Claudia Ragazzoni Gino Parin Nuova Collana D’Arte Della Fondazione Crtrieste
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Claudia Ragazzoni Gino Parin Nuova Collana d’Arte della Fondazione CRTrieste CLAUDIA RAGAZZONI, Gino Parin Quinto volume della collana Prima edizione: dicembre 2003 C URATOREDELLACOLLANA Franco Firmiani P ROGETTOGRAFICO Studio Mark, Trieste F OTOGRAFIE Paolo Bonassi T RADUZIONI Debora Daldon - DDD Traduzioni S ELEZIONI E IMPIANTI STAMPA Grafiche Biondi, Trieste S TA M PA Editoriale Lloyd, Trieste R INGRAZIAMENTI Civico Museo Revoltella, Trieste Civici Musei di Storia ed Arte, Trieste Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, Trieste Civico Museo di Storia Patria, Trieste Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico di Trieste Museo Storico del Castello di Miramare, Trieste Archivio di Stato, Trieste Archivio Storico dell’Anagrafe di Trieste Musei Provinciali, Gorizia Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma Fratelli Alinari, Firenze Staatlische Graphische Sammlung, München Museo Civico di Belle Arti, Lugano Archivio di Stato, Repubblica e Cantone Ticino Biblioteca Nazionale Slovena e degli Studi di Trieste, Sezione Storia Gedenkstätte, Bergen-Belsen Niedersächsische Landeszentrale für politische Bildung, Hannover Adriano Princival Furio Princivalli Aldo Stock Ennio Ursini Le fotografie originali scattate da Gino Parin nel suo atelier sono di proprietà della Fratelli Alinari di Firenze che ne ha gentilmente autorizzato la riproduzione. Tutte le altre immagini fotografiche provengono dall’archivio di Christine La Bastille, New York Stampato in Italia / Printed in Italy È vietata la riproduzione anche parziale © 2003, Fondazione CRTrieste In copertina: Fanny Tedeschi, ritratto in nero,1914 ca [cat. 36] Volumi pubblicati nella stessa Collana ANGELA TIZIANA CATALDI, Guido Sambo Trieste, 1999 DANIELA MUGITTU, Bruno Croatto Trieste, 2000 GIANFRANCO SGUBBI, Adolfo Levier Trieste, 2001 NICOLETTA ZAR, Giorgio Carmelich Trieste, 2002 Claudia Ragazzoni Gino Parin Nuova Collana d’Arte della Fondazione CRTrieste C u r a t o r e F RANCO F IRMIANI Premessa La Nuova Collana d’Arte, edita dalla Fondazione CRTrieste, giunge con questo volume alla sua quinta pubblicazione, dedicata a un altro grande artista triestino, Gino Parin. Federico Pollack, questo il suo nome alla nascita, rimase sempre legato alla città natale anche quando gli furono riconosciuti ampi consensi a livello nazionale ed internazionale, a testimonianza di una notorietà che raggiunse il suo apice con la mostra personale organizzata a Roma, a palazzo Doria, nel 1930. la figura di Parin trova così naturale collocazione in una Collana che si prefigge la valorizzazione dell’importante patrimonio artistico cittadino, approfondendone e diffondendone la conoscenza. la monografia, sapientemente e accuratamente elaborata da Claudia Ragazzoni, ricostruisce quindi tutta l’attività dell’artista, anno dopo anno, con puntuali riscontri sulla stampa dell’epoca. Anche questa edizione si è avvalsa della sempre preziosa supervisione di Franco Firmiani, curatore della Collana, nonché dell’abilità e ormai nota professionalità dello Studio Mark di Gianfranco Granbassi e dell’Editoriale Lloyd. Massimo Paniccia Presidente della Fondazione CRTrieste 5 Presentazione Nell’eseguire l’autoritratto per la ricorrenza dei suoi cinquant’anni d’età, l’autore è turbato nello scorgervi, rispecchiati con impressionante forza espressiva, gli stati d’animo vari e molteplici che lo inquietano tanto come uomo quanto come artista. E annota: “Parla – il quadro – di ferro, di fiam- ma, di desideri, di tormenti, di rassegnazione, di ribellione”. È un piccolo diario occasionale (v.p. Ooss.) la fonte preziosa di inaspettate rivelazioni, nella cui frammentarietà si compendia agevolmente la configu- razione di una personalità dalle illimitate sfaccettature psicologiche. È da lì che si può dunque cominciare, premettendo allo studio analitico dell’opera un sommario ragguaglio sul carattere e il pensiero di Gino Parin, come da lui stesso abbozzati, lungi dal sospettare che quelle scarne, sparpagliate annotazioni private potessero un giorno servire da testimo- nianza meritevole di un apprezzamento critico non secondario. Lo ritroveremo, il nostro Parin, sulla traccia di quegli appunti, perenne- mente assillato dal conflitto tra spirito e materia, vittima, a tratti, del senso di inadeguatezza, timoroso dell’insuccesso, oppresso dalla solitudine e preda irriducibile della malinconia, stordito da delusioni d’amore, presago perfino di un avvenire incerto, nel quale sarebbe stato lui stesso fatalmen- te coinvolto nel modo peggiore. Da altre riflessioni emerge tuttavia una situazione diversa. Con il rilievo e i contorni del personaggio “positivo”, ammireremo allora il Parin che, instan- cabile nell’attività, riconosce nella propria opera il potere rigeneratore di energie vitali e cerca quindi il riscatto da disavventure o depressioni risa- lendo lungo il filo immaginario delle “affinità elettive” ai Grandi della cultu- ra: poeti come Verlaine o Michelangelo, evocato con il più celebre verso delle “Rime” (“Grato m’è il sonno e più l’esser di sasso”) o Pascarella (“… a camminà, cammino storto / Eppure sanz’ognuno, sto benone”), accostati ai nomi di musicisti (Chopin, Brahms) e pittori (molte le preferenze), forieri – almeno come egli li sente – di suoni e forme, indistinguibili gli uni dalle altre, tanto da farlo esclamare: “Si può suonare un quadro?”