Cenerentola Non Abita Più Qui a Cura Di Stefano Tamburini
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Il romanzo del Sei nazioni 2013 – CENERENTOLA NON ABITA PIU’ QUI Della stessa collana LA STORIA DEL SEI NAZIONI AZZURRO Ideazione e coordinamento editoriale: Stefano Tamburini Con il contributo di: Alessandro Cecioni e Fabrizio Zupo Copertina e progetto grafico: Federico Deidda Realizzazione tecnica: Fabio Di Donna Foto: Ansa, Archivio Corbis e La Presse Finegil Editoriale Spa Direttore Editoriale: Luigi Vicinanza © Gruppo Editoriale L’Espresso, via Cristoforo Colombo, 98 - 00147 Roma Tutti i diritti di Copyright sono riservati. Ogni violazione sarà perseguita a termini di legge Finito di realizzare il 28 gennaio 2014 Il romanzo del Sei nazioni La nazionale di rugby e le sue avventure nel torneo più bello del mondo 2013 Cenerentola non abita più qui a cura di Stefano Tamburini 2013 - CENERENTOLA NON ABITA PIÙ QUI INTRODUZIONE Non più ospiti ma protagonisti uando un giorno l’Italia vincerà il Sei nazioni di rugby per capire come possa essere accaduto bisognerà Q tornare al 2013, l’anno in cui ha smesso di essere una squadra poco più che ospite di un Cinque nazioni allargato, quella che fa numero, quella che ogni tanto vince qualcosa ma tanto si sa che non è pericolosa più di tanto. Potranno dire, quel giorno di gloria e di inni alla gioia, che l’Italia partecipò per la prima volta al Sei nazioni che era l’anno 2000 ma poi ha cominciato a giocarlo davvero nel 2013: due vittorie e, soprattutto, quella sfiorata (almeno il pari sfiorato) nel tempio londinese di Twickenham con le facce degli spettatori impietriti, un silenzio irreale e una touche come rifugio per chiudere frettolosamente – e anche ignobilmente, secondo i codici del grande rugby – una partita che avrebbe potuto trasformarsi in un incubo. E poi i giornali inglesi che il giorno dopo titolavano “Italiani vincitori morali”. Ci sono cose, nello sport in genere e soprattutto in questo sport, che talvolta valgono quasi, come e talvolta più di una vittoria. Le abbiamo assaporate – quella di Twickenham certo lo è – in questo cammino che ogni anno è un po’ un romanzo e ve lo abbiamo voluto raccontare proprio come se lo fosse davvero, utilizzando le parole di quei giorni, senza cambiar niente. Certo, il finale lo conoscete già ma ripercorrere giorno dopo giorno le emozioni attraverso le parole di chi le ha vissute in diretta e le ha trasferite sul giornale di carta e sul sito web renderà questo racconto ancor più immerso nelle circostanze. Sembrerà di rivivere attimo per attimo e gustarselo di nuovo, questo romanzo che ha degli autori, certo, ma che in realtà finisce ogni volta per scriversi da solo. Di fatto è il Sei nazioni 5 2013 - CENERENTOLA NON ABITA PIÙ QUI che ogni anno scrive pagine dolci e amare, che hanno un fascino tutto loro, per certi versi inspiegabile. Non basta dire che questo è il torneo più bello del mondo, non basta dire che ha avvicinato al rugby appassionati di altri sport e che il Sei nazioni è qualcosa che va anche oltre il rugby. Il romanzo del Sei nazioni 2013 ci racconta anche di tre partite casalinghe degli azzurri con lo stadio Olimpico di Roma strapieno, quasi esaurito, cosa che non riesce più da tempo neanche per i derby del calcio fra Lazio e Roma. Ci racconta di un grande teatro dei sogni, quello dei sei stadi che ospitano sfide che possono ogni volta diventar leggendarie. C’era un prima con un attore che sul palcoscenico era con gli altri ma era come se non ci fosse, sembrava che fosse lì per caso. Poi a un certo punto è andato al centro della scena e ha cominciato a recitare. Poi, certo, gli altri sono lì da tempo e di quei legni del palcoscenico conoscono ogni piega. Ma sanno che prima o poi – certo non nel 2014 ma neanche chissà quando – dovranno fare i conti anche con quelli che erano lì, innocui quasi come soprammobili. Rigodiamoci quel momento, anzi quei momenti. Dolci e amari, ma stavolta finalmente più veri. (s.t.) 6 2013 - CENERENTOLA NON ABITA PIÙ QUI PRIMA PARTE La partenza che fa sognare 7 2013 - CENERENTOLA NON ABITA PIÙ QUI 8 2013 - CENERENTOLA NON ABITA PIÙ QUI GIOVEDÌ 31 GENNAIO Avvicinamento con speranza Mancano pochi giorni al debutto azzurro, allo stadio Olimpico contro i francesi. Ci giochiamo anche la coppa Garibaldi, il trofeo che ogni anno viene consegnato alla fine di questa sfida fra cugini al di qua e al di là delle Alpi. Si comincia all’Olimpico, è l’anno delle tre partite in casa e c’è grande fiducia. Ci sarà anche una grande festa, con tutti gli ex azzurri a bordo campo. 