NICOLA LISANTI

IL MOVIMENTO COOPERATIVO IN DALL’UNITÀ AL FASCISMO

Consiglio Regionale della Basilicata

Alla memoria di mia madre Carolina e di mio fratello Guido Solo nella comunità con altri ciascun indivi- duo ha i mezzi per sviluppare in tutti i sensi le proprie disposizioni; solo nella comunità diventa dunque possibile la libertà personale. (K. Marx, F. Engels)

La cooperazione è la legale e pacifica riunione di tutte le piccole forze per farne una grande. (Jules Simon) Ringraziamenti

Non è facile ricordare tutti coloro chi mi hanno aiutato nel corso di questa ricerca. Desidero tuttavia ringraziare in particolare il personale della biblioteca della Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue di Roma, e specialmente il prof. Fabio Fabbri per i suoi preziosi consigli e l’impegno profuso nel facilitarmi l’ac - quisizione del materiale documentario, i proff. Massimo Mazzetti e Giovanni Gallina dell’Università di Salerno, alle cui cattedre ho l’opportunità di collabo - rare; il prof. Domenico Sacco, la direzione e il personale dell’Archivio di Stato di , della Biblioteca nazionale e della Biblioteca provinciale di Potenza; la segretaria dell’Associazione per la storia del Mezzogiorno, Lucia Restaino, per la grande disponibilità. La mia gratitudine va infine alla memoria di Nino Calice, amico e storico insigne, con il quale ho avuto modo di iniziare, insieme ad altri studiosi del “Centro Annali” di Rionero, la riflessione sulla cooperazione in Basilicata.

Nicola Lisanti

— 5 —

Presentazione

Il movimento cooperativo ha scritto pagine determinanti nella formazione dell’Italia moderna, nella costruzione del tessuto democratico e civile che ha allar - gato gli orizzonti del Paese dopo la conclusione del processo unitario. Oggi organizza migliaia di aziende e milioni di soci: è quindi una realtà poli - tico-sociale che si impone alla considerazione dell’opinione pubblica e delle Istituzioni. In Basilicata la cooperazione si è sviluppata nei settori tradizionali dell’a g r i - co l t u r a, della produzione e lavor o, dell’edilizia e del consumo, ma si è afferma t a anche nel settore dei servizi, delle attività culturali, ricrea t i v e e dell’i n f o rm a z i o n e . Alla sua crescita – è opportuno sottolinearlo – ha contribuito anche la Regione, la quale, soprattutto nel corso degli anni ’70 e ’80, ha sostenuto con una serie di leggi il sitema cooperativo, ritenendolo uno strumento valido per lo svi - luppo economico generale. Questa disponibilità, naturalmente, sarà mantenuta, anzi rafforzata con la riforma dello statuto, che dovrà recuperare un rapporto più ravvvicinato con la società civile nelle sue molteplici espressioni. Come si vede, la cooperazione può svolgere un ruolo di primo piano in Basilicata, dove sta emergendo una grande voglia di imprenditorialità, soprat - tutto da parte dei giovani. È fondamentale, però, acquisire una coscienza storica, cogliere il senso di un processo.In altri termini non si possono comprendere, ancor oggi, le cause profon - de del diffondersi della cooperazione presso i vari strati sociali, se l’attenzione non si sofferma sulle origini e l’evoluzione di un fenomeno che conta, ormai, oltre un secolo di vita. In questa direzione si muove il lavoro di Nicola Lisanti. Il quale, partendo dal mutuo soccorso e dalla nascita delle banche popolari, affronta lo sviluppo del movimento cooperativo attraverso le peculiari esperienze delle cattedre ambulan - ti e i consorzi, delle affittanze collettive, delle latterie sociali, del consumo lungo tutta l’età giolittiana e gli anni della guerra. Anni che sono seguiti dalla crisi eco - nomica e dall’azione distruttiva del fascismo nei confronti della cooperazione.

Egidio Nicola Mitidieri Presidente del Consiglio regionale di Basilicata

— 7 —

Premessa

Da poco più di un decennio la storiografia sulla cooperazione in Basilicata è andata progressivamente affermandosi dopo anni caratterizzati da una memoria storica povera soprattutto sul piano della ricerca. Lo attestano il volume contenente gli atti del seminario sul tema “Cooperazione e Mezzogiorno”, svoltosi a Potenza nei giorni 29 e 30 gennaio 19881; il lavoro collettaneo Momenti di storia della cooperazione in Basilicata. Dalla Mutualità al Regionalismo (1990)2, che costituisce un punto di riferimento obbligato per la pluralità dei contributi e per le problematiche di carattere metodolo- gico proposte; il saggio di Maria Gabriella Chiodo su Cooperazione e Mezzogiorno (1990) nel quale c’è un capitolo dedicato alla Cooperazione in Basilicata tra le due guerre3 e gli scritti di Domenico Sacco (apparsi , nelle edi- zioni Lacaita, tra il 1987 e il 1997), che hanno il merito di offrire una rifles- sione ricca di spunti e di indicazioni sulla cooperazione socialista e cattolica nell’età giolittiana. Questo libro intende rivisitare l’esperienza cooperativa lucana nel periodo che va dagli anni ’70 dell’800 all’avvento del fascismo. Si tratta di un’espe- rienza difficile, complessa, ma fortemente suggestiva, la cui analisi è essen- ziale per un movimento che non è mosso semplicemente da motivazioni eco- nomiche. In altre parole la scelta di ricostruire questi momenti di storia del movimento cooperativo è importante perché, come osserva Nino Calice, per- mette di cogliere i “mutamenti materiali e ideali della società regionale, di valore non periferico ma di dimensione e di rilievo nazionali”4. Per quanto riguarda la documentazione ci si è serviti prevalentemente di fonti conservate nell’Archivio di Stato di Potenza, dove sono stati reperiti gli atti costitutivi, i verbali delle assemblee dei soci, le Relazioni dei sindaci e dei consigli di amministrazione, gli estratti degli statuti delle società pubblicati dal “Foglio degli Annunzi Legali della Provincia di Potenza”. La ricostruzione dell’attività di molte società è avvenuta poi attraverso la lettura di alcune annate dell’organo della Lega delle Cooperative, “La Cooperazione italiana”; attraverso lo spoglio dei giornali locali dell’epoca, in particolare del “Popolo Lucano”, del “Lavoratore” e della “Squilla Lucana”. Il volume si divide in tre capitoli. Nel primo capitolo vengono esaminate la mutualità di soccorso e le origini del movimento coopertivo lucano senza trascurare le molteplici implicazioni ed interferenze con la realtà economica e sociale della regione.

