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S C I E N Z a Le Dimensioni Della Complessità Biologica

S C I E N Z a Le Dimensioni Della Complessità Biologica

SCIENZA

Saverio Forestiero LE DIMENSIONI DELLA COMPLESSITÀ BIOLOGICA

L’esame di alcuni punti critici del dibattito filosofico sulla comples- sità biologica precede la presentazione delle componenti, quantita- tiva e qualitativa, della complessità biologica. L’illustrazione delle varie manifestazioni della complessità degli organismi è fatta ricor- rendo alle tre nozioni chiave di organizzazione, individualità e relazionalità. Il saggio contiene anche un’analisi del rapporto tra biocomplessità e selezione naturale, e riassume in pochi punti salienti l’ipotesi ricostruttiva dell’incremento di complessità lungo l’organizzazione gerarchizzata dei viventi. La riflessione finale è dedicata agli effetti della storia sulla complessità biologica.

“Complessità” è una tra le parole più ricorrenti e uno dei concetti più trasversali delle scienze fisico-matematiche e naturali. Esaminando gli scritti che trattano della complessità biologica si nota subito che la nozione di complessità ha carattere multidimensionale e che la relativa discussione sull’argomento presenta molteplici aspetti. Senz’altro c’è l’ir- risolta questione della definizione, c’è l’interrogativo se complessi siano gli oggetti biologici o i modelli e le teorie, ci sono posizioni antagoniste sulle eventuali differenze qua- litative tra complessità dei sistemi fisici e dei biosistemi, tro- viamo il dibattito sulla misurazione della complessità, ricer- che sul rapporto tra complessità e ordine e tra complessità e informazione, saggi sugli aspetti semantici della complessità e riflessioni sul rapporto tra complessità biologica e semioti- ca. Molto interesse suscitano anche gli interrogativi sull’ipo- tetico incremento di complessità dei sistemi viventi e sulle eventuali tendenze progressive della complessità nell’evolu- zione organica. Sebbene da un punto di vista scientifico l’instabilità seman- tica della nozione di complessità biologica rappresenti 76 ovviamente una limitazione, tuttavia questa nozione conser- va dei contenuti euristicamente utili e spendibili anche sul Kéiron piano teorico. Perciò tenteremo qui di seguito una sorta di fenomenologia della complessità dei sistemi viventi. Natural- mente sarà una fenomenologia in formato ridotto: un’illu- strazione corredata da alcune riflessione su certi fatti biolo- gici, e su problemi e metodi dove entra in scena la com- plessità.

La complessità biologica Sappiamo che i sistemi viventi della biosfera vengono di come problema norma ordinati in una gerarchia di entità secondo un criterio epistemologico di complessità crescente. L’organismo unicellulare, quello plu- ricellulare, la popolazione di organismi, e la biocenosi rap- presentano quattro distinti livelli di organizzazione della mate- ria vivente (Eldredge e Salthe, 1984). Ma diciamo subito che non c’è accordo sul numero dei livelli gerarchici della com- plessità strutturale, sulla quantità delle scatole cinesi in cui è CC omplessità

organizzata la materia viven- te. McShea (1991), ad esem- pio, riferisce che Ledyard Stebbins individua non quat- tro ma otto differenti gradi di organizzazione: i sistemi organici capaci di autoripro- duzione, i procarioti, gli eucarioti monocellulari, gli eucarioti pluricellulari sem- plici, gli organismi provvisti di tessuti e organi differen- ziati, gli organismi con arti ben sviluppati e dotati di sistema nervoso, gli organi- smi omeotermi, l’uomo. Sia come sia, tale comples- sità è stata giudicata come un fatto tanto ovvio, da non suscitare nessuna particola- re attenzione teorica. Fino a tempi recenti, questa accet- tazione acritica della com- plessità biologica non ha prodotto ricerche mirate a chiarirne i vari aspetti; pre- requisito viceversa indispen- sabile per una definizione. Come dire: i viventi sono complessi, non c’è bisogno di dimostrarlo e tanto meno è necessario definire in cosa consista tale complessità. Ora, dietro questo atteggiamento trapela una precisa posi- Il passaggio critico nella gerarchia della zione filosofica, una scelta realista che dà per scontata la complessità corrisponde all’incremento 77 complessità e non si dà pena di discutere un’altra possibilità, di complessità dei sistemi viventi, parti- l’alternativa, nominalista, che la complessità sia non un attri- colarmente intenso durante le transizio- buto dei viventi quanto piuttosto delle rappresentazioni Kéiron ni evolutive più importanti (procario- costruite dalla scienza. In questo secondo caso, intrinseca- ti/eucarioti, unicellulari/pluricellulari). mente complessi sarebbero semmai i modelli della cono- Charles Darwin, scenza biologica e non gli oggetti del mondo biologico, che “Illustrazione italiana”, a.VII, n.6, 1880. certo potranno essere più o meno complicati ma non com- plessi. Chiedersi perciò se i sistemi viventi siano oggetti “dav- vero” complessi può essere una domanda filosoficamente interessante ma non scientificamente produttiva, perché quel “davvero” complica anziché semplificare la strada verso l’osservazione e la sperimentazione. Noi avvieremo il nostro discorso assumendo invece, come artifizio operativamente utile, che i sistemi viventi possiedano un qualche tipo di complessità (della quale a priori non vogliamo decidere se abbia natura reale o nominale) e che essa sia una proprietà interessante che noi vogliamo caratterizzare. Agiremo perciò SCIENZA

come se la complessità dei viventi fosse reale, e ne ricerche- remo le manifestazioni visto che siamo interessati a esplorar- ne la fenomenologia e non a dimostrarne fondata o infonda- Una distinzione ta l’ontologia. fondamentale In campo scientifico, il termine complessità viene impiegato in due differenti accezioni (Lepschy, 2000). Chi ha familiarità con l’informatica e con l’analisi numerica sa che la comples- sità corrisponde a una caratteristica quantitativa di un algo- ritmo di calcolo che ne determina la possibilità di impiego per la soluzione pratica di un problema. Nell’ambito dei siste- mi dinamici, invece, la complessità è di solito considerata una caratteristica qualitativa di un sistema. Prima di abboz- zare un identikit della complessità dei sistemi viventi visti come sistemi dinamici, consideriamo brevemente la com- plessità biologica di tipo algoritmico. Complessità algoritmica: il contenuto informativo Sappiamo che nei sistemi viventi l’informazione è conservata dei sistemi viventi e trattata negli acidi nucleici che specificano in maniera non lineare i vari fenotipi; i quali, a loro volta, manifestano com- plessità gerarchizzata. Nel decennio successivo al 1953, dopo che Watson e Crick ebbero scoperto la struttura a dop- pia elica del DNA, altri ricercatori concorsero tra il 1962 e il 1966 a decifrare il cosiddetto codice genetico grazie al quale una sequenza di nucleotidi di un gene viene tradotta nella sequenza di amminoacidi di una proteina (Corbellini, 1999). Probabilmente anche la prossimità temporale tra la scoperta dell’esistenza di tale codice e l’elaborazione teorica della nozione di informazione a opera di E. Shannon e W. Weaver (1949), concorse a suggerire l’accostamento tra l’informazione biologica e l’informazione della teoria omonima. Più precisa- mente vennero cercate correlazioni e analogie in ordine alla misura del contenuto di informazione di sequenze (normali e mutanti per una o più variazioni) e alla misura dell’entropia di informazione. 78 Nell’approccio algoritmico, le sequenze nucleotidiche vengo- no considerate sequenze di simboli dell’alfabeto a quattro let- Kéiron tere proprio degli acidi nucleici. La formazione di una data sequenza Ik di lunghezza n avviene allora con probabilità -n pk = 4 , e il contenuto di informazione, espresso in bit, della sequenza è Ik = 2n. Tutto questo vale indipendentemente dalla particolare sequenza considerata. Infatti l’informazione di Shannon considera solo la componente statistica del- l’informazione senza riferimento al suo contenuto, dunque al significato, che è invece estremamente importante per i siste- mi viventi dato che è il significato del messaggio a determi- nare le conseguenze dell’informazione erogata. Approcci successivi dovuti a A. N. Kolmogorov e a G. J. Chaitin (rispet- tivamente nel 1968 e nel 1969) considerarono la struttura interna delle sequenze. Nella teoria algoritmica dell’informa- zione il contenuto informativo di un messaggio è pari alla lunghezza del più piccolo programma di computer che, una volta eseguito, è in grado di produrre l’oggetto. Ne deriva CC omplessità che messaggi periodici o molto ridondanti possiedono basso rapporto di informa- zione algoritmica/comples- sità, mentre sequenze casua- li hanno un alto rapporto di informazione algoritmica/complessità, non potendo essere create attra- verso un programma che sia più breve delle sequenze stesse. Tuttavia, come ogni biologo sa, il fatto che una sequenza casuale sia dotata di alta complessità (nel senso algoritmico-informati- co sopra specificato) con- traddice la realtà biologica nella quale i sistemi viventi giudicati altamente comples- si non hanno strutture e comportamenti governati dal caso ma possiedono invece un elevato livello di organiz- zazione interna. Neanche la nozione di complessità algo- ritmica, essendo interessata alla struttura interna del messaggio consente di affrontare il problema cru- ciale della significatività del- l’informazione. Quanto sia importante questo punto è immediatamente chiaro conside- Frontespizio della prima edizione in rando per esempio che i geni strutturali dell’uomo e dello opuscolo de L’uomo e le scimmie, 1864. scimpanzé sono identici al novantanove per cento (come dimostrarono King e Wilson nel 1975, le differenze ammi- 79 noacidiche del loro corredo preoteico non superano l’uno per cento) e che basta solo una frazione piccola, ma alta- Kéiron mente significativa, di geni diversi per determinare differen- ze biologiche di grande rilievo. La distanza genetica media tra le due specie, stimata su circa cinquanta geni strutturali, è risultata essere addirittura inferiore a quella tra specie sorelle (sibling ) del moscerino di Drosophila, che sono per definizione morfologicamente indistinguibili. È peraltro noto che tali piccole differenze di sequenza, capaci però di generare differenze organizzative tra le due specie, vanno quasi certamente ricondotte a cambiamenti prodotti da pochi geni regolatori. Il passaggio critico nella gerarchia della complessità corri- sponde ovviamente all’incremento di complessità dei sistemi viventi, particolarmente intenso durante le transizioni evolu- tive più importanti: per esempio il passaggio da cellula pro- SCIENZA

cariotica a cellula eucariotica, quello da sistema unicellulare a sistema pluricellulare oppure quello da individuo a colonia (Maynard Smith e Szathmary, 1995). Ancora manca una teo- ria generale dell’incremento di complessità, ma questo feno- meno ha iniziato ad avere una sua spiegazione quando l’a- nalisi è stata circoscritta a sistemi molto semplici come i virus. Alla fine degli anni Settanta, Manfred Eigen e Peter Schuster hanno proposto un modello teorico, detto dell’iperciclo, di notevole interesse euristico, in cui sono specificate le condi- zioni minime che permettono di conservare e di accumulare informazione biologica: un passo indispensabile per l’au- Complessità qualitativa mento di complessità di un sistema (Eigen e Schuster, 1979).

Sistemi complessi se ne trovano già nel mondo non vivente. Sono tali i ben noti sistemi a molte componenti interagenti e caratterizzati da dinamiche dissipative: le turbolenze nei fluidi L’evoluzione dell’uomo secondo un’in- di una turbina o di una camera di scoppio di un motore a cisione del periodico satirico inglese combustione, le nuvole, i profili delle coste, gli alberi, danno “Punch” (6 dicembre 1881).

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Kéiron CC omplessità luogo a strutture complesse accomunate dalla nascita di una spontanea autosomiglianza interna e da invarianza di scala (Mandelbrot, 1983). Si tratta di strutture dotate della cosiddet- ta “auto-organizzazione”, una proprietà che rappresenta tra l’altro un ottimo esempio di proprietà emergente di un siste- ma. I fenomeni di auto-organizzazione sono diffusamente pre- senti anche nei sistemi biologici, basti pensare alla comples- sità organizzativa delle reti metaboliche intracellulari. Secon- do alcuni, anzi essi potrebbero spiegare molti comportamen- ti dei sistemi viventi intrattabili con i tradizionali utensili esplicativi della biologia evoluzionistica. Stuart Kauffmann, ad esempio, ha ipotizzato che l’ordine biologico si sviluppi spontaneamente, che esso sia prodotto dall’interno dei siste- mi viventi grazie agli stessi principi di auto-organizzazione (leggi della complessità), agenti nei sistemi fisici (Kauffmann, 1995). All’origine delle configurazioni ordinate dei sistemi complessi vi sarebbero sistemi in equilibrio dotati di bassa energia e strutture dissipative. Ora noi osserviamo che men- tre l’idea che l’auto-organizzazione possa concorrere alla variabilità dei sistemi è un’ipotesi plausibile, è invece già dimostrato che soltanto l’interazione con l’ambiente esterno determina selettivamente quali stati del sistema saranno man- tenuti e quali no. Per dirla con Antoine Danchin (1998): la selezione non è sensibile alla struttura ma all’organizzazione; insomma, l’ambiente non giudica direttamente le strutture ma le loro organizzazioni attraverso i loro funzionamenti. L’auto- organizzazione potrà spiegare il panorama di forme poten- ziali, l’insieme delle strutture consentite dalle leggi della com- plessità, ma non ci sono indicazioni che tali leggi riescano a spiegare né tantomeno a prevedere (come invece Kauffmann sembra sostenere) le strutture, le forme che effettivamente sono o saranno prodotte e riprodotte. Anche per il cosid- detto problema dell’ “universalità”. Infatti, se i sistemi fisici dotati di auto-organizzazione sembrano essere caratterizzati da una “ridotta universalità”, è chiaro che quelli biologici lo 81 sono in misura ancora maggiore (Pietronero, 1998). Un primo identikit della complessità biologica Kéiron L’organizzazione, l’individualità e la relazionalità non sono soltanto tre caratteristiche comuni a tutti i sistemi viventi ma sono anche tre diverse manifestazioni della complessità bio- logica (Forestiero, 2000, 2001). Vediamole singolarmente più da vicino. L’organizzazione Proprietà fondamentale di tutti i viventi è quella di essere sistemi organizzati (Mayr, 1982). Possedere un’organizzazio- ne significa presentare un certo insieme di relazioni non casuali che assicurano la coerenza interna del sistema. Que- ste relazioni sono responsabili dell’unitarietà di ogni sistema vivente e della sua tenuta. L’organizzazione dei viventi mostra di avere una natura gerarchica per cui i sistemi dei vari livelli si presentano come entità fenomeniche caratteriz- SCIENZA

