazioni face-to-fa- cità in una faccina che strizza l’oc- gli hashtag loro associati appari- ce viene innescato da intonazio- chio, è sicuramente meno imme- vano automaticamente all’inter- ne, espressione o linguaggio del diato il senso di una testa Moai o no dei messaggi i personaggi della di una siringa grondante sangue. celebre saga stellare. Allo stesso Il potere di questo tipo di imma- modo sono diventati popolari in gini sta proprio nell’ambiguità e rete una serie di rebus il cui obiet- tivo è riconoscere un film a parti- re da una sequenza di emoji che ne raffigura titolo o trama. Proprio il rebus, che rappresenta nella capacità di cambiare sen- un concetto invece che scriverlo, so in base al contesto, alla lingua può essere considerato uno degli e alla cultura in cui vengono in- antenati del linguaggio emoji, la serite. Una concezione sistemica GEOGRAFIE

a Storia del nostro L Paese inizia a Tripo- li, in Africa. Principio del nostro raccon- to e purtroppo anche suo presen- te: dalle colonie ai barconi, tut- LA to sembra essersi manifestato in quella terra, alla nostra Italia tanto prossima e sorella.

Il viaggio di Italo Moscati par- te dal Sud, in un armonico alter- narsi tra immagini dinamiche e BELLEZZA fotografiche, tra quelle storiche dell’Archivio Luce e diverse al- tre girate di recente in alta defini- zione, tra bianco & nero e colore, da Matera alla Capitale, per con- di NICOLE BIANCHI durre ai giorni presenti: la “risa- lita” narrativa dello stivale attra- verso 20 Regioni, in virtù di un sapiente assemblaggio della vi- sione, ascende dalla Sicilia ver- so il Settentrione per la tecnica di ripresa e montaggio capace di dare la sensazione dello scorre- re di un percorso, come fosse un grande carrello del cinema che cammina fluido attraverso il Pae- se, con l’accortezza – questo suc- cede soprattutto con l’uso del- le fotografie – di soffermarsi per istanti su dettagli che “impongo- no” un’impercettibile ma impre- scindibile sosta, fondamentale a Istituto Luce-Cinecittà ha prodotto non lasciarsi inebriare dall’effi- il nuovo documentario curato cace dinamismo del viaggio, così da far appoggiare l’occhio sui vi- da Italo Moscati – 1.200 km di bellezza - si del popolo, tra schiaffi d’ac- un Grand Tour contemporaneo che, qua di mare e una storia dell’arte risalendo dalla Sicilia alle Alpi, di ineguagliabile bellezza. Il tut- to incorniciato dal profilo, sem- attraverso 20 Regioni, ci fa viaggiare pre presente e protagonista, dello tra popoli e paesaggi, nel nome delle spettacolo della natura. arti e della natura, dalle tonnare sicule Rituali popolari in balli e costumi, all’architettura “fantasy” non solo espressione di tradizio- di Civita di Bagnoregio. ne ma anche patrimonio delle ar- ti della danza e della moda; archi- tettura d’ogni epoca inserita nella sinuosità delle “linee” antiche e perenni del paesaggio, come fos- GEOGRAFIE 82 - 83

se un unicum di bellezza che re- ciprocamente s’innesta su una perenne colonna sonora trasver- sale ai generi – dal folk alla clas- sica - nondimeno espressione di un nostro patrimonio storico e culturale riconosciuto nel mon- do. L’esplosione del concetto di bellezza, come evocata dal tito- lo - ispirato a una nozione cara a Moscati, presa dallo psicologo Ja- mes Hillman, secondo il quale se la gente sentisse nella vita l’im- portanza della bellezza probabil- mente scenderebbe per le strade per reclamarla - è circolare e to- DELL’ ITALIA

tale poiché, dal racconto di ogni sequenza, come dall’individuale dettaglio visivo o sonoro, viene restituita costantemente un’im- magine non solo audiovisiva ma soprattutto storica, epidermica, terrena, che riconduce al concet- to del “bello” quale espressione della complessità della Storia di una nazione intrinsecamente, ora come allora, profondamente fra- stagliata e diversa ma, proprio per questo - nella capacità o nel pe- renne tentativo – mai monotona, mai prevedibile, sempre foriera di stupore e nuovo incanto.

In 75 minuti di durata si viaggia per 1.200 km, ma anche attraver- so due secoli prossimi che – in fieri – danno forma e senso al- la nostra Italia, non raccontabi- le senza il materiale d’archivio che il Luce conserva e, come be- ne qui dimostra, non lascia affon- dare nello spessore della polvere accumulata col tempo che tra- scorre, rendendosi invece peren- nemente contemporaneo, con il grande pregio dell’essere porta- tore di una grande memoria. LAVORI IN CORSO

QUESTIONE

di CRISTIANA PATERNÒ DI SGUARDI

Il nodo del femminismo, vecchio e nuovo, nella stratificata identità del Festival milanese Sguardi Altrove, che vive la sua 23ma edizione dal 17 al 25 marzo. Ne parliamo con il direttore artistico Patrizia Rappazzo.

