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© 2011 Ottavio Balena ALL RIGHTS RESERVED GIOVANNI GIOVIANO PONTANO: MORALISMO E GIOVIALITÀ By OTTAVIO BALENA A Dissertation submitted to the Graduate School-New Brunswick Rutgers, The State University of New Jersey in partial fulfillment of the requirements for the degree of Doctor of Philosophy Graduate Program in Italian Written under the direction of Professor David Marsh and approved by ________________________ ________________________ ________________________ ________________________ New Brunswick, New Jersey May, 2011 ABSTRACT OF THE DISSERTATION Giovanni Gioviano Pontano: Moralismo e Giovialità by Ottavio Balena Dissertation Director Professor David Marsh If there is an author in the history of the Italian Quattrocento that truly tried to theorize in his writings the multiple manifestations of “life” by synthesizing and refining the complexity of its themes, this is by all means Giovanni Gioviano Pontano. In true light of the humanistic atmosphere of the time, where between life and art one must have chosen art, Pontano embraced art as the fundamental medium through which he could convey and articulate the object of his doctrinal meditations: life, where everything is connected and disposed harmoniously; life, where the active, moral and jovial participation of all individuals is essential to the establishment of society. Since Pontano was a proliferous writer that left behind an abundant production of poetical and philosophical masterpieces, the main objective of this dissertation is to identify which of his works are best suited to narrate his life in conjunction to his humanistic ideals. Leaving behind traditional methodologies, especially those echoing the influence of the Italian Romanticism, this dissertation emphasizes the importance to evaluate Pontano without relying so much on past literary criticism, because it can easily suggest that he was an ambiguous writer, a lascivious poet, a great teacher of morality and a man of profound religious believes: hence the confusion about his true identity and inspiring muse. ii From an attentive reading of Pontano’s texts, particularly the Charon, Antonius, Asinus, the Treatises on social virtues and various poems, purposely selected from his vast lyrical collections, it is possible to identify the artistic juxtaposition within the context of the society in which they were written, as well as the humanistic disposition of Pontano, whose attitude was not to embrace a single ideological interest, but to deeply treat and evaluate all fields of human understanding. Aware that individual wisdom was useless, Pontano spent his entire existence in sharing his doctrines with his contemporaneous; so much that among the members of his Academia it was customary to debate in which discipline he best shined. Would have Pontano not fully participated as a protagonist to all of the situations he so vibrantly and actively portrayed through art, the importance of his notions on life would have certainly gone unnoticed. iii Dedica A mio padre, che i natali mi diede nella bella Partenope antica. Riposi su’alma felice e pia. A mia madre che di caldi gelati fra gli Archi mi crebbe nel Purgatorio. Benedetta tu sii per sí gran dono. A mí querida Opita chiquitica. Paciente me ayudaste noche y día. Sin ti, Cecilia, non estuviera aquí. For my Boys: Let my work inspire your souls. Volli e sempre volli, fortissimamente volli. Vittorio Alfieri iv Indice Abstract ii Dedica iv Indice v Introduzione 1 Capitolo I. Vita, opere e filosofia di Giovanni Gioviano Pontano I ricordi dell’infanzia fra i boschi della Valnerina 8 Pontano e i primi tempi alla corte aragonese 18 De laudibus divinis, Parthenopeus sive amores, Urania 22 Il poeta e il segretario di stato 30 Ambiguità: un dilemma da aggirare 38 Moralismo e filosofia 45 Capitolo II. I Dialoghi faceti: Charon, Antonius, Asinus Uno sguardo generale 55 Charon 57 Antonius 78 Asinus 98 Capitolo III. I trattati delle virtú sociali Introduzione 119 De liberalitate 122 De beneficentia 136 De magnificentia 142 De splendore 152 De conviventia 159 Capitolo IV. La poesia 166 Bibliografia 200 v 1 Introduzione Una delle difficoltà fondamentali degli studi pontaniani è la carenza di testi critici in cui la figura del poeta emerga rappresentata integralmente. A questa bisogna aggiungere che la maggior parte delle ricerche eseguite sul Pontano sono ormai di vecchia data, risalenti, qual piú, qual meno, al tempo del Romanticismo, salve pochissime recensioni di autori piú recenti, che hanno dato un valido contributo dagli anni cinquanta in poi, come nel caso di Liliana Monti Sabia, ad esempio, la quale ha curato molte traduzioni dal latino di testi fondamentali, di Carmelo Previtera, che ha contribuito alla ristrutturazione dei