indoeurTAURINIopei e celto-liguri indoeuropei e celto-liguri Indoeuropei e preindoeuropei

Prima dei Taurini e dei Liguri: l’età del Bronzo in Piemonte

È noto che molte fonti antiche identificavano i Liguri come popolo antichissimo e autoctono definendoli come preindoeuropei, un substrato locale risalente alla più antica preistoria. In effetti la documentazione linguistica e toponomastica può lasciare intravedere un’etnogenesi progressiva formatasi per la graduale acquisizione di un’identità etnica da parte di gruppi in cui risultava rilevante una componente locale preesistente. Forme di fusione bivalve per spada a lingua di presa A partire da un momento centrale della media età del Bronzo (XVI sec. da Piverone 1 (Età del Bronzo Finale - XI sec. a.C.) a.C.), con quella cultura che viene archeologicamente definita facies di da: Archeologia in Piemonte, La Preistoria, 1998 Viverone, appare marcato l’avvio di una netta separazione di un’identità culturale e successivamente etnica dell’Italia nord-occidentale dalle Alpi al corso dell’Oglio rispetto alla Pianura Padana. In un quadro di evidenti influenze esterne in cui si presumono spostamenti di piccoli gruppi guerrieri fortemente mobili grazie allo sviluppo dell’allevamento bovino e del cavallo, il Piemonte occidentale dimostra di gravitare nell’areale della Cultura dei Tumuli centroeuropea. Il passaggio nel IX secolo a.C. all’età del Ferro è segnato da un forte cambiamento climatico che vede un aumento della piovosità, il ritiro Nel corso del XV-XIV secolo a.C. si denota un ambito culturalmente dei ghiacciai alpini e un conseguente abbandono di siti lungo il corso unitario, anche attraverso l’affermarsi del rito funerario della cremazione del Po e il commercio su via fluviale. L’improvviso venir meno di un tipico dei Campi d’Urne ancora in contatto con l’area transalpina rodaniana complesso di basi e di insediamenti che costituiva l’asse centrale dei e renana. Con il XIII secolo a.C. appaiono evidenti differenze nella geografia commerci porterà ad una chiara definizione dei tre diversi areali del popolamento: la cultura di Canegrate, a cavallo del corso del Ticino, caratteristici del Piemonte nella piena età del Ferro: si denota la precisa conosce un grande sviluppo delle relazioni commerciali e un’ininterrotta individualità della Cultura di Golasecca nel Piemonte nord-orientale crescita demografica preparando nell’età del Ferro la successiva cultura di lungo il corso del Ticino, mentre gli insediamenti della Liguria interna, Golasecca, mentre il popolamento nelle altre aree del Piemonte, in particolare favoriti dallo svilupparsi della navigazione lungo il Tanaro restituiscono nel cuneese e nell’alessandrino (la zona chiamata Liguria interna nell’età stretti contatti con l’ambiente villanoviano ed etrusco dell’Emilia e della del Ferro) sembra più rado. Liguria costiera (necropoli di Chiavari).

Cultura di Canegrate Areale golasecchiano Nell’età del Bronzo finale (XII-X secolo a.C.) l’area piemontese corrisponde Facies Alba - Solero Areale ligure a quell’entroterra mitico e lontano che i primi Greci frequentatori dell’Alto Areale alpino occidentale Areale taurino - salasso adriatico collegheranno alle vie per l’Europa sconosciuta, agli Iperborei, ai di influenza della Facies Alba - Solero Cigni, all’ambra. I Liguri, vicini agli Iperborei rappresentano le popolazioni protoceltiche Tarda Età del Bronzo Età del Ferro stanziate a nord e a sud del Po, senza quella distinzione tra Celti a nord del Po e Liguri a sud che si caratterizzerà per i geografi antichi solo dopo la calata gallica del IV secolo a.C. In particolare il Piemonte nord-occidentale e la Valle d’Aosta sembrano ancora mantenere stretti contatti con l’area transalpina franco-elvetica e renana caratterizzata dalla cultura dei Campi d’Urne, come a confermare il mito del contatto tra Liguri e Iperborei delle fonti classiche. , 2004 es Celeberrimi Ligur da: Confronto tra gli areali piemontesi della tarda età del Bronzo (a sx) e dell’età del Ferro (a dx): Taurini e Salassi sopraggiungono nel VI secolo a.C. provenendo dall’area alpina orientale. Frammento di piccolo recipiente da Verrua Savoia, loc. La Rocca-Quartieri. (Età del Bronzo Finale - XI sec. a.C.) foto archivio GAT Nel VI secolo a.C. la necessità di attivazione di una direttrice commerciale in territori scarsamente popolati è uno dei fattori determinanti delle prime infiltrazioni nel Piemonte occidentale di gruppi transalpini della cultura di Halstatt, anche se mancano al momento dati sufficienti per tracciare quel processo che porterà alla distinzione dell’area taurino- Urna cineraria da una tomba a cremazione salassa del Piemonte nord-occidentale (provincia di Torino); tuttavia, della necropoli di Morano sul Po gli indizi che si intravedono sembrano mostrare elementi di discontinuità (Età del Bronzo Finale - XI sec. a.C.) e turbamento rispetto ai processi di etnogenesi evidenziati per l’areale da: Archeologia in Piemonte, La Preistoria, 1998 ligure e golasecchiano.

1) In archeologia preistorica la definizione di una cultura all’interno delle manifestazioni materiali rinvenute negli scavi deriva dal riconoscimento ripetitivo e coerente di sistematici abbinamenti di caratteri tipologici ricorrenti nello stesso momento cronologico su un territorio delimitato, che esulano da necessità funzionali e indirizzano a definire una identità, che per tutta la preistoria non equivale al riconoscimento di omogeneità etniche.

