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I edizione: maggio 2012

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La presente opera di saggistica è rivolta all’analisi e alla promozione di autori e opere di ingegno. Si avvale dell’articolo 70, 1° e 3° comma, del Codice Civile circa le utilizzazioni libere, nonché dell’articolo 10 della Convenzione di Berna.

ISBN: 978-88-6231-141-0

www.arcanaedizioni.com ERMANNO LABIANCA

SPRINGSTEEN SPARE PARTS. TESTI COMMENTATI 1973-2012

arcana BRUCE FREDERICK JOSEPH SPRINGSTEEN [Freehold, , 23 settembre 1949]

“Passato, presente e futuro del rock’n’roll”. –ELVIS COSTELLO

“Eravamo in Australia quando abbiamo pensato di invitarlo a cantare sul nostro disco. Voi credete che avere a che fare con sia una cosa complicata? Lo pensavamo anche noi. Trovammo la forza di inviargli un’email. Ed è andata così: ‘Ti andrebbe, Bruce?’. ‘Sure’, la sua risposta”. – KEN CASEY, THE DROPKICK MURPHYS

“Fu Bruce a decidere che avrebbe suonato a un nostro concerto londi- nese. Non sapevamo che lo avrebbe fatto. Si è presentato così: ‘Vorrei suonare The ’59 Sound con voi’. L’ho guardato e ho detto: ‘Ok’”. – JIMMY FALLON, THE GASLIGHT ANTHEM

“Non posso credere a quanto la musica di Bruce Springsteen mi abbia reso felice quando ero un ragazzino e quanto fosse buona. Lui è un dono pre- zioso, e io non me ne rendevo conto. Voglio dire, conoscevo Born In The U.S.A. e Glory Days, ma ancora non capivo quanto terreno avesse coperto con la sua musica. Le sue canzoni sono state essenziali nel farmi innamora- re nuovamente della mia America”. – BRANDON FLOWERS, THE KILLERS

7 “Ho il costante desiderio di suonare con Bruce Springsteen. È colui che mi ispira maggiormente, è il musicista più impegnato e concentrato che abbia mai incontrato. Mi piace trovarmi intorno a persone così”. – SOMMARIO. “Ammiro Bruce Springsteen perché è una persona eroica e ricca di integrità. La sua opera è incredibilmente vitale”. – ELIZABETH WURTZEL, AUTRICE DI PROZAC NATION

“Ogni volta che vedo Bruce fare qualcosa lui ‘riempie il serbatoio’. Ogni volta. La cosa bella di quest’uomo è che riempie il serbatoio per la sua famiglia, lo riempie per la sua arte, lo riempie per il pubblico e lo riem- pie per il suo paese. Tutti noi, nel ricevere quel meraviglioso regalo, ci sen- tiamo più giovani, se non redenti”. – JON STEWART, THE DAILY SHOW

“Che Dio aiuti Bruce Springsteen il giorno in cui qualcuno deciderà che lui non è più Dio. Gli andranno tutti contro, e io spero che sopravviva”. – JOHN LENNON, 1980

Intro, Take #1 12 Intro, Take #2 16

WRECKING BALL 19 IN CONCERT/MTV (UN)PLUGGED 65 GREATEST HITS – BLOOD BROTHERS 81 TRACKS – 111 THE ESSENTIAL 245 THE PROMISE 281 ALTRE CANZONI 347

