Antrocom 2006 - Vol 2 - n. 2 -63-73 Etnoarcheologia Culti arcaici dal paganesimo alla cristianità: tradizione e tracce archeologiche nell’entroterra savonese

CARMELO PRESTIPINO Isituto di Studi Liguri - [email protected]

Abstract. Nell’entroterra savonese sono ancora presenti le tracce, impresse nella roccia, di culti arcaici legati a molteplici divinità e, sovente, i segni della cristianizzazio- ne operata in seguito, ovvero di quel processo di assimilazione degli antichi miti nella mitologia cristiana. La loro presenza non permette di identificare e delineare con precisione le caratteristiche dei singoli culti, eppure lo studio archeologico di queste aree, in combinazione con lo studio della toponomastica, delle tradizioni popolari e di alcune fonti letterarie, può fornirci elementi preziosi per la ricostruzione, sebbene mai certa e definitiva, della mentalità arcaica delle popolazioni liguri montane.

Premessa L’uomo, sin dalla più remota antichità, ha ritenuto di vedere presenze sacrali nelle caratteristiche geologiche di un luogo, identificando nella particolare conformazione di una roccia o di un albe- ro, nella cima di un monte o in una sor- gente, quegli elementi suggestivi che erano sufficienti a scatenare in lui pulsio- ni fortissime, tali da giustificare l’esigen- za di identificare il luogo con segni del sacro tangibili e riconoscibili. Secondo questa concezione religiosa i passi montani, i guadi, le sorgenti, le cime dei monti o le delimitazioni territo- riali esigevano segni materiali di venera- zione:incisioni sulle rocce, costruzione di altari, raffigurazioni della divinità invo- cata, offerte alla stessa, sono atti che ci attestano una religiosità antica, spesso trasformatasi, in secoli più vicini a noi ed in ambito cristiano, in forme di supersti- zione o di devozione distorta. L'area della Valbormida - la zona delle rocce incise Aree privilegiate di queste manifestazio- ni furono senza dubbio le cosiddette terre alte, cioè quei luoghi in cui l’azione del- segni del sacro, quali le incisioni rupestri cia arcaica di una presenza di culti cele- l’uomo si arrestò, con l’abbandono delle e le rocce-, manufatti di chiara brati dalle popolazioni locali nelle loro attività tradizionali, in epoche abbastanza matrice antropica, le tracce di culti ance- terre alte, viste come luoghi deputati al recenti, senza completare quello stravol- strali e di rituali scomparsi. sacro e soltanto incidentalmente utilizza- gimento del territorio di cui ormai si Altre testimonianze rilevanti, purtroppo ti, in seguito, come luoghi di pascolo vedono tracce ovunque sia giunta la sempre più scarse per la progressiva (PRESTIPINO, 2002, 116). nostra civiltà. scomparsa dei testimoni, portatori di una In ogni caso queste molteplici tracce ci Le aree montane sono anche quelle che cultura di cui restano solo frammenti daranno indicazioni significative attorno più hanno il ricordo dei miti e delle tradi- labili, sono quelle fonti orali e folklori- alla possibilità di identificare almeno zioni del passato: lo scorrere del tempo in che: favole, leggende, tradizioni o rituali parzialmente i luoghi di culto arcaico queste comunità era legato alla tradizione di culto, che sono sopravvissute sino ai dell’uomo dei nostri monti; tra questi ele- orale ed ebbe una persistenza notevole. giorni nostri. menti le rocce incise sono state quasi Nelle terre alte i tempi dell’uomo nella La loro diffusione in terre ove fu preva- unanimemente riconosciute come appar- giornata lavorativa e nel ciclo delle sta- lente una attività di pastorizia, isolate ed tenenti alla sfera della sacralità, dappri- gioni, il genius loci di molti ambienti, non estranee all’agricoltura ed alle sue prati- ma pagana e successivamente, in alcuni furono sostanzialmente modificati per che, ci impone subito di interrogarci su casi, cristiana. migliaia di anni (MANNONI, 2003, 35). tale fenomeno, chiedendoci se conside- Quindi, utilizzando queste testimonianze Pertanto, attraverso le caratteristiche di rarli soltanto superficialmente legati ad come presupposto, occorreva affrontare, questi luoghi oggi negletti e dimenticati una cultura della pastorizia, oppure se in con la ricerca sul terreno abbinata ai si possono identificare, attraverso quei tutto ciò vi sia invece da cogliere la trac- metodi consueti dell’archeologia, la Antropos 2006 - 2 (2 ) CARMELO PRESTIPINO 64