— 9 — Al centro dell’attenzione sono la nascita e lo sviluppo delle banche popo- lari, la diffusione del credito mutuo sulla quale si sofferma Giustino Fortunato, e la cooperazione di produzione e lavoro di cui massime espres- sioni sono le società dei muratori e le società dei braccianti. Nel secondo capitolo si evidenzia l’estensione delle esperienze cooperati- ve, favorita dall’iniziativa dei socialisti riformisti che risente l’influenza delle teorizzazioni di Ettore Ciccotti. La funzione economica e sociale della cooperazione, in questi anni, coin- cidenti con l’età giolittiana, si esplica in vari campi e non solo nei centri mag- giori, ma anche nei piccoli comuni; anzi con la nascita delle casse rurali cat- toliche e dei consorzi, con la cooperazione agricola (affittanze collettive, lat- terie sociali), sia i ceti medi che i lavoratori delle campagne apprendono a uti- lizzare lo strumento cooperativo per lottare contro la disoccupazione, per combattere l’usura, per migliorare le condizioni culturali e difendere i reddi- ti agricoli. Nel terzo capitolo si prende in esame la fase di espansione del movimen- to cooperativo, riconducibile agli anni 1915-20, durante i quali l’aumento dei prezzi e il diradarsi dei generi di prima necessità stimola il potenziamen- to della cooperazione di consumo. C’è poi un riferimento al declino della cooperazione maturato in seguito alle ripercussioni della crisi economica, all’offensiva delle squadre fasciste e al mutato atteggiamento delle classi poli- tiche dirigenti, che tentano di portare indietro il movimento, prima di tutto restringendo il credito. In appendice sono riportati vari documenti riguardanti la struttura e l’at- tività di alcune cooperative.

Nicola Lisanti

— 10 — Elenco delle Abbreviazioni a) Materiali archivistici ASP Archivio di Stato di Potenza PA Fondo Prefettura, Carte amministrative PG Fondo Prefettura, Gabinetto AA Atti amministrativi ANM Archivio notarile di ANP Archivio notarile di Potenza ATM Archivio del tribunale di Melfi b) Materiale a stampa CPB Cassa provinciale di credito agrario per la Basilicata MAIC Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio c) Altre abbreviazioni cart. Cartella vol. volume fasc. fascicolo cat. categoria art. articolo tab. tabella s.d. senza data

— 11 —

CAPITOLO PRIMO

MUTUO SOCCORSO E ORIGINI DELLA COOPERAZIONE IN BASILICATA

1. SITUAZIONE ECONOMICA E SOCIALE

el 1861 la Basilicata presenta un’economia povera e priva di indu- strie. L’agricoltura dà un reddito molto esiguo ed i contadini, per la quasi totalità analfabeti, sono in generale braccianti e girova g h i : N 1 “non piccoli proprietari, né mezzadri, poche volte affittuari” . La regione manca di qualunque organizzazione infrastrutturale e la via- bilità è scarsa. Non dispone di un autentico sistema cre d i t i z i o. Né è sort a una nuova classe media, capace di rappre s e n t a re interessi superiori e di i n t e r p re t a re presso il nuovo stato i bisogni delle masse contadine, ma sono rimasti i proprietari terrieri, arroccati nella difesa dei propri interessi part i- colari. Di qui il brigantaggio2, un fenomeno che per alcuni anni, in Ba s i l i c a t a , come altrove nel Mez zogiorno, coinvolge vasti strati della popolazione e che assume, dopo l’applicazione della legge Pica del 1863, le caratteristiche e le dimensioni di una vera e propria guerra civile (3.451 morti fra i bri- ganti contro 307 morti fra soldati e ufficiali dell’ e s e rc i t o ) . Ma il brigantaggio, espressione del profondo malessere delle masse con- tadine ed evidente conseguenza del fallimento democratico risorgimentale, non è l’unico momento di lotta. Ad esso seguiranno, nel 1869, prima della formazione delle organizzazioni di classe, i moti per il macinato, la "tassa sulla fame”. Si hanno dimostrazioni spontanee e arresti di persone a Fa rdella, , Rotonda, , , To l ve, , Pietrafesa e Va g l i o3. A Potenza e in altre località, i mugnai chiudono i muli- ni e si uniscono ai rivo l t o s i4. La protesta popolare continua anche negli anni Settanta (nel 1873 e nel 1879 vi sono disordini rispettivamente a Mu ro Lucano e a Pomarico per il r i n c a ro del pane). Essa, tuttavia, non riesce a modificare la situazione. Comunque il bisogno di associarsi per superare le difficoltà che minacciano l’esistenza quotidiana –sia pure tard i vamente rispetto al resto della penisola– è avve rtito dai lavoratori della Basilicata. Ne l periodo surricordato, infatti, dalla trasformazione dei Monti fru m e n t a- r i5, dei Monti di pegno, delle Congregazioni di carità, sorgono le società operaie di mutuo soccorso, le Casse di prestanza agraria6 e le Casse di risparmio. Gli anni Ottanta vedono accentuare il disagio dei contadini lucani, come si può arguire dalla straordinaria pro g ressione dell’emigrazione. La

— 15 — N. Lisanti

Basilicata, infatti, che fornisce all’emigrazione transoceanica grossi contin- genti di braccianti e di t e r ra t i c a n t i (questi ultimi sono ad un tempo picco- li affittuari e salariati a giornata), registra, tra il 1882 e il 1887, 53.592 espatri, con una media annua di 8.932. Le cause di tale fenomeno sono da ricercarsi nella crisi agraria, nella per- sistente arre t r a t ezza tecnica e pro d u t t i va dell’agricoltura, nella pre p o t e n z a e nella soggezione esercitate dai galantuomini (i padroni) sui contadini e sulle loro famiglie, nell’indebitamento pro g re s s i vo dei lavoratori, nell’ a u- mento delle tradizionali malattie delle campagne (pellagra e malaria), e, per dirla con Emilio Se reni, nella “incompiutezza della rivoluzione borghese” che “sarà alla base di tutte le difficoltà e di tutte le contraddizioni interne del capitalismo italiano”7. Pu rt roppo, nel decennio 1890-1900, la Basilicata rimane isolata, quasi dimenticata, malgrado l’inchiesta agraria Jacini e gli accesi interventi alla Camera effettuati dai suoi deputati più aperti. La sua economia è ancora chiusa, la mortalità è eleva t a . I contadini, che costituiscono la grande maggioranza della popolazione, v i vono sempre in condizioni difficili. Le abitazioni lasciano a desiderare e l’alimentazione è malsana e insufficiente8. I salari da tre n t’anni non hanno sensibili aumenti. Ciò induce i contadini ad organizzarsi nei circoli socia- listi, ad affluire nelle sezioni del Pa rtito socialista, a discutere sulla neces- sità di dare un re s p i ro non localistico alla lotta politica. Ma soprattutto dà luogo nel 1897 e 1898 a momenti di forte tensione e di pressione rive n d i- c a t i va in vari centri della re g i o n e . Nel dicembre 1897, a Stigliano, in seguito all’aumento del prez zo del pane, si ha un’agitazione di contadini poveri, braccianti e pastori. Il 10 gennaio 1898, a Montescaglioso, migliaia di contadini, esasperati dalla fame, al grido di “e v v i va il re, abbasso il sindaco e le tasse”, devastano la p retura e il municipio9, chiedendo lavo ro, esenzione dal focatico1 0 e quo- tizzazione delle terre demaniali. Nella circostanza decine di contadini vengono arrestati e trenta di essi saranno condannati a complessivi 75 anni di carc e re. Nel marzo 1898 si hanno altri arresti a Potenza. A Ma t e r a o l t re 400 contadini affamati danno l’assalto a una carretta che sta tra- s p o rtando del pane. Fra maggio e giugno del 1898, sull’onda dei moti contro il carovita dila- gati a Milano e in gran parte d’ Italia, i socialisti invitano alla rivolta i con- tadini di Genzano e Irsina; mentre si svolgono manifestazioni a Sa n