pur sempre questio- ne di sguardi, il cine- È ma. E lo sa Patrizia Rappazzo, direttore artistico del Festival Sguardi Altro- ve, che dal 17 al 25 marzo vive a Mi- lano la sua 23ma edizione. Giorna- lista e critico cinematografico con una laurea in filosofia, ha incrocia- to Gabriella Guzzi, fondatrice del- la manifestazione scomparsa nel 2004, mentre faceva un’inchiesta sul cinema meneghino: “Il Festival era nato all’inizio degli Anni ’90 e si chiamava Donne Altrove. Con Ga- briella ci siamo incontrate sul pia- cere di raccontare il vissuto delle donne e così ho iniziato a collabo- rare al progetto e siamo diventate amiche. Più tardi, il cambiamen- to del nome, da Donne Altrove a Sguardi Altrove, ha sottolineato lo sganciamento dall’ambito del femminismo per poter parlare di cinema d’autore, e non solo di te- mi femminili, ma sempre con l’in- tento di riflettere sulla condizione della donna a livello internaziona- le e con una speciale attenzione al- la regia e alla creatività femminile. L’ambizione è di essere uno spazio per rileggere la contemporanei- tà attraverso il cinema e l’arte cer- cando sinergie con l’attualità”. LAVORI IN CORSO 84 - 85

no prodotti da donne e solo l’11,2% sono scritti da donne.

Questo a livello quantitati- vo, ma parlando della qualità, qual è la situazione attuale nel cinema italiano? Per il cinema di finzione non è ot- timale, le storie che ci arrivano sono a volte banali, le opere pri- me risentono di una grandissima ingenuità, devo dire che le donne non si lanciano. La Scuola di Ci- nema di Milano ci conferma che le ragazze preferiscono fare pro- duzione o montaggio, come se non avessero fiducia in se stesse. Diverso il caso del documentario, forse perché costa meno ed è pro- Da quale tipo di riflessione che passa attraverso il linguaggio, duttivamente più agile, il panora- nasce questa esigenza di ridi- le relazioni e anche la comunica- ma qui appare più ricco. mensionare la vocazione fem- zione pubblicitaria, oltre che at- minista del Festival? traverso gesti estremi. Il tema di questa 23ma edizio- C’è stato, a un certo punto - è in- ne è: “Il tempo, tra memoria e negabile -, un fastidio verso il E quindi lavorate sul pubblico progetto”. Come si declina? femminismo, anche se di fatto la delle ragazze. Parliamo dell’estetica del tempo mia vita è nel segno del femmini- L’età media del nostro pubblico è e della percezione nelle culture smo, ma non ho avuto la necessi- diminuita grazie alle attività for- come tempo individuale, sociale tà di doverlo urlare. Mi sono det- mative pensate per gli studen- e trascendente. In questo affron- ta: facciamo vedere le cose che le ti, come le matinée o gli incontri tiamo la capacità delle donne di donne sanno fare, le cose di qua- con i cineasti. I ragazzi e le ragaz- raccontare il passato e il futuro lità che producono, quindi ca- ze vengono coinvolti anche nelle con una speranza e un’attenzio- povolgiamo il messaggio. La no- giurie e nelle preselezioni. Ma, il ne che si amplia con la materni- stra vocazione a occuparci dello lavoro sul pubblico è tagliato an- tà: le donne hanno una maggiore sguardo femminile rimane nelle che sull’identità di genere: le ra- capacità di spingersi oltre il tem- tre sezioni competitive, poi ci so- gazze, a volte pensano di essere po presente rispetto agli uomini, no le sezioni a regia mista. Inol- libere, non sono neppure consa- hanno una qualità significativa e tre, da quest’anno, la sezione di pevoli dei diritti perduti. speciale di racconto, ad esempio cinema italiano da panoramica nel racconto della guerra: non c’è diventa competitiva, con un pre- Qual è la fotografia, secondo la solo Kathryn Bigelow ad essersi mio del pubblico, e prende il no- vostra esperienza, della presen- occupata di questo tema così for- me di Frame Italia. Poi, insieme za attuale di donne nella regia? te e purtroppo attuale. al Festival de Films de Femme di Il numero delle registe è aumen- Créteil, abbiamo una retrospetti- tato, anche se i dati disconferma- Ancora in termini di attuali- va dedicata a Chantal Akerman, la no un cambiamento positivo, co- tà, il vostro Focus è dedicato cineasta belga scomparsa a otto- me si evince anche dalla ricerca alla Turchia, Paese veramen- bre del 2015. dell’EWA Network realizzata in- te al bivio tra Europa e mondo sieme al MiBACT che dopo la pre- islamico e dilaniato da vicen- Stiamo vivendo un momento sentazione alla Mostra di Venezia de politiche drammatiche in in cui la libertà delle donne è e alla Berlinale animerà una tavola questi ultimi mesi. sotto attacco più che mai, an- rotonda anche da noi. La Turchia, quando abbiamo che all’interno di uno scontro In Italia la metà dei diplomati nel- deciso di occuparcene, non era di civiltà in atto, e sembra ur- le scuole di cinema sono donne, ancora nell’occhio del ciclone. gente tornare alla consapevo- ma solo il 10% di loro diventano L’abbiamo scelta perché è mol- lezza dei propri diritti. registe; in Europa va meglio ma di to cresciuto il numero delle ci- Oggi infatti c’è un recupero del poco, solo il 16% dei registi sono neaste, con tanti nomi nuovi. femminismo. Non siamo più ne- donne. Inoltre il 50% delle registe Presentiamo opere di giovani gli Anni ’70 ma in un altro tempo abbandona la carriera. Il ruolo del- registe, nate a metà degli An- in cui spesso le giovani non han- le donne nei film campioni di in- ni ’70, che danno conto del- no piena coscienza di cosa sia la casso è residuale: solo l’1,9% sono le contraddizioni in atto nella violenza sulle donne, violenza diretti da donne, solo il 18,9% so- Istanbul contemporanea. ANNI- VER- SARI