Testo a cura di Stefania Padovan

Bibliografia Gambari F.M. 1998. Gli insediamenti e la dinamica del popolamento nell’età del Bronzo e nell’età del Ferro, in Archeologia in Piemonte, La Preistoria (a cura di L. Mercando e M. Venturino Gambari), volume I, Torino, pp. 129-146. Celeberrimi. La Liguria interna nella seconda età del Ferro 2004. Ligures Celeberrimi. La Liguria interna nella seconda età del Ferro (a cura di Venturino Gambari M. – Gandolfi D.), Mondovì, 26-28 aprile 2002. TAURINI indoeuropei e celto-liguri I CELTI in ITALIA: dal trionfo al declino

L’alba di una civiltà I primi riferimenti geografici relativi all’esistenza e allo stanziamento di popolazioni celtiche Il crepuscolo in Italia ci vengono forniti dalle fonti classiche greche, nelle quali si annota la loro presenza già dal VI secolo a.C. dalle sorgenti del Danubio fino all’estremo occidente d’Europa. dei Celti Cisalpini L’impossibilità da parte dei Celti di affidare la propria cultura alla scrittura ha costituito per Il destino dei Galli cisalpini fu segnato quando molto tempo un serio problema per archeologi e studiosi. Si sapeva però che importanti questi ultimi legarono la propria sorte allo insediamenti erano presenti nel V secolo nelle regioni centro-europee situate tra il massiccio svolgimento delle guerre puniche che videro alpino e il confine meridionale delle pianure del Nord: questa cultura archeologica venne Roma opporsi alla nascente potenza militare di denominata di La Tène o lateniana (V-IV sec.), dal nome della località svizzera (vicino al lago Cartagine. Le armate celtiche, infatti, si di Neuchâtel) nei cui pressi furono ritrovati numerosi ed importanti reperti quali armi, utensili, schierarono con quest’ultima fin dal 263 nel monili e monete. corso della prima guerra punica, occupando sempre posizioni di prima linea durante le I ritrovamenti piemontesi (Castelletto Ticino, Novara) e lombardi (Sesto Calende e Golasecca, battaglie e contribuendo in modo determinante Varese) dimostrarono chiaramente che la celtizzazione dell'Europa era avvenuta molto prima all’impresa di Annibale (iniziata nel 221 con la della comparsa della cultura di La Tène nel V secolo. Dal IV secolo infatti aveva avuto inizio campagna di Spagna e culminata nel 218 con la in modo imponente l'invasione della Pianura Padana da parte di popolazioni galliche, seguendo battaglia di Canne). sostanzialmente due direttrici: la prima e più importante coinvolse centinaia di migliaia di individui, i quali si stanziarono lungo tutto il territorio compreso tra le Alpi e la riva del mare Fu con le battaglie di Talamone (225 a.C.) e Adriatico fino ad Ancona, scacciando Etruschi e Umbri; la seconda, non meno importante, fu di Clastidium (Casteggio, 222 a.C.) che la civiltà generata dalla tradizione in uso presso i Galli di combattere come mercenari, circostanza che celtica cisalpina subì una decisiva battuta li portò a utilizzare la propria grande prestanza fisica e il valore indomito, in tutte le guerre d’arresto. Già dal 243 i Celti della pianura Padana combattute per il predominio del Mediterraneo, servendo in particolare gli eserciti cartaginesi avevano cercato, forse per una sorta di e quelli di Dionigi I, condottiero dei Greci di Sicilia. lungimiranza, l’appoggio dei guerrieri d’oltralpe nel tentativo di opporsi in modo solidale alla I Celti si sostituirono agli Etruschi Ricostruzione di una minaccia espansionistica romana. Le consuete nel controllo delle città da essi delle fasi della Danza dei Taurini. liti e faide interne impedirono che l’alleanza si fondate quali Felsinea che si (a cura di Terrataurina). realizzasse. trasformò in Bononia (Bologna), A Talamone, una coalizione di Insubri, Gesati, Mantova, Spina e l'importante Boi e Taurisci si immolarono in un’inutile car- centro appenninico di Marzabotto neficina, forse troppo presi dal loro ardore guer- (BO), teatro in seguito di impor- riero per contrastare l’efficienza militare romana. tantissimi ritrovamenti archeolo- Poco dopo, nella battaglia di Casteggio, i Romani gici. completarono l’opera infliggendo un’ennesima Per l'autore classico Tito Livio cocente sconfitta alle tribù galliche, arrivando l’invasione del nord della penisola fino a Mediolanum (Milano) e costringendo gli avvenne in modo pressoché inin- Insubri a tentare una resistenza disperata: infine, terrotto durante l’arco di due secoli. essi fuggirono sulle montagne, per non perire Gli ultimi pare furono i Galli Se- mentre la loro capitale veniva saccheggiata. noni i quali, guidati da Brenno, parteciparono al sacco di Roma Tramontava così un’epoca che aveva visto del 390 a.C.. Livio riporta anche fronteggiarsi fieramente per duecento anni le un passo interessante riferito alla due differenti etnie. Piegate le tribù galliche del fondazione di Mediolanum, ovvero nord della Gallia Cisalpina, i romani si dedica- Milano, in cui l'orda gallica entra rono alla disfatta e all’annientamento di quella nel territorio degli Insubri attirata che era considerata la più potente fra le nazioni dal nome della tribù, identico a celtiche stanziate al disotto del fiume Po, i Boi. quello di un popolo facente parte Prima di allora tutta la Pianura Padana era con- della nazione degli Edui transal- siderata dagli stessi romani “Gallia”, il resto del pini, e decide di insediarvisi. territorio era “Italia”. Si hanno notizie di eroici e sfortunati tentativi di ribellione da parte di Da quanto finora esposto si potrebbero trarre due conclusioni circa la natura dell'invasione tutte le tribù galliche fino all’82 a. C., allorché gallica della Penisola: secondo le fonti più antiche – e questa visione influenzò a lungo la Gallia Cisalpina venne dichiarata provincia l'iconografia classica – i Galli furono visti come selvaggi invasori esclusivamente dediti alla romana, ma la possibilità di un’alternativa storica violenza e al saccheggio (pensiamo al sacco di Roma appena citato), mentre secondo versioni era – da tempo – definitivamente tramontata. più recenti il fenomeno migratorio avvenne in modo lento e pacifico, dando la possibilità a popoli diversi di amalgamarsi senza traumi. Come spesso avviene, dobbiamo mutuare parte I Celti però non scomparvero del tutto. L’élite di entrambe le ipotesi, propendendo per una terza soluzione in cui trovano spazio scenari di guerriera fu incorporata – il più delle volte aspro confronto militare (la cacciata degli Etruschi dalla Valle del Po) ed evidenti riusciti coercitivamente – nelle legioni romane e esempi di coabitazione, come testimoniato dai ritrovamenti archeologici di Monte Bibele, contribuì ai successi militari degli eserciti presso Bologna, che ci mostrano sepolture miste tra individui di stirpe gallica e individui di dell’Urbe sui nuovi scenari bellici della Gallia etnia etrusca, uniti in matrimonio. Transalpina e della Britannia. La classe dei È interessante sottolineare la collaborazione che si creò tra i primi coloni galli e le successive produttori si inserì perfettamente nel tessuto ondate migratorie, che si susseguirono fino a tutto il IV secolo. La comunanza di usi, costumi, sociale italico, portando con sé nuove tecniche lingua e culti religiosi, non fece altro che cementare accordi e unioni fra le diverse nazioni nella lavorazione dei metalli e degli utensili, galliche che si ritrovarono a fronteggiare unite prima gli Etruschi poi gli Umbri, i Veneti e riproponendo il gusto artistico celtico nella infine la potenza espansionistica di Roma. ceramica e nella decorazione. Anche i druidi, Le popolazioni galliche riuscirono quindi per due secoli a radicarsi su una parte considerevole poco alla volta, si amalgamarono con la categoria del territorio della penisola italica, vivendo a contatto con le genti autoctone, integrandosi con medica, introducendo preziose nozioni e successo e lasciando tracce indelebili che sono tutt’oggi riscontrabili nella cultura e negli usi conoscenze nella preparazione dei medicamenti. di tutta la pianura Padana, con qualche elemento anche nel centro e nel sud Italia.

