SETTEMBRE MUSICA

Con il contributo dell'Assessorato all'Istruzione e Cultura della Regione Piemonte

mercoledì 17 settembre, ore 16,30

Chiesa dei Santi Martiri

giovedì 18 settembre ore 16,30

Chiesa di Santa Teresa

Gruppo «Sequentia» di Colonia

Barbara Thornton, Benjamin Bagby, voci Margriet Tindemans, Crawford Young, strumenti ad arco e a pizzico in collaborazione con il Goethe Institut mercoledì 17 settembre, ore 16,30

Dante e i trovatori

Bertran de Born Gens de disnar no fora oi mais matis

Folquet de Wlarseille A guan gen vens et ab quan (1155 c. - 1231) pauc d'afan

Anonimo Belìcha (sec. XIV)

Anonimo Lucente stella (sec. XIV)

Anonimo Cum altre ucele (sec. XIV)

Anonimo Saltarello (sec. XIV)

Arnaut Daniel Lo ferm voler (sec. XII) (sestina)

Bertran de Born Be'm platz lo gais temps

Giraut de Bornelh No pose sofrir c’a la dolor (1150 c. - 1220)

Anonimo Brano strumentale (sec. XIV)

Anonimo Amor mi fa cantare alla Francesca (sec. XIV)

Anonimo Saltarello (sec. XIV)

Jacopo da Non al so amante Bologna Aquil’altera (sec. XIV) Creatura gentil giovedì 18 settembre, ore 16,30

Giullari e chierici: musica dell’Alto Medioevo

Trattenimenti musicali in Francia (tardo XII secolo)

Anonimi Olim sudor Herculis Brano strumentale Tre mottetti sul «tenor»Tanquam Lai des amans Tre mottetti sul «tenor»Flos fìlius Nota d'Aelis

Chierici e Trovatori (XII secolo)

Anonimo Veritas, equltas, largitas corruit

Jaufré Rudel No sap chantar

Musica clericale inglese (XIII secolo)

