NUMERO 265 in edizione telematica 10 febbraio 2019 DIRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected]

Con una lettera inviata il 10 gennaio a tutte un pubblico di ignoranti, dai quali ci si sente le Federazioni associate, la Iaaf ha reso note sempre più circondati. le proposte formulate dalla Commissione Lungi da noi pensare che il progresso vada Marcia, presieduta da Maurizio Damilano e fermato, però ci sembra chiara la necessità composta da dieci individui la maggior parte di indirizzarlo senza stravolgere la tradizione dei quali con tanto di medaglia al collo, che in una specialità di lunga data come la prevedono “cambiamenti radicali” per marcia: ben venga dunque il Race Electronic “garantire la crescita e lo sviluppo della Control System – ossia una sorta di Var disciplina”: il tutto, che sarà messo in atletica –, con solette sensibili collegate ad votazione per l’approvazione dal Council della un chip che trasmette dati wireless ad un Federazione Mondiale di Atletica a Doha il 10 computer in grado di verificare la correttezza e 11 marzo, dando seguito ad una richiesta del contatto del piede con il suolo, e di del Cio, sempre più preoccupato di snellire le conseguenza sanzionare quella che viene competizioni per assecondare le richieste dei chiamata “sospensione” il cui riscontro ad grandi network. occhio nudo risulta sempre più complicato Evitando di perdersi nei dettagli, la visti i ritmi di marcia. rivoluzione proposta è quella di abolire la Ma una cosa è preoccuparsi della correttezza prova sui 50 km per introdurne una sui 30 e, del gesto, ben altra eliminare una gara (50 facendo un bel km) che la passo indietro, momento appare riproporre i 10 km o come la più diecimila metri se si credibile e ridurre dovesse gareggiare la distanza di in pista (ovviamente un'altra (20 km) si tratta solo di una che ha un suo variante lessicale) al preciso significato posto dei 20 km. e che fu introdotta Ovvio che, dietro proprio per una proposta del “punire” chi con il genere, ci siano suo gesto più che interessi marciare tendeva commerciali legati correre, sfruttando soprattutto alle l’intensità della televisioni che mal frequenza per digeriscono un cercare di evitare prodotto di lunga sanzioni. durata e, viceversa, Le reazioni del si affannano a mondo dell’atletica sollecitare cambiamenti di tutti i generi, tali non mancano, soprattutto da parte di chi è da rendere l’evento sportivo sempre più critico (tale e quale come nella politica…) e clownesco e dunque appetibile soprattutto a crediamo che a Maurizio Damilano di questi

SPIRIDON/2 tempi fischino parecchio gli orecchi: quella durata. Vivere o scomparire, è questo il che lui definisce “un’evoluzione pilotata” succo: sono anni di studio e, alla fine, relegando al ruolo di “reazione emotiva” scaturisce la proposta che tanto clamore sta l’insorgere di tanti contro la proposta suscitando. E qui ciascuno è libero si trarre formulata ci pare meriti quanto meno un le sue considerazioni. Non ci sottraiamo: approfondimento, perché è impensabile che siamo quanto meno perplessi, perché una persona che da sempre conosciamo di amando il passato anche più dell’incerto grande equilibrio, improvvisamente si faccia presente (al futuro non vogliamo neppure portavoce di una rivoluzione che, comunque, pensare), ci pare di fare una gravissimo è destinata a stravolgere quel mondo al torto ai Frigerio, ai Dordoni, ai Pamich e ai quale proprio lui, campione olimpico e due tanti altri italiani che hanno contribuito a volte iridato, ha dato molto ricevendo però scrivere la storia della marcia, regalando altrettanto. grandi trionfi a questo Paese che di “Bel” Cerchiamo dunque di riassumere quella che conserva purtroppo assai poco. è stata una lunga conversazione telefonica, Nel clamore di questi giorni risulta, come si nella quale peraltro abbiamo dato ampio suole dire, “assordante” il silenzio della spazio a tutte le nostre perplessità. Si parte Fidal: d’altronde come spiegare che Antonio dai primi anni Duemila con il Cio che La Torre, citì che merita tutta la nostra manifesta l’intenzione di cancellare la marcia stima, ha recentemente convinto Eleonora dal programma olimpico. Primo Nebiolo è Giorgi a preparare la 50 km, come gara scomparso da pochi anni ed il suo ideale per lei in futuro? Peccato che così successore, il senegalese Lamine Diack, non difficilmente potrà gareggiare ai Giochi di ha né il carisma né la statura dirigenziale per Tokio 2020, dove questa prova per ora non fare la voce grossa. Anche il Cio ha cambiato fa parte del programma, e già dai Mondiali il suo vertice, da Samaranch a Rogge, ed è successivi del 2021 a Eugene si dovrebbe tutta una nuova cultura sportiva, basata passare ai 30 km. sugli utili, a prendere il sopravvento. Ultima annotazione riguardo a questo spazio La marcia riesce comunque a salvarsi come che fino a qualche giorno fa pensavo di sport olimpico, ma è evidente che è una dedicare a quello che ritendo l’obbrobrio concessione “a termine”: lo intuisce fin da delle staffette miste recentemente varate: in allora Damilano e altrettanto farà, dopo questa gara dirigenziale al peggio, ci sarà l’esperienza olimpica come presidente del comunque modo e tempo di parlarne in Comitato Organizzatore di Londra 2012, il seguito. Magari ricordando che l’essenza successore di Diack, il plurititolato Sebastian dell’atletica è il singolo che sfida se stesso ed Coe. i propri limiti e che sport di squadra ne La Commissione Iaaf della marcia viene esistono già più che a sufficienza, molti dei quindi investita del difficile compito di quali neppure particolarmente interessanti cercare soluzioni che, di pari passo, pur facendo parte rigorosamente del propongano un utilizzo della tecnologia per programma olimpico per garantirsi i voti di dare sempre maggiore credibilità ai risultati quei Paesi nei quali vengono praticati. delle gare ed al tempo stesso rendano più appetibile lo spettacolo, riducendone la Giorgio Barberis