zate da configurazioni strutturali e da dinamiche processua- li differenti a ciascun livello, e dotate di proprietà né imme- diatamente deducibili né prevedibili. Oltre che gerarchica, tale organizzazione è anche chiusa, grazie all’innesco di cir- colarità in meccanismi altrimenti lineari di causa ed effetto. La logica circolare (perfettamente esemplificata dal rapporto causale: gameti-zigote-gameti) percorre tutti i livelli della L’individualità gerarchia, dalla cellula all’ecosistema. e le sue conseguenze: L’individualità dei sistemi viventi risulta dal fatto che essi non la biodiversità sono ripetitivi: l’eterogeneità è la norma (Ageno, 1986). Di norma ogni vivente possiede una propria individualità (un’u- nicità originariamente dovuta alle proprietà stocastiche della sorgente di variazione) che viene codificata nei geni, viene costruita epigeneticamente e viene trasmessa alla posterità. L’unicità degli individui è una caratteristica essenziale per l’a- dattamento della popolazione a un ambiente perennemente mutevole. L’individualità dei sistemi biologici ha duplice natu- ra: essa è con-causa ed effetto dell’evoluzione. La più appari- scente conseguenza dell’individualità è la diversità biologica o biodiversità. Globalmente, la biodiversità è costituita dall’in- sieme delle differenze osservabili tra i viventi. Tali differenze possono essere descritte in termini di quantità, di variazione e di variabilità degli organismi; nonché, semplificando, in rap- porto ai geni, alle specie e agli ecosistemi (Heywood, 1995). La relazionalità A differenza di quanto accade nei sistemi fisici dove le rela- zioni tra le parti sono mantenute dall’azione di forze, la coe- sione tra le componenti della materia vivente è affidata innan- zitutto ai segnali. Per esempio è mediante segnali che le cel- lule di una coltura batterica o le componenti di un sistema pluricellulare trasferiscono informazione dall’una all’altra, oppure coordinano i processi interni con quanto accade all’e- sterno di ciascuna di esse. A livello degli organismi pluricel- lulari, il sistema costituito dal segnale e dal suo recettore non 82 solo assicura l’integrazione tra le varie cellule, per esempio durante i processi di sviluppo (Bonner, 1984), ma negli ani- Kéiron mali può anche consentire l’integrazione sociale degli indivi- dui vuoi attraverso l’azione ormonale, vuoi attraverso quella dei neurotrasmettitori. In tutti i gruppi di organismi si assiste a una diversificazione della coppia segnale-recettore (Bonner, 1984, 1988). Tale diversificazione evolutiva produce sia una complicazione del sistema sia la sua compartimentalizzazione, con la localizzazione, in alcune regioni del corpo, delle cellu- le contenenti i differenti recettori. Inoltre, se da una parte l’e- voluzione filogenetica della coppia segnale-recettore rende più efficiente e affidabile l’integrazione tra gli individui (con ciò aumentando la diversità interna, intrasistemica, dei sistemi viventi), dall’altra essa serve a mantenere isolati sistemi tra loro incompatibili e in competizione (favorendo così la diver- sità esterna, intersistemica). I segnali coinvolti nel comporta- mento riproduttivo e responsabili della produzione delle bar- riere interspecifiche di isolamento pre-copula, esemplificano puntualmente la funzione di mantenimento e di incre- mento della diversità intersi- stemica. Negli animali dotati di un sistema nervoso e di un cervello sufficientemente complesso, il sistema segna- le-recettore è ancora all’ope- ra nel consentire l’apprendi- mento e dunque, ricorsiva- mente, nel permettere la generazione di più sofisticati meccanismi di produzione di diversità e di complessità. Se poi guardiamo a un altro ambito fenomenologico, è sempre la capacità relaziona- le dei sistemi viventi che viene chiamata in causa nell’ elaborazione epigenetica del- l’informazione genomica, come pure nei processi di riconoscimento immunitario, nella morfogenesi, nell’onto- genesi del comportamento. Rientra in una più ampia accezione di relazionalità, infine, anche la capacità dei sistemi viventi di mantenersi in rapporto con l’esterno sia attraverso l’adattamento genetico che quello ecologi- co. Progresso? Il consueto ordinamento di complessità crescente: cellula pro- cariotica, cellula eucariotica, organismo pluricellulare, popola- 83 zione, comunità, ecosistema, di solito si accompagna all’idea che nella storia della vita sul pianeta sia riconoscibile una ten- Kéiron denza storica verso la crescita di complessità dei sistemi viven- ti. Niente di più inesatto. Si tratta di una convinzione errata perché se da una parte è indiscutibile che le forme organizza- tive più semplici hanno preceduto di norma quelle più com- plesse, tuttavia la coesistenza temporale di forme poco com- plesse accanto a forme molto complesse testimonia non della sostituzione di sistemi relativamente semplici con sistemi com- plessi, ma della coesistenza di sistemi a vario grado di com- plessità. Inoltre, è anche noto che spesso nell’evoluzione i sistemi viventi sono andati incontro a processi di drastica sem- Incisione su rame acquerellata nel- plificazione di alcune subunità, dunque a una riduzione della l’Historie naturelle di George-Louis loro complessità generale (ad es. anoftalmia degli animali tro- Leclerc Conte di Buffon (1785 - 91). globi). Si può invece sostenere con buone argomentazioni che Questa raffigurazione di scimpanzè, nel corso dell’evoluzione vi sia stata una sorta di processo di volutamente rappresentato in atteggia- mento umanizzato, suscitò scandalo. SCIENZA

Riferimenti bibliografici diffusione della complessità biologica, nel senso che sembra essere aumentata la capacità dei sistemi viventi di adattarsi a Ageno, M., Le radici della biologia, un ambiente che pone richieste tra loro contrastanti (Omodeo, Milano, Feltrinelli, 1986. 1987). Bonner, J. T., The Evolution of Chemi- cal Signal-receptor Systems (from slime Selezione naturale, complessità gerarchica moulds to man), in Oxford Surveys in e complessità biologica come effetto storico Evolutionary , a cura di R. Dawkins e M. Ridley, vol.1, 1984, pp. 1- In larga misura la storia dei viventi è storia dei passaggi da un 15. livello di complessità all’altro, cioè da un’unità di selezione - The Evolution of Complexity, Prince- all’altra. Secondo una ricostruzione ampiamente accettata, ton, Princeton U.P., 1988. l’avvio del processo evolutivo coincise con l’originarsi di Corbellini, G., Le grammatiche del molecole capaci di autoreplica; queste furono poi incorpora- te in unità cellulari assai ben delimitate, capaci successiva- vivente, (II ed.), Roma-Bari, Laterza, mente di integrare al loro interno i genomi di organelli dotati 1999. di autoreplicabilità, e poi diventate capaci di sfruttare con la Dahlberg, J. E. e Tocchini Valentini, G. sessualità l’enorme vantaggio della ricombinazione genetica. P. (a cura di), Frontiere della vita. Vol. A questo punto del processo evolutivo, con la comparsa del I. All’origine della vita, Roma, Istituto sesso e della specie la selezione naturale assunse la forma che della Enciclopedia Italiana, 1998. è più familiare ai biologi, quella di riproduzione differenziale Danchin, A., La barque de delphes. Ce di genotipi. que révèle le texte des génomes, Paris, Negli anni Sessanta, dopo il lavoro di Hamilton (1964), la que- Odile Jacob, 1998. stione dell’esistenza di multipli livelli di azione della selezione Eigen, M. e Schuster, P., The Hypercy- naturale (livelli sia sopra che sottoindividuali) diventò un argo- cle: a Principle of Natural Self-organi- mento molto scottante. La questione in sé è della massima rile- zation, Berlin, Springer-Verlag, 1979. vanza e si presenta in modo assai articolato. Qui di seguito Eldredge, N. e Salthe, S.N., Hierarchy illustriamo i punti salienti della ipotetica logica processuale and Evolution, in Oxford Surveys in con cui si può salire da un livello di complessità a quello suc- , cit., pp.184-220. cessivo. Forestiero, S., Complessità: complessità Il quadro generale che sta dietro all’idea di molteplici unità di biologica, in Enciclopedia italiana, VI selezione è che al nascere di un nuovo livello organizzativo Appendice, Roma, Istituto della Enci- della materia vivente si verifichi un cambiamento nel bersa- clopedia Italiana, 2000, pp.405-410. glio e nella forma della selezione. Mentre fino a quel momen- - Identification Clues of the Biological to la selezione viene esercitata soltanto dall’ambiente esterno, Complexity, in “”, vol. con la nascita del nuovo livello strutturale (a condizione che 84 3, 2001 (in stampa). esso però contenga fisicamente il livello strutturale più antico) Hamilton, W. D., The Genetical Evolu- l’ambiente esterno agisce solo sull’unità di questo nuovo livel- Kéiron tion of Social Behaviour, in “Journal of lo (l’unità neoformata) e la selezione sull’unità gerarchica- Theorethical Biology”, 7, 1964, pp. 1- mente inferiore non è più esercitata dallo stesso ambiente di 52. prima (quello che precedentemente era esterno) ma dall’unità Heywood, V. H. e Watson, R. T., Glo- neoformata, che pertanto funzionerà come ambiente per l’u- nità più vecchia e gerarchicamente inferiore. Questa conce- bal Biodiversity Assessment, Cambrid- zione prevede un controllo verticale, dall’alto, dell’unità mag- ge, Cambridge U.P., 1995. giore sull’ambito delle possibili variazioni dell’unità minore. E Kauffman, S. A., At Home in the Uni- anche se, in effetti, i cambiamenti dell’unità di livello inferio- verse, Oxford, Oxford U.P., 1995, trad. re possono arrivare a influenzare la replica dell’unità del livel- it. A casa nell’universo, Roma, Editori lo immediatamente superiore, tale azione dal basso è consen- Riuniti, 2001. tita nella misura in cui questi cambiamenti non sono svantag- King, J. L. e Wilson, A. C., Evolution at giosi per l’unità maggiore che è quella che interagisce con Two Levels: Molecular Similarities and l’ambiente esterno. In questa visione, all’incremento di com- Biological Differences Between plessità è associato lo slittamento della selezione dal vecchio Humans and Chimpanzees, in “Scien- al nuovo livello di organizzazione, che quindi perde gradi di ce”, 188, 1975, pp. 107-116. libertà trasformandosi in vincolo interno al sistema. CC omplessità

Uno degli aspetti più ricchi di conseguenze teoriche dei siste- Lepschy, A., Complessità: sistemi com- mi viventi è quello di essere sistemi non universalmente plessi, in Enciclopedia italiana, VI necessitati nel senso che le loro strutture e i loro comporta- Appendice, cit., pp. 401-405. menti non sono descrivibili con leggi universali bensì da Lewontin, R. C., The Genetic Basis of enunciati validi caso per caso, o tutto al più validi per una Evolutionary Change, New York, casistica assai limitata. Da cosa derivi questa caratteristica è Columbia U. P., 1974. facilmente comprensibile considerando un esempio che illu- Mandelbrot, B., The Fractal Geometry stra un altro peculiare aspetto dei sistemi viventi: l’enorme of Nature, New York, Freeman, 1983. discrepanza tra quanto è teoricamente possibile su base com- Maynard Smith, J. e Szathmary, T., The binatoria e quanto invece si è storicamente realizzato. Major Transitions in Evolution, Preso il caso del polimorfismo genetico, cerchiamo di rap- Oxford, Oxford U.P., 1995. presentarci quello che Lewontin (1974) ha chiamato “lo spa- Mayr, E., The Growth of Biological zio dei genotipi”. Partendo da seimila geni strutturali (nume- Thou-ght, Diversity, Evolution, and ro medio stimato per Drosophila) e ammettendo verosimil- Inheritan-ce. Cambridge (Mass.), The mente che la metà sia polimorfica, avremo tremila geni. Assu- Belknap Press of mendo, quindi, una media di due alleli per locus elettrofore- tico, avremo tre possibili combinazioni alleliche per ciascun Press, 1982, trad.it., Storia del pensiero locus; che per tutti i loci fa un numero totale di combinazio- biologico, Torino, Bollati-Boringhieri, ni alleliche pari a 33.000 (63.000 nel caso diploide). Come si 1990. vede, l’insieme potenziale di tutti i genotipi così calcolato, è - This is Biology, Cambridge (Mass.), costituito da una quantità strabiliante, non solo assolutamen- Harvard U.P., 1997, trad. it. Il modello te superiore al totale dei genotipi aploidi già prodotti e pro- biologico, Milano, McGraw-Hill, 1998. ducibili in futuro, ma addirittura di gran lunga superiore McShea, D. W., Complexity and Evolu- anche al numero stimato di tutte le particelle elementari del tion: What Everybody Knows, in “Bio- nucleo atomico presenti nell’universo (circa 1079). La massa logy and Philosophy”, 6, 1991, pp. 303- di questi genotipi, se tutti fossero prodotti, supererebbe la 324. massa dei nucleoni. Omodeo, P., Progressive Evolution and In conclusione, il fatto, invece, che di tutte le possibili com- Increase of Genetic Information, in binazioni genotipiche solo alcune effettivamente si siano rea- Proceedings of the International Sym- lizzate e solo alcune altre si potranno realizzare in futuro, rap- posium on Biological Evolution (Bari, presenta una chiara evidenza della natura relativa e contin- 9-14 April, 1985), a cura di V. Pesce gente dei sistemi biologici. È questa contingenza a fondare la Delfino, Bari, Adriatica Editrice, 1987, natura storica dei viventi: la complessità osservabile deriva da pp. 23-38. vincoli strutturali e funzionali pre-esistenti che a loro volta Pietronero, L., Il semplice e il comples- determinano la dinamica futura dei sistemi. Non tutti i cam- so dalla fisica alla biologia, in Frontie- mini evolutivi sono dunque possibili ma solo quelli compati- re della vita.Vol. I. All’origine della 85 bili con il regime di vincoli esterni e interni al sistema. I siste- vita, cit., pp. 71-87. Kéiron mi viventi sono dunque entità storicamente determinate e la Wagensberg, J., Complexity versus biologia assume anche essa carattere storico ogni volta che si Uncertainty : the Question of Staying pone problemi che vanno oltre il comportamento delle mole- Alive, in “Biology and Philosophy”, 15, cole. 2000, pp. 493-508. La natura dei vincoli che determinano le condizioni di possi- bilità dei sistemi viventi è esplicitabile solo in termini evoluti- vi. Si tratta dei vincoli adattativi, sincronici, che strutturano il collegamento con l’ambiente, e dei vincoli di sviluppo che specificano diacronicamente il modo d’essere di ciascun indi- viduo e di ciascuna specie. La natura di questi vincoli legitti- ma, inoltre, gli interrogativi teleonomici sui perché di certe manifestazioni dei viventi (Mayr, 1982, 1997). Le domande sui perché non sembrano riducibili a domande sul come. Piutto- sto si hanno spiegazioni di due ordini distinti: una funziona- le, finalizzata all’esplicitazione delle cause prossime, dei mec- canismi in gioco; l’altra tesa a elaborare una spiegazione che è storia delle vicende responsabili del fenomeno osservato. 412-711_Vol1_Scienza.QXD 6-06-2007 12:09 Pagina 703

L’ecologia: aspetti scientifici e

problemi di conservazione di Saverio Forestiero

L’idea che percorre tutta la storia dell’ecologia è la necessaria interdipendenza dei viventi: nella biosfera tutto si tiene in equilibrio. L’ecologia studia strutture e processi sincronicamente e diacronicamente, a varie scale spaziali e temporali; si concentra sulle relazioni intra e interspecifiche, ne indaga la natura economica, conflittuale o cooperativa, ne misura l’intensità; ricorre descrittivamente al concetto di ecosistema. Il vocabolario dell’ecologia è spesso antropocentrico; la conoscenza degli ecosistemi e degli ambienti di vita delle altre specie è severamente condizionata dai limiti percettivi degli ecologi. L’ecologia del secondo Novecento ha dovuto concentrarsi su problemi applicativi di enorme complessità: boom demografico, inquinamento, crisi climatiche e della disponibilità d’acqua, erosione della biodiversità di specie di interesse agronomico o ittico, alterazione degli ecosistemi, insorgenza di nuove patologie mediche e veterinarie, estinzione. Oggi molti dei problemi affrontati dall’ecologia scientifica intercettano questioni economiche e politiche.