a 50 anni da DJANGO

Quando 50 anni fa uscì nelle sale, fu visto come uno dei film più violenti mai prodotti fino a quel momento, ma la crudeltà e il cinismo contribuirono a renderlo una colonna portante e un mito del all’italiana. Django fu l’af- fermazione di Sergio Corbucci come regista di successo e donò al venticinquenne – che pure era già stato diretto da maestri come Lizzani e Pietrangeli – un’immortalità nell’immaginario cinematografico mondiale, tanto che Quentin Tarantino, nel suo remake del film del 2013, ha corteggiato e convinto Nero ad accettare un ruolo. ANNIVERSARI A 50 anni da... Django 86 - 87 Il mito e la matrice di MIMMO GIANNERI

gni avventurosa sto- cui il regista immaginava già il fi- del cinema di genere italiano del- O ria di film divenu- nale con il pistolero menomato e la modernità. Girato in venti gior- ti cult prevede, da vincente. All’aiuto regia c’è Rug- ni, a detta di Barboni, la sceneg- copione, un grovi- gero Deodato, poi a sua volta re- giatura viene rimaneggiata fino al glio di dichiarazioni, miti, rico- gista del culto Cannibal Holocaust giorno prima dell’inizio delle ri- struzioni più o meno veritiere, (1980). Lo scenografo e costumi- prese e, a quanto pare, un Sergio spesso contraddittorie. Anche sta è Giancarlo Simi: sue sono le Corbucci svogliato viene portato Django non è esente, per quan- ambientazioni desolate dei film a forza sull’aereo diretto in Spa- to il suo status consolidato or- di Leone e gli abiti, sporchi e an- gna, dove si girano gli esterni. mai da tempo abbia fatto sì che ti-hollywoodiani, della maggio- Django parla innanzitutto di cir- le vicende della sua produzione e ranza dei pistolero dei western costanze creative e produtti- poi trasmigrazione in altre espe- italiani. Enzo Barboni, alla foto- ve irripetibili, dove si intreccia- rienze nel corso degli ultimi cin- grafia, sarà invece il regista – sot- no personalità eterogenee, idee, quant’anni siano state perlopiù to lo pseudonimo di E.B. Clucher l’abitudine a schivare i colpi con rendicontate in modo ordinato. - di Lo chiamavano Trinità (1971) scaltrezza e a muoversi sulla ba- E, però, nell’affresco comples- e di tanti film post-western del- se di intuizioni (caratteristiche, sivo che si è venuto a formare, è la coppia Bud Spencer e Teren- queste ultime, del personag- intrigante far luce proprio sulle ce Hill. Tutti nomi attorno a cui gio-tipo del western all’italiana, incongruenze, sui risultati inat- si costituisce insomma una fetta tra l’altro). Per dirla con note ca- tesi, sul senso di operazione un po’ folle e inspiegabilmente riu- scita che spesso ammanta il film. Nel caso di Django, prima dell’in- serimento nel canone del we- stern italiano seminale, abbiamo in tal senso i racconti in prima persona dei suoi autori, Sergio Corbucci in testa, al tempo non troppo convinti della sensatez- za dell’operazione, di certo non dell’immediato successo. L’idea nasce da una suggestio- ne visiva fumettistica del regista: un uomo misterioso che trascina una bara. Attorno a questa trova- ta, Franco Rossetti, con la colla- borazione di Piero Vivarelli e poi la revisione, strada facendo, di Bruno Corbucci e di , strutturano una trama, di fin da subito nella sua esemplarità. A differenza dei personaggi del western classico, Django è un eroe agganciato al presente. Ha un passato tragico, la morte della moglie amata, ma la Storia non lo tange, agisce per vendetta e per il suo tornaconto. Non c’è un corpo collettivo a cui appartiene e di cui si fa vece, magari nostalgicamen- te, come accadeva ai grandi per- sonaggi del western americano. In Django non c’è una contrappo- sizione di stampo tradizionale tra yankee e messicani, tra yankee e sudisti e la rivoluzione messicana sembra una faccenda per banditi senza scrupoli. Django è anche un personaggio ambiguo e fallibile. Spietato, quando ridendo falcidia gli uomini di Jackson grazie alla mitragliatrice nascosta nella bara che trascina con sé; malfattore e arguto doppiogiochista, quando tegorie di David Bordwell, non stile. Django palesa l’esigenza di ruba insieme ai messicani l’oro è tanto l’eccellenza intrinseca del una distorsione del segno in favo- e poi fugge cercando di accapar- film a renderlo meritevole di ese- re dell’eccesso (anche di violen- rarselo; a suo modo romantico, gesi, quanto la sua esemplarità – za). Ne sono indicatrici le scelte quando nel finale dichiara il so- cioè la capacità di manifestare le di messinscena; scelte che ci di- gno di una vita d’amore a Ma- tendenze in corso – e la sua in- cono di un immaginario disposto ria. Inoltre, i suoi progetti non fluenza, ovvero l’impatto sul ci- naturalmente a farsi pop, ovve- vanno tutti a buon fine: non so- nema coevo e seguente, nonché ro a essere prima identificato co- lo perde l’oro rubato, inghiotti- l’essere stato a sua volta influen- me perfettamente riconoscibile, to dalla sabbie mobili, ma viene zato dal clima del periodo. e poi destinato a diramarsi attra- anche torturato dai messicani Django è prima di tutto un’ope- verso reinterpretazioni successi- imbufaliti, i quali gli spappola- razione derivativa. Nel dizio- ve. Django ha quindi una sua eccel- no le mani sotto gli zoccoli dei nario del cinema di Mereghet- lenza intrinseca che si manifesta loro cavalli, costringendolo a ti, non a caso, è censito con una stella e mezza: a parte l’inedito uso della violenza, per il resto Corbucci fa il verso a Leone, che con Per un pugno di dollari ave- va dato il via, due anni prima, all’ondata di western all’italiana. E, in effetti, il pistolero interpre- tato dal ventitreenne Franco Ne- ro – da lì in poi, per il regista, “il mio John Wayne” – ha gli occhi di ghiaccio di Clint Eastwood e l’im- mancabile cappello a tesa larga che ne svela il volto progressiva- mente. È un personaggio enigma- tico e dal passato oscuro. Ingan- na per coltivare i suoi interessi, è un doppiogiochista ed è in cerca di vendetta… Insomma, Django, sulla scorta di quanto stava acca- dendo negli altri western italiani, ha una precisa matrice leoniana. Lo fa però con delle idee e uno ANNIVERSARI A 50 anni da... Django 88 - 89