. Se non è, questa, domanda cui si possa dare risposta senza imbarazzo o perplessità, vero è che vittoriosa su ogni angheria s’impone l’arte di Gino 7 Parin, com’è chiaro a lui stesso. Scrutando il 7 di agosto l’Autoritratto del 1926 (già qui in apertura ricordato), che a quella data non è neppure ter - minato, egli giunge tuttavia, candidamente, ad ammettere: “È un ritratto completo”. Da tempo, a Trieste, ci si ripromette di far conoscere ampiamente le opere di Parin. A vederle dal vivo provvederebbe al meglio un’esauriente rasse - gna espositiva, in grado di appagare la comprensibile curiosità di tanti, non solo concittadini; mentre il relativo catalogo lascerebbe adeguata memoria dell’evento. Negli ultimi anni, sporadiche mostre – ognuna, anche se di buona scelta, numericamente ristretta – son passate velocemente, senza suscitare clamo - re ma rammarico sì, quello che si prova davanti a uno spettacolo promet - tente lasciato incompleto. Meritorio, ad ogni modo, l’impegno di volta in volta profuso dai curatori (anche privati); ma non si può dire che l’obietti - vo, in tale settore, sia stato finora centrato. Meno di dieci anni fa, a breve distanza da uno sfortunato tentativo di rea - lizzare la mostra del cinquantenario della morte dell’artista (non si trovaro - no i finanziamenti), la questione rimbalzò sulla stampa locale, sensibilizza - ta grazie alla segnalazione di un gruppo di dipinti conservati a Lugano. Il cronista del “Piccolo” (r.ber. le sue iniziali) sul numero del 5 luglio 1994 non si limitò al dato di fatto da poco emerso, che pure gli servì da pretesto per riaffermare la necessità della mostra. Suggerì una soluzione alternativa, sollecitato dal ricordo della tesi di laurea della compianta Marina Roccia che di Parin aveva trattato – per la parte assegnatale dal relatore professor Decio Gioseffi – in modo esemplare. Incoraggiati da tali premesse – veni - va precisato – si sarebbe potuto tornare sull’argomento e procedere alla volta di “uno studio approfondito” in cui fosse ricostruito “con filologica minuzia il suo – [di Parin] – complesso itinerario artistico (in particolare la formazione monacense), rintracciando le sue opere disperse in molti paesi…”. Dispersione - va tenuto presente - da cui discende la complessità di un lavoro di censimento che risulterebbe inevitabilmente lacu noso…”. Ebbene – non sarà difficile rendersene conto – i risultati raggiunti ora da Claudia Ragazzoni si collocano perfettamente in linea con tale prospettiva di studio e di ricerca. Le opere raccolte per questo volume, tutte schedate e riprodotte, ammon - tano ad un totale di ben 573 esemplari, nelle varie tecniche. E non è tutto (Quando mai? L’”inevitabile lacunosità” è del resto già stata messa in pre - ventivo). Anche di ciò che si è trovato, qualcosa (disegni soprattutto) si è 8 dovuto lasciar fuori. Qualcosa, nell’incertezza, si è scartato. Mancano poi taluni dipinti sfuggiti al censimento poiché i proprietari hanno preferito non farceli conoscere. Tantissimi, in compenso, i collezionisti che hanno risposto al nostro appello con gentile accondiscendenza, e gliene siamo grati. Non li abbiamo mai visti allarmarsi – se non un paio di volte, per la verità – all’arrivo del fotografo Bonassi che, spostandosi da un salotto a un ufficio, da una sala di esposizione a un negozio di antiquariato, più volte al giorno montava e smontava il suo armamentario portando un po’ di scompiglio. Effettuati gli scatti necessari come meglio poteva, alla fine tutto tornava a posto. Su altri obiettivi, nel contempo, Claudia Ragazzoni orientava le sue rico - gnizioni preliminari, muovendosi alla ricerca, anche all’estero, di materiale documentario in archivi, biblioteche, gallerie statali. Incontrata a Trieste una pronipote americana di Parin per un’intervista, otteneva che, al suo rientro a New York, le trasmettesse fotografie di famiglia e precisazioni biografiche. Particolarmente laboriosa la ricostruzione del periodo giovani - le in Baviera e a Vienna, dove l’affermazione di Parin si consolidò nella partecipazione alle mostre più prestigiose del tempo con il conseguimento di premi o segnalazioni. Di ciò la Ragazzoni è