Ringraziamenti 427 Keyword 429 Indice delle canzoni 431

8 A Francesca, Livia e Giulia, little girls. A Clarence, Big Man. INTRO, TAKE #1

Quella sera, alla HSBC Arena sistemata a ridosso della Buffalo Skyway, non è andato in scena un concerto come tanti della . Quel- la sera è successo qualcosa di speciale, come è giusto che sia nelle date che INTRO, TAKE #1. il Dio del Rock’n’Roll decide di vergare con un tratto diverso sul grande calendario della musica. Quella sera c’era in sala , l’uomo che ODE A battendosi con ogni sua energia era riuscito a fare incidere Springsteen per la Columbia e gli aveva prodotto i primi due album, prima di lasciare il pas- so al più scaltro e cinico Landau e all’album (non prima di aver lasciato in dote la title track da lui costruita in studio insieme a Bruce quando pareva che un terzo disco fosse un lusso per il giovane Springsteen). Quella sera c’era un bel concentrato dei fan del Boss, anche perché era l’ultima data del tour di , la classica occasione in cui ci si saluta e domani chissà. Appunto, domani chissà. Quella sera sono finite in scaletta le canzoni e le esecuzioni di Spring- steen che per mille motivi mi porterei su un’isola deserta: The Ties That Bind che apriva THE RIVER, Restless Nights che era rimasta fuori da quel- l’album e dal vivo cosituisce una rarità, le carole natalizie in salsa E Street Band con un tocco di Phil Spector (Merry Christmas Baby, Santa Claus Is Coming To Town), il possente blues di Boom Boom a ricordarmi i glory Diretto a Buffalo, con un volo trovato all’ultimo momento, costretto a days del tour di TUNNEL OF LOVE, che considero uno interminabili attese negli aeroporti di Amsterdam e Cleveland, sapevo dei punti più alti dello Springsteen anni Duemila, Green Onions per- di essere in viaggio verso il mio ultimo concerto di Bruce Springsteen ché quel singolo di Booker T. and the MG’s ha fatto epoca e il suo or- & The E Street Band del 2009, ma non verso l’ultima esibizione pub- gano ha preso a frullare nella mia testa di ragazzino delle scuole medie blica, in tour, di Clarence Clemons accanto a Bruce Springsteen. L’ul- al primo viaggio americano. E poi l’opportuna I Don’t Wanna Hang Up timo di tanti concerti dei miei performer preferiti riveste oggi un’impor- My Rock’n’Roll Shoes, raccolta da Springsteen quasi per caso grazie a tanza enorme nel mio piccolo archivio, nella mia memoria rock’n’roll ca- uno dei tanti cartelli esposti dai fan. rica di un numero inestimabile di ricordi. E ancora, Higher & Higher perché quel pezzo di Jackie Wilson me Il gelo che mi avvolgeva mentre in quel 22 novembre del 2009 rag- l’ero mangiato sui bootleg del ’77 della E Street Band sognando di es- giungevo la mia stanza d’hotel in Delaware Avenue è lo stesso che mi serci un giorno mentre la cosa succedeva ancora. Infine I’ll Work For Your assale ora alla notizia della morte di Big Man, Clarence Clemons. De- Love perché è nuova ma puzza di vecchia E Street e legata a Thunder vo a lui, anche a lui, una vita all’inseguimento della musica che ho ama- Road ci sta che è una meraviglia. Ora riguardo la scaletta e mi accorgo to e che sempre amerò. Devo a lui la scoperta dei dischi di Junior Walker, che c’era anche Tenth Avenue Freeze-Out, che vuol dire Clarence Cle- uno dei sassofonisti della Tamla Motown che lo hanno influenzato. mons almeno quanto . Devo a lui quella gioia che ti si aggrappa alle spalle e non ti lascia più Tutto perfetto? Sì. E sarebbe già bastato questo groviglio di emozioni. quando partono le note felici e potenti del suo sax nel repertorio più bril- Ma io ero partito perché per quella notte speciale, solo quella, Bruce si lante ed energico di Bruce Springsteen. E devo a lui anche quella ri- era messo in testa, annunciandolo una manciata di giorni prima (ecco temprante mistura di malinconia e speranza che ti si insinua nella pan- spiegate le peripezie per raggiungere la East Coast americana), di suonare cia quando a suonare sono quelle lunghe, dense melodie a tutto fiato che per intero, seguendo la scaletta della copertina, il suo primo album GREE- rendono Jungleland e Drive All Night canzoni con cui struggersi, pian- TINGS FROM ASBURY PARK del 1973, quello dei provini acustici per John gere, sperare, reagire, gioire, vivere. Hammond, delle corse pazze in autobus da Asbury Park a New York City

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SPARE PARTS per firmare il primo contratto e per registrare i primi pezzi un po’ a nord di Manhattan. Proprio quelle nove canzoni che avrebbero acceso la mic- cia, che sarebbero state un detonatore nelle nostre vite, che si sarebbero fatte sipario per una galoppata rock’n’roll davvero inebriante, ricca di sci- volate e baci in bocca sul palco tra Bruce Springsteen e Clarence Clemons. Il rock’n’roll bianco e il rhythm’n’blues nero che si sfiorano le labbra, due razze che sono una sola, la gioia di quei due, la gioia di tutti noi. , Growin’ Up, Mary Queen Of Arkansas, Does This Bus Stop At 82nd Street?, Lost In The Flood, The Angel, For You, Spi- rit In The Night, It’s Hard To Be A Saint In The City tutte insieme Spring- steen non le aveva cantate mai e mai più le canterà. Molte cose non acca- dranno mai più. Ora non ho la forza di immaginarle e contarle, quelle cose, e di preoccuparmi di quello che il futuro porterà. Penso solo al pas- sato, come mi capita spesso di fare, e a tutto il bello che ha saputo offrir- mi. Penso a quella sera a Buffalo, quando entrando nella mia stanza d’ho- tel notai che una mia amica mi aveva fatto trovare, in segno di benvenu- to e come buon auspicio per la serata, una vecchia copia in vinile di GREE- TINGS FROM ASBURY PARK, NJ e una foto di Springsteen e Clemons insie- me sul palco. Penso al sudore di Clarence Clemons, al suo sassofono scin- tillante, a quanto sia bello che la sua anima più pop (quella presente in Let your mind rest easy, sleep well my friend Dancing In The Dark, in Pink Cadillac, nella festosa You’re A Friend Of Mi- It’s only our bodies that betray us in the end ne di Jackson Browne e nella gioiosa Freeway Of Love di Aretha Franklin) suoni oggi, ancora, contemporanea e vivace, nel nuovissimo video The Ed- ge Of Glory di Lady Gaga che corre per MTV, background di mattoni We Are Alive – Bruce Springsteen, 2012 newyorkesi e i 265 pound di Big Man inclusi. E così, magicamente, il tepore del vecchio soul attraversa il mon- do moderno e corre nel futuro, destinato all’eternità. Addio Big Man. Addio King Of The Universe. Addio Clarence. Il vento che usciva dai tuoi polmoni sarà sempre dentro di me. Nel tuo fodero, insieme a quel pezzo di ferro che in molti lassù ti chiederanno di suonare, ti stai portando via un consistente pezzo della mia vita. Lo scrivo e lo sotto- scrivo senza alcun timore di inciampare nella retorica perché è tutto assolutamente vero, come vere sono la tua preziosa esistenza e pur- troppo la tua morte. Non fermarlo mai, quel vento. Ancora una volta, come ti urlava in faccia Bruce, “blow, Big Man, blow!”