Identità dell’ecologia Veduta panoramica di Shangai Poche scienze sono allo stesso tempo tanto popolari e così mal co- Negli ultimi anni, lo sviluppo nosciute e fraintese come l’ecologia. Anche se in modo ovviamente industriale in Cina e India, assai meno vistoso di quanto non accada presso il pubblico, pure tra accompagnato da un eccessivo incremento nel consumo dei gli addetti ai lavori si possono trovare punti di vista diversi e spesso combustibili, rischia di rendere discordanti sull’identità e la natura dell’ecologia. Gli storici della vani gli sforzi a tutela scienza si dividono sulla sua origine e la sua storia, gli ecologi ne dell’ambiente portati avanti tratteggiano differenti profili a seconda della loro formazione acca- dagli altri Paesi. demica e del loro specifico oggetto di studio: piante, animali, ceno- si (specie viventi) terrestri, lacustri, fluviali, marine, benthos, planc- ton, foreste, paesaggio ecc., arrivando a differenti conclusioni anche a seconda della scala di osservazione e misura a cui si svolgono le lo- forti: gli aspetti microscopici e quelli macroscopici restano abba- ro ricerche. Potrà stupire ma non tutti gli ecologi concordano sulle stanza separati. La teoria dei flussi energetici nell’ecosistema non è proprietà di base delle biocenosi e degli ecosistemi. La natura com- connessa con l’ecologia di popolazione né l’ecologia di comunità posita descrittiva e meccanicistica, quantitativa e olistica dell’ecolo- sembra facilmente riducibile a quella di popolazione, la quale a sua gia si è manifestata sin dalle origini ottocentesche della disciplina at- volta si interfaccia malamente con la genetica di popolazione; l’eco- traverso i contributi della geobotanica, della fisiologia vegetale, in- logia del paesaggio si connette a fatica con l’ecologia popolazioni- teressata al rapporto tra piante, clima e suolo, dello studio della di- stica e ancora meno con l’ecologia fisiologica e con quella compor- namica della vegetazione nel tempo. Tale natura polimorfica dell’e- tamentale dal momento che manca in sostanza una teoria integrata cologia in parte è frutto della sua storia e delle diverse tradizioni di e generale dell’ecologia: quello che vale per gli ecosistemi non è tra- ricerca, in parte deriva dall’oggetto stesso della disciplina: le rela- sferibile ai livelli organizzativi più bassi. zioni tra organismi e ambiente. Più che in altre discipline biologiche Decisiva nella ricerca ecologica è l’attività di identificazione e rile- è importante in ecologia il posizionamento teorico del ricercatore, il vamento dei parametri ambientali, importantissime sono la descri- suo punto di vista, la sua epistemologia. Diversamente dalla geneti- zione demografica delle popolazioni, problematica è quasi sempre ca o dalla biologia molecolare in ecologia non si fanno delle im- la delimitazione spaziale delle cenosi e degli ecosistemi, l’analisi del provvise scoperte: è una scienza giovane e il suo oggetto di studio è funzionamento dei medesimi, la descrizione dei grandi cicli biogeo- estremamente complesso, spazialmente eterogeneo e temporalmen- chimici della biosfera. L’indagine sul campo è molto sviluppata (for- te variabile, sensibile agli effetti di scala. Gli avanzamenti sono rap- se più di quella sperimentale di laboratorio) e richiede molto di- presentati piuttosto da progressi nell’accuratezza delle misure, nel- spendio di tempo e il contributo di molti specialisti che operano in la ricostruzione dei meccanismi, nell’attendibilità delle rappresen- condizioni concrete spesso logisticamente difficili, quando non osti- tazioni dei fenomeni, dalla scoperta di regolarità piuttosto che di li, e mai pienamente controllabili. Si conosce l’autoecologia di po- leggi. La tensione e il contrasto teorico tra descrizioni ai diversi li- chissime specie, altrettanto poco si sa della loro sinecologia; ancora velli organizzativi dei sistemi ecologici sono al momento alquanto meno della variabilità adattativa delle diverse popolazioni di una

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Scienza e tecnologia  “Conosci te stesso”: l’organismo e l’ambiente, la salute e la malattia

Un esempio di degrado ambientale, stessa specie. Tenendo conto che le specie note alla scienza si aggi- Sardegna rano come minimo attorno ai 2 milioni, si deduce che lo spazio tas- sonomico e quello ambientale indagato dall’ecologia sono estrema- mente lacunosi. Ambienti come quelli delle profondità oceaniche, delle alte quote, dei grandi fiumi tropicali, della volta forestale, del- le grotte, sono di difficile accesso e si conosce pochissimo dei loro habitat e delle specie che li popolano. L’analisi statistica dei dati ecologici può essere molto sofisticata e così pure sono i modelli di simulazione di fenomeni intrattabili sperimentalmente e i modelli matematici, deterministici o probabilistici, a carattere predittivo. Il sostegno dell’informatica è indispensabile; lo stesso vale per l’uso di strumenti e tecnologie che vanno dai semplici termometri ai satelli- ti da telerilevamento ai correntometri ai batiscafi, ecc. La fase de- scrittiva dell’ecologia è lontana dall’essere compiuta. pici sono le foreste pluviali mentre nei climi temperati sono i laghi e gli stagni, tutti gli studiosi di ecologia hanno la forte consapevo- Parole, concetti, teorie lezza di avere compiuto un progresso importante. Storicamente uno Sebbene il termine sia stato coniato in tedesco (Ökologie) dal bio- dei contributi paradigmatici della nascente ecologia è l’idea deter- logo Ernst Haeckel (1834-1919) nel 1866, molto prima che l’ecolo- ministica e finalistica di Frederich Edward Clements (1874-1945) gia si rendesse autonoma dalla botanica e dalla zoologia, la maggior secondo cui le cenosi si comportano analogamente a superorgani- parte dei teorici ha parlato e parla angloamericano. Attraverso mol- smi, di cui le popolazioni sono loro organi. Per Clements (1916), ti autori, da Haeckel che cita la darwiniana economia della natura, botanico del Nebraska, le cenosi, al pari degli organismi, sono do- agli ecologi sperimentali di popolazione come Thomas Park (1908- tate di omeostasi e, come quelli, si sviluppano nel tempo maturan- 1968), al limnologo e teorico George E. Hutchinson (1903-1991), do attraverso la successione ordinata di stadi culminanti nel climax l’influenza di Darwin – soprattutto relativamente al concetto di se- (la cenosi terminale della serie in equilibrio con l’habitat). All’op- lezione naturale – sul pensiero ecologico è assolutamente pervasiva posto, nel 1926, Henri A. Gleason (1882-1975) dell’Università del- a livello organismico, popolazionale e biocenotico, meno sentita, in- l’Illinois concepisce probabilisticamente le cenosi come associazio- vece, a livello ecosistemico. Mancando, quindi, una specifica teoria ni opportunistiche, casuali e temporanee, di popolazioni di specie; generale dell’ecologia, l’unica teoria generale disponibile rimane Gleason è contro l’approccio olistico alle cenosi: sono individui quella della selezione naturale, anche se poi questo non implica al- piuttosto che classi. cuna integrazione automatica delle conoscenze ecologiche con Negli stessi anni in Inghilterra Arthur G. Tansley (1871-1955), fon- quelle genetiche. datore del “New Phytologist” (1902), della British Ecological So- Tipicamente, l’ecologia studia i rapporti tra gli organismi e il loro ciety (1913) e del “Journal of Ecology” (1917) è favorevole a una ambiente; sotto alcuni aspetti essa è l’erede moderna della più anti- concezione quasi organismica delle cenosi e degli ecosistemi, ed è ca storia naturale degli organismi; moderna perché affianca allo stu- convinto che le successioni ecologiche possano essere progressive dio qualitativo degli ottocenteschi “costumi” di animali e piante la quanto regressive, quindi non destinate all’equilibrio. Nel 1925 con descrizione quantitativa e l’analisi causale dei fenomeni studiati. Elements of physical biology, dell’americano Alfred James Lotka Una sua caratteristica, rivelata dalla radice comune ai due termini (1880-1949), che tratta di demografia, cicli di nutrienti e flussi di economia-ecologia, è l’interesse per la dimensione economica della energia, nasce il primo libro di ecologia teorica. L’anno dopo, Ray- natura: attenzione manifestata attraverso l’elaborazione di stime mond Pearl (1879-1940) fonda la rivista “The Quarterly review of  quantitative dell’efficienza ecologica. Stimare il rapporto tra le Biology”, inaugurando il primo numero con un articolo, poi diven- Ottocento, Storia: quantità di materia vivente prodotta e i costi di produzione è una tato celeberrimo, di rassegna della crescita demografica di popola- Le trasformazioni sfida per gli ecologi. Quando, per esempio, dopo molti decenni di zioni di lievito, drosofile e uomo. Di solito si fa coincidere con quel- dell’ambiente fisico lavoro si riesce a dimostrare che gli ecosistemi più efficienti ai tro- la data la “riscoperta” dell’equazione logistica del matematico bel-   La biocenosi La biocenosi è un insieme di popolazioni vegetali mondo vivente per poi tornare nel mondo inorganico. e animali che vivono in una medesima area. Si tratta L’organizzazione di una biocenosi, dunque, potrebbe insomma della parte vivente di un ecosistema. Le spe- essere paragonata a quella di un enorme organismo, cie che costituiscono la biocenosi sono legate le une in cui tutte le attività metaboliche interagiscono in alle altre da complesse relazioni trofiche, cioè ali- modo ordinato. mentari: di solito infatti in una biocenosi si trovano or- Al pari di un organismo, poi, una particolare bio- ganismi produttori di sostanze organiche, organismi cenosi acquisisce infatti caratteristiche proprie che consumatori e organismi decompositori. I primi sono vanno al di là delle caratteristiche dei singoli individui i vegetali che grazie alla clorofilla sintetizzano gluci- e delle popolazioni che la compongono, ma dipen- di ricchi di energia e altre sostanze. I consumatori di dono piuttosto dall’interazione fra le diverse specie primo ordine sono gli animali erbivori, i consumatori presenti. Questo concetto è fondamentale per l’ecolo- di ordine superiore sono i carnivori e i parassiti. De- gia applicata e fornisce linee guida per la gestione del- compositori sono i microrganismi che, nutrendosi de- le popolazioni: secondo questa visione, il controllo di gli organismi morti, scindono le sostanze organiche li- una certa popolazione, animale o vegetale che sia, berando sostanze inorganiche. Attraverso questo ciclo non va attuato agendo solo su quella popolazione ma i singoli elementi e composti chimici circolano nel sull’intera comunità.  

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L’ecologia: aspetti scientifici e problemi di conservazione

   Nicchia ecologica Ottocento, Scienza e Il termine nicchia (niche in inglese) viene intro- in più riprese da G.E. Hutchinson – un ecologo di tecnologia: Charles Darwin, dotto la prima volta nel 1910 dall’americano Ro- origine britannica ma radicato a Yale e maestro di Il secolo dell’evoluzione swell Hill Johnson in un lavoro dedicato alla colora- una schiera di illustri studiosi tra cui i fratelli Eugene zione delle coccinelle. La seconda volta la parola P. e Howard T. Odum (1924-2002), Raymond Linde- viene impiegata nel 1914 da Joseph Grinnell (1877- man, Rachel Carson, Robert MacArthur (1930- 1939) in uno studio sui mammiferi e gli uccelli del 1972), Lawrence Slobodkin (1923-) – si precisa fi- basso corso del fiume Colorado. Il termine, che non nalmente l’idea che la nicchia ecologica, in quanto ha ancora connotazioni tecniche, presenta il generi- “spazio occupato da una specie”, rimanda allo spa- co riferimento spaziale al luogo dove si può trovare zio astratto delle rappresentazioni matematiche e un animale. Il processo di tecnicizzazione prose- non di certo a una porzione dell’ordinario spazio fi- guirà in successivi lavori di Grinnell ove è chiaro che sico-empirico dell’habitat. Nel 1957 durante i Con- i referenti della nicchia diventano le relazioni di or- cluding Remarks del simposio di biologia quantitati- dine funzionale (quello che la specie fa nella comu- va di Cold Spring Harbor, Hutchinson formalizzerà nità, il suo ruolo) piuttosto che le variabili di tipo la nozione di nicchia servendosi del principio di spaziale (dove la si può trovare, il suo posto fisico). esclusione competitiva: “nicchia è l’espressione del- Il riferimento alla componente biocenotica (le rela- la risposta di una popolazione in un iperspazio a n- zioni con le altre specie) è esplicita nei lavori di dimensioni, descritto dall’insieme di tutte le Xn va- Charles Elton. Con la teoria della nicchia elaborata riabili, fisiche e biologiche”.  

ga Pierre-François Verhulst (1804-1849) risalente al 1838 (ispirata- scu-Roegen (1906-1994) pioniere dell’economia ecologica, olistica gli a sua volta dal suo maestro Adolphe Quetelet (1796-1874) e l’i- ed ecocentrica. Da metà degli anni Venti alla fine degli anni Trenta naugurazione di un nuovo campo di ricerche. Anni prima, nel 1908, matura l’ecologia teorica; oltre a Lotka tra i principali contributori il fisiologo e biochimico australiano Thorburn Brailsford Robertson troviamo il matematico italiano Vito Volterra (1860-1940), il mate- (1884-1930) aveva però già pubblicato articoli in cui venivano ri- matico Vladimir A. Kostitzin (1882-1950), e il microbiologo Giorgi portati i dati di Quetelet e veniva introdotta la curva logistica, che F. Gause (1910-1986), entrambi russi, e gli australiani Alexander Robertson chiama autocatalitica; Pearl conosceva questi articoli e li John Nicholson (1865-1969) e Victor Albert Bailey (1895-1964). aveva anche molto criticati. Il più importante concetto dell’ecologia scientifica è quello di eco- L’idea universale e astorica della curva logistica è che qualsiasi po- sistema; il termine venne coniato dall’ecologo vegetale inglese polazione – a qualsiasi specie appartenga, non importa se di batteri Arthur Tansley nel 1935 e sette anni più tardi implementato quan- protisti funghi vegetali animali – nelle prime fasi della propria cre- titativamente dal limnologo americano Raymond Lindeman (1915- scita aumenta di numero seguendo una legge matematica descrivi- 1942). È su questo concetto, portato al successo nel 1953 dal più fa- bile mediante una curva di cui è nota la funzione. Nella logistica c’è moso dei trattati di ecologia, Fondamenti di ecologia di Eugene P. poi l’idea che il massimo numero di individui della popolazione che Odum (1913-2002), che si fonda l’autonomia dell’ecologia come può mantenere un equilibrio nell’ambiente non dipende dalle ca- scienza. Tutta l’ecologia è impregnata di pensiero sistemico, molto ratteristiche della popolazione, ma solo dal contesto ambientale, essa deve alla teoria dei sistemi di Ludwig von Bertalanffy (1901- cioè dalla sua capacità di sostenere la popolazione: è la nozione di 1972), alla cibernetica di (1894-1964) degli anni capacità portante dell’ambiente. Tutta l’ecologia dei rapporti tra le Cinquanta e Sessanta e, più di recente, alla teoria del caos e della specie – dalle equazioni di competizione, a quelle sulla predazione, complessità. I pattern (campioni) e i processi derivanti dall’interazio- al principio di esclusione competitiva di Volterra-Gause – è stata ne tra individui, popolazioni, specie e comunità all’interno di paesag- Operazioni di smaltimento di rifiuti sviluppata a partire dall’equazione di Pearl-Verhulst. gi sono al centro degli studi attuali dell’ecologia. Queste interazioni radioattivi Nel 1927 in Inghilterra Charles Elton (1900-1991) pubblica Animal ecology dove, oltre a sostenere l’autoregolazione demografica, si oc- cupa del rapporto tra livelli trofici dell’ecosistema, cioè tra tutti quegli organismi che nella catena alimentare si nutrono della stessa tipologia di cibo (piante, erbivori, carnivori, sostanze inorganiche), e distribuzione delle biomasse, cioè delle masse di organismi pro- dotte da un ecosistema in un dato periodo, tra i livelli. Altrove ven- gono affrontate altre differenti questioni ecologiche: nello stesso an- no lo svizzero Josias Braun-Blanquet (1884-1980) pubblica Pflan- zensoziologie il trattato di riferimento della scuola fitosociologica di Zurigo-Montpellier. Intanto nel 1926 il fondatore della biogeochi- mica, il russo Vladimir I. Vernadskij (1863-1945) elabora una con- cezione globalistica e panecologica del nostro pianeta, conia la pa- rola biosfera, riconosce che tra i processi più importanti della bio- sfera c’è la produzione di materia vivente, reputa fondamentale – anche per ragioni applicative – riuscire a stimare l’ammontare delle risorse organiche del pianeta. Vernadskij conosce i lavori di Lotka e li cita; Lotka citerà i suoi; entrambi concordano su una visione del- l’ecologia che solo anni dopo verrà chiamata sistemica. Al loro pun- to di vista si rifarà, mezzo secolo dopo, il rumeno Nicholas George-

