L’IDEA PROGETTUALE

L’arte, in tutte le sue forme, è il mezzo più sublime di compensazio- ne dalle fatiche e dal realismo del tempo occupato, rappresentando il tentativo di ristabilire l’unità tra ciò che l’uomo vuole e ciò che ha, tra ciò che deve essere e ciò che è, tra l’anima e la natura, tra il corpo e lo spirito. Il paesaggio turrito e castellato della pro- vincia palermitana rappresenta una delle esemplificazioni meglio riuscite di quelle che sono le creazioni dell’arte, ricomprendendo castelli medioevali, palazzi, ville signorili, manieri e tenute di cac- cia, parchi e giardini, forti, musei e raccolte d’arte. Costruiti sulle sommità delle colline, in pianura o in montagna, isolati nel verde del loro parco oppure soffocati dalle case, restano una viva traccia del passato e una testimonianza privilegiata per leggere il territorio, trovando nuovi stimoli applicabili al presente. La rassegna da noi ideata ci permetterà di vedere i castelli, o meglio il territorio, con occhi diversi: quel fregio, quella merlatura che occhieggia tra il ver- de, quell’alta torre misteriosa generano, nonostante il passare del tempo, il desiderio di sapere qualcosa di più. Del resto, se è vero, come affermano molti sociologi, che quella del nostro tempo sia la società dello spettacolo, era fatale che l’attuale kermesse culturale portasse con sé anche il ritorno al castello che tra le «case» degli uomini è certamente la più spettacolare e con la sua idea di sfarzo e potenza suggerisce, forse, alla precarietà di questa caotica sta- gione della storia, quel senso di protezione e sicurezza di cui tutti sentiamo il bisogno. Tra stradine acciottolate, torri, mura di difesa, finestre con bifore e architetture inerpicate su alte rocce, si potrà “Senza conoscere la Sicilia, visitare una provincia che profuma di Medioevo. non ci si può fare un’idea dell’Italia. Bagheria, e grazie ad un sapiente uso delle nuo- È in Sicilia che si Trova ve tecnologie, diventeranno splendide quinte scenografiche a cielo la chiave di tutto” aperto, che avvolgeranno lo spettatore in un’atmosfera surreale in cui arte, storia, musica e teatro si fonderanno senza barriere al Johan Wolfgang von Goethe gusto delle eccellenze enogastronomiche del territorio. i castelli e le dimore storiche

PALAZZO ostruita nel 1658 da don Giuseppe Branciforti, principe di Nell’aprile del 1714 Vittorio Amedeo II, re di Sicilia, dopo essere stato a Pietraperzia e di Leonforte, villa Butera rappresenta la pri- , fece una sosta al palazzo, ospite del principe Nicola Placido ma costruzione realizzata nell’agro bagherese. Branciforti. Più di una villa, era un palazzo-castello. La costruzione L’episodio è ricordato da una lapide in marmo tuttora esistente. Cera fiancheggiata da due torri merlate, di stile medievale, sul frontone Padre Francesco Castronovo nel 1863 vi stabilì il convitto Manzoni, pri- di una delle quali, ad occidente, verso Palermo, impresse la data del ma scuola della cittadina, mentre la principessa Sofia Galeotti Lanza, suo ritiro [dalla Corte palermitana] e un mesto saluto con le parole: “O nel 1885, istituisce una casa di educazione e di lavoro. Corte, addio”. Attualmente la struttura ospita le suore di San Vincenzo Figlie della La forma del castello era rettangolare, con due ampie scale, con due Carità che hanno costituito la sede cittadina della Caritas e una mensa vasti atrii di forma quadrata, per i poveri. circondati da casette basse e Annesse alla villa erano la Cer- i castelli strette: le torri, una a levante e tosa e il teatro, quest’ultimo ri- l’altra ad occidente, dovevano strutturato nel 1998. stare come a guardia del castel- Nella parte superiore alla villa si e le dimore storiche lo. Una delle