Anonimi Brano strumentale Worldes blis ne last no throwe Brano strumentale Worldes blisce have god day/Domlno Man me! longe lives wene Verbum patris humanatur Dante e i trobadours Nel comporre una casistica dell'impiego illustre dell'Idioma volgare Dante assegna nel II libro del De vulgari eloquentia la priorità agli exempla occitani. « Queste tre cose dunque, salute venere e virtù, appaiono esser quelle nobili cose che soprattutto conviene trattare, le quali principalmente attengono ad argomenti come la prodezza nelle armi, l'accendersi d'amore e la retta guida della volontà. Se bene consideriamo, troveremo che di queste sole cose uomini illustri hanno poetato in volgare: Bertramo di Bornio delle armi, Arnaldo Daniele dell'amore, Gerardo di Bornello della rettitudine ». Quasi duecento anni separano il poeta fiorentino dall'epoca di Guglielmo IX d'Aquitania, il versificatore cinico e raffinato cui si attribuisce l'origine di quella fioritura trovadorlca, che doveva conoscere il periodo di massimo splendore a cavallo dei secoli XII e XIII. Al tempo di Dante il movimento deltroubadours è ormai avviato a un rapido declino, cui concorrono in pari misura la perdita del naturale retroterra politico e civile (devastato dalla furia anti-catara della monarchia capetingia e papale) e il progressivo scemare dell'originaria unità culturale in una diaspora destinata a deporre semi fecondi in tutte le letterature vernacolari dell'Occidente europeo. Nel 1294, dieci anni prima della stesura del trattato dantesco sul volgare, morirà appunto Giraut Riquier, l'ultimo dei suoi grandi esponenti. È dunque una stagione poetica ormai conclusa quella che Dante rievoca, non senza nostalgia, nel De vulgari eloquentia come nelConvivio e poi nella Commedia, facendo emergere dal passato figure paradigmatiche di i cui tratti già sfumano nel mito, irrigiditi nei clichés dell'agiografia: Giraut de Bornelh, Folquet de Marseilla, Aimeric de Belenoi, , Bertran de Born, Aimeric de Pegulhan, per non citare che quelli dei cui versi egli mostra di possedere una conoscenza diretta, probabilmente iniziata negli anni dell'apprendistato bolognese e ulteriormente approfondita in seguito. Ma se lontane e incerte risultano le fisionomie dei singoli personaggi, lucida ed esatta è invece, in Dante, la percezione dell'attualità del loro lascito, della continuità tecnica e spirituale che lega quell'arte sofisticata alla giovane poesia italiana dei Guittone, dei Guinizelli e, non ultima, la propria. Con preciso intuito Dante coglie insomma nella tradizione provenzale quei caratteri di novità di contenuto e di stile che, destinati a protrarsi attraverso lo Stil Nuovo e il Petrarca sino alle soglie del Rinascimento, permettono ancor oggi di parlare dei troubadours come di una prima manifestazione, nell'Europa post-classica, di poesia modernamente intesa. Nata e cresciuta nel mondo della corte feudale e destinata alle sue ristrettissime élites, la lirica trovadorica non è tuttavia interprete — come i trouvères del Nord — dei fondamenti atavici della civiltà feudale, quali si esprimono nei valori dell'obbedienza e della devozione al sovrano, del sacrifìcio e della difesa della cristianità. In luogo dell'epica cavalleresca, il valore centrale dell'« umanesimo » trovadorico è la giovinezza elegante e generosa, spensierata e splendidamente liberale, amante di quanto c'è nel mondo di bello, di dolce e di gentile, l’arte, la cultura e, in primo luogo, la donna, verso la quale si dirottano quegli obblighi di devozione e di servizio prima riservati al signore. Certo, è ancora il vecchio mondo cortese quello che in questi temi si esprime, ma ormai minato e reso inquieto dalla crisi delle sue istituzioni. E non a caso questi stessi temi saranno di lì a poco adottati dalla nascente borghesia cittadina, tesa a legittimare il proprio status assimilando gli aulici modelli della cultura aristocratica. Ma di un’altra novità ancora il movimento trovadorico si fa portatore nel mondo medievale, cioè della concezione della poesia come esercizio di un'arte rigorosa e paziente, come « mestiere » governato da un senso della tecnica così rigoroso da divenire disciplina morale. Al di sopra della varietà dei toni e degli stili ciò che accomuna i diversi troubadours è appunto questo senso altissimo della perfezione formale, da conseguirsi nel chiuso del proprio laboratorio (obrador), con un lavoro faticoso e minuto di lima e di forgia, secondo un'immagine che ricorre in Dante quando nel Purgatorio raffigura Arnaut Daniel come « fabbro del parlar materno ». Di qui la ricerca della sottigliezza arguta e dell'espressione sofisticata, la diffìcile tessitura delle parole (entrebescar los motz), l'invenzione di accostamenti inusitati di immagini, di sonorità bizzarre, di doppi sensi e di sensi oscuri che caratterizzano l'arte del trobar clos, o dello «stile ermetico », di questi poeti. Destinate a un pubblico colto e raffinato, in grado di apprezzare tutte le sottigliezze tecniche e semantiche del testo, le liriche trovadoriche sono indissociabili dal canto, che aggiunge una ulteriore dimensione sonora e formale alla tessitura poetica. Si ignora, peraltro, in quale misura i trovatori abbiano composto personalmente le melodie su cui erano eseguiti i loro versi. In alcuni casi essi furono sicuramente poeti e musicisti insieme. In altri casi non si esclude invece che la musica sia opera dei musicisti di professione o jongleurs ai quali era affidata l’esecuzione dei brani e che provvedevano altresi ad un accompagnamento strumentale, largamente basato sull'improvvisazione. Poeta delle armi e della guerra, secondo la definizione dantesca nel De vulgari eloquentia, ma anche poeta della liberalità (come viene indicato nel Convivio), Bertran de Born (c. 1140 - c. 1215) occupa un posto a parte nel panorama della lirica trovadorica, equidistante dallo stile «dolce e leggiadro» di un Jauffré Rudel o di un Bernard de Ventadorn come da quello «aspro e sottile» di Giraut de Bornelh o di Arnaut Daniel. Estraneo agli artifìci del trobar clos e a ogni sofìsticheria formale, egli ama parlar chiaro, con toni schietti e brutali; l'asprezza e l’oscurità dei versi (che hanno spinto gli antichi compilatori di sillogi trobadoriche a corredare di chiose o razos i suoi sirventensi) derivano piuttosto dalla continua allusione a uomini e cose del suo tempo da parte di un avventuriero profondamente intrigato nelle vicende che lo circondano. Piccolo feudatario di Hautefort, animato — più per desiderio di rapina che per cavalleresche idealità — da un odio feroce contro la nuova e sordida borghesia mercantile, condottiero vendicativo e senza scrupoli, Bertran de Born trova nella guerra il normale mezzo di sostentamento per la sua vita dispendiosa. Combatte dapprima contro Riccardo Cuor dì Leone, diventandone poi amico e consigliere, e cantandone le lotte atroci contro il padre Enrico II d'Inghilterra. Per questo episodio Dante lo danna nell 'Inferno (canto XXVIII) alla pena dei seminatori di discordia, e lo raffigura errabondo con la testa scissa dal corpo tenuta a mo' di lanterna: Poiché partii sì congiunte persone partito porto il mio cerebro, ahi lasso, dal suo principio ch'è in questo troncone.