— 16 — Il Movimento Cooperativo in Basilicata dall’Unità al Fascismo

Ellis Island: immigrati da reimbarcare perchè respinti (da Basilicata Regione Notizie, n. 1-2, 1998). Chirico Raparo, a Fo renza al grido di “abbasso Crispi!”, a , a L a vello, a Bernalda, a To l ve, ad , a Pa l a z zo San Ge rvasio, a Mo n t e m i l o n e . Ma la reazione –sollecitata dal blocco “d’ o rd i n e” composto dai gro s s i p roprietari terrieri (i Berlingieri, i Ruffo, i Federici, i Doria)– non si fa a t t e n d e re e si abbatte anzitutto sui centri di propaganda socialista e anti- g ove r n a t i va della regione e quindi sui contadini in lotta davanti ai munici- pi. A Potenza vengono chiusi il circolo socialista e il giornale “L’ A l b a”. A viene chiusa la tipografia che stampa il “Quinto Orazio Fla c c o” , organo ufficioso di Giustino Fo rt u n a t o. Tra il 1899 e il 1902 si registrano altre manifestazioni operaie e conta- dine. Ma, per la loro disorganicità e assenza di obiettivi strategici, finisco- no per lo più negativamente.

— 17 — N. Lisanti

2. LE SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO

S c r i ve Renato Za n g h e r i : “ Una delle essenziali radici della cooperazione è costituita dal mutuo soccorso. Un legame di esperienze, di mentalità e di moralità unisce le due forme associati- ve... Forme di cooperazione di consumo, di credito, di abitazione, spesso deriva n o da iniziative mutualistiche o coesistono con esse”1 1.

Se si accetta come fondata tale affermazione, le società di mutuo soccor- so si possono quindi considerare all’origine del movimento cooperativo. Il quale, in Basilicata, decolla lentamente rispetto al Centro Nord del paese, dove nell’organizzazione della mutualità c’è “non solo il seme della coopera- zione, ma delle leghe, con la loro capacità di resistenza, con le loro aggrega- zioni professionali, con la loro autonomia sul mercato del lavoro”12. Ma quali sono gli scopi delle società di mutuo soccorso? Esse svo l g o n o funzioni di natura assistenziale (cioè i soci versano una quota e ricevono un sussidio in caso di malattia, di disoccupazione temporanea, infort u n i o ) . Dalle statistiche pubblicate emerge che nel 1873 sono presenti nella nostra regione cinque società di mutuo soccorso (a Lagonegro, Potenza, Matera, Genzano e Montescaglioso) per un totale di 548 soci, 28 dei quali donne, e 34 soci onorari13. Dal 1873 al 1878 il numero delle società aumen- ta14. Da un elenco dell’Archivio di Stato di Potenza risulta invece che i soda- lizi operanti nella regione nel secondo trimestre del 1873 sono tredici e che

Tab.1 Statistiche delle società e degli iscritti distribuiti per circondari

N. COMUNI MEDIA % SUL CIRCONDARIO DEL N. SOCIETÀ N. ISCRITTI ISCRITTI PER TOTALE CIRCONDARIO SOCIETÀ

Potenza 45 21 2.824 28,00 134

Lagonegro 38 19 2.533 26,00 133

Melfi 19 17 2.525 26,00 148

Matera 24 14 2.023 20,00 144

Totale 126 71 9.905 100,00

Fonte MAIC, Statistica delle Società di Mutuo Soccorso e delle istituzioni cooperati - ve annesse alle medesime, Anno 1885, Roma 1888.

— 18 — Il Movimento Cooperativo in Basilicata dall’Unità al Fascismo ad essi aderiscono 1.500 soci. Tra le Tab. 2. Limiti d’età richiesti per l’ammis - società di questo periodo è da ricor- sione degli Statuti di alcuni sodalizi lucani dare quella di (218 soci 15 con un patrimonio di 22.000 lire) SOCIETÀ ETÀ MIN. ETÀ MAX. che, insieme al sodalizio di Potenza Matera 21 50 (242 soci), occuperà un posto di (1866-1874) rilievo nella storia del mutualismo Potenza 10 55 operaio della regione. (1870) Negli anni dal 1878 al 1885 i Montescaglioso 15 45 sodalizi lucani aumentano da 12 a (1872) 71 e i relativi soci da 1.157 a Stigliano 21 55 9 . 9 0 51 6. Il numero è ragguard e vo l e (1873) se si pensa all’inesistenza di strade e Stigliano 16 60 a l l’ a r retrato contesto socio-econo- (1874) mico di cui si è fatto cenno nel Avigliano - 40 paragrafo pre c e d e n t e . (1874) Ma come si spiega l’aumento di Fonte: nostra elaborazione dagli statuti. società e soci registratosi in questo p e r i o d o ? Esso può spiegarsi con gli effet- Tab. 3. Pagamenti cui sono tenuti per ti della crisi economica, nonché Statuto i soci di alcuni sodalizi lucani con la riduzione dell’età minima di QUOTA DI QUOTA ammissione e la riduzione genera- SOCIETÀ AMMISSIONE MENSILE lizzata del contributo mensile (v. (IN LIRE) (IN LIRE) tabelle 2 e 3) che consente “l’ a c- Matera 2,00 0,50 cesso ai sodalizi di settori del pro- (1866-1874) letariato agricolo e della manodo- Potenza 5,00 1,00 pera scarsamente qualificata1 7. (1870) Nel 1895 le società di mutuo soc- Montescaglioso - 1,00 corso – incoraggiate e spesso fonda- (1872) te da esponenti della borghesia libe- Stigliano 5,00 0,50 rale che ne condizionano sia gli (1873) Stigliano scopi sia l’attività interna – assom- - 0,50 mano a 78 unità (cfr. tab. 4). (1874) Avigliano Gli statuti di queste società evi- 5,00 1,00 denziano non pochi limiti. Tu t t a v i a (1874) non sono privi di indicazioni inte- Fonte: nostra elaborazione dagli statuti.