complessa problematica delle presenze archeologiche o toponomastiche legate al sino a tempi recenti rituali e credenze di luoghi di culto arcaico nelle zone mon- culto di queste acque così significative. arcaiche risalenti all’età precristiana; la tuose dell’entroterra savonese, area di Infatti, la tradizione popolare conserva loro sopravvivenza non subì danni irri- competenza della Sezione Valbormida nella propria memoria leggendaria un mediabili durante la dominazione roma- dell’Istituto Internazionale di Studi ridottissimo patrimonio di miti o episodi na, che non si spinse in maniera invasiva Liguri e del suo staff di ricercatori. mitizzati; ancor meno visibili sono i in quelle aree montane e marginali; L’area indagata, ancora in esame per la segni di una possibile frequentazione di comunque va ricordato che i romani presenza di una notevole mole di indizi matrice protostorica. La causa prima di furono sempre tolleranti verso i culti significativi, si identifica con i bacini questo stato di cose va ricercato nella naturalistici che incontravano, talvolta delle tre Bormide; già questa prima sin- sistematica antropizzazione dei fondi facendoli propri ed adottandoli. golarità è degna di segnalazione: questi vallivi, che si avviò in maniera massiccia Proprio grazie alla cultura romana, ed tre fiumi, che scorrono in tre diversi sol- già nel sec. XI e che durò sino ai giorni alla sua grande capacità di tramandarci chi vallivi, portano tutti lo stesso nome, nostri cancellando ogni eventuale traccia memorie scritte, oggi noi possiamo chiaramente ispirato al dio ligure di un passato arcaico. cogliere qualche frammento di queste Bormo/Bormanus. A tutto ciò si sovrappose, a partire dalla antiche venerazioni; infatti vediamo La Bormida di trae origine poco metà del sec. XVII, un massiccio svilup- come Tibullo (54 - 18 a.C.) ci parli della sopra il paese omonimo; la Bormida di po di attività metallurgica, che ebbe il riverenza alle divinità della terra nella scaturisce sopra l’abitato di suo culmine nell’industrializzazione del sua elegia sui piaceri della vita campe- Bormida, ai piedi del monte Settepani e sec. XIX, con un notevole fenomeno di stre: del Melogno (i due massicci più alti del accentramento (sia materiale che intellet- NAM VENEROR SEUSTIPES HABE- territorio) mentre la Bormida di tuale) attorno a queste attività, con con- AT DESERTUS IN AGRIS sgorga nei prati sopra il paese seguente cancellazione dei miti e dei SEU VETUS IN TRIVIO FLOREA di per scendere poi in territorio ricordi del mondo rurale destinato ad una SERTA LAPIS: piemontese accogliendo a Bistagno le funzione marginale in questo contesto. ET QUOCUMQUE MIHI PONUM acque della Bormida di Pallare prima di Quindi fu quasi una scelta obbligata la NOVUS EDUCAT ANNUS gettarsi nel Tanaro. nostra attenzione per le aree meno antro- LIBATUM AGRICOLAE PONITUR La conformazione orografica delle tre pizzate, concentrando l’attenzione sulle ANTE DEO. valli è caratterizzata, nella loro parte alta, zone più impervie e dimenticate, dove Traducibile come: “Io venero (le divinità da profondi solchi vallivi contornati da potevano conservarsi ancora tracce di rappresentate) tanto da un solitario tron- rilievi di modesta altitudine ma di note- epoche lontane; l’ipotesi di lavoro su cui co di legno in aperta campagna, quanto vole acclività; in alcuni punti le valli si ci si mosse era semplice: la presenza di da una vecchia pietra posta in un croce- chiudono a stringere il fiume in una rocce incise o di luoghi segnati da leg- via, coronati da serti di fiori: e qualun- morsa di rocce che in antico precludeva- gende potevano essere state quei luoghi que frutto mi produce la nuova stagione, no la viabilità di fondovalle, imponendo in cui le popolazioni locali dedicavano lo offro come primizia alle divinità cam- l’utilizzo dei percorsi di crinale, peraltro alle loro divinità i culti dovuti, dove pestri”(FERRO, 2002, 51). Anche i culti più sicuri e congeniali ai viaggiatori sarebbe stato possibile riscontrarne le delle acque furono tramandati in forma medievali. tracce. scritta dal mondo romano, fu Seneca a Che questi fiumi abbiano condizionato in Ovviamente di tutto l’apparato cultuale scrivere: “Noi veneriamo la sorgente dei modo notevole la cultura altovalbormi- connesso al sito si sarebbe conservato grandi fiumi: altari segnano il luogo dese si può evincere da un piccolo signi- solo il segno inciso, perché più evidente dove un fiume è scaturito. Si onorano ficativo dettaglio: nei dialetti valbormi- e duraturo, mentre le tracce deperibili con un culto le sorgenti di acque termali. desi non esiste una parola specifica per sarebbero scomparse per degrado natura- Il colore cupo e l’insondabile profondità designare il fiume: mentre i corsi d’acqua le o per azione antropica successiva, ren- delle loro acque hanno conferito ad alcu- minori, siano essi perenni o stagionali, dendone impossibile l’identificazione. ni stagni un carattere sacro” (SENECA, assumono la forma dialettale di rìan A fronte di questa situazione avremmo 41, 3). (retano) o rìana (retana, come si legge potuto contare soltanto sull’indagine Da questi frammenti si evince come il negli antichi catasti) esso si definisce sistematica del territorio, sul rinvenimen- mondo romano si ponesse rispettosamen- soltanto con la denominazione dialettale to fortuito di un sito o sulle ultime te di fronte alle antiche venerazioni, di Bùrgna/Bùrmia ( a seconda dell’in- sopravvivenze di leggende o superstizio- lasciandole intatte ed anzi accogliendole flessione dialettale) forma dialettale che ni, utili per l’identificazione di luoghi di nella propria religiosità. designa il fiume Bormida, che è poi culto antico; infatti, queste leggende, o applicata a qualsiasi corso d’acqua. spesso anche le usanze tramandate dalla Pertanto un valligiano che volesse parlar- cultura pastorale, sono riconoscibili La cristianizzazione vi del fiume, in senso generale, vi parle- come tracce o frammenti di credenze o Con l’avvento del Cristianesimo i miti e rebbe di una Bormida, intesa come rituali provenienti dal più lontano passa- le pratiche religiose delle età arcaiche, “fiume” in senso lato. to, che ricompaiono, talvolta modificati dedicati alle acque, alle cime dei monti ed Questa singolare lacuna, che ha fatto sì ed elaborati, nella memoria degli anziani alle rocce, conobbero invece tempi duri: che i valligiani non sentissero il bisogno o in gesti compiuti dalle ultime comunità il Cristo non ammetteva altri simboli. di un termine specifico per citare un di pastori. Tuttavia i gesti ed i luoghi legati a culti fiume, non è l’unica: un’analoga situa- Il mondo chiuso delle terre alte, fermo arcaici furono rielaborati sulle basi della zione di assenza si è presentata, altrettan- nella propria cultura scandita da tempi nuova fede, in età altomedievale e to forte, nella conservazione di tracce lunghi e tramandata oralmente, conservò medievale, alla luce della nuova espe- 65 Culti arcaici dal paganesimo alla cristianità Antropos 2006 - 2 (2 )