Come poeta, Betran de Born è il maestro Incontrastato del sirventese politico e guerresco, che egli tratta con rara brutalità. Un esempio è offerto dal sirventese Be'm platz lo gais temps de Pascor (pervenutoci senza la musica), una sorta di elogio della guerra, vista come spettacolo atroce ma grandioso e solenne, tragico ma anche pieno di luci, di colori e di suoni: gli stendardi al vento, il nitrito dei cavalli, i corni di battaglia. E poi l'urto frontale, il cozzare degli elmi e degli scudi, il torcersi dei feriti, i broccati lacerati, gli spezzoni delle lance che volano al cielo. Lo stesso crudo realismo ricorre anche nei suoi rari sirventesi amorosi, ove tenerezza e brutalità si fondono, come in Ges de disnar fora oi mais matis, scritto verso il 1181-1195 per Mathilde, sorella di Riccardo Cuor di Leone e figlia di Leonora d'Aquitania. Celebrato da Dante nel De vulgari eloquentia come poeta dello «stile Illustre»,Folquet de Marseilla (c. 1155-1231) sarà poi destinato — unico fra i poeti In lingua d'oc — alla gloria del Paradiso (canto IX), ove compare nel Cielo di Venere in compagnia di coloro che furono in terra « spiriti amanti » e ora contemplano in cielo l’eterno amore divino. Egli narra a Dante i suoi amori terreni e rievoca scene della sua vita di trovatore alle corti di Nîmes, di Marsiglia, di Castiglia e di Barcellona. Prima di divenire abate e quindi vescovo di Tolosa (e come tale anche fautore della crociata contro gli Albigesi), Folquet fu amico di Riccardo Cuor di Leone e ne cantò le gesta alla III Crociata del 1187: nel canso amoroso «A quan gen vensn, un’allusione a questo episodio è appunto contenuta nell'ultima strofa, ove il poeta difende il re Riccardo dall'accusa di aver ritardato la spedizione in Terra Santa.