un duello finale con Jackson in- borazione di quella mitologia da ci amante del genere, fino al Clint consueto quanto geniale. parte di scaltri uomini di cine- Eastwood di Leone) in modo non Corbucci amministra tutte que- ma, e d’affari. Per questo per mol- così distante dal Belmondo del ste idee con la sua cifra: la vio- ti rappresenta una prima forma Godard di Fino all’ultimo respi- lenza orgogliosamente esibita - le di postmodernità. Ma, ancor pri- ro. E le vicende produttive rac- uccisioni di massa - e gratuita: la ma, e facendo la tara a un approc- contano di un film dal soggetto celebre scena, omaggiata da Ta- cio perlopiù inconsapevole, il ci- scarno e costruito via via, giorno rantino in Le iene, dove i messica- nema di Django è molto vicino ai per giorno, sulla base delle con- ni tagliano l’orecchio a Jonathan, modi della modernità delle nuo- tingenze, come accadeva in tan- lo costringono a mangiarlo e, so- ve onde emerse da qualche anno. ti set della Nouvelle Vague. Così, lo dopo, lo uccidono. Ma, visiva- Django è un eroe che imita i miti i cappucci rossi sullo stile del Ku mente, è tutto l’impianto del film del passato (John Wayne e Hen- Klux Klan con cui vengono ag- a cercare l’impatto e la novità, ry Fonda, modelli per il Corbuc- ghindati i pistolero del genera- enfatizzando gli stilemi leoniani di partenza. La città dove si svol- ge l’azione, priva di vegetazione e a quanto pare di abitanti, ec- cetto le prostitute e il proprieta- rio del saloon, ha i toni, i colori e le assenze di un’ambientazio- ne post-apocalittica, ridisegnata a china. Django è contraddistin- to da un uso insistito di dettagli e di primi piani, zoom e movimen- ti di macchina a mano, sporchi. Lo zoom, in particolare, è ampia- mente usato, sia per presenta- re il personaggio in modalità da eroe moderno che irrompe sullo schermo, come un magnetico Ja- mes Bond nostrano, sia per dare ampio spazio ai volti iperrealisti- ci di tanti altri personaggi che si fanno essi stessi paesaggio, fon- dendosi idealmente agli orizzon- ti scarnificati e senza vie di fuga dove si svolgono le vicende. Se il western classico era l’incon- tro tra una “mitologia e una forma di espressione” (Bazin), quello italiano non è altro che la riela-

le Jackson sono un espediente, toesposta. Il fango (Corbucci genere all’apparenza raffazzo- a detta di Deodato, per coprire avrebbe preferito la neve…) vie- nato aveva delle artigianalità i volti “sdentati” di alcune com- ne trovato nelle location abban- (in taluni casi, delle autorialità) parse scritturate in loco a poco donate e, piuttosto di pulirlo, si abili a rielaborare le innovazio- prezzo. Le giornatacce di cie- usa un bulldozer per renderlo ne stilistiche e contenutistiche lo plumbeo dove avvengono le ancora più sudicio… Insomma, del tempo in una chiave pretta- riprese permettono a Barboni Django consegna il clima di una mente commerciale. Non a ca- di realizzare una fotografia sot- stagione in cui certo cinema di so, un modello per Tarantino. In the Djungle del cinema popolare di M.G.