Testo a cura di Gianfranco Bongioanni (Terrataurina e GAT) TAURINI indoeuropei e celto-liguri I CELTI in PIEMONTEE:: molti popoli, una cultura

Il territorio piemontese nel periodo preromano A partire dall’800 a.C., dall’est europeo e dai territori transalpini, attraverso i valichi alpini, Il Regno di Re Cozio giunsero gruppi di origine indoeuropea alla ricerca di terre da coltivare nella fertile e lussureggiante pianura Padana, che a quel tempo era ricoperta, oltre che da paludi, anche da fitte foreste di farnie, pini silvestri (dal celtico pados, “pino silvestre”, derivano i nomi della valle Padana – ossia valle dei pini silvestri – e del Po, padus). Questi popoli saranno chiamati Keltoi dai greci Il re Cozio (a sinistra dell’altare, con il capo coperto) nell’atto di e “Galli” dai romani. compiere un sacrificio rituale. Lo seguono i suoi assistenti. A destra si notano tre littori. Alle estremità, due tori sono pronti per essere sacrificati. Rilievo del fregio Sud dell’Arco di Augusto a Susa (TO). I Celti in realtà non erano un unico popolo, ma una moltitudine di tribù con le più disparate caratteristiche somatiche, dall’uomo basso di statura con carnagione scura sino a quello alto Re Cozio era a capo di una confederazione di di carnagione chiara. L’arrivo di queste genti in Piemonte, come in tutto l’arco alpino, avvenne tribù di entrambe i versanti alpini. La data senza grande conflittualità, poiché l’integrazione con i popoli preesistenti fu pressoché totale; supposta di costituzione del regno è da collocare nel caso del Piemonte occidentale i Taurisci (Taurini) si sovrapposero al popolo autoctono dei non prima del 218 a.C., poiché nei documenti Liguri attorno al V-IV secolo a.C. che parlano del passaggio di Annibale non si fa cenno a un regno alpino. A questi antichi abitanti delle Alpi dobbiamo un ulteriore impulso alla pastorizia montana, Tramite i monumenti eretti da Ottaviano che trasformò territori inospitali in verdeggianti pascoli, con una ricchezza di specie erbacee Augusto, come il trofeo di La Turbie e l’arco che rendono le Alpi un territorio unico al mondo e patrimonio dell’umanità. di Susa, e ad alcuni passi delle opere degli I valichi alpini furono teatro del passaggio di eserciti come quello cartaginese, guidato da storici antichi è possibile stilare un elenco dei Annibale, e delle legioni di Roma. Il greco Polibio, nei capitoli 15 e 17 delle “Storie”, ci offre popoli di questo regno. una rapida descrizione dei popoli subalpini, citando i Taurisci (i Taurini), gli Agoni, i Lebeci Sul versante piemontese conosciamo il nome e i Lai (i ). Inoltre, aggiunge che erano stanziate numerose “altre tribù di barbari”, che e il relativo territorio dei popoli appartenenti a vengono descritte più attentamente nelle opere degli storici a lui postumi, come Tito Livio, questa unità amministrativa, come i Segusini Plinio il Vecchio e Strabone, o elencate nelle iscrizioni dell’Arco di Augusto a Susa e nella che abitavano Segusio, l’odierna Susa; il loro “Sententia Minuciorum”. territorio spaziava da Ocelum – collocata presumibilmente nella zona fra Avigliana e Possiamo studiare attentamente i diversi ambiti geografici e culturali sotto vari profili, Villardora (forse coincidente con Ad Fines, riconoscendone le caratterictiche celtiche o più tipicamente liguri e avventurandoci alla scoperta luogo di culto e di pedaggio, l’odierna della loro lingua per evidenziare le tracce ancora presenti nella toponomastica e nelle espressioni Drubiaglio) – al colle del Moncenisio. Altro linguistiche locali odierne, le loro attitudini economiche e i loro costumi, tutti argomenti che loro centro importante e forse fortificato era impegnano da tempo storici, linguisti, antropologi e archeologi. Excigomagus, da collocare presumibilmente nei pressi di Exilles. Tra gli altri popoli conosciuti ricordiamo: i Vennavi della Val Cenischia (da cui Venaus); i Belaci nel territorio tra Salbertrand e Bardonecchia; i Segovii stanziati nella conca di Goesao (Cesana). La Valle Chisone era popolata dagli Iemeri, la Valle Pellice dai Maielli, nella Valle del Po erano stanziati i Vibelli – da cui il nome latino di Forum Vibi, nei pressi dell’odierna Barge. Sul versante francese troviamo i Savincates, insediati anche nell’alto corso della Durance (da cui il toponimo Sauze, presente anche nel versante italiano); i Caturigi posti nella città di Chorges (Caturigomagus) dalla quale provengono alcune iscrizioni ad essi relative; i Tebavi pare fossero nella valle dell’Ubaye. Gli Ectini e i Veamini erano stanziati nella valle della Tinèe; i Venisani fra il colle dell’Autaret e Briançon, abitavano la Maurienne e in particolare la valle dell’Arc da Aiguebelle al Moncenisio; i Medulli, gli Adanates abitavano un territorio ancora non identificato; i Vesubiani nella valle della Vesùbie; i Quariati nel territorio Graioceli, Naburni, Acitavoni e Suaneti del Queyras, che porta il loro nome. Nel territorio di Lanzo e nella Valle di Viù, si insediarono i Graioceli, originari della attuale Maurienne, che diedero il nome alle Alpi Graie, mentre la Val Grande e la Valle di Ala erano abitate dai Naburni. Gli Acitavoni, popolazione alpina di cui è difficile comprendere il territorio d’insediamento, sicuramente erano limitrofi dei Salassi e dei Medulli dell’alta Morienne. Alcuni cartografi prenapoleonici li collocarono in alcune vallate del Gran Paradiso (Valle Orco, Valle Arco di Augusto di Rhemes e Val Savarenche). a Susa (TO) La Valle Soana, secondo alcuni studi toponomastici, venne popolata dalla “tribù” dei Suaneti, Venne edificato nel 9-8 a.C. per popolo alpino originario dei Grigioni, in Svizzera. Ipotesi affascinante, ma provata esclusivamente celebrare il patto di dall’affinità fra il nome etnico dei Suaneti con il nome del torrente Soana; forse in questa valle alleanza suggellato era invece stanziata una “tribù” dei Salassi omonima del popolo elvetico. tra Augusto e Cozio, re di Susa, nel 13-12 a.C.