Dopo aver subito nel periodo delDe vulgari eloquentia e del Convivio l’influenza della poesia moraleggiante di Guiraut de Bornelh, Dante dovrà riscoprire più tardi, nel maturarsi della sua esigenza di un’arte sempre più perfetta, la figura di Arnaut Daniel (c. 1180-1200), che gli apparirà come il trovatore che più di ogni altro ha saputo tradurre in una tecnica esperta e sottile la propria immaginazione poetica. Presentato nel De vulgari eloquentia come « poeta dell'amore » (un giudizio ripreso da Petrarca che lo definirà nei Trionfi «gran maestro d'amor »), Arnaut ricompare con ben altri onori nel Purgatorio, nel girone dei lussuriosi (canto XXVI), ove Guido Guinizelli lo introduce come il più grande di tutti i poeti in lingua d'oc e d'o/7, di gran lunga superiore, a dispetto dell'opinione di molti, al conterraneo Guiraut de Bornelh: ...questi ch'io ti cerno col dito fu miglior fabbro del parlar materno. Versi d’amore e prose di romanzi soverchiò tutti... Più avanti Arnaut stesso risponde in occitano («/eusui Arnaut, que plor e vau cantan »), unica citazione di un idioma vernacolare nell'intera Commedia accanto all'italiano, chiaro segno d’omaggio alla tradizione letteraria provenzale. Maestro celebrato del trobar clos, rotto agli impieghi più sofisticati di ogni tipo di verso, di rima o di assonanza, Arnaut Daniel è peraltro capace (e in ciò probabilmente risiede la ragione dell'alta stima di Dante) di tradurre le sottili acutezze della tecnica trovadorica in efficaci mezzi d'espressione degli stati d’animo. Il suo nome è tradizionalmente legato all'invenzione della sestina (di cui si ha un esempio con «Lo ferm voler»), una composizione di sei strofe, ciascuna di sei versi, ognuno dei quali termina con una diversa parola-chiave (in questo caso: intra, ongla, verga, onde, arma, cambra). Queste vengono poi ripetute in ogni strofa di volta in volta con un ordine differente (ad esempio: ABCDEF, FAEBDC ecc.), in un rigoroso «chiuso trovare » che rende spesso oscuro il significato del testo.

Trovatore dotto e austero,Giraut de Bornelh (c. 1140 - dopo il 1200) riscuote — come si è visto — la stima del Dante dottrinale e «virile» del Convivio e del trattato sul volgare, ove è citato in qualità di « poeta della rettitudine ». Al centro dell’interesse di Giraut sta infatti il problema della moralità, sviscerato in discussioni sottili e raziocinanti, in uno stile composto e discorsivo, talvolta predicatorio e accigliato, che ricorda più le rime morali di Guittone d'Arezzo che quelle dell’Alighieri. Dopo essere stato in gioventù un sostenitore degli artifìci delchanter ab motz serratz e cioz, Giraut si converte in seguito al trobar leu, allo stile facile e aperto, in polemica con Rai'mbaut d’Orange, suo antico protettore e egli stesso con lo pseudonimo di Linhaure. E sono forse da ricercare in questa volubilità stilistica, in questa estraneità della tecnica rispetto ai contenuti, i motivi del declassamento cui lo sottopone Dante nella Commedia, ove è soppiantato da Sordello da Goito e poi da Folquet de Marseilla come morale, e Arnaut come versificatore illustre. Attivo soprattutto presso le corti della Spagna e della Francia meridionale, ove usava viaggiare accompagnato da due jongieurs che ne eseguivano le composizioni, partecipò alla III Crociata al seguito di Federico Barbarossa e di Riccardo Cuor di Leone, e soggiornò per qualche tempo (attorno al 1191) alla corte di Boemondo in Antiochia. A questo periodo della sua vita risale probabilmente il canso « Non pose sofrir », scritto in uno stile semplice e chiaro, come il poeta stesso avverte nell'ultima strofa: «Semai ho fatto cobbole oscure e serrate, guardate ora voi, che intendete il mio linguaggio, se io le faccio trasparenti! ».

