1 Xxvi Ciclo Tesi Di Dottorato La Fortuna Della Pittura
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DIPARTIMENTO STUDI UMANISTICI SCUOLA DOTTORALE IN CULTURE DELLA TRASFORMAZIONE DELLA CITTA’ E DEL TERRITORIO. SEZ. STORIA E CONSERVAZIONE DELL’OGGETTO D’ARTE E DI ARCHITETTURA XXVI CICLO TESI DI DOTTORATO LA FORTUNA DELLA PITTURA ANTICA TRA SEI E SETTECENTO ATTRAVERSO GLI ACQUARELLI DI PIETRO SANTI E FRANCESCO BARTOLI Dottorando: 1 Mirco Modolo Docente Guida: Prof.ssa Maura Medri Coordinatore: Prof.ssa Liliana Barroero Anno Accademico 2013-2014 2 Mirco MODOLO LA FORTUNA DELLA PITTURA ANTICA TRA SEI E SETTECENTO ATTRAVERSO GLI ACQUARELLI DI PIETRO SANTI E FRANCESCO BARTOLI Introduzione: Ai confini tra archeologia e storia dell’arte: lo studio degli acquarelli di Pietro Santi Bartoli Sezione I - Gli acquarelli di Pietro Santi Bartoli 1.1 - I disegni dei Bartoli attraverso i cataloghi: storia degli studi 1.2 - I disegni di Bartoli nella storia del collezionismo e della committenza 1. 3 - Analisi dei principali casi di studio 1.3.1 - Stanza affrescata dalla vigna del monastero di San Gregorio al Celio 1.3.2 - Affreschi dall’aula trilobata scoperta nella vigna di Stefano Guglielmini al Celio 1.3.3 - Stanza affrescata dall’area di San Lorenzo in Panisperna (1665-1669) 1.3.4 - Affreschi antichi dallo scavo di via Gratiosa (1684) 1.3.5 - I mosaici Massimo e gli scavi nell’orto del Carciofolo (1670) 1.3.6 - Sepolcro necropoli della via Portuense (località Pozzo Pantaleo) 1.3.7 - L’affresco del cd. Coriolano sulla Volta degli Stucchi nella Domus Aurea 1.3.8 - Copie dai disegni cinquecenteschi: l’esempio del Dosio 1.3.9 - La volta affrescata da Tor de Schiavi 1.3.10 - Affreschi della cupola di Santa Costanza: 3 Sezione II – L’eredità settecentesca di Pietro Santi Bartoli nell’opera di Francesco Bartoli 2.1 – La fortuna della pittura antica nella prima metà del XVIII secolo 2.2 – Francesco Bartoli: lineamenti biografici 2.3 - L’eredità istituzionale di Pietro Santi Bartoli: il Commissariato delle Antichità di Roma e il disegno di documentazione come strumento di tutela 2.4 - L’eredità grafica e incisoria di Pietro Santi Bartoli come fonte per la produzione di Francesco Bartoli 2.5 - L’attività editoriale attraverso i rami paterni 2.6 – Gli acquarelli di Francesco Bartoli: quadro generale della produzione 2.7 – La raccolta di Thomas Coke ad Holkham Hall 2.7.1 – Thomas Coke a Roma e l’acquisto degli acquarelli di pitture antiche 2.7.2 - Gli album di Holkham Hall 2.7.3 – Analisi degli acquarelli della collezione Coke Appendice documentaria Bibliografia 4 INTRODUZIONE: Ai confini tra archeologia e storia dell’arte: lo studio degli acquarelli di Pietro Santi Bartoli Pietro Santi Bartoli è ricordato soprattutto come incisore dall’antico, celebre per le pubblicazioni di bassorilievi antichi, in particolare quelli della Colonna Traiana in collaborazione con Bellori. Gli studiosi di topografia di Roma antica associano invece questo nome alle celebri “Memorie di P. S. Bartoli”, in cui sono elencate le principali scoperte di antichità della Roma seicentesca, ma senza andare molto oltre la genericità di questa etichetta. Meno nota è invece l’attività di disegnatore di Bartoli di “anticaglie” di ogni genere (lucerne, cammei, persino mestoli in bronzo o modesti esemplari di ceramica aretina), ma soprattutto di pitture antiche. E proprio per le riproduzioni ad acquerello delle pitture antiche, oltre che per le incisioni dei monumenti di Roma, Bartoli veniva apprezzato e richiesto dai contemporanei. Malgrado la fama del personaggio, il più celebre copista dall’antico del XVII secolo, sorprende che fino al fondamentale saggio di Massimo Pomponi del 1992 non esistano studi sulla vita e la produzione artistica del personaggio. Pomponi indaga la vita e opere di Bartoli analizzando il testo dei biografi Lione Pascoli e Nicola Pio, facendo luce soprattutto sul periodo iniziale dell’arrivo di Bartoli da Perugia a Roma nel 1644 e poi sull’alunnato con Pierre Lemaire e Nicolas Poussin, la cui cronologia è precisata grazie allo studio degli Stati delle Anime. Su di lui sembra pesare la condanna all’ emarginazione che per lungo tempo ha interessato la storia della disciplina antiquaria e i disegni dall’antico: metafora di questa situazione è il saggio biografico su Bellori pubblicato da Previtali nel 1976. Benché sia considerato ancora oggi un punto di partenza imprescindibile per chi si accosta allo studio di Bellori, in questo saggio rimane tuttavia in ombra la figura del Bellori antiquario, mentre sappiamo che per molti contemporanei Bellori era percepito prima di tutto come studioso di antichità, come ricorda Boyer. Per lungo tempo ha dominato la scena l’immagine del Bellori teorico del classicismo e l’autore delle Vite, sacrificando e comprimendo allo stesso tempo quella - egualmente concreta e degna di essere rappresentata- del Bellori antiquario, che però va aggiunto, nell’ultimo decennio si sta riscoprendo in seguito alla mostra romana del 2000 su Bellori e l’Idea del Bello e alla raccolta di articoli curati da Janis Bell nel 2005 sotto il titolo: “The