L'esperienza Ermeneutica Del «Verbum in Corde». Heidegger, Gadamer E Ricœur Interpreti Di Agostino

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L'esperienza Ermeneutica Del «Verbum in Corde». Heidegger, Gadamer E Ricœur Interpreti Di Agostino UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI VERONA DIPARTIMENTO DI FILOSOFIA, PEDAGOGIA E PSICOLOGIA DOTTORATO DI RICERCA IN FILOSOFIA CICLO XXIII TITOLO DELLA TESI DI DOTTORATO L’esperienza ermeneutica del «verbum in corde». Heidegger, Gadamer e Ricœur interpreti di Agostino Coordinatore: Prof. Ferdinando L. Marcolungo Tutor: Prof. Mario G. Lombardo Dottorando: Dott. Alberto Romele 1 INDICE INTRODUZIONE................................................................................p. 1. PARTE PRIMA. L’ESPERIENZA ERMENEUTICA DEL VERBUM IN CORDE. GADAMER INTERPRETE DI AGOSTINO...........................................p. 11. 1. LA NOZIONE DI VERBUM IN CORDE IN AGOSTINO........................p. 19. 1.1. Platone, Aristotele, i dogmatici e oltre..............................................p. 19. 1.2. La corrente giovannea...................................................................p. 28. 1.3. Agostino.....................................................................................p. 31. 1.4. Dopo Agostino.............................................................................p. 40. 2. GADAMER INTERPRETE DELLA NOZIONE AGOSTINIANA DI VERBUM IN CORDE..........................................................................................p. 42. 2.1. Uso strumentale di una nozione......................................................p. 42. 2.2. Una nozione pensata “fino in fondo”..............................................p. 45. 2.3. Una nozione davvero compresa.......................................................p. 48. 3. LA NOZIONE DI VERBUM IN CORDE IN GADAMER.........................p. 52. 3.1. La dimensione metafisica in Gadamer...........................................p. 52. 3.2. La dimensione religiosa in Gadamer................................................p. 57. PARTE SECONDA. L’ORIGINE DELL’ESPERIENZA ERMENEUTICA DEL VERBUM IN CORDE. HEIDEGGER INTERPRETE DI AGOSTINO...........p. 67. 1. LA MEMORIA E IL TEMPO SECONDO AGOSTINO........................ p. 71. 2. HEIDEGGER INTERPRETE DI AGOSTINO....................................p. 76. 2 2.1. L’ermeneutica originaria di Heidegger..............................................p. 77. 2.1.1. Il concetto di indicazione formale.................................................p. 80. 2.1.2. Il senso d’attuazione..................................................................p. 84. 2.1.3. L’ermeneutica della fatticità........................................................p. 88. 2.2. L’istanza ontologica.....................................................................p. 91. 2.3. Il cristianesimo delle origini...........................................................p. 97. 2.3.1. Interpretazione fenomenologica di Paolo........................................p. 100. 2.3.2. Heidegger interprete di Agostino.................................................p. 104. PARTE TERZA. GLI EFFETTI DELL’ESPERIENZA ERMENEUTICA DEL VERBUM IN CORDE. RICŒUR INTERPRETE DI AGOSTINO..............p. 117. 1. L’ALLEGORESI AGOSTINIANA...................................................p. 124. 2. RICŒUR INTERPRETE DI AGOSTINO........................................p. 132. 2.1. La prima riabilitazione del verbum in corde...............................p. 132. 2.2. Il rifiuto del verbum in corde...................................................p. 139. 2.3. La seconda riabilitazione del verbum in corde............................p. 148. CONCLUSIONE.............................................................................p. 168. BIBLIOGRAFIA...............................................................................p. 172. 3 INTRODUZIONE Sul portale nord della Marienkapelle di Würzburg si può osservare un rilievo del XV secolo raffigurante l’annunciazione1. Ciò che salta subito agli occhi è un tubo che, dalla bocca del Padre, discende dritto nell’orecchio di Maria, seduta e leggente. Lungo il tubo, che presso l’orecchio di Maria si fa colomba, scivola il piccolo Gesù. Questa rappresentazione non è la strana invenzione di un artista tardomedievale. Un certo privilegio dell’udito appartiene infatti alla tradizione cristiana2. È di Paolo l’idea secondo cui «la fede viene dall’ascolto e l’ascolto viene dalla parola di Cristo» (Rom. 10, 17). Lattanzio esortava a salvaguardare l’udito dal vizio più di 1 Cfr. JOSEF MARTIN, Die Empfängnis durch das Ohr, in Würzburger Jahrbücher für die Altertumswissenschaft 1 (1946), pp. 390-399. 