Inframmezzate ai sirventesi e ai cansos trovadorici, saranno eseguite nel corso del concerto composizioni di autori italiani dell'età dantesca, nelle quali è possibile ravvisare tardi influssi della lirica provenzale filtrati attraverso l'esperienza del dolce stll novo fiorentino. Naturalmente una presenza trovadorica in Italia è attestata assai prima dell'epoca di Dante: a partire almeno dall'ultimo quarto del XII secolo, i troubadours o le loro liriche circolano ampiamente nelle corti dell’Italia settentrionale, dei Savoia e del Monferrato, d'Este e dei Malaspina, quindi alla corte federiciana di Palermo, nonché negli ambienti di Venezia, di Bologna e di Genova. Ai trovatori d'origine provenzale, i cui arrivi si moltiplicano dopo la crociata contro gli Albigesi, non tardano ad affiancarsi autori italiani che compongono in lingua d'oc, o altri che traspongono nell’idioma del sì i moduli lessicali e metrici del repertorio occitano. Di questa progressiva assimilazione lo Stil nuovo non sarà che un'ultima tappa, in una matura trasposizione dei moduli cortesi in un ambiente cittadino e borghese. Tuttavia, nessun esempio di canto profano italiano anteriore al Trecento è sopravvissuto: gli unici documenti musicali pervenutici si riferiscono infatti al genere devozionale della lauda. Come pure nessun esempio musicale ci è rimasto relativamente alle canzoni di Dante o degli altri stilnovisti, sebbene non manchino le testimonianze della loro connessione con il canto. Soltanto nei decenni successivi alla morte di Dante (1321) emerge in Italia un movimento musicale, avente sede nelle città comunali e illustrato da compositori come Lorenzo e Piero da Firenze, , e, più tardi, . Il repertorio più antico di questa fioritura è tramandato dal cosiddetto Codice De Rossi (oggi a Roma alla Biblioteca Vaticana), che contiene, fra l'altro, vari madrigali a due voci e alcune ballate a una o due voci, anonimi, ma databili fra il 1330-1340. Di qui sono tratti il madrigale « Cum altre ucele », la cui semplice struttura bivocale contiene tratti ad imitazione e passaggi ornati alla voce superiore, e le ballate monodiche « Lucente stella » e a Amor mi fa cantar a la Francesca », nei cui testi si ripercuote, rivitalizzata da Dante, l’antica tradizione cortese del fin amor. Di Jacopo da Bologna sono invece i madrigali, rispettivamente a due e tre voci, «Non al so amante piu Diana piacque » e «Aqull'altera », scritti probabilmente fra il 1353 e il 1361 durante il soggiorno milanese del compositore. Il primo è l'unico esempio noto di composizione musicale del Trecento su versi di Francesco Petrarca; il secondo, di struttura più complessa per il sofisticato impiego dell’imitazione e delle combinazioni contrappuntistiche, fu forse composto per celebrare l’incoronazione di Carlo IV a Milano nel 1355. Al repertorio tardo-trecentesco appartengono altresì le due danze strumentali, il Saltarello e la più elaborata Bellcha, caratterizzate entrambe da una struttura a brevi frasi ripetute alternativamente con un finaleaperto e chiuso Andrea Lanza

Il Gruppo « Sequentla » di Colonia è noto come uno dei più importanti e innovatori ensembles che si sono dedicati allo studio e all'esecuzione della musica dai XII al XIV secolo. Sin dall'epoca della sua costituzione (1974) il gruppo, oltre a frequentare un corso triennale di teoria e prassi di musica medievale presso la Schola Cantorum Basiliensis, ha riportato in auge repertori da tempo dimenticati: chansons di trovatori e trovieri, di Minnesanger, di chierici e intellettuali parigini e del clero inglese, nonché tutti i tipi di musica strumentale e la prima musica polifonica dei chiostri e delle cattedrali aquitane. I cantanti Barbara Thornton e Benjamin Bagby conoscono perfettamente cinque lingue antiche e hanno creato uno stile oratorio e tecniche vocali consone al repertorio scelto. Sono accompagnati da Margriet Tindemans e Crawford Young, che suonano un gran numero di strumenti antichi (viella, ribeca, liuto, arpa, organistrum). I componenti del Gruppo «Sequentia» hanno collaborato anche con «Studio der frühen Musik » di Monaco e inoltre hanno compiuto tournées in Turchia, Iran e Grecia con l'Ensemble Médiéval de Bâle ». Dal 1977, anno del trasferimento a Colonia, « Sequentia » ha tenuto concerti in molti paesi europei e negli Stati Uniti. Nel 1978 l’Ensemble ha ricevuto una borsa di studio dalla Fondazione «Volkswagen» per la ricerca su due manoscritti medievali della « Herzog August Bibliothek» di Wolfenbiittel. Da questi ultimi sono stati tratti due programmi di concerti: «Musica dell'Europa angioina» e «Musica del clero parigino attorno al 1200 », eseguiti poi in Germania, Svizzera, Francia e Stati Uniti. '

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