“Escimi le chiavi che vado a pisciare il cane” dice lui a lei. “Scendete i profughi” diceva il cartello degli accoglioni sul molo di Siracusa. Sono espressioni scorrette, ma sempre più comuni, specialmente al sud. Verbi intransitivi mutati in transitivi. Ma ci sono altre espressioni non ortodosse che si sentono spesso, e riguardano l’uso errato del participio passato: “a casa tua dobbiamo venire già mangiati?”. Ieri è dilagata sui social la bufala che l’Accademia della Crusca aveva sdoganato questo tipo di espressioni, con gran disgusto delle maestrine da tastiera. In realtà la Crusca non ha dato alcun ok. E’ vero che sdogana ogni anno neologismi come cazziare, cliccare, efficientare, googlare, docciarsi, ma quello è un fatto di lingua, non di grammatica. “Di fronte alle tendenze del parlato il linguista è sensibile perché tenta di cogliere il mutamento in atto, ma il grammatico no, e si erge a limite invalicabile”. Così scrive Claudio Marazzini, Presidente dell’Accademia della Crusca, a margine della polemica su “esci il cane”. Niente sdoganamenti. I prof potranno continuare a segnarlo col blu. “Si può sorvolare nel linguaggio parlato – prosegue Marazzini – ma bisogna assolutamente correggere nell’uso formale e non c’è da preoccuparsi: orrori come “qual è” con l’apostrofo non saranno mai sdoganati.” Facile a dirsi. Prendiamo il povero congiuntivo, ad esempio. E sempre lì, con un piede nella fossa (linguaggio parlato) e l’altro fuori (linguaggio ufficiale) e a portarlo nella tomba sono spesso giornalisti e scrittori. Come si deve regolare il povero prof ? Facendo finta di niente: tranquilli, raga, se era sbagliato ve lo segnava. [email protected]

SPIRIDON/3

Tortu, perché solo un assaggio indoor?

L’ondata sembra passata e, a malapena assorbita. Una cura pesante e non omeopatica per il cambiamento del CONI. La riforma dello sport propugnata dal leghista Giorgetti, è la più robusta iniezione di novità propinata all’ente dai giorni caldi della riforma Melandri. Il Governo sportivo è per tradizione conservatore e poco aduso agli interventi esterni. Gli piace auto-governarsi in una cornice di referenzialità che ha reso in termini di risultati sportivi (segnatamente all’Olimpiade) molto meno per eventuali progressi nella sportivizzazione del Paese, partendo dalla scuola. Anzi, in quest’ultimo comparto i segnali sono negativi. Videogiochi a parte (si, anche quello è sport ormai, preso in seria considerazione olimpica) i passi indietro fatti sono tanti. Come se il CONI non dovesse occuparsi con un’azione di stimolo del destino sedentario di milioni di persone, in primis gli adolescenti. I dati sull’obesità e sulla cronica mancanza di impianti sono evidenziati dalla realtà quasi antropologica della vita degli italiani dal dopoguerra in avanti. E dunque se ci dovessero essere avanzamenti e investimenti in questo senso l’azione di riforma sarebbe comunque benemerita. Dopo l’iniziale guerriglia il presidente Malagò sembra rassegnato e forse pensa al proprio futuro CIO. Le parti in maschera non sono ben delineate visto l’aventino di cinque-sei presidenti di federazione che, non casualmente, non hanno partecipato agli Stati Generali, ritenendo l’evento non determinante. Sono pezzi di sport italiano da cui non si può prescindere. Se le istituzioni metteranno il naso negli investimenti della Federugby (tanto per fare un esempio) non saremmo dispiaciuti. Perché è stridente la contraddizione tra una federazione che esprime una nazionale capace di perdere 19 partite consecutive e la floridezza di bilanci che, evidentemente, non sono messi a frutto nel migliore dei modi. Il CONI, che ha lasciato appassire il Flaminio (oggi bastevole per gli incontri del “Sei Nazioni alla voce “capienza”, visto il riflusso nel rendimento della squadra azzurra) ha mai messo il becco nella politica federale? L’autonomia delle federazioni contrasta con la ratio dell’ente supervisore. E simpatie e antipatie sembrano contare un po’ troppo. Si può variamente giudicare il presidente del nuoto Barelli ma si deve ammettere che ha condotto il proprio organismo a risultati inimmaginabili nell’era precedente e che l’atletica invidia profondamente. Rosicando anche un po’. Intanto con una tristezza incorporata per il Manuel nuotatore e per la Maura maratoneta, ci immergiamo nella stagione indoor annotando la strana programmazione di Tortu. Due gare e via, un assaggio di stagione non finalizzato. Noi vorremo che l’atleta gareggiasse di più e non ripetesse il trend della scorsa stagione, chiusa in pratica con i beffardi risultati dei campionati europei. L’obiettivo era la migliore prestazione under 23 nei 60? Non crediamo proprio. Confidiamo che la stagione all’aperto sia più scoppiettante, quantitativamente e qualitativamente densa con la mente rivolta ai 200 e a una staffetta che potrebbe perdere Jacobs, dopo l’exploit da + otto metri che lo riconcilia con la pedana del lungo. Le oscillazioni tra due o più gare non hanno portato fortuna a un Howe che addirittura sogna la partecipazione ai Giochi 2020, avendo definitivamente scelto i 200 dove però è inequivocabilmente chiuso da Tortu e Desalu, presumibilmente vicini a quei 20” che per lui rappresentano ormai un miraggio.

Daniele Poto

SPIRIDON/4

impedito. E vorrei sapere se quel giorno di novembre, a Villar Dora, il tuo atteggiamento sorridente fosse soltanto una maschera, perché nella mente già maturavi La scelta della Viceconte di chiudere in la tragica decisione che hai realizzata in un maniera così terribile il percorso della sua tiepido pomeriggio di febbraio, dopo che una vita mi lascia senza parole. Due mesi fa ero dozzina di anni fa avevi combattuto e vinto a Villar Dora, una manciata di chilometri da una terribile battaglia come quella contro un Torino e da Chiusa San Michele dove vivevi, carcinoma maligno al seno. insieme a tanti amici, per festeggiare la Ho scherzato con te, quel giorno, e mi sento realizzazione del docu-film (“La vita è una quasi in colpa di non aver capito il dramma maratona: la corsa, interiore che stavi il mio modo di vivendo, anche perché vivere”) con il quale – adesso – quella avevi voluto celebrazione che tu hai riproporre la tua dedicato soprattutto ai carriera di atleta, giovani (“Vorrei che che ti aveva portato questo racconto della ad essere una mia vita sportiva grande maratoneta e diventasse uno stimolo primatista italiana di e una spinta ad questa specialità. intraprendere la strada E’ terribile pensare della corsa e dello che un individuo di sport in generale”) 51 anni decida di assume probabilmente scrivere la parola un altro significato. Fu fine alla propria una sorta di esistenza, tanto più avendo conosciuto di te testamento? Credo che darsi oggi la risposta la grande tenacia di lottatrice: né potrebbe serva a poco. Per questo cerco di allontanare essere differente rifacendosi all’impegno che dalla mente ogni altro pensiero e bloccarmi deve profondere un atleta per emergere in sulla tua immagine sorridente, la bandiera una specialità come la maratona, dove la sulle spalle, dopo il bronzo ai campionati determinazione sta alla base dell’impegno europei del 1998. che occorre profondere. Ciao Maura, ogni altra parola a questo punto Come credo a tanti mi piacerebbe capire il mi pare superflua. perché del tuo gesto, che neppure la presenza di un figlio di otto anni ha Giorgio Barberis

