JUS- ONLINE 3/2019 ISSN 1827-7942 RIVISTA DI SCIENZE GIURIDICHE a cura della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano

Paola Biavaschi Professore Associato di diritto romano, Università dell’Insubria Il ruolo dimenticato dei silentiarii alla corte di Costantinopoli*

The Forgotten Role of silentiarii at Constantinople’s court

Sommario: 1. La schola dei silentiarii. – 2. Flavio Enea silentiarius nella constitutio incerti imperatoris de aquaeductu. – 3. Il titolo C.Th.6.23. – 4. Conclusioni.

1. La schola dei silentiarii

La figura del silentiarius è di per sé tipicamente tardoantica, anzi potrebbe essere catalogata in quell’ambito metastorico che noi moderni usiamo, non sempre elogiativamente, definire “bizantino”1: i silentiarii, infatti, originariamente erano dignitari di corte, sottoposti al praepositus sacri cubiculi e al per l’aspetto disciplinare, addetti a tenere ordine durante le udienze imperiali nel palazzo di Costantinopoli: si trattava di diversi personaggi, tra cui spiccavano i decuriones, posti in posizione apicale rispetto al gruppo; in particolare una costituzione di Teodosio II, C.Th.6.23.4 del 437 d.C., prevede che la schola dei silentiarii fosse formata da trenta dignitari guidati da tre decuriones, esenti dagli obblighi del ceto senatorio2. La costituzione, come si vedrà più innanzi, è l’unica della rubrica De decurionibus et silentiariis del Codice Teodosiano, a non essere stata ripresa dal Codice Giustinianeo (C.12.16). Quest’ultimo, inoltre, contiene due altre leggi per motivi cronologici ovviamente non ricompresi nel Codice Teodosiano, una emanata dall’imperatore Zenone e l’altra da Anastasio.

* Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review. 1 C. Diehl, Figure bizantine, passim, ha dipinto un possente quadro della realtà storica bizantina e anche dell’immaginario simbolico che intorno ad essa si è costruito. 2 R. I. Frank, Scholae Palatinae: the Palace Guards of the Late Roman Empire, Roma 1969, p. 140; M. Whitby, On the Omission of a Ceremony in Midsixth Century Constantinople: candidati, curopalatus, silentiarii, excubitores and others, in Historia, 36 (1987), p. 462 ss.

VP VITA E PENSIERO

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C.Th.6.23.4 IDEM AA. DARIO3 VIRO ILLUSTRI PRAEFECTO PRAETORIO ORIENTIS. Decurionum et silentiariorum meritis provocati collata in eos beneficia, quae dominus ac filius noster Valentinianus semper Augustus erga eos contulit, confirmamus, specialibus eosdem privilegiis honorantes, ut eorum videlicet possessiones nullas angarias sive parangarias vel etiam paraveredos alicuius calumnia dare cogantur nec sordidis sint adstricti muneribus. omni quoque eos excoctione calcis, omni superindicti gravamine liberamus, licentiam post militiam tribuentes, ut, ubi eis fuerit visum, etiam accedendi ad sacratissimum comitatum habeant facultatem, provinciarum rectoribus eorumque apparitionibus denarum librarum auri dispendio feriendis, si mansuetudinis nostrae statuta violare temptaverint. 1. His addimus, ut, cum optatam quietem acceperint et inter senatores coeperint numerari, honore curiae sine aliqua functione laetentur inmunitatisque gaudio plena dignitatis laetitia potiantur, nec praetoriano nomine pulsandi nec glebali onere praegravandi, sed ut dignitatem solam habeant ex senatu. domos quoque eorum vel in hac sacratissima urbe vel in qualibet alia positas civitate immunes ab omni hospitum cuiuslibet dignitatis inquietudine vindicamus: sub hac videlicet definitione, ut triginta tantummodo numero haec privilegia consequantur, decuriones quoque tres, quos numquam plures fieri inveterata consuetudo permisit. 2. Sed eos tum demum potiri decernimus beneficiis supra scriptis, cum continuos tredecim annos inculpatas excubias peregerint. illustris auctoritas tua statuta nostrae clementiae edictis propositis ad omnium notitiam faciet pervenire. DAT. XVII KAL. APRIL. CONSTANTINOPOLI POST CONSULATUM ISIDORI ET SENATORIS VV. CC. I silentiarii, secondo la lista composta da diciotto gradi di dignitari tramandata da Filoteo4, si trovavano al penultimo gradino della struttura gerarchica di corte5. Le altre scholae di corte che si trovavano a Palazzo con compiti che portavano i dignitari molto vicini all’imperatore erano i vestitores, i mandatores, i candidati, gli stratores e gli spatharii.

3 PLRE (Prosopography of Late Roman Empire), II, Darius 3, p. 348, ricevette diverse costituzioni tra il 436 e il 437 d.C. Probabilmente ottenne addirittura una copia delle bozze del Codice Teodosiano, non ancora pubblicato, come testimonierebbero i Gesta senatus, 3. 4 Il Kletorologion di Filoteo, redatto nell’899 d.C., e conservato solo nel De cerim. di Costantino Porfirogenito, 52. 5 F. De Martino, Storia della costituzione romana, vol. V, Milano 1975, p. 282 s.

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In origine i silentiarii appartenevano al gruppo dei cubicularii, erano clarissimi e, come si è accennato, erano sottoposti al magister officiorum. Tuttavia, a partire dal V secolo d.C., la loro posizione progredì progressivamente: ci furono dei silentiarii divenuti viri spectabiles e, nel VI secolo, addirittura viri illustres: la carriera brillante conseguita da taluni di essi, ne migliorò, infatti, consistentemente e continuamente il ruolo poiché gli uomini che avevano avuto successo tendevano ad avvantaggiare lo status delle cariche che avevano ricoperto. Più tardi, intorno all’VIII secolo, tuttavia, la carica perse consistenza, divenne puramente cerimoniale, per scomparire del tutto nell’XI secolo6: in linea di massima, quindi, si trattava di un titolo onorifico che permetteva di adire a corte e di avere contatti diretti con le più alte sfere. Poteva succedere che, per la loro stretta vicinanza all’imperatore, dal quale riceveva l’incarico con una sorta di cerimonia di investitura, e per le occasioni concrete che avevano di entrare in contatto con quest’ultimo, i silentiarii riuscissero ad avanzare molto nella carriera: emblematico il fatto che l’imperatore Anastasio avesse ricoperto tale ruolo in qualità di decurione e che in questo modo avesse potuto legarsi all’imperatrice , divenuta in seguito sua moglie7. Anche a partire da quest’ultimo semplice dato storico, deriva che un’analisi più attenta delle informazioni che ci sono giunte in merito ai silentiarii a partire già dalla metà del V secolo, offre un quadro piuttosto diverso rispetto a quello di semplici personaggi di secondo piano, figure grigie all’interno del protocollo di corte, sostanzialmente dimenticate dalla letteratura e considerate di scarso interesse. Al contrario, i silentiarii erano uomini di fiducia dell’imperatore, spesso inviati a svolgere missioni delicate: non solo un ruolo formale, caratterizzato dal rispetto per il cerimoniale, ma incarichi concreti, ricchi di contenuti e di responsabilità.

6 Si ricordi che nel 753 d.C. il silentiarius Giovanni, descritto come alto dignitario alla corte costantinopolitana, si recò da papa Stefano II per accompagnarlo l’anno successivo dal re longobardo Astolfo, il quale aveva conquistato militarmente l’esarcato di Ravenna. Giovanni aveva l’alta incombenza di comunicare che i territori cui Astolfo avrebbe dovuto rinunciare (promissio Carisiana) sarebbero stati donati al papa. La trattativa fallì, Astolfo non restituì nulla e, mentre il silentiarius Giovanni, terminato il suo compito, tornava a Costantinopoli, il pontefice continuò il suo viaggio per chiedere al franco Pipino il Breve di iniziare una campagna militare contro i Longobardi. 7 PLRE, vol. II, Anastasius 4, p. 78 ss.