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Scienza e tecnologia  “Conosci te stesso”: l’organismo e l’ambiente, la salute e la malattia

to Ambientale (VIA) di un intervento antropico è quella di offrire eventuali alternative per l’ottimizzazione del progetto rispetto agli inevitabili danni arrecati all’ambiente. Nel 1969 gli Stati Uniti sono stati il primo Paese a legiferare adottando l’obbligo di una proce- dura di VIA; in Italia le prime norme sulla VIA risalgono al 1986. Visto che dipendiamo dagli ecosistemi per l’aria, l’acqua, le materie prime, il cibo, le medicine e altri beni e servizi, quello che è danno- so per la biodiversità è quasi sempre dannoso per la nostra specie. Se l’uomo comune difficilmente si rende conto di questa dipenden- za, invece essa è chiarissima agli esperti di conservazione. L’ecolo- gia, o meglio la biologia della conservazione combina molte compe- tenze settoriali per fronteggiare la crisi della biodiversità e più in ge- nerale quella ambientale. Questo obiettivo viene perseguito sia va- lutando gli effetti dell’attività antropica su specie, biocenosi ed eco- sistemi, sia elaborando procedure capaci di prevenire l’estinzione delle specie. Dato che la causa principale della crisi ecologica deri- va dall’impatto umano, è diventato indispensabile modificare cul- turalmente i comportamenti delle persone nei confronti della natu- ra. Solo in casi eccezionali è possibile ricorrere a degli strumenti coercitivi come leggi restrittive delle libertà personali e particolar- Gli effetti delle piogge acide sugli alberi formano complesse reti (la nozione di rete è centrale in molte scienze mente punitive. Nella maggioranza dei casi la società ricorre alla di una foresta di fine Novecento), oggetto di intensa ricerca nell’ambito della teoria mobilitazione di conoscenze antropologiche, sociologiche, econo- Le specie forestali coinvolte della complessità, dell’informatica e della meccanica statistica. Oltre miche e geografiche per veicolare la cultura ecologica e program- nel problema delle piogge acide ad avere stabilito rapporti con le scienze dure di tipo fisico-matema- mare azioni di sensibilizzazione e di educazione alla difesa e alla sono numerose e alcune di esse rivestono una grande tico, per il suo approccio sistemico e globalistico, l’ecologia conserva conservazione delle specie e degli ecosistemi. Come gran parte del- importanza produttiva e intatti i legami con le altre scienze naturali e con la biologia e manife- l’ecologia applicata, anche la biologia della conservazione si pre- paesaggistica. Tra queste si sta più di un’apertura verso le scienze umane attraverso l’economia, senta come una disciplina dell’emergenza, visto che è assai ricor- trovano l’abete bianco, l’abete l’antropologia, la geografia. Un’esame ravvicinato merita la nozione rente che qualche Paese del mondo debba decidere su temi critici rosso, il pino silvestre, il faggio di nicchia ecologica. di conservazione con pressante urgenza e disponendo di solito di e molte specie di conifere e latifoglie. informazioni largamente insufficienti. Ecologia e società: uno studio del secondo Novecento Nel secondo Novecento l’interesse per le modificazioni ambientali, La cultura della conservazione il rapido degrado, l’esplosione demografica della nostra specie e Sono decine di anni che nei Paesi occidentali c’è la consapevolezza quindi per i correlati problemi alimentari e di inquinamento, ha in- di dover conservare la diversità biologica e gli ecosistemi. Natural- fluito pesantemente sugli sviluppi dell’ecologia promuovendo certi mente questa consapevolezza non è una prerogativa né dell’Occi- temi con forte impatto sociale, spesso a scapito di altri forse anche dente né dell’approccio scientifico alla natura in quanto in tutto il più interessanti sotto il profilo schiettamente scientifico. Nei Paesi mondo si trovano credenze religiose e filosofiche i cui precetti det- occidentali economicamente più ricchi, gli ecologi sono stati presto tano la protezione della natura. Negli Stati Uniti, in particolare, la chiamati a consigliare i politici in molte occasioni in cui erano in cultura del rispetto della natura e della sua conservazione è molto an- ballo questioni ambientali. La nascita dell’ambientalismo pos- tica e si può dire che sia nata ben prima che fosse elaborata dall’eco- tbellico può essere fatta risalire al 1962, quando con la pubblicazio- logia scientifica. Pensatori e profeti del pensiero ecologico e dell’a- ne Silent Spring Rachel Carson (1907-1964) denuncia i nefasti effet- zione ecologista come Ralph Waldo Emerson (1803-1882) poeta e fi- ti ambientali del DDT e di altri pesticidi, criticando anche l’idea di losofo di una visione romantica della natura con finalità moralistiche progresso tecnico-scientifico. Da allora l’interesse del pubblico ver- e utopistiche, Henry David Thoreau (1817-1862) sostenitore di una so le conoscenze dell’ecologia scientifica si è andato restringendo a visione arcadica e sensuale ove la natura è animata e governata da favore del richiamo dell’ecologia applicata orientata a studiare gli una forza vitale, John Muir (1838-1914) fondatore nel 1892 della pri- impatti dell’inquinamento e di altri stress sulla struttura e il funzio- ma organizzazione conservazionista, il Sierra Club, e quindi ritenuto namento degli ecosistemi. il padre del movimento ecologista, Aldo Leopold (1887-1948) che Naturalmente, si potrebbero fare moltissimi esempi di impatto am- per primo elaborò l’idea di risorsa ambientale, applicandola alla sel- bientale, ma una lista delle principali macrocategorie può bastare a vaggina, e stabilì i fondamenti scientifici della gestione razionale del- rendere l’idea: inquinamento dell’aria, contaminazione da elementi le fauna selvatica, sono altrettanti precursori del moderno pensiero tossici, acidificazione, inquinamento da petrolio, eutrofizzazione conservazionista. Una prospettiva tardo novecentesca (1979) è of- delle acque, presenza di pesticidi, deforestazione, perdita di biodi- ferto dall’idea del biofisico James Lovelock (1919) e della biologa versità, effetti ecologici delle guerre. L’azione antropica ha una tale (1938), conosciuta come ipotesi Gaia secondo cui la influenza sull’ambiente che oramai esistono protocolli standard di Terra con tutto l’insieme dei suoi ecosistemi abbia le proprietà di un riferimento e un apposito settore dell’ecologia applicata specializ- superorganismo e che, in quanto tale, sia capace di interagire e di re-  zato nella previsione degli effetti derivanti da interventi come l’a- golare lo stato dell’atmosfera e del clima. Già agli albori della tradi- Novecento*, Storia: pertura di un’autostrada, l’edificazione di un complesso industria- zione conservazionista coesistono perciò posizioni di intransigenza Ambiente e ambientalismo, le, la costruzione di una diga foranea, la posa sul fondo marino di nei riguardi dell’ambiente con posizioni che, con un occhio all’eco- La demografia condutture e cavi. La finalità della Valutazione a priori dell’Impat- nomia, hanno come obiettivo la gestione razionale degli ecosistemi

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L’ecologia: aspetti scientifici e problemi di conservazione

naturali. Da queste posizioni gestionali deriva il moderno concetto di sviluppo sostenibile, risalente al 1987, definito come quella forma di sviluppo che soddisfa i bisogni primari del presente, senza com- promettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Questa idea (espressa dal rapporto Brundtland della Com- missione mondiale dell’ONU per l’ambiente e lo sviluppo) si basa sull’assunto che possa esistere un modello economico capace di sod- disfare contemporaneamente tre requisiti: i bisogni della popolazio- ne globale in crescita, l’incremento del tenore di vita dei Paesi del Terzo Mondo, la riduzione delle interazioni tra sistema produttivo e ambiente in maniera compatibile con i cicli della biosfera. Attual- mente l’entusiasmo che aveva accompagnato la nascita del concetto di sviluppo sostenibile si è molto attenuato e sono in aumento le cri- tiche alla sua inconsistenza teorica, e alla debolezza di alcune pre- messe come l’inesauribilità delle risorse naturali. Voci critiche si le- vano contro l’idea stessa che l’ambiente sia una risorsa, qualcosa da potere sfruttare e non piuttosto un bene da tutelare.

Estinzioni La teoria sembra purtroppo convalidata anche da dati storici: la co- Vista aerea di un impianto per il La ricerca ha dimostrato che l’estinzione non avviene a caso ma col- lonizzazione umana delle isole del Pacifico ha provocato l’estinzio- trattamento dei reflui in Florida pisce certe specie più di altre. L’identikit delle specie maggiormen- ne di circa 2 mila specie di uccelli terrestri. L’induzione antropica Le acque, purificate con un te minacciate contempla l’appartenenza a livelli trofici alti, la bassa dell’estinzione è continuata nel Novecento. Similmente alle faune e filtraggio su sabbia, vengono poi utilizzate per l’irrigazione. densità di popolazione, un lungo periodo di gestazione nei mammi- alle flore delle isole geografiche, anche le specie relegate in ambien- feri e una piccola area di distribuzione geografica. Purtroppo oggi ti ecologicamente isolati, come le parti più elevate delle montagne o le specie di animali che possiedono queste caratteristiche sono nu- i laghi, sono più a rischio di estinzione. Ci sono poi dei gruppi co- merosissime. La perdita di biodiversità di specie fa danni maggiori me gli anfibi che per specialissime caratteristiche biologiche sono quanto più filogeneticamente isolate sono le specie che si estinguo- molto sensibili all’inquinamento e per questo corrono rischi più e no. Specie, come per esempio il panda gigante, che appartengono a prima degli altri. Delle 5.743 specie di anfibi, 1856 (32 percento) so- branche evolutive poco ramificate dell’albero della vita, sono più in no già minacciate e altre 1.300 stanno per esserlo (per confronto: di pericolo di altre e la loro estinzione implica la perdita di interi bra- tutte le specie di uccelli ne sono a rischio il 12 percento, dei mam- ni di storia evolutiva. La distruzione degli habitat per scopi agricoli miferi il 23 percento). Dato che la pelle di rane, rospi e salamandre o di sviluppo economico, lo sfruttamento di specie per la pesca e la è altamente permeabile essa è molto sensibile ai cambiamenti dei caccia, l’introduzione volontaria o involontaria di specie esotiche parametri ecologici dell’habitat incluse le modificazioni nella qua- rappresentano altrettante cause di modificazioni ambientali nocive lità dell’acqua e dell’aria. Questi animali sono stati perciò scelti co- agli equilibri degli ecosistemi. Naturalmente, le condizioni geogra- me indicatori privilegiati dello stato dell’ambiente. L’IUCN, che ha fiche di alcuni territori espongono le specie che li abitano a un mag- promosso insieme ad altre agenzie e società il monitoraggio della giore rischio di estinzione. La teoria dell’equilibrio insulare di Ro- fauna mondiale di anfibi, ha accertato che nelle Americhe e in Au- bert MacArthur (1930-1972) ed Edward O. Wilson (1929-) elabo- stralia la scomparsa degli anfibi è dovuta a infezioni fungine con- rata negli anni Sessanta afferma che su di un’isola il numero di spe- tratte a seguito dell’inaridimento climatico, mentre in Europa, Asia cie rimane pressoché stabile, è in equilibrio, quando il tasso di spe- e Africa ne sono responsabili la distruzione degli habitat, l’inquina- cie immigranti sull’isola eguaglia il tasso di specie che vi si estin- mento e anche la domanda di mercato a scopo alimentare. L’allar-  guono. Più piccole sono le isole maggiore è la velocità di estinzione, me è a scala mondiale anche se, ovviamente, alcune aree sono più Novecento*, Scienza più lontane esse sono dal continente (o da isole maggiori) minore è toccate di altre; come era prevedibile gli anfibi delle isole tropicali e tecnologia: Chimica e ambiente, La cibernetica la velocità di immigrazione. La teoria prevede che le faune di isole sono i più minacciati, addirittura il 92 percento della fauna di Hai- e le scienze dell’artificiale, piccole e lontane dal continente siano caratterizzate da un equili- ti è in pericolo di estinzione. La drammatica situazione degli anfibi La biodiversità, brio alquanto precario. Questo modello è stato confermato in mol- suona come un campanello di allarme segnalando che la situazione L’evoluzione tissime occasioni, per molte isole e per molti gruppi di organismi. ambientale è critica a livello mondiale. dell’evoluzionismo   Teorie del caos e della complessità All’inizio degli anni Sessanta, il meteorologo Edward neari. Si può immaginare cosa questo significhi quan- Norton Lorenz asserì che, per sbagliare completamen- do, ad esempio, da sistemi tutto sommato semplici si te nel prevedere che tempo farà a Boston, è sufficiente passa a considerare oggetti ben più complessi, come il trascurare il battito d’ali di una farfalla a migliaia di cervello umano. Oltre che con la complessità dinami- chilometri di distanza. Insomma il caos (spesso chia- ca, che mette in gioco la possibilità di prevedere il fu- mato “caos deterministico”) e l’impossibilità di azzar- turo, è inoltre inevitabile fare i conti con la complessità dare previsioni nel lungo termine non sono caratteri- cosiddetta strutturale, che comporta l’impossibilità di stiche tipiche solo dei sistemi più complessi, ma anche descrivere esaurientemente sistemi complessi riducen- di sistemi composti da pochi corpi (ad esempio, anche doli a un’estrapolazione di poche proprietà dei loro il newtoniano sistema Terra-Sole). Il comportamento componenti: a ogni livello di complessità, infatti, più comune in natura segue infatti dinamiche non li- emergono nuove proprietà e comportamenti diversi.  

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L’etologia di Saverio Forestiero

Il comportamento è la proprietà degli organismi animali che collega la loro fisiologia alla loro ecologia, e rappresenta grazie a precisi movimenti coordinati la forma con cui si esprime il legame tra il sistema nervoso e l’ambiente. L’etologia, la scienza che studia il comportamento, investigando sulle sue componenti innate o apprese, sulla sua ontogenesi individuale e sui vincoli filogenetici, mette direttamente a tema e senza pregiudizi il dibattito natura- cultura. Lo fa su base osservativa e sperimentale sia sul campo sia in laboratorio; i suoi risultati contribuiscono a una conoscenza più precisa e attendibile della natura degli animali e dell’uomo.

La nascita dell’etologia L’etologia moderna nasce nel Novecento, ma il termine etologia, al Konrad Lorenz (1903-1989), pari di ecologia, è tuttavia più antico della disciplina stessa e viene zoologo austriaco, premio impiegato la prima volta in ambiente francese da Étienne Geoffroy Nobel per la medicina nel 1973. Lorenz è considerato il Saint-Hilaire (1772-1844) e da suo figlio Isidore (1805-1861) che fondatore della moderna per primo lo intende modernamente come studio naturalistico del- etologia scientifica, definita le abitudini e degli istinti. Nel 1902 la parola compare in inglese in come ricerca comparata sul un saggio dello studioso americano di formiche William Morton comportamento. Wheleer (1865-1937). Guardando alla storia degli studi sul comportamento si possono schematicamente rintracciare tre grandi filoni di ricerca, diversi per la visione d’insieme, per le domande formulate, per le specie ani- mali utilizzate, le tecniche e i metodi impiegati. Due di essi, la psi- cologia comparata e l’analisi neurofisiologica, derivano da una stes- sa radice filosofica: il meccanicismo riduzionista cartesiano. La ter- za, cioè l’etologia naturalistica, è un’applicazione del metodo com- lano nuove conoscenze sul comportamento e maturano le condizio- parativo allo studio naturalistico del comportamento, interpretato ni culturali che negli anni Trenta e Quaranta daranno origine alla in termini evoluzionistici. Va subito detto però che questi tre ap- etologia moderna come la si intende comunemente: l’etologia di procci non sono in effetti mai del tutto completamente separati; la Konrad Lorenz (1903-1989) e di (1907-1988). psicologia comparata dell’Ottocento per esempio è spesso sensibile Tra questi studiosi che contribuiscono a preparare la nascita dell’e- alla teoria darwiniana e nella moderna etologia si fa ricerca sui mec- tologia vanno ricordati Douglas Spalding (1840-1877) geniale auto- canismi nervosi che stanno alla base dei comportamenti stereotipa- didatta che indaga sperimentalmente sugli istinti; lo psicologo ti. Molti studiosi dell’Ottocento, dalle provenienze più diverse, si Conwy Lloyd Morgan (1852-1936) specialmente attivo nella psico- interessano in termini puramente speculativi o attraverso l’osserva- logia comparata; il fisiologo della riproduzione Francis Hugh Adam zione e la sperimentazione della psicologia e del comportamento Marshall (1878-1949), eccellenti etologi dilettanti conoscitori del umani, e molti di loro anche di quelli animali. Le riflessioni di filo- comportamento degli uccelli come Edmund Selous (1858-1934); sofi come John Stuart Mill (1806-1873), Herbert Spencer (1820- zoologi professionisti come (1887-1975), Charles O. 1903), e le osservazioni e le conclusioni di psicologi come Alexan- Whitman (1842-1910), Jacques Loeb (1859-1924) che elabora l’i- dre Bain (1818-1903), di biologi come Charles Darwin (1809-1882), dea dei tropismi; Wallace Craig (1876-1954) analista del comporta- Thomas Huxley (1825-1895), George Romanes (1848-1894) condi- mento appetitivo, William M. Wheeler che scopre la trofallassi (lo vidono l’idea sostanziale di continuità evolutiva tra l’uomo e gli al- scambio di cibo liquido) negli insetti sociali; Oskar Heinroth (1871- tri animali. Grande sostenitore dell’etologia è il naturalista francese 1945) che impiega gli schemi comportamentali come caratteri omo- Alfred Giard (1846-1908), evoluzionista lamarckiano, anche se non logici nella ricostruzione delle parentele tra specie di uccelli; Jakob mancano in Francia e nello stesso periodo antievoluzionisti come von Uexküll (1864-1944) che è anche tra i principali fondatori del- Jean-Henri Fabre (1823-1915) che pure è un grande precursore del- la fisiologia degli invertebrati e infine Karl von Frisch (1886-1982) l’etologia di campagna. I suoi metodi di osservazione sono estrema- grande studioso della comunicazione nell’ape da miele. Nel 1973 mente efficaci sia per la straordinaria acutezza osservativa sia per la von Frisch, Lorenz e Tinbergen ricevono il Nobel per la fisiologia e capacità di estrarre l’essenziale da comportamenti complessi (rico- la medicina. nosce per primo l’esistenza dei comportamenti stereotipati), anche  se la sua posizione rimane decisamente antievoluzionista. Nell’ulti- Lorenz e Tinbergen Ottocento, Scienza e ma parte dell’Ottocento e nel primo ventennio del Novecento, in un Le ricerche di Lorenz si basano principalmente sull’osservazione di- tecnologia: Charles Darwin, eterogeneo intreccio di figure, problemi ed esperienze, si accumu- retta di uccelli. L’etologo austriaco infatti vivendo insieme ad ana- Il secolo dell’evoluzione

