Amen – Costa-Gavras (2002)
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AMEN – COSTA-GAVRAS (2002) Regia: Costa-Gavras Sceneggiatura: Costa-Gavras, Jean-Claude Grumberg, dal dramma teatrale "Il vicario" di Rolf Hochhuth Fotografia: Patrick Blossier Interpreti: Ulrich Tukur, Mathieu Kassovitz, Ulrich Mühe, Michel Duchaussoy, Marcel Iures, Ion Caramitru, Friedrich von Thun, Antje Schmidt, Hanns Zischler, Sebastian Koch, Erich Hallhuber, Burkhard Heyl, Angus MacInnes, Bernd Fischerauer, Pierre Franckh, Richard Durden, Monika Bleibtreu, Justus von Dohnanyi, Günther Maria Halmer Paese: Francia/Germania Anno: 2002 Durata: 132' (colore) Montaggio: Yannick Kergoat Distribuzione: Mikado LA TRAMA Kurt Gerstein è un chimico molto bravo, e da poco è diventato tenente delle SS. Ha realizzato un efficace sistema di depurazione delle acque da portare sul fronte orientale, e sta perfezionando un gas tossico utile a bonificare dai batteri i territori conquistati in guerra. Quando si rende conto che il suo gas viene usato per sterminare gli ebrei, che lui credeva venir semplicemente espulsi dalla Germania, Kurt denuncia il fatto ad un alto prelato della Chiesa Cattolica. Questi però non lo ascolta, non gli crede. Gli crede invece il giovane gesuita Riccardo Fontana, figlio di un ausiliario di Papa Pio XII. Riccardo inizia allora a lavorare per convincere il Santo Padre a prendere posizione a riguardo. LA CRITICA Nel Gennaio del 1933 Adolf Hitler diventa cancelliere della Germania. Nel Febbraio dello stesso anno nasce in Grecia il regista Costa-Gavras (“Z- L’orgia del Potere”, “Missing”). Esattamente un mese dopo in Germania inizia il boicottaggio dei negozi e dei professionisti ebrei. Quello che accadrà in seguito è la Storia che tutti quanti conosciamo restando invece insondabili e misteriosi i percorsi che portano ad incrociare le vite e le storie degli uomini. Ma conoscendo la filmografia di Costa-Gavras, regista attento ai “moti” del mondo e degli uomini e di una lucida e passionale coscienza civile, non stupisce la sua ferrea caparbietà nell'interrogarsi, con il suo nuovo film “Amen”, sul destino di uomini in lotta contro il Sistema Politico. Il film ruota infatti attorno a due grandi apparati di potere: la macchina di morte messa in piedi dai nazisti e la diplomazia vaticana ed internazionale che con il loro silenzio/assenso si resero inconsapevoli complici delle atrocità del Reich. Ed è il racconto di due uomini che combattano questi apparati dall’interno: da una parte, Kurt Gerstein, una figura realmente esistita, un chimico e ufficiale delle SS che mentre si occupa della fornitura ai campi di sterminio del terribile Zyklon B, usato nelle camere a gas, continua a denunciare questi crimini cercando di avvertire gli alleati, il Papa, gli stessi tedeschi mettendo in tal modo a repentaglio la sua vita e quella della sua famiglia. Dall’altra parte, Riccardo Fontana, giovane gesuita, un personaggio fittizio che simboleggia tutti quei preti che hanno avuto il coraggio di lottare contro la barbarie spesso pagando con la propria vita il prezzo della loro sfida. Che arma diabolica a volte possono essere i media con le loro analisi e notizie mirate a solleticare la curiosità morbosa e malsana del loro pubblico! E così ecco il clamore e lo scandalo annunciato a lettere cubitali di un cartellone pubblicitario del film (ideato da Oliviero Toscani) che nel riproporre l’immagine “scioccante” di una svastica con una punta allungata quasi a voler rassomigliare ad un crocefisso istiga e provoca la polemica più sterile e meno adatta per un’opera di alto contenuto “spirituale” ed etico. Così come ci dispiace che la distribuzione italiana del film (Mikado), nascondendosi dietro il sottile e fragile paravento di un’estrema sensibilità nei riguardi dei tragici avvenimenti che stanno sconvolgendo il Medio Oriente ed il mondo intero non tappezzerà la città con il cartellone del film (limitandone la sola diffusione nelle sale e nei quotidiani) forse timorosa di una reazione dei “padroni di casa” (il Vaticano) il cui Potere continua ad esercitare durature pressioni o di urtare la sensibilità di un’opinione pubblica sempre pronta a cercare “misero” rifugio sotto il Cupolone di menzogne e negligenze che anni di “dittatura papale” hanno eretto nel corso dei secoli. Precauzione inutile però perché “Amen” conferma il talento e lo sguardo vivo e diretto di un regista come Costa-Gavras che di certo non ha bisogno della grancassa pubblicitaria o di articoli ed inchieste televisive che battibeccano sul “falso” problema di un attacco contro la religione cristiana per riuscire a volare alto sulle piccole e quotidiane beghe umane. Partendo dal testo teatrale “Il Vicario” di Rolf Hochhut, che provocò scandalo e clamorose proteste quando la compagnia di GianMaria Volontè cercò di rappresentarlo a Roma nell’inverno del 1965, Costa-Gavras, con la collaborazione dello sceneggiatore Jean Claude Grumberg e degli attori Ulrich Tukur (un ufficiale delle SS di angosciante e solitaria disperazione e coraggio umano) e Matthieu Kassovitz (da “Il favoloso mondo di