Memorie Ercole Consalvi
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MEMORIE DEL CARDINALE ERCOLE CONSALVI A CURA DI MONS. MARIO NASALLI ROCCA DI CORNELIANO ANGELO SIGNORELLI EDITORE – ROMA - 1950 1 PREMESSA La personalità storica del Cardinale Ercole Consalvi romano (1757-1824) è nota agli uomini di cultura nelle sue linee essenziali, che spiccano così singolarmente nell’ambiente politico e diplomatico tra il Settecento e l’Ottocento. Si rammentano dagli storici i gesti non mai clamorosi e teatrali ma nitidi e coraggiosi - degni della tradizionale dirittura degli Uomini della Chiesa - con i quali egli fissò alcuni episodi della sua vita; i tragici dilemmi che dovette risolvere soprattutto in occasione del Conclave del 1799, della discussione del Concordato del 1801, delle seconde nozze di Napoleone nel 1810, in un mondo sovvertito ormai a fondo, dalle sue basi secolari, tradizionali, ossequenti ai principi religiosi; le dure responsabilità di governo, in tempi calamitosi ed oscuri, in un Paese avvilito e controllato da una potenza straniera; e il valido ritorno di lui dopo il crollo del suo antagonista, la riforma amministrativa dello Stato della Chiesa, con la quale seppe unire il vecchio al nuovo secolo, senza transazioni nè debolezze colpevoli, ma con alto senso della realtà. Ma, ad eccezione degli storici «specialisti» di queste epoche e di questi avvenimenti, non sono molti coloro che conoscono i singoli episodi della vita travagliata del Consalvi, soprattutto attraverso la suggestiva coloritura ufficiale e paludata, eppure spesso contenutamente appassionata, delle «fonti» che giova sempre rileggere e meditare. Nulla di più palpitante della realtà vissuta ed espressa, sia pure in semplice e disadorna prosa, nelle Memorie che il Cardinale Consalvi scrisse durante 1’esilio in Francia, quando l'astro napoleonico aveva raggiunto il suo più alto fulgore, fulgore pur foriero di un prossimo oscuro destino per chi era adusato agli insegnamenti della storia e aveva coscienza di rappresentare le sorti terrene della istituzione divina operante tra gli uomini e per gli uomini, cioè la Chiesa Cattolica. 2 (VIII) Memorie frammentarie, accentrate in nuclei narrativi di singoli episodi, con qualche ripetizione, stese con la tranquilla sicurezza e soddisfazione di chi si accinge a rievocare il dovere compiuto verso la propria coscienza e i propri superiori, con il rispetto scrupoloso della verità, con la decisa volontà umanamente ben comprensibile, anzi doverosa per i grandi personaggi, di dare alla storia dei propri tempi quel contributo di testimonianza di «protagonista», alla quale non si sottrae nessuno tra coloro che ebbero le più alte responsabilità di pubblici uffici. Memorie, che fanno tanto più desiderare quel loro proseguimento dopo il 1812, che nella vecchiezza operosa del Nostro, ripreso dai doveri della sua carica, non è stato scritto, e che avrebbe dovuto narrare l'epoca critica del declino napoleonico sul piano bellico e politico; l'irrompere della Restaurazione con le sue fin troppo temute e non compiute vendette e con il suo «ordine» spesso meccanico e fragile -riprova comunque che non vi è nulla di definitivo nella storia e che tutto ritorna-; l'intreccio diplomatico sul piano complesso dell'Europa dinastica unita contro le forze rivoluzionaie (forse l'ultimo anelito di vita efficiente e direttiva della vecchia Europa protagonista della storia mondiale), espresso nelle decisioni del Congresso di Vienna del 1815; la riorganizzazione infine dello Stato Pontificio del primo Ottocento, sulle nuove basi che le «nuove» idee sociali, politiche e giuridiche, dei rapporti tra i pubblici poteri e i cittadini non più sudditi, avevano saputo imporre anche a chi non accettava, non poteva accettare, i principi dogmatici, le ideologie della «Rivoluzione» ugualitaria e liberale, fondamentalmente laica. Bisogna tornare col pensiero ai turbati secoli dell'età medioevale per rendersi conto della complessità del Conclave del 1799, da cui sarebbe uscito Pontefice Pio VII, grande e sventurata figura di Capo della Chiesa, la cui personalità storica non si intenderebbe se non integrandola con quella del suo Segretario di Stato. Il Consalvi, che da quest'epoca può far datare la sua trionfante ascesa nella storia, ha dedicato diffuse e istruttive pagine sulle palpitanti trattative condotte soprattutto con l'Imperatore d'Austria, che, in un primo tempo, pare dominare la situazione nei confronti dei vari candidati, fino a quando la vittoria napoleonica di Marengo rovescia lo stato di fatto. 