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Scienza e tecnologia  “Conosci te stesso”: l’organismo e l’ambiente, la salute e la malattia

  Il tropismo Il termine tropismo indica il movimento di una che vanno dalla luce alla presenza di un campo elet- cellula o di un organismo provocato e guidato in una trico. Molti insetti e pesci, ad esempio, mostrano un particolare direzione da uno stimolo esterno. È positi- fototropismo positivo, cioè si dirigono verso la sor- vo se il movimento si compie verso lo stimolo, nega- gente luminosa; i lombrichi, i millepiedi, i centopiedi, tivo se si compie nel senso opposto. Si tratta di rea- gli scarafaggi hanno invece un fototropismo negativo zioni non necessariamente costanti anche all’interno e fuggono la luce. I parameci hanno un galvanotropi- di una data specie, ma che possono variare con l’età smo negativo e si dirigono verso il catodo, se vengo- dell’individuo e il suo stato fisiologico (per esempio no posti in un campo elettrico. Il reotropismo è il mo- all’epoca della riproduzione). vimento guidato dalla corrente: i pesci che risalgono i Il tropismo può essere provocato da diversi fattori, fiumi, dunque, dimostrano un reotropismo negativo.  

 tre, oche e taccole, libere di muoversi e di interagire con altri indi- festa tipicamente come reazione dei piccoli a seguire (imprinting fi- vidui – Lorenz compreso – dentro e fuori casa, è facilitato nell’os- liale). L’innesco può essere fornito da molti stimoli diversi: zimbelli Novecento*, Scienza e tecnologia: La biochimica, servazione dello sviluppo, giorno dopo giorno, di moduli compor- di adulti della propria specie e di specie simili, esseri umani, ogget- La psichiatria, La tamentali che si esprimono spontaneamente senza alcun apprendi- ti vistosi, suoni determinati. Lo studio dell’imprinting ne ha messo sociobiologia, L’ecologia: mento. Questa spontaneità è garantita dall’isolamento dei pulcini in risalto ulteriori caratteristiche: in primo luogo l’apprendimento si aspetti scientifici e problemi rispetto agli adulti della specie. L’oggetto delle prime ricerche di realizza anche laddove non vi sia premio; l’influenza dello stadio ge- di conservazione, Lorenz è perciò lo schema motorio innato di cui egli riconosce la na- nerale di sviluppo individuale e delle esperienze postschiusa; gli ef- L’evoluzione tura spontanea; diversamente da quanto sostenuto nella teoria clas- fetti nell’adulto sulle preferenze sessuali in quanto facilita l’appren- dell’evoluzionismo sica del riflesso, secondo la quale uno schema motorio fisso si ma- dimento di tratti sopraindividuali che sono specie-specifici, il fatto nifesta come risposta a uno stimolo. Altre sue ricerche riguardano che l’imprinting può essere relativo al cibo, al canto, all’habitat. Lo- la natura degli stimoli chiave (ad esempio la colorazione rossa ven- renz dimostra sperimentalmente, e i lavori di altri dopo di lui lo con- trale dei maschi dello spinarello, una specie territoriale, che scatena fermano, che lo sviluppo ontogenetico di un modulo comporta- nel maschio un comportamento aggressivo), stimoli che inducono mentale si realizza attraverso un processo la cui efficacia migliora risposte nell’individuo indipendentemente dall’effettivo vantaggio gradualmente: in certi momenti mediante l’apprendimento, in altri che offrono nella concreta situazione reale (lo spinarello reagisce grazie alla maturazione della componente istintiva. Quest’ultimo fe- anche contro sagome di varia forma purché con la parte inferiore- nomeno, in particolare, dimostra in molti casi la problematicità di Un etologo osserva un esemplare di ventrale colorata di rosso). La scoperta per cui Lorenz è diventato una netta opposizione tra natura e cultura: infatti molti comporta- pappagallo grigio africano (Psittacus famoso è quella dell’imprinting (Prägung, in tedesco). Altri autori menti innati, a forte determinazione genetica, se sono complessi, erithacus) prima di lui (Spalding sui pulcini del pollo domestico ed Heinroth hanno bisogno per esprimersi compiutamente del contributo di Il pappagallo gioca con un sui piccoli dell’oca, per esempio) avevano osservato l’esistenza di informazione proveniente dall’ambiente. Una sequenza comporta- computer nell’ambito di una ricerca condotta presso il apprendimento nelle primissime fasi di vita degli animali, ma fu Lo- mentale come la costruzione di un nido, per esempio, consiste nel- Massachusetts Institute of renz nel 1935 a caratterizzarne le modalità, a osservarne la genesi in l’integrazione della componente innata con quella acquisita. Technology (MIT), a molte specie di uccelli e a dimostrarne il valore evolutivo. L’imprin- Niko Tinbergen è invece un etologo spiccatamente sperimentale, Cambridge. Il pappagallo è ting si può realizzare solo durante una finestra temporale limitata e famoso per la sua grande capacità di progettare eleganti esperimen- stato addestrato a interagire con le immagini sullo schermo e a precoce (dalle prime ore dopo la schiusa ai primissimi giorni di vi- ti in natura. Sebbene sia olandese di nascita e di formazione, lavora manipolare una leva di ta), ed è un apprendimento irreversibile. Gli esperimenti hanno di- per la maggior parte del tempo in Inghilterra dopo un periodo tra- comando installata sul trespolo. mostrato che negli uccelli questo attaccamento allo stimolo si mani- scorso in Austria, ad Altenberg, presso Lorenz. Tinbergen affronta lo studio degli stimoli scatenanti utilizzando l’osservazione dei gab- biani; in seguito si rivolge agli imenotteri, (negli stessi anni in cui von Frisch lavora al linguaggio della danza delle api). Tinbergen adotta un approccio evoluzionistico ai segnali e alla loro ritualizza- zione; getta poi le basi della cosiddetta ecologia comportamentale inaugurando gli studi sui meccanismi che guidano il comportamen- to degli uccelli predatori. I suoi studi dimostrano che esiste un pro- cesso di prova ed errore che sfocia in un adattamento ecoetologico del predatore e che tale adattamento retroattivamente ne modifica il comportamento esplorativo; essi indicano, inoltre, l’esistenza di una scelta attiva della preda del tutto indipendente dalla sua sem- plice abbondanza nell’ambiente.

Psicologi ed etologia Nel Novecento gli studi neurofisiologici del comportamento sono caratterizzati in particolare dalla riflessologia fondata e sviluppata da Vladimir Bechterev (1857-1927) e da Ivan Petrovic Pavlov (1849-1936) che tende a ridurre il comportamento a un complesso gioco (catena) di riflessi condizionati e non. E mentre alcuni psico- logi animali, come il vitalista olandese Johan A. Bierens de Haan

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L’etologia

(1883-1958), arrivano a giudicare il comportamento animale non  analizzabile in termini meccanicistici, oppure pensano come Wil- La trofallassi liam McDougall (1871-1938), che l’animale sia motivato da un in- Il termine trofallassi (dalla parola greca che si- sieme di attese largamente inspiegabili se non in termini di tenden- gnifica nutrimento) è usato per indicare un reci- ze innate e di pulsioni istintuali ce ne sono altri, come l’associazio- proco scambio di cibo e secrezioni che avviene tra i componenti della società di insetti, o tra questi e nista Edward Lee Thorndike (1874-1949), inventore del labirinto i loro simbionti. La trofallassi è diffusa, ad esem- sperimentale, che vedono il comportamento come qualcosa di so- pio, tra le formiche e i bombi; le larve di insetto ri- stanzialmente appreso. Thorndike ritiene che l’apprendimento sia cevono il cibo dalle nutrici e ricambiano fornendo la secrezione di un liquido salivare. guidato da due soli principi: la scelta di atti che danno soddisfazio-  ne e il miglioramento attraverso ripetizione delle prove (principi ri- spettivamente noti come legge dell’effetto e legge dell’esercizio). Per il behaviorismo il modello epistemologico di riferimento è for- comportamento si concentra sui quattro principali obiettivi indica-  nito dalle scienze naturali e il comportamento, giudicato dal suo ti da Tinbergen. I primi due riguardano le domande sui meccanismi Novecento*, Filosofia: fondatore John B. Watson (1878-1958) come l’unica entità osserva- causali e sul come: che cosa determina il comportamento e come si Dal comportamentismo bile teoricamente, viene collegato alla coppia stimolo-risposta. Sul sviluppa nell’individuo. Gli altri due riguardano le domande sulla al neocognitivismo piano fenomenologico stimolo e risposta corrispondono anche agli storia evolutiva e sul perché: qual è stata l’evoluzione filogenetica unici enti osservabili e quindi sono al centro dell’analisi sperimen- del comportamento, qual è il suo contributo alla fitness per cui es- tale; quello che eventualmente intercorre tra lo stimolo e la risposta, so si è conservato. Le risposte alle domande di Tinbergen non pos- in quanto non osservabile, per Watson e i comportamentisti non è sono che provenire da approcci diversi tra loro. Le risposte sulle degno di interesse. Le ricerche di Watson danno molto risalto ai fat- cause prossime si basano su di un approccio neurofisiologico inte- tori esterni, al condizionamento ambientale e negano che nel com- grato dall’analisi genetica, dalla genetica dello sviluppo e dall’epi- portamento si possa conoscere il ruolo dell’istinto, in quanto non genetica; le risposte sulle cause remote vanno trovate all’interno osservabile. Queste posizioni vengono poi adottate e sviluppate in della teoria dell’adattamento indagando gli aspetti funzionali ed una solida cornice teorica da Burrhius F. Skinner (1904-1990) che ecoetologici, e, su base comparativa, indagando le storie evolutive distingue tra risposta di un organismo a uno stimolo specifico e os- dei taxa. servabile e risposta apparentemente spontanea a uno stimolo non Dopo gli anni Cinquanta lo studio biologico del comportamento identificabile. La risposta di secondo tipo (condizionamento ope- ha affrontato la descrizione e l’analisi causale del comportamento rante) introduce stimoli nell’ambiente i quali con retroazione posi- sociale negli insetti e nei vertebrati aprendo nuovi spazi di ricerca tiva rinforzano la tendenza alla ripetizione di quel comportamento da cui sono scaturite la scoperta di strategie evolutive complesse e di risposta. L’interpretazione di Skinner è che il rinforzo rappresen- dei nuovi problemi etologici di cui si occupa la sociobiologia. tato dalla ricompensa produce a sua volta un condizionamento che tende circolarmente a ottenere la ricompensa; questo significa che l’apprendimento è migliorabile. Diversamente dagli psicologi comportamentisti, gli etologi come Lorenz e Tinbergen respingono il concetto di scatola nera collegato alla coppia stimolo-risposta e fedeli alla tradizione darwiniana rico- noscono nell’istinto e nell’apprendimento le due componenti co- presenti nella produzione del comportamento. I due approcci mo- strano una differenza sostanziale: il rapporto fra innato e appreso viene ricercato dagli psicologi in laboratorio, mentre l’etologia, in quanto scienza naturale, cerca di mettere a punto un metodo alta- mente rigoroso di descrizione del comportamento. Naturalmente la scelta di studiare il comportamento in natura è perfettamente giu- stificata da un forte interesse negli studiosi darwiniani ed evoluzio- nisti per la funzione biologica del comportamento, più precisamen- te per la valutazione del suo contributo all’adattamento biologico e all’evoluzione delle specie. Lo studio naturalistico, infatti, concepi- sce il comportamento come un qualunque altro carattere biologico (biochimico, morfologico, ecologico): lo descrive, lo sottopone ad analisi comparativa, lo classifica, ne traccia la storia evolutiva. È da questo approccio che deriva l’idea di applicare il concetto di omo- logia trasferendolo dal campo morfo-anatomico a quello etologico. Riconoscere omologie di comportamento significa osservare lo stes- so modulo fisso di attività (tipicamente presente nella fase finale di un comportamento istintuale) in distinte specie e quindi dedurne, attraverso la conservazione della identità, la parentela. In questo modo l’etologia partecipa alla ricostruzione macroevolutiva dell’al- Un ittiologo effettua un esperimento bero filogenetico della vita animale. Oggi, lo studio filogenetico del di imprinting sui salmoni

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L’evoluzione dell’evoluzionismo di Saverio Forestiero

Nella prima metà del Novecento si elabora nella cosiddetta teoria sintetica dell’evoluzione l’integrazione del darwinismo naturalistico con il mendelismo sperimentale di laboratorio. Nella seconda metà del secolo, le conoscenze sui meccanismi genetico-molecolari hanno permesso enormi progressi nell’analisi della microevoluzione, mentre nuove interpretazioni dalla paleontologia e soprattutto nuovi dati dalla genetica dello sviluppo degli anni Novanta stanno spingendo l’evoluzionismo a ripensare i nessi tra micro e macroevoluzione. L’evoluzionismo continua a cambiare e sembra probabile che nel XXI secolo il suo rinnovamento sarà affidato a una nuova, più ampia teoria postsintetica dell’evoluzione.

Teoria dell’evoluzione di Charles Darwin L’affermazione della teoria dell’evoluzionismo Al Museo di storia naturale di Se nelle scienze della vita l’Ottocento può essere visto a ragione co- Manhattan viene illustrata la me il secolo dell’evoluzionismo, solo a partire dagli anni Cinquanta teoria evoluzionista di Darwin del Novecento l’evoluzionismo di derivazione darwiniana si affer- attraverso l’evoluzione del merà come teoria unitaria della biologia, in molti casi divenendo un cranio. Secondo la teoria paradigma esplicativo utile anche in altri campi del sapere: dalla psi- dell'evoluzione, le specie non sono immutabili, ma in continua cologia all’economia, dalla sociologia alla medicina, dall’antropolo- trasformazione; le specie oggi gia all’epistemologia. Nel Novecento si adotterà l’approccio evolu- viventi sono il risultato delle zionistico per spiegare, con un principio causale maggiore, molti fe- modificazioni subite da quelle nomeni comuni sia ai viventi sia a quei sistemi culturali che dei vi- vissute in altri tempi e, soggette a cambiamenti di piccola entità, venti sono un prodotto dinamico. Il principio causale evocato è ma numerosi e vari, daranno quello di selezione naturale, la riproduzione differenziale di genoti- origine alle specie del futuro. pi: un meccanismo anonimo capace di spiegare fenomeni che altri- menti richiederebbero un atto di fede nel soprannaturale, il ricorso a ipotesi finalistiche. La forza dell’evoluzionismo, come di qualun- della biologia molecolare, non ne hanno mai intaccato il cuore. Nel que solida teoria scientifica, sta nella sua capacità di misurarsi con i processo di evoluzione dell’evoluzionismo rimangono perfettamen- dati empirici offrendo riscontri verificabili delle spiegazioni propo- te riconoscibili l’idea darwiniana di discendenza con modificazione ste. Consapevoli dell’enorme complessità dei sistemi viventi, gli e l’identità della teoria della selezione naturale elaborata da Charles evoluzionisti, da Darwin sino ai contemporanei, non hanno mai Darwin (1809-1882) e da Alfred Russel Wallace (1823-1913), che avanzato pretese di perfezione teorica; al contrario il senso di prov- sono ancora oggi il cuore e il baricentro della teoria dell’evoluzione. visorietà e di relativa incompletezza hanno sempre caratterizzato la Il principio di selezione continua ad avere lo stesso potere esplica- teoria darwiniana e quella sintetica dell’evoluzione. Questa relati- tivo che aveva per Darwin: selezione naturale è in effetti il nome del vità della teoria, tuttavia, e tutte le regolazioni importanti e gli ag- meccanismo che in presenza di variazione (genetica e ambientale) giustamenti che si sono succeduti per includervi le conseguenze di produce l’ordine biologico e giustificandolo ne fonda il significato. scoperte completamente nuove, come quelle collegate agli sviluppi Tuttavia va osservato che l’evoluzionismo attuale, in quanto model-

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L’evoluzione dell’evoluzionismo

lo di spiegazione di dati empirici del mondo vivente, non si riduce a selezionismo giacché la moderna teoria dell’evoluzione (in perfet- ta coerenza con quanto sostenuto da Darwin) affianca alla selezio- ne sia altri fattori responsabili dell’evoluzione (mutazione, deriva Prima legge di Mendel genetica, migrazione-flusso genico, ecc.), sia nuove nozioni succes- sive a Darwin e ai neodarwiniani. Questo per dire che l’attuale evo- luzionismo non è identico a quello di Darwin e dei suoi seguaci ot- tocenteschi, ma è il frutto di quasi mezzo secolo di ricerca sfociata Genitori nella teoria sintetica dell’evoluzione.

