Sulla Scia Di Agnolo Bronzino, Alessandro Allori Sodale Di Benedetto Varchi
Sulla scia di Agnolo Bronzino, Alessandro Allori sodale di Benedetto Varchi. Un ritratto ‘misconosciuto’ del letterato e un suo sonetto inedito Nel 1573, per cura di Silvano Razzi e appresso la stamperia dei Giunti, usciva postumo, otto anni dopo la morte dell’autore, il volume di Sonetti spirituali di Benedetto Varchi1. Come suggerisce il titolo, la raccolta propone versi nei quali a essere cantati non sono gli amori terreni del poeta (si vedano i Sonetti del 1555), né le sue aspirazioni letterarie, bensì la gloria di Dio. Al fianco del Varchi, come spesso accade nelle sue raccolte, edite o rimaste manoscritte, intervengono molti personaggi del suo entourage: dallo stesso Silvano Razzi ai soliti Piero della Stufa e Laura Battiferri, agli allievi Lelio Bonsi e Lucio Oradini, a membri della corte medicea come Baccio Baldini e Bernardino Grazzini 2 . Tra questi, trovano spazio anche gli artisti. Invitandoli ad andare oltre il successo ottenuto con le loro opere, il cui merito è dal poeta fatto risalire a Dio, e a coltivare una sana spiritualità nell’attesa della vita eterna, Varchi scrive, quindi, agli scultori Benvenuto Cellini (« BENVENUTO il tempo è che queste cose »), Bartolomeo Ammannati (« Né l’essere Ammannato, hor Scopa, hor Fidia ») e Vincenzo Danti (« Ben mi credea dopo mie tali e tante »); ai pittori Agnolo Bronzino (« D’ogni cosa rendiam grazie al Signore ») e Giorgio Vasari (« Quant’havete maggior l’ingegno »); al medaglista e scultore Domenico Poggini (« Nelle cose di qui, che tosto ha sera »); infine, al legnaiolo Antonio Crocino (« Scioglierà ’l cappio omai, non romprà ’l nodo »)3. Poche le informazioni a beneficio della ricerca storico-artistica che si possono desumere dalle rime presenti nei Sonetti spirituali4, nondimeno i versi inviati a Bronzino appaiono degni di interesse e, sebbene talvolta segnalati dalla critica5, meritevoli di un affondo.
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