San Biagio Della Cima E Le Sue Chiese

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San Biagio Della Cima E Le Sue Chiese SAN BIAGIO DELLA CIMA E LE SUE CHIESE FRANCESCO GIORDANO SAN BIAGIO DELLA CIMA E LE SUE CHIESE Il cammino di fede di una Comunità cristiana Prima edizione a cura di P. Carlo Crignola 1 * 2016 Parrocchia Santi Fabiano e Sebastiano Via Biamonti, 4 18036 SAN BIAGIO DELLA CIMA (IM) Stampa: Tipografia Alba 18039 VENTIMIGLIA (IM) Tel. 0184 351425 [email protected] 2 Presentazione Luis Sepulveda, giornalista cileno, ha scritto una frase molto significativa: “Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro e rischia di essere spazzato via come un albero senza radici.” La frase è certamente vera e può essere approfondita o meglio riscritta in ma- niera più incisiva. Chi dimentica il passato rischia di non capire il presente, soprattutto di non saper programmare il futuro. Tutti noi siamo figli del pas- sato: il passato sono i nostri genitori, i nostri nonni, su, su fino a mille, due- mila anni fa; dove un fatto ha dato origine ad una vita impensata, incredibile che dà senso al nostro vivere e di conseguenza a tutto quello che facciamo. San Biagio della Cima è un borgo del retroterra ligure, in provincia di Imperia, a pochi chilometri da Ventimiglia, sorto intorno al XII secolo. La specificazione della Cima è casuale, dovuta al fatto che esistono molti paesi che portano questo nome, per distinguerlo si è pensato a quello sperone di roccia, alto trecentocinquanta metri, alle spalle del paese, per far diventare San Biagio: San Biagio della Cima. Attualmente ha circa 1350 abitanti. E’ il paese delle rose.Tutti gli anni, a maggio, si fa la mostra delle rose e la seconda domenica di maggio il paese diventa un giardino. Per anni la rosa è stata la risorsa economica principale della Comunità. Oggi, le ele- vate spese per la coltivazione, hanno fatto chiudere molte serre. Spesso si sente dire che è un paese dormitorio, infatti i canoni bassi per le case e la vicinanza del mare, lo rendono appetibile alle giovani coppie. 3 Come tutti i paesi liguri, è tradizionalmente cattolico. Le quattro chiese così dette grandi (la parrocchiale dei Santi Fabiano e Sebastiano, San Biagio, l’Assunta e l’Addolorata) e i quattro oratori (San Sinforniano, L’Annunciata, la cappella del Rosario e Santa Croce) sono la testimonianza di una fede vissuta e concreta che scandiva i ritmi e le stagioni dell’anno. Fino al secolo scorso la vita era principalmente rurale e le feste religiose richiamavano attorno a questo o a quel santo non solo i paesani, ma anche i vicini. Allora sì, che si faceva festa! Questo è il lamento di oggi nelle nostre feste che diventano sempre più povere. E’ vero che il ritmo di vita è cambiato, che il mondo industrializzato ci impone orari a volte impossibili e ci tempesta di messaggi ingannevoli, ma l’uomo è sempre lo stesso, i valori autentici li ha scritti nel cuore. Quando parliamo di valori non possiamo fare a meno di sottolineare un aspetto importante: i valori non si trasmettono mai da soli, devono essere proposti da persone con uno stile di vita coerente al proprio credo. Sono gli adulti che hanno la grande responsabilità di indicare il cammino alle nuove generazioni, non tanto a parole, ma col buon esempio. Il presente libretto ha questo scopo: indicare il percorso che i nostri nonni hanno fatto: un cammino segnato a fatica e con sacrifici che oggi noi conserviamo con difficoltà. Ma per capirle, forse meglio per viverle, bisogna frequentarle, lasciarle parlare, saperle ascoltare. Hanno una sto- ria centenaria da raccontare, una storia di fede, di preghiera, di amore, di vita comunitaria che non possiamo dimenticare. E’ la nostra storia che ci qualifica e ci differenzia da tutte le altre per cui ci sentiamo e ci gloriamo di essere sanbiagini. Padre Carlo Crignola parroco 4 LA CHIESA DI SAN BIAGIO “Chi vuol fare un buon viaggio, per la lunga eternità, raccomandasi a San Biaggio, che di guida gli sarà”. (1) Questa scritta dal tono ben augurante, fino a pochi decenni or sono, campeggiava a caratteri cubitali sopra la porta della chiesa, intitolata al Santo Patrono del nostro borgo: San Biagio, protettore dei cardatori e dei tessitori, vescovo di Sebaste, era annoverato nella schiera dei quattordici Santi Ausiliatori tra cui figuravano il potente S. Giorgio, S. Erasmo, S. Pantaleone, S.Vito, S. Cristoforo, S. Dionigi: santi particolarmente celebri per l’efficacia della loro invocazione. Per i nostri antenati che vivevano nei secoli cupi del basso Medioevo, il santo taumaturgo era la guida sicura “in ogni pericolo e per qualunque angustia”, nel lungo e travagliato cammino della vita. Come il pio pellegrino del passato, anche noi vogliamo iniziare da San Biagio un itinerario sacro alla riscoperta delle radici religiose della nostra Comunità che ci ha tramandato lungo i secoli, il proprio “Testamentum fidei”, in numerosissime testimonianze di arte e di fede. Partendo dalla primitiva cappella, ci porteremo lungo le vie del borgo alla Chiesa parrocchiale dedicata ai santi Fabiano e Sebastiano e alle numerose cappelle dedicate alla Vergine, sotto la cui protezione è posto il nostro borgo: l’Assunta, l’Annunziata, l’Addolorata, la Madonna del Rosario. Ovunque il pio pellegrino del passato trovava segni di fede e di meditazione religiosa ed anche il pellegrino contemporaneo, nonostante l’apparente eclissi del sacro, può lentamente riscoprire il senso recondito di una fede che da 2000 anni interroga e coinvolge l’umano sentire. 