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Magnus8 nel 448 d.C. viene mandato a proteggere il monaco Eutyches nell’inchiesta sulla sua ortodossia. Eustathius9, primicerius silentiariorum viene inviato nel 444 da Teodosio II a investigare sulla consacrazione di Bassianus come vescovo a Efeso. Iohannes10, decurione dei silentiarii, viene inviato dall’imperatore Marciano a conferire con i monofisiti Carosus e Dorotheus e, poi in ottobre, al concilio di Calcedonia. Nel 453 è inviato, senza successo, a convincere il patriarca di Alessandria Dioscurus ad accettare le decisioni del Concilio di Calcedonia, in seguito alla morte del patriarca in esilio, Iohannes si reca ad Alessandria per convincere i cittadini ad accettare i precetti di Calcedonia e ad accogliere Proterius come vescovo: dopo la missione, egli tornerà invece a Costantinopoli, senza aver convinto gli alessandrini ad accogliere il vescovo, ma, al contrario, promettendo loro di riferire all’imperatore le rimostranze degli egiziani, fatto per cui Marciano si adirò molto11. Diomedes12 nel 457-8 si reca per ordine dell’imperatore Leone dal vescovo di Alessandria con una lettera del papa. Marcus13, amico di Daniele lo Stilita, fa erigere la prima colonna per quest’ultimo a Costantinopoli. Telogius14 si occupa nel 473 di negoziare la pace in Tracia con Teoderico Strabone15: questo personaggio, data la stranezza del nome che sembra frutto di un refuso, è forse da identificarsi con Pelagius16, silenziario inviato ancora nel 479 presso lo stesso Teoderico. Quest’ultimo è un personaggio di rilievo, compositore di versi epici, forse storico, uomo considerato giusto ed eloquente17, divenuto patricius nel 490 d.C.: preso di mira perché critico nei confronti dell’imperatore (cui tra l’altro sarebbe stato profetizzato che il successore sarebbe stato un silentiarius, viene messo a morte con l’accusa di paganesimo. Comune, quindi, nella seconda metà del V secolo, il ruolo dei silentiarii come ambasciatori e osservatori in luoghi lontani dalla corte e dalla stessa Costantinopoli.

8 PLRE, vol. II, Magnus 1, p. 700. 9 PLRE, vol. II, Eustathius 5, p. 444. 10 PLRE, vol. II, Iohannes 19, p. 598. 11 Zach., HE, 3, p. 11. 12 PLRE, II, Diomedes 1, p. 362. 13 PLRE, vol. II, Marcus 3, p. 720. 14 PLRE, vol. II, Telogius, p. 473. 15 Malch., fr. 2. 16 PLRE, vol. II, Pelagius 2, p. 857 s. 17 Zon., 14.2.

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Nella prima metà del VI secolo, invece, oltre che in questi panni, i silentiarii sono anche ufficiali dell’esercito o alti funzionari in luoghi periferici: Thomas18, purtroppo noto per aver depredato i sopravvissuti del terremoto di Antiochia del 52619, forse è lo stesso silentiarius che viene inviato da Giustiniano a fondare la città di Apadna nel deserto, nei pressi di Amida. Anche Phocas20, partendo dal ruolo di silentiarius, va incontro a una carriera veramente notevole: viene mandato nel 526 ad Antiochia a portare denaro dopo il terremoto distruttivo; ben noto per la sua onestà e generosità21, nonostante sia pagano, egli supera l’inchiesta del 529 durante la prima persecuzione del paganesimo e diviene addirittura prefetto del pretorio dopo la rimozione di Giovanni di Cappadocia. Nominato da Giustiniano iudex pedaneus, ha il compito di indagare sull’omicidio del vescovo Eusebio a Cizico; muore suicida nel 545-6 in seguito alla seconda persecuzione dei pagani di epoca giustinianea. Adolius22, nativo dell’Armenia, svolge ruoli di grande peso come ufficiale dell’esercito in Persia e in Armenia durante la Guerra contro i Persiani; Theodorus23, nel 575, viene mandato come ambasciatore dall’imperatore Tiberio presso Cosroe e diviene addirittura proconsul dell’Armenia Prima. Svolge ruoli diplomatici di grande peso e risulta essere stato silentiarius sempre nel 575. Infine non bisogna dimenticare la figura del silentiarius Diomedes24, dux della Palestina nel 528, sotto Giustiniano, e di Flavius Aeneas, autore di una pregevole epigrafe reperita in Palestina, contenente la cosiddetta constitutio incerti imperatoris, destinata a ribadire l’obbligo di piantumare e seminare i campi a ridosso delle matrices degli acquedotti pubblici solamente a debita distanza. Dalla disamina delle loro carriere, pur nella lacunosità delle informazioni, si nota che, nel V secolo, i silentiarii svolgevano compiti di rilievo come inviati dell’imperatore con lo scopo di creare relazioni diplomatiche pacifiche ed efficaci in situazioni complesse: a dire il vero, sembra di riconoscere in questi casi il profilo di dignitari di corte divenuti uomini di

18 PLRE, vol. II, Thomas 11, p. 1114. 19 Johan. Mal., p. 420. 20 PLRE, vol. II, Phocas 5, p. 881. 21 Le testimonianze in questo senso sono univoche: Johan. Lid., De Mag., 3.72-4; Proc., Bel. P., 1.24.18; Proc., Anecd., 21.6 22 PLRE, vol. III A, Adolius, p. 16 s.; Proc., BP, 2, 3.10. 23 PLRE, vol. III B, Theodorus 33, p. 1234 s.; Johan. Ephem., HE, 3.6.8. 24 PLRE, vol. III A, Diomedes 1, p. 402.

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JUS- ONLINE 3/2019 ISSN 1827-7942 stretta fiducia dell’imperatore e quindi in grado di svolgere ruoli di controllo e di aiuto in località anche lontane dalla corte. Nel VI secolo la situazione cambia, quasi si inverte: dal momento che la carica dopo Anastasio ha acquisito maggiore potere e appetibilità, i silentiarii sembrano per lo più militari o funzionari periferici di alto rango, cui viene attribuita anche una posizione cerimoniale a corte, per permetter loro l’accesso al Palazzo di Costantinopoli con un ruolo ufficiale, ma privo di particolari responsabilità e dell’obbligo di rimanere stabilmente a Palazzo; al contempo continuano a crescere i privilegi, soprattutto fiscali, a loro attribuiti. Probabilmente questa trasformazione avviene a partire da Anastasio e trova la sua piena realizzazione con Giustiniano. Particolarmente notevole, ai fini della presente ricerca, l’osservazione della figura di Diomedes, definito da Giovanni Malalas25 come τοῦ δουκός Παλαιστίνης Διομήδου σιλεντιαρίου nel 528 d.C.; si noti che Malalas non definisce Diomede dux et silentiarius, ma a questo secondo titolo viene dato un ruolo pervasivo, una sorta di appellativo che caratterizza Diomedes come un titolo onorifico più che come una carica. Ci si può chiedere se Flavius Aeneas, anch’egli denominatosi, nella constitutio incerti imperatoris de aquaeductu, Φλάουιος Αἰνίας σιλεντιάριος abbia avuto in Palestina un ruolo simile a quello di Diomedes. All’epoca di Giustiniano Paulus, detto anch’egli silentiarius, discendente di una famiglia di rango elevatissimo, tenne il grado più elevato tra i silentiarii (primicerius) e fu noto poeta; sono conservate alcune sue opere di pregio: in particolare il noto poema epico dedicato alla chiesa di Santa Sofia, scritta per celebrare la riconsacrazione della basilica, avvenuta nel 562-3 d.C., dopo il lavoro di ripristino necessario per restaurare l’edificio che aveva subito danni notevoli a causa dei terremoti avvenuti pochi anni prima.

2. Flavio Enea silentiarius nella constitutio incerti imperatoris de aquaeductu

Un documento di notevole pregio per la conoscenza delle disposizioni in materia, cronologicamente inquadrabile tra la seconda metà del V e il VI secolo d.C. e conosciuto solo tramite un ritrovamento di carattere epigrafico, è la cosiddetta “Costituzione di imperatore incerto in materia di