rienza religiosa e mantennero comunque pure negativa; a ciò si aggiunga che gli Questo è il caso tipico dei megaliti e un loro vigore, paradossalmente proprio antichi dèi furono molto restii a scompa- delle rocce incise, che furono cristianiz- grazie alla pratica della cristianizzazione, rire: la gente delle campagne continuava zate con la sovrapposizione della croce; che involontariamente ne tramandò il ad essere affezionata alle proprie potenze in un episodio della vita di san Patrizio, ricordo sino a noi, non riuscendo a sradi- soprannaturali e misteriose. evangelizzatore dell’Irlanda, troviamo carne completamente la funzione. La lotta alle suggestioni degli antichi ben descritto il gesto cristianizzatore del Nell’ambiente naturale, a partire dal V culti idolatrici ebbe vari aspetti: a secon- Santo: egli percosse col suo bastone secolo, si inasprì la lotta agli idoli natu- da della formazione religiosa del santo pastorale la roccia in cui…si celava un rali, ultime tracce visibili degli antichi cristianizzatore si poteva assistere alla perfido demonio che dava responsi al culti e delle ideologie magico-religiose sovrapposizione del nuovo culto cristia- popolo… l’azione provocò la subitanea del più lontano passato; tuttavia il cristia- no sulle antiche presenze diaboliche, ele- fuga del dèmone e lasciò sulla pietra, ad nesimo, religione antimagica nella sua vandovi un edificio al nuovo Dio imperitura memoria dell’evento, l’im- essenza, conservava un involontario spi- (BERTUZZO et al. 1998, 27).In altri casi si pronta del bastone pastorale del santo, raglio che si aprì alle antiche magie: procedeva ad una radicale distruzione, ad cioè una croce incisa (O’ DUIGENNAINN, infatti, esso accoglieva l’esistenza di esempio il canone 20 del Concilio di 1940, 301). angeli e diavoli (MANSELLI, 1976, 293- Nantes del 658 ordinava: “[…] (si dispo- La traccia di un simile rituale cristianiz- 329). ne di:) rimuovere e gettare in luoghi dove zatore è presente sulla maggior parte Queste presenze, provenienti dalla men- non si possa più trovarle le pietre vene- delle rocce incise dell’entroterra savone- talità giudaica, aprivano una breccia rate nelle foreste o presso le rovine, se, a partire dall’area del Beigua per pas- all’interno della struttura ideologica cri- oggetto di falsità diaboliche sulle quali si sare a quelle valbormidesi e finalesi. stiana per le antiche religioni pagane: depositano ex-voto, candele accese ed infatti gli dei greco-romani ed i vari idoli altre offerte[…]” (ARCÀ & FOSSATI, Metodologie d’indagine naturali furono degradati al rango di 1995, 97). Partendo da questo complesso quadro demoni ingannatori, con i quali satana Naturalmente ciò non era sempre possi- preliminare abbiamo cercato di indivi- avrebbe potuto carpire la buona fede dei bile, sia per le dimensioni dei monumen- duare, attraverso l’interpretazione delle credenti (SEZNEC, 1940). ti di culto da convertire o cancellare, sia tracce archeologiche, delle fonti scritte Bersagli privilegiati degli evangelizzato- per le resistenze delle comunità locali, ed orali, della toponomastica dei siti e ri furono quindi le fonti, i boschi sacri, le affezionate ai propri antichi dèi; in tal dell’arte sacra medievale alcuni tratti cime dei monti e le pietre (dolmen, men- caso i santi ripiegarono sulla pratica della salienti dell’immaginario popolare, che hir e rocce incise) oggetti di culto che cristianizzazione del sito, cioé sulla spaziava dal fantastico al religioso sino al erano la più eloquente testimonianza riconversione dell’idolo pagano ad diabolico, tentando di localizzare poi i della presenza del maligno. Però que- oggetto di venerazione del nuovo Dio, luoghi di culto antico. st’azione distruttiva costringeva ad un sia attraverso l’apposizione di segni Una simile tematica coinvolge un oriz- involontario ma inevitabile riconosci- materiali (croci o edifici sacri) sia attra- zonte di ricerca pressoché illimitato, mento del culto pagano da estirpare, verso la modifica delle antiche credenze, spingendoci oltre l’archeologia per inol- restituendogli così una connotazione sia rielaborate in funzione della nuova fede. trarci nel campo del folklore, della reli- giosità e dell’arte, con implicazioni sociali e psicologiche tali da rendere il Croci di cristianizzazione su un masso-altare a Millesimo (SV) lavoro di una vastità impressionante; consapevoli di ciò abbiamo limitato il nostro studio ad alcune tematiche, parti- colarmente legate all’immaginario delle rocce incise, delle rocce ritenute megali- tiche, delle espressioni leggendarie che parrebbero legate ad alcune vicende cul- tuali, senza inoltrarci nel tema delle motivazioni profonde, di carattere magi- co-religioso, che ci porterebbero a scon- finare oltre i limiti materiali di questo lavoro. Emerge inoltre una difficoltà ad incasel- lare in uno spazio culturale ben preciso l’immaginario delle popolazioni rurali: quelle espressioni culturali che per noi moderni potrebbero essere interpretate come semplici elementi folklorici, dovrebbero invece considerarsi come inscindibili elementi di una profonda religiosità, sia essa identificabile nelle antiche religioni animistiche, sia in quel- la di successiva matrice cristiana. Antropos 2006 - 2 (2 ) CARMELO PRESTIPINO 66

La caratteristica e tormentata orografia dell’entroterra savonese, a cui si aggiun- ge una boscosità intensa, rende difficile localizzare ipotetiche tracce di culti, essendo in totale assenza di notazioni epigrafiche, toponomastiche e spesso anche archeologiche; le uniche tracce rimaste in sito sono le incisioni rupestri e qualche roccia dalle caratteristiche sin- golari. In particolare, la presenza di rocce cop- pellate o incise a figurativo, paiono esse- re gli unici indicatori rimasti di possibili luoghi di culto; a convalida di questa nostra valutazione ci sono due significa- tive testimonianze, in cui le rocce cop- pellate sono state riconosciute come luo- ghi di culto di età preromana: l’uno è il sito di Aosta, dove le presenze di coppel- le con canaletti e vaschette sono state associate ad un luogo di culto preromano (BAROCELLI, 1934, 53-59) l’altro si collo- ca a Montaldo di Mondovì, dove un’ana- Il bric Monmartino visto dalla rocca del Castellazzo (Biestro) loga identificazione è stata ipotizzata anche per le coppelle presenti in sito (GAMBARI & MANO, 1991, 29-33). venne assimilato a Giove e latinizzato; da do dall’estremo Ovest della dorsale Usando come indicatore analogico que- questa divinità, Pen=Poeninus, prese il (poco sopra le case della frazione ste due particolari situazioni cercheremo nome la catena montuosa degli Monmartino) estendendosi sino alla di ipotizzare, per le aree montuose val- Appennini (FRESCHI, 1975, 40). cima, posta a quota 670 m slm, altezza bormidesi dove le incisioni rupestri Anche molte cime della catena montuosa modesta, ma comunque tale da renderlo appaiono numerose, una valutazione appenninica ligure costiera parrebbero visibile da un’area vastissima della valle. attorno all’ipotetica esistenza di luoghi di essere state identificate come montagne Il massiccio del Monmartino è collocato culto arcaico. sacre: a levante del Savonese troviamo il infatti tra le valli di e di Pallare, le Monte Beigua, ricco di rocce incise e di cui popolazioni hanno usato, per secoli, il I luoghi di culto: luoghi di culto (PRESTIPINO, 1999) il cui valico della Colla come naturale collega- Biestro (SV) Bric Gazzaro (Monmartino) nome stesso propone una significativa mento, mentre un secondo valico, detto Un culto di cima? assonanza con un’altra cima delle Alpi Colla di Panfri (più malagevole ma non Che la solitudine delle vette dei monti Marittime: il Monte Bego, montagna meno praticato in antico) portava da fosse sede privilegiata degli dèi è un dato sacra agli antichi Liguri (DE LUMLEY, Biestro alla piana di . comune a molte religioni: basterà ricor- 1996), e l’Ingo, che venne identificato La zona è caratterizzata da un massiccio dare l’Olimpo, dimora degli dèi greci, o il come eponimo dei Liguri Ingauni affioramento di arenaria del periodo oli- Monte Meru della tradizione vedico-bra- (LAMBOGLIA, 1965). gocenico che, in molti casi, restituisce hamanica indiana, identificato oggi con Quindi è ragionevole pensare che le resti fossili di conchiglie e vegetali. la vetta del Kailash, nel Tibet occidenta- comunità delle aree circostanti i massicci Il pendio soleggiato del vasto anfiteatro le, meta dei pellegrini buddisti ed indui- montuosi della fascia appenninica indivi- naturale a ridosso della cima è stato ter- sti o, ancora, il Kun-Lun cinese da dove duassero sulle loro vette i luoghi di vene- razzato in modo grossolano dai contadini sarebbe disceso, secondo la leggenda, il razione delle varie divinità; ovviamente (rendendone illeggibili le condizioni più primo imperatore, per giungere alfine al ciò poteva accadere anche su cime mino- antiche) mentre il versante a Nord è ripi- Sinai, dove Mosè ricevette le tavole della ri, a ridosso degli insediamenti. do e del tutto privo di tracce antropiche; Legge. Questo concetto pare applicabile in modo le incisioni compaiono sui grandi affiora- Per restare in ambito più ristretto notere- particolare al Bric Gazzaro (definizione menti di marne che segnano la cima e sui mo che anche le popolazioni della catena IGM), comunemente noto, in sede locale, massi sparsi del versante a Sud, rimasti alpina avevano i loro dèi in cima ai col termine di Bric Monmartino, dove le in loco tra i terrazzamenti perché sarebbe monti, ne sono un esempio il tracce rimaste ci permettono di formulare stato troppo arduo rimuoverli; qui si sono Monginevro, antico Mons Matronae, l’ipotesi che la vetta fosse sede di culto conservate tracce di incisioni a coppelle dove si ritiene che si adorassero le per qualche ignota divinità locale. ed altri segni significativi (PRESTIPINO, Matronae, (AMMIANO MARCELLINO, XV, L’ipotetica area di culto del Monmartino 2004, 405). 10, 6) o il Gran San Bernardo, dove si si sviluppa complessivamente per circa L’accesso all’ipotetica area sacra pare venerava Juppiter Poeninus; qui il prero- 100 metri lungo la dorsale che porta alla segnalato, dal versante dei sentieri che mano dio Pen, signore della montagna, sommità, presentandosi con caratteristi- salgono al valico della Colla di Panfri, benevolo e temibile al tempo stesso, che profondamente differenziate, parten- da una grande vaschetta di circa cm 40 di 67 Culti arcaici dal paganesimo alla cristianità Antropos 2006 - 2 (2 )