torri è crollata alla estendeva un ampio parco con fine dell’Ottocento. al centro la statua dell’Abbon- Villa Butera è stata interessata danza, realizzata dal Marabitti. La storia dei castelli e delle torri, in Sicilia, racconta della lotta tra poteri, nel corso degli anni a numero- Era una figura di donna slancia- immersa in un universo fantastico e meraviglioso popolato di dame e se manomissioni di carattere ta e seducente, ricolma di fiori cavalieri, di assedi e di duelli, di amori e di delitti, di veleni e tradimenti. strutturale. L’aggregarsi di nuovi e di frutta. La Sicilia, di castelli, ne vanta tanti perché tanti sono gli invasori che si corpi ha reso disarmonico l’inte- Al termine del parco campeg- sono succeduti e che, con gli edifici, hanno lasciato un segno del loro ro palazzo. Il fronte Nord venne giava la Certosa, museo di cera passaggio. costruito nel 1769 da Salvatore fatto realizzare da Ercole Bran- Se durante il regno normanno i castelli sono poco più che singole torri Branciforti, che tracciò il corso ciforti nel 1797. All’interno ven- cintate da un muro, grandiose e raffinate sono le regge costruite dagli Butera per mettersi in comu- nero riunite decine di statue di Altavilla, con quel Ruggero che conquistò la Sicilia agli Arabi e fondò il nicazione con la strada Consolare e tagliando di fatto altre proprietà alcuni celebri personaggi quasi tutti contemporanei al Principe, vestiti Regnum Siciliae, nel 1130. come quella del principe Galletti. con il bianco saio claustrale, dal generale Nelson, al conte Ruggiero dei Così, se sarà il XIV il secolo d’oro dei castelli dei ricchissimi baroni Il Principe fondatore, nel recinto del castello fece costruire una chie- Normanni, dallo stesso Ercole Branciforti a re Luigi XVI. siciliani (i Ventimiglia, i Chiaramonte, i Peralta), complice la debolezza setta, che fu parrocchia succursale di Palermo dal 1708 al 1771. Suc- Il parco è stato lottizzato negli anni Cinquanta, la statua dell’Abbon- della casa d’, è stato il Duecento con Federico II di Svevia e il cessivamente, con l’aumento della popolazione di Bagheria, venne danza si trova attualmente nel parco di Villa , mentre annessa genio costruttivo di Riccardo da Lentini a vedere l’erezione di un gran- costruita la Chiesa Madre, votata al culto di San Giuseppe, ora patrono alla Certosa sono state realizzate delle case popolari a schiera, distanti dioso sistema di fortificazioni che annovera i più bei castelli regi del della città, dal nome di battesimo del Principe. appena otto metri dalla struttura. La Certosa è stata recentemente Duecento italiano. Ma è alla fine del Medioevo, quando il castello viene Sulla facciata del palazzo, in asse con il balcone centrale, è stato col- restaurata e ospiterà nei prossimi mesi il museo del giocattolo di Pietro a perdere la sua funzione difensiva, che assistiamo alla loro trasforma- locato un inusuale orologio, quasi a volere affermare la centralità del Piratino. zione in palazzi. A cominciare da Castelbuono, , Carini, grandi palazzo rispetto al nuovo nucleo urbano che si sviluppa attorno alla Tratto da “Bagheria e la sua storia” monumenti che ci parlano della potenza baronale palermitana. fabbrica, lungo il corso Butera. di Martino Grasso i castelli i castelli e le dimore storiche e le dimore storiche