— 19 — N. Lisanti

Tab. 4. Società di mutuo soccorso esistenti al 1 gennaio 1985

N. DEI SOCI ANNO DI COMUNE DENOMINAZIONE EFFETTIVI AL FONDAZIONE 31-12-1894 Abriola Operaia di M.S. "Cavour" 1892 71 Operaia di M.S. 1882 50 Anzi di M.S. e d'insegnamento 1882 50 Agricola artigiana di M.S. Atella 1892 121 lavoro e previdenza Avigliano di M.S. fra gli agricoltori 1886 403 Cooperativa di previdenza e Id. 1894 171 lavoro Id. di M.S. fra gli operai 1874 315 di M.S. fra soci operai 1894 50 Bella di M.S. 1883 142 Bernalda Operaia di M.S. 1880 105 Id. Agricola di M.S. 1891 40 Id. Agricola di M.S. 1884 51 di M.S. "Mario Pagano" 1884 186 Id. di M.S. ed istruzione 1884 105 Id. Operaia 1884 165 Brindisi di Montagna Operaia di M.S. 1893 93 "Il Rinnovamento" 1882 121 Operaia di M.S. "Stella 1894 158 d'Italia" di M.S. "Ordine, fratellanza, Castelgrande 1893 40 previdenza, lavoro" "L'Ordine" 1882 30 Ferrandina Associazione di M.S. 1877 62

— 20 — Il Movimento Cooperativo in Basilicata dall’Unità al Fascismo

Genzano Operaia agricola di M.S. 1891 170 Agricola di M.S. "Aiutati Id. 1885 104 che Dio ti aiuta" Grassano Operaia di M.S. 1892 73 Grottole di M.S. 1894 52 Democratica cooperativa di Irsina 1881 116 M.S. Lagonegro di M.S. "La Perseveranza" 1882 53 Operaia di M.S. "Beniamino 1892 150 Franklin" Inferiore "La Perseveranza" 1880 139 Id. "La Fratellanza" 1880 120 M.S. "La Fratellanza" 1885 95 di M.S. Operaia, industriale, 1881 42 commerciale Marsiconuovo di M.S. fra gli operai 1882 76 Operaia di M.S. 1891 80 di M.S. (sotto il patronato Matera 1886 210 Principe di Napoli dal 1892) Cooperativa agricola, commerciale, artigiana Melfi 1893 242 "Ordine, previdenza e lavoro" Miglionico del Progresso di M.S. 1888 83 "La Concordia" 1871 44 Montalbano Operaia di M.S. 1886 190 Id. di M.S. 1880 191 di M.S. fra operai 1893 55 Montescaglioso Operaia del progresso 1881 40 Id. di M.S. del progresso 1887 40

— 21 — N. Lisanti

Muro Lucano Associazione operaia di M.S. 1877 294 "Il Risorgimento" 1894 30 Palmira di M.S. 1892 46 Pescopagano Operaia del progresso 1883 40 Operaia di M.S. 1886 96 di M.S. fra operai 1893 91 Pisticci di M.S. 1891 80 Id. Operaia di M.S. 1873 55 Pomarico di M.S. "Nicola Fiorentino" 1886 83 Operaia di M.S. fra operai Potenza 1870 413 ed industriali Id. Operaia di M.S. e previdenza 1893 190 Id. Agricola 1862 560 Id. del reciproco aiuto 1885 88 Id. di previdenza fra gli operai 1870 300 Circolo artigiano 1886 - Operaia "Il Progresso" 1886 51 Rotonda "La Fratellanza" 1886 95 S. Chirico Raparo Operaia di M.S. 1882 52 S. Fele Operaia cooperativa 1876 102 S. Mauro Forte di M.S. 1884 50 S. Angelo le Fratte Operaia di M.S. 1884 53 S. Arcangelo Le forze riunite operaie 1886 54 Associazione di M.S. fra gli 1883 78 operai Operaia di M.S. 1884 80 "La Sentinella" 1884 50 Associazione di M.S. fra gli 1879 70 operai

— 22 — Il Movimento Cooperativo in Basilicata dall’Unità al Fascismo

Tramutola Operaia di M.S. 1887 77 "L'Unione" 1881 120 Tricarico di M.S. 1893 132 Id. Agricola operaia "Umberto I" 1890 74 Id. di M.S. ed insegnamento 1884 132 Vaglio di Basilicata Associazione operaia di M.S. 1879 64 Indipendente, degli Venosa 1894 152 agricoltori Id. Operaia di M.S. 1892 65 Filarmonica ed operaia di 1884 153 M.S.

Fonte: MINISTERO DI AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, Direzione Generale della statistica, Elenco delle società di mutuo soccorso esistenti al 1° gen - naio 1985, Roma 1898, ff. 181-183. ressanti. Per esempio gli statuti delle società operaie di Potenza (1870) e di Avigliano (1874) pre vedono la concessione all’associata di un sussidio di p a rto (lire 5 a Potenza, da lire 5 a 10 ad Avigliano), e nel caso in cui al part o fa seguito una malattia, “anche la concessione dell’ o rdinario sussidio di m a l a t t i a”18 ( v. tabella 5). Il declino delle società di mutuo soccorso risale ai primi anni del Novecento, allorchè esse si riducono notevolmente passando da 78 del 1895 a 42 del 1904. Le ragioni di ciò vanno ricercate soprattutto nel feno- meno migratorio che comporta una diminuzione del numero degli iscritti. In realtà è il vecchio modello associazionistico che “viene ormai decaden- do sotto l’ i n c a l z a re dei tempi nuov i”1 9.

3. LE PRIME FORME DI COOPERAZIONE

In Basilicata le società cooperative nascono negli anni ‘70 dell’800, ma si diffondono durante il primo conflitto mondiale quando la crisi dell’agricol- tura, la rarefazione delle braccia lavorative e il caroviveri aumentano il disa- gio della popolazione. Inizialmente si afferma la cooperazione di credito che vuol essere un’alternativa ai decadenti vecchi istituti assistenziali come i Monti frumentari.