ERMANNO LABIANCA 18 giugno 2011

14 INTRO, TAKE #2

viaggiato a ogni latitudine ed esposti a qualsiasi condizione climatica? Chiavi diverse per apprezzare e ampliare il già impressionante body of work di Bruce Springsteen? INTRO, TAKE #2. Chiamatele come volete, queste 111 canzoni. E riascoltatele durante la lettura. Vi travolgeranno. Qualcuna l’a- PEZZI DI RICAMBIO vrete dimenticata, altre vi avranno portato fin qui, perché saranno pu- re spare parts ma fanno girare il motore insieme a tutte le altre. Qual- che titolo: This Hard Land, , Dead Man Walkin’, The Promise, Murder Incorporated, Frankie, The Fever, Secret Garden, Fire, Hearts Of Stone, Sad Eyes, This Little Girl, Back In Your Arms. Let- te di fila fanno impressione a chi conosce l’opera dell’artista america- no. Rappresentano lo Springsteen delle retrovie, eppure hanno portato a casa un Golden Globe, 6 Grammy e 3 MTV Music Awards. Una do- veva cantarla Elvis Presley, un’altra l’hanno portata alla gente di colore le Pointer Sisters, un’altra ancora ha accompagnato Sean Penn fino al punto più alto della sua carriera di attore. Viaggiano su strade diverse – soul, pop, folk, rock – che alla fine diventano una sola. Scopritele o riscopritele tra queste pagine. E conservatele insieme a quelle di WRECKING BALL, così il totale, nel volume, farà 124. Parlano tut- Spare Parts è un vecchio titolo. L’espressione significa pezzi di ricambio. Per- te d’amore e di impegno, di solidarietà e passione, di comunità e solitudi- ché farne uso per un nuovo libro su Bruce Springsteen? Perché questo vo- ne. Ci lasciano tracce di un “tempo sognato che bisognava sognare” (di- lume, il terzo, che completa l’opera di traduzione e commento dei testi rebbe Fossati), di sogni che è bene non smettere mai di fare e di sogni che dell’artista americano da me iniziata quattro anni fa, si compone delle tre- le circostranze hanno frantumato. Parlano di tutti noi, della vita, di Bruce Springsteen e del mondo che lui ha vissuto o immaginato. Sono concrete dici canzoni di WRECKING BALL ma ne raccoglie altre 111. Considerato che i primi due volumi – Talk About A Dream e Long Walk Home – aveva- e consapevoli, talvolta spensierate e deliziosamente leggere. Fanno riflette- no analizzato l’intera opera di Springsteen, da quello della “rabbia giova- re e agitare, ballare, ricordare. Erano in tanti bagagliai diversi. Ora sono tut- ne” a quello che insieme a Barack Obama ha immaginato, sostenuto, can- te qui, pronte per un bel giro sul carousel che trovate in copertina. tato il nuovo Sogno Americano del 2009, cos’altro restava da dire? C’era un nuovo disco, importante ed energico, da commentare, a ERMANNO LABIANCA 40 anni esatti dai giorni in cui Springsteen mise piede in uno studio di Aprile 2012 registrazione per realizzare il suo album di esordio. Ma c’era anche – ed era una vecchia promessa nascosta tra le ultime pagine di Long Walk [email protected] Home – da riflettere sull’imponente bagaglio che questi quattro decenni hanno fatto viaggiare insieme ai dischi ufficiali. Ovvero quel numero elevatissimo di canzoni, quasi una carriera a parte, disseminate tra fac- ciate B dei singoli in vinile (o bonus track quando è arrivato il Cd), grea- test hits, raccolte di inediti, interi album pubblicati con trent’anni di ri- tardo, colonne sonore e dischi di altri artisti. Pezzi di ricambio? Versioni alternative? Ruote di scorta talvolta meglio scolpite di quelle con cui si è

16 17 WRECKING BALL. [2012] TROUBLE IN THE HEARTLAND

“Amo gli artisti che si prendono il mondo sulle spalle e al contempo san- no intrattenere il pubblico. Scrivo per esaminare le mie esperienze e se riesco a farlo per me stesso, spero di riuscirci anche per gli altri”. – Bruce Springsteen Marzo 2012. Esce WRECKING BALL, a quasi quarant’anni da GREETINGS “A serious record for serious times” («Q») FROM ASBURY PARK, NJ. Tutti a dire che il Boss non si rinnova, o che quando lo fa, vedi il ***** – «», USA rap di , ha l’approccio dell’ alle prime armi. Tut- **** – «Mojo», UK hip-hopper **** – «Q», UK ti a sbracciarsi per dire del proprio amore incondizionato verso quel **** – «Rolling Stone», Italia fratello buono e attento, o pronti a condanurnarlo con la superficialità di sempre per il retrogusto un po’ periferico delle sue parole e per la rozzezza della sua mimica quando ha la chitarra appesa al collo. Chi mi vuole “un po’ più nuovo”, chi “un po’ più uguale”: bene aveva fotogra- fato Luciano Ligabue in Sulla mia strada la condizione del rocker gene- roso e altruista che per forza di cose è sulla bocca di tutti. Preso per la giacchetta da destra, tirato per il bavero da sinistra. Mai serenamente al centro, a camminare per la sua strada, libero di inciampare. Ecco, è qui il problema. Fosse un po’ più defilato, venisse meno pompato a ogni sua uscita discografica, scivolasse meno di frequente su grafiche buccia di banana che urlano il suo nome (cos’è quella pennellata così invaden- te sulla copertina dell’ultimo disco, un avanzo da VIVA LA VIDA dei Cold- play?), Springsteen potrebbe permettersi ogni volta il linguaggio del mo- mento, le idee del momento, la posizione del momento. Potrebbe per-