25 PLRE, vol. III B, Paulus 21, Joh. Mal., p. 434.

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JUS- ONLINE 3/2019 ISSN 1827-7942 acquedotto”. L’iscrizione risulta incompleta ai fini della datazione: mancano sia l’inscriptio, sia la subscriptio, lacune che impediscono di avere certezza sull’imperatore emanante, un limite che non permette una collocazione cronologica sicura e che ha indotto epigrafisti e storici del diritto a presentare proposte congetturali tra loro di diverso orientamento. † Φλ(άουιος) Αἰνίας (sic) σιλεντιά[ρι]-|ος κτήτορσιν, ἐγλήμπ -|τορσιν καὶ γεωργοῖς· γινώ[σ]-|κετε, ὡς ὁ θιότατος καὶ εὐσε-|β(έστατος) δεσπότης ὅλης οἰκουμέ-|νης ἐθέσπισεν μὴ ἐξεῖνα-|ί τινει ἀπὸ ιεʹ πο(δῶν) ἐξ ἑκατέρ-|ου μέρους τοῦ ὑδραγωγίο-|υ κατὰ τὰς θίας διατάξις | ἐπὶ τὰ ἔσω μέρη σπίριν ἢ | φοιτεύειν. εἰ δέ τις τοῦτο | ἐπιχιρήσῃ ποιῆσαι, κεφα-|λικὴν ὑπομένι τιμωρί-|αν καὶ τὸ κτῆμα αὐτο-|ῦ δημεύετε. τὸ δὲ μέτρο-|ν τοῦ ποδὸς ὑποτέτακ-|ται τούτοις τοῖς τύποις. †26. Scoperta in Palestina nel 1925, presso uno degli acquedotti che rifornivano Gerusalemme passando per Betlemme27, l’epigrafe, incisa su una lastra di pietra, non riproduce alcuna costituzione presente in raccolte cartacee, pur ricordando nel contenuto alcuni provvedimenti conservati nel Codice Teodosiano (in primis per contenuto la costantiniana C.Th.15.2.1 del 330 d.C.) e nel Codice Giustinianeo (C.11.43.6 del 440-1 e C.43.11.10, databile tra il 474 e il 491 d.C.). Di ottima fattura e leggibilità, è pur tuttavia mutila

26 L’epigrafe, di argomento squisitamente giuridico, è contenuta nei FIRA, I = S. Riccobono - G. Baviera - C. Ferrini - G. Furlani - V. Arangio-Ruiz, Fontes Iuris Romani Anteiustiniani, vol. I, Leges, Firenze, 1941, p. 468: … sacratissimus et piissimus dominus orbis terrarum sanxit ne cui liceat intra quindecim pedes ex utroque latere aquaeductus secundum divinas constitutiones in interioribus partibus serere nec seminare; si quis id facere conatus erit, poenam capitalem subit et fundus eius publicatur. 27 SEG 8, 171. N. Svensson, Eine byzantinische Inschrift aus Hebron die Wasserleitung betreffend, in Bulletin de la Société Royale des Lettres de Lund (1925-26), pp. 65 ss.; F. M. Abel, Bethlehem, in Revue biblique 35 (1926), pp. 284 ss.; O. Seeck, RE, vol. III A, 1927, c. 58; Hondius, Supplementum Epigraphicum Graecum, 8 (1937), Leiden, n. 171; L. Wenger, Die Quellen des römischen Rechts, Wien, 1953, p. 461 s.; Bourne F. C., P. R. Coleman-Norton, A. C. Johnson, Ancient Roman Statutes, Austin, 1961, p. 253, n. 319 (qui la traduzione inglese proposta dagli autori: “Flavius Aeneas, silentiary in the imperial palace, to landowners, lessees, and farmers. Know that the most holy and most pious master of the whole world has decreed that, in accordance with the sacred constitutions, no person is allowed to sow or to plant within fifteen feet of either side of an aqueduct. If anyone tries to do this, he shall be subject to capital punishment and his property shall be confiscated. The foot measure is subject to the following standards”); M. Amelotti, L. Migliardi, Le costituzioni giustinianee nei papiri e nelle epigrafi, Milano, 1985, p. 97; p. 113; R. Delmaire, Les institutions du bas-empire romain, de Constantin à Justinien, vol. I, Paris 1995, p. 41; K. Geissler, Die öffentliche Wasserversorgung Die öffentliche Wasserversorgung im römischen Recht, Berlin 1998, p. 98; p. 122 s.; C. Dorl-Klingenschmid, Prunkbrunnen in kleinasiatischen Städten: Funktion im Kontext, München 2001, p. 124; A. Laniado, Recherches sur les notables municipaux dans l’Empire protobyzantin, Paris 2002, p. 114. Da ultimo, sul passo, P. Biavaschi, Da Procopio di Gaza al silentiarius Enea: note minime sulla constitutio incerti imperatoris de aquaeductu, in Glossae. European Journal of Legal History, 14 (2017), pp. 174 ss.

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JUS- ONLINE 3/2019 ISSN 1827-7942 sia nella parte iniziale, sia in quella finale: è necessario precisare che il ritrovamento avvenne vicino alla cittadina di Betlemme e non presso Gerusalemme, come frequentemente indica la letteratura in modo erroneo. Per quanto riguarda la datazione del provvedimento normativo, viene ricondotto dalla dottrina, usualmente, al periodo di regno di Giustiniano, anche se viene prudentemente definito come Constitutio incerti imperatoris de aquaeductu, dato che non si può collegarlo sicuramente a un imperatore specifico. Il testo è scritto in lingua e alfabeto greci e si rivolge ai proprietari di terre, ai conduttori e agli agricoltori dei terreni limitrofi rispetto all’acquedotto, riportando la volontà imperiale in conformità, a detta dell’iscrizione, con le costituzioni vigenti. L’epigrafe vede, come mediatore del dettato imperiale, Flavio Enea, il quale, denominandosi silentiarius, si è occupato della pubblicazione della costituzione imperiale in loco, allo scopo di informare del divieto e della pesantissima sanzione i contadini che gestivano i fondi adiacenti all’acquedotto, fossero essi proprietari o conduttori28: non è da sottovalutare, per l’analisi prosopografica e quindi per la ricostruzione del personaggio, il fatto che, in epoca giustinianea, un omonimo29 Flavius Aeneas fu praeses della Tebaide Inferior, provincia dell’Egitto collocata nella zona a nord di Tebe con capitale Tolemaide, creata nel 538-9 d.C. dallo stesso imperatore Giustiniano: si potrebbe ipotizzare addirittura - un congettura certamente, ma caratterizzata da un discreto margine di credibilità - che si trattasse dello stesso soggetto. È evidente che Flavio Enea tiene a definirsi principalmente come silentiarius, tuttavia tale considerazione potrebbe aver confuso la dottrina, secondo la quale non è chiaro il motivo per cui un personaggio che rivestiva tale carica a corte fosse stato incaricato della pubblicazione della costituzione imperiale in un luogo al contempo periferico e centrale dell’impero (vista la posizione geografica da un lato e la rilevanza a livello spirituale dall’altro). Flavio Enea, che si occupa dell’atto pratico del portare a conoscenza il provvedimento30 in oggetto, rendendo ingiustificabile la trasgressione del precetto, ricopriva ovviamente un incarico ufficiale in loco, una carica che egli neppure nomina in quanto ben nota a tutti; più

28 PLRE, vol. III A, Fl. Aeneas 2, p. 20. 29 PLRE, vol. III A, Fl. Aeneas 1, p. 20. Incerto il praenomen che compare nell’epigrafe (SB, 7380) con leggibilità solo parzialmente. 30 Ed. 13.21.

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JUS- ONLINE 3/2019 ISSN 1827-7942 improbabile la possibilità per cui si trattasse di un inviato con funzioni di ispettore dall’amministrazione centrale per verificare l’applicazione di leggi importanti come quelle che riguardano l’acqua pubblica in una plaga tradizionalmente carente. L’informazione per cui un personaggio che si denomina semplicemente come silentiarius avesse commissionato l’epigrafe in oggetto, collocata ben lontano dal Palazzo costantinopolitano, costituisce un indizio che può avere un ruolo determinante nel proporre un’ipotesi di datazione, perché è necessario, evidentemente, rivolgersi a un tempo in cui tale incarico si accompagna ad altri prestigiosi uffici civili o militari svolti anche a grande distanza dalla capitale oppure a ruoli di carattere ispettivo o ricognitivo su richiesta dell’amministrazione centrale: di ciò si parlerà poco oltre. Certamente è degno di nota e oggetto di curiosa speculazione in dottrina il fatto che il committente dell’iscrizione abbia voluto come unico titolo inciso quello di σιλεντιάριος. Riguardo a questa costituzione, rilievo assumono le posizioni di Amelotti31 e, successivamente, l’ipotesi assai interessante di Leah Di Segni32 e soprattutto quella recente e innovativa di Jones33. Amelotti, in modo dubitativo, riferisce la congettura, piuttosto diffusa, per cui l’epoca di redazione sarebbe quella giustinianea, ipotesi che, per l’Autore, avrebbe a suo favore indizi “più o meno fragili”: i motivi di tale collocazione temporale deriverebbero in particolare dalla titolatura dell’imperatore, definito nell’iscrizione come ὁ θειότατος καὶ εὐσεβέστατος (appellativi divenuti ufficiali a partire proprio da Giustiniano) e, appunto, dal ruolo inatteso assunto dal silentiarius, un incarico che avrebbe ottenuto un lustro particolare e molto superiore rispetto alle non brillanti origini proprio durante il regno di Giustiniano34, periodo in cui fiorì, come si è indicato