— 23 — N. Lisanti

Tab. 5. Sussidio di malattia previsto dagli statuti di alcuni sodalizi lucani

ANZIANITÀ ENTITÀ SOCIETÀ CARENZA DURATA MAX RICHIESTA (IN LIRE) Potenza non meno 3 anni 3 gg 3 mesi (1870) contr. mens. Montescaglioso - 5 gg 1,00 fino a guarig. (1872) Stigliano - - - fino a guarig. (1873) Matera 3 anni - - fino a guarig. (1874) Stigliano 2 anni - - - (1874) Avigliano non meno determinata da Cons. 3 anni 7 gg (1874) contr. mens. Dir. in base a fondi disp.

Fonte: nostra elaborazione dagli statuti.

3.1 La nascita e lo sviluppo delle banche popolar i Fino al 1873 (anno in cui sorge a Rionero una società cooperativa del Vulture o banca di soccorso ed incoraggiamento alle arti, all’industria, all’a- gricoltura ed al commercio), la Basilicata non ha banche popolari. Ma in poco tempo il loro numero conosce un notevole incremento.Tra il 1879 e il 1882 sorgono banche popolari a , Venosa, Matera, Melfi, Lavello, Palazzo S. Gervasio, , Avigliano20. Nel 1885 se ne contano 19 con un capitale complessivo di 1.720.000 lire, e nel 1890 toccano la cifra di 4321. Il circondario più dotato di banche è quello di Melfi; seguono nell’ordine quel- li di Potenza, di Matera e di Lagonegro. In rapporto alla popolazione la Basilicata è la regione che ha più banche in tutta Italia. Infatti, mentre in media vi è una banca popolare ogni 42.089 abitanti, per la Basilicata (nel 1893) si ha una banca ogni 16.983 abitanti. La responsabilità della proliferazione di banche popolari viene attribuito al Banco di Napoli che, in concorrenza con la Banca Nazionale, ribassa il tasso di sconto favorendo la nascita di numerosi piccoli istituti di credito. Nel 1894 le banche discendono a 26 (v. tabella 6). Ep p u re, rispetto

— 24 — Il Movimento Cooperativo in Basilicata dall’Unità al Fascismo agli abitanti, la pro p o rzione è sempre alta, cioè di una banca ogni 20 mila a b i t a n t i . Al 31 dicembre 1893 i soci effettivi delle banche popolari sono 8.499. Essi si dividono nelle seguenti categorie: grandi agricoltori 10,78; piccoli agricoltori 26,42; contadini 9,14; grandi industriali e commercianti 2,27; piccoli industriali 19,13; operai 10,87; impiegati, maestri e professionisti 13,32; persone senza determinata professione 8,0522. Questi sodalizi –definiti “un grande atto di sociale ed economico pro- g re s s o”2 3– sono accolti con entusiasmo in quanto si propongono di far p a rt e c i p a re al credito le classi più pove re. Ad esempio la Banca popolare di credito e risparmio di Venosa, istituita il 19 febbraio 1881, ha per scopo principale quello di diffondere nel comune “il principio di asso- ciazione cooperativa e di credito, incoraggiare i coloni ed artigiani al l a vo ro ed al risparmio, col sottrarli dai molesti creditori e dall’ u s u r a”2 4. La Banca popolare cooperativa di Colobraro, nata il 17 gennaio 1888, persegue l’intento di “p ro c a c c i a re il credito dai propri soci col mez zo della mutualità e del risparmio e pro c u r a re il beneficio del credito alle classi lavoratrici e popolari”. Essa, in conformità con il suo statuto, fa varie operazioni: a) sconta effetti cambiari, buoni del Te s o ro e mandati di pubbliche amministrazioni; b) effettua il credito agrario; c) riceve depo- siti in numerario: per custodia, a conto corrente, a risparmio; d) emette buoni fruttiferi; e) attua il servizio di Cassa per le Op e re Pie e le coope- r a t i ve operaie. Tab. 6. Distribuzione delle Banche popolari in Ma se alcune banche popo- Basilicata alla fine di ogni anno dal 1881 al lari riescono a sradicare l’usura, 1898 molte altre, controllate da fami- glie borghesi benestanti, lungi 1881 9 1887 38 1893 32 dal favorire investimenti pro- duttivi o sostenere attività 1882 10 1888 44 1894 26 manifatturiere, fanno nascere la 1883 14 1889 44 1895 25 speculazione, divenendo “mo- nopolio di camarille dispo- 1884 15 1890 43 1896 23 tizzanti col danaro di molti”25. 1885 19 1891 40 1897 21 Infatti, dopo il 1885, si scatena 1886 26 1892 38 1898 20 il cosiddetto “carnevale banca- rio”, cioè l’eccesso di crediti Fonte: A.P. Camera dei deputati, Documenti , concessi dalle banche popolari, n. 277-A, Seduta del 22 marzo 1901, p. 5.

— 25 — N. Lisanti incoraggiate in ciò dalle Banche di emissione operanti nel Mezzogiorno d’Italia. Così, scrive Ettore Ciccotti: “l’enorme credito sfumò senza aver nulla realizzato di bene e lasciando dietro di sé tutta la proprietà fondiaria gravata di un esorbitante debito ipotecario, paralizzata nel presente, compromessa per un lungo avvenire. Ogni speranza di riprodurre una forma razionale di credito e di ravvivare l’economia agricola, trasformando e intensi- ficando le colture, fu forte per sempre perduta e l’incertezza, più che del domani, del- l’oggi, in quei proprietari divenuti precari detentori dei fondi, aggravò la stessa triste condizione precedente”26.

Il debito ipotecario cresce dai 73 milioni del 1885 ai 96 del 1890, ai 125 del 1901. Le società cooperative e le banche popolari, investite da un’ondata di sfiducia, vedono ridursi fortemente i propri depositi27. Molte banche falliscono gettando sul lastrico migliaia di risparmiato- ri. La Banca popolare di Rionero –molto cara a Giustino Fo rtunato, pre- sidente onorario della stessa– cessa la propria attività nel 1892, “insieme col maggior numero delle banche popolari meridionali”2 8. Per questa banca, oltre l’accennata causa dell’abuso del credito, sono stati gli impie- ghi diretti del capitale che più di tutto l’hanno tratta a misere vole fine. “Essa, rileva Michele Lacava, volle acquistare grano, acquistar vino, vo l l e m e t t e re un mulino a va p o re. Questi acquisti pro m e t t e vano molto, ma col fatto arre c a rono grave danno”2 9. Nel 1898 sono dichiarate fallite le Banca popolare di Barile e quella di Laurenzana, nel 1904 tocca a quella di Avigliano. Ciò crea diffidenza verso le banche popolari, le quali, come si evidenzia nella “Relazione Azimonti”, “non si curarono per nulla di prestare aiuto alle classi agricole bisognose e si rovinarono prestando forti somme ai galantuomini”30. Nel 1902, delle 43 banche funzionanti nel 1890, ne restano in vita solo 15, le più attive delle quali sono quelle di Matera e di Pescopagano.