Testo a cura di Gianfranco Bongioanni (Terrataurina e GAT) TAURINI indoeuropei e celto-liguri I TAURINIAURINI:: peculiarità e parentele

Ne emergono le tracce di una popolazione fiera e particolarmente caratterizzata Taurini: Celti, Liguri o Semigalli? che già in età romana all’insubre Plinio presentava peculiarità linguistiche, che controllava i valichi delle Alpi e la pianura compresa fra l’imboccature Scoperte archeologiche recenti e il rinnovato quadro di conoscenze della Valle di Susa e le colline del Po; essa si opponeva con orgoglio alla sul Piemonte nell’età del Ferro rendono possibile un breve riepilogo potente lega degli Insubri, estesa da Bergamo a Vercelli. delle notizie disponibili sui Taurini, una delle popolazioni più importanti delle Alpi Occidentali, ma di cui a tutt’oggi manca in bibliografia un Il nome dei Taurini deriva da Taur (monte), ovvero abitanti dei monti. preciso quadro storico di riferimento e, a causa delle carenze che hanno Questo termine indicava tutti i popoli di stirpe celtica che abitavano le catene afflitto per lungo tempo la ricerca protostorica in Italia nord-occidentale, alpine (ad esempio i Taurisci del Norico). anche un’affidabile definizione archeologica. In effetti, i Taurini altro non erano che i Taurisci abitanti della valle della Drava nella regione alpina orientale, i quali si spostano tra VI e III secolo In realtà le stesse contraddizioni delle fonti, che definiscono i Taurini a.C. verso sud e verso ovest, suddividendosi in due gruppi distinti ma ora come un’antica popolazione ligure, ora come Celti provenienti conservando tradizioni identiche. A sud, poco a nord di Belgrado alla dall’area alpina orientale, o addirittura con l’ambiguo termine di confluenza del Danubio, fondano l’oppidum di Taurunum (in età romana “Semigalli”, trovano una composizione ed una spiegazione solo se Taurinum!); anche ad ovest, giunti alla confluenza fra Po (Padus) e Dora confrontate con le risultanze archeologiche dell’ultimo decennio. (Duria, da “dur” ossia acqua, seguito dal suffisso “-ia”) erigono una nuova capitale, dal probabile nome di Taurunum, il primo nucleo dell’odierna Torino. Le fonti del II secolo a.C. (Marco Porcio Catone, Polibio) concordano Taurini = Taurisci nell’indicare la presenza di Taurisci tra Piemonte e Valle d’Aosta, più mescolati al substrato ligure (dunque solo “semigalli”) nel Torinese – e all’origine tra Canavese, Valle d’Aosta e Ossolano – di Leponti e Salassi. Questi ultimi assumono una denominazione tarda che in celtico vuol dire “quelli dei canali”, da una radice sala alla base di idronimi e toponimi in tutta la Cisalpina occidentale.

Indubbiamente la loro posizione territoriale rendeva i Taurini egemoni su una vasta porzione dell’attuale Piemonte e permetteva loro di controllare sia i passi alpini che le vie fluviali navigabili come il Po. Conosciamo il nome di alcuni vicani dell’area taurina, come gli Airelaschi nei pressi dell’odierna Revigliasco (dai quali forse trae il nome l’attuale Airasca), o i Supinensi (Stupinigi), mentre secondo alcuni studiosi il toponimo Santena deriverebbe Armilla TAURINA da Bric San Vito (Pecetto T.se) Armilla TAURISCA da Kupinovo (Croazia) III sec. a.C. - Conservata presso i magazzini del III sec. a.C. - Museo Archeologico di Zagabria da una “tribù” dei Galli Santoni, affermazione però che non è convalidata Museo di Antichità di Torino dalle fonti storiche.