Potremmo prendere ad esempio principe la singolare narrazione fatta dal nobile Sebastian Ilsung di Augsburg nel 1446, a proposito di una roccia situata a Finisterre, al termine del Camino de Santiago: “[…] vi è un alto monte ed il mare selvaggio da tutte le parti quando uno vi sale. Ed è alto mezzo miglio: qui si vede l’orma del piede di nostro Signore nella dura roccia e una fonte che egli ha fatto […]” (PLOTZ, 1999, 100). Evidentemente l’autore descrisse come opera divina ciò che era, probabilmente, una singolarità geologica del sito o una incisione pediforme; la narrazione di Ilsung attesta quindi, avvalorandola con la diffusione scritta, una ripetizione del meccanismo culturale usato secoli prima dai Celti, attribuendo il segno ad una ori- gine divina ed assimilandolo così nella cultura e nell’immaginario cristiano. Questo modello ci appare, ripetuto, in diverse sedi sparse ovunque Rilievo del Bric Monmartino con l'evidenza dei siti archeologici nell’Occidente cristiano, dimostrandone (elaborazione grafica di Luca Prestipino) la forza e la diffusione tra le popolazioni rurali; quindi incontreremo, a Sant’Anna di Vinadio, l’orma lasciata dalla santa diametro, (molto compromessa dall’ero- Valcamonica troviamo un’analoga asso- presso un santuario a lei dedicato sione che ne ha falsato la profondità, ma ciazione tra piede e cerchio (BERNARDINI, (BERNARDINI, 1975, 87), quella di san ancora ben riconoscibile) scavata sul- 1975, 114). Pietro accanto all’antichissima abbazia l’imponente affioramento roccioso che La definizione del significato di questi benedettina di San Pietro di Varatella incombe sull’itinerario del valico. segni è molto difficile, poiché non esiste (ACCAME, 1893, 46), per passare infine a La situazione presenta una forte analogia una chiara metodologia di lavoro su que- quella lasciata da San Martino presso la con quelle presenti a Finale, presso il sti simbolismi, però vi è da rilevare che il chiesetta a lui dedicata a Pareto (Sv) castellaro della Caprazoppa (PRESTIPINO, meccanismo interpretativo del simbolo (PAROLA, 1999, 168). 2002, 43), ed a Tramonti, lungo un anti- pediforme, da parte delle popolazioni In altri casi si trattò dell’impronta della co sentiero che attraversa un’area di locali, è uno dei casi più interessanti e Madonna, come nel caso di Equi, in Lunigiana; la stessa Vergine lasciò la sua rocce incise (CAVALLO, 1997, 38); risa- documentati dal punto di vista culturale. lendo il pendio oltre questo segno si Questa interpretazione passò attraverso orma a Cremenaga, nel Varesotto, infine citeremo il caso di Zelbio, nel Comasco, incontra poi un grande masso affiorante, un meccanismo culturale tale da genera- dove l’orma sulla roccia fu attribuita a sulla cui parete Sud fu incisa una coppel- re una varietà di leggende e racconti che, Cristo (GIUSSANI, 1900, 79). la che rimase incompleta, qui appaiono pur diversificandosi nel riferimento ai Naturalmente ognuna di queste attribu- netti i segni di un utensile metallico a protagonisti, rispondono ad uno stereoti- zioni è sostenuta da una leggenda in cui punta. po evidente e ripetuto nel tempo. si dimostrerebbe come la Vergine, o il Già il mondo celtico, a fronte dell’imma- Cristo o un santo cristianizzatore siano Monmartino: la roccia del piede gine di una presumibile orma incisa nella transitati sul luogo, di norma per l’evan- La prima traccia importante di questo roccia, evidentemente in età anteriori di gelizzazione delle genti del posto, ipotetico “santuario” di cima compare cui si era perduta la cognizione, la attri- lasciando impressa la propria orma sulla sull’estremo Ovest della dorsale, dove è buì al proprio eroe, il leggendario Cú roccia. ben visibile, su una grande piattaforma Chulainn, che secondo il mito, l’avrebbe Uno degli esempi più suggestivi è il caso naturale, un simbolo pediforme associato impressa sulla roccia posandovi il piede della pietra sacra della chiesa di Santa ad un cerchio; entrambe le figure sono nel corso di una epica lotta (AGRATI & Cristina a Bolsena: secondo la tradizione state incise a percussione con una punta MAGINI, 1982, 183). questa pietra lavica servì da coperchio al metallica (PRESTIPINO, 1982, 38). (foto 5) Da ciò possiamo ragionevolmente sup- sarcofago in cui riposava il corpo della L’incisione pediforme è particolarmente porre che già i Celti avessero perso la santa medesima, recuperato durante diffusa ed importante: è presente cognizione del significato autentico di un scavi eseguiti a Bolsena nel 1880; su nell’Haute Maurienne in Savoia (sul segno precedente la loro cultura; i cristia- questa lastra tombale sono visibili quat- Rocher aux Pieds, dove si trovano trenta ni attuarono poi lo stesso meccanismo tro coppelle congiunte, che la fantasia paia di piedi, al Termignon e al culturale, attribuendo i segni pediformi a popolare ha identificato come pediformi Laslevilland, dove queste figure sono vari santi, o addirittura alla Madonna o a e come impronte dei piedi della santa associate a coppelle) mentre in Cristo stesso. medesima. Antropos 2006 - 2 (2 ) CARMELO PRESTIPINO 68