Una parola, molte teorie Contrapposto al fissismo ancora vivo nel Settecento, sostenitore dell’immutabilità e della costanza delle specie fin dalla loro creazio- ne, l’evoluzionismo concepisce, la modificabilità delle specie e la comparsa di specie nuove. La sua origine moderna è nell’Ottocen- to e Jean-Baptiste Lamarck (1744-1829), il primo naturalista capa- ce di dimostrare scientificamente l’esistenza dell’evoluzione delle specie, ne viene riconosciuto come l’autore. Sono però Darwin e Wallace a individuare nel principio di selezione il meccanismo espli- cativo dell’evoluzione, dato che Lamarck dell’evoluzione adattativa delle specie aveva fornito una spiegazione errata, basata sull’eredi- tarietà dei caratteri acquisiti. Darwin in particolare elaborò una teo- ria complessa e rifinita dell’evoluzione biologica. Dai tempi di Darwin le scienze della vita sono progredite enormemente e la teo- Baldwin, tuttalpiù, c’è l’idea che l’adattabilità eco-etologica all’am- Rappresentazione grafica della prima ria dell’evoluzione è cambiata molto e in molti modi diversi, sicché biente possa stimolare una futura azione della selezione naturale in legge di Mendel si sono succeduti o hanno convissuto l’uno accanto all’altro nume- presenza di variazione genetica ereditabile, quando questa sarà di- La prima legge di Mendel, detta rosi e differenti evoluzionismi. Un primo gruppo di teorie evoluzio- sponibile. “della segregazione”, riguarda la trasmissione dei caratteri nistiche è quello delle teorie autogenetiche accomunate dall’idea di Paleontologi come Osborn e il francese Pierre Teilhard de Chardin, ereditari. Le profonde una tendenza intrinseca nei viventi al progresso, al loro perfeziona- (1881-1955) hanno elaborato varianti di evoluzionismo ortogeneti- conoscenze di fisica e di mento. co rispettivamente noti come aristogenesi e principio omega. La teo- matematica di L’idea di progresso, già presente in Lamarck, si ritrova in molti bio- ria del gesuita francese rientra nel suo tentativo di accordare la teo- (1822-1884) gli permisero di logi dell’Ottocento e del primo Novecento. Per esempio, verso la fi- ria scientifica dell’evoluzione biologica con la dottrina cristiano-cat- concepire un metodo di indagine sperimentale basato ne dell’Ottocento a seguito della scoperta delle cosiddette “serie fi- tolica; la scienza con la fede. L’evoluzionismo ortogenetico delinea sull'interpretazione dei dati letiche” di fossili prese piede in America una teoria autogenetica co- l’immagine di una discendenza con modificazione (il cosiddetto “al- numerici risultanti nosciuta come ortogenesi; era questo il nome del principio di perfe- bero della vita”) dall’aspetto assai poco arborescente, al contrario dall'ibridazione, che fu la chiave zionamento che fu adottato e diffuso nel tardo Ottocento da Theo- dell’evoluzionismo darwiniano, ove la struttura ad albero dell’evo- attraverso la quale scaturì il vero dor Eimer (1843-1898), uno zoologo di Tubinga. Tale principio si luzione dei grandi gruppi di organismi manifesta continue ramifi- significato del meccanismo dell'ereditarietà. basa sull’idea di un’evoluzione lineare delle specie (esemplificata cazioni (dovute alla nascita di nuove specie) come esito di cambia- dall’evoluzione sequenziale dell’arto negli antenati del cavallo mo- menti evolutivi imprevedibili e in qualche modo collegati ai muta- derno) sostenuta da una forza non fisica, ma da una causa interna, menti dell’ambiente. Coeva e opposta all’ortogenesi è l’ologenesi, che guida il mondo vivente verso una sempre maggiore perfezione. un’altra teoria autogenetica, quindi anche essa non darwiniana, na- La visione di un’evoluzione orientata deriva dal lamarckismo, giac- ta in Italia e accolta favorevolmente in Francia. Il suo autore, lo zoo- ché la linearità viene interpretata come il risultato operato sui ca- logo piemontese Daniele Rosa (1857-1944), assume che ogni specie ratteri da modificazioni ambientali, le quali, una volta acquisite ven- si sviluppi “nella sua interezza”. Per Rosa e gli ologenisti la forma gono poi trasmesse alla progenie. Negli stessi anni di nascita del- dell’albero della vita è rigidamente dicotomica e il suo andamento l’ortogenesi, due studiosi americani, il paleontologo Henry Fairfield ordinato è dovuto agli effetti delle continue scissioni evolutive at- Osborn (1857-1935) e lo psicologo (1861- traverso cui una linea filetica evolve, originando un “ramo precoce” 1934), e lo zoologo e psicologo inglese Conwy Lloyd Morgan (1852- e un “ramo tardivo”. Analogamente a quanto avviene alla cellula 1936), elaborano indipendentemente uno dall’altro la teoria della che si divide continuamente in due fino ad avere esaurito le sue po- selezione organica. Nell’effetto Baldwin (la selezione organica è an- tenzialità, la variante ologenista dell’evoluzionismo ritiene vi sia al- che conosciuta con questo nome) gli individui messi di fronte a un l’interno della specie una causa materiale che ineluttabilmente la problema ambientale scelgono la risposta più idonea, compatibil- obbliga ad evolvere: un’evoluzione che termina con l’esaurirsi della mente con le loro capacità reattive. Una volta acquisita, la nuova vitalità della specie. Tutto ciò indipendentemente dal contesto am- abitudine (il ruolo del comportamento è centrale nell’effetto bientale. Né Rosa né gli altri sostenitori di teorie evoluzionistiche Baldwin) modifica il soma. Questo meccanismo non prevede l’ere- per cause interne, riescono tuttavia a dimostrare l’esistenza di mec- ditarietà dei caratteri acquisiti (sebbene Osborne fosse incline a ve- canismi evolutivi autogenetici. dere nella selezione organica un meccanismo ponte tra la spiegazio- All’inizio del Novecento l’evoluzionismo darwiniano muove già in ne lamarckiana e quella darwiniana dell’evoluzione); anzi la teoria cattive acque e quando vengono riscoperte le leggi di Mendel le sue affida all’eventuale insorgenza di mutazioni e all’azione selettiva la condizioni di salute peggiorano. I genetisti sperimentali del primo possibilità di rendere ereditabili caratteri adattativi. Nell’effetto Novecento, infatti, sostengono l’idea che il nucleo della teoria evo-

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Scienza e tecnologia  “Conosci te stesso”: l’organismo e l’ambiente, la salute e la malattia

re sostenuto per oltre un ventennio posizioni antigradualiste e anti- Speciazione geografica selezioniste, si converte al gradualismo una volta che constata su La speciazione geografica è la nascita di una Drosophila molti esempi degli effetti evolutivi collegati a mutazioni nuova specie come risultato dell’isolamento geo- di piccola entità. grafico di un gruppo di individui: esso deve rima- nere separato dal resto della popolazione per un Mendeliani contro biometrici: la nascita della genetica periodo abbastanza lungo da far sì che la sua co- stituzione genica si differenzi da quella del gruppo di popolazione parentale al punto di creare difficoltà nell’interfe- Con la riscoperta delle leggi di Mendel, i genetisti del primo Nove- condazione. L’isolamento avviene di solito per mo- cento con una concezione particellare, mendeliania, dell’eredità si tivi casuali: alcuni migranti possono raggiungere un’isola senza che vi siano successive migrazioni concentrano nell’analisi della variazione genetica che presto indica- nel periodo successivo, oppure una parte di un no come principale causa del cambiamento evolutivo. A questa po- continente può restare separata dal resto a causa di sizione subito si oppongono i biologi non genetisti di formazione un innalzamento del livello del mare. Se però nel naturalistica o statistica, non a caso legati a una concezione conti- periodo critico della differenziazione nella costitu- zione genica avvengono nuove migrazioni, il pro- nuista e adattazionista della variazione e dell’evoluzione. In effetti, cesso di speciazione molto probabilmente non si mentre i mendeliani possono facilmente osservare nei loro labora- completerà. tori la produzione di singole cospicue mutazioni, ai naturalisti mol- to raramente capita altrettanto sul campo. Dunque, mentre i men- deliani danno grande rilievo alla variazione e in particolar modo a lutiva debba essere rappresentato dalla variazione genetica e non quella discontinua assai vistosa, i biometrici giudicano del tutto dalla selezione naturale; inoltre siccome la variazione dei caratteri ininfluente il mendelismo per la teoria dell’evoluzione. I mendelia- studiati si manifesta attraverso discontinuità ne deducono che, ana- ni sostengono che l’evoluzione sia eminentemente discontinua e so- logamente, l’evoluzione stessa non possa che essere nel complesso stanziata dalla mutazione; i biometrici, pur sostenendo corretta- discontinua. La mutazione diventava perciò il meccanismo dell’e- mente l’importanza del gradualismo nell’evoluzione, ancora credo- voluzione: ed ecco il mutazionismo. Negando il ruolo della selezio- no, erroneamente, che l’eredità avvenga per mescolanza. Il contra- ne naturale e la dinamica gradualista dell’evoluzione, mendelismo e sto appare inconciliabile e specialmente in Gran Bretagna è molto mutazionismo sono teorie evoluzionistiche antidarwiniane. Gran acceso quando, negli anni Venti, in Inghilterra e negli Stati Uniti parte dei biologi sperimentali degli anni Venti e Trenta spiegherà la matura a opera di Ronald A. Fisher (1890-1962), di John B. S. Hal- produzione di nuove specie e l’adattamento ricorrendo alle muta- dane (1892-1964) e di (1889-1988) un approccio teo- zioni del patrimonio ereditario. Inoltre, visto che un punto qualifi- rico all’evoluzione nato dal dibattito sulla continuità dell’evoluzio- Rappresentazione grafica della seconda legge di Mendel cante dell’evoluzionismo lamarckiano considera le mutazioni di per ne (gradualismo) e sull’efficacia della selezione naturale (selezioni- La seconda legge di Mendel sé adattative, non stupisce che la maggioranza dei genetisti fosse la- smo). I lavori di Fisher sulla dominanza, il polimorfismo bilanciato riguarda la trasmissione dei marckiana: l’adattamento procede senza bisogno della selezione. e sul rapporto tra varianza genetica ed evoluzione; quelli di Wright caratteri indipendenti. In Sono antiselezionisti sia genetisti mendeliani e antigradualisti come sugli effetti dell’incrocio, sull’importanza della deriva genetica nel- seguito alla scoperta del lavoro William Bateson sia saltazionisti puri come : è loro le piccole popolazioni, sul coefficiente di parentela e sull’interazio- di Mendel agli inizi del XX convinzione che le variazioni di tipo continuo siano troppo piccole ne tra loci genici; i modelli di Haldane sulla selezione a carico di ge- secolo la genetica ha conosciuto un rapido sviluppo, segno del per produrre pressioni selettive significative e che quindi la sorgen- ni autosomici: tutti questi studi furono alla base della genetica ma- grande carattere innovativo te di variazione per l’evoluzione debbano essere solo le macromu- tematica di popolazione, ovviamente insieme al principio di Hardy- delle sue ricerche. tazioni. Al contrario, Thomas Hunt Morgan (1866-1945), dopo ave- Weinberg risalente al 1908. In tre anni consecutivi Fisher (1930), Wright (1931) e Haldane (1932) pubblicano i loro scritti più im- portanti fondando la genetica teorica di popolazione. Il loro lavoro riesce a superare i contrasti tra mendeliani e biometrici dimostran- Seconda legge di Mendel do l’assenza di conflitto tra eredità discreta (posizione mendeliana) e variazione continua (gradualismo) e l’efficacia della selezione na- turale su piccole mutazioni (darwinismo). Ognuno di questi tre au- tori produce un proprio modello matematico che coglie e teorizza Genitori solo alcuni aspetti del processo evolutivo; in qualche caso i modelli proposti possono confliggere e tuttavia la sintesi tra mendelismo e darwinismo viene realizzata a livello teorico dalla genetica. Tuttavia, perché maturi la possibilità di una sintesi tra teoria e prassi e affin- ché essa sia più ampia e transdisciplinare, è necessario, come vedre- mo fra poco, che le previsioni dei singoli modelli di genetica di po- polazione vengano provate sperimentalmente e che le acquisizioni della genetica siano articolate con quelle della sistematica e della pa- leontologia, discipline che a due diverse scale di indagine si occu- pano dei risultati dei cambiamenti evolutivi.

La teoria sintetica dell’evoluzione: l’origine della biologia evoluzionista La formula “teoria sintetica dell’evoluzione” è coniata dallo zoolo- go inglese Julian Huxley (1887-1975) e compare nella seconda edi-

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L’evoluzione dell’evoluzionismo

Ernst Mayr, 2003 (1904-2005), ornitologo, biologo e genetista tedesco, professore emerito di zoologia alla Harvard University, fotografato al Museum of Comparative . Mayr è considerato il massimo studioso del Novecento di microevoluzione animale, avendo dedicato gran parte della sua ricerca allo studio dei meccanismi che presiedono alla “speciazione”, cioè alla differenziazione di due specie da una specie genitrice.

zione del libro (1963) che egli dedica proprio alla sintesi moderna i contributi di Mayr e di Huxley. Il contributo dello zoologo tede- dell’evoluzione, Evolution, the modern synthesis (la prima edizione sco-americano Mayr, in particolare, riguarda soprattutto il proble- è del 1942). Come è risaputo, gli artefici principali della teoria sin- ma della specie: statuto ontologico, definizione, origine. Elaboran- tetica sono: (1900-1975), Ernst Mayr do in Systematics and the origin of the species (1942) il concetto bio- (1904-2005), Julian Huxley (1887-1975), George Gaylord Simpson logico di specie, Mayr dimostra che la specie è biologicamente rea- (1902-1984), Bernhard Rensch (1900-1990), George Ledyard Steb- le, politipica e pluridimensionale, composta di popolazioni (al limi- bins (1906-2000). Lungo un arco di anni che va dal 1937 al 1946, te una sola) e che l’appartenenza di una popolazione (l’entità biolo- con un’appendice che lo prolungherà fino al 1950, riescono ad arti- gica evolvibile) a una o a un’altra specie è stabilita da una relazione colare una serie di acquisizioni disciplinari locali, di genetica, biosi- di natura riproduttiva. La grande novità è che tale appartenenza stematica e paleontologia, in un corpo teorico globale: una teoria non costituisce più una proprietà essenziale, immutabile, inerente unitaria dell’evoluzione biologica finalmente capace di spiegare l’ontologia della popolazione, ma diventa, invece, una proprietà re- un’enorme ed eterogenea quantità di osservazioni e dati sperimen- lazionale e modificabile nel tempo. La probabilità di successo ri- tali fino a quel momento teoricamente scorniciati. Tra i caratteri produttivo varia al passare delle generazioni ed è circolarmente principali di questa teoria integrata troviamo il gradualismo sia nel- connessa al grado di parentela genetica (opportunamente definita) l’adattamento che nella speciazione; l’idea che la variazione è orga- tra le popolazioni. Oltre ad essere stato uno dei grandi protagonisti nizzata in un fondo o pool genetico di proprietà della popolazione; della teoria sintetica, Mayr si dedicherà anche all’aggiornamento ed il riconoscimento che soggetto dell’evoluzione è la popolazione; la alla sistematizzazione storico-critica delle conoscenze sull’evoluzio- convinzione dimostrata dai fatti che la selezione è uno dei principa- ne accumulatesi nei decenni successivi. All’epoca della Sintesi, i pa- li fattori di evoluzione nonché l’unica causa dell’adattamento. L’ela- leontologi sono contrari al darwinismo; tra loro figurano studiosi borazione della teoria sintetica inizia nel 1937 con la pubblicazione evoluzionisti, neolamarckiani e antilamarckiani, saltazionisti e orto- di Genetics and origin of the species, un libro dello zoologo e gene- genisti, ma nessuno di essi accetta il gradualismo selezionista dei tista russo-americano Dobzhansky dedicato al rapporto tra geneti- biologi. Un’interpretazione diretta della macroevoluzione in termi- ca e origine delle specie, nel quale l’autore discute sul metodo più ni di analisi genetica è a quest’epoca impossibile, ed anche il pa- idoneo per riunire in un unico quadro teorico dati informazioni e leontologo americano Simpson giudica opportuno mantenere di- conoscenze sull’evoluzione. Dobzhansky stesso è un esempio per- stinte la teoria della microevoluzione da quella macroevolutiva. Tut- fetto di sintesi ben riuscita tra la visione naturalistica e popolazio- tavia, visto che gli interessa dimostrare la consistenza dell’evoluzio- nale della scuola russa e il metodo di ricerca sperimentale della ci- ne paleontologica con le inferenze della genetica, tenta un’analisi togenetica americana di Morgan di cui, una volta emigrato in Ame- causale della macroevoluzione, non gli basta raccontarla. Nel suo rica, era il 1927, è stato allievo. Nel suo studio, Dobzhansky rico- Tempo and mode in evolution (1944), opera veramente innovativa, nosce come fatto di primaria importanza l’esistenza di discontinuità Simpson modellizza dati e informazioni sui fossili ispirandosi alla tra le specie e la necessità di studiarne la genetica della variazione e demografia e alla genetica di popolazione, elabora la nozione di zo- dei meccanismi di isolamento. Il problema della specie nel suo com- na adattativa e ipotizza l’esistenza di una evoluzione quantica, a sal- plesso, con la dimostrazione che le specie sono entità biologiche ti. Nel 1949 compare Factors of evolution: the theory of stabilizing concrete e non enti nominali; l’introduzione del pensiero popola- selection, l’importante contributo dello zoologo ucraino Ivan I. Sch- zionale in biosistematica, lo studio della variazione geografica di- malhausen (1884-1963) e nel 1950 il botanico americano Stebbins scontinua e di quella continua, l’importanza della distribuzione con Variation and evolution in plants estende la teoria sintetica alla geografica allopatrica e di quella simpatrica e finalmente l’indivi- botanica chiarendo il peso della poliploidia (ossia della presenza di duazione dei meccanismi di speciazione geografica, rappresentano un numero di cromosomi superiore è diploide, cioè comprende due