IL CASTELLO DI CASTELBUONO IL CASTELLO DI CARINI niziato a costruire nel 1316 dal conte Francesco I Ventimiglia Grazie all’acquisizione da parte del Comune, dunque, e ai continui in- econdo uno scritto dell’arabo Edrisi, la sua primitiva costru- ta trasportata a Parigi nella dimora degli attuali proprietari. Dopo la sul colle di San Pietro d’Ypsigro, quello che oggi viene definito terventi di restauro, il glorioso castello dei Ventimiglia è sopravvissuto zione sarebbe attribuita al tempo di Guglielmo II. Il Pirri in- tragedia, per nasconderne in parte la bruttura, si sarebbe tentato di al- castello era, in realtà, il palatium o hosterium collocato all’inter- fino ad oggi al peso degli anni e alle vicissitudini storiche che più volte vece lo ritiene edificato da Manfredi Chiaramonte su opere terarne i fatti creandone un’altra versione (smentita da successivi ac- no di un perimetro cintato difensivo del quale sussistono alcu- ne hanno messo in pericolo la stabilità. saracene. Comunque sia il castello venne certamente modi- certamenti) e, a tal fine, sarebbero state anche alterate talune carte di neI tracce. Due rampe cordonate conducono a due diversi accessi. La Tra i suoi angoli, giustapposte alle sue mura, è possibile ancora oggi Sficato dopo il XIV sec. e dal 1400 circa si sussegue senza interruzione famiglia. Il 28 aprile 1564, solo quattro mesi dopo la tragedia, il La Grua rampa più antica sale avvolgendo il versante di sud e di ovest. L’altra, ritrovare segni della passata grandezza, in special modo, nella cap- la signoria dei baroni e principi La Grua, il cui stemma, una gru, vi passò a nuove nozze con Donna Ninfa Ruiz ed il castello venne riaperto più recente, è in asse con il portale settecentesco. pella: grande e ricca – con le pareti interamente rivestite dai poderosi figura spesso. Cupamente suggestivo, divenne famoso quale teatro di ed abbellito. Durante questi lavori il barone ordinò lo spostamento della All’interno del corpo di fabbrica vi è una piccola corte centrale a cielo stucchi del Serpotta, su fondo oro, dietro il cui altare, nella sua urna una storica fosca vicenda divenuta leggendaria. Il 4 dicembre 1563 la porta di ingresso della corte e, ad espressione del suo animo, vi fece aperto. Una corte più grande è invece all’esterno dove l’antico perime- d’argento, è tuttora custodita la famosa reliquia – essa è la viva testi- bella castellana Laura Lanza porre sopra la iscrizione: ET tro murario è stato fagocitato da costruzioni di diverse epoche mentre monianza dello sfarzo di cui vollero circondarsi i castellani, tra il XVII baronessa di Carini, moglie NOVA SINT OMNIA che vi si distingue ancora perfettamente il portale principale d’accesso detto e il XVIII secolo. di Vincenzo La Grua, vi morì figura tuttora. Si nota però oggi Arco di Sant’Anna. tragicamente e la fantasia che la prima parte di essa, L’edificio si presenta con un aspetto severo dal quale sporgono le tor- popolare ne fece la romanti- che starebbe ad integrarla, e ri angolari con maggiore o minore aggetto a seconda delle addizioni ca figura della sua leggenda. cioè RECEDANT VETERA, si esterne ricevute dal corpo di fabbrica centrale nel corso dei secoli. La Si narra che la bellissima trova inspiegabilmente nella piccola corte centrale ospita una scala di epoca quattrocentesca che dama palermitana, per la famosa stanza sopra lo spa- conduce al piano nobile, dove è ubicata la fastosa cappella seicente- sua dissolutezza, venisse zio, ora vuoto, ove figurava sca di Sant’Anna, decorata nel 1683 dagli stucchi dei fratelli Giuseppe confinata in questa feudale la lastra con la rossa “mana- e Giacomo Serpotta, ove in un’Urna si trova custodita la reliquia del dimora. Qui essa continuò ta”. Interessante uno stretto teschio di Sant’Anna, patrona di Castelbuono. una relazione amorosa col corridoio che conduce in Gli altri locali dislocati ai vari piani risalgono ad epoche storiche diver- cugino, Don Ludovico Ver- basso, incassato tra grosse se. Particolarmente interessanti i semicantinati detti ‘formaggiere’, nei nagallo, che ogni notte “so- mura, ed attraverso il quale quali sono