In conseguenza di ciò la superficie della complessivo della manifestazione è reso ipotesi in campo, anche la funzione di lastra fu poi letteralmente levigata dai di difficile lettura a causa dell’azione contenitori di offerte, parrebbe probabile, fedeli che sfioravano la superficie stessa degli agenti atmosferici che hanno alte- anche in considerazione di situazioni cul- in segno di devozione (LEONARDI et al., rato l’originaria fisionomia dei segni tuali tuttora riconoscibili, come quelle 1998, I, 495). Appare abbastanza chiaro, (dobbiamo tenere sempre ben presente la ancora presenti nel cimitero di San nei casi sopra citati, un meccanismo di possibilità che da tale tipo di roccia si Candido, in Alto Adige, dove tutte le cristianizzazione del segno pediforme possano staccare degli inclusi, di solito tombe recano una vaschetta coppellifor- attraverso una attribuzione a figure di forma arrotondata o ovoidale, che me, o addirittura una coppella incisa importanti della nuova fede, cancellan- possono lasciare segni equivocabili con sulla lastra di marmo, dove tuttora i done così la valenza di età anteriore. coppelle), tuttavia la presenza di una parenti del defunto versano un poco d’ac- Quindi appare evidente l’importanza di vaschetta rettangolare e di altre coppelle qua benedetta prelevata dal fonte all’in- questo simbolo, che fu notato, ricono- a forma perfettamente circolare prova in terno della chiesa cimiteriale sciuto e reintepretato dalle popolazioni maniera certa che si tratta di segni antro- (PRESTIPINO, 2001, 27). locali; nel caso del pediforme del Bric pici e non naturali. Quindi sarebbe tuttora attivo un rituale di Monmartino non si hanno però connes- Ai piedi dell’affioramento di cima, su un offerta al defunto; nel nostro caso esso sioni leggendarie, che potrebbero essere grande banco affiorante, è stata scavata sarebbe stato oggetto di cristianizzazio- scomparse con gli ultimi vecchi che furo- una vaschetta di grandi dimensioni (cm ne, come dimostrerebbe l’uso di acqua no depositari delle leggende locali; ma va 40 di diametro) ben riconoscibile benché benedetta. sottolineato anche che il segno in que- fratturata dall’azione delle radici di una Che rituali di offerta o divinazione possa- stione giaceva ricoperto da un massiccio quercia, a circa m 2 da questa grande no essere stati associati alle coppelle ci strato di terra e fu recuperato solo dopo vaschetta è visibile una seconda escava- pare documentato anche in età romana, un lungo lavoro di ripulitura della roccia zione simile, di circa cm 12 di diametro, come attesterebbe una iscrizione latina medesima; l’unico indizio che condusse contornata da una sequenza di coppelle presente sulle pareti del santuario rupe- alla sua scoperta furono i numerosi segni di dimensioni minori; il tutto è protetto stre di Panoias, in Portogallo, che recita cruciformi (croci cristiane) incisi sulla da un masso che vi si sovrappone, testualmente: parete frontale della piattaforma, sugge- lasciandone scoperta solo una parte visi- HUIUS HOSTIAE QUAE CADUNT rendo così l’ipotesi di ulteriori scoperte bile (PRESTIPINO, 2004, 406). HIC IMM(ol)ANTUR EXTRA INTRA con la ripulitura della roccia e l’indagine Spostata l’attenzione, verso Ovest, sul QUADRATA CONTRA CREMANTUR completa. banco roccioso affiorante, si scopre - SAN(gu)IS LAC(i)CULIS (iuxta) Accanto alle incisioni del piede e del cer- un’altra simile vaschetta, totalmente SUPERFU(ndi)TUR” traducibile come: chio compare, molto corrosa, una ricoperta dal terriccio di dilavamento, di “Qui sono consacrate agli dei le vitti- sequenza di coppelle allineate a modulo circa cm 12 di diametro. me che vi vengono abbattute: le loro ed associate ad altri segni meno definibi- La sistematica escavazione della interiora vengono bruciate nelle vaschetta grande non ha prodotto risulta- vasche quadrate e il loro sangue si dif- li; la loro presenza propone una forte ti significativi, tuttavia va evidenziato fonde nelle piccole vasche circostanti”; analogia con moduli simili presenti sulla che il materiale di riempimento della è utile ricordare che il sito di Panoias Pietra Scritta del Monte Beigua e soprat- stessa, era formato da terriccio di dilava- presenta una sequenza di grandi vasche tutto con una complessa istoriazione mento in superficie, per uno spessore di e gradini di accesso, oltre che coppelle (anche questa con la presenza del cer- circa 30 cm, ma si differenziava netta- collegate da canaletti (ARCÀ & chio) di recente scoperta sul versante Est mente negli strati inferiori, dove compa- FOSSATI, 1995, 98). ed in fondovalle del Bric Monmartino, riva solo sabbia fine, evidentemente rico- Considerando con le dovute cautele attualmente in studio. noscibile come arenaria locale, quindi l’ipotesi che lo stesso schema mentale e Tutta l’area interessata da questa manife- dello stesso materiale litico in sito; non si comportamentale della popolazione che stazione appare poi come delimitata dalla riscontravano tracce di inclusi, sassi o frequentava Panoias possa essere appli- presenza di due coppelle, profondamente altri materiali; l’analisi dei pollini nello cato anche a popolazioni Liguri, ci pare incise in modo molto regolare e con un strato potrà forse offrire qualche indica- possibile che qualcosa di simile possa utensile utilizzato probabilmente a rota- zione, ma le indagini sono ancora in essere accaduto anche sul Bric zione, poste ai due estremi su affiora- corso. Monmartino. menti presenti sul costone medesimo. Così com’è ancora incompleto il censi- Ma le rocce coppellate di cima non sono mento ed il rilevamento delle coppelle l’unico indizio di azione antropica a Monmartino, la cima: presenti sulla cima, poiché l’enorme scopo cultuale: ai piedi di queste rocce, coppelle e masso-altare numero delle stesse, oltre che la difficol- sul versante Sud e poco sotto la cima, è Lasciate alle spalle la roccia del piede e tà di identificarle con sicurezza, impon- stata collocata una gigantesca piattafor- la coppella che delimita, ad Est, l’area in gono un lavoro di lungo periodo. ma di arenaria, larga m 2,10 e lunga m questione, e risalendo verso la cima La presenza di un notevole numero di 2,80 con spessore di circa m 0,80, pog- noteremo che gli affioramenti, in arena- coppelle, collegate con canaletti o isolate giante sul banco di roccia nella parte ria a banco e di grandi dimensioni, si sulle piattaforme rocciose della cima ci posteriore, mentre la parte anteriore è presentano fittamente coppellati con induce a ritenere, con un ragionevole sostenuta da un affioramento naturale su coppelle dal diametro variabile tra i 4 ed margine di possibilità, che il sito fosse cui è stato inserito un grosso ciottolo i 15 cm; la profondità non supera quasi interessato da culti a cui erano connessi spezzato e collocato in funzione di stabi- mai i 6 cm e molte di queste coppelle gesti di offerta o gesti propiziatori: che le lizzatore della piattaforma medesima sono collegate da canaletti; il quadro coppelle possano aver avuto, tra le altre (PRESTIPINO, 2002, 406). 69 Culti arcaici dal paganesimo alla cristianità Antropos 2006 - 2 (2 )