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SPARE PARTS WRECKING BALL mettersi quella calma apparente e quel profilo un po’ basso da cui ogni Hope And Dreams e lì non c’è il suo nome? Che bello questo rock ab- tanto scaturiscono i capolavori come NEBRASKA: niente E Street Band, bracciato ai suoni roots delle SEEGER SESSIONS. Che noia questa voce niente foto a colori, niente muscoli e niente tour. Invece è vittima di gonfiata, impastata, questo accento finto irlandese. Senti come è regi- un tribunale del rock, di una corte suprema della canzonetta, di pro- strata bene questa voce. Siamo a Dublino o nel New Jersey? WRECKING cessi lampo che non fanno altro che rimpallare giudizi su giudizi, in un BALL è meglio di THE RIVER. Era meglio THE RIVER. ping pong sfinente. Conservo le recensioni americane, ritaglio quelle italiane, scovo in- Nell’era di Facebook e dei blog si assiste a una moltiplicazione del terventi su ogni sito e su ogni blog. Copio e incollo. Salvo tutto per pensiero, dei pensieri di chiunque. Dai grandi esperti ai fan di passag- non salvare niente. Leggerò tutto quando questo disco sarà invecchiato gio – in questo universo del giudizio dove la parola non te la danno ma e non mi piacerà più. O quando avrà iniziato a piacermi veramente. te la puoi prendere dove e come vuoi, chiunque tu sia, e apparire un L’unica verità è nell’anagrafe. Che ci consegna un sessantatreenne critico – tutti sentenziano. Col risultato che di un disco si è detto tutto non domo, non apatico, non viziato dal denaro e dalla fama, un musi- prima che il disco abbia avuto modo di rivelare tutto. Ma un disco è cista che con i suoi suoni e le sue parole ci fa pensare a Joe Strummer e anche la vita lunga che ha, è la sua proiezione in un tour, è il suo modo a Pete Seeger, ai Dropkick Murphys e a Curtis Mayfield, a Johnny Ca- di toccare le coscienze anche mesi o anni dopo la sua uscita. Si parla e sh (il cui ricordo e la sua Ring Of Fire sono sotterrati in We Are Alive) e si scrive troppo, ecco tutto. E le troppe parole condizionano. Qualcu- a Moby (l’intuizione di certi campionamenti blues arriva dal piccolo no ricorda cosa si disse di TRANSFORMER di Lou Reed nei giorni della sua genio newyorkese dell’elettronica). uscita? O che tipo di critica ricevette BLOOD ON THE TRACKS di Bob Bruce, un musicista che non vuole registrare di nuovo THE RIVER. Dylan? Allora un disco contava poche recensioni e regalava mille so- E saranno pure fatti suoi se non gli va. gni, e le possibilità dell’immaginazione erano infinite. Oggi il verdetto, Springsteen basterebbe anche se mettesse sul tavolo un disco di tie- buono o cattivo che sia, viene emesso quando le tracce vagano per In- pido rock’n’roll con qualche idea riciclata. E invece ci rovescia addosso ternet a dispetto di chi sta confezionando il prodotto da vendere, i testi un pentolone di acqua bollente, che lascia il segno, piaghe sulla pelle, pa- sono ancora da scrutare e la copertina è una mattonella un centimetro role su cui riflettere. Non un’accorata, sommessa e un po’ pietosa lette- per un centimetro, di quelle che ci pavimenti una piscina. Un tempo ci ra agli americani, come qualcuno ha lasciato intendere, ma l’ennesimo si godeva un album, lo si scopriva piano piano, una canzone dopo l’al- colpo di frustino, assestato al momento giusto e nel posto giusto – sem- tra. Ci si confrontava tra pochi, intuendo che si era in molti a covare lo bra la replica di THE RISING – per far muovere i garretti e tendere i mu- stesso amore. Poi ci si vedeva in tour a sperare quello che oggi non si scoli a un cavallo azzoppato – l’America, il mondo, le città da noi lon- può sperare più perché già si sa. tane, le nostre città – che sbuffa e tentenna al bordo della strada. Ogni Che si dice nel mondo di WRECKING BALL? In larga parte che si trat- volta che si alza un “Bruce, we need you” c’è un accordo del Boss, un ta di un disco coerente e a tratti esplosivo. Ricco, onesto, sincero. Una ritornello salvavita (), una preghiera per festa popolare, un corteo di canzoni che recriminano, abbracciano, sol- qualche villaggio che è stato colpito (Death To ), un ce- levano, bruciano legna e fanno salire alto il fumo in cielo. Non una no- rotto sotto al quale far crescere una crosta, che è sempre meglio della car- vità ma a modo suo nuovo. ne viva al centro di una ferita. Ieri la zona meridionale di Manhattan con Dall’altra, la solita, che non c’è nulla di nuovo sotto questo sole. le sue torri, e , oggi New Orleans e il suo Superdome Stop. Parola degli estremisti. che diventa il dormitorio dei disperati schiaffeggiati dall’uragano Ka- Ma il bello è quando i pareri si scontrano. fa gli asso- trina. Di America, di vita e di morte si parla sempre nelle canzoni di lo con i suoni di Dodi Battaglia dei Pooh. Tom Morello è un grande Springsteen. “Put on your best dress baby” era l’esortazione semplice e chitarrista, dinamico e moderno, con una chitarra che ammazza i fasci- ingenua di , in THE RIVER (il disco che in molti ago- sti, per questo piace a Bruce. Tom Morello. Perché Tom Morello? Non gnano senza ricordare che già lo posseggono, ed è pure bello pieno di era meglio ? E perché Steve Van Zandt fa i cori in Land Of canzoni. Datate 1980. Millenovecentottanta). C’era da andare in stra-