Più che ad una maratona sembrava di essere sbarcati nel paese dei balocchi. Lasciamo l'Italia flagellata dal freddo e sbarchiamo nella Canarie dove un rosso tramonto e 24 gradi ci danno il benvenuto. L'albergo "all inclusive" è da sogno anche se siamo noi a portare un po' di gioventù nel suo interno perché è popolato essenzialmente di anziani signori che si stanno godendo la meritata pensione.Sono sei giorni da sogno e tutti vissuti senza patemi d'animo, tutto è stato infatti perfettamente organizzato dall'agenzia di viaggi specializzata in maratone all'estero, specialmente quelle spagnole, la Travelmarathon di Firenze.La compagnia degli italiani è più che gradevole tutti si mastica "pane e corsa" e quindi è facile andare in sintonia e quando la pelle è carezzata da sole e dalla brezza marina di Maspalomas tutto non può che andare bene.Il giorno della gara arriviamo a Las Palmas come sempre abbastanza in agitazione memori di quanto abbiamo sempre visto e vissuto nelle precedenti esperienze sportive, ma qua l'aria è diversa. Manca meno di mezz'ora allo start, saranno in 10.000 a darsi battaglia, ma qua è tutto tranquillo. L'atmosfera è serena non ci sono spinte ne file per accaparrarsi la prima fila, non si assiste ai soliti bivacchi allestiti ore prima. L'enorme centro commerciale li vicino e le sue vetrine sono state la pista di riscaldamento e con calma 10 minuti prima i podisti finalmente si fanno vedere. L'arrivo è più una sala da ballo che un arrivo della maratona dove gli speaker col loro caratteristico e pittoresco annunciare danno il ritmo modello tormentone estivo , ricordate “Vamos a la playa”? Mezza Maratona, Maratona e 10 km si alternano sul traguardo e tutti, ma proprio tutti, urlando di gioia e piangono di felicità. Veramente un'esperienza da fare, così come lo sono tutte le maratone spagnole dove la "carrera" non è solo la gara è la festa, dove si passeggia, si canta, si balla, si vuole arrivare al traguardo senza l'affanno del tempo. Sembra di essere tornati agli anni ‘70, ricordate le “corri e cammina per la salute”? Il resto del viaggio è stato vissuto tra mare, piscina, mangiare, mare piscina, correre e mangiare..... 2 Kg ce li siamo portati a casa!!Abbiamo salutato con un poco di tristezza le Canarie perché sapevamo che all'arrivo ci aspettava la neve, è sicuramente da tornare il prossimo anno. Piero Giacomelli SPIRIDON/5

il giorno della memoria a cura di Monia Sangermano

All'arrivo a Bologna degli esuli si rese necessario l'intervento dell'esercito: i militari dovettero proteggerli da connazionali, militanti di sinistra, che non mostrarono solidarietà e li accolsero con avversione e violenza

Quello che è passato alla storia come “Treno della vergogna” è un convoglio che nel 1947 trasportò da Ancona i profughi provenienti da Pola: si trattava di esuli italiani che con la fine della Seconda Guerra Mondiale, si ritrovarono costretti ad abbandonare le loro case in Istria, Quarnaro e Dalmazia. L’evento è passato alla storia come “esodo istriano“. All’epoca i ferrovieri lo definirono offensivamente “treno dei fascisti”, definizione emblematica di tutta la disinformazione e la strumentalizzazione politica che circondò la vicenda. Domenica 16 febbraio 1947 i profughi partirono da Pola a bordo di diversi convogli, portandosi dietro il minimo indispensabile, ovvero quel poco che erano riusciti a salvare. Giunti ad Ancona per gli esuli si rese necessario l’intervento dell’esercito: i militari dovettero proteggerli da connazionali, militanti di sinistra, che non solo non mostrarono solidarietà, ma li accolsero con avversione e violenza. Il giorno seguente, di sera, partirono di nuovo stipati in un treno merci già carico di paglia. Il convoglio arrivò alla stazione di Bologna solo alle 12:00 del giorno seguente, quindi proprio martedì 18 febbraio. La Pontificia Opera di Assistenza e la Croce Rossa Italiana avevano preparato dei pasti caldi, soprattutto per bambini e anziani. Ma quando gli esuli erano quasi giunti nella città emiliana, alcuni ferrovieri sindacalisti diramarono un avviso ai microfoni, incitando i compagni a bloccare la stazione se il treno si fosse fermato. Allo stop del convoglio ci furono persino alcuni giovani che, sventolando la bandiera con falce e martello, iniziarono a prendere a sassate i profughi, senza distinzione tra uomini, donne e bambini. Altri lanciarono pomodori e addirittura il latte che era destinato ai bambini, ormai quasi in stato di disidratazione. A causa di questi atti vili fu dunque necessario far ripartire il treno per Parma, dove finalmente si riuscì ad andare in aiuto dei profughi ormai allo stremo delle forze. Da lì, ripartirono poi per La Spezia, dove furono temporaneamente sistemati in una caserma. In quei giorni persino i giornali mostrarono disprezzo nei confronti degli esuli. Il giornalista de l’Unità Tommaso Giglio, in seguito divenuto direttore de L’Espresso, scrisse un articolo il cui titolo recitava “Chissà dove finirà il treno dei fascisti?”. Lo storico Guido Rumici scrisse: «Si trattò di un episodio nel quale la solidarietà nazionale venne meno per l’ignoranza dei veri motivi che avevano causato l’esodo di un intero popolo. Partirono tutte le classi sociali, dagli operai ai contadini, dai commercianti agli artigiani, dagli impiegati ai dirigenti. Un’intera popolazione lasciò le proprie case e i propri paesi, indipendentemente dal ceto e dalla colorazione politica dei singoli, per questo dico che è del tutto sbagliata e fuori luogo l’accusa indiscriminata fatta agli esuli di essere fuggiti dall’Istria e da Fiume perché troppo coinvolti con il fascismo. Pola era, comunque, una città operaia, la cui popolazione, compattamente italiana, vide la presenza di tremila partigiani impegnati contro i tedeschi. La maggioranza di loro prese parte all’esodo».