Dialoghi attraverso il confronto dei manoscritti pervenutici, e di Francesco Tateo, il cui vasto sapere sul Pontano rende l’autorità di questo critico indiscutibile. Ciononostante permane ancora il problema che la critica odierna non riesce a liberarsi dall’egemonia delle recensioni romantiche o perlomeno ad adattarsi a metodi di studi piú originali e moderni. Pare infatti essersi ridotta talmente alla soggezione delle retoriche del passato che a partire da metà Ottocento non fa altro che moltiplicare ed esprimere gli stessi concetti. Attenendosi infatti alla storia della nostra critica letteraria, con l’affermarsi del volgare sul latino, la figura del Pontano, quale uno degli ultimi portavoci dell’antichità classica in un’Italia letteraria ormai avvezza all’uso della nuova lingua, finí gradualmente con l’essere messa da parte, e col tempo quasi dimenticata. Tutto questo cominciò a cambiare con l’istaurazione del Regno delle due Sicilie da parte dei Borboni. Una volta stabilita la nuova forma di governo, i napoletani, sia per orgoglio nazionale che culturale, andarono alla ricerca del loro passato, prestando particolare attenzione alle grandi figure storiche 2 che tanto operarono per la gloria di Napoli; e fra queste vi scoprirono il Pontano per la prima volta. Infatti a questo tempo risalgono due testi biografici, l’uno scritto da un certo Padre De Sarno, l’altro da un Monsignor Colangelo, nei cui libri furono esposti piú che altro appunti rifusi dalle note di Tristano Caracciolo, amico del Pontano, e di altri umanisti dell’epoca; ma nessuno dei due libri si rivelò d’importanza critica essenziale. A parte questi due testi, scritti alla rinfusa per l’esigenza culturale napoletana del tempo, niente di nuovo fu mai piú pubblicato, né durante il periodo neoclassico, né in quello post-napoleonico, né in quello del primo Romanticismo italiano al tempo della baronessa De Staël Holstein.1 Anzi, con l’incalzante affermarsi delle dottrine romantiche, gli storici della nostra letteratura finirono col tacerne del tutto, non essendo convinti che le sue opere appartenessero al patrimonio della cultura nazionale. Si dovette aspettare all’arrivo in scena di Luigi Settembrini, in piena età romantica, allorché questo critico, attenendosi alle norme e ai dettami del Romanticismo sull’importanza e l’utilità delle traduzioni da un lato e persistendo dall’altro che l’Italia umanista fu bilingue, si lamentava che del Pontano si sapeva ben poco e che c’era bisogno almeno di una monografia, essendo stata la letteratura latina anch’essa parte integrale del pensiero 2 italiano del Quattrocento. Del compito se ne occupò il Tallarigo con il suo ineguagliabile 1Su madame De Staël e l’importanza delle traduzioni vedasi Franco Betti, “Key Aspects of Romantic Poetics in Italian Literature,” Italica, 74, 2 (1997): 185-200. “It was her contention that even if all could read the various idioms used by ancient and modern writers, to read a good translation in the mother tongue gives the greatest pleasure, a pleasure deriving mainly from the new colors and unusual modes of expression that a national style acquires by appropriating foreign charms.” 2Sull’intervento del Settembrini a favore degli umanisti meridionali vedasi Antonio Altamura, “Orientamenti Bibliografici Sull'Umanesimo Nel Sud-Italia,” Italica, 24, 4 (1947): 325-328. “Degli altri scrittori, che si sono occupati del periodo dell'umanesimo in Italia, pochi hanno trattato dei meridionali: bisogna, infatti, attendere le Lezioni del Settembrini (lette nel biennio 1868-70) per udir parlare, la prima volta, con amore e calore, dei principali umanisti napoletani; ne egli si limita solo a parlarne nel suo corso universitario, ma si fece anche iniziatore di una Biblioteca napoletana, della quale fu pubblicato un solo primo volume, il Novellino di Masuccio, restituito alla sua antica lezione: movimento di grande importanza culturale per le province meridionali, che, iniziatosi col Settembrini, fu proseguito segnatamente per opera 3 lavoro, Giovanni Pontano e i suoi tempi, che non solo stimolò la critica del tempo, ma è tuttora oggi strumento fondamentale e indispensabile per lo studio di questo grande umanista. Ma i tempi del Tallarigo erano anche quelli di Francesco De Sanctis, il cui giudizio sul Rinascimento e l’Umanesimo fu alquanto severo, essendo in sua opinione un periodo visto come fenomeno puramente letterario nei suoi aspetti formalistici, retorici o fantastici; tanto che dell’epoca egli trascurò del tutto l’analisi del mondo culturale, appunto perché Rinascenza significava per il De Sanctis formalismo, divorzio tra forma e contenuto. Ma a parte questa perdonabile lacuna, dovuta senz’altro all’esigenza del De Sanctis di proporre le norme essenziali di una nuova estetica atta a sviluppare e a rivelare l’organicità,