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SPARE PARTS WRECKING BALL da, allora, senza grosse paure, e coltivare amori nati tra il boardwalk di Bruce non può fare altrimenti. È quasi obbligato a queste parole di Asbury Park e le di New York. Anni di composizioni serie verità. Ma, potendo, ha scelto questa volta una strada musicale che tie- ma anche di Sherry Darling con cui riempirsi i polmoni e il cuore. Poi ne su pur facendo riflettere. Non il rock che in classifica arranca, ma venne la coppia di Nebraska, travolta da disillusione e follia, pronta a una nuova forma di rock globale, dove anziché le chitarre elettriche so- uccidere per nulla. Due per cui vivere, e morire, per la strada, non con- no protagonisti i loop di batteria, una tromba un po’ Nini Rosso e un tava nulla. Oggi che il Paese intorno a loro in trent’anni e più è precipi- po’ orchestrina mariachi, le voci del ghetto, gli assolo di chitarra elettri- tato, lui – un altro lui – invita lei – un’altra lei – a mettersi un vestitino ca di qualcun altro (ma quanto è bello, e diverso dal solito, quello in Jack rosso col quale andare in cerca di denaro facile (Easy Money). “Put on Of All Trades?). your red dress” suona un po’ come l’invito del 1980, ma qui il rosso è Le note che avvolgono tutto questo, le tante voci, i violini e la se- un codice; accadeva anche in Nebraska: vuol dire sangue. Ogni sogno zione fiati non possono che organizzare delle grandi danze blues, gospel, degli anni del born to run si è frantumato, è marcito e non c’è working soul, folk, rock’n’roll, per esorcizzare la speculazione d’azzardo e l’azze- on a dream che tenga. Lavorare a un sogno non significa essere certi di ramento di fabbriche e posti di lavoro. Qualche idiota ancora pensa portarselo a casa in una scatola col fiocchetto. Passano gli anni e i pre- che la vita e la musica debbano riflettersi in un linguaggio didascalico – sidenti, ma l’affanno di questi characters springsteeniani è sempre lo stes- cane con cane, gatto con gatto – e che non si possa e non si debba met- so. Bruce spera e sbuffa, incita e si corregge. Sembra sempre un bufalo tere su una canzone di protesta (il primo singolo tratto da questo di- che è rimasto troppo a lungo chiuso nel soggiorno di casa. Non può fa- sco) infilandoci dentro un battito di mani che sa di pista da ballo e di- re a meno di realizzare musica miracolosamente utile. Sembra sceso tra simpegno. Qualche distratto avventore del Bar Springsteen sostiene noi per segnalare, casomai ci fosse sfuggito – ma non ci è sfuggito – che il ruspante folclore e il gospel intriso di folk sputati da queste can- che “i banchieri ingrassano” e l’uomo qualunque, e povero, “si assotti- zoni non siano i compagni ideali della rabbia e del tormento che que- glia”, e con lui le sue speranze. ste canzoni esprimono. Sbagliano, andateglielo a dire, o lasciateli sul Viaggi per le strade di questo nuovo Grande Romanzo Americano loro binario, ché è meglio. Sul treno di WRECKING BALL, quello che con e scopri che per uno che è “incatenato ed esangue” (Shackled And un biglietto di sola andata ti porta di nuovo, tredici anni dopo (se ser- Drawn), ce n’è un altro che vede solo “morte” nella sua “città natale”. ve, riprovaci: si dice così?), nella terra della speranza e dei sogni, si fa fe- Premi lo skip e arriva come un macigno una di quelle pesanti wrecking sta, si balla e si danza, si gonfiano le vene del collo e si tengono le gon- balls in grado di cancellare un palazzo con pochi colpi bene assestati. ne con le mani per non farle strusciare per terra. E si sorride, come sor- La minacciosa palla d’acciaio abbatte, demolisce dove c’è necessità di ridono quei popoli africani, con i loro denti bellissimi e bianchissimi, ricostruire mangiandosi la storia (quella del nel 2009 quando Dio manda carestie e malattie fulminanti. La forza del sorriso fornì la scintilla per un racconto che oggi sembra riferirsi all’America tut- contro un destino maledetto. Il rock’n’roll, una denominazione che va ta e non più, o non solo, a uno stadio piazzato in mezzo a una terra a morire, ma va bene così, se lascia il posto al rinfrancante mix di ope- detta meadowland, New Jersey del nord, infestata da moscerini e zan- re come questa: ha sempre avuto questo ruolo e sempre lo avrà. zare). Un tempo Springsteen indicava direzioni, diceva di abbassare il Se Springsteen – che qui, strumenti vari al collo e una parola buo- finestrino, spargeva sogni sul parabrezza come fossero mosquitoes. Oggi na per ogni tipo di sofferenza, sembra l’uomo tuttofare di Jack Of All Tra- chiama a raccolta per consigliare di “prenderci cura di noi stessi”, di des – non esistesse, in molti ne lamenterebbero la mancanza. Anche “aggrapparci alla nostra rabbia”, di “non inginocchiarci davanti alle no- una buona parte di quelli che non sanno intercettare l’utilità delle sue stre paure”. canzoni. Le sue parole raccontano solo tragedie, dicono di hard times che han- Pochissimi giorni dopo la sua uscita, questo disco è stato accolto e no preso il posto dei glory days. È solo sincero e lo fa usando i suoni più in qualche modo battezzato il 9 marzo 2012 all’Apollo Theatre, sulla adatti per amplificare tanta sincerità senza che diventi malinconia, per- Centoventicinquesima, a New York, dove Bruce Springsteen non ave- ché la malinconia a questo punto della storia non serve a nessuno. va mai suonato ma ha deciso di presentare il nuovo lavoro via radio.