L’ Orlando furioso & C.

La sollevazione del sindaco di Palermo Leoluca Orlando contro il decreto sicurezza è un evento di una gravità eccezionale. È un esempio eversivo che scatena di fatto una biblica rissa fra i poteri costituzionali. Poteri che in Italia già soffrono di un annoso squilibrio da quando la magistratura ha incominciato a invadere il potere legislativo e quello esecutivo, dandosi di fatto alla politica attiva. E Orlando non è solo. Si sono “sollevati” anche tanti sindaci del Pd, battezzando la loro rivolta come «antirazzista» e denunciando una presunta anticostituzionalità della legge (votata in Parlamento e controfirmata da Mattarella) poiché non rispetterebbe i diritti umani. Salvini ha twittato «facciano pure, non manderò certo l’esercito», confondendosi a sua volta e invadendo il campo del ministero della Difesa. È la polizia che deve mandare Salvini, non l’esercito. Quello serve a rattoppare le buche di Roma. E deve mandarla subito. Deve commissariare i comuni ribelli, in attesa del responso della magistratura sul reato d’abuso d’ufficio che si configura nella rivolta. La costituzionalità della legge l’ha già valutata Mattarella (che è lì anche per quello) prima di controfirmarla. Il rischio è che questo responso venga da quella parte di magistratura sbilanciata a sinistra e desiderosa di riportare al governo quel Pd che, quando governava a botte di comunicazioni giudiziarie, faceva dire ai suoi giornaloni “le leggi non si discutono, si rispettano”. Le loro.

SPIRIDON/6

Come sovente accade con la ‘rete’, le ferali notizie ci squassano prima di mezzanotte. Maura Viceconte, la fondista torinese, è morta, usiamola questa parola che San Francesco D’Assisi sublimò ringraziando il Signore per ‘’sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare...”. Maura, madre di un bambino di otto anni, è scappata dalla vita, sotto un albero del giardino di casa a Chiusa San Michele dove abitava. Il compagno, i familiari, i compaesani non trovano la spiegazione al gesto estremo. Il suo allenatore, Renato Canova: una donna generosa ma complessa. Ci sovviene l’epitaffio della signora Sibley: “... il mio segreto sotto un tumulo che non scoprirete mai”, Antologia di Spoon River, Edgar Lee Masters. Maura era riuscita a sconfiggere, con la chemioterapia, il tumore al seno. Il trenta novembre aveva radunato amici e appassionati in un Cineforum di Villar Dora, nel torinese, per la prima proiezione di un Docufilm sulla sua carriera e i suoi successi, realizzato con fervore dal regista-amico Luigi Cantore. Non un rigo per far capire. Maura, impiegata in una azienda in sofferenza, che le aveva confermato il posto di lavoro. C’è il dissidio, la lotta contro il tumore e questa rinuncia, che non si addice alla metafora della maratona, dove si deve resistere alla tentazione del ritiro, suscitando le risorse motivazionali, anche le ‘stille di odio che allungano la vita’.

Come accade a Vincenza Sicari, classe 1979, da Lodi a Marino, Roma, maratoneta di valore nazionale, paralizzata alle gambe nel 2013 da una rara malattia neurologica. Vincenza vuole la vita, ditemi di che cosa muoio, ma i luminari, dal Sant’Andrea al Policlinico di Tor Vergata, non cercano consulti nel mondo delle scienze neurologiche, talvolta confondono la sua esasperazione con le sindromi da curare con la psichiatria, in sintesi: la pazza che ama la vita.

Manuel Bortuzzo, 20 anni, promessa del nuoto, si allenava nella piscina di Ostia con Paltrinieri e Detti, i campioni, nella incipiente notte del 4 novembre era con la fidanzata a piazza Eschilo, a metà strada fra Roma ed Ostia, stava per comprare le sigarette a un distributore automatico, colpito alla schiena. La corsa al San Camillo, la diagnosi: non camminerà più! I Carabinieri hanno individuato i responsabili. Manuel: me ne frego di loro! Nuoterò ancora, e conforta la mamma, mentre il padre ha ringraziato le Forze dell’Ordine. Chi convive con il dolore e con la minima mobilità ed ha frequentato i Centri di cura e di riabilitazione, chi vuole ancora rendersi utile, con l’esempio e gli scritti, coinvolge i sensibili. Pino Clemente

E dulcis in fundo dal web:

Marziale quanto basta , il generale Claudio Graziano – ex Capo di Stato Maggiore della Difesa italiano e attuale presidente del Comitato militare dell’Unione europea – al Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker.

SPIRIDON/7 Animula vagula, blandula...

scelti da Frasca

Il panorama dello schieramento antifascista si arricchì di una terza presenza, il movimento Giustizia e Libertà, sorto con l'ambizioso intento di superare le organizzazioni politiche esistenti e di ritagliarsi uno spazio tra l'ala sinistra socialista e l'ala destra liberale. L'iniziativa era partita da Ernesto Rossi, Ferruccio Parri e Riccardo Bauer, attraendo ben presto personaggi come Salvemini e Tarchiani in una intensa attività pubblicistica e propagandistica; ma è certo che il movimento decollò soprattutto dopo il luglio 1929, grazie a Carlo Rosselli, liberato in modo rocambolesco dal confino dell'isola di Lipari e riparato in Francia insieme al leader del Partito sardo d'azione Emilio Lussu e a Fausto Nitti, nipote dell'ex capo del Governo Francesco Saverio. Deluso della <> della Concentrazione e soprattutto della disponibilità di alcuni suoi membri a collaborare con forze come la monarchia, l'esercito e la Chiesa, ormai chiaramente succubi e complici del fascismo, l'intransigente repubblicano Carlo Rosselli escluse nettamente qualsiasi possibilità di collaborazione con i comunisti, distinguendosi in questo dal programma lanciato un decennio prima da Piero Gobetti sulla <>, non andando oltre l'auspicio della socializzazione dei servizi pubblici e di alcune industrie pesanti, della creazione di cooperative, della realizzazione della riforma agraria e di una imposta progressiva sul reddito. Troppo poco per i comunisti. Da Breve storia del fascismo, di Renzo De Felice (Rieti 1929-Roma 1996), Mondadori Editore, Milano, 2000. Famiglia, milizia, Tevere, dov'erano le casine galleggianti di Aniene e Lazio: in questo triangolo Giorgio Vaccaro aveva concentrato le ragioni e i valori, le passioni e le ambizioni, il presente e il futuro della sua vita e in questo triangolo la sua personalità prese quota di anno in anno fino ad assumere un ruolo dominante. Che fosse entrato nelle simpatie del "capo" era ormai più che evidente. Mussolini contava molto sui giovani emergenti. Del trentatreenne Vaccaro aveva evidentemente apprezzato il valore del soldato, lo spirito coraggioso e leale, il sentimento patriottico che a suo giudizio diventava virtù solo se provato con il sacrificio e, non ultimo, il disinteresse personale. "Questa volta è stato lui a mandarmi a chiamare e l'ho trovato con la testa china sulle sue carte. Non l'ha sollevata neanche quando gli sono arrivato davanti e così ho potuto scoprire che era alle prese con la dichiarazione dei redditi. 'Mussolini Benito – presidente del Consiglio dei Ministri – residente nel Comune di Roma, via Rasella n. 155 piano III – dichiara agli effetti dell'imposta complementare sul reddito dal giorno 1° del mese di Gennaio dell'anno 1925 i redditi e le detrazioni che risultano dalla indicazioni contenute nella presente scheda'. Quando finalmente ha alzato lo sguardo su di me e ha risposto al mio saluto non sono riuscito a nascondere un certo imbarazzo, perché mi sembrava di violare la sua vita privata e il mio disagio non gli è sfuggito. 'Vuoi conoscere i miei guadagni?'. Mi ha tenuto a rapporto su varie questioni. Ѐ scontento della situazione sportiva, ha detto di non vederci chiaro nel calcio. Da Il generale Vaccaro, l'epopea dello sport italiano da lui guidato a vincere tutto, di Mario Pennacchia (Roma 1928), editore Nuove Idee S.r.l., Roma, 2008.