i frequente è citato, D tra gli esempi para- dossali della popo- larità multiforme di Django, il diretto da Ferdinando Baldi Little Rita nel West (1967), con protagonista Ri- ta Pavone, e che vanta lo stesso sceneggiatore, direttore della fo- tografia e produttore (Manolo Bolognini) della pellicola di Cor- bucci. Nel film, una sequela di pi- stolero imitativi (un Ringo e un Django, con tanto di bara) ven- gono affrontati dall’improbabile giustiziera. Ancora più curioso, è un altro musicarello dello stes- so anno: Riderà (1967), con Little Tony e la regia del fratello di Ser- gio, Bruno. In una scena, il prota- gonista sta facendo la comparsa in un western italiano e per sba- glio dà un vigoroso cazzotto in faccia proprio a un simil-Django crescendo quasi immediato gra- co Nero a vestire di nuovo i pan- che cade a terra stecchito, cau- zie al passaparola di giovani en- ni dell’eroe, è Django 2 di Nello sando l’interruzione delle riprese tusiasti delle scene più cruente Rossati, del 1987, quando il gene- e l’indignazione del regista Sergio (inizialmente tagliate in alcune re è ormai quasi dimenticato. In (lo stesso Corbucci), il quale de- versioni e presenti in altre) ed mezzo – e dopo – fioccano le ci- cide di passare alla scena succes- elementi paratestuali particolar- tazioni e gli omaggi. Innanzitutto, siva del taglio del naso… alla fine mente significativi, a partire dal- abbiamo western che approfitta- Little Tony verrà assoldato per in- la riuscita locandina del pistolero no del brand Django per ingolosi- trepretare John Wayne nel “rema- nerovestito con la sciarpa appog- re il pubblico distratto di provin- ke musicale di Ombre rosse”. giata intorno al collo in modo ca- cia, cambiando strada facendo i Piccole curiosità di una stagione suale e raffinato. nomi dei protagonisti in quello dove le produzioni cambiavano i I remake, seguiti e prequel di del noto eroe e mimando alcuni generi senza troppi patemi e par- Django sono innumerevoli. Un modi del film di Corbucci; oppu- lavano a un pubblico ingordo e primo, eterodosso, è Preparati la re usando “Django” nei titoli di avvezzo alle strizzate d’occhio. Il bara! (1968) diretto dal Ferdinan- pellicole che poi raccontano sto- successo di Django, inizialmente do Baldi di Little Rita nel West, con rie non necessariamente legate al frenato da un inevitabile divieto Terence Hill nella parte del pisto- soggetto di partenza. Marco Giu- ai minori di 18 anni, passa per un lero. Ma il vero seguito, con Fran- sti in più occasioni ha ricostrui- ANNIVERSARI A 50 anni da... Django 90 - 91

to le strade e gli emissari di que- In una recente lista dei dieci we- avuta dal film in Paesi molto di- ste filiazioni. Si tratta di strategie stern preferiti da Tarantino, per stanti dall’Europa e dagli Stati comuni ai vari Ringo, Sartana o esempio, appare Navajo Joe (per Uniti, dalla Turchia al Brasile fi- Sabata, ma che qui trovano un la regia dello stesso Corbucci, che no in Giamaica, dove ci fu un ve- territorio d’elezione. Alberto Pez- lo preferiva al successivo Django), ro e proprio culto, testimoniato zotta, nel suo volume sul western ma non il film a cui poi ha dedica- innanzitutto dal film The Harder italiano, suggerisce che il film ri- to il suo penultimo lavoro. Ta- They Come (1972, Perry Henzell), esce a imporsi nell’immaginario kashi Miike, in occasione dell’u- nel quale un aspirante cantan- del pubblico, tra le altre cose, per scita di Sukiyaki Western Django te, con il mito del personaggio di la sua fervida contraddittorietà. (2006) ammette che l’omaggio Franco Nero, si tramuta gradual- Django è un personaggio i cui nel suo film si limita “al titolo e al- mente in un . E così si “tratti trasgressivi sono bilancia- la scena finale”, ma “era doveroso può anche leggere, ed è stato let- ti da elementi normativi” e il film nei confronti del suo creatore” e to, l’omaggio di Tarantino. Djan- giustappone “stili e rimandi in- della sua passione per il film. go è l’emblema di una lotta senza tertestuali incoerenti”. Inoltre il Più del linguaggio, copyright pri- quartiere contro l’establishment. testo di Django è più pop rispetto mario di Leone, Django ha un La rivalsa degli sconfitti nei con- a quello di – per fare un esempio packaging complessivo di grande fronti dei loro oppressori è un ge- nobile – Per un pugno di dollari. Si impatto e un eroe dal cinismo di- sto sovversivo e creativo, che av- pensi al grandioso incipit del film, struttivo che da molti viene inter- viene tramite lo sfoggio di una non a caso citato filologicamente pretato come una forma di prote- violenza liberatoria. Parafrasan- all’inizio di Django Unchained. Di sta, innovativa e perentoria. Così do Godard, non è sangue, sono spalle, un uomo di cui non scor- si può leggere la grandissima eco macchie di colore. giamo il volto, si muove faticosa- mente in un paesaggio domina- to dai colori stinti del fango e dal cielo plumbeo. La camera è fissa, ma la figura si allontana, con uno dei classici movimenti ad allarga- re sui corpi del western italiano. I versi della canzone di Luis Baca- lov ci presentano il personaggio ancor prima di scoprirne le fat- tezze (“Django, have you always been alone / Django, have you never loved again”). In seguito, vediamo il dettaglio degli stivali immer- si nella melma e intuiamo la pre- senza dei pantaloni di un’unifor- me nordista. Solo a quel punto, con un font fumettistico dal colo- re rosso acceso, appaiono le scrit- te. Sul titolo del film si impone in primo piano la silhouette del- la bara, trascinata nel fango dal misterioso personaggio; vestito completamente di nero, si allon- tana, placido, e scompare dietro una collina. La macchina da pre- sa zooma all’indietro a scoprire il paesaggio desolato. Il volto di Franco Nero lo vedremo per la prima volta soltanto nella scena successiva della sparatoria. Ma a quel punto, il film ci ha già con- segnato una precisa iconografia, da rimaneggiare e tramandare. Al pari dei film di Leone, in molto immaginario cinefilo, soprattutto straniero, Django condensa tut- to il western all’italiana. Il film si è sedimentato nei discorsi, e non solo per le sue qualità estetiche. PUNTI DI VISTA