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SPARE PARTS WRECKING BALL

Quella era stata la casa di James Brown, dei tanti divi della Mo- con gli stivali bagnati nelle acque del soul, ma la la novità è che mai town e degli ultimi Temptations, quelli che si portarono lassù un gior- Bruce Springsteen aveva prima d’ora fatto coincidere su disco le sue no Daryl Hall e John Oates, i due giovanotti per bene del pop bianco anime esterne al rock’n’roll. che occhieggiavano ai ritmi neri. The Way You Do The Things You Do, È come se di fronte alla necessità di parlare a tutti abbia oggi scelto che era stata il loro pane – il pane dei maestri neri e dei loro adepti – un lessico frastagliato, in grado di essere efficace in un raggio d’azione l’ha presentata lì anche il Boss con la sua nuova, poderosa e rinnovata più ampio del solito. THE RISING incrociava la musica dei neri preva- band multirazziale. Con un’armata sezione fiati alle spalle, questo tour lentemente nei minuti di My City Of Ruins, con quel “C’mon rise up” e è anche soul, e avanza come un carrozzone che rallenta alle fermate del quella confezione musicale da People Get Ready degli anni Duemila, folk. La macchina musicale impostata per il 2012 diverte, e gli otto ma restava sostanzialmente un disco di white rock’n’roll, per bianchi, per- brani dal nuovo disco eseguiti all’Apollo in quel warm up show in gran- ché bianche erano, in larga parte, le vittime del World Trade Center e de stile, che raramente sono calati di numero nelle date del tour a se- in prevalenza bianchi i vigili del fuoco rimasti prigionieri all’interno, guire, dicono anche che WRECKING BALL è il perno dello spettacolo, avvolti nelle fiamme e nel loro eroismo. Adesso c’è da urlare anche per ruolo mancato dai due precedenti dischi dell’artista, soprattutto da conto dei disperati del dopo Katrina, l’uragano che mise in ginocchio WORKING ON A DREAM, che a un certo punto ha lasciato l’indigeribile New Orleans e le baraccopoli cintura della città. Là, ma non solo, giun- a rappresentarlo in scaletta. Nordamerica, poi Europa, poi ge oggi un ruggito fatto di tante note, che arriva a concedere forti sfu- di nuovo Stati Uniti, poi forse di nuovo Europa e il resto del mondo. mature irlandesi e spiazzanti accenni al rap. Musica fatta per sbattere sul- Un colpo al cuore per tutti, musicisti e pubblico, non sentire il soffio la pelle di tutti, anche di chi dalle zone tormentate della Louisiana è geo- buono dei polmoni di Clarence Clemons ma, come dice Bruce, “lui non graficamente lontano ma sta combattendo contro i problemi intorno a lascia la E Street Band con la sua morte, lui lascia la E Street Band casa sua. Questo è il sunto delle mille strade battute da Bruce in qua- quando tutti noi moriremo”. C’è in eredità una Tenth Avenue Freeze-Out rant’anni di carriera, dal jazz-soul di The E Street Shuffle al beat urbano che si propone come il teatro in cui rappresentare e ricordare quel lega- di Streets Of Philadelphia. Diciamoci ancora una volta che sarà l’ultimo me spezzato. “Ci fu un cambiamento in città, e il Big Man si unì alla tour della E Street Band per costringerci a essere lì una sera, e un’altra banda” è frase che non si può cantare più senza un groppo alla gola. ancora, e un’altra ancora. Nello storico palazzo di Harlem Springsteen è arrivato al punto crucia- E leviamoci molte volte il cappello al passaggio di questo musicista le di quella sua canzone intrisa di rhythm’n’blues, ma il soprannome così integro, generoso e coerente. Così partecipe dei problemi di tutti. del vecchio amico non lo ha cantato. L’ha lasciato galleggiare in quella Così speranzoso, nonostante tutto. casa che di storia e di gioia e di sofferenza e di musica dei neri ne sa Dovesse bussarvi sulla spalla quello che vuole un altro THE RIVER, qualcosa. fingete di non sentire: sta solo cercando di rovinarvi il presente che lui “Fratelli di sangue fino alla fine”, avevano sussurrato nel 1995, an- non sa godersi. Poi guardate verso il palco: sta per iniziare la prossima cora tutti insieme, quelli della E Street Band. Continuano a ripeterselo canzone, e siete ancora vivi. ogni sera, su quel palco, quelli che restano, in memoria di Danny Fe- derici e Clarence Clemons. La E Street Band, quasi giunta al suo quarantesimo compleanno, è ancora quella famiglia di artisti che rappresenta a oggi un caso unico di amicizia e fedeltà. Jay Weinberg nel 2009 a dare man forte a papà Max quando questi non poteva liberarsi dagli impegni presi al Conan O’Brien Show; , nipote di Clarence, a completare la squadra dei fia- ti con il suo sassofono avuto in regalo dallo zio. Esempi di continuità nel rinnovamento. E il leader? Lui sul palco resta un moderno eroe folk