9 2013 - CENERENTOLA NON ABITA PIÙ QUI IL CT AZZURRO JACQUES BRUNEL 10 2013 - CENERENTOLA NON ABITA PIÙ QUI L’Italia stavolta vuol stupire Domenica il debutto con la Francia: l’obiettivo è giocarsela alla pari con tutti di Fabrizio Zupo Sarà il 2013 l’anno della svolta del rugby azzurro? Domenica all’Olimpico, 24 ore dopo Galles-Irlanda e Inghilterra-Scozia che dopodomani danno il via al Sei nazioni, l’Italia misurerà le proprie ambizioni contro i bleus. E francese è il ct Jacques Brunel che ha cambiato mentalità degli azzurri con la parola d’ordine “osare”, facendoli giocare alla pari con quelli dell’emisfero Sud. Una vittoria non basta. Ora l’Italia vuol stupire e la solita vittoria sulla Scozia scaccia-cucchiaio di legno non basta. Nove vittorie (8 in casa) e un pari esterno su 65 incontri distesi su 13 edizioni – seppur poche – hanno tenuto vivo l’entusiasmo per il rugby con 85 anni di storia ma scoperta recente del grande pubblico. Fluttuare fra quinto e sesto posto, con un piccolo acuto al quarto nel 2007 quando siamo stati in gioco per il titolo, non può essere un obiettivo. Il pubblico c’è e se risponde così quando gli azzurri perdono, che succederà quando Parisse e compagni faranno della vittoria un possibile compagno di strada? La regola del 3. Il torneo sportivo più antico al mondo quando è nell’anno con il 3 finale, fa i conti con la sua storia perché un’altra decade inizia. Il 2013. A 190 anni dal 1823 quando questo gioco venne concepito nel collegio di Rugby nelle Midlands inglesi, a 130 da quando l’International championship è cominciato nel 1883; a soli a 20 da quando c’è una vera coppa da alzare e, non solo i giornali, hanno iniziato a stilare la classifica ufficiale che, in caso di parità, dica chi l’ha spuntata eliminando gli ex-aequo dall’albo d’oro. Come nel caso limite del 1973 quando il Cinque nazioni con partite pari da disputare permise con due vittorie a testa l’ex-aequo collettivo. La svolta del 2007. Ma dal 2000 il torneo, nato quando i nonni dei nonni di questa generazione di giocatori hanno disputato la 11 2013 - CENERENTOLA NON ABITA PIÙ QUI prima partita, si chiama Sei nazioni. Perché c’è l’Italia e domenica l’azzurro colorerà gli spalti dell’Olimpico di Roma coi suoi 60mila e rotti spettatori capaci di sfrattare il calcio della capitale al venerdì. Con Totti e De Rossi testimonial dell’evento. Un altro record mai immaginato nel 2000 quando anche il Flaminio con i suoi 20mila posti sembrava troppo. La svolta nel 2007 con la prima vittoria esterna in Scozia, il glamour dei Bergamasco brothers e l’accorgersi di uno sport che si gode mischiati con i tifosi avversari, nei giorni del calcio squassato dall’omicidio Raciti e dalla Juve in B per infamia sportiva. Rugby mania. Da lì il boom. E se nel 2012 la Fir ha incassato con due match 4,1 milioni di euro, Roma città ne ha raccolti 20 dall’indotto. Il Sei nazioni è lo spin-off di successo di un serial che in 130 anni e 112 edizioni s’è fermato solo al passaggio della “Storia”: stop nei due lustri delle Guerre mondiali; ritardi nel 2001 per l’epidemia di afta epizootica. Mai completato nel 1972 dopo i morti del 30 gennaio a Derry quando i militari inglesi spararono alla folla lasciando 14 giovani a terra: la “Bloody Sunday bloody” cantata dagli U2. Scozia e Galles che con l’Irlanda dividono il gaelico come lingua, avevano però i propri giovani nell’esercito britannico e non vollero giocare a Dublino. Ma qual è il fascino del rugby? Ci aiuta Willie McBride, ex capitano dei Lions: «Il rugby è trenta persone che rincorrono un sacco di vento». 12 2013 - CENERENTOLA NON ABITA PIÙ QUI Lo show rude che dà lezioni al calcio di Stefano Tamburini Non è per caso che si riempie uno stadio come l’Olimpico di Roma. Il principale ingrediente dell’insalata di passione che coccola questo show chiamato rugby si chiama educazione. Parte tutto da qui, dalle fondamenta: in campo ci si picchia ma sempre dentro il recinto delle regole e poi alla fine sono solo strette di mano. Lo insegnano fin da piccoli a fare il terzo tempo (mangiare e bere con l’avversario dopo la sfida) e lo sanno fin dall’inizio i ragazzi che si avvicinano a questa disciplina che chi ha vinto fa il corridoio a ridosso dell’uscita per applaudire chi ha perso. E non ci sono simulatori, nel caso pagherebbero dazio prima di tutto ai propri sostenitori. Educazione, dicevamo. E anche rispetto. Per tutti, a partire dall’arbitro. Anche se si pensa che abbia sbagliato finisce lì, non vedrete mai le sceneggiate dei calciatori. Perché qui l’arbitro non fa parte della partita: è al servizio della sfida e gli vengono offerti tutti gli strumenti per sbagliare il meno possibile.