31 Posizione espressa nel lavoro già citato M. Amelotti, Le costituzioni giustinianee nei papiri e nelle epigrafi, cit., pp. 97 ss. 32 L. Di Segni, The Water Supply of Roman and Byzantine Palestine in Literary and Epigraphical Sources, in D. Amit, J. Patrich, and Y. Hirschfeld (eds.), The Aqueducts of Israel, in JRA Suppl., 46 (2002), p. 60. 33 C.P. Jones, of Gaza and the Water of the Holy City Greek, Roman, and Byzantine Studies, 47 (2007), pp. 455 ss. 34 Si veda sul tema della progressiva ascesa del ruolo del silentiarius, a partire dalla seconda metà del V secolo, vd. C.12.6.5 (500 d.C.); O. Seeck, Silentiarius, in RE, vol. III.1, Stuttgart 1927, pp. 57 ss.; A.H.M. Jones, The Later Roman Empire 284-602: a Social, Economic and Administrative Survey, Oxford, 1964, Vol. II, p. 571 s.; R. Guilland, La noblesse byzantine. Remarques, in Revue des études byzantines 24.1, 1966, p. 47; p. 54. Idem, Silentiaire, Titres et fonctions de l’Empire

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JUS- ONLINE 3/2019 ISSN 1827-7942 poco sopra, anche il noto poeta Paulus Silentiarius35, il quale, come si vede, è passato alla storia con la denominazione della titolatura di corte. La storica Leah Di Segni attribuisce la costituzione a un imperatore più tardo, congetturalmente Maurizio, vissuto nell’ultimo scorcio del VI secolo e regnante nel ventennio tra il 582 e il 602 d.C.36: l’autrice, come argomenti principali, utilizza sia l’analisi della titolatura imperiale che fissa Giustiniano come termine post quem, sia la tipologia della pena, che è addirittura la pena capitale, molto più severa rispetto a quelle previste nelle costituzioni del Codice Teodosiano e del Codice Giustinianeo, databili dall’epoca costantiniana fino a Zenone. Da un punto di vista storico, il tema del divieto di utilizzare lo spazio ai lati delle matrici degli acquedotti è molto antico: si trova trattato all’inizio del principato da un senatoconsulto augusteo37, dalla costituzione costantiniana C.Th.15.2.1 del 330 d.C.38, da quella emanata da Teodosio II,

byzantin, London 1976, p. 17: i silentiarii furono prima clarissimi, poi respectabiles, infine, nel 528 d.C., illustres. 35 PLRE, Vol. II, Paulus 21, p. 979. 36 582-602 d.C. 37 Il senatoconsulto augusteo de aquaeductu risale all’11 a.C. 38 C.Th.15.2.1 IMP. CONSTANTINUS A. AD MAXIMILIANUM CONSULAREM AQUARUM. Possessores, per quorum fines formarum meatus transeunt, ab extraordinariis oneribus volumus esse inmunes, ut eorum opera aquarum ductus sordibus obpleti mundentur, nec ad aliud superindictae rei onus isdem possessoribus adtinendis, ne circa res alias occupati repurgium formarum facere non occurrant. Quod si neglexerint, amissione possessionum multabuntur: nam fiscus eius praedium obtinebit, cuius neglegentia perniciem formae congesserit. Praeterea scire eos oportet, per quorum praedia ductus commeat, ut dextra laevaque de ipsis formis quindecim pedibus intermissis arbores habeant; observante tuo officio, ut, si quo tempore pullulaverint, excidantur, ne earum radices fabricam formae conrumpant. DAT. XV KAL. IUN. GALLICANO ET SYMMACHO CONSS.

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C.11.43.639 del 440-1, e infine da quella zenoniana C.43.11.1040, databile tra il 474 e il 491 d.C.: in effetti nessuna di queste leggi prevede la pena capitale per i trasgressori e ciò potrebbe effettivamente significare che il provvedimento portato alla luce in Palestina sarebbe stato emanato in epoca più tardiva rispetto alle costituzioni a noi note, ossia che fosse stato elaborato in un periodo in cui si sentiva la necessità di un inasprimento delle pene in materia, a fronte anche dei cambiamenti climatici che peggioravano la situazione di carenza idrica già propria della regione e che avevano prodotto un peggioramento delle pene relative all’utilizzo illecito di acque pubbliche (in questo caso quelle nilotiche) in Egitto intorno alla metà del V secolo41.

39 C.11.43.6 IMPP. THEODOSIUS ET VALENTINIANUS AA. CYRO PRAEFECTO PRAETORIO: pr. Omnis servitus aquarum aquaeductus Hadriani sive domorum sive possessionum sive suburbanorum sive balneorum vel per divinos adfatus intimatos in quolibet iudicio vel per usurpationem impertitos penitus exprobretur: maluimus etenim praedictum aquaeductum nostri palatii publicarum thermarum ac nymphaeorum commoditatibus inservire. Et decernimus hanc dispositionem modis omnibus in posterum servari, nemini licentia tribuenda ab eodem aquaeductu precibus oblatis usum aquae petere vel eum audere perforare: scientibus his, qui qualibet ratione putaverint ad huiusmodi molimen accedere, vel officio, si ausum fuerit instruere vel minus instructis precibus parere, centena pondo auri multae nomine fiscalibus rationibus se esse illaturos. 1. Super his sancimus sulcum publicum aquarum nullis intra decem pedes arboribus coartari, sed ex utroque latere decempedale spatium integrum illibatumque serva. 2. Praeterea de plumbeis fistulis ducentibus ad thermas, quae Achillis nuncupantur, quas providentia tuae magnificentiae factas esse cognovimus, eandem formam servari censemus. 3. Etenim memoratas fistulas thermis tantum et nymphaeis, quibus eminentia tua deputaverit, volumus inservire: facultate praebenda tuae sublimitatis apparitoribus circumeundi sine formidine domus suburbana balnea ad requirendum, ne qua deceptio vel suppressio vel insidiae contra publicam utilitatem a quoquam penitus attemptetur. 40 C.11.43.10 IMPERATOR ZENO A. SPONTIO. Decernimus, ne quid a quacumque persona qualibet dignitate praedita contra munuscularios aquaeductus vel fontes publicos qui ad aquaeductus confluunt pertemptetur. 1. Sed et si quis clam vel palam auctoritate confisus de isdem paragogiis vel fontibus aquam transduxerit vel clandestinis insidiis forte subripuerit, publicis aquaeductibus eam restituere compellatur. 2. Hoc etiam praecipimus, ne in posterum a quolibet iuxta eosdem aquaeductus plantari qualescumque arbores possint, ne ex stirpibus labefactentur parietes aquaeductuum, quod antiquis etiam constitutionibus interdictum esse dignoscitur. 3. Scientibus universis, quod in posterum super huiusmodi commissis suburbanum vel praedium vel balneum vel aquae mola vel hortus, ad cuius usum aqua publica fuerit derivata, vel si quid ex his iuxta aquaeductum positum ad eum pertinet, qui plantavit arbores aquaeductibus noxias, ad quemcumque pertineat locum vel hominem vel domum, proscriptionis titulo subiacebit et fisci viribus vindicabitur: nulli super huiusmodi poena nec per sacros apices venia tribuenda. 41 C.Th.9.32.1: IMPP. HONORIUS ET THEODOSIUS AA. ANTHEMIO PRAEFECTO PRAETORIO. Si quis posthac per Aegyptum intra duodecimum cubitum fluminis Nili ulla fluenta de propriis ac vetustis usibus praeter fas praeterque morem antiquitatis usurpaverit, flammis eo loco consumatur, in quo vetustatis reverentiam et propemodum ipsius imperii adpetierit securitatem: consciis et consortibus eius oasenae deportationi constringendis, ita ut numquam supplicandi eis vel recipiendi civitatem vel dignitatem vel substantiam licentia