state rinvenute le murature e le grandi arciere del castrum pra un poderoso destriere” fuggì la sventurata Laura, tardo-duecentesco. la raggiungeva al castello. premendosi il cuore trafitto Nella seconda metà del XIX secolo, con la morte del principe Giovan Tradita da un frate del vicino a trattenerne il sangue, fin- Luigi VIII si estingue la dinastia dei Ventimiglia – fondatrice del castello convento essa, nella fatale ché, cadendo sfinita, poggiò e del borgo. A seguito di ciò, il castello passa dapprima al ramo fem- notte del quattro dicembre, venne sorpresa ed uccisa dal padre Ce- sulla parete la mano insanguinata, lasciandovi la favolosa impronta. minile insieme ai titoli della casata e, succesivamente, ereditato dal sare Lanza, uomo quanto mai geloso e spietato. Dell’orrendo episodio Addentrandosi nelle sale pericolanti ci si sente sempre più attratti da barone Fraccia di Favarotta (1905). Questi nel 1913 “fa donazione al rimase nei secoli una strana “manata di sangue”, impressa dall’uccisa questa tragica storia d’amore tanto lontana e pur così viva e presen- popolo della preziosa Urna d’argento contenente la Reliquia di S. Anna sopra una lastra di marmo posta alla parete di una stanza (specie di te. Con l’andare del tempo, che tutto idealizza, essa commosse poeti, e di tutti i diritti e privilegi spettanti alla cappella del castello”. cisterna) e che viene ricordata in questi versi popolari del tempo, rac- musici e scrittori che ne narrarono le tristi vicende. Giuseppe Lanza di Sul finire del 1920, il barone di Favarotta viene espropriato dell’intero colti dal Pitrè: Trabia compose una tragedia sul “caso” della sua infelice parente. Altri patrimonio dei Ventimiglia in suo possesso e il castello è così messo “Ma ceè lu sangu chi grida vinnitta Russu a lu muru, e vinnitta ne scrissero un romanzo, un poemetto anonimo in vernacolo e molti all’asta pubblica. In coseguenza di ciò “il vetusto castello sacro alla nn’aspetta”. stornelli. Gli avanzi di questa antica e funesta dimora sono oggi affidati storia del paese” fu aggiudicato al Comune e da questo restaurato Il castello fu privato di questa famosa impronta, che tanto interesse alle cure di un custode e il raro visitatore vi può ancora ammirare nella mediante una colletta popolare. destava nei visitatori, con la rimozione della lastra che sembra sia sta- cappella, quasi intatta, pregevoli affreschi. le cantine le cantine

ALESSANDRO DI CANTINA DELL’ALTO BELICE una cantina dall’animo giovane che si ispira ad un connubio fon- ta con grandi sbalzi termici fra giorno e notte, tali da creare due È una storia di famiglia quella che vive la Tradizione e innovazione, qualità e passio- damentale: radici e innovazione. La struttura di recente edifica- habitat climatici diversi in grado di dare vita ad una produzione Alessandro di Camporeale. Da Antonino ne sono le prerogative della Cantina Sociale zione si ispira all’architettura rurale tipica, i metodi di produzione di grande pregio ed assolutamente nuova nel panorama vinicolo Alessandro, fondatore della cantina ai primi dell’Alto Belice, divenuta in trent’anni sinte- puntano al recupero della tradizione in una chiave moderna. Da siciliano. del Novecento, il testimone è passato agli si di conquiste culturali, economiche e so- questa filosofia vengono fuori nove rossi e quattro bianchi oltre a inizi degli anni Ottanta a Benedetto cui sono seguiti i figli Antonino, ciali per tutto il territorio della Valle dello Jato. Con i suoi 600 soci grappe, vendemmie tardive e gelatine di vino: dai Nero d’Avola con CASTELLUCCIMIANO diverse lavorazioni e periodi di affinamento ai Syrah e Merlot fino Natale e Rosolino. Oggi si fa avanti la quarta generazione, Anna e e