Hic sunt Taurinis: Taurasia o Taurunum? cosa dicevano gli antichi autori Come si chiamava la città dei Taurini? Nessuna delle fonti antiche ci tramanda il suo nome, con l’unica eccezione, piuttosto tarda, di Appiano da Alessandria Erodiano, da Alessandria (II sec. d.C.), che cita Eratostene, da (ca 95 - ca 161 d.C.) che nella Storia Annibalica (Hannib., Cirene (272-192 a.C.) I 153,25 = II 588,8 Lentz; Eratosth. III B 5) scrive: 117 Berger. “Annibale espugnata Taurasia oppido “Taurisci, popolo presso la catena delle Alpi. Sono celtico e uccisi i prigionieri...” detti anche Taurini, come Polibio nel terzo libro. Eratostene li chiama Terisci con la e, e sono detti Il nome citato da Appiano, Taurasia, è molto dubbio anche Tauri” e forse si lega ad una confusione di questa fonte tarda con la capitale dei Taurasini del Sannio (anche se, in Strabone (64 a.C. – 24 d.C.) - Geografia IV 6, 6 alternativa, potrebbe riflettere un celtico Taurassa, aggettivazione da Tauri, che le fonti ci dicono essere “Sull’altro versante, rivolto verso l’Italia, del territorio denominazione equivalente di Taurisci). montuoso di cui ho parlato, abitano i Taurini, popolo L’opinione corrente (F.M. Gambari) propende per ligure, e altri liguri. A questi appartiene anche la l’ipotesi che l’appellativo Taurini, come l’equivalente cosiddetta terra di Donno e di Cozio. Dopo di essi tardo Taurinates, sia derivato dal nome della città, più e del Po vi sono i Salassi…” facilmente Taurinum o Taurunum.

Tito Livio, da Padova (59 a.C. – 17 d.C.) - Storie V, 34, 8 Va inoltre ricordato che anche i Taurisci stabilitisi nei pressi dell’attuale Belgrado, durante il medesimo flusso “[…] i Galli […] per i passi dei Taurini attraversarono migratorio che vide i nostri Taurisci/Taurini separarsi tranquillamente le Alpi” dai primi e dirigersi all’estremità occidentale della pianura Padana, chiamarono la loro capitale Taurunum: Ammiano Marcellino (ca 330 – 400 d.C.) - Storie XV 10 le riconosciute affinità culturali che legavano questi due tronconi di un medesimo ceppo celtico fanno pensare [nel 218 a.C. Annibale procedeva attraverso le Alpi] “con la guida che, nel dare un nome al loro centro più importante, dei vicini Taurini” anche i Taurini possano aver seguito analoghe logiche toponomastiche.

Testo a cura di Gianfranco Bongioanni (Terrataurina e GAT)

Bibliografia Gambari F.M. 1998. Gli insediamenti e la dinamica del popolamento nell’età del Bronzo e nell’età del Ferro, in Archeologia in Piemonte, La Preistoria (a cura di L. Mercando e M. Venturino Gambari), volume I, Torino, pp. 129-146. TAURINI indoeuropei e celto-liguri I TAURINIAURINI:: e il loro territorio

Dalla fine degli anni ’70 ad oggi, nell’arco di poco più di un ventennio, gli studi sulla protostoria del Piemonte hanno compiuto grandi progressi: la documentazione archeologica si è con- siderevolmente arricchita grazie al sistematico controllo del territorio e a una serie di scavi programmati, si sono definiti con maggiore precisione i gruppi culturali, sono state ulterior- mente approfondite la cronologia e la complessa dinamica storica di tutto il periodo. La definizione accurata degli ambiti culturali, cioè di quegli spazi geogra- fici dotati di peculiarità destinate a Rocciamelone (Val di Susa), pittura sotto roccia, età del Ferro. permanere nel tempo, è stata la pre- Guerriero taurino a cavallo, armato di arco. messa per una comprensione delle da: Immagini dalla Preistoria, 1995 fonti archeologiche nell’ottica di una In particolare il territorio dei Taurini mostra ricostruzione storica. nell’organizzazione geografica di raccordo tra le vie terrestri di valico delle Alpi e la via fluviale del Chivasso. Questa imponente stele celtica (prob. Po, attivata nei commerci con il mondo etrusco fino IX-VI sec. a.C.), forse pietra di confine o parte dal IX secolo a.C., un’evidente centralità dell’area di un tumulo funerario oggi disperso, venne riconosciuta e valorizzata non molti anni fa, corrispondente all’attuale Torino, rispetto alla quale dopo che per secoli era stata riutilizzata come i due abitati di altura di Belmonte e della rocca di berlina per i condannati, cantonale e, infine, Cavour sembrano collocarsi rispettivamente ai panchina nei giardini pubblici chivassesi. confini settentrionale e meridionale del territorio, nel punto di raccordo tra l’alta pianura e le vallate In Piemonte, durante l’età del Ferro (IX- II sec. a.C.), in base alle citazioni delle fonti alpine. Nelle fonti classiche è evidente la stretta storiche e soprattutto ai dati archeologici, è possibile riconoscere, pur con forti interrelazioni connessione tra Taurini e Alpi nonché il controllo e una comune caratterizzazione archeologica, tre ambiti culturali. da parte di questo popolo dei valichi più importanti delle Alpi occidentali che andavano dal Moncenisio A sud del Po la Liguria interna, organizzata intorno alle vie di collegamento in senso verso il bacino dell’Isère, al Monginevro ed al Colle est-ovest, in particolare il corso del fiume Tanaro, dei suoi affluenti e dei valichi appenninici delle Traversette verso il bacino della Durance. verso la costa. Le provincie di Novara, Vercelli, Verbania e in parte il Biellese rappresentano l’area La funzione della via fluviale del Po, a partire da piemontese della cultura di Golasecca. Torino, appare fondamentale soprattutto in rapporto con la Gallia e con il ruolo crescente che, a partire Le provincie di Torino e, in un secondo tempo anche Biella, appartengono ad un terzo dal V secolo a.C. fino alla sconfitta di Annibale ambito, organizzato intorno alle vie di collegamento ai valichi della Valle d’Aosta e della (218 a.C.) e alla ritirata dei Galli Boi (189 a.C.), Valle di Susa definibile areale Taurino-Salasso, riconoscibile per la precoce ricomparsa assumerà in area nord-occidentale la sfera di in- del rito inumatorio per la sepoltura dei defunti e per particolari tipologie ceramiche. fluenza di Massalia (Marsiglia). Al Bric San Vito di Pecetto, a Belmonte, a Susa (Cascina Parisio), al Castelvecchio di Testona, l’arrivo di ceramica di aspetto massaliota (vedi sotto) a metà del V secolo a.C. conferma la continuità di contatti transalpini, evidenti anche nelle pitture rupestri di Mompantero databili probabilmente al VI secolo o agli inizi del V secolo a.C.

Pecetto, loc. Bric San Vito. Ceramica affine a tipologie rinvenute nella Media Valle del Rodano, definita “grigia monocroma”. Immagine tratta dalla conferenza: I Taurini e i Celti nel Piemonte antico, Pecetto, ottobre 2004, a cura di F.M. Gambari per l’iniziativa “Il Ferro degli Eroi”.