IDEOLOGIA ITALIANA

di GIROLAMO DE MICHELE

n un film come smo manicheo, poliziotti e ban- na, non ha porte che si aprono su I Suburra il tema del- diti. In Suburra, invece, il genere altri mondi, finestre dalle qua- la violenza è posto è recuperato solo come tecnica li proviene un’altra luce: eppure, all’intersezione fra registica, in una narrazione del il film ha una quasi didascalica due direttrici: il rapporto fra la tutto diversa: un ambiente chiu- pretesa di alludere al “reale” del- violenza “reale” e la sua rappre- so – il mondo della malavita ro- la cronaca giudiziaria – ingenua- sentazione filmica, e il rapporto mana – nel quale ciò che malavita mente assunto come “dato reale” fra la rappresentazione di questo non è si intravede appena; un’o- e non come rappresentazione da film, e quella del genere “poliziot- mologazione fra le diverse facce criticare. Se non che, anche que- tesco” degli Anni ’70 cui ammic- della stessa medaglia malavito- sto mondo chiuso non può non ca. Nei , la violenza sa che ingloba anche i “politici”, presentarsi come una metafora subiva una torsione iperrealistica rappresentati non come anelli di di quel reale “altro” che si vorreb- rispetto alla violenza percepita, congiunzione o camere di com- be escludere dalla narrazione: il e virava in una diretta o indiret- pensazione, ma come interni tout che accade, va detto, anche per i ta ironia (all’interno della qua- court a questo mondo. Una rap- limiti oggettivi di una regia che è le potevano anche essere depo- presentazione monocromatica al di sopra della media nazionale, sitati frammenti di un discorso della violenza, sottolineata dalla ma non arriva ai maestri di gene- di critica della violenza). In ogni monotonia delle luci livide e dal- re americani o francesi: Sollima caso, la scena filmica era la me- la continua pioggia. La prima dis- non è Olivier Marchal o William tropoli, con le sue dinamiche e sonanza di Suburra nasce qui: la Friedkin (cui ammicca con la sce- contraddizioni nelle quali erano scena della violenza non offre ap- na della fuga in auto) – e soprat- impigliati, pur in uno schemati- pigli narrativi verso un’altra sce- tutto, non lo sono i suoi sceneg- PUNTI DI VISTA 92 - 93

giatori che, presi dall’urgenza di market - per finire coll’auto-di- so consapevole sul ruolo del vol- che fra Cesaroni e Suburra resta una docu-fiction poliziottesca, struggersi per implosione o ero- to dell’attore: ma non è proprio sempre uno di noi): che sia il pa- non sono esenti da vistose zeppe sione dall’interno delle proprie a Ostia, del resto, che è stato am- dre reale al quale si vuole assomi- e incongruenze nella stesura del relazioni. Inevitabile chiedersi mazzato Pasolini?), che finisce gliare senza potergli assomigliare, plot. Non arriva, insomma, a far dove sia finito il tentativo di fare per creare fra la rappresentazione o quello metaforico da uccide- scaturire dalla tecnica narrativa della narrazione – con il roman- e lo spettatore un clima di fami- re, poco cambia. Ma l’assenza di un discorso critico sulla violenza zo e la serie Romanzo criminale – liarità, un adagiarsi nel già visto, una critica della violenza, assun- rappresentata: e non vi arriva per- un attraversamento di un mon- nel conosciuto, nel piacionesco, ta come seconda natura – come ché manca di un discorso criti- do altrimenti violento, fornendo che è altra cosa dal glauco Henry da classica ideologia italiana – fi- co su quel reale che rappresenta. allo spettatore spunti di sospet- Fonda che ammazza un bambi- nisce per ricadere nella sua este- La violenza (e qui si sente la ma- to e inquietudine; o di piegare la no. Di questa violenza, risfoglian- tizzazione un po’ glam (gli M83 no del duo Rulli-Petraglia, col lo- cronaca sull’irruzione del tragico do qualche bignamino di Freud e che gorgheggiando sottendono ro psicoanalismo ormai diventa- nella storia, un tragico del quale, ritagliando qualche battuta dalle gli ammazzamenti credendosi i to un genere attraverso il quale la peraltro, si intuiva, accanto a una cronache giornalistiche, alla fi- Cocteau Twins): estetizzazione storia patria viene rimasticata, di- dimensione metastorica, anche ne si fornisce, accanto all’impli- che si porta dietro la responsabi- gerita e restituita senza residui) è una genesi derivata dalla critica cita ammissione che è una sorta lità di una banalizzazione mora- rappresentata come un Male che dello stato di cose presente. Qui, di trascendentale metastorico, e le che accarezza lo stato di cose si genera da sé - senza contraddi- invece, la dimensione della seria- come tale ineliminabile, l’ovvia presente senza neanche provare a zioni, senza rapporti di causa-ef- lità allusa contribuisce, assieme spiegazione che c’entra il rappor- fargli il contropelo, e in definitiva fetto, nel quale la sfera dell’eco- a certe scelte del cast verso atto- to col padre (al limite con la ma- lo lascia così come è. Viene buo- nomico si limita alla mazzetta, e ri mainstream (manca da tempo dre, giusto per sottolineare l’ita- no per i prossimi sequel, filmici e il sociale è al più l’interno di un nel cinema italiano un discor- lianità mammona del Samurai, narrativi. FARE UN FILM È LOTTARE PER IL MIO PAESE di LAURA BISPURI