3 (IX) La Francia, uscita sanguinante dalla tragedia della Rivoluzione ma avviata ad un nuovo ordine, arricchita di un nuovo prestigio per l'esplodere vittorioso delle sue idee, per il trionfo delle sue armi proletarie, si avvia ora ad assumere o a riassumere il rango della maggiore «potenza» europea e mostra di desiderare l’accordo con la Chiesa Cattolica - la massima forza spirituale religiosa del mondo - per il ristabilimento del culto e delle gerarchie in quella nazione, che non aveva voluto rinunciare ai suoi vanti di «figlia primogenita». Accordo, del resto, che i grandi uomini di Stato sempre hanno compreso essere cosa, nonché utile, necessaria anche per la salvezza del loro Paese e che la Chiesa desidera per il superiore bene delle anime. Fino allora il prelato Consalvi, già adusato agli uffici burocratici, alla vita di Corte, ammirato per il suo fascino , aveva agito con prudente abilità nel campo eminentemente ecclesiastico anche se confinante con i più vari uffici civili. Ora, con la dignità della Porpora, con la gravissima responsabilità di Segretario di Stato del «suo » Pontefice - il monaco che poco conosceva l'ambiente romano – egli poteva imprimere una più vasta e forte direttiva ad un'azione che è anche politica e che, per avere il suo centro in Roma, nella Roma tra il 1800 e il 1806, presentava difficoltà inconcepibili e insormontabili per chi fosse stato un uomo mediocre. Azione politica sul piano interno, su quello estero, mondiale, e su quello spirituale. Egli si trova nei primi mesi del suo governo a dovere assumere una tremenda missione, quella delle trattattive con il Primo Console per la conclusione del Concordato; termine cinque giorni, che poi diverranno, più ragionevolmente, venticinque. Venticinque giorni - comunque - di passione, di dure e astute trattative, di lima formale alle clausole, di ricerca di formule transattive con l'Abate Bernier, con Giuseppe Bonaparte, con lo stesso Napoleone, quando nettamente il Consalvi rifiutò la firma ad un testo inaccettabile. 4 (X) Incrollabile contro il fiacco conciliatorismo dello Spina e del Caselli, suoi collaboratori, egli riuscì a condurre le trattative su quella linea che, unica, sarebbe stata approvata dal Pontefice nella pericolosa e sottile questione della pubblicità dell'esercizio del culto nei confronti delle disposizioni della Polizia, nella vertenza sul clero «costituzionale», nel trattamento dei Vescovi emigrati ed espulsi dalla loro sede per il loro attaccamento alla tradizione e alle direttive papali. Queste fatiche, ch'egli chiamò scherzosamente, con allusione al proprio nome, le sue «forze d’Ercole» e che rimasero efficienti al disopra delle violazioni unilaterali da parte francese, effettuate con gli «articoli organici» imposti da Napoleone, costituirono un monumento di sapienza e di duttilità diplomatica, di condiscendenza da parte della Chiesa desiderosa di riaffermarsi in Francia e dare tranquillità ai cattolici., di considerazione ai poteri civili e alle aspirazioni di grandi masse popolari che si erano liberate da vecchi soprusi. Condiscendenza che non intaccava la essenziale e inalienabile dottrina della Chiesa. Eppure, tornato a Roma trionfante e con il pieno consenso di Pio VII, nei sei anni che ancora sarebbe durato il suo ministero , la vita politica del Consalvi, nella ascesa sempre più prepotente del suo grande antagonista, fu amareggiata ed insonne. Egli seppe sempre con dignità reggere lo Stato della Roma papale, sorvegliata e depressa, di fronte ai prepotenti Ambasciatori napoleonici. E gli episodi narrati nelle «Memorie» - alcuni dei quali con quella prolissità che oggi ci sembra eccessiva, ma che si spiega per l'interesse che certi fatti minori hanno nel clima dei «contemporanei» e nella mentalità un po' troppo, alle volte, circoscritta, dei diplomatici professionali e degli uomini di governo ( come il caso dell'arresto del Cavaliere di Vernègues ) - sono tutti significativi e istruttivi. Come lo è la esposizione delle umiliazioni inflitte da Napoleone al Papa per lo stupido orgoglio formalistico da parvenu che ha sempre un addentellato con la crassa ignoranza della storia e delle sue esigenze, nonché con il dispregio di un cerimoniale che, per essere millenario, non è, per questo, meno logico e giuridicamente inoppugnabile. Vogliamo alludere agli incidenti sorti in occasione della Coronazione imperiale del 1804 a Parigi e agli urti, conseguenti a questi attriti, con il CardinaIe Fesch. 5 (XI) Infine Napoleone chiede la testa del Consalvi e non può non ottenerla; e il nostro Cardinale , l'unico - egli si vanta a buon diritto - che aveva osato discutere con l'Imperatore , deve ritirarsi dalla Segreteria . Tuttavia egli resterà sempre la figura più eminente del Sacro Collegio in quel turbato periodo, quando il Collegio cardinalizio, pur diviso di opinioni - nei suoi vari esponenti - su problemi particolari e sulla tattica da adottare caso per caso, sarà il più valido appoggio morale del Pontefice nel suo triste isolamento e lo conforterà con i suoi pareri per l'amministrazione degli affari dello Stato. Il Consalvi in