Amelie” ad “Amen” un percorso d’attore in salita!) punta la sua macchina presa non sugli uomini che gestiscono queste “gioiose” macchine di Potere (Pio XII appare sullo sfondo ed il nome di Hitler è solo evocato) né tantomeno spinge sul pedale delle facili e scontate emozioni mostrandoci gli eccidi nazisti (più potenti sono le immagini dei treni merce vuoti che scorrono a ritmo incalzante sullo schermo) ma rivolge il suo sguardo sulle umane e solitarie coscienze di chi ha avuto il coraggio di ribellarsi all’orrore che lo circondava. Così ricordandoci come non si facciano mai film su qualcosa che è passato ma sul presente anche “Amen” vuole puntare il dito sull’interrogativo “contemporaneo” che si pone sempre nella Storia, in ogni secolo ed in ogni giorno delle nostre vite individuali: “Quand’è che dobbiamo riscoprire la nostra dimensione etica?” E mentre nel 1933 in Germania il regista Max Ophuls appassionava gli spettatori raccontando la storia tragica di un triangolo amoroso in “Amori folli”, in Francia Jean Vigo lasciava la sua impronta con il trasgressivo ed eversivo “Zero in condotta” ed in America ci si divertiva con il piccolo gioiello del cinema fantastico “L’uomo invisibile” di James Whale, nel 2002 Costa- Gavras ci regala con “Amen” l’analisi più spietata, meno “spettacolare” e proprio per questo più potentemente emozionante dei perversi meccanismi che hanno condotto all’immane tragedia dell’Olocausto. E lasciando sempre in primissimo piano le storie di vite e di uomini, come quella di Gerstein e Fontana, che in situazioni così disperate mettono la coscienza davanti alla loro stessa vita dimostrando così il regista un infinito amore per il genere umano... malgrado tutto! Calogero Messina Amen: il sapore amaro dell’impotenza. E una locandina provocatoria... firmata Oliviero Toscani Il crocefisso e la svastica che si confondono sapientemente. ”Amen”, il film scandalo di Costantin Costa-Gravas, uscito sul grande schermo la primavera scorsa, fa intuire già dalla locandina la sua portata polemica. Più che essere una scontata rappresentazione della violenza perpetrata dai nazisti durante l’Olocausto, “Amen” è un film sui silenzi e sull’indifferenza. In particolare, sul silenzio del Vaticano di fronte ai crimini compiuti dalle SS, sulla sua volontà di non vedere, sulla sua mancata presa di posizione e coraggio. Una drastica accusa alla Germania criminale e a coloro che si sono rivelati suoi complici: lo Stato-Chiesa e gli Alleati. Un tema talmente delicato da scatenare la censura contro il discusso manifesto, ideato da Oliviero Toscani, la cui ambiguità non è che la trasposizione attuale dell’ambiguità della politica vaticana di allora. ”Amen” è la storia dell’eccidio degli ebrei nei campi di concentramento (all’inizio del film anche degli handiccapati), visto però dalla prospettiva degli sterminatori. E’ il racconto della lotta solitaria di due uomini. Un ufficiale delle SS Kurt Gerstein (Ulrich Tukur), personaggio realmente esistito, che di fronte alla scoperta dello Zyklon B (la sostanza chimica usata per le camere a gas da lui fornito) ne denuncia l’uso al Vaticano, ed un prete cattolico, padre Riccardo Fontana (Mathieu Kassovitz), personaggio di fantasia che, dopo aver inutilmente cercato di spingere il Papa a condannare la carneficina, decide di non diventare complice del massacro e sceglie volontariamente la reclusione in un lager. Tratto da Il Vicario di Rolf Hochhuth e tacciato da gran parte della critica cinematografica di eccessiva superficialità nel racconto dei fatti, l’ultima opera di Costa-Gravas riesce però ad insinuarsi nella coscienza popolare alimentando i dubbi sugli ancora oscuri giochi di potere tra Chiesa e Stati durante la persecuzione nazista. E lo fa in modo sottile, quasi accennato, evitando l’orrore e la sua spettacolarizzazione, conducendo gli spettatori lungo i percorsi dei treni che ininterrottamente, per tutto il lungometraggio, fanno la spola tra le terre da cui vengono strappate le vittime e i campi di concentramento dove andranno a morire. Il dramma e il suo senso sono vissuti in maniera intima, personale. Non si assiste nemmeno per un momento a scene raccapriccianti, perché viene lasciato spazio all’interiorizzazione della brutalità e dell’ingiustizia, al punto che diventa automatico pensare che il silenzio e la lentezza della pellicola siano finalizzate a questo scopo. E’ il sapore amaro dell’ingiustizia che pervade lo spettatore alla fine del film. Una sorta di impotenza, la stessa che anima i protagonisti increduli di fronte all’indifferenza e al sadismo dei rispettivi sistemi. Lo sgomento nell’accorgersi che non sempre si riescono a cambiare le cose, nemmeno quando, a trionfare sull’egoismo, sono l’altruismo e la coerenza dei propri ideali. Giorgia Zamboni Il film è tratto da un'opera teatrale, "Il Vicario", di Rolf Hochhuth. Kurt Gerstein è realmente esistito, Riccardo Fontana è totalmente inventato. Qui sta, forse, la chiave del film: "Amen.”. non è un documentario, non è granché attendibile dal punto di vista storico, ma purtroppo per noi qualche pretesa in tal senso ce l'ha.