art history in the age of Bellori”. A parte questa recente ripresa d’interesse che lascerebbe ben sperare per il futuro, insieme alla figura del Bellori ne hanno fatto le spese anche gli stessi disegni dall’antico, per lungo tempo sottostimati sia dalla disciplina archeologica che da quella storico-artistica: mentre infatti per l’archeologo è latente la sensazione di scarsa affidabilità di tali disegni come fonte documentaria, per molti storici dell’arte viceversa i disegni di antichità si sono rivelati oggetto di studio di scarso appeal rispetto al disegno e alla pittura d’invenzione, divenendo materia tutt’al più avvicinabile dal punto di vista della storia del collezionismo o della ricezione 5 e della fortuna dell’antico nel moderno. In questo studio i protagonisti sono gli acquarelli Bartoli nella loro polisemanticità, integrando osservazioni sulle tecniche di copia dall’antico, sul loro valore di strumento di studio della pittura antica, di oggetto di collezionismo erudito e di fonte di ispirazione artistica, senza tralasciare le loro storie, e cioè il per chi e perché essi vennero realizzati. Infine vengono valutati quali frammenti di storia, per quello che essi descrivono graficamente, nel tentativo di verificare e quantificare il possibile valore archeologico-documentario che in certi casi oggi possono ancora assumere. 6 Sezione I - Gli acquarelli di Pietro Santi Bartoli 1.1 - I disegni dei Bartoli attraverso i cataloghi: storia degli studi Picturae antiquae cyptarum Romanarum, il censimento di Rodolfo Lanciani (1895) Nel 1895 l’album di acquarelli di pitture antiche commissionato da Francesco Ficoroni a Gaetano Piccini nei primi anni del Settecento viene trasferito dal fondo Corsini presso l’Accademia dei Lincei alla Galleria Nazionale, attuale Istituto Nazionale per la Grafica dove l’album è tuttora conservato. I 169 acquarelli, che per la maggior parte documentano le scoperte avvenute durante lo scavo di vigna Moroni vengono paragonati ad un volume con disegni dello stesso Piccini conservato nella biblioteca del college di Eton visitata da Lanciani, che ad essa dedica un articolo. Questi disegni non rappresentano che un campione assai parziale rispetto alla mole sterminata di disegni di affreschi antichi che lo studioso che aveva avuto modo di scoprire nelle biblioteche e negli archivi europei alla ricerca di documenti utili lo studio di Roma antica e medievale. Lanciani non nasconde il suo stupore davanti a queste raccolte, indice di un interesse davvero straordinario per ‘dipinti murali e musaici di volte, pareti,e pavmenti che si venivano scoprendo in Roma dalla metà del secolo XVII al primo quarto del secolo seguente’. E aggiunge, sull’onda di tale entusiasmo che nessuna categoria di monumenti dall’antico, come affreschi e mosaici, è mai stata così ampiamente illustrata più degli affreschi e mosaici antichi ‘auspici i due Bartoli, Pietro Sante, e Francesco’. Ma questa fase concitata che vede un avvicendarsi senza sosta di copie, tra disegni e pubblicazioni antiquarie, sembra portare con sé anche qualche detrito. Inevitabilmente nel corso del tempo ‘si è finito col perdere la memoria del vero sito nel quale le scoperte avevano avuto luogo, e con l’attribuire ai monumenti illustri le origini più inverosimili’. E così l’incisione all’interno di un codice da lui posseduto che ritrae la volta di Santa Costanza viene scambiata per quella di Tor di Schiavi, mentre su un acquarello di Eton con la stessa immagine si dice ‘copiata dal palazzo di Augusto’. Lanciani, che dunque aveva in mente soprattutto le fantasiose indicazioni di provenienza che accompagnano gli acquarelli di Francesco Bartoli della biblioteca di Eton, introduceva così una problematica che sarebbe stata poi sviluppata da Ashby nel corso del suo studio sistematico sui disegni di Eton. Queste prime riflessioni furono pubblicate da Lanciani tra le prime righe di un articolo del 1895 dall’eloquente titolo: Le picturae antiquae cryptarum romanarum1, che a sua volta rinviava al titolo di una 1 che a sua volta è tratto dal titolo della raccolta di incisioni di Francesco Bartoli pubblicata in latino nel 1738 7 celebre pubblicazione del 1738 dedicata alle pitture antiche di Roma2. In esso figura un primo censimento generale dei disegni di pitture antiche nelle collezioni europee, un breve ma fondamentale contributo che tutto deve alla lungimiranza e alla straordinaria apertura internazionale di uno studioso come Lanciani3. Oltre al codice di Piccini dalla biblioteca Corsini testé citato, Lanciani comincia il suo elenco con un codice appartenuto alla metà del Settecento Ridolfino Venuti e da lui stesso acquistato contenente numerose incisioni di Bartoli oltre a disegni autografi di scavi eseguiti sotto il commissariato del Venuti stesso. A Windsor, nella biblioteca privata della regina (Windsor Royal Library) Lanciani esamina i codici dal Pozzo- Albani che in origine costituivano la raccolta grafica del Museo Cartaceo, tuttora in corso di catalogazione. Le copie di affreschi contenute in questi volumi sono state di recente catalogate da Helen Whitehouse nel 20014.