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Scienza e tecnologia  “Conosci te stesso”: l’organismo e l’ambiente, la salute e la malattia

Julian Huxley, 1930 fase descrittiva e la genetica molecolare neanche era nata), gli auto- Julian Huxley (1887-1975), ri di queste ricerche non giungono a una propria teoria evoluzioni- zoologo e umanista inglese, con stica, e sebbene sia loro chiarissimo che la produzione del materia- Jacqueline lo scimpanzé. Viene le fenotipico necessario alla selezione è dovuto ai geni e alla loro ca- principalmente ricordato per i suoi studi finalizzati alla pacità di regolare lo sviluppo, l’embriologia praticamente non par- rifondazione della teoria teciperà all’elaborazione della teoria sintetica dell’evoluzione. Gli genetica all’interno della teoria interrogativi posti da quegli autori erano (e sono ancora) di grande darwiniana della selezione interesse scientifico; ad essi la biologia ha cominciato a rispondere naturale. solo nell’ultimo ventennio del Novecento. Nelle ricerche sulle mo- dificazioni dei genotipi e dei fenotipi durante l’evoluzione si po- trebbero distinguere due fasi successive al decennio in cui fu risco- perto Mendel e nacque la genetica, quando il genetista danese Wilhelm Ludvig Johannsen (1857-1927) elabora le nozioni di geno- tipo e di fenotipo e lo zoologo tedesco Richard Woltereck (1877- 1944) il concetto di norma di reazione: quello che viene ereditato è la predisposizione a reagire, durante lo sviluppo, in modo specifico a un insieme di situazioni ambientali. Molti biologi degli anni Ven- ti e Trenta dubitavano fortemente che l’origine delle novità morfo- logiche che rendono differenti le varie classi di animali e di piante potesse essere spiegata attraverso gli effetti cumulativi di mutazione cromosomi per ogni tipo, con la stessa forma e dimensione) e della e selezione. Proprio questa è la posizione del genetista tedesco-ame- ibridogenesi nella speciazione delle piante. Il libro dello zoologo te- ricano Richard Goldschmidt (1878-1958) autore di una teoria espli- desco Rensch sull’evoluzione transpecifica giunge per ultimo, nel cativa della macroevoluzione che si colloca al di fuori della teoria 1954; sarà tradotto in inglese come Evolution above the species level, sintetica, e del morfologo ed embriologo Schmalhausen il cui lavo- nel centenario dell’Origine della specie. Con il passare del tempo la ro verrà invece accolto nell’ultima fase della teoria sintetica. Questo teoria sintetica viene modificata, ma intanto ne cresce la diffusione. studioso è un po’ una figura ponte tra la grande tradizione di ricer- Un effetto non voluto ma facilitato da una certa formulazione sche- ca popolazionale che condurrà alla teoria sintetica dell’evoluzione matica e rigida con cui la teoria circola fuori dal mondo della ricer- (a cui contribuirà, anche se tardi e indirettamente) e quella di em- ca, una semplificazione che però ne ha favorito la grande diffusione briologi, anatomisti, morfologi, ma anche di genetisti come Gold- è costituito dal concetto di adattamentismo, secondo cui ogni ca- schmidt che non vi partecipano. Il contributo di Schmalhausen è rattere costituisce un adattamento. L’adattamentismo è una forma estremamente ricco e diversificato: distingue tra fattori interni e fat- distorta e ipersemplificata della teoria dell’adattamento in cui la se- tori esterni del cambiamento evolutivo ed è convinto che entrambe lezione naturale viene acriticamente assunta come causa di qualun- le categorie contino nel vincolare e canalizzare l’evoluzione dei fe- que fenomeno anche solo apparentemente adattativo. Va ricordato notipi; pur dedicando un’approfondita analisi all’evoluzione darwi- che prima della nascita della teoria sintetica non esisteva ancora una niana delle popolazioni in rapporto alla variazione ambientale, fon- disciplina unitaria dell’evoluzione. Qua e là spuntavano spiegazioni da le sue ricerche su di un approccio organismico; percependo la per lo più di stampo ottocentesco, darwiniane o neodarwiniane, natura gerarchica dei sistemi viventi, cerca di illustrare i rapporti tra specialmente quando vi entrava in gioco l’adattamento, ma senza ri- le proprietà organismiche, quelle del genoma e quelle della popola- levanti conseguenze teoriche generali. Con la fine degli anni Cin- zione. Inoltre si dedica allo studio del rapporto tra genotipo e am- quanta l’evoluzionismo si arricchisce di una disciplina nuova dedi- biente e sviluppa il concetto di norma di reazione di Woltereck cata allo studio dell’evoluzione biologica: è la biologia evoluzioni- avanzando l’idea di una selezione stabilizzante sulla norma di rea- stica, un settore di studi che emerge come il prodotto più significa- zione; illustra i possibili meccanismi sottostanti la plasticità fenoti- tivo e duraturo della teoria sintetica dell’evoluzione. pica, e infine individua nel rapporto tra selezione e processi di svi- luppo uno dei grandi temi futuri della teoria dell’evoluzione. Il suo Ai margini della teoria sintetica: fenotipi, sviluppo ed libro più importante, Factors of evolution. The theory of stabilizing evoluzione selection, sarà pubblicato in inglese nel 1949. In una fase successiva, Nell’arco di tempo che grosso modo va dalla fine dell’Ottocento al- ma in parte anche sovrapposta alla precedente, spiccano l’embrio- la fine degli anni Cinquanta si succedono una serie di contributi teo- logo e genetista inglese Conrad Hal Waddington (1905-1975) e i tre rici ed empirici di grande interesse per la storia dell’evoluzionismo. botanici Jens Christen Clausen (1891-1969), David D. Keck (1903- Queste ricerche sono spesso collegate tra loro e possono essere vi- 1995) e William M. Hiesey (1903-) che per un ventennio (tra il 1940 ste oggi quasi come un tentativo precoce e intempestivo di elabora- e il 1960) lavorano in California sulla plasticità fenotipica delle pian- re una teoria evoluzionistica a partire dalla morfologia, dalla biolo- te (i loro studi su Potentilla proseguono le analoghe ricerche dello gia dello sviluppo, quindi una teoria incentrata sulla macroevolu- svedese Gunnar Turesson (1922) sugli ecotipi delle piante). Wad- zione dei fenotipi individuali piuttosto che sulla microevoluzione dington dopo avere condotto molte ricerche di embriologia speri- delle popolazioni. Tali ricerche davano anche grande spazio allo mentale sulla natura chimica dell’organizzatore e sul fenomeno del- studio sperimentale dell’adattamento, soprattutto però a quello po- l’induzione, si interessa nel dopoguerra al ruolo dei geni nello svi- stgenetico, fisiologico e regolativo, espresso come plasticità indivi- luppo e riconosce l’importanza dei meccanismi epigenetici (il ter- duale sia a livello dell’adulto che dell’embrione in sviluppo. Per mine epigenetica è suo) nel ridurre il numero di geni necessari alla molte ragioni tra cui le insufficienti conoscenze dei meccanismi ge- produzione di strutture morfologiche anche molto complesse. Si- netici e molecolari dello sviluppo (l’embriologia era ancora nella sua milmente e quasi contemporaneamente a Schmalhausen, Wadding-

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L’evoluzione dell’evoluzionismo

ton propone un meccanismo che chiama assimilazione genetica, at- Pianta di tabacco in fiore (Nicotiana traverso cui la plasticità fenotipica potrebbe funzionare come tappa tabacum) intermedia durante il processo di “evoluzione fenotipica”. In prati- ca modificazioni fenotipiche acquisite in certe condizioni ambien- tali verrebbero progressivamente trasformate in ereditarie, non la- marckianamente ma piuttosto attraverso la selezione di alleli (ossia delle forme alternative di gene responsabili della particolare moda- lità con cui si manifesta un carattere ereditario) con effetti fenotipi- ci simili a quelli osservabili durante i processi di sviluppo. Anche al- tri ricercatori tentano verifiche sperimentali di certe idee avanzate da Schmalhausen nel suo programma di ricerca, e, come abbiamo visto, già congetturate a fine Ottocento da Baldwin e altri studiosi: e cioè che la plasticità del fenotipo, la reattività individuale a condi- zioni ambientali mutevoli, l’adattamento individuale raggiunto ne- gli animali anche grazie al comportamento appreso, possono surro- gare efficacemente l’adattamento ottenuto per via selettiva con l’e- voluzione genetica della popolazione. I programmi di ricerca di Schmalhausen e di Waddington sottolineano anche l’importanza decisiva dell’adattamento ecologico e il peso, se non proprio la cen- pulsi di speciazione). La teoria degli equilibri punteggiati è stata con- tralità, dell’individuo nei processi evolutivi. fermata dallo studio dei molluschi fossili del Cenozoico del lago Turkana, in Kenia, in cui la morfologia della conchiglia rivela un pe- Le nuove scoperte riodo di stabilità di circa 3-5 milioni di anni, intervallati da periodi as- L’attuale evoluzionismo non solo non è identico a quello di Darwin, sai brevi (circa 50 mila anni) di trasformazioni e fenomeni di rapida ma ha iniziato anche un processo di trasformazione interno alla teo- speciazione. In effetti i neontologi hanno dimostrato che ci sono cir- ria sintetica. La relativa fluidità dell’odierna teoria evoluzionistica è costanze in cui la speciazione può essere molto rapida anche per cer- dovuta alle scoperte dell’ultimo quarto di secolo che richiedono una te specie attuali. Il punto più importante ed innovativo della teoria riconfigurazione della teoria sintetica. Tra queste novità in via di in- degli equilibri punteggiati, è quello secondo cui la macroevoluzione tegrazione in una teoria allargata (la teoria di un evoluzionismo di sarebbe un fenomeno distinto dalla microevoluzione. La diversifica- terza generazione, dopo quello di Darwin e quello della Sintesi), zione di organismi a livello di generi, di famiglie, ordini e classi sa- possiamo trovare le risposte ad alcuni degli interrogativi e dei pro- rebbe cioè ottenuta in un modo improvviso e imprevedibile, grazie al blemi sollevati da Darwin nell’Origine delle specie (1859) e nell’O- successo di particolari mutanti, a imponenti trasformazioni nella re- rigine dell’uomo (1871). Di alcune di queste scoperte diamo qui un golazione genetica a livello di singoli individui piuttosto che al gra- resoconto sommario. duale rimaneggiamento del patrimonio ereditario della popolazione. Nel 1972 due paleontologi americani, Niels Eldredge e Stephen Jay Un’altra acquisizione mette in evidenza il meccanismo dell’estinzione Gould (1942-2002) hanno proposto la teoria degli equilibri punteg- di massa, la subitanea scomparsa di molte specie di habitat anche mol- giati, o intermittenti, secondo la quale, contrariamente alle attese to diversi in tempi geologicamente molto brevi, è un fenomeno de- darwiniane e della teoria sintetica, le specie fossili non mostrano va- scritto da molto tempo che presenta caratteristiche differenti da quel- riazioni apprezzabili nel tempo e i cambiamenti morfologici al loro in- le con cui si presenta la normale estinzione di fondo. I paleontologi terno sono piccoli e non orientati. L’idea è che una specie si manten- riconoscono oggi cinque principali estinzioni di massa (fine Ordovi- ga stabile per milioni e milioni di anni per essere poi bruscamente so- ciano, tardo Devoniano, fine Permiano, fine Triassico, fine Cretaceo- stituita negli strati fossili da una nuova specie, generata in occasione Terziario) più una ventina di episodi minori. L’aspetto innovativo sta di intensi momenti di speciazione (stasi evolutiva punteggiata da im- nella valutazione del loro ruolo nell’evoluzione. In sostanza si è rico-

  Eucarioti e procarioti I procarioti sono organismi unicellulari le cui di- colare, è presente nella cellula un certo numero di or- mensioni sono dell’ordine di grandezza del micron, ganelli differenti ognuno avvolto da una propria mem- caratterizzati da un’organizzazione interna della cellu- brana e dotato di funzioni particolari. Un’altra diversità la semplificata (soprattutto sul piano della trasmissione morfologica riguarda la grandezza dei ribosomi, orga- dei segnali cellulari): manca infatti una compartimen- nuli citoplasmatici ai quali è affidata la sintesi proteica, tazione dello spazio interno, per cui non sono mai pre- che negli eucarioti sono di dimensioni maggiori di quel- senti organelli circondati da una propria membrana li dei procarioti. Differenze fondamentali tra i due tipi di (come mitocondri, plastidi e lisosomi). In particolare, organismi riguardano poi il metabolismo, il modo di di- manca un nucleo delimitato da una propria membra- visione, la replicazione e conservazione del patrimonio na: a questa caratteristica fa appunto riferimento il no- genetico, i meccanismi riproduttivi, le modalità di mo- me stesso dei procarioti, che originariamente erano vimento. Una forma di organizzazione cellulare inter- stati chiamati protocarioti (dal gr. proto- = primitivo e media fra eucarioti e procarioti è il gruppo degli archea- káryon = nucleo). batteri o archea, capaci di adattarsi ad alte concentra- Gli eucarioti, al contrario, sono raggruppamenti di zioni saline, a bassissimi valori di pH o ad altissime tem- organismi unicellulari o pluricellulari caratterizzati da perature: per questo si pensa che siano stati tra le prime una organizzazione della cellula molto diversa: in parti- forme di vita a colonizzare la Terra.  