l nostro Paese co- I stringe alla lotta. Questa è la sensa- zione che mi porto dentro dopo l’avventura di Vergi- ne giurata. Un’avventura durata per l’esattezza due anni e mezzo di preparazione, quattro settima- ne e due giorni di riprese, cinque mesi di montaggio, poi il mix, la finalizzazione, i sottotitoli e infi- ne un altro anno di presentazio- ne in giro per il mondo: Stati Uni- ti, Cina, India, Africa, Europa. Per un totale di circa quattro anni e mezzo. Cos’è che spinge un regi- sta a rimanere così attaccato alla sua opera? Cos’è che gli fa crede- re che senza la creazione di quel film non riuscirebbe a vivere, a respirare? Cosa alimenta questo rapporto così viscerale che lo ac- compagna per anni? Ripensando- ci oggi mi rendo conto che mentre aspettavo, quello che mi aiutava era capire che stavo lottando non solo per il mio film ma per il mio Paese. La storia di Vergine giurata è stata fin dall’inizio quella di un progetto sostenuto più che altro dall’Europa. In fase di sviluppo ho passato un momento diffici- lissimo in cui in Italia stavo per- dendo la possibilità di fare il film, ma proprio allora fui seleziona- ta all’Atelier del Festival di Can- nes tra i 14 progetti considerati in tutto il mondo i più meritevoli. Questo film, se si fosse basato so- lo sui finanziamenti italiani, non sarebbe mai esistito. Questo film si è potuto realizzare solo perché è stato fortemente voluto da vari PUNTI DI VISTA 94 - 95

Paesi europei che sono entrati in (Un Certain Regard al Festival di politici, i documentari, i film d’a- pubblico. Voglio combattere per co-produzione (Germania e Sviz- Cannes 2015). Mi viene in men- nimazione, che ci sia tutto e più tutto questo e credo che il vero zera) e distribuzione prima delle te che un Paese come la Francia, di tutto. E che la gente possa dav- senso del mestiere che amo ab- riprese (Francia) e perché soste- di solito, se ha un talento in casa vero scegliere perché tutto è of- bia a che fare con questo pate- nuto da importanti fondi europei propria lo porta sul vassoio d’ar- ferto nello stesso modo. Sogno tico-utopico desiderio di voler come Media e Eurimages. La mia gento, l’aiuta, l’Italia invece ten- un Paese che impari a non ghet- cambiare le cose. lotta dunque non riguardava più de ad avere un atteggiamento au- tizzare il termine “d’autore” co- In questo lungo viaggio in cui ho solo qualcosa di personale e in- tolesionista. Sono sicura che ogni me sfigato, ma che apprezzi l’idea portato Vergine giurata in giro per timo, ma diventava ogni giorno autore che ho citato ha fatto la sua dell’art-house, cioè di un cinema il mondo, sono stata tre volte ne- di più un modo per sentirmi par- grande battaglia e nel farla ha aiu- “autoriale” e “commerciale”, una gli Stati Uniti dove il film è stato tecipe di un sistema più molto amato, ha avuto ampio. Più in Italia tro- subito un distributore, vavo di fronte un muro, ha vinto al Tribeca, al Fe- più volevo abbatterlo e stival di San Francisco, provare a tutti i costi a le più importanti testate rendere possibile ciò ne hanno scritto un gran che qui sembrava im- bene, il Festival di Los possibile. Il film alla fi- Angeles l’ha inserito tra ne ha avuto una storia gli 11 progetti più impor- che oggi mi rende feli- tanti dell’anno e proprio ce perché il muro è sta- all’inizio dell’anno ho ri- to abbattuto, il film si è cevuto un invito per par- fatto, è stato seleziona- larne all’Università Ti- to in concorso a Berlino sh di New York. Di certo e da lì in poi ha avuto un non si tratta di un film grandissimo percorso d’azione! Eppure il calo- in tutto il mondo. re attorno è stato tanto e Ma, accanto alle mie dif- continua a esserci. Nei ficoltà, non posso di- miei viaggi ho incontra- menticare altri autori to lo sguardo e le parole che ricevono dall’estero di uomini e donne di tut- grandissime attenzio- te le nazionalità, di tutte ni e che qui vengono in- le età e di tante classi so- vece trattati a volte in- ciali diverse. Tantissi- giustamente. Mi viene me persone sono venu- in mente che Mediterra- te a vedere il film e poi nea di Jonas Carpigna- ne abbiamo parlato. Se no (Semaine de la Criti- esistono così tanti cit- que al Festival di Cannes tadini nel mondo che 2015) in Italia non è usci- vogliono vedere cer- to e non uscirà. Mi viene ti film italiani, perché in mente che Le meravi- dobbiamo pensare che glie di Alice Rohrwacher, qui in Italia non ci sia- che ha vinto il secondo no altrettanti numerosi premio più importante cittadini? Continuere- al mondo (Grand Prix al mo a lottare per questo Festival di Cannes 2014), oggi, con entusiasmo e ha avuto al David di Do- convinzione, con le no- natello una nomination stre idee, i sentimen- per la produzione ma ti, con responsabilità e non per la regia. Mi vengono in tato il nostro Paese a venire fuo- cosa non deve necessariamente passione e mettendo in gioco mente gli incassi poco entusia- ri. E sono certa che siamo tutti escludere l’altra, un cinema con noi stessi in modo totale. I ri- smanti di tanti film che all’este- pronti a continuarla questa batta- lo sguardo preciso di un auto- sultati già ci sono e ci saranno ro hanno avuto percorsi molto glia, a favore di un’Italia che lavori re, la sua libertà, la responsabili- ancora di più. Andremo avan- importanti: Bella e perduta di Pie- di più per la parità dei diritti. Che tà delle idee che propone, la sua ti, guardando in alto, lontano, tro Marcello (Festival di Locarno ci siano pari opportunità di pro- vita tutta lì dentro, ma che vuo- per un Paese che spero prima 2015 in concorso), Salvo di Anto- duzione e distribuzione, con più le arrivare a tutta la gente, un ci- o poi possa accorgersi di più nio Piazza e Fabio Grassadonia varietà possibile: i cine-panetto- nema che vuole essere proiet- di noi, dandoci qualche soddi- (Grand Prix e Prix Révélation al- ni, i Checco Zalone, le comme- tato nelle televisioni di tutte le sfazione in più e restituendoci la Semaine de la Critique 2013), die sofisticate, i film d’azione, di case, nelle scuole, nelle sale, nel- lo stesso coraggio con cui noi Louisiana di Roberto Minervini fantascienza, i polizieschi, i film le piazze, un cinema che cerca il continuiamo a lottare. BIOGRAFIE