1. Scott William: Rock Villages of the Riviera/ (IISL Bordighera) 5 1. Notizie storiche La chiesa di San Biagio, menzionata negli atti del notaio Amandolesio del XIII secolo,(2) è forse il primo luogo di culto cristiano della valle, come ci conferma una antica tradizione cultuale tramandata nei secoli e ripresa nella cronaca ottocentesca. “La Cappella che abbiamo aderente al cimitero è antichissima. E’ tradizione che anticamente Vallecrosia, Soldano e San Biagio accorressero le feste in detta Cappella per assistervi ai Divini Uffizi diretti da un Canonico della Cattedrale di Ventimiglia che qui recavasi a celebrare ogni festa. Detta Cappella pertanto in allora era la Parrocchia di detti tre luoghi, ossia la Cappella Comune. Dicesi che i due limitrofi paesi, Vallecrosia e Soldano, per lunghi anni portasssero annualmente due candele in detta Cappella e che quando si formarono essi la propria chiesa continuassero ancora per alcuni anni a dare a quella Cappella la paga per dette due candele”. Per spiegare l’offerta delle due candele, Don Noaro riporta ciò che tutti gli anni gli abitanti di Ragusa facevano nel giorno di San Biagio. “Al sanctus Blasius offrivano nel fausto giorno del suo martirio, la candela della fede e della pia venerazione che ardeva accanto alle sacre reliquie sempre gelosamente conservate nel suo argenteo reliquario. (3) Il culto del Santo martire si era mantenuto vivo nei secoli successivi e nel settecento “per le preghiere del parroco e del clero”, si ottenne un indulto della Sacra Congregazione dei riti per la messa ed officio proprio di S. Biagio, vescovo e martire patrono principale del Luogo.” Questo importante documento del 1747 era stato trascritto dallo zelante parroco Noaro (4) per essere conservato tra i documenti dell’archivio parrocchiale, in data 20 settembre 1839. 2. Amandolesio: notaio genovese i cui Atti Rogati a Ventimiglia sono conservati a Genova nell’Archivio di Stato. 3. Questo reliquiario si trova a Dubrovnik: la vecchia Ragusa, città marinara, colonia Veneziana, sulle coste dell’Iugoslavia. 4. Don Noaro è stato parroco di San Biagio dal 1833 al 1844. Morì a Ventimiglia nel 1870 6 Nei primi decenni dell’ottocento, la cappella si trovava in cattivo stato, e sospesa già da 30 e più anni. Scrive il Noaro: “Dal pilastro che è in cornu Evangelii, e che divide il Sancta Sanctorum dalla navata, ne usciva in lunghi palmi l’erba detta “canaroffo”. La stessa chiesa rendevasi tetra a segno che non pareva più chiesa. Io la feci ristorare del prodotto che si ricavò da una fornace fatta cuocere a pro della chiesa e mediante l’opera che tutto il Paese grazioso prestò a tale oggetto. La rinnovazione del tetto costò una somma considerabile. I maestri vennero da Apricale”. Infatti nel 1823 era stata interdetta per ordine di Mons. Vescovo, Felice Levreri, finché non venissero fatti i dovuti restauri. (5) Nel 1834 furono intrapresi i restauri voluti e patrocinati dal parroco Nicola Noaro che voleva riportare all’ antico splendore il sacro tempio con la collaborazione di tutta la Comunità. Cinquant’anni dopo, il terribile terremoto del 23 febbraio 1887 causò gravissimi danni. “Il tetto era rovinato e vi pioveva dentro ed il visitatore poteva vedervi crescere l’erba, obbligando la Comunità a nuove ed impreviste fatiche.” (6) 2. Vitalità religiosa Accanto ai santi patroni della parrocchia, San Biagio rimaneva sempre il santo patrono del paese. A conferma della grande devozione di cui era oggetto questo luogo di culto, il parroco Lombardi scriveva nel 1894: “ Il giorno della festa, i fedeli si recavano in processione alla Chiesa, (7) nonostante il freddo intenso di quei giorni.” Nuovi restauri furono attuati negli anni venti del novecento col parroco Giacomo Boeri e negli anni cinquanta con Don Ernesto Arnaldi. 5. Il vescovo Felice Levreri, “in actu primae visitationis S. Blasii”, lascia scritto: “Capella S. Blasii interdicta sit, donec sufficienter et decenter restauretur”. 6. Vedi libro Memorie, in archivio parrocchiale. 7. Don Lombardi è stato parroco dal 1891 al 1899 7 Durante gli anni della seconda guerra mondiale, aveva subito nuovamente danni notevoli. Utilizzata come deposito da parte delle truppe occupanti, poi dai coloniali dell’esercito francese, era in uno stato deplorevole. Tutto sembrava preludere ad un crollo definitivo dell’antica cappella tanto cara al cuore dei sanbiagini. Ma bastò un incontro tra nostalgici che rammentavano le gloriose feste delle passate stagioni, per ridare speranza.
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