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L’evoluzione dell’evoluzionismo

glia di geni regolatori preposti all’accensione controllata di batterie , 1981 di altri geni. Specificamente, i geni HOX codificano per fattori di Stephen Jay Gould (1941-2002), trascrizione (proteine del nucleo legate al DNA) che hanno un ruo- paleontologo statunitense, lo molto importante nell’organizzazione spaziale dell’embrione. è considerato uno dei divulgatori scientifici Una loro caratteristica speciale è di essere colineari con i segmenti più prolifici e influenti corporei. In Drosophila per esempio, il complesso genico chiamato della sua generazione. bithorax (BX-C) è contiguo al complesso chiamato Antennapedia (ANT-C) e insieme occupano una ristretta regione di DNA. Muta- zioni a carico di BX-C (il complesso è composto da tre geni) com- portano trasformazioni a carico del metatorace (T3) che diventa omologo al mesotorace (T2) per cui si ottiene un moscerino mutan- te con quattro ali e quindi con due toraci (il torace degli Insetti è di tre segmenti: il protorace T1 non porta ali, T2 porta il 1° paio, T3 porta il 2° paio; in Drosophila e negli altri Ditteri T3 non porta mai ali bensì strutture a clava dette bilancieri). La colinearità implica che l’allineamento di questi geni BX-C lungo il cromosoma non sia casuale: quelli più anteriori controllano la costruzione delle regioni più anteriori del corpo di Drosophila, quelli più posteriori control- renti stretti più di quanto non faccia con quelli lontani. Hamilton di- lano le regioni più posteriori. Abbastanza analogamente si compor- mostra in modo inconfutabile come si sia potuta affermare nel corso tano i cinque geni del complesso ANT-C coinvolti nel controllo del- dell’evoluzione la socialità di imenotteri come le api dove le operaie lo sviluppo della testa e del protorace. Esiste una gerarchia genica: formano una casta di femmine tutte sterili. alcuni geni sono più importanti di altri, e i ricercatori concordano Le indagini dei biologi cellulari e molecolari sull’origine della cellu- sul fatto che i geni omeotici occupano una posizione elevata in que- la eucariotica a partire da quella procariotica hanno fatto ipotizzare sta gerarchia; inoltre proprio studiando la struttura molecolare del- un antichissimo episodio di endosimbiosi. Questo evento, accaduto le proteine codificate dagli otto geni di BX-C e ANT-C, hanno sco- tra i 2 e gli 1,5 miliardi di anni fa, fu decisivo per il futuro destino perto che tali proteine presentano una regione identica (chiamata della vita sulla Terra. Furono le nuove straordinarie proprietà asso- omeodominio): il tratto di DNA che codifica per questo elemento ciate all’evoluzione della cellula eucariotica (tra tutte, la capacità di strutturale conservato è noto come omeobox e viene identificato per mitosi, di meiosi e la sessualità), di cui è fatto il corpo di tutti i pro- la prima volta a Basilea da Walter Gehring nel 1984. La caccia agli tisti e di qualsiasi organismo pluricellulare della biosfera, a permet- omeogeni (geni con l’omeobox) è iniziata da vent’anni. In poco tere infatti l’immenso incremento della diversità di geni, organismi tempo omeogeni sono stati scoperti anche in moltissimi altri tipi di ed ecosistemi. La teoria endosimbiotica dell’origine della cellula eu- organismi, dal lievito alle piante verdi, dagli artropodi ai vertebrati. cariotica si basa principalmente sull’ipotesi (oramai quasi una cer- Studiando gli omeogeni del topo e dell’uomo (una quarantina in tezza) di un incontro fatale tra una grande cellula batterica e i mito- tutto) si è constatato non solo una reciproca somiglianza ma anche condri o i cloroplasti – all’epoca anch’essi semplici batteri liberi – un analogo compattamento nella stessa regione di DNA; essi inol- che furono incorporati per sempre nella cellula ospite. Ma le cose, tre specificano l’identità delle varie regioni del corpo situate lungo come quasi sempre avviene in biologia, forse furono più complica- l’asse antero-posteriore dell’organismo in sviluppo. Proprio come te di così dato che, sulla base della diversa natura dei geni nucleari avveniva per Drosophila. Ma la vera sorpresa si deve al confronto fra e citoplasmatici delle moderne cellule eucariotiche, molti sospetta- gli omeogeni del moscerino dell’aceto e quelli dell’uomo dal quale no che la primitiva cellula procariotica fosse essa stessa il risultato risulta che alcuni di loro erano geni omologhi. Da un punto di vista di una pregressa più antica fusione: quella di un eubatterio fornito- re del citoplasma con un archeobatterio che funzionò forse come donatore dell’apparato genetico. Sicché la cellula eucariotica sareb- be il risultato di almeno due incontri fatali: il primo tra un eu- e un archeobatterio e quello successivo tra questo batterio-chimera e un altro batterio libero di tipo aerobico (mitocondrio) o di tipo ciano- batterio (cloroplasto). Lynn Margulis (1938-), la prima autrice della teoria endosimbiotica dell’origine degli eucarioti, ritiene che una volta entrate nella cellula ospite, mitocondri e cloroplasti continua- no a funzionare e a replicarsi; con la scissione della cellula ospite, i corpuscoli al suo interno si distribuiscono all’interno delle cellule neoformate. Il possesso di una doppia membrana di rivestimento, di un DNA circolare, la divisione per scissione binaria e la sensibi- lità di mitocondri e cloroplasti agli antibatterici confermano l’ipo- tesi endosimbiotica. Ci sono tuttavia altre caratteristiche eucarioti- che che non sono spiegabili con quest’ipotesi: l’esistenza di orga- Micrografia elettronica a scansione di un moscerino della frutta nelli citoplasmatici con una sola membrana di rivestimento, il reti- (Drosophila melanogaster) colo endoplasmatico, l’origine del nucleo. Una delle scoperte più I moscerini della frutta vengono travolgenti per l’assetto della teoria sintetica dell’evoluzione è stata utilizzati soprattutto per quella dei cosiddetti geni omeotici (geni HOX). Questa è una fami- studiare le mutazioni genetiche.

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Scienza e tecnologia  “Conosci te stesso”: l’organismo e l’ambiente, la salute e la malattia

 evoluzionistico questo significa che almeno quattro-cinque degli sticità degli animali (tra gli animali le specie sessili, tipo spugne e co- omeogeni comuni al moscerino e all’uomo sono gli stessi posseduti ralli, lo sono rispetto a quelle dotate di locomozione) e dunque la Ottocento, Scienza e tecnologia: Charles Darwin, dall’antenato comune vissuto prima della divergenza evolutiva tra maggior parte degli studi riguarda proprio le specie vegetali. Il secolo dell’evoluzione, Insetti e Vertebrati. Una magnifica testimonianza di parentela che Anthony D. Bradshaw, professore di botanica all’Università di Li- Jean-Baptiste Lamarck risale a molte centinaia di milioni di anni. In sostanza la famiglia dei verpool, nel 1965 sistema il campo delle ricerche sulla plasticità fe- geni HOX è antichissima e sembra essere anche altamente conser- notipica conferendogli l’aspetto attuale. Le due idee centrali sono vata; questo vuol dire che i modelli di sviluppo che dipendono dal che la plasticità del fenotipo abbia una base genetica e dunque pos- loro controllo sono soggetti a vincoli e quindi non possono più evol- sa evolvere come qualunque altro carattere, e che lo stesso genotipo vere. Un secondo aspetto assai promettente per l’evoluzionismo è la sia più o meno plastico a seconda dell’ambiente in cui si trova e dei neonata biologia evoluzionistica dello sviluppo (evolutionary deve- caratteri (biochimici, fisiologici, anatomici, morfologici) considerati. lopmental biology), nota come evo-devo che si spera possa diventa- Anni dopo, nel 1974, Richard Lewontin (1929-) chiarisce il rappor- re la cornice teorica ed empirica in cui integrare i modelli microe- to tra analisi statistica della varianza impiegata dagli sperimentatori volutivi popolazionali con le conoscenze sullo sviluppo genetico ed e norma di reazione suggerendo che il grado di ereditarietà di un ca- epigenetico in vista del loro impiego nella comprensione della ma- rattere può cambiare con l’ambiente. Negli anni Novanta altri auto- croevoluzione. I primi risultati delle indagini di evo-devo stanno ri- ri come Carl D. Schlichting e Massimo Pigliucci negli Stati Uniti e velando una novità: la centralità dell’ontogenesi nei processi evolu- Paul Martin Brakefield in Europa intraprendono studi sperimentali tivi, che si manifesta da una parte come vincoli di sviluppo che non rispettivamente su piante e su farfalle per chiarire il funzionamento solo limitano la produzione di variazione e dunque la possibilità di dei meccanismi genetico-molecolari che presiedono alla plasticità fe- selezione, ma che in alcuni casi possono bastare da soli per spiega- notipica. Con la teoria sintetica venivano definitivamente abbando- re alcuni pattern morfologici (per esempio il numero dei segmenti nati i tentativi di una interpretazione lamarckiana dell’evoluzione. corporei di un verme metamerico) senza bisogno di ricorrere a una Tuttavia in anni recenti, grazie alla rinascita dell’interesse per i feno- spiegazione selezionistica ad hoc che chiami in causa automatica- meni dello sviluppo, all’interno della biologia evoluzionistica si assi- mente l’adattamento e la selezione naturale. Va detto che la costru- ste a una nuova attenzione per un punto di vista che potremmo con- zione di una evo-devo capace di integrare micro e macroevoluzione tinuare a chiamare lamarckiano che si manifesta negli studi sull’ere- non sarà un’impresa facile; vi si oppongono alcune dicotomie al- dità epigenetica. Essa è costituita dall’insieme dei processi che mo- l’apparenza insuperabili che per questo rappresentano al momento dulano l’espressione dei geni degli eucarioti multicellulari innanzi- altrettanti punti fermi teorici: la distinzione tra genotipo e fenotipo; tutto durante lo sviluppo attraverso l’interazione tra i geni e l’intera- l’idea weismanniana, confermata nel dogma centrale della biologia, zione tra i geni e i loro prodotti. L’epigenetica comprende l’insieme della separazione tra linea somatica e linea germinale; la distinzione delle modificazioni canalizzate durante lo sviluppo (assimilazione tra cause prossime (meccaniciste e funzionali) e cause ultime (stori- genetica di Waddington) nel passaggio da genotipo a fenotipo adul- co-evenemenziali); le diverse implicazioni del pensiero popolazio- to. Waddington, che coniò il termine epigenetica, e altri genetisti do- nale rispetto a quello organismico tipologico e strutturalistico della po di lui hanno osservato che non tutta l’informazione per la produ-  biologia dello sviluppo. zione di fenotipi è conservata nel DNA: per esempio la differenza tra Novecento*, Scienza A partire dagli anni postsintesi modelli teorici e studi sperimentali api operaie e ape regina non è genetica (i loro genomi sono identici) e tecnologia: oltre a confermare l’idea (risalente a Joannsen, Bateson, Woltereck, ma epigenetica (dipende solo dalla dieta larvale). Praticamente tutta Dall’antropologia fisica Schmalhausen e altri) che la funzione di mappa genotipo-fenotipo la variazione fenotipica non correlata a una sottostante variazione ge- all’antropologia genetica: non è lineare (visto che esistono interazioni gene-gene e interazioni notipica diventa un prodotto dell’eredità epigenetica. Esempi di fe- il dibattito sull’evoluzione genotipo-ambiente), hanno anche sottolineato l’importanza della nomeni epigenetici sono l’inattivazione del cromosoma X nelle fem- umana, La biochimica, plasticità del fenotipo nell’evoluzione. Questo in quanto la plasticità mine dei mammiferi, l’imprinting genomico (per cui l’espressione di La biodiversità, La biologia cellulare, La biologia (che rappresenta una misura della norma di reazione di un organi- un gene dipende dalla provenienza ereditaria, paterna o materna), molecolare, La genetica, smo) determina il possibile insieme di habitat per un genotipo. Data imprinting da metilazione del DNA (il cui grado di metilazione varia La sociobiologia, L’etologia la loro sedentarietà le piante sono in media molto più capaci di pla- durante l’ontogenesi individuale). Se è piuttosto chiaro che i cam-   Cloroplasti Insieme ai vacuoli, i cloroplasti sono i più grandi e e la membrana interna viene chiamato stroma: qui si caratteristici organelli delle cellule delle piante. Pos- trovano DNA, RNA, i ribosomi e gli enzimi che cata- sono anzi essere considerati i motori della cellula ve- lizzano la fissazione dell’anidride carbonica e la sin- getale, perché attraverso la fotosintesi catturano l’e- tesi dell’amido. Sulla superficie del grano tilacoidale nergia della luce e la trasformano in energia chimica, avvengono l’assorbimento della luce da parte della producendo ossigeno e carboidrati (per esempio ami- clorofilla, la sintesi di ATP e la formazione dei gra- do) a partire da anidride carbonica e acqua. Sebbene dienti elettrochimici fondamentali per la fotosintesi e di dimensioni maggiori, i cloroplasti possiedono una per gli scambi interni al cloroplasto. struttura simile ai mitocondri: sono anch’essi circon- Come i mitocondri, i cloroplasti possono inoltre dati da una doppia membrana. Quella interna è, a sua variare in numero, forma e dimensioni nelle diverse volta, collegata a un sistema di vescicole che forma un cellule; come accade per i mitocondri, ogni cloropla- fitto sistema di ripiegamenti, chiamato membrana tila- sto prende origine da un altro cloroplasto. Per questo coide. Essa si organizza in strutture discoidali, appiat- si pensa che anche i cloroplasti si siano evoluti da un tite e impilate una sull’altra, dette grana, che fanno da primitivo procariote parassita, dotato di attività foto- supporto alla clorofilla e agli enzimi fotosintetici. I sintetica, inglobato per endocitosi da un altro proca- grana sono collegati tra loro da membrane tilacoidi riote dando origine alle attuali cellule eucariote con non fotosintetiche. Lo spazio compreso tra i tilacoidi attività fotosintetiche.  

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L’evoluzione dell’evoluzionismo

Ala fossile di Rhamphorhynchus È stata rinvenuta in un sedimento calcareo della Bavaria. Questo genere di pterosauro è il primo vertebrato in grado di volare ed è considerato un animale eterotermo. Recenti ritrovamenti fossili hanno permesso, invece, di ipotizzare che sia stato un animale a sangue caldo.

biamenti nell’attività genica indotti dall’esterno sul DNA (e interna- ecc., dibattito che ha avuto tra i suoi più accesi protagonisti anche mente mediati dalla cromatina) vengono diffusi nell’organismo gra- ricercatori di grande prestigio come i già citati Richard Lewontin, zie alla replicazione del DNA durante la normale moltiplicazione Stephen Jay Gould, Niels Eldredge e ancora Elisabeth Vrba, pro- cellulare, ci sono ancora molti punti da chiarire nei meccanismi mo- fessoressa di geologia e Geofisica alla , Richard lecolari che durante la meiosi sembrano permettere il trasferimento Dawkins (1941-), il famoso teorico dell’evoluzione del gene egoista, da una generazione alla successiva dell’informazione fenotipica pre- e John Maynard Smith (1920-2004), George Christopher Williams sente nelle cellule. (1926-), Edward Osborne Wilson (1929-). Nata negli anni Ottanta in ambienti accademici americani e inglesi e subito sconfinata sulla Conflitti (e alleanze) tra cultura stampa e sui mass media, questa discussione a più voci tra sosteni- Nel Novecento l’evoluzionismo diventa materia di conflitto con il tori di un evoluzionismo darwiniano elastico e sostenitori di un evo- creazionismo, specialmente negli Stati Uniti. Il contrasto tra crea- luzionismo darwiniano rigido si è subito caratterizzata per la cresci- zionismo ed evoluzionismo non è però una novità; già Darwin e i ta esponenziale del disaccordo tra i partecipanti. A tal punto che paladini della teoria dell’evoluzione avevano dovuto lottare contro l’accentuazione mediatica degli elementi di contrasto, l’enfasi spes- gli attacchi del clero e dei benpensanti. D’altronde, anche se negli so caricaturale di dati e di interpretazioni, hanno ostacolato nell’os- ultimi anni del Novecento la Chiesa ha ammesso l’evidente esisten- servatore estraneo al problema la vista del comune fondamento teo- za dell’evoluzione dei viventi, uomo compreso, tuttavia essa conti- rico di partenza: l’evoluzionismo darwiniano, rimasto sempre con- nua a non accettarne la spiegazione scientifica naturalistica. La re- diviso dalle parti in causa. Ebbene, nelle loro argomentazioni i so- crudescenza del creazionismo e la sua recente penetrazione e diffu- stenitori del creazionismo hanno mistificato il dibattito tra puntua- sione in Europa, Italia compresa, è forse un fenomeno sociologica- zionisti e gradualisti presentandolo come prova dell’esistenza di una mente interessante, ma non lo è sotto il profilo scientifico delle teo- insanabile frattura originaria, intrinseca all’evoluzionismo. L’acca- rie biologiche. Il creazionismo infatti non è, né puo essere una teo- nimento con cui la spiegazione darwiniana dell’evoluzione viene at- ria scientifica, nonostante vestendo i panni del cosiddetto Intelli- taccata da ambienti ostili alla razionalità laica della scienza appare gent Design si stia rendendo popolare e forse anche accettabile pres- invece come ulteriore segno della sua vitalità di paradigma cultura- so i non addetti ai lavori. Data la sua natura fideistica, il creazioni- le. Quanto l’approccio evoluzionistico sia importante non solo nel- smo non può pretendere di spiegare su base empirica e razionale i la conoscenza accademica, ma per la vita quotidiana di tutti noi è in- fenomeni della natura e infatti per i suoi scopi si serve di un’accor- discutibilmente dimostrato dal fatto che ai suoi principi, a partire ta mescolanza di dati scientifici e di superstizione. Sempre in tema dalla nozione di selezione naturale, sempre più si ricorre in sede ap- di conflitto mediatico tra evoluzionismo e creazionismo, è partico- plicativa, dalle biotecnologie alla progettazione di farmaci, dall’i- larmente istruttivo osservare come i creazionisti abbiano riportato il dentificazione dei patogeni alla conservazione della natura. Per non grande dibattito pubblico tra scienziati sulle modalità dell’evolu- dire dell’informatica e dell’IA, campi dove da anni si sviluppa zione, conosciuto come: “puntuazionisti contro gradualisti”, “criti- software avanzato ricorrendo, come nel caso degli algoritmi geneti- ca all’adattamentismo”, “critica al riduzionismo panselezionista”, ci, a principi evoluzionistici di programmazione.

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