ALBERTO BRUNO LAURA VANNI ROBERTO ABRUZZESE BALLARDINI BISPURI CODELUPPI SILVESTRI

Professore Emerito di So- Esperto di comunicazione Con Passing Time vin- Sociologo, le sue ricer- Giornalista professioni- ciologia dei Processi Cul- strategica e saggista. Filo- ce il David di Donatello e che riguardano i fenome- sta, critico cinematografi- turali e Comunicativi pres- sofo di formazione, dopo il corto viene seleziona- ni comunicativi presenti co de “il Manifesto” e, at- so l’Università IULM di una lunga carriera nelle to tra gli otto più belli del nel mondo dei consumi, tualmente, di “Pagina99”; Milano, dove è stato Pre- multinazionali della pub- mondo per l’Académie dei media e della cultu- è un conduttore storico side della Facoltà di Turi- blicità si è dichiarato un des César di Parigi. Con il ra di massa. Ha insegnato del programma di Radio- smo, Culture e Territorio “pubblicitario pentito” ed successivo, Biondina, ot- nelle università di Mode- rai3 “Hollywood Party”. e pro-Rettore per le Rela- è tornato all’università co- tiene il Nastro d’Argento na e Reggio Emilia, Paler- Ha pubblicato Da Hol- zioni Internazionali e l’In- me docente. Tra i suoi li- come “Talento emergen- mo e Urbino e, attualmen- lywood a Cartoonia (Mani- novazione Tecnologica. I bri di maggior successo, te dell’anno”. Il suo primo te, è professore ordinario festolibri, 1993), Macchine suoi campi di ricerca: co- La morte della pubblicità film Vergine Giurata viene in Sociologia dei proces- da presa (Minumum Fax, municazione di massa, ci- (Castelvecchi 1994; ediz. presentato alla 65° Berli- si culturali e comunicativi 1996), Il Ciotta Silvestri Ci- nema, televisione e nuo- aggiornata, Lupetti 2013), nale, in competizione. So- presso l’Università IULM nema (Einaudi, 2012), Il vi media, con un interesse Gesù lava più bianco (Mini- no tanti i premi nei festi- di Milano. film del secolo (con R. Ros- particolare verso i cam- mum Fax 2000, tradotto val di tutto il mondo tra sanda e M. Ciotta, Bom- biamenti sociali collegati in 11 Paesi), e ISIS® Il mar- cui il Nora Ephron al Tri- Il suo articolo è a pag. 38 piani, 2013) e I cento col- all’uso diffuso dei media. keting dell’Apocalisse (Bal- beca Film Festival di pi di Hollywood Party (Eri, È stato per anni professore dini & Castoldi 2015). New York, il Firebird 2014). di Sociologia della Comu- Award all’Hong Kong In- nicazione presso l’Univer- Il suo articolo è a pag. 20 ternational Film Festival, Il suo articolo è a pag. 72 sità “Sapienza” di Roma e il Golden Gate New Di- presso l’Università “Fede- rectors al San Francisco rico II” di Napoli. Di re- International Film Fe- cente ha pubblicato il te- stival, il FIPRESCI al PK sto Punto zero. Il crepuscolo Off Camera di Cracovia, dei barbari (Luca Sossella il Globo d’Oro come Mi- Editore, 2015). glior Opera Prima.

Il suo articolo è a pag. 8 Il suo articolo è a pag. 94 SUL PROSSIMO NUMERO IN USCITA A MAGGIO 2016

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FOCUS Il cinema ​a Taiwan

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, 2016, di David O. Russell) O. di David 2016, , (da Joy "Sei come una fuga di gas. fuga una come "Sei ma ci ammazzi tutti..." nessuno, non ti sente nessuno, ti vede Non