Il territorio taurino-salasso, pur nelle ristrettezze della documentazione, appare il più permeabile ai Chiomonte, loc. La Maddalena. Sepoltura femminile ad inumazione, con corredo metallico riferibile a tipi della gruppi transalpini sia nella prima che nella seconda cultura La Tène (400-350 sec. a.C.). La ricchezza del corredo (visibile all’altezza del bacino) giustifica il nome età del Ferro (rispettivamente culture transalpine di con cui questa sepoltura è conosciuta, ossia “tomba della principessa”, per quanto si tratti in realtà di una donna Halstatt e di La Tène). pienamente adulta sulla cui posizione sociale è possibile solo avanzare ipotesi.

Testo a cura di Stefania Padovan

Bibliografia Gambari F.M. 1998. Gli insediamenti e la dinamica del popolamento nell’età del Bronzo e nell’età del Ferro, in Archeologia in Piemonte, La Preistoria (a cura di L. Mercando e M. Venturino Gambari), volume I, Torino, pp. 129-146. TAURINI indoeuropei e celto-liguri I TAURINI a Bric San Vito: un emporio celto-ligure

La frequentazione protostorica di Nel dettaglio, lo studio del materiale ceramico, Bric San Vito che è da ritenersi ancora ad uno stadio preliminare, Il sito di Bric San Vito (presso Pecetto Torinese) ha restituito consente di muovere alcune considerazioni pre- abbondanti elementi per la ricostruzione della storia della liminari sugli aspetti cronologici-culturali della collina in età preromana e una valutazione del potenziale frequentazione protostorica del Bric San Vito. archeologico del territorio stesso. Nonostante le dimensioni contenute dell’insediamento, l’analisi dettagliata del com- Ripetuti interventi di scavo condotti dalla Soprintendenza plesso dei materiali archeologici riferibili alla per i Beni Archeologici del Piemonte, a seguito di un’opportuna cronologia in esame (fine V-IV secolo a.C.) ha segnalazione e di prime iniziative di ricerca e tutela da parte permesso di evidenziare come siano giunti nel del Gruppo Archeologico Torinese, hanno permesso il sito prodotti di scambio e commercio da aree ritrovamento di numerosi reperti e il recupero di un importante diverse, quali la valle del Rodano, la Lombardia complesso di dati. e la Liguria costiera.

Dopo una fase di studio del materiale archeologico recuperato Il complesso fittile comprende soprattutto ce- durante lo scavo, si può affermare con certezza che nel territorio ramica d’impasto medio-grossolano e talvolta di Pecetto, in epoca preromana, erano stanziati i Taurini, una fine. Le particolari condizioni di giacitura hanno delle popolazioni più importanti delle Alpi Occidentali, di cui però compromesso in parte la conservazione dei a tutt’oggi manca un preciso quadro storico di riferimento e reperti al punto che le superfici sono spesso anche un’affidabile definizione archeologica, a causa delle abrase e la frammentarietà riduce la possibilità carenze che hanno afflitto per lungo tempo la ricerca di ricostruire le forme vascolari e i motivi deco- protostorica in Italia nord-occidentale. rativi. In realtà le stesse contraddizioni delle fonti, che definiscono In impasto grossolano si contano recipienti di i Taurini ora come un’antica popolazione ligure, ora come grandi dimensioni per la conservazione e la Celti provenienti dall’area alpina orientale, ora addirittura con Qualche esempio dei recipienti in ceramica grigia monocroma rinvenuti a Bric San Vito. Scala 1:1 (disegni: Stefania Padovan) cottura del cibo. I motivi decorativi più ricorrenti l’ambiguo termine di “Semigalli”, trovano una composizione su queste forme sono zig zag semplici o doppi, ed una spiegazione solo se confrontate con le risultanze linee incise orizzontali. archeologiche dell’ultimo decennio. L’impasto medio-fine è stato invece utilizzato Ne emergono le tracce di una popolazione fiera e Inserendosi nelle vicende della seconda guerra punica, nel 218 a.C. la per scodelle emisferiche e troncoconiche, quasi particolarmente caratterizzata (Plinio ne registrò, tra l’altro, lega degli Insubri ricorrerà all’aiuto dei Cartaginesi per avere ragione dei mai decorate. le peculiarità linguistiche), che controllava i valichi delle Alpi Taurini, con la distruzione della loro capitale. Et Hannibal movit ex Taurinis, e si opponeva con orgoglio alla potente lega degli Insubri, scrive lo storico romano Livio lasciando intendere la conseguente distruzione In associazione alla consueta ceramica realizzata estesa da Bergamo a Vercelli. di Taurasia (o – meglio – Taurunum, ubicata in prossimità dell’area dove a mano, è stata rinvenuta una particolare tipologia vedrà la luce la successiva colonia di Augusta Taurinorum) e la totale di ceramica lavorata al tornio, chiamata grigia disfatta della popolazione locale. monocroma (vedi figura a lato), caratteristica È probabile che l’insediamento di Bric San Vito abbia risentito fortemente dei siti della Media età del Ferro d’Oltralpe, in di questo evento e che, dopo tale data, si sia avviata una lenta decadenza particolare dell’area provenzale e della Bassa e che ne causò il totale abbandono già alla fine del III secolo a.C. Media Valle del Rodano.