i suoi 160 mila ettolitri di vino prodotto ogni anno, la cooperativa I 125 soci di Castelluccimiano hanno sapu- alle grappe di Nero d’Avola e Perricone; le gelatine di “Zabbia” e i due cugini, entrambi Benedetto, che stupiscono per l’entusiasmo rappresenta una delle realtà aziendali siciliane più significative. to coniugare esperienza e tradizione vini- di Nero d’Avola. con cui, nonostante la giovane età, raccontano la storia dell’azienda Si tratta di 1200 ettari di vigneto coltivati a Chardonnay, Inzolia, cola, con la capacità d’immaginare storie di famiglia, svelano i piccoli segreti dietro il nome di un’etichetta, Cataratto, Nero d’Avola, Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah che nuove che esprimono, attraverso il valore mostrano tutto l’orgoglio della loro identità. Dalla storia di questa fa- si estendono sulle fertili colline poste tra il fiume Belice e il fiume SALLIER DE LA TOUR di una viticultura di montagna, un’autentica appartenenza al loro miglia, dal legame con queste radici, nascono vini di grande impatto: Jato: territori inseriti nella Doc . La rete di imbottiglia- I vigneti sono il cuore dell’azienda Sallier de territorio. Un patrimonio viticolo autoctono unico per la sua storia “Kaid”, vinificato per la prima volta nel 2000, è un Syrah in purezza, mento è capace di confezionare mille e cinquecento pezzi all’ora, La Tour in cui c’è spazio anche per gli ulive- e per le caratteristiche che esprime. nel 2006 affiancato dal “Kaid vendemmia tardiva” ottenuto da uve destinati alla ristorazione, alla grande distribuzione e alle enote- ti, per un frutteto biologico e per i pascoli. Un’età media dei vigneti di 30-40 anni, gli antichi allevamenti ad surmature, appassite ma non completamente disidratate; il “Bene- che. Vini di qualità, così come attestano le Medaglie d’Oro e le Nella cantina “La Monaca”, costruita nel alberello insieme ai più recenti a spalliera, ne fanno un esempio di dè”, Cataratto in purezza, e il “DonnaTà”, Nero d’Avola in purezza, Gran Menzioni ottenute a Bruxelles e Verona. 1892 dall’ingegnere francese Antoine De Fry, la tradizione convive valorizzazione unico nel suo genere. riportano ai nomi di famiglia e alla vita dei campi. con l’innovazione, il legno è affiancato al cemento e all’inox. Qui si La filosofia della sostenibilità ambientale, un’agricoltura biologi- FEUDO DISISA producono il “Sallier de La Tour” rosso (Merlot, Syrah, Cabernet ca naturale nella cura dei vigneti, insieme alla riproposizione delle AZIENDA AGRICOLA GERACI Nell’antico Feudo Disisa, (dall’arabo Aziz, la Sauvignon, Nero d’Avola) e bianco (Viognier, Semillon, Sauvignon antiche tradizioni locali permettono di salvaguardare e migliorare Situato nei pressi della Doc Contessa Entelli- splendida) terra fertile e ricca arrivata ad blanc), i monovitigni di Syrah, Merlot, Nero d’Avola, Cabernet Sau- la biodiversità viticola del territorio, fornendo un’uva con caratteri- na, il fondo Tarucco, dal toponimo arabo Qalat oggi fra storia e leggende, sorge l’omoni- vignon, Insolia e Catarratto. stiche qualitative elevatissime. at-Tariq ossia “Rocca della Via”, deriva il suo ma azienda di proprietà, da oltre un secolo, Vigneti e cantina sono oggi gestiti da Tasca d’Almerita che cura nome dal castello che sorgeva in quei luoghi. della famiglia Di Lorenzo: quattrocento ettari che si sviluppano at- anche la fase commerciale. La “Masseria Pernice”, una guest CORVO - DUCA DI SALAPARUTA house di classe, è stata realizzata in un antico baglio: nelle case Nel 1392, con un editto di re Martino II, il fondo fu donato alla Chiesa di torno ad una torre saracena, in cui i vigneti si alternano agli uliveti. Corvo rappresenta un mito, un brand sto- un tempo