3.2 La Banca mutua popolare di Matera La Banca mutua popolare di Matera (l’odierna Banca popolare del Materano31), sorta nel 1881 per iniziativa del sottoprefetto Giovanni Prosdocimi, è una delle pochissime tra quelle che nel Mezzogiorno d’Italia r i u s c i rono a sopport a re le enormi difficoltà degli ultimi decenni dell’Ottocento; «non fu travolta dal carnevale bancario e superò con pruden- za gli anni neri dell’economia del nuovo Regno»32.

— 26 — Il Movimento Cooperativo in Basilicata dall’Unità al Fascismo

L’Istituto con un capitale iniziale di lire 40.000, ottenuto dalla vendita di 800 azioni a lire 50 l’una – si propone di agevolare e diffondere il credito ai 242 soci33 promuovendo i principi del risparmio e della mutualità. Intende anche scontare cambiali, ricevere depositi ed aprire conti correnti, esigere e pagare per conto dei soci e accordare anticipazioni sopra pegno, interdire rigorosamente ogni speculazione. L’avvio della banca è promettente: il bilancio del 1882, primo della serie, registra la somma di 450.000 lire in depositi; quello del 1883 segna un incre- mento degli stessi di 180.000 lire e un utile netto di 4.715,28 lire. L’altissimo dividendo che ne deriva fa aumentare, in pochi anni, il numero dei soci: nel 1888, infatti, essi diventano quasi il doppio, mentre le azioni passano da 963 a 2.038. Successivamente, però, l’attività della banca –anche a causa della crisi economica nazionale che si ripercuote sul credito, e quindi sugli investimen- ti, della nostra regione– subisce un brusco arresto. Nell’arco di tempo compreso tra il 1889 e il 1894 i soci si riducono di 15 unità, passando dai 455 del 1888 ai 440 del 1894; il movimento delle azio- ni, di conseguenza, è modesto. L’anno più difficile per la banca è il 1890. Il momento più delicato si ha nel primo quadrimestre quando, con delibera- zione del 22 marzo, il Consiglio di amministrazione adotta “un provvedi- mento d’urgenza per fornire di numerario la cassa e per fronteggiare le nume- rose richieste di ritiro di depositi. La sfiducia cominciava ad impadronirsi anche dei risparmiatori materani. Si autorizzò in quell’occasione il risconto di effetti per un totale complessivo di 25-30 mila lire, ricorrendo persino ai privati, ad un tasso mai superiore all’8%. Il provvedimento non fu sufficien- te: le disponibilità immediate ebbero ugualmente una forte contrazione, e a distanza di appena dieci giorni, il Consiglio, riconvocato, riconoscendo la necessità di avere maggiori giacenze in cassa, elevò gli interessi attivi dal 7 all’8% sui prestiti, sconti e anticipazioni in titoli e dal 6 al 7% quelli sulle anticipazioni contro deposito di oggetti in oro”34. Nell’ultimo quinquennio del secolo i problemi continueranno, ma la Banca popolare di Matera – poco incline a lanciarsi in imprese grandiose, col miraggio di lauti profitti – riesce in qualche modo a superarli. Anzi, nel 1902, essa allarga le sue attività istituendo il servizio per gli emigrati e apren- do il credito agrario. Il servizio per gli emigrati, suggerito dal Banco di Napoli e consistente nel pagamento delle rimesse e degli chèques emessi dai corrispondenti esteri del

— 27 — N. Lisanti suddetto banco, è relativamente conveniente. Tuttavia viene recepito “per gli alti scopi morali e civili”. Per quel che riguarda il credito agrario il Consiglio di amministrazione della Banca, diversamente da quanto prevede lo statuto, ritiene opportuno estenderlo anche a coloro che non sono soci. Il fine è di contribuire a risol- levare le sorti dell’agricoltura e di aiutare i piccoli agricoltori, molto spesso costretti a ricorrere all’usura, nell’acquisto delle semenze e nei lavori di colti- vazione e di raccolta. L’estendersi delle attività dimostra che l’Istituto ha acquisito una discreta solidità attestata per altro dal considerevole afflusso dei risparmi nel triennio 1904-1906. Nel 1910 la Banca presenta un bilancio positivo: l’utile netto viene sud- diviso tra gli azionisti con un dividendo pari al 7%, al fondo di riserva vanno solo 2.185 lire. Nel 1913, sotto la presidenza di Francesco Acito, gli utili netti raggiun- gono le 14.500 lire, ma scendono alle 3.000 lire nel 1917.

3.3 La Banca popolare cooperativa di Pescopagano La Banca popolare cooperativa di Pescopagano, il cui atto costitutivo viene stipulato il 2 settembre 1883 davanti al notaio Donatantonio Buldo e ai testimoni Giambattista Araneo e Carlo Salminci, contadino, incomincia a funzionare il 2 dicembre dello stesso anno, sotto la direzione dell’avv. Fabrizio . Questi, affiancato dal cav. Pietro Tullio, con funzioni di cassiere, rivela notevoli capacità tecniche ed amministrative, Infatti, grazie al suo impegno, il numero degli azionisti, mediante una sottoscrizione del capi- tale sociale, si estende in poco tempo. Nel periodo dal 1883 al 1891 i depositi (provenienti soprattutto dagli emigranti d’America) e il patrimonio sociale crescono in maniera rilevante. Limitati sono, invece, gli investimenti per la scarsità di richieste. Negli anni dal 1892 al 1900, la Banca, data la part i c o l a re condizione economica locale, non ha un andamento tranquillo. Essa comunque riesce “ad assolve re al suo compito in maniera onore vole: senza mai dover ricor- re re ad infliggere danni o insanabili perdite patrimoniali ai privati nelle occasioni in cui furono necessarie le pratiche giudiziarie per ottenere il re c u p e ro dei capitali anticipati”3 5. Dal 1901 le cose cambiano nettamente: vengono avviate fruttuose opera- zioni con altre banche della regione, si allarga la sfera d’influenza fino al saler-

