Food Design E Bijoux Contemporanei: Dalla Tavola Imbandita Al Gioiello Commestibile
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Corso di Laurea magistrale in Storia delle arti e conservazione dei beni artistici Tesi di Laurea in Storia del Design Food design e bijoux contemporanei: dalla tavola imbandita al gioiello commestibile Relatore Ch. Prof.ssa Stefania Portinari Laureando Elisa Montagner Matricola 831692 Anno Accademico 2011 / 2012 A mio padre, il migliore che potessi desiderare 1 Gli organi più filosofici dell’uomo sono le sue mandibole. Salvador Dalì 2 INDICE Introduzione……………………………………………………………………... 5 I. Cibo e dintorni………………………………………………………………… 8 Il gusto e le caratteristiche estetiche del cibo…………………………………….. 8 Il cibo come specchio della società………………………………………………. 14 Il triangolo culinario di Claude Lévi-Strauss……………………………………... 23 La situazione odierna……………………………………………………………... 27 II. I piaceri della tavola. Mangiare insieme…………………………………… 31 La tavola imbandita come metafora della vita……………………………………. 31 L’arte di convitare dal XII al XV secolo…………………………………………. 37 L’arte di convitare dal XVI al XIX secolo……………………………………….. 42 Il primo Novecento……………………………………………………………….. 50 La cucina futurista: l’abolizione della pastasciutta………………………………. 52 La Nouvelle Cuisine……………………………………………………………… 58 III. Dall’Eat-Art al Food Design……………………………………………….. 63 Il cibo nell’arte…………………………………………………………………… 63 Le Neoavanguardie del secondo Novecento……………………………………… 71 Il design, una realtà globale……………………………………………………… 88 Progettazione alimentare, ovvero, il Food Design in Italia……………………… 94 IV. Il gioiello tra tradizione e sperimentazione………………………………... 107 La flora e la fauna nell’oreficeria………………………………………………… 107 La metamorfosi del gioiello contemporaneo……………………………………... 126 I gioielli commestibili tra realtà ed evocazione…………………………………... 131 Agnier Fanny…...………………………………………………………………… 133 Allari Elvezia…………………………………………………………………....... 136 Brunello Gaia...………………………………………………………………….... 142 Bruni Luisa….……………………………………………………………………. 144 3 Ciboh………………….…………………………………………………………... 147 Claro De Matos Dantas Maria Teresa...……………...……………...…………… 151 Crane Emily..……………………………...……………………………………… 155 De Giuli Riccardo……..…………………………………………………………. 158 Doge Noémie……………………………………………………………………... 161 Hensle Stephanie………………….……………………………………………… 164 Imre Eszter………………………………………………………………………... 169 Lacoste Emmanuel………………………………………………………………... 175 Leinz Beate………...……………………………………………………………... 181 Lemaire Patricia…………………………………………………………………... 183 Macrì Francesca…………………………………………………………………... 186 Marchioni Margherita…………………………………………………………….. 188 Menconi Claudio…………………………………………………………………. 192 Paganin Barbara…………………………………………………………………... 196 Pietzsch Susan……………………………………………………………………. 204 Roy Andersson Karin…….………………………………………………………. 211 Shin Tanya………………………………………………………………………... 216 Smith Natalie……………………………………………………………………... 219 Stimpfl-Abele Bernhard…...……………………………………………………… 225 Svedestedt Sanna…………………………………………………………………. 230 Uderzo Barbara...………………………………………………………………… 234 Usel Julie…………………………………………………………………………. 243 Wu Cathy…...…………………………………………………………………….. 245 Z’graggen Agnese………………………………………………………………… 250 Conclusione……………………………………………………………………… 256 Appendice………………………………………………………………………... 265 BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………... 270 4 Introduzione Questa ricerca vuole evidenziare come nel campo del design contemporaneo siano avvenute contaminazioni interessanti e singolari tra l’arte culinaria e la ricerca sul gioiello. Partendo da un excursus storico-sociale sul cibo, questo lavoro intende infatti mettere in luce come nel tempo questo abbia sempre più acquisito significato, valore e funzioni passando dall’essere mera fonte di nutrimento a vera e propria cultura, coinvolgendo l’arte e il design estendendosi fino appunto alla gioielleria contemporanea. Dopo preambolo sulle caratteristiche estetiche del cibo e sul concetto di gusto, segue un’analisi sul ruolo che il cibo svolge nelle varie società umane accennando ai diversi approcci socio-antropologici e alle teorie elaborate sull’argomento dal Settecento ad oggi, ponendo particolare attenzione al “triangolo culinario” sviluppato da Claude Lévi-Strauss tra gli anni sessanta e settanta del Novecento e considerato l’origine dell’antropologia alimentare. Il secondo capitolo tratta invece le modalità di preparazione, presentazione e assunzione del cibo dal medioevo all’età contemporanea, facendo notare come i primi rilevanti cenni di spettacolarizzazione delle vivande siano visibili già intorno al XIV secolo mediante l’usanza di ricoprire d’oro e d’argento quasi tutte le portate e compiere il ripiumaggio dell’uccellagione servita arrosto. Nelle corti rinascimentali e per tutto il secolo seguente, questa ritualità raggiunge l’eccesso durante lunghi e opulenti banchetti ricchi