Mentre planava elegantemente oltre gli ostacoli sotto il vigile sguardo di Leopoldo Marcotullio. E nella sua corsa ritmica, con nella testa l'appuntamento olimpico di Città del Messico, superava la curva per poi allungare sul rettilineo, mentre Peppe Gentile, incitato da Luigi Rosati, balzava sulla pedana con il suo triplo verso il primato del mondo. Ed ostacolo dopo ostacolo andava ad affiancare e un po' più in là che preparava i suoi 3.000 siepi saltando con leggerezza oltre la riviera con Renato Funiciello a misurare la sua corsa, con un occhio al cronometro e l'altro al passo elegante di Fernanda Ferrucci. Fino a raggiungere il traguardo dove, poco più in là, sulla pedana dell'alto provava e riprovava la sua precisa rincorsa, i passi e lo stacco, per poi avvolgere l'asticella col suo ventrale e ricadere sul morbido materasso. E sul rettilineo rivedevo Paola Giuli, , Antonella Battaglia ed Ileana Ongar fissare a terra i blocchi di partenza per poi proiettarsi violentemente verso gli ostacoli. Mentre sulle corsie al loro fianco Adelina Dugatto, Fabio Arcioni, Luigina Tonelli, Oliviero Beha, Mercedes Cittadini e Flavio Salvarezza inanellavano giri dopo giri, superando Marco Troiani che procedeva tenace nella sua marcia. Poi Bruna Germano impegnata nei suoi salti, mentre poco più in là Silvano Peloso, Michela Poggipollini, Sandro Aquari e Michele De Lauretis allungavano sciolti e veloci sul rettilineo… Da Acqua Acetosa, noi correvamo… mentre lei scorreva, di Augusto Battaglia (Milano 1948), Roma, 2016.

SPIRIDON/ 8

Giuseppe Zamberletti, malato da tempo, si è recentemente spento con la stessa elegante dignità che ne ha contraddistinto la luminosa carriera politica. Riconosciuto come “Padre della Protezione Civile italiana” si è trovato a gestire numerose emergenze, tra le quali quelle derivanti dai terremoti in Friuli nel 1976 e in Irpinia nel 1980. Uomo capace, grandissimo conoscitore degli animi umani, nel definire i friulani “un grande popolo” umilmente ammetteva che «per fortuna la Brigata Julia era lì, presente in forze, perché a me, Commissario Straordinario con pieni poteri, quel popolo duro, operoso, che in pochi anni ha ricostruito una terra ancora più forte, non avrebbe dato retta». Zamberletti è stato questo, e molto più. «Entrato in Parlamento nel 1968 – ha sempre ricordato – mi viene affidata la Legge sulla riorganizzazione dei Vigili del Fuoco. Due le possibilità previste dal testo: far gestire dai prefetti i volontari in caso di emergenza e, da parte del Governo, la nomina di Commissari Straordinari dopo le catastrofi». Lavorando in quel periodo all’Ufficio Stampa del Ministero della Difesa rammento nei minimi dettagli come, terminata l’emergenza Irpinia, sia stato il Presidente Pertini ad impuntarsi con il premier governativo Giovanni Spadolini nel chiedere di creare una struttura ad hoc. Nasce così il Dipartimento della Protezione Civile, con Zamberletti Alto Commissario. A detta di tutti è l’uomo giusto al posto giusto. In un’intervista, rilasciata a don Giuseppe Costa e uscita sul Bollettino Salesiano del 1° dicembre 1985, lo spunto sui giovani porta Zamberletti a rievocare gli studi dai Salesiani. «Guardo ai giovani con ottimismo. Il loro comportamento dipende dal tipo di educazione ricevuta. Li ho visti all’opera nel Friuli, in Irpinia, pieni di entusiasmo, di energia, esemplari per spirito di solidarietà umana». Lei ha frequentato una scuola salesiana? «E come no? Era la scuola media Tullio Moroni, di Varese. Ho frequentato in quella scuola le tre classi delle medie inferiori, come allievo esterno. Divenni “interno” solo per pochi giorni all’epoca dell’attentato a Togliatti, nel 1948, quando i nostri insegnanti preferirono non farci uscire a causa della tensione che regnava in città. Ma anche negli anni successivi, quando frequentavo l’Istituto tecnico, mantenni uno stretto contatto con i Salesiani. Ricordo ancora con riconoscenza don Ripamonti, un mio insegnante che mi dava spesso alloggio. Ricordo inoltre don Bandiera, che seguiva le attività degli ex allievi». Che cosa le ha dato la scuola salesiana? «Tutto ciò che è tipico del metodo salesiano: l’ottimismo, il gusto della vita, lo spirito per affrontare con serenità gli imprevisti. E poi l’amicizia, che si crea nella famiglia salesiana degli ex allievi. Le dirò anzi che la grande rete mondiale degli ex allievi mi ha fatto comodo in più di una circostanza. Ricordo, ad esempio, un episodio che accadde all’epoca in cui mi interessavo, per conto del governo italiano, dei profughi vietnamiti, quelli che fuggivano via mare dal loro Paese, e che noi volevamo aiutare. Ci trovammo ad avere qualche difficoltà con il governo thailandese. A Bangkok non vedevano di buon occhio le nostre navi militari che incrociavano in acque thailandesi. Fui informato che il ministro con il quale dovevo incontrarmi era piuttosto irritato. Per puro caso appresi che quel ministro era un ex allievo salesiano. Capii subito di aver trovato la chiave giusta per sdrammatizzare l’atmosfera. “So che lei è un ex allievo salesiano come me”, gli dissi non appena ci presentarono. Vidi il ministro mutare immediatamente l’espressione del viso, farsi cordiale. E fu così possibile instaurare una fruttuosa collaborazione a vantaggio dei profughi vietnamiti». E dal punto di vista della preparazione? «La ricordo come una scuola seria, severa, certo, ma con tratti di grande umanità. La scuola salesiana ha uno stile inconfondibile, che le viene dall’adozione di un metodo capace di conciliare la serietà e il rigore dello studio con intensi contatti umani, che si consolidano in salde amicizie. A me la scuola salesiana ha dato molto, ma forse ancora di più mi ha dato l’oratorio». Concretezza e cordialità. Un ex allievo di Don Bosco, Giuseppe Zamberletti, che ha sempre preso sul serio il proprio lavoro, affidando soprattutto ai giovani un ruolo di primo piano. Pierluigi Lazzarini Ex allievo e Storico di Don Bosco