— 28 — Il Movimento Cooperativo in Basilicata dall’Unità al Fascismo nitano, si concedono facilmente fidi, aumentano i capitali. Salgono in modo considerevole le richieste di credito. “Il nostro Portafoglio cambiario divenne più consistente. Mutui e fidi cambiarii furono concessi in più larga misura, mentre le esuberanze di cassa furono investite in titoli di Stato per maggiore garanzia dei depositi e per la facilità di liquida- zione in ogni momento, senza nes- suna perdita, essendo allora quasi stabile la quotazione di borsa. Si diede anche sviluppo ai fidi agrari e di com- mercio ammantati da speciali concessioni nel pagamento. Invero, per i fidi la Banca ha sempre richiesto tre firme di una certa idoneità e solvibilità, accor- dando innovazioni semestrali o quadrimestrali con tasso limitato specie per gli azionisti. Non sempre si è richiesta la decurtazione del capitale, si è con- sentito il pagamento dei soli interessi, quando le condizioni di crisi agrarie e di commercio vietavano la soddisfazione degl’impegni”36. L’azione positiva svolta dalla Banca popolare cooperativa di Pescopagano viene riconosciuta con l’assegnazione di una Medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Milano (1906). Nell’ottobre 1910, inaugurando l’agenzia di Melfi, affidata all’avv. Marco De Rosa, il presidente del Consiglio di amministrazione, cav. Michelangelo Pascale, sollecita le autorità intervenute a sostenere la Banca perché “quasi unico Istituto del genere fra tanti altri Istituti vicini o lontani che in questo Mezzogiorno d’Italia naufragano per leggerezze, per inesperienze e anche alcune volte per disonestà dei preposti ad essi”. Il 5 Marzo 1911, nel corso dell’assemblea generale ordinaria, il direttore dott. Giovanni Laviano, nella sua relazione, lanciando uno sguardo retro- spettivo, sottolinea con orgoglio il lavoro compiuto dagli amministratori della Banca operaia, entrata nel 28° anno di vita. La Banca piccola, com’è chiamata, concorre alla costituzione e all’incremento di opere di pubblica utilità, fa redigere progetti per impianto di illuminazione elettrica nell’abita- to di Pescopagano e per l’impianto di magazzini generali alla stazione ferro- viaria di – Pescopagano. Il risultato odierno, che vede un aumento

— 29 — N. Lisanti ragguardevole dei capitali effettivi (dal niente si è arrivati, il 31 dicembre 1910, al milione), fa onore al popolo che ha concorso a formarlo e dà ai diri- genti “l’ambìto compenso morale di essere stati creduti meritevoli della sua fiducia”37. Pertanto è necessario mantenere una condotta disinteressata, non delude- re le aspettative di coloro che esponendosi, per onore di cooperazione e di solidarietà, all’incertezza della perdita e del guadagno, conferiscono alla Banca la sua ragione di essere. Il 3 marzo 1912, il dott. Laviano, relazionando ai 37 azionisti riuniti in assemblea sull’esercizio 1911, ribadisce l’importanza dei risultati numerici conseguiti. Cioè ad un totale di 917.988 lire di attività dell’esercizio prece- dente si contrappone, in quest’ultimo, quello di 1.028.257,13 lire, vale a dire oltre centomila lire in più, dovuto ad un aumento dei depositi fiduciari e a 58 nuove azioni del capitale sociale. Ad un movimento generale di 6.391.009,00 lire del 1910 quest’altro più vasto di 7.351.510,00 lire. Ciò è, senza dubbio, un grande coefficiente di forza. Tuttavia lo scopo fondamentale della Banca è quello di cooperare all’elevazione delle classi più bisognose passando da un indirizzo di tipo speculativo ad un altro democrati - co. Molto spesso, infatti, le banche popolari, anche quando sono condotte coi più amorevoli intendimenti, esercitano il credito più a vantaggio proprio che dei clienti. Inoltre, dice ancora Laviano, la capacità degli amministratori non può essere misurata dalla quantità degli utili netti di un esercizio (tali utili, rispetto al 1910, si sono triplicati raggiungendo la somma di 17.551 lire). “Nulla sarebbe più falso di un giudizio basato sopra simili risultanze, le quali sono del tutto fortuite, e in cui, perciò, la nostra capacità e volontà non c’en- trano per nulla”38. Lo scoppio della prima guerra mondiale provoca un certo allarme nei depositanti. Ma le disponibilità di cassa e l’apertura ininterrotta degli spor- telli permettono di far fronte agli impegni e alle difficoltà del momento. Non si mira al conseguimento di utili, anzi si mantiene fermo il saggio di interes- si percepito in tempi normali. Si aiutano i contadini bisognosi di credito con piccoli prestiti; ed il Magazzino di attrezzi e di prodotti agricoli risponde “alla bisogna con vendite, non per contanti, ma a scadenza, di prodotti necessari alla coltivazione della terra”39. Dal conto perdite e profitti del bilancio relativo al 1915 si rileva anzi la parsimonia nelle spese e la serietà di gestione: qualità che elevano la stabilità e la continuità dell’Istituto.

— 30 — Il Movimento Cooperativo in Basilicata dall’Unità al Fascismo

Al 31 dicembre 1915 il bilancio si chiude così: attivo, lire 1.197.855,38; passivo, lire 1.188.831,65; utile netto, lire 9.023,73. Gli utili netti: agli azio- nisti (3,50 per azione), lire 3.517,50; alla riserva ordinaria, lire 902,37; alla riserva straordinaria, lire 2.000; a disposizione del Consiglio di amministra- zione, lire 2.603,8640.

3.4 Giustino Fortunato e la diffusione del credito mutuo Giustino Fortunato (1848-1932) è, con Luigi Luzzatti, uno dei promo- tori e propagandisti delle cooperative di credito e, come si è ricordato, prin- cipale artefice di quella creata nella sua Rionero. Convinto dell’utilità dei suddetti organismi soprattutto per i ceti più biso- gnosi, nel 1877, si preoccupa del fatto che essi non trovino molti seguaci nell’Italia meridionale. “Siamo ancora a capo della via –è bene confessarlo- quando gli altri ci pre- cedono di molto, e vanno liberi ed animosi verso l’avvenire; importa dunque sforzarsi a raggiungerli ora che è possibile, e studiar il passo con ogni lena, e rammentarsi che nelle imprese la cosa più ardua è cominciare”41. Ma quali sono le difficoltà che ostacolano la diffusione del cre d i t o mutuo nelle province meridionali? Esse si ricavano dal lucido interve n t o che Fo rtunato fa al terzo congresso delle Società cooperative di cre d i t o , tenutosi a Bologna nell’ o t t o b re del 1880. Sollecitato a parlare dal pre s i d e n t e Luzzatti e dal vicepresidente Pedroni, egli, nel sottolineare l’esistenza di due Italie in una e l’ i m p o rtanza del problema del Mezzogiorno (l’avvenire del paese è qui), afferma che nell’Italia meridionale, più cose si oppongono alla diffusione delle banche popolari: la mancanza di una clas- se dirigente ben costituita e dotata cultu- ralmente; la scarsezza di capitali e di risparmio; il difetto di ogni elementare nozione bancaria. “Date queste durissime condizioni, è c h i a ro che la propaganda del cre d i t o

Giustino Fortunato (da “La Basilicata nel mondo”, anno I, n. 2, 1924).