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to le opere di certi artisti si illuminino quando vengono riproposte dal vivo, fuori dai confini di un Cd single da allungare alle radio – questo brano si è scrollato di dosso la diffidenza con cui era stato accolto nel WE TAKE CARE OF OUR OWN gennaio del 2012. Springsteen urla come se questa fosse la sua Sunday Bloody Sunday, e poco importa se non lo è (l’apice i grandi del rock lo raggiungono en- tro il quarto disco, non credete?) perché è tanto altro. È l’ennesima sua chiamata alle armi a un popolo che lo ascolta e che in occasioni passate a lui si è rivolto (chi ricorda il “Bruce, we need you”, gridatogli da un finestrino due giorni dopo l’11 settembre? Arrivò THE RISING, nemme- no un anno dopo). È l’ennesimo colpo di frusta alle istituzioni, Oba- ma compreso, e se non sono segnali di trasparenza e integrità questi, visto il prezioso sostegno che l’attuale Presidente ha avuto proprio da Springsteen, cosa sono? Di Obama, del suo amico Obama, e dei suoi primi anni alla Casa Bianca, Springsteen ha detto alla stampa a Parigi:

Non mi ritengo un supporter di professione, uno che ogni quattro anni deve per forza scegliere un nome tra i candidati e fare una campagna elettorale. Resto dalla parte del Presidente ma ho anche visto che alcu- ni interventi hanno richiesto troppo tempo e ancora non sono stati completati mentre avrebbero dovuto esserlo. Riconosco che l’uccisione Un altro rock patriottico da male interpretare? Un’altra Born In The di Osama Bin Laden è stata una mossa lodevole ma mi fermo qui; gli U.S.A. da cantare con i pugni al cielo e a pieni polmoni senza rintrac- artisti sono come dei canarini in una miniera di carbone: è bene che ciare la rabbia che l’incauto ritmo nasconde? We Take Care Of Our Own stiano a una certa distanza dalle poltrone del potere. si segnala, forse, come la prima canzone di protesta che disponga di handclaps elettronici. Una posizione chiara e onesta, che non si presta a fraintendimenti, Fa da apripista a un disco molto più complesso e impegnato, ricco cosa che non era previsto accadesse a We Take Care Of Our Own: è in- e straordinariamente attuale di quanto dicano i suoi quattro minuti scar- spiegabile come il «Los Angeles Times» possa aver parlato, riferendosi a si, che sono la recita dovuta per scatenare l’interesse di milioni di per- questa canzone, di “comunità e orgoglio” e di “affermazione della glo- sone. È così che gira, inutile disquisire troppo. Se sei la rockstar più in ria nazionale”. vista del pianeta ogni tanto caschi in un Superbowl, sleghi le chitarre, Fatta pace con i tamburi, qui registrati assai meglio di quanto fa- ci metti un urlo in più. Ma il resto? Vogliamo parlarne? Il resto è di un’in- cesse Brendan O’Brien, l’ascolto di questa canzone è tonificante, per- tegrità quasi scioccante in un mondo – e non si parla solo di musica – ché ci si ritrova dentro il rigurgito dello Springsteen battagliero e rock dove tutti inciampano, negano l’evidente, ingannano, prendono a cal- che si conosce, ma anche una voglia di nuovo che è obbligatoria in ci la verità e ingrassano alle spese degli altri. We Take Care Of Our Own ogni disco di chi vuole (ri)affermarsi come contemporaneo. Per questo è enfatica come , che batteva i pugni come The Rising, che il groviglio percussivo, fatto anche dell’artificioso battito di mani di cui a sua volta suonava un po’ bolsa come Born In The U.S.A.. Ma non per sopra, è stimolante quanto i violini in sottofondo, perché insieme sot- questo è un pezzo scontato e vuoto. Tutt’altro. Diciamo che preso da tintendono che l’album prenderà la direzione del rock da arena senza di- solo, fuori dall’ombrello dell’intero WRECKING BALL, era sembrato più menticare l’esperienza delle SEEGER SESSIONS, fatta di memoria e impe- attaccabile, ed equivoco, ma a ogni passo compiuto – e sappiamo quan- gno. E così è stato.