Per quanto riguarda la fase protostorica, le tre campagne di scavo condotte La produzione di ceramica grigia monocroma al Bric San Vito dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte in ambito transalpino occidentale, cronologica- negli anni 1994, 1995, 1996, hanno permesso di individuare strutture mente riferibile dal secondo quarto del VI secolo pertinenti ad abitazioni, quali focolari, buche per il sostegno di pali lignei a.C. alla metà del IV secolo a.C., sembra diffe- e pozzetti-silos riferibili in particolare ad una capanna. renziarsi in vari sottogruppi a seconda delle aree La struttura di quest’ultima, localizzata sul margine nord della sommità territoriali di rinvenimento. del bric, presenta una forma quadrangolare nonostante il perimetro sia Se nei siti localizzabili in area provenzale, in leggibile soltanto parzialmente a causa del rimodellamento del sito avvenuto particolare nell’entroterra dell’attuale Marsiglia in età medievale. (l’antica Massalia, colonia greca fondata dai Focei nel 600 a.C.), si rilevano i momenti più Arroccato e naturalmente difeso dalla morfologia stessa del territorio, il antichi della produzione di ceramica grigia mo- nocroma, al Bric San Vito è possibile ravvisare sito protostorico stanziato sul Bric San Vito poteva dominare il versante un momento avanzato, collocabile all’inizio del collinare verso Torino (lo spartiacque è molto vicino) e contemporaneamente Ricostruzione di una delle capanne del villaggio taurino che sorgeva sulla sommità del Bric San Vito. IV secolo a.C., rappresentato da forme molto (disegno: Gigi Macis - Terrataurina) la piana di Chieri (Karreum). semplici e senza decorazioni, quali scodelle emisferiche e carenate che trovano raffronti precisi in insediamenti dello stesso periodo nella Frammento di ceramica Media Valle del Rodano. protostorica a impasto La complessità culturale che accomuna i siti medio-grossolano, piemontesi e quelli della Valle del Rodano induce con decorazione quindi a individuare un’area circoscritta geogra- strumentale a triangoli ficamente, oggetto di contatti e scambi che sfrut- con campitura orizzontale tano percorsi attraverso i valichi alpini occidentali e carena percorsa da una fila e non direttrici che seguono la costa ligure, come di depressioni circolari. testimonia la totale assenza allo stato attuale della Bric San Vito. ricerca di questa classe ceramica nel Piemonte Rinvenimento di superficie. meridionale e, al contrario, il ritrovamento di alcuni frammenti a Belmonte (TO) e a Cascina Scala 2:1 Parisio presso Susa (TO).

Sicuramente, ceramica di così alto valore tec- nologico non può essere stata realizzata in un sito localizzato in una posizione relativamente marginale e di ridotte dimensioni come il Bric San Vito; sembra corretto ipotizzare che la vicina città dei Taurini (Taurasia/Taurunum) potesse gestirne la produzione e distribuzione in tutto il territorio circostante. In questo periodo la stazione del Bric San Vito avrebbe quindi rivestito il ruolo di enclave in un’area a popolamento ligure, con finalità di scambio commerciale e culturale. Nel sito sembrano dunque incrociarsi influssi provenienti da aree diverse per popolamento e cultura: un ambito strettamente ligure corrispon- dente al substrato locale ben riconoscibile nel repertorio ceramico, accanto ad elementi carat- terizzanti i Celti d’Oltralpe (cultura di La Tène), in particolare reperti metallici rinvenuti nello scavo databili al III secolo a.C. che segnano la fine della vita dell’insediamento preromano.

Ricostruzione ideale del villaggio taurino di Bric San Vito (fine V-III sec. a.C.). (disegno: Gigi Macis - Terrataurina)

Testo a cura di Stefania Padovan

Riferimenti bibliografici ARCELIN PRADELLE CH. 1984. La céramique grise monocrome en Provence, Revue archéologique de Narbonnaise, suppl. 10, Paris. Fontes Ligurum 1976. Fontes Ligurum et Liguriae Antiquae, in Atti della Società Ligure di Storia Patria, n.s., XVI (XC). GAMBARI F.M. 1998. Gli insediamenti e la dinamica del popolamento nell’età del Bronzo e nell’età del Ferro, in Archeologia in Piemonte, La Preistoria (a cura di L. MERCANDO e M. VENTURINO GAMBARI.), volume I, Torino, pp. 129-146. PANTÒ G. 1995. Lo scavo del castrum di Monspharatus: il restauro conservativo delle strutture e la scoperta del contesto protostorico, in QuadAPiem, XII, Not., pp.371-372. TAURINI indoeuropei e celto-liguri L’arrivo di ANNIBALE e la crisi del III secolo a.C.

Annibale e la distruzione di Taurunum Nell’inverno del 218 a.C. un esercito di enormi proporzioni, Oppidum, il castello dei Celti formato da etnie di varie genti – Celtiberi della Spagna, cavalleria Annibale impiegò ben tre giorni per venire a capo di dalla Mauretania, Galli della Francia, fanteria da Cartagine, Taurunum, nonostante la soverchiante forza dei suoi uomini, elefanti da battaglia – varca le Alpi intraprendendo una dura scegliendo di cingerla d’assedio. La strategia militare e gelida traversata per portare la guerra direttamente nel territorio adottata suggerisce che la città fosse quindi fortificata, del nemico: Roma. Guida l’armata un giovane generale: il suo ovvero che si trattasse di un oppidum. nome è Annibale, di illustre famiglia cartaginese (i Barca), e terrà impegnate le forze romane per ben quindici anni. Nel De Bello Gallico Cesare propone una concisa Annibale è in cerca di alleati, e spera – così ci tramanda Polibio – di riuscire a sollevare descrizione dell’oppidum degli Sotiates che si presta le popolazioni celtiche dal giogo romano, ottenendo preziosi alleati. Incontra gli egregiamente a titolo di esempio: “oppidum et natura loci ambasciatori degli Insubri, i Celti che abitavano l’attuale Lombardia occidentale e il et manu munitum” (una città fortificata dalla posizione Piemonte nord-orientale formando un’ampia federazione di tribù. Essi promettono il naturale e dalla mano dell’uomo). loro aiuto in cambio della distruzione della capitale dei Taurini, Taurunum, l’odierna Torino. Annibale, che non aveva tempo da perdere (ogni giorno era prezioso per la Le città fortificate ebbero massima diffusione in tutta riuscita del suo ambizioso piano), accetta senza indugi; del resto, i Taurini avevano l’Europa celtizzata soprattutto nel II e nel I secolo a.C. con rifiutato di allearsi con l’esercito del generale cartaginese, sebbene inizialmente fossero stati essi stessi a condurlo dai valichi alpini attraverso la Val di Susa. varie funzioni: centri mercantili, amministrativi e di ricovero e soprattutto di controllo del territorio circostante. All’interno Ma per quale motivo gli Insubri avevano chiesto la distruzione della città taurina? degli oppida si trovavano case in pietra o in legno disposte Le fonti aiutano nella risposta: Catone, citato da Plinio, specifica che: “Lepontios et razionalmente, non di rado si batteva moneta e si svolgevano Salassos Tauriscae gentes idem Cato arbitratur”(I Leponzi e i Salassi sono di stirpe attività metallurgiche e mercati. Taurina, come Catone aveva stabilito [Nat. Hist., III 134]), mentre Tito Livio annota: “Molto opportunamente [per Annibale] al principio delle operazioni i Taurini […] La città vera e propria era difesa dal murus gallicus, avevano mosso guerra agli Insubri” [Storie, XXI 39]. È quindi lecito ipotizzare ovvero una struttura che coniugava la resistenza della pietra l’esistenza, nella parte del Piemonte posta a nord-ovest del Po, di una federazione di con l’elasticità del legno: un muro a secco alto da quattro tribù riunita sotto la guida dei Taurini, ovvero un’entità federale simile a quella degli a sei metri formava la parte esterna; in esso, a intervalli Insubri, che raccoglieva sotto di sé altre tribù minori. La distruzione della capitale regolari, si incastravano pali verticali e robusti graticci taurina, che determinò di fatto la decapitazione del sistema governativo locale, generò orizzontali bloccati fra loro. All’interno un terrapieno si un rapido crollo del sistema insediativo circostante ad essa rapportato. addossava al muro, offrendo ancora più stabilità e nel contempo una rapida via d’accesso agli spalti anche a Anche i dati archeologici aiutano nell’interpretazione della storia, a dimostrazione cavallo. Le porte spesso rientravano all’interno del muro di una forte crisi sociale seguita alla disfatta dei Taurini. Nell’area del Bric San Vito formando un imbuto (prendono il nome di porte a tenaglia), (Pecetto T.se), dove sorgeva un emporio commerciale, il materiale ceramico taurino offrendo una migliore difesa dagli assalitori. scompare a partire dal III sec. a.C., a testimonianza dell’abbandono del sito.