SPIRIDON/9

Da atletica, mensile della Federazione Italiana di Atletica Leggera, Anno III – N.1 – 1935

Comunicato n.77 del 23 ottobre 1934-XII. Il Presidente del C.U.F., fascista prof. Dino Nay, per ragioni d'indole professionale, ha rassegnato le dimissioni dalla carica. Il Presidente della FIDAL ha accettato le dimissioni presentatigli dal prof. Dino Nay e lo ha vivamente ringraziato per l'opera svolta per tre anni a favore dell'Ente da lui diretto e per aver dato vita dal nulla ad un organismo forte, vasto e perfetto quale è oggi il CUF. Il prof. Dino Nay, previa ratifica del CONI, è stato nominato Vice Presidente della Federazione. Il Comitato Uffici Federali, in seguito alle dimissioni del prof. Dino Nay, viene trasferito in data 29 ottobre XIII, da Milano a Roma.

Comunicato N. 2 del 26 novembre 1934-XII – Cessazione attività. Con il 30 novembre deve cessare in modo assoluto ogni attività agonistica sia su pista che su strada. Con il 15 dicembre avrà inizio la stagione delle Corse campestri. Le gare di corsa campestre fino al 15 gennaio non dovranno essere organizzate su di un percorso superiore ai m. 3000.

Comunicato N. 7 del 19 dicembre 1934-XII – Il C.D. della FIDAL, presa in esame l'attività svolta in campo giornalistico da parecchi atleti affiliati e constatato che nel maggior numero dei casi essa risulta dannosa ai principi della disciplina federale, ha deliberato che a partire dal 15 dicembre 1934-XII tutti gli atleti affiliati debbano cessare qualsiasi attività giornalistica attinente all'Atletica Leggera. Sarà fatta eccezione solo per la pubblicazione di articoli aventi carattere puramente tecnico, senza riferimento a particolari episodi di cronaca e a deliberazione federali.

Anno III – N.2 – 1935 – Notiziario estero. Sono arrivate le mirabolanti notizie del mulatto Jesse Owens. Dunque, due settimane fa ad Annarber nello Stato del Michigan il campione di Cleveland ha coronato la brillante stagione disputata durante l'inverno sulla pista coperta battendo il record del mondo del salto in lungo dove per la prima volta il limite degli 8 metri è stato violato. L'antico record apparteneva al giapponese Nambu con metri 7,98. Il salto di Owens è stato superiore di cm. 15,4 avendo toccato m. 8,134.

Comunicato N. 24 del 23.5.1935-XIII – Costituzione di comitato di zona: Viene costituito il Comitato della XXI Zona per la direzione dell'atletica leggera nelle isole italiane dell'Egeo. A dirigere tale Comitato in qualità di Commissario viene nominato il fascista Prof. Giovanni Giulianini. La sede del Comitato della XXI Zona è fissata in Rodi.

Pubblicità. I più importanti Stadi d'Italia hanno piste e pedane in <>. Esse permettono agli atleti di realizzare i migliori risultati. Molti records italiani e mondiali sono stati battuti su piste e pedane in <>. Nella foto, Luigi Beccali in allenamento allo Stadio Giovanni Berta di Firenze.

Il bilancio della Fidal a metà dell'anno XIII. Atleti tesserati 1° semestre 1935: 47.848 (Anno XII 35.767) – Società affiliate 2.675 (3.171) – Manifestazioni svolte 7.906 (5.288) – Atleti partecipanti 266.751 (226.393).

I migliori dodici atleti europei. Italiani presenti, nella lista: Tavernari, 8°, 48"9 sui 400, Rabaglino, 12°, 49"2 sui 400, Lanzi, 1°, 1'52"5 sugli 800, Beccali, 2°, 3'58" sui 1.500, Caldana, 5°, 15"2 sui 110, Facelli, 2°, 54"9 sui 400 ost., Ridi, 5°, 55"9 sui 400 ost., Carati, 11°, 57"5 sui 400 ost., Radaelli, 12°, 57"7 sui 400 ost., Borrini, 12°, 1,88 nell'alto, Innocenti, 7°, 3,85 nell'asta, Boscutti, 11°, 3,80 nell'asta, Milanese, 8°, 14,12 nel triplo, Oberweger, 8°, 47,85 nel disco.

I primi record dell'anno XIII. Quattro primati maschili sono crollati nel giro di otto giorni tra il 9 e il 16 di giugno: uno di corsa e tre di lancio. Luigi Beccali nei m. 3.000, 8'36", Milano, 9 giugno, , m. 47,85 nel lancio del disco, Lauro Bononcini, m. 14,37 nel getto del peso, Luigi Spazzali, m. 62,34 nel lancio del giavellotto. Il campione europeo dei 1.500 ha approfittato della preparazione svolta sul <> nella gara preferita. Giova far presente che Umberto Cerati l'anno scorso a Boston in una giornata di vena e di grazia aveva percorso la distanza in 8'32", battendo irresistibilmente l'americano Mac Cluskey. Ma il risultato non fu omologato come nuovo record italiano non essendo pervenuti alla FIDAL i prescritti documenti e i verbali della gara.