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È opportuno segnalare, tuttavia, che la costituzione riportata in nota, C.Th.9.32.1, del 415, prevedeva già la pena di morte in caso di derivazione abusiva delle acque nilotiche in periodo non permesso. Degna di nota l’osservazione per cui, nella costituzione, il danno prodotto dolosamente dalle derivazioni abusive sia equiparato al mancato rispetto della distanza degli alberi piantumati sul fondo dalle canalizzazioni dell’acquedotto: la disposizione mette in luce come la negligenza nel controllare le distanze minime in realtà potesse produrre problemi paragonabili, se non superiori, a quelli delle derivazioni clandestine, poiché costringeva l’amministrazione a continui lavori di controllo e riparazione; le radici degli alberi, infatti, potevano compromettere seriamente le matrices, producendo crepe e insinuandosi ovunque con la conseguenza di danni notevoli alle infrastrutture, la cui riparazione avrebbe gravato sul bilancio cittadino42. Inoltre, un altro indizio probante per Jones riguarderebbe proprio il ruolo apparentemente anomalo del silentiarius Enea: è noto, infatti, che Anastasio, prima di divenire imperatore, aveva ricoperto proprio l’incarico di decurio della schola dei silentiarii a Costantinopoli, quando questo titolo, apparentemente piuttosto modesto, non dava ancora l’accesso al rango senatorio; per tale ragione si potrebbe ragionevolmente pensare che egli avesse un particolare riguardo per tale incarico, come avvenne sicuramente in seguito, soprattutto a partire da Giustiniano. La proposta interpretativa di Jones è, a mio avviso, degna di nota: fondata, seppur sul piano dell’ipotesi, la considerazione in merito alla identificazione della città descritta da Procopio di Gaza con Gerusalemme. Meno convincenti le argomentazioni riguardo al silentiarius, che potrebbe benissimo essere vissuto in epoca giustinianea, anzi le prove dell’esistenza di un Flavius Aeneas come praeses della Tebaide Inferior intorno al 538/39 d.C.43, lo rendono piuttosto probabile, così come quelle riguardo alla titolatura imperiale. Difficile considerare come non formale il contesto dell’epigrafe di Betlemme: il fatto che fosse un documento passato attraverso la mediazione del silentiarius, il quale, a mio avviso, ricopriva sicuramente anche un’altra carica ufficiale in loco, non mi sembra molto

tribuatur. Dat. X Kal. Octob. Constantinopoli Honorio VIII et Theodosio III AA. conss. Come si nota, la costituzione, per il suo rilievo, è conservata anche nel Codice Giustinianeo. 42 O. Robinson, The Water Supply in the Late, cit., p. 85. 43 PLRE, Flavius Aeneas, Vol. III A, p. 20.

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JUS- ONLINE 3/2019 ISSN 1827-7942 probante, dal momento che l’iscrizione doveva essere visibile a tutti i destinatari e svolgere funzione deterrente, era quindi molto arduo non considerarla pienamente formale e specchio della normativa vigente. Si possono considerare altrettanto deboli gli argomenti che concernono la pena: se è vero che, in caso di condanna a pena capitale si poteva andare incontro a una “semplice” deportatio o alla perdita dei diritti alla cittadinanza, ciò non toglie che “sulla carta” essa rimane una pena di morte, più grave delle pene adombrate negli altri provvedimenti esaminati a suo tempo. In ogni caso si nota come i silentiarii di cui abbiamo contezza dalle epigrafi siano particolarmente orgogliosi di registrare su pietra la loro appartenenza alla schola, al punto a volte di anteporre questo titolo ad altri che a noi oggi appaiono come più rilevanti da un punto di vista delle competenze. Tale orgoglio si può meglio comprendere prendendo in considerazione le costituzioni presenti nel Codice Teodosiano e nel Codice Giustinianeo, dalle quali tuttavia non si riesce a cogliere tutta l’attività fuori sede che molti silentiarii svolsero a partire dalla metà del V secolo d.C.

3. Il titolo C.Th.6.23

Veniamo ora alle costituzioni presenti nel Codex Theodosianus e Iustinianus. Il titolo del Codice Teodosiano De decurionibus et silentiariis, C.Th.6.23, contiene quattro costituzioni, due delle quali furono emanate a Costantinopoli, le rimanenti a Ravenna: questo significa che le due corti, parallelamente, in particolare a partire dall’epoca di Teodosio II e di Valentiniano III, si servivano di queste “guardie del corpo” d’eccellenza per le quali si prevedevano esenzioni e privilegi viepiù notevoli44. Tutte le costituzione di C.Th.6.23 sono conservate nel manoscritto R45 e non vengono recepite dal Breviarium Alariciarum. La prima costituzione ad essere stata inserita nel Codice Teodosiano è C.Th.6.23.1, emanata dall’imperatore Teodosio II il 31 ottobre del 415 a Costantinopoli: ci troviamo quindi in un’epoca già piuttosto avanzata,

44 A. E. R. Boak - J. E. Dunlap, The Office of the Grand Chamberlain in the Later Roman and Byzantine Empires, in Two Studies in Later Roman and Byzantine Administration. New York – London 1924, pp. 161 ss. 45 Parisinus 9643, XLII-XLIV (vd. Th. Mommsen, Codex Theodosianus. Prolegomena, Vol. I., Berolini, 1905, p. VI). Il Codice presenta qualche lacuna ai margini dei fogli per la consunzione degli stessi.

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JUS- ONLINE 3/2019 ISSN 1827-7942 poiché come detto si tratta di un incarico che assumerà rilievo crescente a partire dal V secolo. La legge è diretta a tre destinatari: il praefectus urbi Ursus46 e i due praefecti praetorio, il primo dell’Oriente e il secondo dell’Illirico, Aurelianus47 e Strategius48: Seeck ritiene la presenza di tre soggetti nella subscriptio49 come dovuta alla presa d’atto del provvedimento e, nel concreto, all’unione di copie diverse della stessa legge da parte dei compilatori teodosiani. La costituzione, conservata solamente nel manoscritto Parisinus 9643 con testo a tratti lacunoso, ma perfettamente ricostruibile, anche grazie all’ausilio del Codice Giustinianeo, è ripresa da quest’ultimo (C.12.16.1 nel titolo omonimo) con un testo un po’dissimile e adattato alle esigenze dei tempi. C.Th.6.23.1 IMPP. HONORIUS ET THEODOSIUS AA. URSO PRAEFECTO URBI ET AURELIANO PRAEFECTO PRAETORIO ORIENTIS ET STRATEGIO PRAEFECTO PRAETORIO ILLYRICI: decuriones nostri palatii post emensum fideliter obsequium, post deposita sacramenta militiae, ex quo haec sanximus, inter eos, qui ex ducibus sunt, tamquam et ipsi administraverint, esse praecipimus in adoranda nostra serenitate, ut in salutandis administratoribus et reliquis praedicti honoris privilegiis, sed ita, ut in amplissimo et venerabili ordine inter allectos et inmunes a senatoriis distributionibus habeantur nec descriptio glebalis eos in eo adtineat. DAT. PRID. KAL. NOV. CONSTANTINOPOLI HONORIO X ET THEODOSIO VI AA. CONSS50.

46 PLRE II, Ursus 3, 1192. Ursus ci è noto solamente come prefetto della città. 47 PLRE, vol. I, Aurelianus 3, p. 128. PLRE, vol. II, Aurelianus 3, p. 199. Aurelianus è un personaggio molto interessante di cui parla Synesius nel De providentia, figlio del protagonista nel saggio del partito antigermanico. Fu, dopo vari incarichi di natura militare, praefectus urbi di Costantinopoli, e come tale ricevette molte costituzioni. Poi divenne praefectus praetorio Orientis nel 399, poi di nuovo tra il 414 e il 416, dopo l’esilio e il ritorno. 48 PLRE II, Strategius 3, p. 1033. Strategius, prima consul rerum privatarum nel 410 (di quell’anno C.Th.5.50), è prefetto del pretorio dell’Illirico nell’ottobre del 415, quando riceve C.Th.6.23.1. 49 O. Seeck, Regesten der Kaiser und Paepste fuer die Jahre 311 bis 476 n. Chr. Vorarbeit zu einer Prosopographie der christlichen Kaiserzeit, Stuttgart, 1919, p. 7: “Auch wo sonst doppelte oder dreifache Adressen vorkommen, wir man in der Regel annehmen dürfen, daß verschiedene Ausfertigungen desselben Gesetzes von den Kompilatoren zusammengezogen sind”. 50 C.12.16.1: IMPERATORES HONORIUS, THEODOSIUS AA. URSO PU. ET AURELIANO PP. ORIENTIS ET STRATEGIO PP. PER ILLYRICUM. Decuriones nostri palatii post emensum fideliter obsequium postque deposita sacramenta militiae electionem habeant, sive ex magistro officiorum velut agentes dignitatem consequi a nostra maiestate maluerint, sive inter viros illustres comites domesticorum, videlicet inter agentes, taxari, ut tam in adoranda nostra serenitate quam in salutandis administratoribus et reliquis praedicti honoris privilegiis nec non