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SPARE PARTS WRECKING BALL

I been knocking on the door that holds the throne Dalle baracche al Superdome I been looking for the map that leads me home Nessuno aiuta, la cavalleria è a casa I been stumbling on good hearts turned to stone The road of good intentions has gone dry as a bone Le canzoni più importanti di Springsteen, anzi, quelle che più di We take care of our own altre hanno aiutato chi le ha ascoltate a trovare una strada e su quella stra- We take care of our own da tante risposte utili, hanno sempre contenuto un interrogativo. Se in Wherever this flag’s flown Born To Run Bruce era ancora il giovanotto, alfiere del rock’n’roll, che We take care of our own si domandava se l’amore fosse “vero” (“real”) e altro non faceva che ri- battere in maniera un po’ più sottile i concetti imparati dai three minute Ho battuto i pugni sul portone che protegge il trono records che l’avevano nutrito in gioventù (“Heeeey baby, I wanna know E ho cercato la mappa che mi riportasse a casa if you’ll be my girl”, Bruce Channel; “Do you looove me?”, The Con- Ho inciampato su cuori d’oro che si sono fatti pietra tours), crescendo ha continuato a chiedere, sempre, per aiutare gli altri La strada delle buone intenzioni è secca come un osso a porsi domande importanti, a chiedere aiuto o verità. Ha provato infi- Ci prenderemo cura di noi stessi ne a scuotere (“Is anybody aliiiive out theeeere?”, Radio Nowhere) e anco- Faremo noi i nostri interesssi ra oggi, più di ieri, le domande arrivano a grappoli, fino alla nobile ci- Ovunque sventoli la bandiera tazione da America The Beautiful (“from sea to shining sea”), la nota can- Saremo noi a prenderci cura di noi stessi zone patriottica dell’Ottocento, proposta anche come inno americano alternativo a Star Spangled Banner e non nuova a sguardi dal mondo Cos’è, sconforto, disillusione, apatia, rabbia, paura? Cosa conduce del pop (nella sua The End Of The Innocence, Don Henley ne riprese la un uomo a ritenere che deve contare sulle proprie forze, e solo su quelle? frase di apertura “beautiful spacious skies”). Cosa mette un popolo intero di fronte all’evidenza che nessuno può to- glierlo dai guai? I guai dell’America e del mondo sono così tanti che non Where’re the eyes, the eyes with the will to see basta un disco a dirli tutti, ma questo nuovo Springsteen ha preparato Where’re the hearts that run over with mercy una bomba che è buona per qualsiasi piazza. Non è più, anche se si rife- Where’s the love that has not forsaken me risce a New Orleans quando ricorda i disgraziati colpiti dall’uragano Ka- Where’s the work that’ll set my hands, my soul free trina che trovarono rifugio in un grande stadio, il ragazzo born in the Where’s the spirit that’ll reign over me U.S.A. che pensa alle crepe sulla New Jersey Turnpike. Ora, ma da mol- Where’s the promise from sea to shining sea to, e si sa, sorveglia le strade del mondo, come un globale. Non ha (ancora) raccolto chitarristi da Johannesburg o coristi Dove sono gli occhi che vogliono ancora guardare? Lakota come fecero Paul Simon e Robbie Robertson, ma pratica una Che ne è stato dei cuori pieni di misericordia? world music tutta sua. La vedremo in queste pagine. Dov’è quell’amore che non mi ha abbandonato? E quel lavoro che farà sentire libere le mie mani e la mia anima? From Chicago to New Orleans Dov’è lo spirito che regnerà su di me? From the muscle to the bone Dov’è la promessa, da una sponda all’altra del mare? From the shotgun shack to the Superdome There ain’t no help, the cavalry stayed home Ecco: la promessa. Springsteen è uno che ci tiene e non dimentica. È quello che ha scritto “quando la promessa venne negata sprofondai nei Da Chicago a New Orleans miei stessi sogni” (The Promise) e “un sogno non realizzato è una bugia Dal muscolo all’osso o è qualcosa di peggio?” (The River).

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WRECKING BALL

Reed, Springsteen ha ora una sua canzone equivalente, per sonorità e messaggio.

EASY MONEY You put on your coat, I’ll put on my hat You put out the dog, I’ll put out the cat You put on your red dress for me tonight honey We’re going on the town now Looking for easy money

There’s nothing to it mister You won’t hear a sound When your whole world comes tumbling down And all them fat cats, they’ll just think it’s funny I’m goin’ on the town now, lookin’ for easy money

Infilati il cappotto, io metterò il cappello Tira fuori il cane, io prendo il gatto Metti per me il tuo vestitino rosso stasera, dolcezza Andremo in città Se la composizione delle percussioni in Easy Money è la stessa di We In cerca di denaro facile Take Care Of Our Own (un po’ “umana”, un po’ “elettronica”), qui ap- pare più organica, anche perché al servizio di un pezzo dalla struttura più Nessuna preoccupazione, capo folk. C’è la storia della musica americana, da subito, in questo pezzo, e Non sentirai nulla di conseguenza in quest’album. È anche storia di marce per i diritti ci- All’improvviso il tuo mondo sprofonderà vili, di desiderio di uguaglianza, di uomini e donne che si abbracciano, E quei riccastri troveranno la cosa divertente e cantano, affinché nessuna promessa venga negata. Scorrono fotogram- Vado in città, adesso, e punto al denaro facile mi di passione e bella musica, la cimosa trattiene suoni e colori familia- ri. Ci sono i canti dei bluesman, la Rolling Thunder Revue, la banda di C’è un’altra Easy Money, diamante preziosissimo incastonato nella Mellencamp quando girava con Lisa Germano e John Cascella a tirare storia del rock, canzone che viaggiò un giorno dalle mani del leader dei fuori vita rurale da un violino e una fisarmonica, e c’è il passato prossi- Little Feat Lowell George, che l’aveva scritta e incisa nel suo unico al- mo di Springsteen, in questa fluorescenza. Gli archi che lavorano die- bum solista, a quelle di Rickie Lee Jones per il di lei disco di esordio. Ria- tro sono una frase campionata da Into The Fire e preannunciano una ten- scoltato oggi, quel brano originale, con una bella sezione fiati a suona- denza al moderno patchwork di sampling, intuizioni, voci e memoria re dietro e la slide di George a dipingere uno scenario dalla fragranza di cui questo disco è ricolmo. southern, vola bene accanto ai suoni del nuovo Springsteen, soprattut- La coppia che agisce in questa canzone rimanda a Nebraska. Anche to quello live, suoni da un palco su cui divampano il blues, il soul e il se la musica fa festa (e che festa, con cori bellissimi) quella dei due – un folk, e ben cinque tra trombe e sassofoni colorano la fantasia del Boss. vestitino rosso lei, una Smith & Wesson di calibro 38 nella saccoccia lui – è la missione di chi non ne può più. Dopo aver cantato dal vivo nel tour con la Sessions Band l’aspro blues How Can A Poor Man Stand Such Times And Live di Blind Alfred

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