“[Annibale] offrì la sua amicizia e la sua alleanza ai Taurini, gente stanziata ai piedi delle Alpi, che si erano opposti agli Insubri e mostravano diffidenza verso i Cartaginesi, ma, non essendo stato dato alcun seguito alle sue proposte, egli cinse d’assedio la città più forte di quel popolo e in tre giorni la espugnò. Fece uccidere tutti quelli che si erano mostrati suoi avversari, il quale fatto ispirò tanto terrore alle genti che abitavano le regioni vicine…”

Polibio, da Megalopoli (202- ca 118 a. C.), Storie, III, 60 [218 a.C.].

Ricostruzione ideale dell’oppidum di Taurunum prima della sua distruzione da parte delle truppe cartaginesi di Annibale nel 218 a.C. (disegno di Gigi Macis).

Testo a cura di Gianfranco Bongioanni (Terrataurina e GAT)

Riferimenti bibliografici Aa.Vv.1991. I Celti, Catalogo della Mostra, Bompiani. TAURINI indoeuropei e celto-liguri

Qualche dato riassuntivo… Storia, Archeologia e Volontariato desunto dalle schede didattiche del GAT La divulgazione dello stato della ricerca inerente il popolamento del Piemonte preromano, pur con le sue tante incertezze e i suoi pochi punti fermi, appare un passaggio indispensabile per sensibilizzare non solo i torinesi su una storia dimenticata e addirittura rimossa, che costituisce una parte indissolubile delle più profonde radici della nostra Regione.

L’Ente deputato a tale divulgazione è, in primis, la Soprintendeza per i Beni Archeologici del Piemonte. Tuttavia, anche le associazioni di volontariato culturale possono essere d’ausilio in questa operazione, grazie in particolare al rapporto diretto e privilegiato che esse sanno instaurare con il pubblico. Il collegamento tra Associazioni ed Enti ufficialmente preposti alla tutela, salvaguardia e valorizzazione dei beni archeologici riveste comunque sempre un’importanza fondamentale nell’individuazione delle strategie divulgative; esso è in realtà una condizione necessaria per non incorrere nel rischio, sempre presente, di essere imprecisi o, peggio, di commettere errori. La Collina Torinese e i suoi beni culturali godono fortunatamente di numerosi sostenitori: fra questi, due associazioni di volontariato che nell’archeologia e nello studio della protostoria celtica hanno le loro basi di riferimento: il Gruppo Archeologico Torinese e Terrataurina.

RCHE A OL PO O P G I U C R O Gruppo Archeologico Torinese: G Archeologia e Volontariato. T O RINE SE Nato nel 1983, il GAT ha collaborato sin dal principio con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte (SBAP) e ha prestato la sua opera volontaristica nei siti preistorici valsusini di Villardora, Villarfocchiardo, San Valeriano, Chianocco, Chiomonte, Cascina Parisio. Nel 1991 il GAT individua sulla Collina Torinese il sito di Bric San Vito (Pecetto). L’area diventa e rimane tutt'ora uno dei capisaldi delle attività del Gruppo. Negli anni seguenti vengono segnalati altri siti tra i quali quelli preistorici di Castelvecchio (Moncalieri) e di Verrua Savoia. Ricognizioni sul territorio e attività di ricerca, iniziative di valorizzazione, realizzazioni editoriali, mostre didattiche, gite culturali, corsi propedeutici e conferenze caratterizzano la vita sociale del GAT, che ha il principale obiettivo di proteggere, promuovere e valorizzare i Beni Archeologici.

Terrataurina, nazione gallica. Alla riscoperta delle radici Celto-Liguri. Un’eredità importante viene condivisa dalla maggior parte delle regioni europee i cui abitanti, nella vita di tutti i giorni, si ritrovano a celebrare feste e tradizioni le cui radici affondano nel passato. Un’epoca distante due millenni, nella quale i nostri antenati vivevano in una “Europa unita” da usi e costumi che hanno dato vita ad una cultura religiosa, artistica, un patrimonio unico e insostituibile: la nostra IDENTITÀ. Parliamo dei CELTI, antichi abitanti di queste terre. Terrataurina è un’associazione che si propone tramite pubblicazioni, serate d'approfondimento e manifestazioni di salvaguardare e divulgare il patrimonio storico, lingui- stico, tradizionale e artistico del territorio piemontese e valdostano ricercando quei legami con le nostre radici più antiche e i suoi valori più profondi.

Testo a cura del Gruppo Archeologico Torinese e di Terrataurina