alloggio dei contadini oggi sorgono quattro appartamen- Monreale che lo mantenne al legittimo vassallaggio fino al 1812. Oggi Un felice matrimonio fra tradizione e innovazione caratterizza la rico, un classico siciliano che, con una ti, nell’antico granaio è stato ricavato il salone dove i proprietari – il il fondo, di proprietà della famiglia Geraci, si estende su un terreno cantina che, già nel 1970, ha sperimentato in Sicilia l’adattamento tradizione lunga 200 anni, è in grado di principe Filiberto e la moglie Domitilla – accolgono gli ospiti. argilloso-calcareo e sabbioso, in cui sono impiantati 13 ettari di vigne- al clima e ai terreni dello Chardonnay e del Müller Thurgau. Sei eti- esprimere il meglio di ogni vitigno grazie to e 2 ettari di uliveto. L’attenta considerazione delle diversità geneti- chette: i monovitigni di Nero d’Avola, Chardonnay e Grillo; “Adha- alla conoscenza di tutti i dettagli geografici e climatici dell’isola e che di ogni vitigno, le corrette esposizioni e gli orientamenti dei filari, ra” e “Chara”, dai nomi delle stelle un Syrah in purezza e un blend BAGLIO DI PIANETTO a una vinificazione di qualità. l’eliminazione di fitofarmaci di sintesi e l’utilizzo di trattamenti naturali di Cataratto lucido e Insolia; “Tornamira”, un blend di Cabernet Nata dalla passione e dalla tenacia del Con- I vini Corvo e Duca di Salaparuta sono vinificati nelle Cantine di sono gli elementi essenziali che garantiscono vini dalla beva elegante Sauvignon, Merlot e Syrah che porta il nome del vigneto situato te Paolo Marzotto da sempre amante delle Aspra e affinano nelle affascinanti Cantine di , qui il e dai profumi primari spiccati. Dalla Cura dell’Azienda Agricola Geraci nel cuore della tenuta. sfide, la mission della Baglio di Pianetto è tempo e i preziosi legni di rovere consentono ai vini di maturare nascono oggi i vini delle linee Tarucco e Vigne di Re Martino: Tarucco una produzione vinicola di alta qualità con arricchendosi di personalità e piacevolezza. Syrah; Tarucco Peralta (Cabernet Sauvignon e Syrah); Tarucco Alican- FEOTTO DELLO JATO una connotazione fortemente regionale. Sita a circa 20 chilometri Le innovative Cantine Duca di Salaparuta coniugano le più moder- te (Alicante, Tre-bouschet); Tarucco Gioeni (Cabernet Sauvignon e Ali- Immersa nella Valle dello Jato, la Casa Vi- a sud di Palermo, Pianetto è una località in montagna e le vigne ne tecnologie produttive con un ambiente ricco di grande fascino e cante Bouschet); Tarucco Nero d’Avola; Tarucco Chardonnay, Tarucco tivinicola Feotto dello Jato nasce nel cuore sono collocate tra 550 e 600 metri di altitudine con pendenze che storia. Una bottaia unica dove i pregiati legni di rovere di Slavonia e Colonna (Chardonnay e Grillo) e Tarucco Grillo; Vigne di Re Martino di un territorio che vanta una millenaria tra- vanno dal 10 al 20 percento. le piccole barrique francesi accompagnano l’evoluzione dei famosi Bianco e Vigne di Re Martino Rosso. dizione enologica. Fondata da sette soci, è L’area è all’interno della zona DOC Monreale ed è sempre ventila- vini della casa. menù menù

BAGHERIA CASTELBUONO il menù del 6 giugno il menù del 7 giugno

Alice ripiena di pane Paccheri con basilischi, con caponatina al miele puntine di ricotta e pane tostato alle erbe Mezze maniche con ventresca di tonno e fonduta di piacentino ennese Maialino al tabacco con profumo di manna su fonduta di caciocavallo Gelato di limone profumato ai fiori Testa di turco con granella di frutta secca menù

CARINI il menù dell’ 8 giugno

Maltagliati con agrumi, gamberoni di nassa e pomodorini sabbiati

Mupa ripiena di caciotta in salsa di datterini e scalogno

Tortino di cioccolato bianco con inserimento di limone verde