In alto. Cima del Monmartino, probabile masso-altare

In basso. Dettaglio dell'appoggio del masso-altare

nevole. Perciò, in considerazione di tutte le diffi- coltà interpretative legate alle riserve che è doveroso valutare, riteniamo che in questa fase di indagine sia opportuno ten- tare soltanto una valutazione preliminare della situazione complessiva partendo soltanto dai segni incisi ed affidando a futuri approfondimenti con scavi archeo- logici una definizione più certa della datazione del sito. Quindi, partendo dai segni incisi nel sito della roccia del piede, ed adottando come parametro una comparazione ico- nografica dei segni (che comunque va accolta anch’essa con cautela, poiché non è provata la coevità di segni analo- ghi) partendo dallo schema di coppelline allineate a modulo: questo schema è stato ritenuto di possibile datazione neo- litica (GAMBARI & MANO, 1991, 29) però segni pediformi associati a coppelle sono stati trovati su un lastrone di una tomba del VII-VI secolo a.C, apparte- nente alla cultura di Golasecca, spostan- do ovviamente la datazione del comples- so di segni incisi ad epoche più recenti (FUSCO & MIRA BONOMI, 1970, 153- 160). La presenza di segni cruciformi, inequi- vocabilmente croci cristiane, incisi sulla parete frontale della roccia induce a rite- nere che il sito fosse ancora noto in età medievale e sia stato oggetto di cristia- nizzazione. Quindi la roccia del piede appare di diffi- cile datazione, anche se certamente data- bile in età preistoriche, ma di sicura fun- zione rituale, poiché il segno di cristia- nizzazione ne denuncia una funzione di luogo deputato ad un culto pagano. L’orientamento di questo rudimentale tà venerate nel sito, così come resta La cima del Monmartino appare invece balcone artificiale sporgente sulla valle è incerta la datazione del complesso; in ben riconoscibile come luogo di culto di in direzione SSE, cioè rivolto verso la assenza di elementi archeologici pro- cima, dove il grande masso-altare appare valle sottostante; sulla superficie liscia banti. come segno di maggiore evidenza per le della piattaforma appaiono due piccole Unico indizio di frequentazione: l’inda- tracce di una celebrazione cultuale; resta coppelline isolate. La sistemazione inten- gine di superficie dell’area della Colla di aperta ed irrisolta la datazione dei due zionale del masso, del peso stimato di Panari ha portato al rinvenimento di siti, che non paiono però coevi, di cui circa 90 quintali, è inequivocabile e ci ceramica arcaica d’impasto grezzo, uno (la roccia del piede) è stato oggetto porta a ritenere che esso assolvesse alla ancora da datare sia per la modesta di cristianizzazione. funzione di rudimentale altare, su cui è quantità che per le sue caratteristiche, Tutto ciò rende però evidente che la cima lecito presumere si sviluppassero i rituali nonché una piccola lamina di bronzo, della collina del Monmartino è stata del sito o su cui gli abitanti del luogo ben conservata ma di difficile interpreta- oggetto di attenzioni da parte dell’uomo ponessero offerte. zione, quindi insufficiente a rendere pos- avvalorando l’ipotesi che essa fosse rite- Restano imprecisate le ipotetiche divini- sibile una datazione ipotetica, ma ragio- nuta sacra dalle popolazioni locali. Antropos 2006 - 2 (2 ) CARMELO PRESTIPINO 70