di effetti speciali: unico fine, stupire. Teatralità e consumo contemplativo resisteranno fino alla fine dell’Ottocento ma secondo modalità più sobrie e contenute. Dopo una breve parentesi sulla rivoluzione gastronomica e 5 l’abolizione della pastasciutta tanto auspicate dal movimento futurista nei primi decenni del Novecento, il discorso giunge alla descrizione della svolta decisiva subita dall’arte culinaria tra gli anni sessanta e settanta con la nouvelle cuisine, nata allo scopo di sovvertire le rigide regole della gastronomia di lusso: creatività, semplicità e armonia, diventano le parole chiave di una nuova cucina basata sull’esaltazione del gusto e sul rispetto dei cicli stagionali, dei sapori e delle caratteristiche estetiche degli alimenti. Il terzo capitolo affronta il tema del cibo nell’arte dimostrando come nei secoli da soggetto sia diventato oggetto costituente l’opera tanto da identificare una corrente artistica, l’Eat-Art, nata negli anni settanta con Daniel Spoerri, primo ad “intrappolare” i resti di una tavola apparecchiata sotto una lastra di vetro elevandoli ad opera d’arte. Dalle nature morte cubiste ai panini ricoperti di caolino di Piero Manzoni, dalle costolette fritte di Salvador Dalì alle enormi fette di torta di Claes Oldenburg fino alle irriverenti performance degli anni sessanta e settanta, il cibo è messo in scena in tutte le sue declinazioni gettando le basi per il delinearsi di un nuovo linguaggio espressivo che evolverà ininterrottamente fino ai giorni nostri. Definendo poi il design una realtà globale, ho voluto porre l’attenzione su come attualmente questa disciplina abbia un effetto dilagante investendo tutti gli ambiti della vita, cibo e cucina compresi. Sebbene la produzione di oggetti ed utensili da cucina abbia preso una piega particolare negli anni novanta, si può dire che il food design sia un fenomeno molto recente e, in ambito italiano, figura chiave è quella di Paolo Barichella, fondatore nel 2006 della Commissione Tematica Food Design dell’ADI (Associazione Disegno Industriale) e autore del Manifesto del Food Design pubblicato nel dicembre dello stesso anno: nell’ultimo decennio, grazie anche alla 6 più importante rassegna sul tema organizzata dalla galleria torinese OneOff, gli eventi dedicati alla promozione e alla valorizzazione del cibo attraverso l’arte e il design si sono moltiplicati trovando terreno favorevole soprattutto nelle città di Torino e Milano. Il quarto e ultimo capitolo racchiude il cuore di questo mio elaborato, ovvero la creazione di un tentativo di catalogo di gioielli fatti con il cibo, parti di esso o ad esso ispirati, realizzati da artisti e designer italiani ed internazionali. Il catalogo segue ad un generico sguardo sulle fogge della gioielleria che dall’antichità ad oggi richiamano la fauna e la flora evocando, anche se spesso lontanamente, la materia commestibile e che funge quindi da introduzione alla ricerca vera e propria effettuata all’interno dell’intricato mondo del gioiello contemporaneo, una realtà creativa metamorfica che si esprime attraverso una sperimentazione formale, materica e concettuale in bilico tra consuetudine e follia. 7 I. Cibo e dintorni Il gusto e le caratteristiche estetiche del cibo Il primo organo di senso al cui giudizio il cibo si sottopone è la vista. Ogni alimento possiede infatti caratteristiche esteriori dettate da colore e forma propri che vengono, a primo acchito superficialmente, giudicate dagli occhi, quindi si può affermare che la risposta estetica sia la prima tipologia di giudizio sulle cose. Lo chef milanese Gualtiero Marchesi suddivide la forma dei cibi in tre gruppi: naturale, artefatta, ibrida.1 La prima comprende ortaggi, frutta, carni, pesci e altri generi commestibili dotati di una struttura anatomica regolare e ben definita la cui presentazione si limita al taglio, alle combinazioni figurative e cromatiche con altri ingredienti e a decorazioni integrative quali salse e guarnizioni. La seconda annovera macinati dolci o salati, dessert, formaggi e tutti i cibi il cui confezionamento richiede un intervento di modellazione. Tra gli ibridi rientrano invece quegli alimenti che, pur appartenendo a una delle precedenti categorie, tendono a trasferirsi nell’altra: cibi che perdono la loro forma a causa di una particolare lavorazione culinaria oppure che 1 Gualtiero Marchesi (Milano, 1930), è cuoco e ristoratore italiano di fama internazionale. Considerato il fondatore della "nuova cucina italiana", sicuramente ne ha contribuito allo sviluppo ponendo la cultura culinaria della nostra penisola tra le più importanti del mondo. Nato da una famiglia di ristoratori pavesi muove i primi passi in ambito gastronomico e nella ricerca del proprio personale percorso culinario. Nel dopoguerra si trasferisce in Svizzera, dove perfeziona la sua conoscenza frequentando, dal 1948 al 1950, la