SPIRIDON/10

a Montelupo Fiorentino

Medici, dottori e laureandi in Scienze dell’Educazione e Scienze Motorie, istruttori, tecnici e assistenti Fisdir (Federazione Italiana Sport Paralimpici degli Intellettivo Relazionali) e tante altre figure professionali legate alla materia, hanno occupato i centoventi posti dell’Auditorium della scuola Coop di Sammontana a Montelupo Fiorentino per assistere al convegno nazionale dal titolo “Una finestra aperta in un mondo sconosciuto” incentrato sui metodi e i mezzi di intervento motorio ed educativo nella disabilità intellettiva e relazionale. Il convegno è stato introdotto da Alessio Focardi, delegato Fisdir della Toscana, e da Paolo Masetti, Sindaco del Comune di Montelupo Fiorentino, che insieme a CIP, Fisdir, Azienda Usl Toscana Centro, Società della Salute Empolese Valdarno Valdelsa, G. Di Vittorio Coop. Sociale Onlus e ACSI Atletica Sport Toscana sono stati promotori dell’evento. Prima di dare il via ai lavori il giornalista Claudio Costagli, moderatore degli interventi della mattina, ha dato lettura ai messaggi di saluto dell’ onorevole Luca Lotti, ministro dello sport dell’ultima legislatura che ha contribuito alla costituzione del Comitato Italiano Paralimpico come ente pubblico, e di Stefania Saccardi, assessore al Diritto alla Salute, Welfare, Integrazione Socio-Sanitaria e Sport della Regione Toscana, che insieme all’Unione dei Comuni del Circondario Empolese Valdelsa hanno patrocinato il convegno. Il programma ha avuto inizio con gli interventi del Presidente del Comitato Italiano Paralimpico Toscana dott. Massimo Porciani, che ha parlato del percorso dello sport paralimpico in Italia dalle origini fino alla costituzione del Comitato Italiano Paralimpico (CIP), e di Marco Borzacchini, vicepresidente del CIP nazionale e presidente della Fisdir, la federazione sportiva preposta a disciplinare le attività dei disabili intellettivi e relazionali, dai quali è emerso quell’evoluzione legislativa, sanitaria, educativa e sportiva che sta rendendo sempre più importante la centralità della persona disabile intellettivo-relazionale nell’ambito della sua crescita in rapporto all’integrazione all’interno della società. Si è parlato di come questa evoluzione sia stata recepita a livello locale con “Dis-Ability Running”, un progetto di ACSI Atletica Sport Toscana e Azienda Usl Toscana Centro nato nel 2015 come iniziativa promozionale, evolutosi negli anni fino a diventare una vera e propria squadra paralimpica nel sodalizio montelupino e ospitare sulla propria pista la prima edizione dei campionati regionali Fisdir di atletica leggera: ne hanno parlato la Dott.ssa Ignazia Scibetta della Azienda USL Toscana Centro, Ilaria Marras, tecnico Fisdir e direttore generale di ACSI Atletica Sport Toscana, le educatrici Matilde Vannucci e Lavinia Pavoni. Testimonial della giornata è stata la campionessa europea e mondiale di atletica leggera con Sindrome di Down Nicole Orlando, che ha coinvolto la platea con il suo entusiasmo facendola ridere, emozionare e anche commuovere. Condotta dal Prof. Salvatore Conte, referente scuola di CIP Toscana, la sessione del pomeriggio è stata dedicata agli aspetti psicopedagogici e tecnici con il direttore Dipartimento Salute Mentale Azienda ASL Toscana Centro dott. Giuliano Casu che ha evidenziato l’importanza dell’attività sportiva nelle persone con disabilità intellettivo relazionale, sottolineata con il suo intervento anche dalla dott.ssa Piera Marchettoni, medico federale Fisdir. Sempre in ambito federale affrontando, nei rispettivi ruoli di formatori, il tema dei metodi della comunicazione con i gli atleti con disabilità intellettiva relazionale si sono succeduti la psicologa dello Sport dell’Università di Tor Vergata, nonché formatrice Fisdir, dott.ssa Daniela Sepio e Marco Peciarolo, responsabile tecnico del settore nuoto Fisdir. La neurofisiologa ricercatrice dell’Istituto di neuroscienze del CNR dott.ssa Maddalena Fabbri Destro e la neuropsichiatra referente autismo territorio ex-USL 11 Cinzia Pieraccini hanno parlato dello sport e della motricità nello spettro autistico. La neuropsichiatra infantile Azienda USL Toscana Centro Elide Ceragioli ha affrontato il tema dei disturbi comportamentali della disabilità in ambito sportivo. Con un intervento sulla didattica dell’attività motoria preventiva e adattata il Prof. Aldo Cappellini del dipartimento di Scienze Motorie dell’Università di Firenze ha chiuso questo primo importante Convegno formativo Fisdir in Toscana, giunto a breve distanza dalla costituzione del Comitato Italiano Paralimpico in ente pubblico: un risultato fondamentale dal punto di vista sostanziale e culturale oltre che formale. “Una finestra aperta in un mondo sconosciuto” ha consentito ai partecipanti di ottenere, grazie all’alto profilo dei relatori, una preparazione completa su come intraprendere un percorso formativo adeguato nell’abito dello sport paralimpico. Un movimento crescente e in costante sviluppo che mira sempre più alla professionalità degli operatori che ruotano intorno agli atleti.