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Il provvedimento si occupa specificamente dei decurioni e del loro trattamento “pensionistico”, quindi non riguarda i silentiarii in via generale, ma solo coloro che li dirigevano: essi vengono parificati nella costituzione teodosiana ai duces, mentre in quella giustinianea il loro grado è ricondotto a quello dei magistri officiorum e del comes domesticorum, non solo dal punto di vista economico e come causa di esenzione dalle imposte, ma anche per quanto riguarda i privilegi formali all’interno della corte e del consistorium. Nella costituzione teodosiana si specifica che in Senato51 i decuriones debbano essere annoverati tra gli allecti e che siano da considerare esenti dalle tasse senatoriali e dalla tassa glebale. La seconda costituzione del titolo è stata emanata a Ravenna da Onorio il 9 marzo del 423 d.C. ed è diretta al prefetto del pretorio dell’Italia (e forse dell’Africa), Venantius52, il quale l’anno precedente era stato comes rerum privatarum, come indica C.Th.11.28.13 del 422, anch’essa di matrice ravennate. C.Th.6.23.2: IDEM AA. VENANTIO PRAEFECTO PRAETORIO: unusquisque decurio vel silentiarius, sive post hanc militiam honoratam quietem elegisse fuerit adprobatus sive ad superiorem gradum successu meliore transcenderit, nihil, quod honoratis pro rerum necessitate iniungitur, cogatur exsolvere; sed a tironum et equorum praestatione habeantur inmunes, nudam collationem quae plerumque poscitur solvant, nihil his ulla potestas iniungat aut necessitas imponat. DAT. VII ID. MART. RAVENNA ASCLEPIODOTO ET MARINIANO CONSS53. Pochi mesi dopo l’emanazione di questa costituzione, Onorio moriva a Ravenna, lasciando l’Occidente in uno stato di incertezza, dal momento che

in nostro consistorio his honor omnifariam observetur. D. PRID. K. NOV. CONSTANTINOPOLI HONORIO X ET THEODOSIO VI AA. CONSS. 51 F. De Martino, Storia della costituzione romana, cit., pp. 361 ss.: Silentiarii e decuriones entravano automaticamente dopo essere stati tribuni, notarii, appartenenti ai sacra scrinia, il princeps degli agentes in rebus, adiutor del magister officiorum, primicerius nelle scholae dei domestici protectores e i primi dieci tra questi ultimi, comites e tribuni degli scholarii. 52 PLRE, vol. II, Venantius 1, p. 1152. 53 La costituzione è ripresa dal Codice Giustinianeo in C.12.16.2, il cui testo è stato massimato e ridotto a brevissima disposizione di esenzione dalla prestazione di reclute e cavalli e dal pagamento di ogni sorta di collatio: C.12.16.2: IMPERATORES HONORIUS, THEODOSIUS AA. VENANTIO PP. Unusquisque decurio vel silentiarius a tironum et equorum praestatione habeatur immunis: nullam collationem, quae plerumque poscitur, solvat: nihil his ulla potestas iniungat aut necessitas imponat. HONOR. ET THEODOS. D. VII ID. MART. RAVENNAE ASCLEPIODOTO ET MARINIANO CONSS.

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JUS- ONLINE 3/2019 ISSN 1827-7942 il successore Giovanni Primicerio, seppur riconosciuto dal Senato di Roma, non lo fu da Teodosio II. Di Giovanni non si conserva alcuna costituzione, così che quella in oggetto è una delle ultime leggi occidentali conservate nel codice teodosiano prima dell’avvento di Valentiano III nella seconda metà del 425 d.C.54 La costituzione esenta sia i silentiarii, sia i loro decuriones, nel caso in cui siano andati in pensione oppure anche siano saliti di grado, dall’obbligo di consegna di cavalli e di reclute. Inoltre è prevista l’esenzione dal pagamento di collatio. Risale a quasi dieci anni dopo, C.Th.6.23.3, emanata a Ravenna da Valentiniano III nel marzo del 432 e diretta a Nicomaco Flaviano55, prefetto del pretorio d’Italia, Illirico e Africa sotto Valentiniano III, figlio di quel Flaviano, baluardo del paganesimo romano, che aveva appoggiato l’usurpatore Eugenio contro Teodosio. Flaviano Iunior, perdonato per aver ricoperto la carica di praefectus urbi Romae sotto l’usurpatore pagano, sale di nuovo fino alle massime cariche dello Stato, ricevendo piena fiducia da Valentiniano III. Chiaramente Flaviano rappresentava la pur sempre influente aristocrazia di Roma che l’imperatore desiderava ingraziarsi in un periodo di crescente difficoltà per la pars Occidentis.

54 I provvedimenti emanati ad Aquileia nel 425 d.C. recano, tuttavia, la paternità di Teodosio II, il quale aveva imposto militarmente il figlio di Galla Placidia in Occidente nell’estate di quell’anno; le costituzioni aquileiensi sono quindi emanate sub nomine Valentiniani, ancora Cesare (vd. Th. Mommsen, Prolegomena, cit., p. CCC). Il bambino venne nominato Augustus il 23 ottobre di quell’anno a Roma. 55 Virius Nicomachus Flavianus Iunior, su cui abbiamo iscrizioni sia a Roma, sia a Napoli, cominciò la sua carriera come consularis Campaniae (prima del 382), poi divenne proconsul Africae (tra il 382 e il 383). Dopo essere stato alla corte di Teodosio senza ottenere posti di rilievo, sotto l’usurpatore Eugenio divenne praefectus urbi Romae. L’impegno profuso dal padre per restaurare il paganesimo, appoggiando Eugenio contro Valentiniano II e poi contro Teodosio, in modo per noi inatteso, non lo rovinò completamente: fu di nuovo praefectus urbi due volte e poi prefetto del pretorio dell’Italia, Illirico e Africa nel 431-2 (Seeck, Nicomachus Flavianus, in PWRE, Vol. VI.2, Stuttgart, 1919, col. 2506 ss.; W. Hartke, Zwei chronologische Fragen um Nicomachus Flavianus, in Klio 31 (1930), p. 430 ss.; J. Callu, Les Préfectures de Nicomaque Flavien, in Melanges Seston, Paris 1974, pp.73 ss.; J. J. O’ Donnell, The Career of Virius Nicomachus Flavianus, in Phoenix, 32 (1978), pp. 129 ss., Idem, The Demise of Paganism, in Traditio, 35 (1979), pp. 45 ss.; PLRE, Vol. I, Nicomachus Flavianus 14, p. 342). D. Vera, La carriera di Virius Nicomachus Flavianus e la prefettura dell’Illirico Orientale nel IV sec. d.C., in Athenaeum, 61 (1983), pp. 24 ss., pp. 390 ss.; PLRE, Vol. I, Virius Nicomachus Flavianus 15, pp. 347 ss.; T. Honoré, Virius Nicomachus Flavianus, Kostanz, 1989, pp. 9 ss. È ovvio che numerose lettere di Simmaco (IV.4.2; IV.6.2; IV.19.2; IV.39; IV.51.1; V. 6; V. 47; VI.10; VI. 30; VI.35; VI.36; VI.52; VI. 56; VI, 59; VI.63; VII.47; VII. 95; VII. 102; IX. 47) testimoniano quanto l’insigne letterato si fosse prodigato per il genero, in più, probabilmente, ci furono in gioco fattori più cogenti, tra cui l’intercessione a scopi politici, prima di Stilicone e poi di Ezio o di Galla, e la necessità di accattivarsi le simpatie dell’aristocrazia senatoria romana.

