Casalnuovo Di Napoli
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Casalnuovo di Napoli Casalnuovo di Napoli è un comune di oltre 50mila abitanti in provincia di Napoli, istituito con Regio Decreto 25 febbraio 1929, n. 316, per scorporo dal Comune di Afragola. Il centro abitato sorge sulle rovine di Archora, uno dei villaggi dai quali aveva tratto origine la città di Afragola. Nel 1484 Angiolo Como ebbe in concessione da Ferdinando d'Aragona il territorio delle rovine del villaggio, su cui sorse un nuovo abitato. Questo fu riconosciuto quale casale della diocesi di Napoli con il nome di Casalnuovo. Con la riforma urbanistica di Gioacchino Murat, i casali di Casalnuovo e Salice, insieme con il casale di Arcopinto (zona oggi suddivisa tra tre comuni) e il casale di Afragola (casale che ricomprendeva, peraltro, vecchi casali disciolti come ad esempio Casavico e Cantariello), confluirono nel comune di Afragola. Con regio decreto 25 febbraio 1929, n. 316, è stato istituito il Comune di Casalnuovo, successivamente ridenominato Casalnuovo di Napoli, al quale fu poi aggregato il comune di Licignano di Napoli. .Negli anni '50, per scorporo dal comune di San Sebastiano al Vesuvio, al comune di Casalnuovo di Napoli si sono aggiunte le frazioni di Tavernanova e Casarea Alla fine degli anni "90 il comune di Casalnuovo ha ottenuto un'ulteriore porzione del territorio già appartenente al comune di Afragola, nell'ambito del programma compensativo dell'impatto ambientale determinato dalla stazione ferroviaria dell'alta velocità di Afragola sul territorio dei comuni vicini Da Vedere Palazzo Berlingieri Conosciuto con il nome di Palazzo Petagna, l’edificio s’impone sull’asse stradale con il suo sviluppo longitudinale e non passa inosservato a chi percorre il corso principale di Casalnuovo, anche se privo dei suoi originari ornamenti. Prime notizie di un palazzo baronale ubicato nel “Casale novo”, sull’antica strada che conduceva a Benevento, si rilevano dalla Santa Visita del 1543, in cui è indicato come “lo castello” e di proprietà del Barone don Leonardo Como, la cui casata deteneva la signoria di Casalnuovo dal 1499. Il casale fu venduto nel 1747, al Barone Benedetto Farina che mantenne la signoria fino all’abolizione del feudalesimo nel 1806, in seguito passò ai Berlingieri, ultimi baroni del casale. Verosimilmente è al tempo della Baronia dei Berlingieri che si diede inizio all’erezione del nuovo palazzo Baronale sorto poco distante da quello antico di cui sono ancora rintracciabili alcuni elementi, quale il portale d’ingresso. Il nuovo edificio, dalle tipica architettura ottocentesca di palazzo nobiliare, segue schemi già consolidati nel settecento: s’imponeva con la sua grande volumetria sull’asse principale del Casale, un grande androne immetteva e lasciava intravedere dall’esterno il lussureggiante giardino retrostante, che, venduto poi alla famiglia Fontana, fu oggetto di lottizzazione con la realizzazione di edilizia residenziale. Descrizione L’edificio, residenza dei baroni di Casalnuovo, si sviluppa su due livelli; il primo si compone di un piano terraneo e un ammezzato, presentando in mezzeria un portale in piperno, il secondo era destinato alla residenza nobiliare. L’ampio androne d’ingresso voltato a botte, immette in un cortile che in passato si apriva in un rigoglioso parco. Il prospetto principale presenta tipiche forme stilistiche ottocentesche; la massiccia volumetria è scandita dal ritmo dei balconi in piperno sorretti da eleganti mensole decorate, mentre le originarie modanature che un tempo ornavano le ampie bucature sono state cancellate nel tempo. Palazzo Manna La struttura situata a c.so Vittorio Emanuele (frazione Licignano) è ancora conservata quasi intatta , da vedere la piccola cappella dedicata a San Giuseppe annessa all'edificio. Palazzo Salerno-Lancellotti di Durazzo Situato a Piazza Principe Lancellotti Durazzo, il palazzo, nonostante le manomissioni e le condizioni di degrado, caratterizza fortemente la zona ergendosi come sfondo alla strada XXV luglio. Il palazzo fu residenza dei Baroni dell’antico casale di Licignano, feudo che nei primi anni del cinquecento era pertinenza della città di Acerra, e nel 1534 fu venduto da Ferdinando de Cardenas, conte di Acerra, a Bartolomeo Rendena. L’atto notarile del 1637, rileva l’esistenza di un “castrum o fortellittio”, “una grande casa con giardino” eretta sotto la signoria di Giovanni Battista Rendena che si articolava intorno ad una corte murata. L’edificio fondeva le funzioni di azienda agricola e residenza nobiliare con giardino. La decadenza della baronia dei Rendena alla fine del seicento comportò il graduale decadimento della “grande casa”. Nella seconda metà del secolo successivo il feudo fu rilevato dai Salerno e, ad opera di Gennaro Maria, si conferì nuovo splendore al