Il Monte Settepani - un culto del quello analogo in uso, per il 26 luglio Lasceremo però il campo delle sugge- fuoco e di cima festa di S. Anna a Plodio (Sv); in que- stioni per addentrarci in quello delle trac- Un’altra area allo studio, che ci ha per- st’ultimo caso noteremo che si tratta ce documentarie: noteremo, infatti, che il messo di formulare l’ipotesi che essa della festa presso una cappella di valico rituale dei falò di sant’Antonio da fosse collegata a culti delle vette (in que- inserita in un contesto di rocce incise con Padova anticipava di nove giorni il solsti- sto caso associati al fuoco e rimasti nella attribuzioni leggendarie (PRATO & zio d’estate, mentre il tradizionale falò di tradizione popolare sino a tempi molto PRESTIPINO, 1982, 7). S. Giovanni era anticipato di undici gior- recenti) si può trovare sulla vetta del La ricostruzione del rituale appare quindi ni; inoltre vi è da sottolineare che la cele- monte Settepani, che sovrasta la valle di ormai ipotetica, mentre l’indagine sulle brazione di anticipa di soli due Osiglia (Sv). tracce archeologiche paiono invece un giorni la commemorazione di san Il massiccio montuoso domina il territo- po’ più solide e rilevanti: infatti, oltre alle Bernardo da Mentone, detto anche San rio valbormidese e dalla sua cima, a m ovvie tracce di combustione sulla piatta- Bernardo d’Aosta, santo che diede il 1385 slm, si gode di una vista panorami- forma di cima della rocca dei falò, si nome ai due grandi passi alpini ca che si spinge sino alla catena alpina da sono localizzate, sulle pareti della stessa, (GATTIGLIA & ROSSI, 1984, 155). un lato, alla Corsica dall’altro ed alla numerose tracce antropiche significative. La figura di San Bernardo da Mentone è vista della cima del Beigua sul lato occi- Infatti, su queste pareti verticali sono ben nota per la sua lotta ai culti pagani in dentale; la montagna è caratterizzata da incise alcune coppelle di grandi dimen- area alpina, proclamato santo degli alpi- ripide pendici su cui compaiono massic- sioni, che parrebbero dei segnavia per la nisti nel 1923 da papa Pio XI, egli è stato ci affioramenti rocciosi, accompagnati cima o dei segnali di delimitazione di ritenuto l’intercessore per le malattie che spesso da imponenti frane di detriti un’area ritenuta sacra; segni analoghi colpiscono i poveri ed il loro bestiame; a lasciati dall’azione degli agenti atmosfe- appaiono in Val di Susa, su una grande convalidare la sua influenza sull’ambien- rici nel corso dei millenni; questi affiora- roccia nel comune di Borgone, presso la te della pastorizia basterà ricordare che la menti furono identificati dai pastori con frazione di S. Didero, dove si trovano sua commemorazione segnava, nell’am- toponimi legati alle loro caratteristiche associati ad un bassorilievo di età roma- biente alpino, l’inizio della transumanza orografiche o a fatti particolari, così è na a testimonianza di un culto che degli armenti (PRESTIPINO, 2002, 120). riconoscibile la rocca cùrma, cioè quella sopravvisse nel tempo (DORO, 1984, 43). Questa singolare serie di coincidenze roccia che si trova al colmo dell’ascen- Qui non si rilevano tracce di possibile potrà avere spiegazione solo dopo ulte- sione, la rocca dei Francesi, (ovviamen- datazione, però si nota, risalendo verso la riori approfondimenti legati ad una più te legata alla memoria dell’invasione cima sulla parete strapiombante sulla ampia casistica sugli eventi legati alla francese del 1794) ed infine, significativa valle, una grande piattaforma collocata a pastorizia arcaica, però ci pare che il per la nostra indagine, la rocca dei falò. balcone e sostenuta da una elaborata tutto si inserisca in un contesto cultuale In questo caso il nostro percorso di inda- struttura di piccole pietre. legato a questo ambiente e si ispiri ad gine si snoda dal passato più prossimo, Ad un esame superficiale si nota subito epoche lontane, con solide connessioni al con la identificazione della tradizione dei che la costruzione è opera antropica e culto delle cime. falò di san Giovanni, ampiamente diffusi non casuale, come dimostra l’accurata Resta evidente, infatti, la traccia di una in area valbormidese, per rintracciare poi collocazione di pietre a secco di conteni- riconversione al culto cristiano di un segni materiali del culto di vetta. mento, però è del tutto priva di coerenza rituale legato a culti di cima ed antichi Infatti, è noto che, sino agli anni se si esamina la sua funzionalità concre- miti pagani; in questo caso assistiamo ad Cinquanta del secolo scorso, i pastori ta: infatti, se si volesse ritenere utile una duplice rielaborazione della mitolo- osigliesi salivano in vetta dove, la sera come punto d’osservazione del territorio gia legata a questa cima, compiuta dap- del 13 giugno, vigilia della celebrazione sottostante, si dovrebbe superare la pale- prima convertendo un antico culto delle di Sant’Antonio da Padova, accendevano se contraddizione di un punto d’osserva- cime ad un santo cristiano, quel dei grandi falò attorno a cui vegliavano zione che ha forti limitazioni visive a Sud sant’Antonio abate ritenuto ovunque tutta la notte. ed a Est, facilmente superabili invece come protettore delle greggi e degli È arduo oggi ricostruire i gesti ed i modi restando comodamente in vetta con una armenti (LEONARDI; RICCARDI & ZARRI, del rituale del falò del Settepani, però è visione a 360 gradi; inoltre va ricordato I, 1998, 176). assai probabile che, accanto alle fiamme che la frequentazione del Settepani era Al santo protettore era dedicata anche la che rischiaravano la notte estiva, risuo- limitata, per motivi climatici, ad un chiesetta nel paese dove si celebrava la nasse il muggito cupo della conchiglia periodo che andava dalla primavera inol- festa di Sant’Antonio abate e, in estate, marina usata dai pastori per richiamare la trata sino ai mesi autunnali, cioè in quella di sant’Antonio da Padova; assi- protezione dello spirito della montagna momenti in cui la folta vegetazione a fag- stiamo quindi ad una singolare commi- (sostituito dal santo cristiano) sulla geta della montagna avrebbe reso del stione tra le due figure: infatti, il nuovo comunità supplicante e celebrante tutto inutile un simile osservatorio. culto ebbe una rielaborazione succcessi- (PRESTIPINO, 2003, 63). Esclusa la sua funzione di vigilanza sul va per ovvi motivi climatici (era impro- Non abbiamo certezza di ciò, poiché gli territorio sottostante, resta solo la possi- ponibile salire il 17 febbraio sul ultimi testimoni della celebrazione sono bilità che essa avesse una funzione lega- Settepani) con la celebrazione dell’omo- ormai scomparsi, ma ricorderemo che il ta al culto di cima, ed è suggestivo nimo santo da Padova, che cadeva, come rituale del suono del corno, o della con- (anche se certamente indimostrabile) già detto, il 13 giugno, momento che per chiglia marina, è giunto sino ai giorni ritenere che fosse in funzione di luogo l’ascensione in vetta e l’accensione dei nostri, come dimostra il rituale del corno atto ad accogliere offerte, o come altare falò era certamente favorita dalle condi- a (Sv), dove si usa ancora per destinato all’officiante che suonava la zioni climatiche (PRESTIPINO, 2000, 59). chiamare marzo (BARBERIS, 1988, 77) e conchiglia marina. Una ulteriore traccia di cristianizzazione 71 Culti arcaici dal paganesimo alla cristianità Antropos 2006 - 2 (2 )