— 31 — N. Lisanti mutuo nelle province napoletane è, più che ardua, irta di pericoli: in un ambiente così fatto, una banca può essere un pretesto di consorteria politica, un’arma di partiti municipali, una maschera di associazione usuraia; in un paese così povero di energia, così povero di movimento commerciale, una banca può distrarre da più utili se non da più lucrosi impieghi –quello ad esempio dell’industria agricola– tutto quel po’ di danaro che si è raccolto a furia di privazioni; od anche può assor- bire, fin troppo, le attività nascenti e le iniziative private; o può, infine, troppo facilmente adusare al bisogno fittizio del credito –svisandone la natura– gli imprevidenti e gli uomini leggieri”42. Le previsioni del Fortunato si dimostre- ranno fondate. Nell’ultimo decennio del secolo le società cooperative di cre- dito e le banche popolari meridionali e lucane (da quella di Rionero alla “più democratica del Mezzogiorno”, quella di Barile), dopo lo slancio iniziale, non riescono più ad assolvere alla funzione specifica per cui sono nate. Esse, volen- do fare il passo più lungo della gamba, in gran numero falliscono. Ciò induce lo stesso Fortunato, che pure aveva riconosciuto la funzione positiva delle banche popolari, a dire nel 1898: “Le Banche popolari e non, sono state la nostra sciagura”43. Il carnevale bancario lascia una eredità di problemi ai quali, si cerca inva- no di dare una soluzione.

4. LA COOPERAZIONE DI PRODUZIONE E LAVORO A partire dagli anni Novanta, con il graduale sviluppo del movimento operaio e con l’organizzazione dei primi scioperi, sorgono in Basilicata anche parecchie cooperative di produzione e lavoro. Tali cooperative servono ai disoccupati per utilizzare al meglio le proprie capacità di lavoro e per garan- tirsi un reddito sicuro. Scrive Ettore Ciccotti: “Per noi le Cooperative di produzione hanno il vantaggio di riunire nella stessa persona il proprietario ed il lavoratore, di darci l’esempio di organi col-

— 32 — Il Movimento Cooperativo in Basilicata dall’Unità al Fascismo lettivi di produzione e rendere sempre praticamente più assurda la figura di un proprietario, come il semplice azionista, che non compie alcuna funzione utile nella produzione”44. Le prime cooperative di produzione e lavor o sono formate per lo più da muratori e braccianti e si prefiggono di assumere per conto proprio lavori pub- blici e privat i . Secondo i dati della ragioneria dello Stato gli appalti assunti dalle suddette co o p e r a t i v e (ci si riferisce soltanto a quelle legalmente costituite) negli anni dal 1889 al 1907 sono 15 per un volume di affari di 503.086,56 lire (pari allo 0,9% del totale). Nel 1902 si contano 17 cooperative di produzione e lavoro, delle quali, 5 iscritte e 12 non iscritte nel registro pre- fettizio. L’iscrizione in siffatto registro serve per concorrere agli appalti. Durante l’età giolittiana si ha un incre- mento delle cooperative di produzione e la vo r o45 . Tuttavia mostrano un maggiore dinamismo nell’assunzione di lavori delle pubbliche amministrazioni e dai privat i . Alcune cooperative, però, non rispondono alle condizioni previste dalla legge per l’i - scrizione all’albo pref e t t i z i o . Esse pres e n t a - no, infatti, una contabilità appros s i m a t i va , non tengono i libri prescritti dal Codice di “Il cartone n. 3” dell’Archivio della co m m e r cio, evidenziano irregolarità nel Società Stefano Johnson (da Onestà ri p a r to degli utili, non versano il capitale lavoro fratellanza, Lega Nazionale sociale e, talvolta, non hanno neppure un Cooperative e Mutue 1986. bi l a n c i o . Ciò comporta l’esclusione dalle gare d’a p p a l t o . Ma proviamo a delineare un quadro delle cooperative di produzione e lavoro esistenti nel periodo 1890-1899. Nel 1890 se ne costituiscono cinque. A Potenza abbiamo l’“Associazione cooperativa meridionale di produzione e lavoro” e l’“Associazione cooperati- va fra operai e sezioni d’arti”, a Lauria la “Società di costruzione e sezioni d’arte”, a la “Società costruttrice mandamentale” e a la “Società cooperativa fra operai, braccianti e sezioni d’arti”. La prima cooperativa è una società anonima a responsabilità illimitata ed ha

— 33 — N. Lisanti la durata di cinquant’anni. Lo scopo è di costrui r e, in Italia e all’e s t e r o, ferro- vie, strade, fortificazioni, opere di qualsiasi specie, compresi edifici pubblici e pr i v ati, e dare lavor o agli operai disoccupati. Le azioni sono di 20 lire46 . La seconda, diretta dall’avv. Pietro Errico, ha per fine quello di procurar- si lavori nel settore pubblico e privato. Le azioni sono di 100 lire ciascuna47. La terza, con un capitale di lire 30.000 e azioni da 12 lire ciascuna, ese- gue lavori stradali di ogni genere48. La quarta, il cui capitale è illimitato ed ha la durata di 15 anni, si prefig- ge di assumere lavori pubblici (edifici scolastici, strade, fognature), la costru- zione di cantine sociali cooperative, case economiche, bagni, ed anche la fab- bricazione di materiali da costruzione. Le azioni sono di 25 lire ciascuna. Possono essere soci i braccianti, i muratori, i falegnami i segantini, i selciato- ri di strade, i pittori, gli scalpellini, i tagliamonti, i carpentieri, i costruttori di calce, tegole e mattoni ed in generale tutti coloro che sono in grado di influire sullo sviluppo ed il buon andamento della Società49. La direzione è affidata al dr. Michele e al cav. Serafino Pistolese. L’ultima cooperativa, che ha come direttore Salvatore Vignola, funziona fino al maggio 1896, allorquando viene cancellata con decreto prefettizio. Nel 1891 viene fondata a Lauria un’altra cooperativa denominata “Soc i e t à anonima di lavori stradali ed edilizi tra operai e costrut t o r i ”. Essa è pres i e d u t a da Domenico Pittella e sarà cancellata con provv edimento del 4 dicembre 1899. Il 18 febbraio 1894 si costituisce ad Avigliano la “Società cooperativa di previdenza e lavoro fra i giovani artigiani e contadini”. Ne è presidente Vincenzo Accuosti. I soci appartengono alle seguenti categorie: sarti, calzo- lai, muratori, falegnami, scalpellini, manovali, segantini, fabbro - f e r r a i , armaioli e braccianti. Cessa di funzionare nel febbraio 1898. Nel biennio 1898-99 nascono, infine, a , la “Società ano- nima cooperativa di produzione e lavoro” e la “Società lucana anonima coo- perativa”. Esse eseguono opere pubbliche e private. Funzionano rispettivamente fino all’agosto 1902 e all’aprile 1907.

— 34 —