complesso edilizio, con un radicale intervento di riedificazione che vide anche la riqualificazione e valorizzazione dei suoi possedimenti in questo luogo. Il progetto, iniziato nel 1774 dall’ingegnere Salvatore Lanzetta, pur mantenendo l’impianto planimetrico originario, trasformò la seicentesca masseria in un elegante palazzo. La baronia passò agli Anfora e il 17 aprile 1920 il palazzo baronale fu acquistato da Carmine Lancellotti. Nel giardino retrostante si edificò, una piccola dependance, testimone degli ultimi periodi di splendore del palazzo che nel novecento subì lo scempio di numerose manomissioni che ne hanno in parte snaturato il prospetto principale. Descrizione Il palazzo dei Baroni di Licignano conserva l’impianto originario a corte aperta, delineandosi su tre lati, intorno ad un cortile murato che si apre su un ampio giardino retrostante ove è collocata la dependance. La rigidità dell’impianto è ingentilita da elementi architettonici barocchi quali la scala, i fregi delle bucature di facciata marcati da timpani triangolari e l’elegante portale di piperno bugnato. Un alto androne immette nel cortile anticipato da un vestibolo voltato a vela da cui si accede alla scala. Il fronte principale, in parte manomesso nei secoli, è caratterizzato dall’artistico portale in piperno, che non rispetta l’asse di simmetria. Presenta un alto piano terra, composto da un terraneo ed un ammezzato, il piano nobile, che alterna balconi e finestre decorate con stucchi, e il sottotetto che in parte conserva le antiche bucature ovali. La facciata interna mantiene l’originario aspetto formale, molto sobria si alleggerisce al piano terra, svuotandosi con le tre ampie fornici del vestibolo. Villa Marra Risalente al XVII secolo e ubicata ai margini dell’antico centro urbano di Casalnuovo, in Via Vernicchi, 279 - Località Botteghelle è riportata nella Pianta Topografica dell’Agro Napoletano del Rizzi Zannoni del 1793 con la denominazione di Masseria Marra. Da documenti cartografici ottocenteschi è possibile tracciarne l’impianto planimetrico che riprende la tipica organizzazione di azienda agricola e saltuaria residenza aristocratica: tre corpi di fabbrica delineavano una corte interna che si apriva verso la tenuta retrostante. Nel periodo della Restaurazione Borbonica, l’esigenza di maggior controllo sui territori, per sopprimere la rinascita dello spirito giacobino, vi fece insediare il distaccamento di cavalleria. L’edificio riconosciuto come Palazzo della Cavalleria Borbonica, fu pertanto adeguato alle nuove funzioni durate fino alla caduta dei Borboni, per ritornare in seguito all’antica funzione di residenza. Nella seconda metà del novecento l’edificio ha subito ulteriori modifiche ed ampliamenti. Descrizione Villa Marra, come è riportato nel piccolo stemma collocato nella chiave di volta del portale, conserva l’originale impianto planimetrico a forma di C. Un possente edificio a due livelli, forato da un ampio androne che immette nella corte retrostante. Quest’ultima è delimitata dall’edificio a cui s’innestano due bassi corpi laterali sormontati da eleganti loggiati in stile pompeiano e da un muro che si apriva, con un’ampia fornice, al giardino e ai campi. Tracce di affreschi recanti gli stemmi dei reparti dell’esercito Borbonico, posti nelle vele della volta dell’androne d’ingresso, testimoniano la passate funzioni di Palazzo della Cavalleria Borbonica. La maestosità del fronte stradale è ancora leggibile anche se in parte manomesso: un robusto piano terra con modeste bucature e grossi contrafforti è sormontato dal calibrato piano nobile scandito da finestre rifinite con semplici stucchi e un balcone in asse con il portale d’ingresso. Acquedotto della Bolla L’Acquedotto della Bolla L’antico acquedotto della Bolla ha origine in località Salice nel manufatto detto Casa dell’Acqua e riportato già in documenti cinquecenteschi. La Casa è ampliamente citata a seguito del danneggiamento subito dal terremoto del 1581, in occasione dei grandi lavori di consolidamento. Indicata anche come Casa la Bolla o La Volla era punto di arrivo e di raccolta delle acque che, provenienti dalle sorgenti e pozzi situati nella località Benincasa, Tamburiello e Masseria Preziosa, vi giungevano, dopo un percorso sotterraneo. Il flusso d’acqua, giunto al manufatto, veniva diviso in due rami: uno fatto defluire in un canale, il Volla, animava le macchine dei mulini; l’altro, il Formale, scorreva in una condotta sotterranea e alimentava la città dando vita all’acquedotto della Bolla, ritenuto dal Chiarini di epoca romana o addirittura greca. A seguito della realizzazione del nuovo acquedotto napoletano, la casa dell’acqua progressivamente ha perso la sua funzione originaria. Descrizione Il manufatto situato in località Salice a quota pari a 14.60 mt. s.l.m., si presenta come un torrino a