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La statua di Anna Rita Sidoti, che si erge a Gioiosa Marea, è stata il ‘genio del luogo’ nella prima fase del Campionato di Società che ha registrato un incremento di partecipazione di società rispetto gli anni passati ,a dimostrazione della vitalità d’una disciplina colonna portante del nostro movimento atletico italiano. Non solo record di partecipanti ma anche sorpasso fra squadre maschili e femminili: quarantanove le classificate queste ultime rispetto ale trentasei dei maschi. Ma le note positive sono state anche altre. La prima nel test di Eleonora Giorgi, 35 km in 45’21. Una ritrovata Giorgi che con Antonella Palmisano saranno certamente protagoniste nei Mondiale. Questa prova è stata anche l’occasion d’un testo dei ‘motori’, dell’organico muscolare e dell’assetto tecnico che si rodano nella stagione invernale , come gli atleti delle altre specialità nelle campestri e nelle indoor. Anche per Massimo Stano gli esiti in quel senso sono stati positivi con un 2h35’3”, probante. Alla stessa maniera della Giorgi e di Daniele Coppini. Nei 50 km, falcidiati da squalifiche e ritiri, Michele Antonelli, 3 h 55”09, potrà migliorare, e Nicole Colombi, 4 h 27’38”, solo Roberta Caracci, 5 h 21’34”, al traguardo. La 50 femminile è da sperimentare, come lo fu negli anni ‘70 la Maratona, riandiamo alla Proposta Italiana nel Congresso degli Allenatori Europei, 5-7 gennaio 1975. Il tutto sotto l’incubo della paventata determinazione dell’IAAF di abolire la 50 Km. Al di là dei risultati e del contesto agonistico di altissimo livello, ristretti ai campioni e ai numeri, lo spirito che ha elevato interiormente è stato ricordo di Annarita Sidoti, una gloria dello sport italiano, forgiata da Salvatore Coletta, che colmava la statura, di alto livello artistico esaltante la vivacità tecnica dell’atleta, la sua elasticità muscolare, la frenetica frequenza dei passi e una volontà indomabile, e la sua coraggiosa determinazione che il male riuscì a sopraffarla dopo anni di coraggiosa resistenza. Per l’Almanacco, Annarita Sidoti ricordiamo : la prima vittoria internazionale a Spalato 1990, 10 km 44’00”, Fukuoka, Giappone, , 10 km 43’22”, dominio. Campionessa Mondiale, Atene 1997, 10 km 42’55”49 e Campionessa Europea, Budapest 1998, 10 km, 42’49”, Parigi, 1994, indoor; 47 presenze in nazionale. E la grande manifestazione nazionale di Gioiosa Marea ha degnamente onorato la sua memoria ed il suo ideale sportivo. Purtroppo la giornata , anche alla luce dei risultati dei ‘padroni di casa’, ha denunciato un arretramento della Marcia siciliana, quella che fu dei Maestri, Pietro Collura, Franco Bandieramonte, Vito Riolo dei tanti titoli, giovanili e di società e dei Poli, Catania-Alcamo-Palermo-Messina della Tyndaris Pattese, Salvatore Coletta, è tramontata. Resistono, Franco Bandieramonte, Vito Riolo. Un vero peccato. Pino Clemente

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Oehen e Dietschi dominano i Campionati cantonali di cross

Tre ori per VIGOR e RCB ai campionati ticinesi di cross, otto medaglie per l’USC con la ventesima Coppa per società .

Julien Wanders fresco primatista europeo di mezzamaratona, grazie al 59’13 ottenuto a Ras el Khaimai, migliorando il tempo di un certo Mo Farah, ha certamente ispirato alcuni dei quasi 400 atleti al via sabato a pomeriggio ai Campionati ticinesi di cross di Vezia, prova conclusiva della coppa Ticino di cross FTAL Laube Greenkey organizzata dalla SAM. In una giornata primaverile, sul nuovo percorso in parte appesantito da neve e fango, la Vigor Ligornetto festeggia tre titoli e un totale di sei medaglie. Il Runners club Bellinzona festeggia un tris tra i master, mentre l’USC Capriaschese, che festeggia anche la ventesima vittoria nella coppa Ticino per società, raccoglie ben otto medaglie, di cui una d’oro. Secondo in coppa il GAB che sabato ha vinto sei medaglie. precede la Vigor.

Nella gara degli élite il malcantonese Lukas Oehen ha dominato lungo gli 8.2 km relegando il quartetto degli inseguitori a due minuti. Alle sue spalle sul finale emerge Sebastian Inderst, orientista ticinese della nazionale italiana, mentre la corsa alle medaglie premia i capriaschesi Marco Delorenzi ed Enea Iten davanti, argento e bronzo davanti all’atleta di casa Michele Lardi.

Nella gara femminile sui 4.5 km Evelyne Dietschi (SAL) ha trovato in Anna Caglio, pure lei nazionale italiana di CO, una degna rivale che ha chiuso a soli 14”. Le medaglie sono finite al collo di Emma Lucchina (Vigor) e Flavie Roncoroni (USC), seguite dalla sola U20 al via Chiara Ghielmin (Vigor). Ismail Segbatullah, tra gli U20 regala il secondo oro alla SAL, precedendo Enea Ratti (GAD) e Mattia Verzaroli (GAB).

Nel cross corto, 3 km, Marco Maffongelli (Vigor) precede i tre atleti finiti sul podio di coppa Roberto Delorenzi (USC), ancora alle prese con un problema muscolare, Tommaso Marani (SAL) e Roberto Simone (GAB). La Vigor festeggia l’oro anche tra gli U18 con Daniele Romelli (Vigor) nella gara vinta dopo 4,5 km dal confederato Jonas Duss. Luca Innocenti (GAB) è sul podio con il compagno Filippo Balestra che vince una volata a tre. La Vigor poi il tris tra le U16 con Giulia e Sara Salvadé, Margherita Croci Torti.

Gara sui 3 km per le U18 e gli U16; tra le ragazze in una gara con diverse forti atlete confederate, Zoe Ranzoni, pur battuta dalla bernese Sophie Baumann, regala l’oro alla Virtus davanti a Letizia Martinelli (USC) e Siria Cariboni (GAB). Tra i ragazzi domina Giulian Guidon le altre medaglie vanno all’AS Monteceneri con il vincitore di coppa Yannis Müller e Noah Weibel.

Manuela Falconi SFG Biasca chiude la stagione imbattuta vincendo l’oro tra le W40 su Jeannette Bragagnolo (GAB) e Simona Lazzeri (GAD). Doppietta USC tra gli uomini master con Jonathan Stampanoni, all’ottavo titolo in dieci anni tra gli M40, tallonato dal fratello Elia. Ottimo terzo Thomas Domeniconi (AS Monteceneri, mentre nelle restanti categorie master tris RCB. Enrico Cavadini vince tra gli M50 davanti a Davide Jermini (USC), tra le donne W50 vince Katharina Wangler davanti all’atleta di casa Antonella Daldini e Gaetano Genovese vince l’oro tra i sessantenni su Kandid Oehen (FGM).

Nelle gare di coppa Ticino dedicate ai più giovani, Lea Cocconi vince tra le U14, mentre Gioele De Marco deve lasciar strada a Colin Zumbuhl. Tosca Del Siro vince per la sesta volta tra le U12 tra i ragazzi prevale Tristan Piau.

Leonida Stampanoni pgc

Ricky Petrucciani ha realizzato il record nazionale U20 sui 60 metri (6”77) . Il tempo vale anche il limite per i Campionati Europei indoor di Glasgow ,nonché il record ticinese assoluto.