2 Cfr. MARY CHARLES MURRAY, The image, the ear and the eye in early christianity, in Études des lettres Juillet-Decembre 1994, pp. 27-46. Secondo l’autrice la predilezione cristiana per l’udito non è chiara fino al VI secolo d.C. Molto più chiara è nella fide ex auditu protestante prima e nella critica al presunto visiocentrismo greco nella filosofia francese del Novecento dopo. 4 ogni altro senso poiché ci è stato donato per comprendere l’insegnamento divino1. Per Agostino, che nel libro X delle Confessiones parla delle tentazioni provenienti dai cinque sensi, è la vista a esporre l’uomo ai più grandi pericoli. Parlando dell’udito, invece, egli non si preoccupa dei discorsi corruttori, ma si sofferma, quasi a testimoniare una certa predilezione per l’ascolto, sulla musica, al fine di giustificarne l’uso liturgico2. Al centro della trama dell’Anticlaudianus di Alain de Lille si trova un viaggio. L’eroina, Fronesis o Prudentia, è l’anima umana nei suoi aspetti divini, la quale sale al cielo in un carro costruito da sette fanciulle, le sette arti liberali, per chiedere a Dio quale sia la forma dell’«uomo nuovo». Il carro è condotto da Ratio e trainato da cinque cavalli, che sono i cinque sensi. Il primo cavallo è la vista. Il secondo cavallo, meno bello e meno veloce del primo, è l’udito. Seguono rispettivamente l’odorato, il gusto e infine il tatto. Fronesis, giunta ai margini dell’universo, si chiede come continuare il viaggio sino alla luce al di là dei cieli. Una giovane fanciulla celeste corre allora in suo aiuto, le promette di condurla oltre, ma la esorta ad abbandonare il carro e a prendere con sé un solo cavallo, il secondo. Questo, che fino ad allora aveva galoppato, comincia a volare. L’udito, rispetto alla più nobile vista, ha una qualità distintiva, poiché è possibile ascoltare una rivelazione senza vederla3. Quasi un secolo dopo, così Tommaso scrive nel suo Adoro te devote, uno dei cinque inni eucaristici che egli avrebbe composto in occasione dell’introduzione del corpus domini nel 1264: «Visus, gustus, tactus in te fallitur, sed solus auditus tute creditur […] Plagas, sicut Thomas, non intueor, meum tamen deum te confiteor». La conceptio per aurem fa parte della stessa predilezione cristiana per la passività dell’udito. In fondo, si trattava di rispondere alla domanda fatta da Maria all’arcangelo Gabriele, così come si trova nel Vangelo di Luca (1, 34): «Come [πῶς in greco, quòmodo secondo la Vulgata] è possibile, visto che non conosco uomo?». Questa domanda non poteva certo essere dettata dall’incredulità della Vergine, almeno secondo la tradizione cristiana. Come afferma Ambrogio, essa non è indice di incredulità riguardo all’effetto, ma 1 Inst. or. VI, 21, 8. 2 JEAN WIRTH, Voir et entendre. Notes sur le problème des images, de Saint Augustin à l’iconoclasme, in Micrologus X/2002, pp. 71-86, p. 74. 3 PETER DRONKE, Le cinq sens chez Bernard Silvestre et Alain de Lille, in Micrologus X (2002), pp. 1-14, p. 12 5 espressione d’interesse riguardo alla maniera in cui l’effetto si è prodotto. Scatenata così l’immaginazione degli interpreti cristiani, questi hanno rappresentato l’evento secondo tre modalità principali: infusione di respiro, azione di raggi luminosi o suono che penetra l’orecchio. Di queste tre, solo l’ultima sembra essere stata forgiata direttamente sulle Scritture, senza riferimento a miti più antichi d’ingravidazione miracolosa. Già autori come Giustino, Ireneo e Lattanzio riconoscono un’antitesi tipologica tra Eva e Maria. Entrambe hanno rivolto l’orecchio alla persuasione della parola, del diavolo la prima, di Dio la seconda. Solo in un secondo momento, tuttavia, l’antitesi tipologica viene utilizzata anche per il concepimento di Cristo. Zeno, vescovo a Verona tra il 361 e il 371, dice che «con l’abilità delle parole il demonio aveva convinto Eva a lasciarlo scivolare nel suo orecchio […] e sempre attraverso l’orecchio Cristo entrò in Maria […]»1. Dopo Efraim, il teologo della chiesa siriana che fece dell’orecchio il simbolo mariano della fecondità attraverso la fede, la chiesa d’oriente, più sensibile alle eresie, si dimostrò cauta nei confronti della conceptio per aurem. In occidente, al contrario, il concepimento attraverso l’orecchio continuò a essere fiorente, anche grazie alla mistica renana. Bernardo di Clairvaux scrive che «l’angelo Gabriele venne inviato da Dio, in modo da far penetrare il Verbo nel ventre della Vergine attraverso l’orecchio»2. Numerosi sono i riferimenti alla conceptio per aurem nei sermoni e negli inni devozionali tra il tredicesimo e il diciasettesimo secolo, come è il caso di Walter von Vogelweide - dur ir ôre empfinc si den vil süezen -, o ancora di una versione francese del Gaude Virgo: Rejouyssez-vous, Vièrge, et Mère bienheureuse, Qui dans vos chastes flancs conçeutes par l’ouyr, L’Esprit-Sainct opérant d’un très-ardent désir, Est l’Ange l’annonçant d’une voix amoureuse3. Rabelais, forse per ironica opposizione al concepimento di Gesù attraverso l’orecchio (destro) di Maria, fa nascere Gargantua dall’orecchio sinistro della madre, poiché «nulla è impossibile a Dio e, se lui così volesse, tutte le donne da ora in
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