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C.Th.6.23.3 IMPP. THEODOSIUS ET VALENTINIANUS AA. FLAVIANO PRAEFECTO PRAETORIO: decurionibus et silentiariis vel his, qui post hanc militiam honoratae quietis otio perfruuntur vel ad superiorem gradum successu meliore transcendunt, omnia privilegia, quae iam dudum divorum principum iudicio meruerunt, legis istius praeceptione esse firmata. Illa quoque, quae prioribus indultis omissa videntur, adicienda esse censemus, ne angarias vel parangarias sive paraveredos ulla eis amplissimae praeceptionis imponat auctoritas. A sordidis quoque muneribus, excoctione calcis et superindicticiis titulis, non praeiudicatura quacumque generalitate pragmatici, peculiari eos beneficio esse iubemus alienos, permissa veniendi ad comitatum licentia praeter evocatoriae securitatem, et multa X librarum auri iudicibus provinciarum eorumque officiis infligenda, si statuta numinis nostri crediderint esse temnenda. DAT. VIIII KAL. APRIL. RAVENNA AETIO ET VALERIO CONSS. La costituzione si presenta in linea con quelle relative alla pars Orientis nell’opera di progressiva organizzazione burocratica delle corti imperiali: essa prevede infatti che sia i silentiarii che i decuriones andati in pensione e progrediti nella carriera abbiano conservati i loro privilegi e le loro immunità fiscali. Da questo punto di vista, sono esentati per sempre dalle prestazioni relative al cursus publicus, ai sordida munera, alla estrazione, fabbricazione e trasporto di calce e dalle superindictiones. Si tratta, come si vede, di benefici di non lieve entità che accompagnano la persona onorata delle cariche in oggetto per tutta la vita. La completa omogeneità di trattamento tra Occidente e Oriente si può verificare nella successiva C.Th. 6.23.4 del 437 d.C., inviata al praefectus praetorio Orientis, la quale richiama esplicitamente C.Th.6.23.3 nella frase introduttiva, confermandone le disposizioni per l’Oriente (Decurionum et silentiariorum meritis provocati collata in eos beneficia, quae dominus ac filius noster Valentinianus semper Augustus erga eos contulit, confirmamus) e creando così un legame intenso in materia tra le due partes imperii. C.Th.6.23.4 IDEM AA. DARIO VIRO ILLUSTRI PRAEFECTO PRAETORIO ORIENTIS. Decurionum et silentiariorum meritis provocati collata in eos beneficia, quae dominus ac filius noster Valentinianus semper Augustus erga eos contulit, confirmamus, specialibus eosdem privilegiis honorantes, ut eorum videlicet

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possessiones nullas angarias sive parangarias vel etiam paraveredos alicuius calumnia dare cogantur nec sordidis sint adstricti muneribus. Omni quoque eos excoctione calcis, omni superindicti gravamine liberamus, licentiam post militiam tribuentes, ut, ubi eis fuerit visum, etiam accedendi ad sacratissimum comitatum habeant facultatem, provinciarum rectoribus eorumque apparitionibus denarum librarum auri dispendio feriendis, si mansuetudinis nostrae statuta violare temptaverint. 1. His addimus, ut, cum optatam quietem acceperint et inter senatores coeperint numerari, honore curiae sine aliqua functione laetentur inmunitatisque gaudio plena dignitatis laetitia potiantur, nec praetoriano nomine pulsandi nec glebali onere praegravandi, sed ut dignitatem solam habeant ex senatu. domos quoque eorum vel in hac sacratissima urbe vel in qualibet alia positas civitate immunes ab omni hospitum cuiuslibet dignitatis inquietudine vindicamus: sub hac videlicet definitione, ut triginta tantummodo numero haec privilegia consequantur, decuriones quoque tres, quos numquam plures fieri inveterata consuetudo permisit. 2. Sed eos tum demum potiri decernimus beneficiis supra scriptis, cum continuos tredecim annos inculpatas excubias peregerint. Illustris auctoritas tua statuta nostrae clementiae edictis propositis ad omnium notitiam faciet pervenire. DAT. XVII KAL. APRIL. CONSTANTINOPOLI POST CONSULATUM ISIDORI ET SENATORIS VV. CC.56. La costituzione, ultima del titolo nel Codice Teodosiano, anche perché emanata a ridosso della compilazione, si presenta con una lista dettagliata di esenzioni e privilegi, più precisa e puntuale rispetto al modello occidentale (almeno per come esso è conservato nel Codice), ma sostanzialmente identica: i silentiarii e i decuriones sono immunes dal dover contribuire ai servizi di trasporto ordinario e straordinario, ai cavalli di posta supplementari o ai munera sordida. Inoltre è prevista esenzione per quanto riguarda la cottura della calce e ogni forma di superindictio. In entrambe le costituzioni è conservato l’aspetto sanzionatorio: per la violazione di queste disposizioni è prevista una multa di dieci libbre d’oro

56 C.12.16.3.2. La costituzione C.Th.12.5.2, appartenente al titolo De praepositis sacri cubiculi et de omnibus cubiculariis et privilegiis eorum, contiene in riferimento ai cubicularii alcune parti della legge in oggetto riportate testualmente, in particolare la parte che concerne l’esenzione di offrire ospitalità ai dignitari e la onerosa multa prevista per i governatori e loro apparitores che violino le disposizioni della legge.

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JUS- ONLINE 3/2019 ISSN 1827-7942 per i governatori provinciali e gli apparitores che si permettessero di non ottemperare alle presenti disposizioni. La disposizione è stata ripresa in modo identico anche nell’ammontare dalla costituzione occidentale risalente a cinque anni prima. Qui, tuttavia, è aggiunta una parte ulteriore che prevede altri privilegi, tra cui l’esclusione dagli obblighi legati alla carica di pretore e all’imposta glebalis. Inoltre le domus proprietà di silentiarii e decuriones, in qualsiasi zona dell’impero ubicate (quindi anche in territorio commerciale) non avranno l’obbligo di ospitare personaggi di alto rango al loro passaggio. Si conclude, tuttavia, disponendo un limite tassativo di trenta silentiarii e di tre decuriones che abbiano diritto a quanto disposto. Ad un ampliamento dei privilegi corrisponde nel provvedimento (§ 2) una limitazione considerevole per la quale si prevede l’applicazione di quanto stabilito nella costituzione solamente a coloro che abbiano prestato servizio senza demerito per ben tredici anni continuativi. Quindi, come si vede, vi è anche un tentativo di arginare l’ondata di esenzioni e di privilegi crescenti e gravanti sempre più sulle finanze delle due corti, prevedendo limitazioni secondo il criterio del numero dei beneficiari e della consistenza del servizio reso. Non è dato sapere con sicurezza se queste restrizioni fossero presenti originariamente anche nella costituzione di Valentiniano: a mio avviso, non lo erano. Infatti ritengo che il provvedimento occidentale abbia caratteristiche che fanno pensare che sia stato scritto sull’onda di un impulso specifico, magari in connessione con qualche episodio legato a un personaggio particolarmente caro all’imperatore, dal momento che sembrano essere punti centrali sia il permanere dei privilegi, sia l’attribuzione della facoltà di avvicinarsi al nucleo ristretto del comitatus anche dopo il pensionamento o eventuali promozioni. Al contrario, la costituzione C.6.23.4, così come è ripresa da Teodosio II, appare maggiormente come un provvedimento organizzativo e di portata generale. La medesima impressione di essere leggi emanate in occasione di un evento specifico, tuttavia, si respira nelle due costituzioni presenti, per ragioni di carattere cronologico, solamente nel Codice Giustinianeo: l’una risalente all’epoca dell’imperatore Zenone e l’altra a quella di Anastasio, il quale, come detto, aveva un particolare legame con silentiarii e decuriones per i suoi trascorsi in quella schola. C.12.16.4: IMPERATOR ZENO A. COSMAE PRAEPOSITO SACRI CUBICULI: ne ad diversa tracti viri devoti silentiarii iudicia sacris

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abstrahi videantur obsequiis, iubemos eos, qui quemlibet devotissimorum silentiariorum scholae vel eius uxorem civiliter vel etiam criminaliter pulsare maluerint, minime eum ex cuiuslibet alterius iudicio nisi ex iudicio tantummodo viri excellentissimi magistri officiorum conveniri. La costituzione vieta di trascinare in giudizio, sia per cause di carattere civile, sia per quelle criminali un silentiarius o sua moglie, dal momento che in questo modo egli sarebbe distolto dai suoi incarichi a corte. Si dispone che un silentiarius possa essere convenuto per sottoporsi al giudizio solamente per ordine del magister officiorum. Il provvedimento, emanato una quarantina d’anni dopo il precedente, tra il 474 e il 491, risale quindi a un’epoca in cui si può valutare l’evoluzione della carica solamente nella pars Orientis. Anche se, come visto, il magister officiorum57 non è il diretto superiore dei silentiarii, compito che compete al praepositus sacri cubiculi58, a lui spetta la competenza giurisdizionale su di loro e sulla loro famiglia. Non a caso, comunque, questo elemento antinomico tra la gerarchia di carattere amministrativo e quella disciplinare, doveva aver determinato qualche problema: infatti destinatario è il praepositus sacri cubiculi che viene informato della disposizione imperiale oppure che potrebbe essere stato tra i proponenti della stessa. Possibile anche che la costituzione sia stata emanata proprio in seguito a qualche episodio realmente accaduto e che la citazione esplicita delle mogli dei silentiarii forse abbia un significato specifico concreto. Ultima costituzione conservata nel Codice Giustinianeo riguardante l’argomento è C.12.16.5, emanata da Anastasio, l’imperatore che, come visto, aveva ricoperto in gioventù proprio la carica di silentiarius.