In alto. La voragine dell'Armarossa in basso. Armarossa, dramme massaliote

di cima si coglie anche in un dipinto di epoca sei-settecentesca in cui l’anonimo pittore, nel raffigurare la cima, vi pone tre croci infisse (NOBERASCO, 2001, 278). Però è doveroso considerare che la collo- cazione di croci sulle cime dei monti e sui passi montani era molto diffusa anche nel sec. XVIII, quando la croce aveva funzione di segnale di confine ma anche di protezione contro le calamità naturali; ne è prova una delibera del Comune di Bagnasco nel 1717: “per evitar danni, che possano esser causati dalle tempeste d’hora in avvenire sopra il territorio di questo luogo sarebbe bene far piantare una croce di legno munita di sante reli- quie in loco più eminente della regione delle Strechie come anche di far accomo- dare la croce che si ritrova piantata nella regione della Boscaregna” (PRESTIPINO, 2005, 368). Il che ci dimostra che le croci di cima in quell’epoca non avessero più funzione cristianizzatrice, ma servissero solo come protezione del territorio sottoposto alla loro giurisdizione; però, andando oltre questa considerazione, noteremo che nel caso della cima del Settepani è presente una specie di piccolo Calvario dove, accanto alla croce del Cristo, appa- iono anche le altre due dei suoi sfortuna- ti compagni. Poiché l’ignoto pittore aveva dipinto altre croci singole sulle vette circostanti, pensiamo di poter escludere che si tratti di una licenza pittorica, ma si tratti inve- ce di un rappresentazione veristica della situazione in loco; è possibile che la cima conservasse, nell’immaginario popolare, profonda voragine naturale, provocata gresso dell’antro (SCAVINO, 1973, 85). una memoria oscura di cui si doveva dalla fratturazione verticale dovuta forse In questa rappresentazione leggendaria ci esorcizzare il ricordo? Per ora non vi è a qualche antico movimento tellurico. parve di poter cogliere indizi importanti: risposta. La voragine in questione sarebbe stata, l’esistenza del mostro e l’obbligo del tri- secondo la leggenda, la dimora di un ter- buto ci proiettavano verso l’ipotesi di un : il basilisco dell’Armarossa, ribile basilisco: il mostro usciva annual- culto prestato ad una divinità oscura del un culto della terra mente dal suo antro per chiedere alla profondo, cui occorreva propiziarsi il comunità locale il tributo di una fan- favore ed evitarne le ire. La sua uccisio- L’ultimo interessante elemento di culto che cercheremo di inquadrare è stato ciulla che - abbandonata davanti all’an- ne ricordava alquanto la quattrocentesca identificato passando attraverso la verifi- tro - non sarebbe più stata ritrovata; rappresentazione di san Giorgio che ucci- ca di una traccia leggendaria, legata alla ovviamente ciò finì quando un baldo de il drago in presenza di una principes- tenebrosa presenza del mondo sotterra- giovane del luogo affrontò il mostro sa, allegoria della vittoria del santo in neo: a Murialdo (SV), al sommo di una tendendogli una trappola ed uccidendo- presenza delle Chiesa, che ci riconduce poderosa parete verticale alta circa 50 lo per difendere l’amata, destinata al ancora una volta alla lotta vittoriosa con- metri, che sovrasta l’antica ed oggi disa- sacrificio; la morte del terribile anima- tro culti pagani. bitata frazione dell’Armarossa (citata le provocò, secondo la scintillante fan- Però, sfrondata la leggenda dall’immagi- erroneamente come Alinarossa nella tasia del narratore, una serie di crolli nario, occorreva andare in cerca di rispo- nuova cartografia regionale), si apre una paurosi che ostruirono per sempre l’in- ste atte a sostenerne la veridicità; infatti, Antropos 2006 - 2 (2 ) CARMELO PRESTIPINO 72

occorre ricordare che mostri, serpenti e giati nel tempio”, la precarietà dell’esi- FERRO A. 2002. Ceva e la sua zona. Ed. Comune di draghi vari erano patrimonio diffuso stenza ed il timore dell’ignoto, rappre- Ceva, Vicoforte. nella favolistica di età antica, da spende- sentato dal buio degli antri terrestri, spin- FISCHETTI F. P. 1986. Note a margine del I Convegno Internazionale di Arte rupestre. re nelle lunghe serate di veglia nei secca- se quell’uomo ad offrire alla divinità Torri del Benaco, 1985, Ed. Antropologia toi della valle. oscura la sua offerta, quale fosse la defi- Alpina, Torino. Durante le ricognizioni si ebbe però la nizione di questa entità ci è ignoto, ma ci FRESCHI A. 1982. I culti preromani delle Alpi prima avvisaglia di una traccia che ren- pare plausibile pensare che anche l’uomo Occidentali e la Valle d’Aosta. Atti del deva verosimile l’esistenza del mostro che gettò la moneta nella voragine Congresso sul bimillennario di Aosta, Ed. nell’antro: una piccola nube di vapore, dell’Armarossa abbia agito rispondendo Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera. effetto dell’aria moderatamente più calda allo stesso impulso, tentando così di FUSCO V. & MIRA BONOMI A. 1970. Menhir nella di quella esterna in periodo invernale, ingraziarsi la divinità infera che dimora- cultura di Golasecca, zona occidentale. saliva dalle viscere della terra; quindi la va nell’antro. Sibrium, X, Como. memoria popolare che ricordava l’alito GAMBARI F. M. & MANO L. 1991. “Le incisioni caldo del mostro aveva una conferma Conclusioni rupestri di Montaldo: analisi culturale ed ipote- si interpretativa”, in MICHELETTO E. & scientifica. Alla luce degli esempi di indagine propo- L’indizio era significativo e poteva dare VENTURINO GAMBARI M. (a cura di). Montaldo sti, a carattere interdisciplinare e con il di Mondovì, un insediamento protostorico. Un veridicità alla leggenda, ma la svolta si costante supporto di una sana dose di castello. Quaderni della Soprintendenza ebbe quando, sui bordi della voragine, si prudenza nel trarre conclusioni, ci pare archeologica del Piemonte, Torino. rinvennero due piccole dramme d’argen- ragionevole concludere che il territorio GAREA M. 1965. Il dio Begu. , Firenze. to, probabilmente destinate ad essere lan- dell’entroterra savonese ospitasse nume- GATTIGLIA A. & ROSSI M. 1984. Aspects de la reli- ciate nella voragine e, per un fortunato rose e diversificate presenze di culti, pre- giosità populaire des Alpes occidentales: les culte de Saint –Bernard de Menton. errore di mira, cadute sui suoi bordi. stati alle più varie entità, che hanno Il rito d’offerta al mostro trovava quindi Caesarodunum, Bulletin de L’Institut d’Etudes lasciato talvolta le loro labili tracce di Latines et du Centre de recherches A. Piganiol, conferma in quei due piccoli preziosi difficile lettura. n. XIX, Tours. reperti; si tratta infatti di due dramme I pochi esempi sopra citati ci dimostrano GIUSSANI A. 1900. Antichità zelbiesi. Rivista d’argento d’imitazione massaliota, del come sia possibile, percorrendo le strade Archeologica Comense, fasc. 51, Como. peso di tre grammi ciascuna, sulle cui dell’archeologia, della ricognizione in GREEN M. 1991. Le divinità solari dell’antica facce appare la raffigurazione del leone sito, della toponomastica e delle leggen- Europa. Ed. ECIG, Genova. marciante verso destra, sovrapposta dalla de popolari, avvicinarci a simili manife- LAMBOGLIA N. 1965. L’Alta Val Bormida in età romana. Rivista Ingauna e Intemelia, anno XX, scritta “Massa”, mentre sull’altra faccia stazioni, pur essendo ben consci della di una delle due monete è tuttora visibile Ed. Istituto Internazionale di Studi Liguri, pratica impossibilità di risposte certe e Bordighera. il volto di Diana, parzialmente cancellato definitive, ricostruendo quindi la menta- LEONARDI C.; RICCARDI A. & ZARRI G. 1998. Il dall’erosione superficiale. lità arcaica delle popolazioni liguri mon- grande libro dei Santi. Ed. S. Paolo,Torino. La datazione di queste monete è appros- tane. MANNONI T. 2003. Problemi esistenziali e cultura simata al sec. II a. C., per cui è probabile materiale dei Liguri. Quaderni della biblioteca che il gesto votivo risalga a quel periodo della Montagna “Francesco Biamonti”, ed. Bibliografia (GORRINI, 2000, 33). LASA, . CCAME A P. 1983. 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