57 M. De Martino, Storia della costituzione romana, cit., p. 262 s.; A. Giardina, Aspetti della burocrazia nel basso impero, Roma 1977; G. Purpura, Il magister officiorum e la schola agentum in rebus, in Labeo, 24.2 (1979), pp. 202 ss.; M. G. Castello, Evoluzioni e funzioni del magister officiorum. Rileggendo il De magistratibus populi romani di Giovanni Lido, in Istituzioni, carismi ed esercizi del potere (IV – VI d.C.), Perugia 2010, pp. 99 ss.; Eadem, Le segrete stanze del potere. I comites consistoriali e l’imperatore tardoantico, Roma 2012, pp. 20 ss.; G. Piepoli, Il magister officiorum e le altre dignitates nell’amministrazione del tardo impero romano, München 2017. 58 F. De Martino, Storia della costituzione romana, cit., p. 281, chiarisce che la competenza del praepositus non era esclusiva, in quanto egli “aveva alle sue dipendenze il personale di servizio della Corte, ma non esclusivamente data di competenza del magister officiorum in particolare nel campo disciplinare”.

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Il provvedimento è diretto al prefetto del pretorio Policarpo59 e, quindi, pur essendo non datato, si può presumere che sia stato emanato nel 498 d.C. C.12.16.5: IMPERATOR ANASTASIUS A. POLYCARPO PP. pr. Iubemus clarissimorum silentiariorum militia praeditos, etsi genitorum suorum in potestate sint constituti, quaecumque solaciorum sive emolumentorum vel donationum seu hereditatum nomine per militiam vel quamlibet eius causam his adquisita sunt vel fuerint, iure castrensis peculii possidere, nec ea posse vel perentes superstites sibimet vindicare vel auferre, vel etiam post eorum obitum fratres vel alios heredes eorum quasi ad defunctorum dominium pertinentia in divisionem deducere: nec enim oportet labores eorum aliis fructum vel lucrum adferre. Hac namque ratione simul et contemplatione nec ipsam militiam vel suffragium, quodcumque pro ea vel ab isdem viris devotis silentiariis vel a parentibus eorum vel quolibet alio datum est vel fuerit, ab his patimur in successionem defunctorum parentum conferri seu nomine collationis in medium easdem offerri pecunias vel his imputari. Ad haec de tutelis et curationibus eos excusari sancimus, ne alienarum rerum administrationem subire compellantur, qui propter nostra ministeria nec suis curam seu provisionem diligenter deferre possunt. Liberos insuper eorum, qui dignitate virorum spectabilium comitum seu tribunorum decorati sunt vel fuerint, nullatenus nolentes administrationem praeturae suscipere seu peragere. Omnibus videlicet antelatis privilegiis in persona non tantum in praesenti militantium, sed etiam postea eidem consortio inserendorum tam tempore militiae quam post eam depositam observandis. La costituzione si occupa dei guadagni dei silentiarii e delle eredità e dei doni che ricevono in virtù del loro servizio a corte: in questi casi, anche se il soggetto è ancora sottoposto alla potestà agnatizia, il salario e le altre entrate devono essere considerate come il peculium castrense e quindi non entrare nell’asse ereditario del pater defunto. Inoltre chi presta servizio non avrà compiti di tutela e curatela in ambito privato per evitare distrazioni e, oltre a loro, neppure i loro figli, se hanno ottenuto il titolo di comites e tribuni, saranno costretti a ricoprire l’ufficio della pretura: infine

59 PLRE, Vol. II, Polycarpus, p. 895 s. fu scriniarius e promosso sotto Anastasio alla prefettura (Johan., De magistr., 3.36).

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JUS- ONLINE 3/2019 ISSN 1827-7942 si stabilisce che tali disposizioni siano valide non solo per il presente, ma anche per il futuro, sia per i silentiarii in servizio, sia per quelli in pensione. Indubitabile l’accrescimento dei vantaggi non solo per i decuriones, ma anche per i semplici silentiarii, che si vengono a trovare in una posizione molto favorevole a corte.

4. Conclusioni.

Ora, balza subito all’occhio uno scollamento tra l’immagine che emerge dalle scarne biografie dei silentiarii di cui conosciamo il nome e brandelli di carriera e quella che si evince dalle costituzioni contenute nel Codice Teodosiano e in quello giustinianeo. I silentiarii consegnatici dalla storia appaiono, infatti, come figure molto attive, a volte addirittura carismatiche, inviate in tutto l’impero per svolgere funzioni diplomatiche perché esperte in quello che oggi chiameremmo problem solving. Si tratta di personaggi che non trascorrono la vita a corte, ma che rappresentano la corte anche nelle plaghe più lontane da Costantinopoli. I silentiarii di cui parlano le costituzioni sono invece soggetti strettamente legati al loro incarico costantinopolitano, valutati a seconda della dedizione al servizio, persone che l’imperatore medesimo si dà pena di proteggere e tutelare, anche per il ruolo fondamentale di guardie a più stretto contatto con lui. Le costituzioni parlano chiaramente: i privilegi discendono in modo particolare dalla costanza con cui presta servizio il silentiarius e, a un certo momento, si dispone anche una durata minima per ottenerli: tredici anni. A quel punto, tuttavia, i privilegi (esenzioni, immunità, pensione) sono acquisiti e ciò che viene tutelato con particolare attenzione è il rispetto degli stessi anche nelle località di provincia. Dal momento che tredici anni non sono pochi, ma neppure moltissimi, e che questa soglia è stata fissata solamente nel 437 d.C. (prima probabilmente era una durata non prefissata), si potrebbe avanzare l’ipotesi per cui persone che avevano ricoperto il ruolo di silentiarii o di decuriones, poiché magari non avevano ottenuto altri ruoli ufficiali a corte, erano inviati in missione, in quanto ritenuti figure di estrema fiducia. Attribuirei il fatto che essi vengano spesso identificati con il termine di silentiarii, anche quando compiono tali missioni, perché tale ruolo doveva essere percepito come prestigioso e, pur non rappresentando un gradino

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JUS- ONLINE 3/2019 ISSN 1827-7942 particolarmente alto della carriera nel palatium, esso permetteva un rapporto diretto e costante con l’imperatore, un trampolino di lancio non trascurabile. Per non parlare dei molteplici vantaggi e privilegi acquisiti per tutta vita e in tutto il territorio, motivo per cui forse anche gli ex-silentiarii amavano vantare la carica e metterla in rilievo pure in documenti epigrafici, come il Flavio Enea della costitutio de aquaeductu incerti imperatoris. Oppure anche si pensi al fatto che il noto letterato Paulus passò alla storia ed è ancor oggi denominato come Silentiarius. Se, quindi, non si può escludere che talora silentiarii in carica siano stati inviati a svolgere delicate missioni in luoghi scossi da tumulti, catastrofi naturali o delicati conflitti di matrice religiosa, è probabile che tale ruolo spettasse per lo più a personaggi che avevano prima maturato per anni il loro rapporto a corte e che, poi, erano considerati pronti per ruoli spesso caratterizzati dall’esigenza di figure forti, ma temperanti. In ogni caso il confronto tra i documenti letterari ed epigrafici e quelli giuridici, permette di comprendere come solamente una lettura integrata degli stessi possa conferire una visione globale su un tema che concerne funzioni di carattere amministrativo: le costituzioni forniscono il materiale per accedere alle problematiche burocratiche e alla valutazione della posizione del silentiarius; le fonti epigrafiche e letterarie, invece, offrono dati essenziali per capire quale fu la vita reale di alcuni di questi individui, quali porte si spalancarono loro e quale fosse concretamente la considerazione diffusa del loro ruolo.

Abstract: The function of silentiarius, a kind of bodyguard responsible for maintaining order during the imperial hearings, appears in the laws contained in Codex Theodosianus, like a pale court official, devoid of any depth. At the contrary, it can be seen from the survey on the epigraphical and literaly sources that many silentiarii had brilliant careers, often characterized by diplomatic functions. Il was a role played in close contact with the emperor and, than, rated as so prestigious as to be placed in the foreground in the Byzantine incriptions and in the literary sources (see Paulus and Flavius Aeneas in constitutio incerti imperatoris de aquaeductu). The interdisciplinary work of comparing the sources, allows scholars to understand that this office, especially starting from Anastasius, was a springboard to achieve important official assignments.

Key words: silentiariuns; C.Th.6.23; constitutio incerti imperatoris; Flavius Aeneas.

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